N. 111 ORDINANZA 23 marzo - 1 aprile 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Ordinamento penitenziario - Preclusione dei benefici  penitenziari  e
  delle misure alternative alla detenzione, in caso di  condanna  per
  il delitto di violenza sessuale di  gruppo  (art.  609-octies  cod.
  pen.), ove il condannato non collabori con la giustizia e  non  sia
  stato sottoposto all'osservazione scientifica  della  personalita',
  attuata in regime di restrizione, per almeno un anno  -  Disciplina
  applicabile anche al condannato per fatti commessi da  minorenne  -
  Denunciata violazione  dei  principi  della  finalita'  rieducativa
  della pena e di protezione dei minori - Omessa compiuta descrizione
  della fattispecie, con conseguente impossibilita' di verificare  la
  rilevanza della questione - Manifesta inammissibilita'. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, commi 1 e 1-quater. 
- Costituzione, artt. 27, terzo comma, e 31, secondo comma. 
(GU n.15 del 6-4-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI. 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis, commi  1
e  1-quater,  della   legge   26   luglio   1975,   n.   354   (Norme
sull'ordinamento  penitenziario  e   sull'esecuzione   delle   misure
privative e limitative della liberta'), promosso dal Tribunale per  i
minorenni di Bologna, con ordinanza del 28 giugno 2010,  iscritta  al
n. 335 del  registro  ordinanze  2010  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 44,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2010. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio  del  9  marzo  2011  il  Giudice
relatore Gaetano Silvestri. 
    Ritenuto che, con ordinanza deliberata  il  23  giugno  2010,  il
Tribunale per i minorenni di  Bologna,  in  funzione  di  giudice  di
sorveglianza, ha sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  27,  terzo
comma,  e  31,  secondo  comma,  della  Costituzione,  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art.  4-bis,  commi  1  e  1-quater,
della  legge  26  luglio  1975,  n.   354   (Norme   sull'ordinamento
penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative  e  limitative
della liberta'); 
        che le suddette norme sono censurate nella parte  in  cui  si
applicano anche al condannato per fatti commessi  da  minorenne,  con
conseguente preclusione dei  benefici  penitenziari  e  delle  misure
alternative alla detenzione, in  caso  di  condanna  per  il  delitto
previsto dall'art. 609-octies del codice penale, ove non  ricorra  la
«collaborazione» del condannato e questi  non  sia  stato  sottoposto
all'osservazione scientifica della personalita', attuata in regime di
restrizione, per almeno un anno; 
        che il rimettente  e'  chiamato  a  provvedere,  in  sede  di
giudizio di rinvio, sull'istanza di affidamento in prova al  servizio
sociale presentata da un minorenne, condannato alla pena di anni  due
e mesi nove di reclusione per i reati previsti dagli artt. 609-octies
e 594 cod. pen.; 
        che il giudice a quo riferisce  di  come  il  condannato  sia
rimasto ristretto solo per un breve periodo, in quanto il  magistrato
di sorveglianza ha disposto la provvisoria sospensione della pena, ai
sensi dell'art. 47, comma  4,  ord.  pen.,  e  lo  stesso  Tribunale,
successivamente, ha accolto l'istanza di  ammissione  del  condannato
alla misura dell'affidamento in prova al servizio sociale; 
        che in epoca ancora  successiva,  sul  ricorso  proposto  dal
pubblico ministero, la Corte di cassazione ha  annullato  l'ordinanza
con cui era stata disposta la  misura  alternativa  alla  detenzione,
rinviando al rimettente per un nuovo esame della medesima istanza; 
        che, osserva il giudice a quo,  sulla  base  della  normativa
vigente, l'istanza in esame dovrebbe essere dichiarata  inammissibile
o comunque rigettata, «tenuto conto della previsione dell'art.  4-bis
della legge n.  354  del  1975  e  delle  indicazioni  interpretative
fornite dalla sentenza della Corte di cassazione che ha annullato  la
precedente ordinanza emessa  dal  Tribunale,  nell'ambito  di  questo
stesso procedimento, che aveva pure tentato di dare  alla  norma  una
lettura costituzionalmente orientata e di effettuare una  valutazione
flessibile ed individualizzata»; 
        che  a  cio'  consegue,  secondo  il  rimettente,  l'indubbia
rilevanza della questione avente ad oggetto l'art. 4-bis, commi  1  e
1-quater, ord. pen., tenuto conto che la condanna riguarda  anche  il
delitto di cui all'art. 609-octies cod. pen. «e non ricorrono per  il
condannato ne' la condizione della collaborazione con la giustizia  a
norma dell'art. 58-ter ord. pen., ne' l'osservazione condotta  almeno
per un anno all'interno dell'istituto penitenziario»; 
        che il Tribunale  evidenzia  come  l'applicazione  rigida  ed
automatica della detenzione carceraria nei confronti  del  condannato
minorenne,   «senza   possibilita'   di   valutare   l'idoneita'   ed
opportunita'  di  eventuali  misure  alternative  alla   detenzione»,
risulti in contrasto con la finalita' rieducativa della pena, e come,
pertanto,  le  preclusioni  contenute  nella  norma  censurata  siano
inconciliabili con il disposto degli artt. 27 e 31 Cost., in base  ai
quali deve ritenersi sicuramente prevalente l'esigenza  di  garantire
il recupero sociale del minorenne, attraverso la valorizzazione delle
sue caratteristiche individuali; 
        che   la   necessita'   di   diversificare   il   trattamento
dell'imputato e del condannato ancora minorenni e' stata  piu'  volte
evidenziata  dalla  Corte  costituzionale,  la  quale  ha   affermato
l'incompatibilita' tra le disposizioni  dell'esecuzione  penale,  che
prevedono  divieti  generalizzati  ed  automatici,  e   i   parametri
costituzionali evocati dal rimettente (sono richiamate le sentenze n.
436 del 1999; n. 450 del 1998; n. 403 del 1997; n. 168 del 1994); 
        che nella  specie,  prosegue  il  giudice  a  quo,  il  fatto
ascritto al condannato istante, pur grave nell'astratta previsione di
legge, ha «assunto [...] modalita' di attuazione del tutto peculiari,
essendosi concluso in pochi attimi e  senza  evidenziare  particolari
profili di pericolosita' o allarme sociale»; 
        che  l'assenza  di  pericolosita'  del   condannato   sarebbe
confermata dalla circostanza che il predetto non e' stato  sottoposto
a misura cautelare per il fatto oggetto della condanna,  ne'  risulta
denunciato in altre occasioni; 
        che il rimettente ha cura di  precisare  che  il  giudizio  a
carico dei coimputati del condannato istante, svoltosi dopo  che  era
intervenuta la sentenza di condanna in primo grado del  predetto,  si
e' concluso con sentenza di proscioglimento; 
        che inoltre, e sempre con riferimento alla valutazione  della
personalita' del condannato, il Tribunale segnala che  l'osservazione
condotta durante il  breve  periodo  di  restrizione  in  carcere  ha
evidenziato la disponibilita' del  giovane  a  relazionarsi  in  modo
autentico con gli operatori, riconoscendone la funzione di protezione
e sostegno, mentre e' emersa una personalita'  fragile  e  facilmente
influenzabile,  la  cui   positiva   evoluzione   non   e'   favorita
dall'ambiente detentivo; 
        che, nel delineato contesto, la norma censurata imporrebbe al
rimettente di ripristinare la  detenzione  in  carcere,  senza  poter
valutare gli  effetti  della  sanzione  sul  percorso  evolutivo  del
minore,  essendo  in  particolare  impediti  «quell'esame  e   quella
valutazione flessibile ed individualizzata  che  sono  indispensabili
perche'  l'esecuzione  della  pena   sia   conforme   alle   esigenze
costituzionali  di  protezione  della  personalita'  del   minore   e
rieducazione-recupero del condannato»; 
        che, inoltre, il giudice a quo segnala come il condannato  si
trovi tutt'ora in regime di affidamento in prova al servizio sociale,
secondo  il  disposto  dell'ordinanza  annullata   dalla   Corte   di
cassazione, sicche' il ripristino della detenzione carceraria avrebbe
anche l'effetto di interrompere un percorso di recupero positivamente
avviato; 
        che con atto depositato il 23 novembre 2010 e' intervenuto in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  il  quale  ha  concluso
chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata; 
        che  la  difesa  dello  Stato  non  condivide  l'assunto  del
rimettente, secondo il quale l'art. 4-bis ord. pen. non permetterebbe
di tenere conto della specificita' del  detenuto  minorenne,  le  cui
esigenze di risocializzazione sono  particolarmente  significative  e
non  ammettono  divieti   rigidi   nell'applicazione   dei   benefici
penitenziari; 
        che, in  realta',  la  disposizione  censurata  non  porrebbe
divieti assoluti, in quanto il comma 1-bis del  medesimo  art.  4-bis
ord. pen. introduce alcuni temperamenti  al  richiesto  atteggiamento
collaborativo, e il comma  1-quater,  con  riferimento  specifico  ai
condannati per i delitti di violenza sessuale, previsti  dagli  artt.
609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies  cod.  pen.,  richiede,  ai
fini della  concessione  dei  benefici  penitenziari,  l'osservazione
scientifica della personalita' condotta per almeno un anno; 
        che in entrambe le situazioni, secondo l'Avvocatura generale,
la norma censurata affida al giudice di sorveglianza  la  valutazione
della personalita' del reo, introducendo  alcuni  indici  rivelatori,
quali  l'eventuale  collaborazione  o  le   ragioni   della   mancata
collaborazione, la scarsa rilevanza della condotta criminosa, nonche'
i risultati dell'osservazione scientifica  della  personalita',  allo
scopo di assicurare la maggiore tutela sociale  nei  confronti  degli
autori di reati gravissimi; 
        che nel caso oggetto del giudizio principale, osserva  ancora
la difesa dello Stato, non risulta che il minorenne,  condannato  per
il delitto di cui all'art. 609-octies cod.  pen.,  abbia  collaborato
con la giustizia, ne' che abbia allegato  alcun  elemento  dal  quale
emerga che la sua collaborazione era impossibile ovvero  che  la  sua
partecipazione al reato sia stata di  minima  importanza  e,  d'altra
parte, nemmeno e' stata effettuata l'osservazione  scientifica  della
personalita', con la conseguenza che non ricorrono le condizioni  per
l'ammissibilita' alla misura alternativa richiesta; 
        che, in questa prospettiva, non sarebbe riscontrabile  alcuna
analogia tra la norma censurata e quelle disposizioni che, in  quanto
prevedono divieti rigidi e generalizzati per  l'accesso  ai  benefici
penitenziari, sono state dichiarate illegittime nella parte in cui si
applicano ai minorenni (sono richiamate le sentenze n. 436 del  1999,
n. 450 del 1998, n. 403 del 1997 della Corte costituzionale). 
    Considerato che il Tribunale  per  i  minorenni  di  Bologna,  in
funzione di giudice di sorveglianza,  solleva,  in  riferimento  agli
artt. 27, terzo comma, e  31,  secondo  comma,  Cost.,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art.  4-bis,  commi  1  e  1-quater,
della  legge  26  luglio  1975,  n.   354   (Norme   sull'ordinamento
penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative  e  limitative
della liberta'); 
        che le suddette norme sono censurate nella parte  in  cui  si
applicano anche al condannato per fatti commessi  da  minorenne,  con
conseguente preclusione dei  benefici  penitenziari  e  delle  misure
alternative alla detenzione, in  caso  di  condanna  per  il  delitto
previsto dall'art. 609-octies del codice penale, ove non  ricorra  la
«collaborazione» del condannato e questi  non  sia  stato  sottoposto
all'osservazione scientifica della personalita', attuata in regime di
restrizione, per almeno un anno; 
        che il rimettente e' chiamato a  deliberare  sull'istanza  di
affidamento in prova al servizio sociale proposta  da  un  minorenne,
condannato a due anni e nove mesi di reclusione per i  reati  di  cui
agli artt. 609-octies e 594 cod. pen., dopo che la propria precedente
ordinanza, di  accoglimento  dell'istanza,  e'  stata  annullata  con
rinvio dalla Corte di cassazione; 
        che lo stesso rimettente  segnala  di  avere  tentato,  nella
predetta ordinanza, una lettura  costituzionalmente  orientata  della
norma censurata, ma che «le indicazioni interpretative fornite  dalla
Corte di cassazione», con la sentenza di annullamento, gli  impongono
di sottoporre l'art. 4-bis,  commi  1  e  1-quater,  ord.  pen.  allo
scrutinio di legittimita'  costituzionale,  nella  parte  in  cui  si
applica anche al condannato per fatti commessi da minorenne; 
        che, in definitiva, il giudice a quo assume  che  il  vincolo
derivante dalla pronuncia della Corte di cassazione non gli  consente
di  superare  le  preclusioni,  poste  dalla  norma  censurata,  alla
concessione dei benefici penitenziari ai soggetti condannati  per  il
delitto di cui all'art. 609-octies cod. pen., con la conseguenza  che
l'istanza del condannato minorenne non potrebbe trovare accoglimento; 
        che, a fronte  di  tale  prospettazione,  il  rimettente  non
fornisce   le   necessarie   specificazioni   in   riferimento    sia
all'interpretazione costituzionalmente orientata, che pure afferma di
aver tentato nella precedente ordinanza,  sia  alle  ragioni  per  le
quali la  predetta  ordinanza  e'  stata  annullata  dalla  Corte  di
cassazione; 
        che l'omessa compiuta descrizione  della  fattispecie,  avuto
riguardo al contenuto del contrasto interpretativo che  costituirebbe
il presupposto dell'incidente di costituzionalita', non  consente  di
verificare la rilevanza della questione; 
        che, invero, secondo la consolidata giurisprudenza di  questa
Corte (sentenze n. 77 del 2007, n. 58 del 1995, n. 257 del  1994,  n.
138 del 1993) il giudice di rinvio e' legittimato a  sollevare  dubbi
di costituzionalita' in base  all'opzione  interpretativa  risultante
dal principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione, e  cio'
in quanto egli deve fare applicazione  della  norma  nel  significato
attribuitole con la decisione di annullamento; 
        che,  d'altra  parte,  soltanto  sollevando  il   dubbio   di
costituzionalita' il giudice del  rinvio  puo'  superare  il  vincolo
interpretativo,  in  cio'  risiedendo  la  rilevanza  della  relativa
questione; 
        che diversamente, nel  caso  in  cui  non  sia  precisata  la
portata dell'interpretazione vincolante, come avviene  nella  specie,
questa  Corte  non  e'  posta   in   condizione   di   valutare   se,
effettivamente, da tale  interpretazione  discendano  le  conseguenze
denunciate dal rimettente in termini di incompatibilita' della  norma
censurata con i parametri evocati,  ovvero  se,  invece,  il  vincolo
interpretativo  riguardi  profili  diversi  dell'applicazione   della
stessa  norma,  non  ricollegabili  alla   sollevata   questione   di
legittimita' costituzionale; 
        che le evidenziate carenze descrittive, in quanto impediscono
il controllo sulla  rilevanza  della  questione,  ne  determinano  la
manifesta inammissibilita' (ex plurimis, ordinanze n. 320 e n. 85 del
2010). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art.  4-bis,  commi  1  e  1-quater,
della  legge  26  luglio  1975,  n.   354   (Norme   sull'ordinamento
penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative  e  limitative
della liberta'), sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  27,  terzo
comma, e 31, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale  per  i
minorenni di Bologna, in funzione di  giudice  di  sorveglianza,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 marzo 2011. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Silvestri 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 1° aprile 2011 
 
                       Il cancelliere: Melatti