N. 49 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 dicembre 2010
Ordinanza del 15 dicembre 2010 emessa dal Tribunale di Trieste nel procedimento penale a carico di Gregorio Stefano ed altri. Reati e pene - Attivita' di incenerimento di rifiuti in mancanza di autorizzazione integrata ambientale - Trattamento sanzionatorio - Arresto e ammenda anziche' arresto o ammenda, come previsto, in relazione a condotte omogenee, dall'art. 16 del d.lgs. n. 59 del 2005 - Conseguente preclusione dell'oblazione - Irragionevole disparita' di trattamento - Lesione del diritto di difesa - Violazione del principio della finalita' rieducativa della pena. - Decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, art. 19. - Costituzione, artt. 3, 24, comma secondo, e 27.(GU n.13 del 23-3-2011 )
IL TRIBUNALE Nel procedimento n. 5408\06 rg PM n. 637\10 rg. Trib. il Tribunale in composizione monocratica nella persona del Dr. Paolo Vascotto ha pronunciato la seguente ordinanzadi rimessione degli atti alla Corte costituzionale; Osserva Gli imputati venivano tratti a giudizio con decreto di citazione diretta a giudizio dd. 18 febbraio 2010 per rispondere dei seguenti reati contravvenzionali: A) 81 c.p, 19 commi 1 e 2 d.lgs. n. 133/05 perche', XXXX in qualita' di amministratore delegato di Acegas APS, Giacomin in qualita' di direttore generale dal 10 giugno 2006, Monassi in qualita' di responsabile dell'impianto Acegas di incenerimento con recupero di calore di via Errera n. 11, Dal Maso in qualita' di responsabile tecnico e direttore tecnico della societa', dirigente responsabile della divisione ambiente e con procura speciale conferita dall'amministratore delegato e dal direttore generale, effettuavano presso detto impianto: a) l'incenerimento di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, trattandosi di impianto che per la sua potenzialita' era soggetto alla valutazione di impatto ambientale; b) comunque l'incenerimento dei seguenti rifiuti in assenza della necessaria autorizzazione all'esercizio (in quanto quelle rilasciate dal Ministero dell'industria in data 4 febbraio 1998 e 30 marzo 2000 prevedono, quali rifiuti da destinare alla combustione, unicamente quelli urbani e quelli assimilati): rifiuti assimilabili agli urbani ai sensi dell'art. 198 comma 2 lett. g) d.lgs. n. 152/06; altri rifiuti speciali di cui ai seguenti CER: 020100, 020102, 020103, 020104, 020200, 020202, 020203, 020300, 020304, 020500, 020501, 020600, 020601, 030100, 030101, 030105, 030300, 030307, 040100, 040109, 040200, 040209, 040210, 040215, 040221, 040222, 070200, 070299, 070600, 070699, 080400, 080410, 150100, 150101, 150102, 150103, 150105, 150106, 150109, 150203, 160500, 160505, 160509, 170200, 170201, 170203, 180100, 180101, 180102, 180104, 180:107, 180109, 180200, 180201, 180203, 190500, 190501, 190900, 1909'04 191200, 191201, 191204, 191207, 191208, 191210, 191212, 200100, 200101, 200108, 200110, 200111, 200125, 200130, 200132, 200136, 200138, 200139, 200141, 200200, 200201, 200203, 200300, 200301, 200302, 200303, 200306; rifiuti pericolosi di cui ai CER 180103*, 180108*, 180202*; rifiuti di cui ai seguenti CER: 030105, 080410, 150203, 160509, 180101, 180102, 180107, 180109, 180201, 191207, 191212, 200136, da ritenersi in effetti rifiuti pericolosi in quanto privi della necessaria caratterizzazione finalizzata ad escludere le caratteristiche di pericolo. c) comunque lo smaltimento indifferenziato di tutti i rifiuti nelle tre linee a fronte di autorizzazioni all'esercizio da parte della Provincia che prevedevano solo per la III linea lo smaltimento di rifiuti di cui alle sezioni 02, 03, 04, 07, 08, 15, 16, 17, 18, 19 e 20. In Trieste, dal 23 dicembre 2003 (data di autorizzazione all'esercizio provvisorio della terza linea) al 14 febbraio 2007 (data del sequestro) per le violazioni sub b), in atto per le violazioni sub a) e c). B) 81 c.p., 19 comma 8 d.lgs. n. 133/05 perche', Giacomin in qualita' di amministratore delegato di Acegas APS, Monassi in qualita' di direttore generale dal 10 ottobre 2006, Gregorio in qualita' di responsabile dell'impianto Acegas di incenerimento con recupero di calore di via Errera n. 11, Dal Maso in qualita' di responsabile tecnico e direttore tecnico della societa', dirigente responsabile della divisione ambiente e con procura speciale conferita dall'amministratore delegato e dal direttore generale, nell'esercizio dell'attivita' di incenerimento superavano i valori limite di emissione di cui all'art. 9 in relazione ai PCDD/F (policlorodibenzo-p-diossine o PCDD e policlorodi-benzo-p-furani o PCDF), per i quali venivano riscontati i valori di 1,1463 ng TE/Nmc (22 luglio 2006), 0,970 ng TE/Nmc (20 dicembre 2006), 0,189 ng TE/Nmc (21 dicembre 2006), 0,300 ng TE/Nmc (11 gennaio 2007), 0,293 ng TE/Nmc (12 gennaio 2007), 1,742 ng TE/Nmc (25 gennaio 2007) e 0,115 ng TE/Nmc (25 gennaio 2007) a fronte di un limite normativamente fissato di 0,100 ng TE/Nmc. In Trieste il 22 luglio 2006, 20 dicembre 2006, 21 dicembre 2006, 11 gennaio 2007, 12 gennaio 2007, 25 gennaio 2007. C) 81 c.p., 19 comma 5 d.lgs. n. 133/05 perche', Gregorio in qualita' di Responsabile dell'impianto Acegas APS di incenerimento con recupero di calore di via Errera n. 11, Dal Maso in qualita' di responsabile tecnico e direttore tecnico della societa', dirigente responsabile della divisione ambiente e con procura speciale conferita dall'amministratore delegato e dal direttore generale, effettuavano attivita' di incenerimento di rifiuti nelle condizioni di cui all'art. 16 comma 3 superando i limiti temporali previsti, in particolare dopo aver avuto notizia del superamento dei valori limite di emissione in relazione ai PCDD/F, continuavano ad incenerire rifiuti per piu' di quattro ore consecutive. In Trieste il 22 luglio 2006 (relazione di analisi del 24 agosto 2006), 20 dicembre 2006, 21 dicembre 2006, 11 gennaio 2007, 12 gennaio 2007, 25 gennaio 2007. D) 19 comma 15 d.lgs. n. 133/05 perche', Gregorio in qualita' di Responsabile dell'impianto Acegas APS di incenerimento con recupero di calore di via Errera n. 11, Dal Maso in qualita' di responsabile tecnico e direttore tecnico della societa', dirigente responsabile della divisione ambiente e con procura speciale conferita dall'amministratore delegato e dal direttore generale, non rispettavano le prescrizioni del decreto, in particolare quella di cui all'art. 11 comma 10 in quanto, rilevato il superamento dei limiti di emissione in atmosfera in relazione ai parametri PCCD/F, ometteva di informare tempestivamente l'autorita' competente e l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente. In Trieste il 22 luglio 2006 - relazione di analisi trasmessa il 24 agosto 2006. (sanzione amministrativa connessa). E) 19, comma 15 d.lgs. n. 133/05 perche', Gregorio in qualita' di responsabile dell'impianto Acegas di incenerimento con recupero di calore di via Errera n.11, Dal Maso in qualita' di responsabile tecnico e direttore tecnico della societa', dirigente responsabile della divisione ambiente e con procura speciale conferita dall'amministratore delegato e dal direttore generale, non rispettavano le prescrizioni del d.lgs. n. 133/05 effettuando la sospensione della registrazione dei valori degli inquinanti durante i periodi di interruzione dell'alimentazione, a fronte del previsto monitoraggio in continuo. In Trieste, nel corso del 2006 e 2007. (sanzione amministrativa connessa). All'udienza del 29 settembre 2010 avanti il Tribunale in composizione monocratica la difesa depositava memoria, mettendo a raffronto la norma dell'art. 19 del decreto legislativo n. 133/05, riferita nel decreto di citazione ai capi a) b) c) d) e), con quella dell'art. 279 del d.lgs. n. 152/06 e dell'art. 16 del decreto n. 59/05 (ora confluito nel decreto legislativo n. 128/10) ed instava affinche' fosse applicata al caso di specie quest'ultima disciplina normativa, il cui impianto sanzionatorio, a differenza di quello del decreto 133/05, rendeva in astratto ammissibile l'oblazione ex art. 162-bis c.p., poiche' sanzionava la condotta con le pene alternative dell'arresto o dell'ammenda. In caso di mancato accoglimento della richiesta di oblazione la difesa chiedeva la proposizione dell'incidente di costituzionalita'. Il rigetto dell'istanza difensiva di applicare la norma dell'art. 16 del decreto legislativo n. 59/05 veniva formalizzato con ordinanza di questo giudice all'udienza del 15 dicembre 2010 sulla considerazione che l'accusa, cosi' come formulata, non permetteva una diversa qualificazione giuridica del fatto, ai fini dell'oblazione, in presenza di condotte indifferenziate. Tuttavia residuava la questione di costituzionalita' della norma dell'art. 19 del decreto legislativo n. 133/05, la cui violazione forma oggetto delle imputazioni nel decreto di citazione diretta a giudizio. A parere del rimettente la questione e' rilevante e non manifestamente infondata per i seguenti motivi: sulla rilevanza: Agli imputati viene ascritto il reato di esercizio di impianto di incenerimento di rifiuti senza la prescritta autorizzazione e il reato di sforamento dei valori limite nell'ambito della medesima attivita'. La norma contestata nei capi d'accusa e considerata nelle sue varie articolazioni (art. 19 d.lgs. n. 133/05), per individuare tale autorizzazione, rinvia alla disposizione dell'art. 4 dello stesso decreto. L'art. 4, senza possibilita' di equivoco, fa riferimento alla autorizzazione integrata ambientale. L'art. 19 del d.lgs. n. 133/05 configura l'autorizzazione come precondizione per l'esercizio dell'attivita' di incenerimento dei rifiuti e detta norme sanzionatorie nell'ipotesi di esercizio senza autorizzazione. Ad identica ratio normativa soggiace la norma di cui all'art. 59/05 (ora decreto legislativo n. 128/10 entrato in vigore in 26 agosto 2010): quella di vagliare preventivamente la sussistenza delle condizioni di operativita' in sicurezza di un impianto industriale, nel rispetto ed a tutela dell'ambiente, subordinando a cio' il rilascio da parte dell'autorita' competente dell'autorizzazione integrata ambientale all'esercizio dell'impianto. Identica e' anche la condotta descritta dalle due norme sanzionatorie gia' indicate, ovvero l'esercizio di un impianto di incenerimento di rifiuti senza autorizzazione. In altri termini il decreto legislativo n. 133/05 contempla pene congiunte dell'arresto e dell'ammenda, per un evento qualificabile come esercizio dell'impianto industriale senza autorizzazione, tranne che per l'ipotesi di sforamento dei valori limite che ex art. 19 comma 8 d.lgs. n. 133/05, punita con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda (capo b) dell'imputazione). Cosi' pure la normativa separata del decreto legislativo n. 59/05 (ora sostituito dal decreto legislativo n. 128/10) con l'unica differenza costituita dalla previsione delle pene, non gia' congiunte, bensi' alternative dell'arresto e dell'ammenda. La scelta legislativa di assegnare alla violazione dell'art. 19 del decreto n. 133/05 un trattamento piu' severo di quello previsto dall'art. 16 del decreto legislativo n. 59/05 appare irrazionale in quanto le due norme a confronto descrivono condotte omogenee e indifferenziate, che ad un esame strutturale non denotano elementi di specialita' o di specialita' reciproca, sicche' l'unico elemento di diversita' pare essere quello della pena piu' severa contemplata nell'art. 19 del decreto n. 133/05. Peraltro tale architettura normativa riverbera effetti pregiudizievoli a carico degli imputati dell'odierno procedimento intaccando principi costituzionali poiche' le pene congiunte dell'art. 19 del decreto legislativo n. 133/05 (arresto e ammenda) inibiscono la possibilita' di ottenere l'oblazione comprimendo cosi' il diritto di difesa costituzionalmente garantito. Le condotte incriminate, nella formulazione dei capi d'accusa del presente procedimento, sono sussunte dunque nell'alveo della disciplina del decreto legislativo n. 133/05, ancorche' possano definirsi omogenee a quelle prese in considerazione dal decreto legislativo n. 59/05 e sebbene quest'ultimo decreto contempli sanzioni diverse con pene che consentirebbero l'oblazione. L'oblazione pare impraticabile anche in via interpretativa non vertendosi in tema di qualificazione giuridica del fatto ma di identita' dei fatti, lesivi di un identico bene giuridico, tuttavia puniti con pene irragionevolmente differenziate e nel caso dell'art. 19 del decreto legislativo n. 133/05 irragionevolmente discriminatrici (salva l'ipotesi del comma 8 dell'art. 19 del decreto citato). In ultima analisi la questione appare rilevante perche' la norma dell'art. 19 del decreto legislativo n. 133/05, di cui si denuncia l'incostituzionalita', priva l'imputato della facolta' di accedere alla procedura di oblazione, precludendo l'esercizio di una facolta' che conduce immediatamente all'estinzione del reato. sulla non manifesta infondatezza Le plurime contestazioni dei capi d'accusa si collocano temporalmente tra l'anno 2003 ed il 2007, periodo questo di vigenza dei decreti legislativi n. 133/05, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 163 del 15 luglio 2005 e 59/05, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22 aprile 2005 n. 93. Il reato poi ha natura permanente poiche' la consumazione e quindi la condotta antigiuridica - in tesi d'accusa - si e' protratta fino al momento in cui e' stata ottenuta l'autorizzazione integrata ambientale. Tale autorizzazione e' sopravvenuta in data 13 luglio 2009 e 28 gennaio 2010. Si osserva ancora che soltanto dal 26 agosto 2010 la materia del decreto legislativo n. 59/05 e' regolata dal nuovo d.lgs. n. 128/10. L'assetto normativo ante richiamato postula quindi la necessita' di dotarsi di autorizzazione integrata ambientale e vincola a tale precondizione l'esercizio degli impianti di incenerimento dei rifiuti. Si rileva pure che il decreto legislativo n. 133/05 entra in vigore dopo il decreto legislativo n. 59/05 e con la disposizione dell'art. 4 richiama la disciplina della autorizzazione integrata ambientale, contemplata dal decreto n. 59/05 (ora n. 128/10) il che non fa che confermare che tale decreto riveste i connotati di normativa separata e coesistente al decreto legislativo n. 133/05. I decreti citati condizionano entrambi l'esercizio di un impianto industriale di incenerimento rifiuti all'autorizzazione integrata ambientale, ma divergono nel trattamento sanzionatorio, prevedendo il primo, salva l'ipotesi del comma 8 citato, la pena congiunta dell'arresto e dell'ammenda preclusiva dell'oblazione, il secondo, che e' sopravvissuto ad un'abrogazione integrale per effetto del decreto successivo n. 128/10, la pena dell'arresto, o in alternativa quella dell'ammenda. Emergono cosi' profili di irragionevole disuguaglianza in presenza di situazioni omogenee e cio' tanto in relazione all'entita' della pena che e' piu' elevata nel decreto n. 133/05, quanto in relazione al cumulo della sanzioni presente di regola nel decreto n. 133/05. Invero identica e' la ratio della autorizzazione contemplata dalle norme di riferimento di entrambi i decreti legislativi: quella di instaurare un procedimento di verifica di una pluralita' di condizioni di idoneita' cui concorrono piu' soggetti qualificati. L'autorizzazione integrata ambientale risponde ad una logica sostitutiva o di assorbimento delle varie autorizzazioni in materia di ambiente inteso quest'ultimo in un'accezione ampia di area protetta da tutte le possibili evenienze inquinanti e risponde altresi' ad un'esigenza di unificazione che ha radice nelle direttive comunitarie. Entrambe le norme alludono poi ad un impianto industriale di incenerimento rifiuti: il decreto legislativo n. 133/05, sub art. 1 recita: il presente decreto si applica agli impianti di incenerimento e di coincenerimento di rifiuti ...(omissis..) e contempla nell'art. 19 la necessita' di una autorizzazione. Solo in apparenza tale ultima disposizione allude in modo generico alla necessita' di un'autorizzazione, poiche' subito dopo essa rinvia all'art. 4, norma che chiarisce la necessita' di un'autorizzazione integrata ambientale per gli impianti industriali. A sua volta l'art. 4 citato (in particolare il comma 1 lett. b) rinvia alle norme del decreto legislativo n. 59/05 che disciplinano l'autorizzazione integrata ambientale, norme queste entrate in vigore prima del decreto legislativo n. 133/05 e che sono sopravvissute all'abrogazione del decreto legislativo n. 59/05 disposta con decreto legislativo n. 128/10 (GU n. 186 del 11 agosto 2010 - Suppl. Ordinario n.184 - entrato in vigore il 26 agosto 2010). Quest'ultimo decreto, disponendo l'abrogazione espressa del decreto legislativo n. 59/05, ha lasciato immutata la portata sanzionatoria delle norme incriminatrici del medesimo decreto legislativo n. 59/05 che ora sono state riprodotte, senza alcuna modifica, nell'art. 29-quattuordecies del d.lgs. n. 128/10. Allo stesso modo l'art. 16 del decreto legislativo n. 59/05 prevede la necessita' di un'autorizzazione integrata come condizione di operativita' di un impianto industriale e come gia' osservato, la norma sanzionatoria e' stata riprodotta tout court nel recente decreto n. 128/10 sub art. 29-quattuordecies. Il riferimento ad un impianto industriale di incenerimento rifiuti in queste ultime disposizioni normative si trae dall'allegato I, richiamato dall'art. 16 comma 1 del decreto legislativo n. 59/05, sebbene ora divenuto allegato VIII del decreto legislativo n. 133/05, ma senza mutamento di disciplina. La comparazione tra la disposizione dell'art. 19 del decreto legislativo n. 133/05 e quella dell'art. 16 del decreto legislativo n. 59/05 (ora art. 29-quattuordecies del decreto n. 128/10 fa affiorare dunque profili di identita' strutturale tra le norme e malgrado cio' la risposta sanzionatoria risulta differenziata. Non viene in rilievo, a parere di questo giudice, una questione di successione di norme per vari ordini di ragioni. In primo luogo la successione di norme presuppone l'abrogazione espressa o tacita ex art. 15 delle preleggi, di una delle disposizione incriminatrici che regolano il caso concreto ma cio' non si evince a proposito della norma dell'art. 19 del decreto legislativo n. 133/05 e di quella dell'art. 16 del decreto legislativo n. 59/05. Queste due norme, nella parte sanzionatoria, coesistono immutate nel sistema normativo ambientale, portando con se' la contraddizione di prevedere pene diverse in fattispecie identiche. Emergono poi argomenti interpretativi sistematici contrari all'inquadramento del caso nel fenomeno successorio di norme incriminatrici, atteso che la recente riproduzione della norma sanzionatoria dell'art. 16 del decreto legislativo n. 59/05 (pubblicato nella G.U. n. 163 del 15 luglio 2005 suppl. n. 122) nel decreto legislativo n. 128/10 che lo ha sostituito, mantenendo pero' intatta la parte sanzionatoria di cui all'art. 16, sta a significare come il legislatore, nell'adeguare la normativa nazionale alle direttive europee, non abbia voluto incidere sulla disciplina dell'art. 133/05 (pubblicato nella G.U. n. 93 del 22 aprile 2005 supp. ord. n. 72), ma si sia limitato a confermare l'impianto sanzionatorio del decreto n. 59/05, accanto, e non in alternativa al decreto legislativo n. 133/05, incidendo sulle vecchie disposizioni del decreto n. 59/05 solo attraverso alcune variazioni di procedura che attengono esclusivamente alla concessione dell'autorizzazione integrata ambientale. Tali modifiche non hanno alterato la struttura essenziale del reato, ne' inciso sul disvalore sociale della condotta, o sulla natura della autorizzazione poiche' anche secondo la norma dell'art. 29-quattuordecies del decreto legislativo n. 128/10 la sanzione resta ancorata alla mancanza di quell'autorizzazione integrata ambientale che risulta attualmente regolata da una procedura piu' articolata di quanto non lo fosse in passato, ma non per questo attinente all'illiceita' oggettiva della condotta. A cio' si aggiunge il rilievo che le norme che regolano l'autorizzazione integrata ambientale hanno natura di norme extrapenali integratrici del precetto penale, e come tali non sono suscettibili di applicazione retroattiva (vd. Cass. 18068 del 2002 , n. 5497 del 1999 rv 213465, 4904 del 19999 rv 213533). Anche a voler ritenere in via ipotetica che la materia de quo sia regolata da una successione di leggi tra la norma dell'art. 16 del decreto legislativo n. 59/05 entrata in vigore prima di quella dell'art. 19 del decreto legislativo n. 133/05, il principio di irretroattivita' della legge sfavorevole che andrebbe riferito al decreto legislativo n. 133/05, consentendo cosi' l'applicazione della norma sanzionatoria del decreto n. 59/05, non potrebbe produrre effetto in ordine ai fatti avvenuti in epoca successiva all'entrata in vigore del decreto n. 133/05 che ugualmente fanno parte della contestazione d'accusa. Tali fatti, nell'economia del reato permanente oggi contestato, in cui l'offesa al bene giuridico si protrae nel tempo e persiste anche in epoca successiva all'entrata in vigore del decreto n. 133/05, gravitano inevitabilmente nel campo di applicazione della legge n. 133/05, valutata anche la circostanza che la disciplina successiva a tale ultimo decreto , ovvero il decreto legislativo n. 128/10 non ha apportato elementi innovativi in ordine al trattamento punitivo ma ha semplicemente riprodotto le norme sanzionatorie del decreto legislativo n. 59/05, per di piu' senza toccare le disposizioni incriminatrici del decreto legislativo n. 133/05. Infine sembra potersi escludere una valutazione di specialita' tra le norme richiamate per le identita' strutturali e per l'identita' del bene giuridico tutelato, comune tanto alla norma dell'art. 16 del decreto legislativo n. 59/05 (ora n. 128/10), quanto alla norma dell'art. 19 del decreto legislativo n. 133/05. In ogni caso l'applicazione del criterio di specialita' in concreto, ravvisando l'unico elemento distintivo tra fattispecie nel diverso profilo sanzionatorio, finirebbe per contribuire alla disuguaglianza di trattamento perche' in tali casi, secondo l'orientamento giurisprudenziale delle Sezioni Unite, dovrebbe trovare applicazione la norma caratterizzata dalla sanzione piu' grave , vale a dire quella dell'art. 19 del decreto legislativo n. 133/05 (vd. Cass. S.U. 7 giugno 2001 n. 22902). Ne consegue un rilevante vulnus ai principi costituzionali di cui all'art. 3, 24 comma 2, 27, della Costituzione in quanto a situazioni di illiceita' penale omogenee, disciplinate dall'art. 19 del d.lgs. n. 113/05 e dall'art. 16 d.lgs. n. 59/05 (ora d.lgs. n. 128/10), si contrappone una risposta normativa differenziata e irragionevole, che preclude agli imputati l'esercizio del diritto di accedere all'oblazione e quindi il diritto di esercitare la correlativa facolta' processuale che e' parte integrante del diritto di difesa, compromettendo altresi' la finalita' rieducativa della pena di fronte alla permanenza di un trattamento sanzionatorio ingiustamente piu' afflittivo e contrastante con il principio della necessaria proporzionalita' della sanzione penale.
P.Q.M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale relativa all'art. 19 del decreto legislativo n. 113/05 nella parte in cui contempla la sanzione congiunta dell'arresto e dell'ammenda e non invece le pene di cui all'art. 16 del decreto legislativo n. 59/05 dell'arresto o dell'ammenda. dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione; sospende il giudizio nei confronti di tutti gli imputati; dispone la notifica della presente ordinanza, a cura della cancelleria, al Presidente del Consiglio dei ministri; dispone la comunicazione della presente ordinanza, a cura della cancelleria, ai Presidenti delle Camere; manda alla cancelleria per gli altri adempimenti di competenza. Trieste, addi' 15 dicembre 2010 Il giudice: Vascotto