N. 177 ORDINANZA 7 - 8 giugno 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Ordinamento giudiziario - Divieto di destinare i magistrati ordinari,
  al  termine  del  loro  tirocinio,  allo  svolgimento  di  funzioni
  giudicanti monocratiche penali per i  reati  di  cui  all'art.  550
  c.p.p. anteriormente al conseguimento della  prima  valutazione  di
  professionalita'  -   Denunciata   violazione   dei   principi   di
  uguaglianza e di buon andamento della  pubblica  amministrazione  -
  Insufficiente   motivazione    sulla    rilevanza    -    Manifesta
  inammissibilita' della questione. 
- D.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, art. 13, come sostituito dall'art. 2,
  comma 4, della legge 30 luglio 2007, n. 111. 
- Costituzione, artt. 3 e 97. 
(GU n.26 del 15-6-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Paolo MADDALENA; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,
  Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo
  GROSSI, Giorgio LATTANZI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 13 del  decreto
legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (Nuova disciplina  dell'accesso  in
magistratura, nonche' in  materia  di  progressione  economica  e  di
funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1,  comma  1,  lettera
a), della legge 25 luglio 2005, n. 150), come sostituito dall'art. 2,
comma 4, della legge 30 luglio 2007, n.  111  (Modifiche  alle  norme
sull'ordinamento giudiziario), promosso dal  Tribunale  ordinario  di
Forli', sezione distaccata di Cesena,  in  composizione  monocratica,
nel procedimento penale a carico di C. S. con ordinanza del 15 luglio
2010 iscritta al n. 7 del registro ordinanze 2011 e pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  4,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 20  aprile  2011  il  Giudice
relatore Paolo Grossi. 
    Ritenuto: 
        che, nel corso di un giudizio di opposizione a decreto penale
di condanna, relativo ad una contravvenzione a norma del codice della
strada, il Tribunale  ordinario  di  Forli',  sezione  distaccata  di
Cesena, in composizione  monocratica,  con  ordinanza  emessa  il  15
luglio 2010, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 97  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo
13 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.  160  (Nuova  disciplina
dell'accesso in magistratura,  nonche'  in  materia  di  progressione
economica e di funzioni dei  magistrati,  a  norma  dell'articolo  1,
comma 1, lettera a), della  legge  25  luglio  2005,  n.  150),  come
sostituito dall'articolo 2, comma 4, della 1egge 30 luglio  2007,  n.
111 (Modifiche alle norme  sull'ordinamento  giudiziario),  censurato
«nella parte in cui vieta di  destinare  i  magistrati  ordinari,  al
termine del loro tirocinio, allo svolgimento di  funzioni  giudicanti
monocratiche penali per i reati di cui all'art. 550 cod.  proc.  pen.
anteriormente   al   conseguimento   della   prima   valutazione   di
professionalita'»; 
        che, in fatto, il rimettente precisa di essere magistrato  di
prima nomina e di essere stato indicato, con decreto  del  Presidente
del Tribunale ordinario di Forli' del 14 luglio  2010  -  data  anche
«l'assenza (per ferie) e l'impedimento (per la celebrazione di  altra
udienza) degli altri magistrati in organico e  l'indisponibilita'  di
G.O.T.» - quale sostituto di altro magistrato assente per ragioni  di
salute; 
        che - «chiamato il suddetto  procedimento  [...]  per  essere
rinviato ad altra data», ma sottolineata la  richiesta  del  P.M.  di
immediata  trattazione  -  il  rimettente,  rilevato  di  non  essere
competente a trattare il giudizio,  non  avendo  ancora  ottenuto  la
valutazione di professionalita', deduce  innanzitutto  la  violazione
dell'art. 3 Cost., in quanto (analizzate le diverse disposizioni  che
regolano l'accesso  e  le  funzioni  rispettivamente  dei  magistrati
ordinari  e  dei  giudici  onorari,  e  sottolineato   come   analoga
limitazione di funzioni non sia  prevista  a  carico  dei  magistrati
onorari, nonostante  il  maggior  rigore  delle  procedure  selettive
concorsuali e valutative professionali sancite per quelli  ordinari),
«mettendo a  confronto  le  due  normative,  e'  di  solare  evidenza
l'irragionevolezza della diversa  regolamentazione  dei  limiti  allo
svolgimento delle funzioni  penali  previste  per  i  giudici  togati
rispetto a quelli onorari»; 
        che,  «seppure  in  maniera  meno  evidente»,  il  rimettente
denuncia anche la violazione dell'art. 97  Cost.,  sotto  il  profilo
della lesione del buon andamento della pubblica  amministrazione,  in
quanto le limitazioni poste dal legislatore ai  magistrati  di  prima
nomina impedirebbero «il pieno  utilizzo  dei  nuovi  magistrati  con
gravi   ricadute   sul   funzionamento   degli   uffici   giudiziari,
particolarmente in quelli situati in sedi poco appetibili  e  che  si
reggono tradizionalmente su di un organico composto  in  larga  parte
proprio da magistrati di prima nomina e che la normativa ora  vigente
impedira' di sostituire»; 
        che,  del  resto,  il  giudice  a  quo  nota  come  di   tale
disfunzione si sia fatto carico lo stesso  legislatore  che,  con  il
decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193 (Interventi urgenti in materia
di funzionalita' del sistema giudiziario), convertito dalla legge  22
febbraio 2010,  n.  24,  pur  mantenendo  in  generale  la  censurata
preclusione, consente di derogare a  tale  regola  qualora  ricorrano
specifiche condizioni oggettive di scopertura delle  sedi  disagiate,
ma con riferimento ai soli magistrati nominati  con  d.m.  2  ottobre
2009; 
        che, in termini di rilevanza, il rimettente  sottolinea  che,
se  normalmente  il  giudice  a  quo  viene  ritenuto  legittimato  a
sollevare le questioni di legittimita' costituzionale  relative  alle
norme  di  cui  egli  puo'  fare  applicazione  per  l'emanazione  di
provvedimenti di  sua  competenza,  non  si  puo'  escludere  la  sua
legittimazione qualora  l'oggetto  della  questione  sia  proprio  il
riconoscimento delle competenze dello stesso giudice; 
        che, infine, il giudice di  Cesena  non  ritiene  praticabili
interpretazioni costituzionalmente orientate della  norma  censurata,
poiche' l'unica strada che reputa percorribile (peraltro contrastante
con la ratio della riforma, che, a suo dire, «persegue l'obiettivo di
evitare che i magistrati con minore  esperienza  professionale  siano
chiamati a decidere da soli su materie delicate in  quanto  incidenti
su valori personalistici di rilievo costituzionale»)  sarebbe  quella
di ritenere che la norma - dato  l'uso  della  formula  «non  possono
essere destinati» - contenga un precetto di  carattere  organizzativo
destinato ai capi degli uffici e la cui violazione  assume  rilevanza
meramente interna; 
        che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
concludendo  per  l'inammissibilita'  della  sollevata  questione  in
ragione: a)  della  insufficiente  motivazione  sulla  rilevanza,  in
quanto - sottolineato che la norma censurata e' ritenuta  applicabile
dal   Consiglio   superiore   della   magistratura   (con    delibera
1312/FT/2007)  esclusivamente  ai  magistrati  nominati  con  d.m.  6
dicembre 2007 -  il  rimettente  «si  limita  a  rilevare  di  essere
"magistrato di prima  nomina",  senza  ulteriormente  specificare  il
concorso  con  cui  e'  stato  assunto»;  b)  dell'irrilevanza  della
questione, giacche', nel caso di specie, la competenza  all'esercizio
delle funzioni in esame e'  stata  riconosciuta  dal  Presidente  del
Tribunale e dunque il rimettente, investito del  processo,  non  deve
fare applicazione della  norma  censurata  per  definirlo;  c)  della
conseguente ipoteticita' della questione medesima nel giudizio a  quo
(avente ad oggetto una opposizione a decreto penale  di  condanna,  e
non il provvedimento  attributivo  della  competenza  a  svolgere  le
funzioni in esame); d) dell'utilizzazione del giudizio incidentale in
modo distorto, diretto impropriamente  ad  ottenere  dalla  Corte  un
avallo interpretativo ad una possibile  interpretazione  della  norma
censurata; e) della carenza di motivazione in ordine al fatto  che  -
pendendo una proposta di legge di modifica della  norma  censurata  -
non si puo' escludere  che  il  rimettente  possa  giovarsi  di  tale
modifica normativa, ove alla data di entrata in vigore della  novella
egli non avesse ancora conseguito la valutazione di professionalita'; 
        che, nel merito, la difesa dello Stato chiede la declaratoria
di manifesta infondatezza della questione medesima, con riguardo alla
denunciata  violazione  sia  dell'art.  3   Cost.,   a   cui   oppone
l'impraticabilita',  per  la  disomogeneita'  dei   relativi   regimi
giuridici e per la portata derogatoria del tertium comparationis, del
raffronto delle disposizioni che regolano la magistratura togata  con
quelle che disciplinano  le  funzioni  della  magistratura  onoraria,
escludendo altresi' la dedotta  irragionevolezza;  sia  dell'art.  97
Cost., rispetto alla quale osserva  che  il  rimettente  censura  non
tanto la formulazione  della  norma,  quanto  piuttosto  le  asserite
conseguenze indirette di una  sua  distorta  applicazione,  rilevando
che, in ogni caso, le paventate difficolta' sono state in prospettiva
risolte dalla citata legge n. 24  del  2010,  che  ha  modificato  il
sistema  delle  assegnazioni  dei  magistrati   a   conclusione   del
tirocinio. 
    Considerato: 
        che il Tribunale ordinario di Forli', sezione  distaccata  di
Cesena in composizione monocratica, censura l'articolo 13 del decreto
legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (Nuova disciplina  dell'accesso  in
magistratura, nonche' in  materia  di  progressione  economica  e  di
funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1,  comma  1,  lettera
a),  della  legge  25  luglio  2005,   n.   150),   come   sostituito
dall'articolo 2,  comma  4,  della  1egge  30  luglio  2007,  n.  111
(Modifiche alle norme sull'ordinamento giudiziario), «nella parte  in
cui vieta di destinare i magistrati ordinari,  al  termine  del  loro
tirocinio,  allo  svolgimento  di  funzioni  giudicanti  monocratiche
penali per i reati  di  cui  all'art.  550  c.p.p.  anteriormente  al
conseguimento della prima valutazione di professionalita'»; 
        che la  disposizione  impugnata  prevede  che  «I  magistrati
ordinari al termine del tirocinio  non  possono  essere  destinati  a
svolgere le funzioni requirenti, giudicanti monocratiche penali o  di
giudice  per  le  indagini  preliminari  o  di  giudice  dell'udienza
preliminare, anteriormente al conseguimento della  prima  valutazione
di professionalita'»; 
        che il rimettente - precisato di essere, appunto,  magistrato
di prima  nomina  che  non  ha  ancora  ottenuto  la  valutazione  di
professionalita' e, nonostante cio', di essere stato «indicato»,  con
decreto del  Presidente  del  Tribunale,  in  sostituzione  di  altro
magistrato assente per ragioni di salute, data anche «l'assenza  (per
ferie) e l'impedimento (per la celebrazione di altra  udienza)  degli
altri magistrati  in  organico  e  l'indisponibilita'  di  G.O.T.»  -
ritiene che la norma impugnata  contrasti:  a)  con  l'art.  3  della
Costituzione, in quanto (non essendo prevista analoga limitazione  di
funzioni a carico  dei  magistrati  onorari,  nonostante  il  maggior
rigore   delle   procedure   selettive   concorsuali   e   valutative
professionali sancite per quelli ordinari), «mettendo a confronto  le
due normative, e' di solare evidenza l'irragionevolezza della diversa
regolamentazione dei limiti allo svolgimento  delle  funzioni  penali
previste per i giudici togati rispetto a quelli onorari»; b)  nonche'
con l'art. 97 Cost., per lesione del buon  andamento  della  pubblica
amministrazione, in quanto le limitazioni poste  dal  legislatore  ai
magistrati di prima nomina impedirebbero «il pieno utilizzo dei nuovi
magistrati  con  gravi  ricadute  sul  funzionamento   degli   uffici
giudiziari, particolarmente in quelli situati in sedi poco appetibili
e che si reggono tradizionalmente su di un organico composto in larga
parte proprio da magistrati di prima nomina e che  la  normativa  ora
vigente impedira' di sostituire»; 
        che,  preliminarmente,  il  Presidente  del   Consiglio   dei
ministri,  ha  eccepito,  tra   l'altro,   l'inammissibilita'   della
sollevata questione deducendone il difetto di rilevanza,  poiche'  la
competenza  all'esercizio  delle  funzioni  in  esame  sarebbe  stata
riconosciuta dal  Presidente  del  Tribunale  ed  il  rimettente  non
dovrebbe fare applicazione della  norma  censurata  per  definire  il
giudizio a quo; 
        che, con riferimento a  tale  rilievo,  va  sottolineato  che
questa Corte ha affermato che «il magistrato, prima di procedere alla
cognizione della causa, ha certamente il potere-dovere di  verificare
la regolare costituzione dell'organo giudicante,  anche  in  rapporto
alla legittimita' costituzionale delle norme  che  la  disciplinano»;
ma, nel contempo, ha chiarito che  al  giudice  cio'  e'  «consentito
unicamente al fine di accertare l'inesistenza di vizi  relativi  alla
propria costituzione,  tali  da  determinare  nullita'  insanabile  e
rilevabile d'ufficio [...]; ossia, trattandosi di giudice singolo, di
vizi concernenti la sua nomina e le  altre  condizioni  di  capacita'
stabilite dalle leggi d'ordinamento giudiziario» (sentenza n. 71  del
1975); 
        che il rimettente - dopo aver sottolineato  che,  all'udienza
indicata, il procedimento de  quo  era  stato  chiamato  «per  essere
rinviato ad altra data»  -  sostiene  apoditticamente,  in  punto  di
rilevanza della questione, che «solo rimuovendo la  norma  della  cui
legittimita' costituzionale si dubita  sara'  possibile  trattare  il
processo»; 
        che, in tal modo, egli - non chiarendo la  effettiva  portata
del  provvedimento  di  sostituzione  emesso   dal   Presidente   del
tribunale, in particolare riguardo ad una sua eventuale mera  valenza
contingente,  limitata  alla  attribuzione  di   funzioni   meramente
organizzative (sentenza n. 419 del  1998),  al  solo  fine  di  porre
rimedio ad una situazione di  occasionale  e  temporanea  assenza  di
altri magistrati facenti parte dell'ufficio, piuttosto che ad un vero
e proprio conferimento di funzioni «giudicanti» vietate dalla legge -
neppure fornisce chiarimenti in ordine alla ricaduta  degli  asseriti
vizi della designazione sul piano della legittimita' del  processo  a
quo; 
        che tutto cio' si traduce in  una  insufficiente  motivazione
sulla rilevanza della sollevata  questione  che  impedisce  a  questa
Corte di verificarne l'effettiva sussistenza (ordinanze n. 101  e  n.
63 del 2011); 
        che, pertanto - anche a prescindere dagli  eventuali  profili
relativi  al  carattere  manipolativo  di  sistema  della   pronuncia
richiesta  dal  rimettente  -,  la  questione  medesima  deve  essere
dichiarata manifestamente inammissibile. 
    Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,
n. 87, e 9, comma 2, della norme integrative per  i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 13 del decreto  legislativo
5 aprile 2006, n. 160 (Nuova disciplina dell'accesso in magistratura,
nonche' in materia  di  progressione  economica  e  di  funzioni  dei
magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge
25 luglio 2005, n. 150), come sostituito dall'articolo  2,  comma  4,
della  1egge  30  luglio  2007,  n.   111   (Modifiche   alle   norme
sull'ordinamento  giudiziario),  sollevata,   in   riferimento   agli
articoli 3 e  97  della  Costituzione,  dal  Tribunale  ordinario  di
Forli', sezione distaccata di Cesena in composizione monocratica, con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2011. 
 
                      Il Presidente: Maddalena 
 
 
                        Il redattore: Grossi 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria l'8 giugno 2011 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti