N. 99 ORDINANZA 21 - 24 marzo 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Previdenza - Indennita' di buonuscita spettante ai dipendenti  civili
  e militari dello Stato - Esclusione del diritto  per  il  personale
  supplente delle scuole di istruzione primaria e secondaria e  degli
  istituti professionali di istruzione artistica - Subordinazione del
  diritto alla buonuscita e all'indennita' di fine rapporto ad almeno
  un anno, rispettivamente, di  iscrizione  al  Fondo  di  previdenza
  gestito  dall'INPDAP  e  di  servizio  continuativo  -   Denunciata
  violazione dei  principi  di  ragionevolezza,  di  proporzionalita'
  della retribuzione e  di  disponibilita'  di  mezzi  adeguati  alle
  esigenze della vecchiaia - Difetto  di  argomentazioni  a  sostegno
  degli evocati parametri - Motivazione per  relationem  e  priva  di
  contenuto - Manifesta inammissibilita' delle questioni. 
- D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 2, primo comma, e 3,  primo
  comma; d.lgs. C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 9, primo comma. 
- Costituzione, artt. 3, 36 e 38. 
(GU n.14 del 30-3-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO. 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI. 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli  2,  primo
comma, e 3, primo comma, del decreto del Presidente della  Repubblica
29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico  delle  norme
sulle prestazioni previdenziali a  favore  dei  dipendenti  civili  e
militari dello Stato) e dell'articolo 9,  primo  comma,  del  decreto
legislativo del Capo provvisorio dello Stato 4 aprile  1947,  n.  207
(Trattamento giuridico ed economico del personale civile non di ruolo
in  servizio  nelle  Amministrazioni  dello  Stato),   promosso   dal
Tribunale  amministrativo  regionale  dell'Umbria  nel   procedimento
vertente tra Renga Gabriella e l'I.N.P.D.A.P. ed altri con  ordinanza
del 25 maggio 2010 iscritta al n. 265 del registro ordinanze  2010  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39,  1  serie
speciale, dell'anno 2010. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 9 febbraio  2011  il  Giudice
relatore Paolo Maddalena. 
    Ritenuto che, con ordinanza del  25  maggio  2010,  il  Tribunale
amministrativo regionale dell'Umbria  ha  sollevato,  in  riferimento
agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, questioni  di  legittimita'
costituzionale: dell'art. 2, primo comma, del decreto del  Presidente
della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032  (Approvazione  del  testo
unico delle  norme  sulle  prestazioni  previdenziali  a  favore  dei
dipendenti civili e militari dello Stato), «nella parte in  cui  nega
il diritto alla buonuscita al "personale supplente  delle  scuole  di
istruzioni primarie e secondarie e degli  istituti  professionali  di
istruzione artistica"»; dell'art. 3, primo comma, dello stesso d.P.R.
n. 1032 del 1973, «nella parte in cui  richiede  per  la  maturazione
della buonuscita "almeno un anno di iscrizione al Fondo"»;  dell'art.
9, primo comma, del decreto legislativo del  Capo  provvisorio  dello
Stato 4 aprile 1947, n. 207 (Trattamento giuridico ed  economico  del
personale civile non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni dello
Stato), «nella parte in cui subordina il  diritto  all'indennita'  di
fine rapporto ad "almeno un anno di servizio continuativo"»; 
        che  il  rimettente  e'  chiamato  a  giudicare  sul  ricorso
proposto da un'insegnante di musica  ai  fini  dell'accertamento  del
diritto a conseguire l'indennita' di buonuscita (ai sensi del  d.P.R.
n. 1032 del 1973) e l'indennita'  di  fine  rapporto  (ai  sensi  del
d.lgs.C.p.S.  n.  207  del  1947),  in  relazione   al   periodo   di
insegnamento - di complessivi trentaquattro  anni  -  non  di  ruolo,
bensi' svolto in forza di una serie di  incarichi  continuativi,  non
essendo stata la  medesima  mai  inserita  nei  ruoli  del  personale
statale; 
        che il giudice a quo esclude di poter accogliere  l'eccezione
di prescrizione quinquennale delle pretese azionate dalla ricorrente,
avanzata dalle Amministrazioni convenute, non essendo ancora  decorso
detto termine prescrizionale in ragione della ritenuta cessazione del
rapporto di lavoro nel 1998,  cui  e'  seguita  la  proposizione  del
ricorso giudiziario nel 1999, e cio' sul presupposto  della  unicita'
del rapporto lavorativo degli insegnanti "precari" statali, in quanto
tra un contratto a termine ed il successivo si verrebbe ad instaurare
un "nesso istituzionale"; 
        che, tuttavia, il rimettente sostiene che all'affermazione di
unicita' del rapporto lavorativo di specie, siccome  riconosciuta  in
riferimento all'istituto  della  prescrizione,  non  possa  del  pari
giungersi quanto alle pretese concernenti le indennita' pretese dalla
ricorrente, basandosi esse su norme - quelle impugnate - «di  stretta
interpretazione perche' comportano oneri per la finanza pubblica»; 
    che, difatti, la formulazione sia dell'art. 3, primo  comma,  del
d.P.R. n. 1032 del  1973,  la'  dove  prevede  che  il  diritto  alla
indennita'  di  buonuscita  si  consegue  «dopo  almeno  un  anno  di
iscrizione al Fondo», sia dell'art. 9, primo comma, del  d.lgs.C.p.S.
n. 207 del 1947, la' dove dispone che l'indennita' di  fine  rapporto
competa  al  personale   «avente   almeno   un   anno   di   servizio
continuativo», non consentirebbero spazio alcuno  ad  interpretazione
diversa da «quella logico-letterale»; 
        che, inoltre, in  riferimento  alla  buonuscita,  la  pretesa
della ricorrente non potrebbe trovare accoglimento anche  in  ragione
del fatto che l'art. 2, primo comma, del  d.P.R.  n.  1032  del  1973
(anch'esso «di stretta interpretazione»)  esclude  espressamente  dal
diritto  all'indennita'  il  «personale  supplente  delle  scuole  di
istruzioni primarie e secondarie e degli  istituti  professionali  di
istruzione artistica»;  ed  alla  "supplenza"  e'  da  ricondursi  il
servizio svolto dalla ricorrente, essendo «stato effettuato su  posti
non coperti dal personale di ruolo, vuoi per impedimenti  temporanei,
vuoi per mancata assegnazione»; 
        che, tanto premesso, il giudice a quo sostiene che «le citate
disposizioni contrastino all'evidenza con gli artt. 3, 36 e 38  della
Costituzione, rispettivamente  per  la  violazione  dei  principi  di
ragionevolezza,  di  proporzionalita'   della   retribuzione   e   di
disponibilita' di mezzi adeguati alle esigenze della vecchiaia»; 
    che,  pertanto,  il  rimettente   ritiene   «non   manifestamente
infondati i dubbi di costituzionalita' degli artt.  3,  primo  comma,
d.P.R. n. 1032/1973 e 9, primo comma, d.lgs. c.p.s. 4 aprile 1947, n.
207, prospettati dall'attenta difesa della ricorrente con riferimento
agli artt. 3 e 36 Cost.»; 
        che, inoltre, viene  sollevata  «d'ufficio  la  questione  di
costituzionalita' dell'art. 2, primo comma, d.P.R. n. 1032/1973,  per
contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 Cost., rammentando come  sia  gia'
stata giudicata fondata l'analoga  questione  attinente  all'art.  18
d.lgs. c.p.s. n. 207/1947 (Corte cost. Sent.  17  dicembre  1987,  n.
518)». 
        che, quanto alla rilevanza delle questioni, il giudice a  quo
osserva che le norme impugnate  risultano  ostative  all'accoglimento
delle pretese azionate dalla ricorrente e, peraltro, anche  la'  dove
non fosse condivisa la tesi sull'unicita' del rapporto di  lavoro  ai
fini del computo del termine di prescrizione, «residuerebbe  comunque
la rilevanza della  questione  concernente  l'art.  9,  primo  comma,
d.lgs. c.p.s. 4 aprile 1947,  n.  207»,  non  essendo  prescritta  la
domanda di corresponsione delle indennita' di fine rapporto; 
        che e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  che  ha  concluso   per   l'inammissibilita'   o,   comunque,
l'infondatezza delle questioni proposte; 
        che  la  difesa  dello  Stato  rileva,  anzitutto,   che   il
rimettente non chiarisce, in fatto, se gli incarichi di  insegnamento
svolti dalla ricorrente abbiano tutti avuto durata infrannuale,  cio'
ridondando sulla adeguatezza della motivazione in punto di  rilevanza
della questione; 
        che, inoltre, il giudice a quo non si sarebbe fatto carico di
una lettura  costituzionalmente  orientata  delle  norme  denunciate,
posto che avrebbe escluso immotivatamente che l'unicita' del rapporto
possa valere non soltanto ai fini della prescrizione, ma anche per le
indennita' pretese dalla ricorrente; 
        che l'Avvocatura generale dello Stato osserva,  poi,  che  le
questioni sarebbero inammissibili non solo perche' si  richiede  alla
Corte di  procedere  ad  una  modifica  complessiva  del  sistema  in
presenza di una gamma di  soluzioni  possibili,  la  cui  scelta  non
potrebbe che spettare al legislatore, ma anche per l'assoluto difetto
di motivazione  dell'ordinanza  di  rimessione  sulla  non  manifesta
infondatezza, essendosi limitato il rimettente  alla  evocazione  dei
parametri che si reputano lesi dalle norme impugnate; 
        che, in ogni caso, ad avviso del Presidente del Consiglio dei
ministri le questioni non sarebbero fondate, non  essendo  stato  mai
posto in discussione, ne' dalla sentenza n. 40  del  1973  di  questa
Corte,   ne'   dalla   successiva   sentenza   n.   518   del    1987
(sull'incostituzionalita' dell'art. 18 del d.lgs. C.p.S. n.  207  del
1947) «l'impianto della normativa oggi contestato dal TAR», quanto al
possesso del requisito minimo di un periodo minimo di  iscrizione  al
Fondo  di  previdenza  ovvero  di  anzianita'  di  servizio  per   il
conseguimento dei benefici richiesti; 
        che,  peraltro,  proprio  la  previsione  di   un   requisito
specifico di anzianita' contributiva  «determina  inevitabilmente  il
sorgere di situazioni differenziate nelle quali non per  questo  sono
ravvisabili situazioni discriminatorie»; 
        che, inoltre, nessuna violazione dell'art. 36 Cost.  potrebbe
apprezzarsi ove non si consideri la retribuzione nella sua globalita'
e, dunque, «senza esaminare  quanto  e'  stato  comunque  erogato  al
lavoratore  in  ragione  della  (limitata)   prestazione   lavorativa
svolta»; 
        che, conclude la difesa dello  Stato,  analogamente  varrebbe
per la dedotta lesione dell'art. 38  Cost.,  non  potendosi  reputare
incostituzionale  una  disciplina  che  correla  «la  spettanza   dei
benefici ad una prestazione lavorativa connotata da minimi requisiti,
ad esempio,  di  continuita'»,  dovendosi  anche  tener  conto  della
«discrezionalita' legislativa nella determinazione  della  spettanza,
dei  tempi,  modi  e  misura  delle  prestazioni   sociali»   in   un
bilanciamento con gli  altri  diritti  costituzionalmente  garantiti,
«tra i quali anche, fondamentale, quello  del  buon  andamento  della
finanza pubblica»; 
        che, in prossimita' della camera di consiglio, il  Presidente
del Consiglio dei ministri ha depositato memoria illustrativa con  la
quale, ribadendo e  sviluppando  le  argomentazioni  gia'  spese  con
l'atto di intervento, insiste per l'inammissibilita' o, comunque, per
la manifesta infondatezza delle questioni. 
    Considerato che il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria
ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3,  36   e   38   della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale: 
        dell'art. 2, primo comma, del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione  del  testo  unico
delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore  dei  dipendenti
civili e militari dello Stato), «nella parte in cui nega  il  diritto
alla buonuscita al "personale supplente delle  scuole  di  istruzioni
primarie e secondarie e degli istituti  professionali  di  istruzione
artistica"»; 
        dell'art. 3, primo comma, dello stesso  d.P.R.  n.  1032  del
1973,  «nella  parte  in  cui  richiede  per  la  maturazione   della
buonuscita "almeno un anno di iscrizione al Fondo"»; 
        dell'art. 9, primo comma, del decreto  legislativo  del  Capo
provvisorio dello Stato 4 aprile 1947, n. 207 (Trattamento  giuridico
ed economico del personale civile non  di  ruolo  in  servizio  nelle
Amministrazioni dello  Stato),  «nella  parte  in  cui  subordina  il
diritto all'indennita'  di  fine  rapporto  ad  "almeno  un  anno  di
servizio continuativo"»; 
        che, ad avviso del  rimettente,  le  disposizioni  denunciate
violerebbero gli artt. 3, 36 e  38  Cost.  e  cioe',  «all'evidenza»,
rispettivamente i principi «di  ragionevolezza,  di  proporzionalita'
della  retribuzione  e  di  disponibilita'  di  mezzi  adeguati  alle
esigenze della vecchiaia»; 
    che, quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni sugli
artt. 3, primo comma, d.P.R. n. 1032  del  1973  e  9,  primo  comma,
d.lgs.C.p.S. n. 207 del 1947, essa e'  assunta  in  forza  dei  dubbi
«prospettati dall'attenta difesa  della  ricorrente  con  riferimento
agli artt. 3 e 36 Cost.»; 
        che, inoltre, la questione sull'art. 2, primo  comma,  d.P.R.
n. 1032 del 1973 e' sollevata d'ufficio «rammentando  come  sia  gia'
stata giudicata fondata l'analoga  questione  attinente  all'art.  18
d.lgs. c.p.s. n. 207/1947 (Corte cost. Sent.  17  dicembre  1987,  n.
518)»; 
        che, alla luce di quanto emerge dall'ordinanza di rimessione,
il  giudice  a  quo  non  si  fa  carico  di  allegare  alcuna  reale
argomentazione a sostegno dei parametri evocati (di cui agli 3, 36  e
38 Cost.), rinviando, altresi', per quanto concerne la denuncia degli
artt. 3, primo comma, del d.P.R. n. 1032/1973 e 9, primo  comma,  del
d.lgs.C.p.S. n. 207/1947, ai dubbi «prospettati  dall'attenta  difesa
della ricorrente con riferimento agli artt. 3 e 36 Cost.»; 
        che si tratta, dunque, di rinvio motivazionale  non  soltanto
per  relationem  -  e,  come  tale,   suscettibile   di   determinare
l'inammissibilita' della questione (tra le piu' recenti, sentenza  n.
143 del 2010) - ma, viepiu', privo dei contenuti relazionali ai quali
ci si rivolge; 
        che,  anche  in  riferimento  alla  denuncia   dell'ulteriore
disposizione, le ragioni della censura appaiono assenti, non  potendo
integrare una motivazione a tal fine sufficiente il mero assunto  per
cui e' «gia' stata giudicata fondata  l'analoga  questione  attinente
all'art. 18 d.lgs. c.p.s. n. 207/1947 (Corte cost. Sent. 17  dicembre
1987, n. 518)»; 
        che, peraltro, occorre rilevare che,  nell'occasione  evocata
dal rimettente,  veniva  in  rilievo  la  prevista  esclusione  degli
insegnati con "nomina  annuale"  dal  riconoscimento  del  diritto  a
percepire l'indennita' di fine rapporto, non ponendosi in alcun  modo
in discussione la diversa posizione (cosi' considerata  nello  stesso
contesto della motivazione della sentenza  n.  518  del  1987)  degli
insegnanti con nomina  infra-annuale  (analogamente,  si  veda  anche
sentenza n. 40 del 1973); 
        che, pertanto, in ragione delle riscontrate carenze dell'atto
di promovimento del presente giudizio di legittimita' costituzionale,
le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita'  costituzionale  degli  articoli  2,  primo  comma,  del
decreto del Presidente della Repubblica 29  dicembre  1973,  n.  1032
(Approvazione  del  testo  unico  delle   norme   sulle   prestazioni
previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato),
3, primo comma, dello stesso d.P.R. n. 1032  del  1973,  e  9,  primo
comma, del decreto legislativo del Capo  provvisorio  dello  Stato  4
aprile 1947, n. 207 (Trattamento giuridico ed economico del personale
civile non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni  dello  Stato),
sollevate,  in  riferimento  agli  articoli  3,   36   e   38   della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria  con
l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2011. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Maddalena 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 24 marzo 2011 
 
                       Il cancelliere: Melatti