N. 150 SENTENZA 18 - 21 aprile 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ricorso del Governo - Impugnazione di disposizioni della legge  della
  Regione Abruzzo 10 agosto 2010, n. 38 - Trattazione della questione
  riguardante l'art. 2 della  suddetta  legge  regionale,  unitamente
  alle questioni aventi ad oggetto talune  disposizioni  della  legge
  della Regione Abruzzo 12 maggio  2010,  n.  17  -  Decisione  sulle
  ulteriori questioni  concernenti  altra  disposizione  della  legge
  regionale n. 38 del 2010 riservata a separate pronunce. 
- Legge della Regione Abruzzo 10 agosto 2010, n. 38, art. 2. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. e);  d.lgs.  31  marzo
  1998, n. 114, art. 11. 
Commercio - Norme della Regione  Abruzzo  -  Deroghe  all'obbligo  di
  chiusura domenicale e festiva deliberate dai  Comuni  limitatamente
  alla grande distribuzione - Impegno  dei  Comuni  ad  inserire  nei
  propri atti la garanzia di assicurare  a  rotazione  il  riposo  ai
  lavoratori  per  almeno  la  meta'  delle  giornate   di   apertura
  domenicale o festiva e di sostituire  i  lavoratori  a  riposo  con
  assunzioni  temporanee  nelle  giornate  domenicali  e  festive   -
  Incidenza sulle modalita' di svolgimento  del  rapporto  di  lavoro
  subordinato, rientranti nella  materia  di  competenza  legislativa
  esclusiva dello Stato dell'«ordinamento  civile»  -  Illegittimita'
  costituzionale - Assorbimento dell'ulteriore questione. 
- Legge della Regione Abruzzo 12 maggio 2010, n. 17, art.  34,  comma
  3. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. l) [art. 117,  secondo
  comma, lett. e)]. 
Commercio - Norme della Regione Abruzzo -  Interpretazione  autentica
  del comma 2 dell'art. 34 della legge regionale n.  17  del  2010  -
  Obbligatoria corrispondenza per ogni giornata di deroga all'obbligo
  di chiusura domenicale  della  concertazione  di  una  giornata  di
  chiusura infrasettimanale - Preclusione della deroga alle  chiusure
  domenicali e festive nel caso di inadempimento del suddetto obbligo
  ovvero di mancato rispetto del comma  3  del  medesimo  art.  34  -
  Violazione della competenza legislativa esclusiva  dello  Stato  in
  materia   di   «tutela   della   concorrenza»   -    Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Abruzzo 10 agosto 2010, n. 38, art. 2. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. e);  d.lgs.  31  marzo
  1998, n. 114, art. 11. 
Commercio - Norme della Regione Abruzzo -  Vendita  al  pubblico  dei
  farmaci da banco o di automedicazione - Obbligo  per  gli  esercizi
  commerciali di destinare a tale attivita' una superficie di vendita
  non inferiore ai minimi indicati dalla legge - Ricorso del  Governo
  - Denunciata  violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva
  dello Stato in materia di «tutela della concorrenza» -  Esclusione,
  attesa  la  riconducibilita'  della  disposizione  censurata   alla
  materia di legislazione concorrente della «tutela della  salute»  -
  Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Abruzzo 12 maggio 2010, n. 17, art. 5, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma,  lett.  e);  d.l.  4  luglio
  2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dalla legge  4  agosto
  2006, n. 248), art. 5. 
Commercio - Norme  della  Regione  Abruzzo  -  Possibilita'  per  gli
  esercenti  il  commercio  di  derogare  all'obbligo   di   chiusura
  domenicale e  festiva  per  un  numero  di  40  giornate  nell'arco
  dell'anno, stabilito con Ordinanza sindacale, previa concertazione,
  con i  Sindacati  e  con  le  Organizzazioni  di  categoria,  delle
  giornate di chiusura  infrasettimanale  -  Ricorso  del  Governo  -
  Denunciata violazione della competenza legislativa esclusiva  dello
  Stato in materia di «tutela della concorrenza» - Esclusione, attesi
  gli  effetti  pro-concorrenziali   derivanti   dalla   disposizione
  censurata,  riconducibile  alla  materia  di  competenza  regionale
  residuale del «commercio» - Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Abruzzo 12 maggio 2010, n. 17, art.  34,  comma
  2. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. e);  d.lgs.  31  marzo
  1998, n. 114, art. 11. 
(GU n.18 del 27-4-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 5, comma 1,  e
34, commi 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo 12 maggio 2010, n.
17 (Modifiche alla L.R. 16 luglio 2008, n. 11 Nuove norme in  materia
di Commercio e disposizioni per favorire il superamento  della  crisi
nel settore del commercio), e dell'art. 2 della legge  della  Regione
Abruzzo 10 agosto 2010, n. 38 (Interventi normativi e finanziari  per
l'anno 2010), promossi con ricorsi del Presidente del  Consiglio  dei
ministri notificati  il  19-23  luglio  ed  il  12-18  ottobre  2010,
depositati in cancelleria il 27 luglio  ed  il  21  ottobre  2010  ed
iscritti ai nn. 86 e 114 del registro ricorsi 2010. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo; 
    Udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2011 il Giudice relatore
Paolo Maria Napolitano; 
    Udito l'avvocato dello Stato Diana Ranucci per il Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 19 luglio  2010  e  depositato  il
successivo 27 luglio, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ha
sollevato - in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettere e) ed
l), della Costituzione -  questione  di  legittimita'  costituzionale
degli artt. 5, comma 1, e 34, commi 2 e 3, della legge della  Regione
Abruzzo 12 maggio 2010, n. 17 (Modifiche alla L.R. 16 luglio 2008, n.
11 Nuove norme in materia di Commercio e disposizioni per favorire il
superamento della crisi nel settore del commercio). 
    Il ricorrente  premette  che  la  legge  regionale  impugnata  si
propone di ridisciplinare il settore del  commercio,  modificando  in
parte la precedente legge regionale 16  luglio  2008,  n.  11  (Nuove
norme in materia di commercio), con  l'intento  di  prevedere  misure
atte a favorire il superamento della crisi economica. 
    A tal fine il legislatore regionale  ha  dettato  una  disciplina
tesa a rivedere tutto l'ambito del commercio, dalla fase del rilascio
delle necessarie autorizzazioni all'esercizio commerciale  sino  alla
disciplina della vendita dei diversi beni. In questa ristrutturazione
del  settore  si  inseriscono   le   norme   denunciate,   le   quali
presenterebbero, tuttavia, elementi tali da palesare l'invasione  del
legislatore regionale in materie attribuite,  ex  art.  117,  secondo
comma, Cost., alla competenza esclusiva statale. 
    In particolare osserva l'Avvocatura dello  Stato  che  l'art.  5,
comma  1,  della  legge  regionale  n.  17  del  2010  ha  sostituito
interamente il comma 44 dell'art. 1 della legge regionale n.  11  del
2008  col  seguente  testo:  «(Vendita  di  farmaci).  Gli   esercizi
commerciali di cui al comma 3, lettere d), e), f), g) e  m),  possono
effettuare attivita' di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di
automedicazione come previsto all'articolo  5  del  decreto  legge  4
luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e
sociale, per il  contenimento  e  la  razionalizzazione  della  spesa
pubblica, nonche' interventi in materia di  entrate  e  di  contrasto
all'evasione fiscale), convertito con modificazioni in legge 4 agosto
2006, n. 248. La superficie minima destinata alle attivita' di cui al
comma 2 dell'art. 5 della legge 4 agosto 2006, n. 248 deve essere: a)
non inferiore a mq 40 per gli esercizi di cui al comma 3, lettera d);
b) non inferiore a mq 80 per gli esercizi di cui al comma 3,  lettera
e); c) non inferiore a mq 120 per gli esercizi di  cui  al  comma  3,
lettere f) e g). Sono fatte salve tutte le attivita' avviate in  data
antecedente all'entrata in vigore della presente legge». 
    In  sintesi,  la  norma  impugnata  dispone  che   gli   esercizi
commerciali che possono effettuare attivita' di vendita  al  pubblico
dei farmaci da banco, di automedicazione o comunque  non  soggetti  a
prescrizione medica, come previsto all'articolo 5  del  decreto-legge
n. 223 del 2006, devono avere  delle  superfici  minime  prestabilite
dalla norma stessa. 
    Il ricorrente evidenzia che la normativa statale  di  riferimento
in materia e' costituita dal citato art. 5 del d.l. n. 223 del  2006,
che ha derogato al principio della  esclusivita'  della  vendita  dei
farmaci presso le farmacie, e dal decreto legislativo 31 marzo  1998,
n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del  commercio),
che, secondo quanto affermato da questa Corte con la sentenza n.  430
del 2007, ha «espressamente posto quali finalita' della disciplina in
materia  di  commercio,  tra  le  altre,  quella  di  realizzare   la
trasparenza del mercato, la concorrenza, la liberta' d'impresa  e  la
libera  circolazione  delle  merci,   [...]   in   un   processo   di
modernizzazione, all'evidente scopo di rimuovere i residui profili di
contrasto della disciplina di settore con il principio  della  libera
concorrenza». 
    La ratio sottesa alla disciplina statale sarebbe, dunque,  quella
di incentivare  e  tutelare  la  libera  concorrenza,  nonche',  come
sottolineato nella citata sentenza n. 430  del  2007,  di  perseguire
obiettivi di tutela della salute, mirando a  garantire  una  maggiore
facilita' nel reperimento dei medicinali. 
    E' questa la prospettiva, a parere del Presidente  del  Consiglio
dei ministri, in cui dovrebbe inquadrarsi  la  norma  denunciata,  la
quale, pur inserita nell'ambito di un testo legislativo diretto  alla
disciplina del commercio e, nello specifico, diretta  a  disciplinare
la vendita dei farmaci e  le  modalita'  con  la  quale  questa  deve
avvenire,  involgerebbe  in  realta'  profili  di  esclusivo  rilievo
statale, nella parte in cui dispone che gli esercizi  abilitati  alla
vendita di farmaci debbano avere le  limitazioni  di  superficie  ivi
determinate. 
    La previsione regionale quindi, ponendo  limiti  e  vincoli  alla
distribuzione commerciale  concernente  la  vendita  dei  farmaci  da
banco, risulterebbe eccedere dalle  competenze  regionali,  incidendo
sull'assetto  concorrenziale  del  mercato,  in   particolare   della
distribuzione commerciale, cosi' da invadere la competenza statale in
materia di tutela della concorrenza di cui all'articolo 117,  secondo
comma, lettera e), Cost. 
    Ne' potrebbe argomentarsi, in senso contrario,  che,  essendo  la
«tutela della concorrenza» una materia «trasversale», la disposizione
regionale  censurata  e'  legittima  in  quanto   espressione   della
competenza legislativa concorrente o residuale delle Regioni. 
    Osterebbe,  infatti,  a  tale  conclusione  il  rilievo  per  cui
interventi legislativi regionali  di  tal  genere  presuppongono  una
necessaria sintonia con la realta' produttiva  regionale,  che  nella
specie sarebbe assente. 
    Per tali motivi non si dovrebbe dubitare del fatto che  la  norma
censurata contrasti con il principio di  libera  concorrenza,  intesa
quale pari opportunita' e  corretto  ed  uniforme  funzionamento  del
mercato, tanto piu' qualora la si  esamini  alla  luce  dei  principi
fissati dalla  giurisprudenza  costituzionale  in  materia,  per  cui
«l'espressione tutela della concorrenza comprende,  tra  l'altro,  le
misure legislative di promozione che mirano ad aprire un mercato o  a
consolidarne l'apertura, eliminando barriere  all'entrata,  riducendo
od  eliminando  vincoli  al   libero   esplicarsi   della   capacita'
imprenditoriale e della competizione tra  imprese,  e,  in  generale,
vincoli alle  modalita'  di  esercizio  delle  attivita'  economiche,
ampliando l'area  di  libera  scelta  sia  dei  cittadini  che  delle
imprese» (Corte cost. sentenza n. 430 del 2007). 
    Sarebbe, dunque, sufficiente esaminare la disposizione  regionale
alla luce di tale consolidato orientamento per verificare  come  essa
si ponga in contrasto con il concetto  di  tutela  della  concorrenza
sopra delineato, di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost. poiche' tende a creare limiti e barriere all'accesso al mercato
ed alla libera esplicazione dell'attivita' imprenditoriale in maniera
del tutto discriminatoria, ad esclusivo detrimento  dei  cittadini  e
degli operatori regionali e  senza  alcuna  valida  ragione  ad  essa
sottesa, giustificata da particolari esigenze regionali. 
    2.  -  La  seconda  questione  di   legittimita'   costituzionale
sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri  riguarda  l'art.
34, comma 2, della legge della Regione Abruzzo n. 17 del  2010  nella
parte  in  cui  dispone,  previa  sospensione  dell'efficacia   della
previgente norma  regionale  in  materia  di  apertura  domenicale  e
festiva, ovvero dell'art. 1, comma 129, della 1egge regionale  n.  11
del 2008, «che gli esercenti il commercio, con propria libera scelta,
possano derogare dall'obbligo di chiusura domenicale e festiva, [...]
per un numero di  40  giornate  nell'arco  dell'anno,  stabilito  con
Ordinanza Sindacale, previa concertazione, con i Sindacati e  con  le
Organizzazioni   di   categoria,   delle   giornate    di    chiusura
infrasettimanale». 
    Secondo il ricorrente la possibilita' di  apertura  straordinaria
per un numero di 40 giornate nell'arco dell'anno da concertare in via
autonoma ed esclusiva, prescindendo dal parametro  normativo  statale
costituito dall'art. 11 del d.lgs. n. 114  del  1998,  determinerebbe
una non giustificabile  disparita'  di  trattamento  con  i  soggetti
esercenti la medesima  attivita'  nelle  altre  zone  del  territorio
nazionale. 
    L'art. 11 del citato d.lgs. n. 114 del 1998, infatti, dispone  al
comma  5  che  la  «deroga  all'obbligo  di  chiusura  deve  comunque
comprendere il mese di dicembre nonche' ulteriori  otto  domeniche  o
festivita' nel corso degli altri mesi  dell'anno».  Diversamente,  la
disposizione regionale in esame prevede la possibilita' di deroga per
un numero di giorni, pari a 40, di molto superiore rispetto a  quello
stabilito dalla norma statale (mese di dicembre piu' 8 giorni). 
    Per questo motivo la norma si porrebbe in  contrasto  con  l'art.
117,  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  in  quanto  verrebbe  ad
eliminare, solo in ambito regionale, i vincoli e i limiti posti dalla
disciplina statale in punto di apertura straordinaria degli  esercizi
commerciali. 
    Secondo  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  la  norma
regionale avrebbe dovuto limitarsi  a  richiamare  la  norma  statale
piuttosto che intervenire di nuovo su una materia gia'  compiutamente
regolata a livello generale. 
    3. - La terza norma oggetto di censura con il ricorso in esame e'
il comma 3 dell'art. 34 della legge n. 17 del 2010 nella parte in cui
prevede che i  Comuni,  sentite  le  associazioni  provinciali  delle
imprese del commercio, dei consumatori e dei  lavoratori  dipendenti,
aderenti alle organizzazioni maggiormente rappresentative  a  livello
nazionale, nel  deliberare  relativamente  alle  deroghe  di  cui  al
secondo comma, limitatamente alla grande distribuzione, si  impegnino
ad inserire nei propri atti la garanzia di assicurare a rotazione  il
riposo ai lavoratori per almeno la meta' delle giornate  di  apertura
domenicale o festiva  e  a  sostituire  i  lavoratori  a  riposo  con
assunzioni temporanee nelle giornate domenicali e festive, al fine di
garantire e implementare l'occupabilita' del settore. 
    A parere del ricorrente, la norma  regionale  porrebbe  a  carico
unicamente degli operatori  della  grande  distribuzione  commerciale
veri  e  propri  obblighi  da  attuarsi  nell'ambito   dei   rapporti
contrattuali con i propri lavoratori, obblighi che tuttavia non  sono
previsti dalla corrispondente norma generale, costituita dall'art. 11
del d.lgs. n. 114 del 1998,  e  sono,  quindi,  tali  da  determinare
alterazioni dell'assetto concorrenziale nel settore. 
    La norma statale citata, al comma 1, nel prevedere che «gli orari
di apertura e chiusura al  pubblico  degli  esercizi  di  vendita  al
dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel
rispetto delle disposizioni  del  presente  articolo  e  dei  criteri
emanati dai comuni, sentite le organizzazioni locali dei consumatori,
delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti», enuncerebbe
un principio di ordine generale,  fondato  su  un'ampia  liberta'  di
contrattazione e di scelta, in punto sia di an che di modus,  rimessa
alle diverse parti  del  rapporto  di  lavoro  e  limitata  solo  dal
rispetto  di  quanto  fissato  nei  successivi  commi  della   stessa
disposizione. 
    Secondo il ricorrente l'art. 11 del d.lgs. n. 114 del 1998, lungi
dall'imporre  vincoli  specifici,  tenderebbe   verso   la   concreta
realizzazione del principio di «libera  concorrenza»  in  materia  di
orario  di  lavoro   ed   apertura   straordinaria   degli   esercizi
commerciali, mediante la rimozione  di  tutta  quella  disciplina  di
dettaglio  contenuta  nella  pregressa  legislazione  in  materia  di
commercio,  senza  disporre  nulla  sull'organizzazione  delle  forze
lavorative in  ragione  dell'adesione  delle  parti  alla  deroga  ai
normali orari lavorativi. 
    In questa prospettiva la norma regionale  contrasterebbe  con  il
principio  di  libera  concorrenza  sotto   tre   profili:   in   via
preliminare, perche' porrebbe vincoli in ordine alla possibilita'  ed
alla modalita' di deroga alla chiusura obbligatoria non  previsti  da
alcuna norma statale; in secondo luogo, perche' introdurrebbe vincoli
operanti unicamente a  carico  della  grande  distribuzione  presente
nella realta' della Regione Abruzzo; infine,  perche'  contrasterebbe
con il principio della libera concorrenza anche sotto il profilo  del
rapporto tra la grande distribuzione e gli operatori commerciali  non
appartenenti a tale categoria. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri  ritiene  anche  che  la
disposizione in  esame  contrasti  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera  l),  Cost.,  in  quanto,  incidendo   sulle   modalita'   di
svolgimento e sugli  aspetti  che  regolano  il  rapporto  di  lavoro
subordinato, che deve essere  invece  disciplinato  in  via  generale
dagli appositi contratti collettivi di categoria, quali  atti  dotati
di «portata generalizzata»,  invaderebbe  la  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato nella materia dell'ordinamento civile. 
    4. - Con ricorso notificato il 12 ottobre 2010  e  depositato  il
successivo 21 ottobre, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha
impugnato, tra l'altro, - in riferimento all'art. 117, secondo comma,
lettere e) ed l), Cost. - l'art. 2 della legge della Regione  Abruzzo
10 agosto 2010, n. 38 (Interventi normativi e finanziari  per  l'anno
2010), nella parte in cui prevede che «Il comma  2  dell'articolo  34
della L.R. 12 maggio 2010, n. 17  recante:  Modifiche  alla  L.R.  16
luglio  2008,  n.  11  "Nuove  norme  in  materia  di  Commercio"   e
disposizioni per favorire il superamento della crisi nel settore  del
commercio e' interpretato nel senso che per ogni giornata  di  deroga
dall'obbligo   di   chiusura   domenicale   deve   corrispondere   la
concertazione   di   una   corrispondente   giornata   di    chiusura
infrasettimanale e che non e'  consentita  la  deroga  alle  chiusure
domenicali e  festive  in  caso  di  mancato  adempimento  di  questo
obbligo. Non e' consentita la deroga di cui al comma 2  dell'art.  34
della L.R. n. 17/2010, cosi' come interpretato dal presente  articolo
nel caso di mancato rispetto del comma 3 del medesimo articolo 34». 
    Il  ricorrente  premette  di  aver  gia'   impugnato   la   norma
interpretata e, in particolare, sia il comma  2  dell'art.  34  della
legge n. 17 del 2010, perche' eliminerebbe solo in ambito regionale i
vincoli e i  limiti  posti  dalla  disciplina  statale  in  punto  di
apertura straordinaria degli esercizi commerciali, sia il  successivo
comma 3 del medesimo art. 34, perche' porrebbe  a  carico  unicamente
degli operatori della grande distribuzione commerciale previsioni che
contengono  veri  e  propri  obblighi  da  attuarsi  nell'ambito  dei
rapporti contrattuali con i lavoratori, obblighi non  previsti  dalla
corrispondente norma generale rappresentata dall'art. 11  del  d.lgs.
n. 114 del  1998  e  tali  da  determinare  alterazioni  dell'assetto
concorrenziale nel settore. 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei  ministri,  la  norma  di
interpretazione  autentica  presenterebbe  le   stesse   censure   di
illegittimita' costituzionale gia' evidenziate in ordine  alla  norma
interpretata, in quanto dovrebbe farsi rientrare non gia' nell'ambito
della  materia  «commercio»,  di  competenza  legislativa   residuale
regionale, ma nell'ambito della «tutela della  concorrenza»,  materia
di competenza legislativa esclusiva statale, ai sensi dell'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost. 
    A parere del ricorrente, sarebbe  palese  come  l'interpretazione
autentica del comma 2 dell'art. 34, lungi dal mostrare il recepimento
delle  censure  governative,  sia  tale  da   determinare   ulteriori
alterazioni dell'assetto concorrenziale nel  settore  del  commercio,
ponendosi ancora una volta in contrasto con l'art. 11 del  d.lgs.  n.
114 del 1998, cosi' violando l'art. 117, secondo comma,  lettera  e),
Cost. in materia di tutela della concorrenza. 
    Ad analoga censura si presterebbe l'ultimo  periodo  dell'art.  2
della legge regionale n.  38  del  2010,  che,  nel  ricollegarsi  al
rispetto del comma 3 dell'art. 34 della legge  regionale  n.  17  del
2010, soggiacerebbe alle  medesime  censure  gia'  sollevate  con  il
precedente ricorso. 
    Secondo l'Avvocatura dello Stato, il  legislatore  regionale  non
avrebbe  emendato  l'art.  34,  comma  3,  dai  vizi  a   suo   tempo
individuati, e anche tale ultima disposizione  sarebbe  in  contrasto
con l'art. 11 del d.lgs. n. 114 del 1998,  che  tenderebbe  verso  la
concreta realizzazione del  principio  di  «libera  concorrenza»  per
quanto concerne l'orario di lavoro ed  apertura  straordinaria  degli
esercizi commerciali,  mediante  la  rimozione  della  disciplina  di
dettaglio  contenuta  nella  pregressa  legislazione  in  materia  di
commercio, nulla disponendo in punto di  organizzazione  delle  forze
lavorative in  ragione  dell'adesione  delle  parti  alla  deroga  ai
normali orari lavorativi. 
    Inoltre  la  norma  regionale,  ponendo   vincoli   alla   libera
contrattazione, determinerebbe una non giustificabile  disparita'  di
trattamento con i soggetti  esercenti  la  medesima  attivita'  nelle
altre  zone  del   territorio   nazionale,   incidendo   sull'assetto
concorrenziale nel mercato della distribuzione commerciale, cosi'  da
eccedere dalle competenze  regionali  e  da  invadere  la  competenza
statale in materia di tutela della concorrenza  di  cui  all'articolo
117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    Per  gli  stessi  motivi  esposti  nel  primo  ricorso  la  norma
censurata contrasterebbe con  il  principio  di  libera  concorrenza,
intesa quale pari opportunita' e corretto ed  uniforme  funzionamento
del mercato, alla luce  dei  principi  fissati  dalla  giurisprudenza
costituzionale in materia e in particolare della sentenza n. 430  del
2007 poiche' tenderebbe a creare limiti  e  barriere  all'accesso  al
mercato ed alla libera esplicazione dell'attivita' imprenditoriale in
maniera del tutto discriminatoria senza alcuna valida ragione ad essa
sottesa, giustificata da particolari esigenze regionali. 
    5. - In data 23 novembre 2010, in relazione al  secondo  ricorso,
si e' costituita la  Regione  Abruzzo,  svolgendo  difese  in  ordine
all'impugnazione di altre norme che non  sono  oggetto  del  presente
giudizio 
    6. - Con memoria depositata il 1° marzo 2011  il  Presidente  del
Consiglio dei  ministri  ha  ribadito  le  proprie  argomentazioni  a
sostegno della declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  delle
norme impugnate, insistendo per l'accoglimento del ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
notificato il 19 luglio 2010 e depositato il successivo 27 luglio, ha
sollevato - con riferimento all'art. 117, secondo comma,  lettere  e)
ed l), della Costituzione - questione di legittimita'  costituzionale
degli artt. 5, comma 1, e 34, commi 2 e 3, della legge della  Regione
Abruzzo 12 maggio 2010, n. 17 (Modifiche alla L.R. 16 luglio 2008, n.
11 Nuove norme in materia di Commercio e disposizioni per favorire il
superamento della crisi nel settore del commercio). 
    1.1. - Il ricorso ha ad oggetto tre  diverse  norme  della  legge
regionale n. 17 del 2010 che, secondo  il  ricorrente,  inciderebbero
sull'assetto  concorrenziale  all'interno  del   mercato   regionale,
ponendo ulteriori limiti rispetto a quelli previsti  dal  legislatore
statale con  l'art.  5  del  decreto-legge  4  luglio  2006,  n.  223
(Disposizioni urgenti per il rilancio economico  e  sociale,  per  il
contenimento e la razionalizzazione  della  spesa  pubblica,  nonche'
interventi  in  materia  di  entrate  e  di  contrasto   all'evasione
fiscale), convertito con modificazioni nella legge 4 agosto 2006,  n.
248, e con l'art. 11 del decreto legislativo 31 marzo  1998,  n.  114
(Riforma della disciplina relativa al  settore  del  commercio),  con
cio' violando la competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  in
materia di tutela della concorrenza  di  cui  all'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost. 
    1.2. - In particolare sono oggetto di impugnazione: 
        a) l'art. 5, comma 1, della legge regionale n.  17  del  2010
nella parte in cui prevede che gli esercizi commerciali  che  possono
effettuare attivita' di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di
automedicazione, come previsto all'art. 5 del  decreto-legge  n.  223
del 2006, devono  avere  delle  superfici  minime.  Il  motivo  della
doglianza  riguarda  la  violazione  della   competenza   legislativa
esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.  in  quanto  la  norma
regionale  verrebbe  ad  incidere  sull'assetto  concorrenziale   del
mercato, soprattutto con riferimento alla distribuzione  commerciale,
introducendo una misura restrittiva non prevista dall'art. 5 del d.l.
n. 223 del 2006; 
        b) l'art. 34, comma 2, della legge regionale n. 17  del  2010
nella parte in cui prevede  che,  previa  sospensione  dell'efficacia
della previgente norma regionale in materia di apertura domenicale  e
festiva (art. 1, comma 129, della 1egge della Regione Abruzzo  n.  11
del 2008), «gli esercenti il commercio, con  propria  libera  scelta,
possono derogare dall'obbligo di chiusura domenicale e festiva, [...]
per un numero di  40  giornate  nell'arco  dell'anno,  stabilito  con
Ordinanza Sindacale, previa concertazione, con i Sindacati e  con  le
Organizzazioni   di   categoria,   delle   giornate    di    chiusura
infrasettimanale». Anche in questo caso il Presidente  del  Consiglio
dei  ministri  ritiene  che  la  Regione  Abruzzo  abbia  violato  la
competenza legislativa esclusiva dello Stato  in  materia  di  tutela
della concorrenza di cui all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost. avendo adottato una misura legislativa che incide «sul mercato»
in modo difforme da quanto previsto dall'art. 11 del  d.lgs.  n.  114
del 1998 e che elimina solo in ambito regionale i vincoli e i  limiti
posti dalla disciplina statale in  punto  di  apertura  straordinaria
degli esercizi commerciali; 
        c) l'art. 34, comma 3, della legge regionale n. 17  del  2010
nella parte in cui prevede che  i  Comuni,  sentite  le  associazioni
provinciali delle  imprese  del  commercio,  dei  consumatori  e  dei
lavoratori  dipendenti,  aderenti  alle  organizzazioni  maggiormente
rappresentative a livello  nazionale,  nel  deliberare  relativamente
alle deroghe di cui  al  secondo  comma,  limitatamente  alla  grande
distribuzione, si impegnino ad inserire nei propri atti  la  garanzia
di assicurare a rotazione il riposo ai lavoratori per almeno la meta'
delle giornate di apertura domenicale o  festiva  e  a  sostituire  i
lavoratori  a  riposo  con  assunzioni  temporanee   nelle   giornate
domenicali  e  festive,  al  fine   di   garantire   e   implementare
l'occupabilita' del settore. Ancora una volta il  ricorrente  lamenta
la violazione della competenza legislativa esclusiva dello  Stato  in
materia di tutela della concorrenza  di  cui  all'art.  117,  secondo
comma,  lettera  e),  Cost.,  in  quanto  la  disposizione  impugnata
porrebbe nuovi e ulteriori vincoli sulle  modalita'  di  deroga  alla
chiusura domenicale e festiva obbligatoria  non  previsti  da  alcuna
norma statale, vincoli per di piu' posti a  carico  unicamente  della
grande distribuzione. 
    La medesima norma, inoltre, si porrebbe in contrasto  con  l'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost., che  riserva  alla  competenza
legislativa esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile,
in quanto la disciplina introdotta inciderebbe  «sulle  modalita'  di
svolgimento e sugli  aspetti  che  regolano  il  rapporto  di  lavoro
subordinato, rapporto che (e') invece disciplinato  in  via  generale
dagli appositi contratti collettivi di categoria, quali  atti  dotati
di portata generalizzata». 
    2. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
notificato il 12 ottobre 2010 e depositato il successivo 21  ottobre,
ha sollevato - con riferimento all'art. 117, secondo  comma,  lettera
e), Cost. - questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2
della legge della Regione Abruzzo 10 agosto 2010, n.  38  (Interventi
normativi e finanziari per l'anno 2010), nella parte in  cui  prevede
che «Il comma 2 dell'articolo 34 della L.R. 12  maggio  2010,  n.  17
recante: Modifiche alla L.R. 16 luglio 2008, n. 11  "Nuove  norme  in
materia di Commercio" e  disposizioni  per  favorire  il  superamento
della crisi nel settore del commercio e' interpretato nel  senso  che
per ogni giornata di deroga dall'obbligo di chiusura domenicale  deve
corrispondere la concertazione  di  una  corrispondente  giornata  di
chiusura infrasettimanale e che non  e'  consentita  la  deroga  alle
chiusure domenicali e festive  in  caso  di  mancato  adempimento  di
questo obbligo. Non e'  consentita  la  deroga  di  cui  al  comma  2
dell'art. 34 della L.R. n. 17 del 2010, cosi' come  interpretato  dal
presente articolo nel caso  di  mancato  rispetto  del  comma  3  del
medesimo articolo 34». 
    Il ricorrente ritiene  che,  cosi'  come  la  norma  interpretata
oggetto  della   precedente   impugnazione,   anche   la   norma   di
interpretazione autentica sia in contrasto con  l'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost., che riserva in via esclusiva allo Stato  la
competenza  legislativa  in  materia  di  tutela  della  concorrenza,
trattandosi di una misura legislativa  che  incide  «sull'accesso  al
mercato»,  condizione   essenziale   per   la   realizzazione   della
concorrenza, in modo difforme da quanto  previsto  dall'art.  11  del
d.lgs. n. 114 del 1998, ponendo  ulteriori  vincoli  in  ordine  alla
possibilita' ed alla modalita' di deroga alla chiusura obbligatoria. 
    3. - Stante la connessione esistente tra i  predetti  ricorsi,  i
relativi giudizi vengono  riuniti  per  essere  decisi  con  un'unica
pronuncia, la quale avra' ad oggetto esclusivamente le  questioni  di
legittimita'  costituzionale  delle  disposizioni  legislative  sopra
indicate, essendo riservata ad altra decisione la  valutazione  della
restante questione sollevata con il secondo ricorso. 
    4. - Come si e' detto, la prima delle  quattro  questioni  ha  ad
oggetto l'art. 5, comma 1, della legge della Regione  Abruzzo  n.  17
del 2010. 
    La norma impugnata  dispone  che  gli  esercizi  commerciali  che
possono effettuare attivita' di vendita al pubblico  dei  farmaci  da
banco o di automedicazione, come previsto all'art. 5 del d.l. n.  223
del 2006, devono destinare a tale attivita' una superficie minima  di
vendita non inferiore, rispettivamente, a mq 40 per gli  esercizi  di
vicinato, a mq 80 per le medie strutture di vendita, a mq 120 per  le
grandi strutture di vendita. 
    Secondo  il  ricorrente  la  norma  regionale   dovrebbe   essere
ricondotta alla materia tutela della concorrenza di cui all'art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost. in  quanto  misura  legislativa  che
incide sull'assetto concorrenziale nel  mercato  della  distribuzione
commerciale,  introducendo  una  misura  restrittiva   non   prevista
dall'art. 5 del d.l. n. 223 del 2006. 
    La questione non e' fondata. 
    Questa Corte gia' si e' pronunciata sull'art. 5 del d.l.  n.  223
del 2006,  norma  che  il  ricorrente  invoca  quale  limite  per  il
legislatore regionale  in  materia  di  «tutela  della  concorrenza»,
affermando  che  tale  disposizione  «e'  riconducibile  al  servizio
farmaceutico, in quanto  disciplina  la  vendita  dei  farmaci  e  la
modalita' con la quale questa deve avvenire»  e  che,  «ai  fini  del
riparto  delle  competenze  legislative  previsto  dall'articolo  117
Cost., la materia della organizzazione del servizio farmaceutico,  va
ricondotta al titolo di competenza  concorrente  della  tutela  della
salute, come peraltro gia' avveniva sotto il  regime  anteriore  alla
modifica  del  titolo  V  della  parte  seconda  della  Costituzione»
(sentenza n. 430 del 2007). 
    Secondo il costante orientamento di  questa  Corte,  infatti,  la
complessa regolamentazione pubblicistica dell'attivita' economica  di
rivendita dei farmaci mira ad assicurare e controllare l'accesso  dei
cittadini ai prodotti medicinali ed  in  tal  senso  a  garantire  la
tutela del fondamentale diritto alla salute, restando solo marginale,
sotto questo profilo, sia il carattere professionale, sia  l'indubbia
natura commerciale dell'attivita' del farmacista (sentenze n.  448  e
n. 87 del 2006; nonche' sentenze n. 275 e n. 27 del 2003). 
    La normativa regionale da' attuazione al principio generale posto
dalla legislazione statale in materia di tutela della salute, di  cui
al secondo comma dell'art. 5 del d.lgs. n. 223  del  2006,  il  quale
dispone che la vendita dei farmaci da  banco,  di  automedicazione  o
comunque non soggetti a prescrizione medica avvenga durante  l'orario
di apertura dell'esercizio  commerciale  e  debba  essere  effettuata
nell'ambito di un apposito reparto, alla presenza e con  l'assistenza
personale e diretta al cliente di uno  o  piu'  farmacisti  abilitati
all'esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine. 
    L'art. 5, comma 1, della legge regionale n. 17  del  2010  trova,
dunque,  il  proprio  titolo   di   legittimazione   nella   potesta'
legislativa concorrente della  Regione  nella  materia  tutela  della
salute di  cui  all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  limitandosi  a
stabilire la superficie minima che deve  avere  l'«apposito  reparto»
destinato allo svolgimento di tale attivita', secondo la tipologia di
esercizio commerciale. 
    5. - La seconda questione di costituzionalita' sollevata  con  il
ricorso in esame riguarda l'art.  34,  comma  2,  della  legge  della
Regione Abruzzo n. 17 del 2010 nella parte in cui prevede che, previa
sospensione  dell'efficacia  della  previgente  norma  regionale   in
materia di apertura domenicale e festiva  (art.1,  comma  129,  della
legge della regione Abruzzo  n.  11  del  2008),  «gli  esercenti  il
commercio, con propria libera scelta, possono  derogare  dall'obbligo
di chiusura domenicale e festiva, [...] per un numero di 40  giornate
nell'arco  dell'anno,  stabilito  con  Ordinanza  Sindacale,   previa
concertazione, con i Sindacati e con le Organizzazioni di  categoria,
delle giornate di chiusura infrasettimanale». 
    Secondo il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  la  norma
impugnata violerebbe la competenza legislativa esclusiva dello  Stato
in materia di tutela della concorrenza di cui all'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost., in quanto  misura  legislativa  che  incide
«sul mercato» in modo difforme da quanto previsto  dall'art.  11  del
d.lgs. n. 114 del  1998  eliminando,  solo  in  ambito  regionale,  i
vincoli e i  limiti  posti  dalla  disciplina  statale  in  punto  di
apertura straordinaria degli esercizi commerciali. 
    La questione non e' fondata. 
    Di recente, in piu' occasioni, questa Corte ha affermato  che  la
disciplina degli  orari  degli  esercizi  commerciali  rientra  nella
materia «commercio» (sentenze n. 288 del 2010 e n. 350 del 2008),  di
competenza esclusiva residuale delle Regioni,  ai  sensi  del  quarto
comma dell'art. 117 Cost., e che «il  decreto  legislativo  31  marzo
1998, n. 114  (Riforma  della  disciplina  relativa  al  settore  del
commercio, a norma dell'art. 4, comma 4, della legge 15  marzo  1997,
n. 59), [...], si applica, ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge
5   giugno   2003,   n.   131   (Disposizioni    per    l'adeguamento
dell'ordinamento  della  Repubblica  alla  legge  costituzionale   18
ottobre 2001, n. 3), soltanto alle Regioni che  non  abbiano  emanato
una propria legislazione nella suddetta materia» (sentenze n.  288  e
n. 247 del 2010, ordinanza n. 199 del 2006). 
    Si e' anche evidenziato  che  l'ascrivibilita'  della  disciplina
degli orari degli esercizi commerciali alla materia «commercio» trova
ulteriore  conferma,  a  contrario,  nell'art.  3,   comma   1,   del
decreto-legge n. 223 del 2006. 
    Tale ultima norma, infatti, «nel  dettare  le  regole  di  tutela
della concorrenza nel settore della distribuzione  commerciale  -  al
fine di garantire condizioni di pari opportunita' ed il  corretto  ed
uniforme  funzionamento  del  mercato,  nonche'  di   assicurare   ai
consumatori finali un livello minimo ed  uniforme  di  condizioni  di
accessibilita' all'acquisto di  prodotti  e  servizi  sul  territorio
nazionale -  non  ricomprende  la  disciplina  degli  orari  e  della
chiusura domenicale o festiva nell'elenco degli ambiti normativi  per
i  quali  espressamente  esclude  che  lo  svolgimento  di  attivita'
commerciali possa incontrare limiti e prescrizioni» (sentenza n.  288
del 2010). 
    Tuttavia, anche se la disciplina in esame e'  riconducibile  alla
materia «commercio», di competenza regionale, e' comunque  necessario
valutare se la stessa, nel suo contenuto, determini o meno un  vulnus
alla  tutela  della  concorrenza,  tenendo  presente  che  e'   stata
riconosciuta la possibilita', per le  Regioni,  nell'esercizio  della
potesta' legislativa nei loro settori di competenza, di dettare norme
che, indirettamente, producano effetti pro-concorrenziali. 
    Infatti la materia «tutela della concorrenza»,  di  cui  all'art.
117,  secondo  comma  lettera  e),  Cost.,  non  ha  solo  un  ambito
oggettivamente individuabile che attiene alle misure  legislative  di
tutela in senso proprio, quali ad esempio quelle che hanno ad oggetto
gli atti e i comportamenti delle imprese che  incidono  negativamente
sull'assetto  concorrenziale  dei  mercati  e  ne   disciplinano   le
modalita' di controllo, ma,  dato  il  suo  carattere  «finalistico»,
anche una portata piu' generale e  trasversale,  non  preventivamente
delimitabile,  che  deve  essere  valutata  in  concreto  al  momento
dell'esercizio della potesta' legislativa sia dello Stato  che  delle
Regioni nelle materie di loro rispettiva competenza. 
    Nel  caso  di  specie,  la  normativa   regionale   sull'apertura
domenicale e festiva degli esercizi commerciali  per  la  vendita  al
dettaglio non solo persegue il  medesimo  obiettivo  di  apertura  al
mercato e di eliminazione di barriere e vincoli al libero  esplicarsi
dell'attivita' economica che ha ispirato il d.lgs. n. 114  del  1998,
ma ne amplia la  portata  liberalizzatrice,  aumentando,  rispetto  a
quanto prevede l'art. 11 di tale decreto, il numero  di  giornate  in
cui e' consentita  l'apertura  domenicale  e  festiva,  contribuendo,
quindi, ad estendere l'area di libera scelta sia dei consumatori  che
delle imprese. 
    In conclusione, la Regione Abruzzo, con le  norme  impugnate,  ha
esercitato la propria competenza in materia  di  commercio,  dettando
una normativa che non solo non si pone in contrasto con gli obiettivi
delle  norme  statali  che  disciplinano  il  mercato,   tutelano   e
promuovono   la   concorrenza,   ma   che   produce   anche   effetti
pro-concorrenziali, sia pure in via marginale e indiretta. 
    6. -  La  terza  questione  di  costituzionalita'  sollevata  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in esame  ha  ad
oggetto l'art. 34, comma 3, della legge  regionale  n.  17  del  2010
nella parte in cui prevede che  i  Comuni,  sentite  le  associazioni
provinciali delle  imprese  del  commercio,  dei  consumatori  e  dei
lavoratori  dipendenti,  aderenti  alle  organizzazioni  maggiormente
rappresentative a livello  nazionale,  nel  deliberare  relativamente
alle deroghe di cui  al  secondo  comma,  limitatamente  alla  grande
distribuzione, si impegnano ad inserire nei propri atti  la  garanzia
di assicurare a rotazione il riposo ai lavoratori per almeno la meta'
delle giornate di apertura domenicale o  festiva  e  a  sostituire  i
lavoratori  a  riposo  con  assunzioni  temporanee   nelle   giornate
domenicali  e  festive,  al  fine   di   garantire   e   implementare
l'occupabilita' del settore. 
    Secondo il ricorrente, anche in questo caso, la  Regione  avrebbe
violato la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di
tutela della concorrenza di cui all'art. 117, secondo comma,  lettera
e), Cost., trattandosi di una misura legislativa che pone vincoli  in
ordine alla possibilita' ed alle modalita' di  deroga  alla  chiusura
obbligatoria non previsti da alcuna norma  statale,  vincoli  per  di
piu' posti a carico unicamente della grande distribuzione. 
    Risulterebbe violata anche la  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato in materia di ordinamento civile, di  cui  all'art.  117,
secondo  comma,  lettera  l),  perche'  la  norma  inciderebbe  sulle
modalita' di svolgimento e sugli aspetti che regolano il rapporto  di
lavoro subordinato, rapporto che  e',  invece,  disciplinato  in  via
generale dagli appositi contratti collettivi di categoria, quali atti
dotati di «portata generalizzata». 
    6.1. - La questione, esaminata con riferimento  al  parametro  di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., e' fondata. 
    L'art. 34, comma 3, della legge regionale n. 17 del 2010  dispone
che i Comuni, nello stabilire con ordinanza sindacale  il  calendario
delle  giornate  di  deroga  all'obbligo  di  chiusura  domenicale  e
festiva, debbano garantire, limitatamente agli esercizi della  grande
distribuzione,  che  sia  assicurato,  a  rotazione,  il  riposo   ai
lavoratori per almeno la meta' delle giornate di apertura  domenicale
e festiva e che i lavoratori a riposo siano sostituiti con assunzioni
temporanee. 
    In tal modo, la Regione viene  ad  incidere  sulle  modalita'  di
svolgimento del rapporto di lavoro  subordinato  e,  in  particolare,
sugli aspetti che regolano la  disciplina  del  riposo  domenicale  e
festivo, che rientrano nella materia «ordinamento civile», attribuita
dall'art. 117, secondo  comma,  lettera  l),  Cost.  alla  competenza
legislativa esclusiva dello Stato. 
    Infatti la disciplina dell'orario di lavoro, dei giorni di riposo
e della turnazione nelle giornate di lavoro festivo e  domenicale  e'
rimessa alla contrattazione delle parti, salvi i limiti stabiliti dal
legislatore statale con il d.lgs. 8 aprile 2003,  n.  66  (Attuazione
della direttiva 93/104/CE e della  direttiva  2000/34/CE  concernenti
taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro). 
    L'art. 1 del citato d.lgs.  chiarisce  che  le  disposizioni  ivi
contenute sono «dirette a regolamentare in modo uniforme su tutto  il
territorio nazionale, e nel pieno rispetto del ruolo della  autonomia
negoziale collettiva, i profili di disciplina del rapporto di  lavoro
connessi alla organizzazione dell'orario di  lavoro».  Il  successivo
art. 9, comma 1, con riferimento ai riposi settimanali, stabilisce la
seguente regola generale: «Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni
a un periodo di riposo di almeno  ventiquattro  ore  consecutive,  di
regola in coincidenza con la domenica, da  cumulare  con  le  ore  di
riposo giornaliero di cui all'articolo 7». 
    Il successivo comma 3 del medesimo art. 9 individua le  eccezioni
alla sopra riportata regola generale stabilendo i casi nei quali  «il
riposo di ventiquattro ore consecutive  puo'  essere  fissato  in  un
giorno diverso dalla domenica e puo' essere  attuato  mediante  turni
per il  personale  interessato  a  modelli  tecnico-organizzativi  di
turnazione  particolare,  ovvero  addetto   alle   attivita'   aventi
determinate caratteristiche», tra le quali, alla lettera  g),  indica
espressamente l'attivita' relativa all'apertura domenicale e  festiva
degli esercizi commerciali (cioe' le attivita' indicate  negli  artt.
11, 12 e 13 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114). 
    Ne consegue che la norma regionale oggetto di impugnazione invade
il campo dell'ordinamento civile, disciplinando il rapporto di lavoro
subordinato  riservato  alla  legislazione  statale,   ai   contratti
collettivi stipulati a livello nazionale e  ai  contratti  collettivi
territoriali o aziendali, e prevedendo,  per  di  piu',  una  diversa
disciplina del riposo e della  rotazione  dei  lavoratori  dipendenti
della grande distribuzione nelle giornate  festive  e  domenicali  di
apertura. 
    6.2.  -  L'accoglimento  della  questione  di   costituzionalita'
dell'art. 34, comma 3, della legge regionale  n.  17  del  2010,  con
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera l),  Cost.,  assorbe
l'ulteriore questione di legittimita' della medesima norma  sollevata
in relazione al diverso parametro di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost. 
    7. -  Resta  da  esaminare  l'ultima  questione  di  legittimita'
sollevata, con il secondo ricorso, dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri in relazione all'art. 2 della legge della Regione Abruzzo n.
38 del 2010. 
    La norma, che si autoqualifica di interpretazione  autentica  del
comma 2 dell'art. 34 della legge regionale n. 17 del 2010, e' oggetto
di impugnazione nella parte in cui prevede  che  il  citato  articolo
debba essere inteso nel  senso  che  «per  ogni  giornata  di  deroga
dall'obbligo   di   chiusura   domenicale   deve   corrispondere   la
concertazione   di   una   corrispondente   giornata   di    chiusura
infrasettimanale e che non e'  consentita  la  deroga  alle  chiusure
domenicali e  festive  in  caso  di  mancato  adempimento  di  questo
obbligo. Non e' consentita la deroga di cui al comma 2  dell'art.  34
della L.R. n. 17/2010, cosi' come interpretato dal presente  articolo
nel caso di mancato rispetto del comma 3 del medesimo articolo 34». 
    Secondo il Presidente del Consiglio  dei  ministri  la  norma  di
interpretazione presenta gli stessi vizi della norma interpretata  e,
in particolare, viola la competenza legislativa esclusiva dello Stato
in materia di tutela della concorrenza di cui all'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost. in  quanto  misura  legislativa  che  incide
«sull'accesso al mercato», condizione essenziale per la realizzazione
della concorrenza, e che pone vincoli in ordine alla possibilita'  ed
alle modalita' di deroga alla chiusura obbligatoria in modo  difforme
da quanto previsto dall'art. 11 del d.lgs. n. 114 del 1998. 
    7.1. - La questione e' fondata. 
    Si  e'  detto  che  la  disciplina  degli  orari  degli  esercizi
commerciali  rientra  nella   materia   commercio   attribuita   alla
competenza legislativa residuale delle Regioni (sentenze n. 288 e  n.
247 del 2010, ordinanza n. 199 del 2006). 
    Si  e'  anche  detto  che,  poiche'  la  materia  commercio  puo'
intersecarsi con quella «tutela della  concorrenza»,  riservata  alla
competenza legislativa dello Stato,  le  Regioni,  nell'esercizio  di
tale loro competenza, possono dettare una  disciplina  che  determini
anche effetti  pro-concorrenziali  perche'  altrimenti  il  carattere
trasversale e potenzialmente omnicomprensivo  della  materia  «tutela
della concorrenza» finirebbe con  lo  svuotare  del  tutto  le  nuove
competenze regionali attribuite dal legislatore costituente (sentenze
n. 288 del 2010, n. 283 del 2009, n. 431 e n. 430 del 2007). 
    Se  pero'  e'  ammessa  una  disciplina  che  determini   effetti
pro-concorrenziali  «sempre  che  tali  effetti  siano  marginali   o
indiretti e non siano in contrasto  con  gli  obiettivi  delle  norme
statali  che  disciplinano  il  mercato,  tutelano  e  promuovono  la
concorrenza» (sentenza n. 430 del 2007), al contrario, e' illegittima
una disciplina che, se pure in astratto  riconducibile  alla  materia
commercio  di  competenza  legislativa  delle  Regioni,  produca,  in
concreto, effetti che ostacolino la concorrenza, introducendo nuovi o
ulteriori limiti o barriere all'accesso  al  mercato  e  alla  libera
esplicazione della capacita' imprenditoriale. 
    In altri termini, e' possibile  che  accada,  come  nel  caso  in
esame, che una  misura  che  faccia  parte  di  una  regolamentazione
stabilita dalle Regioni in  un  determinato  ordinamento  di  settore
attribuito  alla  propria  competenza   legislativa   concorrente   o
residuale confligga con la finalita' di  «tutela  della  concorrenza»
posta a fondamento  dell'attribuzione  allo  Stato,  da  parte  della
lettera e) del secondo comma  dell'art.  117  Cost.,  della  potesta'
legislativa esclusiva in siffatta materia. 
    Si tratta, del resto, di affermazioni che questa  Corte  gia'  ha
fatto con riferimento alla  produzione  normativa  proveniente  dallo
Stato, quando ha sottolineato che «non possono ricondursi alla tutela
della concorrenza quelle misure statali che  non  intendono  incidere
sull'assetto concorrenziale dei mercati o che addirittura lo riducono
o lo eliminano e che, in  sede  di  scrutinio  di  costituzionalita',
occorre  verificare  se  le  norme   adottate   dallo   Stato   siano
essenzialmente finalizzate a garantire la concorrenza fra  i  diversi
soggetti del mercato, allo scopo di accertarne la  coerenza  rispetto
all'obiettivo  di  assicurare  un  mercato   aperto   e   in   libera
concorrenza» (sentenze n. 63 del 2008 e n. 430 del 2007). 
    L'espressione «tutela della concorrenza»  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, Cost. determina, quindi, la  necessita'  di  un  esame
contenutistico sia per cio' che costituisce il portato dell'esercizio
della competenza legislativa esclusiva da parte dello Stato, sia  per
cio'  che  riguarda   l'esplicazione   della   potesta'   legislativa
regionale, sia essa riferibile al terzo o al quarto  comma  dell'art.
117 Cost. 
    Del resto, nelle recenti decisioni n. 288 del 2010,  n.  283  del
2009, n. 431 e n. 430 del 2007, nelle quali  questa  Corte  e'  stata
chiamata a valutare disposizioni legislative regionali che,  adottate
nell'ambito  della  potesta'  legislativa  concorrente  o  residuale,
venivano comunque ad incidere sul complesso ed articolato sistema  di
principi e regole che attengono alla «concorrenza», si  e'  affermato
che esse non violavano quanto previsto dall'art. 117 Cost. in  quanto
avevano, anche  se  marginalmente  ed  indirettamente,  «una  valenza
pro-competitiva». 
    Cio' non si verifica nel caso in esame. 
    L'art. 2 della legge regionale n. 38 del  2010  impone,  infatti,
agli esercizi commerciali che vogliano usufruire  della  facolta'  di
derogare all'obbligo di chiusura domenicale e festiva, di  compensare
ogni giornata di apertura facoltativa domenicale o  festiva  con  una
corrispondente giornata di  chiusura  infrasettimanale.  Tale  norma,
contrariamente alla precedente che  pure  pretende  di  interpretare,
invece di ampliare o, comunque, di non modificare  la  portata  della
liberalizzazione introdotta a partire dal d.lgs.  n.  114  del  1998,
viene a regolamentare in modo piu' restrittivo la materia degli orari
degli  esercizi  commerciali  e  della  facolta'  di  apertura  nelle
giornate  domenicali  e  festive,  traducendosi  in  una  misura  che
contrasta con l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    riservata a separate  pronunce  ogni  decisione  sulle  ulteriori
questioni di legittimita'  costituzionale  aventi  ad  oggetto  altra
disposizione della legge della Regione Abruzzo 10 agosto 2010, n.  38
(Interventi normativi e finanziari per l'anno 2010), sollevate con il
secondo dei ricorsi in epigrafe; 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34,  comma  3,
della legge della Regione Abruzzo 12 maggio 2010,  n.  17  (Modifiche
alla L.R. 16 luglio 2008, n. 11 Nuove norme in materia di Commercio e
disposizioni per favorire il superamento della crisi nel settore  del
commercio); 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della  legge
della Regione Abruzzo n. 38 del 2010; 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
degli artt. 5, comma 1, e 34, comma  2,  della  legge  della  Regione
Abruzzo n. 17 del 2010 promosse,  in  riferimento  all'articolo  117,
comma secondo, lettera e), della  Costituzione,  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2011. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                      Il redattore: Napolitano 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 21 aprile 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti