N. 190 SENTENZA 8 - 15 giugno 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente - Caccia - Norme della  Regione  Toscana  -  Disciplina  per
  l'anno 2010  dell'attivita'  di  cattura  di  uccelli  da  richiamo
  appartenenti alle specie cacciabili -  Abbattimento  o  cattura  di
  uccelli selvatici appartenenti alle specie protette -  Assenza  dei
  presupposti e delle condizioni poste  dalla  normativa  comunitaria
  per l'autorizzazione in deroga alla cattura di  determinate  specie
  di   uccelli   -Illegittimita'   costituzionale   -    Assorbimento
  dell'ulteriore  profilo  di  censura  nonche'  della  richiesta  di
  sospensiva delle disposizioni impugnate. 
- Legge della Regione Lombardia 21 settembre 2010, n. 16,  art.  1  e
  allegato A; legge della Regione Toscana 6 ottobre 2010, n. 50, art.
  2 e allegato A. 
- Costituzione, art. 117, primo comma (art. 117, secondo comma, lett.
  s); legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 4, comma 3);  direttiva  2
  aprile 1979, n. 79/409/CEE, art. 9, riprodotto nella  direttiva  30
  settembre 2009, n. 2009/147/CE, art. 9. 
(GU n.27 del 22-6-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Paolo MADDALENA 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,
  Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo
  GROSSI, Giorgio LATTANZI. 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale della legge della  Regione
Lombardia 21 settembre 2010, n. 16, recante «Approvazione  del  piano
di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria  2010/2011  ai
sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla
cattura di richiami vivi)», e dell'art. 2 e allegato  A  della  legge
della Regione Toscana 6 ottobre  2010,  n.  50,  recante  «Disciplina
dell'attivita' di cattura di uccelli da  richiamo  appartenenti  alle
specie cacciabili per l'anno 2010  ai  sensi  dell'articolo  4  della
legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione  della  fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e  dell'articolo  34
della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della  legge
11 febbraio 1992,  n.  157  "Norme  per  la  protezione  della  fauna
selvatica omeoterma e per  il  prelievo  venatorio")»,  promossi  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 22-25
novembre 2010 ed il  26  novembre-1°  dicembre  2010,  depositati  in
cancelleria il 30 novembre 2010 ed iscritti ai  nn.  116  e  117  del
registro ricorsi 2010. 
    Visti gli atti di costituzione delle Regioni Lombardia e Toscana; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  10  maggio  2011  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    uditi l'avvocato dello Stato Lorenzo D'Ascia  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e  gli  avvocati  Marcello  Cardi  per  la
Regione Lombardia e Lucia Bora per la Regione Toscana. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 22 novembre  2010,  il  Presidente
del Consiglio dei  ministri  ha  impugnato  la  legge  della  Regione
Lombardia 21 settembre 2010, n. 16, recante «Approvazione  del  piano
di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria  2010/2011  ai
sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla
cattura di richiami vivi)», per contrasto con  l'art.  117,  primo  e
secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    1.1. - Col primo motivo di ricorso, la legge regionale n. 16  del
2010 e' censurata per aver autorizzato la gestione degli impianti per
la cattura delle specie indicate nell'Allegato A della legge medesima
«in assenza dei presupposti e delle  condizioni  poste»  dall'art.  9
della direttiva 2 aprile 1979, n. 79/409/CEE (Direttiva del Consiglio
concernente la conservazione degli  uccelli  selvatici),  riprodotta,
senza alcuna modificazione sostanziale, nell'art. 9  della  direttiva
2009/147/CE  (Direttiva  del  Parlamento  europeo  e  del   Consiglio
concernente la  conservazione  degli  uccelli  selvatici),  ponendosi
cosi' in contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost. 
    In  particolare  il  ricorrente,  dopo  aver  ricordato  che   la
direttiva citata subordina la «possibilita' di autorizzare in  deroga
la cattura di determinate specie di uccelli in piccole quantita' alla
comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti, al  rispetto  di
condizioni  rigidamente  controllate  e  all'impiego   di   modalita'
selettive in modo che le catture vengano effettuate solo nella misura
in cui siano strettamente necessarie a soddisfare  le  richieste  del
mondo venatorio», lamenta il mancato rispetto di tali  condizioni  da
parte della legge regionale impugnata; cosa che, sempre ad avviso del
ricorrente, risulterebbe confermata «dal parere  negativo  dell'ISPRA
formulato con note del 20/7/2010 e del 20/8/2010». 
    Nel  ricorso  si  osserva,  inoltre,  che  la   norma   impugnata
costituisce l'esatta riproduzione della legge della Regione Lombardia
6 agosto 2009, n. 19, recante «Approvazione del piano di cattura  dei
richiami vivi per la stagione  venatoria  2009/2010  ai  sensi  della
legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura dei
richiami vivi)», dichiarata incostituzionale con sentenza n. 266  del
2010 per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. 
    2. - In secondo luogo, sempre ad avviso del ricorrente, la  legge
regionale violerebbe il principio stabilito dall'art. 4  della  legge
11 febbraio 1992,  n.  157  (Norme  per  la  protezione  della  fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), in base al quale la
potesta' legislativa regionale  in  ordine  alla  autorizzazione  del
piano di cattura dei richiami  vivi  dovrebbe  essere  esercitata  in
presenza  di  un  parere  favorevole  dell'ISPRA,  nonche'  la  legge
regionale 5 febbraio 2007,  n.  3  (Legge  quadro  sulla  cattura  di
richiami  vivi),  della  quale  la  legge   impugnata   costituirebbe
«attuazione». 
    Pertanto, posto che la citata disposizione  statale  integrerebbe
una «misura minima di tutela e quindi inderogabile per il legislatore
regionale»,  il  mancato  rispetto  di  essa  determinerebbe,  sempre
secondo  il  ricorrente,  la  violazione  dell'«esigenza  di   tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema» di competenza legislativa  esclusiva
dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    3. - Il ricorrente  formula,  altresi',  istanza  di  sospensione
dell'esecuzione  dell'atto   impugnato,   ritenendo   sussistenti   i
presupposti per accordare la tutela in via d'urgenza ai  sensi  degli
artt. 35 e  40  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale). 
    4. - Si e' costituita in giudizio la Regione Lombardia  chiedendo
che  il  ricorso  sia  dichiarato  manifestamente  inammissibile   o,
comunque, infondato. 
    4.1. - Dopo aver ricostruito il quadro  normativo  comunitario  e
statale di riferimento, la resistente premette che la legge impugnata
ha approvato il piano di cattura dei richiami vivi  per  la  stagione
venatoria 2010/2011 in  base  all'art.  1  della  legge  regionale  5
febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura  di  richiami  vivi),
che stabilisce che «la Regione, sentito l'Istituto nazionale  per  la
fauna selvatica (INFS) [...], disciplina con la presente legge  [...]
la cattura di uccelli da  richiamo  prevista  dall'articolo  4  della
legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione  della  fauna
selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo  venatorio)»  (art.1).  La
finalita'  della  disciplina  censurata,  precisa  ancora  la  difesa
regionale, e' «quella di assicurare il rifornimento dei richiami vivi
ai cacciatori che esercitano l'attivita'  venatoria  nella  forma  da
appostamento fisso e temporaneo». 
    4.2. - Cio' premesso, in ordine al primo motivo del  ricorso,  la
difesa regionale deduce che  l'art.  9  della  direttiva  2009/147/CE
ammette la  possibilita'  di  derogare  al  divieto  di  cattura  dei
richiami  vivi,  «sempre   che   non   vi   siano   altre   soluzioni
soddisfacenti», al fine  di  consentire  «in  condizioni  rigidamente
controllate e in modo selettivo la cattura,  la  detenzione  o  altri
impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantita'»  (art.
9, paragrafo 1, lettera c). 
    Il secondo comma dello stesso art. 9 della direttiva, prosegue la
Regione, dispone che le  predette  deroghe  dovranno  menzionare:  le
specie coinvolte, i mezzi, gli impianti e i metodi di  cattura  o  di
uccisione autorizzata, le condizioni di rischio e le  circostanze  di
tempo e di luogo in  cui  dette  deroghe  possono  essere  applicate,
l'autorita' abilitata a dichiarare che le condizioni  stabilite  sono
soddisfatte e a decidere  quali  mezzi,  impianti  e  metodi  possano
essere utilizzati, entro quali limiti e da  quali  persone,  nonche',
infine, i controlli che saranno effettuati. 
    Orbene, la difesa regionale evidenzia che «l'ultima normativa che
si e' occupata della cattura dei richiami vivi e' la legge  regionale
n. 3/2007 [...] che all'art. 1, comma 2,  prevede  che  il  Consiglio
regionale approvi con legge, "sentito  l'Istituto  nazionale  per  la
fauna selvatica (INFS)" (ora ISPRA), entro il mese di giugno di  ogni
anno, il piano con cui e' individuato il numero massimo  di  impianti
da abilitare per provincia e il numero massimo dei richiami  vivi  da
catturare per singola specie consentita e complessivamente  per  ogni
provincia». 
    La Regione Lombardia osserva, inoltre, che detto piano  e'  stato
adottato -  per  l'anno  2010/2011  -  con  la  legge  impugnata,  in
considerazione  della  comprovata  insufficienza  (desunta  dai  dati
forniti dalle singole  province)  del  patrimonio  di  richiami  vivi
appartenenti  alle  specie  in  essa  individuate  in  possesso   dei
cacciatori lombardi rispetto all'ammontare potenzialmente  consentito
in base alle previsioni della legge regionale 16 agosto 1993,  n.  26
(Norme per la protezione  della  fauna  selvatica  e  per  la  tutela
dell'equilibrio ambientale e  disciplina  dell'attivita'  venatoria).
Cosicche', proprio per colmare  tale  divario,  le  singole  province
hanno richiesto l'attivazione di 66 impianti di cattura. 
    La Regione Lombardia deduce, infatti, di non disporre allo  stato
di un sistema alternativo alla cattura, nonostante  l'amministrazione
regionale, in ottemperanza a quanto previsto dal comma 6 dell'art.  1
della citata  legge  n.  3  del  2007,  abbia  da  tempo  attivato  e
finanziato un programma finalizzato  all'incremento  dell'allevamento
delle specie di uccelli utilizzabili come richiami vivi  (cosi'  come
sarebbe stato riconosciuto anche dall'ISPRA nel parere reso  in  data
20 luglio 2010). 
    Inoltre, per quanto attiene ai controlli,  si  osserva  che  essi
vengono  posti  in  essere  da  operatori  esperti  e   in   possesso
dell'apposito attestato di idoneita', nel rispetto di  un  protocollo
intercorrente tra impianto di cattura, Provincia e ISPRA. 
    Quanto  poi  all'individuazione  delle  specie  utilizzate  quali
richiami  vivi,  la  difesa  regionale  sottolinea  che,  in   quanto
appartenenti a specie  cacciabili,  esse  sarebbero  soggette  ad  un
prelievo  ben  piu'  consistente  attraverso  l'esercizio  venatorio,
sicche', anche sotto tale profilo, non  vi  sarebbe  alcun  contrasto
della disciplina impugnata con le  esigenze  di  conservazione  delle
diverse specie coinvolte dettate dalla direttiva 2009/147/CE. 
    4.3. - In riferimento al secondo motivo di ricorso, la resistente
osserva che l'art. 4 della legge n.  157  del  1992  prevedrebbe,  in
relazione all'attivita' di cattura, la  necessita'  di  acquisire  il
parere dal competente Istituto (ISPRA), ma non anche che la  potesta'
legislativa regionale risulti  vincolata  da  esso.  Ne  deriverebbe,
pertanto, secondo la difesa regionale, che,  «applicando  i  principi
generali in materia di rapporto tra provvedimento finale ed attivita'
consultiva a carattere di obbligatorieta' e non  di  vincolativita'»,
il parere reso  da  tale  organo  sull'approvazione  del  numero  dei
richiami vivi possa essere disatteso dall'Amministrazione regionale. 
    Pertanto, risulterebbe evidente la «non vincolativita' del parere
reso dall'ISPRA  in  data  20  luglio  -  20  agosto  2010»,  con  la
conseguenza  che  non  potrebbe  rilevarsi  alcuna   violazione   ne'
dell'art. 4, comma 3, della legge n. 157 del 1992, ne' dell'art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    4.4. - Con riguardo  alla  richiesta  di  sospensiva,  la  difesa
regionale  eccepisce  l'assenza  di  entrambi   i   presupposti   per
l'applicabilita' del disposto di cui agli artt. 35 e 40  della  legge
n. 87 del 1953. 
    5. - Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha,  altresi',
impugnato, in riferimento  ai  medesimi  parametri  dianzi  indicati,
l'art. 2 e l'allegato A da esso richiamato della legge della  Regione
Toscana 6 ottobre 2010, n. 50, recante «Disciplina dell'attivita'  di
cattura di uccelli da richiamo appartenenti  alle  specie  cacciabili
per l'anno 2010 ai sensi dell'articolo  4  della  legge  11  febbraio
1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo venatorio) e dell'articolo 34 della legge regionale
12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio  1992,  n.
157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio")». 
    6. - Il ricorrente premette che la legge regionale n. 50 del 2010
ha la finalita' di disciplinare la cattura di  uccelli  selvatici  da
richiamo per l'anno 2010, e che tale potesta' deve essere  esercitata
nel  rispetto  del  diritto  comunitario,  secondo  quanto   disposto
dall'art. 117, primo comma,  Cost.,  nonche'  dai  principi  generali
previsti dalla legge n. 157 del 1992,  quale  disciplina  «contenente
gli  standard  minimi  ed  uniformi   di   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale», ai sensi dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    6.1. - Secondo il ricorrente, l'autorizzazione alla cattura delle
specie indicate nell'Allegato A dell'art. 2 della legge regionale  in
epigrafe non  rispetterebbe  i  presupposti  e  le  condizioni  poste
dall'art. 9 della direttiva 2009/147/CE, in  violazione  del  vincolo
comunitario, di cui all'art. 117, primo comma, Cost. 
    Avendo  al  riguardo   il   rimettente   ribadito   le   medesime
argomentazioni contenute nel ricorso avverso la legge regionale della
Lombardia n. 16 del 2010, rileva che, anche in questo caso, la  norma
impugnata  costituirebbe   «l'esatta   riproposizione   della   legge
regionale Toscana n. 53 del 2009», gia' dichiarata costituzionalmente
illegittima  con  sentenza  n.   266   del   2010,   per   violazione
dell'articolo 117, primo comma, Cost. 
    7. - In secondo luogo, ad avviso  del  ricorrente,  la  normativa
regionale  impugnata,  «disponendo  l'autorizzazione  del  piano   di
cattura dei richiami vivi per  la  stagione  venatoria  in  corso  in
contrasto con il  parere  sfavorevole  reso  dall'ISPRA»,  violerebbe
l'art. 4, comma 3, della legge n. 157  del  1992,  che  richiederebbe
«espressamente l'acquisizione del parere favorevole dell'ISPRA». 
    Conseguentemente,   considerato   che   il    citato    art.    4
rappresenterebbe «una  misura  minima  di  tutela»,  in  quanto  tale
«inderogabile per il legislatore regionale», il suo mancato  rispetto
farebbe «venir meno quegli standard minimi e uniformi di tutela della
fauna» rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato,
ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Infatti, secondo il  ricorrente,  la  legge  regionale  censurata
avrebbe disatteso il parere sfavorevole dell'ISPRA (espresso  con  la
citata nota n. 28164 del 2010) senza fornire alcuna spiegazione delle
ragioni per  cui  la  soluzione  alternativa  della  riproduzione  in
cattivita' prospettata  dal  suddetto  Istituto  non  potesse  essere
soddisfacente. 
    8. -  Il  ricorrente  formula  altresi'  istanza  di  sospensione
dell'esecuzione  dell'atto   impugnato,   ritenendo   sussistenti   i
presupposti per accordare la tutela in via d'urgenza ai  sensi  degli
artt. 35 e 40 della legge n. 87 del 1953. 
    9. - Si e' costituita in giudizio la Regione  Toscana,  chiedendo
che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  sia  dichiarata
inammissibile o, comunque, infondata. 
    9.1. - In primo luogo, la  resistente  osserva  che,  secondo  la
giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunita'  europee,  la
possibilita' di derogare al regime limitativo della  caccia  prevista
dall'art. 9 della direttiva n. 147/2009/CE  risulterebbe  ammissibile
al  ricorrere  di  tre  condizioni:  innanzitutto,  che  non  risulti
percorribile un'altra soluzione soddisfacente; in secondo luogo,  che
sussista uno dei motivi tassativamente elencati dal  citato  art.  9,
paragrafo 1, lettere a), b) e c); in terzo luogo, che la  deroga  sia
adottata con le prescritte formalita' indicate  al  paragrafo  2  del
medesimo articolo. 
    Quanto al  primo  requisito,  prosegue  la  Regione  Toscana,  il
preambolo della legge regionale n. 50 del  2010  -  a  differenza  di
quanto effettuato con la legge regionale 17 settembre  2009,  n.  53,
recante «Disciplina dell'attivita' di cattura degli uccelli selvatici
da richiamo per l'anno 2009 ai sensi dell'articolo 4 della  legge  11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio) e dell'articolo 34 della legge
regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11  febbraio
1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo venatorio")» - espliciterebbe  dettagliatamente  le
ragioni della insussistenza di «altre soluzioni  soddisfacenti»,  fra
cui quella indicata dall'ISPRA concernente l'allevamento delle specie
da  richiamo  in  cattivita',   fornendo   elementi   «oggettivamente
verificabili» che giustificherebbero il ricorso alla deroga. 
    In particolare la difesa regionale osserva che la legge regionale
impugnata prevede che «la disponibilita' degli uccelli da  utilizzare
come richiami vivi, risulta essere ancora insufficiente  rispetto  al
fabbisogno accertato, in rapporto  al  numero  dei  cacciatori  e  al
quantitativo di richiami utilizzabile da ciascuno di essi», e  che  -
nonostante (dal 1998 ad oggi) il numero degli impianti di cattura sia
in  continua  diminuzione  cosi'  come  «il  numero   degli   uccelli
catturabili» -non «esiste al momento altra condizione soddisfacente a
fronte delle richieste pervenute, se  non  quella  del  metodo  delle
catture» regolate  dalla  nota  dell'ISPRA  del  15  aprile  1998  n.
2539/T-A62, «mediante la quale vengono dettate fra l'altro  le  norme
generali per l'attivazione e la gestione degli impianti di cattura di
uccelli a fini di richiamo». 
    Alla luce di tali specificazioni, ad avviso della resistente,  la
Regione   avrebbe   evidenziato   gli    «elementi    oggettivamente»
verificabili che giustificherebbero il ricorso alla deroga. 
    9.2. - Quanto alla seconda  condizione  dettata  dalla  normativa
comunitaria, la Regione sottolinea che  l'attivita'  di  cattura  dei
richiami vivi e' stata qualificata, in sede di accordo  tra  Governo,
Regioni e Province autonome, quale specifica  fattispecie  di  deroga
riconducibile alla lettera c) dell'art. 9 della  citata  direttiva  e
cio'  in  linea  con  quanto  affermato  dalla  Corte  di   Giustizia
dell'Unione europea. 
    Alla luce di tale considerazione, dunque, risulterebbe  integrata
anche la seconda condizione  prevista  dall'art.  9  della  direttiva
147/2009/CE. 
    9.3. - Quanto al terzo requisito, concernente il  rispetto  delle
prescrizioni formali previste  dal  paragrafo  2  dell'art.  9  delle
ricordata direttiva 147/2009/CE, la Regione evidenzia  che  l'art.  2
della legge regionale n. 50 del 2010 conterrebbe tutti  gli  elementi
ivi prescritti, posto  che  esso  menzionerebbe  sia  le  specie  che
formano oggetto della deroga sia le autorita' abilitate alla gestione
degli impianti di cattura, mentre i controlli e  la  vigilanza  sulle
attivita' di cattura risulterebbero disciplinati dal successivo  art.
3 della medesima legge regionale n. 50 del 2010. 
    Alla luce di tali considerazioni,  il  primo  motivo  di  ricorso
dovrebbe essere respinto. 
    9.4.  -  Con  riferimento  al  secondo  motivo  di  ricorso,   la
resistente osserva che, a seguito della riforma del  Titolo  V  della
Parte II della Costituzione, la materia della caccia rientra  tra  le
competenze rimesse alla potesta' legislativa residuale delle  Regioni
ai sensi dell'art. 117, quarto comma,  Cost.,  pur  riconoscendo  che
essa  incontra  i  limiti  derivanti,  oltre   che   dall'ordinamento
comunitario, anche dai principi stabiliti dalla normativa statale  in
base all'art.117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Cio' premesso, secondo la Regione, l'art. 4 della  legge  n.  157
del 1992 prevedrebbe,  in  relazione  all'attivita'  di  cattura,  la
necessita' di acquisire il parere dal competente Istituto (ISPRA), ma
non anche che la potesta' legislativa regionale risulti vincolata  da
esso. 
    Conseguentemente,   la   disposizione   impugnata    risulterebbe
pienamente legittima, posto che il parere  dell'ISPRA  sarebbe  stato
richiesto,  cosi'  come   prescritto,   e   motivatamente   disatteso
«ritenendo del tutto insufficiente il ricorso agli allevamenti, cosi'
come illustrato al punto 1, e comunque ritenendo soddisfatti tutti  i
requisiti prescritti dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE». 
    9.5.  -  Con  riferimento,  infine,  all'istanza  di   sospensiva
formulata  dal  ricorrente,  la  Regione  Toscana  contesta  che   ne
ricorrano i presupposti. 
    10. - In prossimita' della udienza pubblica la sola difesa  della
Regione Lombardia ha depositato una  breve  memoria  illustrativa  in
cui, insistendo sulle conclusioni gia'  rassegnate,  segnala,  quanto
alla pretesa violazione  dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  che,
discutendosi della violazione di un parametro  interposto  costituito
da una disposizione  comunitaria,  sarebbe  necessario  sollevare  la
pregiudiziale interpretativa di questa di fronte ai competenti organi
di giustizia dell'Unione europea. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. -  Con  distinti  ricorsi  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha sollevato, in riferimento all'art.  117,  commi  primo  e
secondo, lettera s), della Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'intera legge (peraltro consistente  in  due  soli
articoli ed un allegato) della Regione Lombardia 21  settembre  2010,
n. 16, recante «Approvazione del piano di cattura dei  richiami  vivi
per la stagione venatoria 2010/2011, ai sensi della legge regionale 5
febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura dei richiami  vivi)»,
e dell'art. 2 della legge della Regione Toscana 6  ottobre  2010,  n.
50, recante «Disciplina  dell'attivita'  di  cattura  di  uccelli  da
richiamo appartenenti alle specie cacciabili per l'anno 2010 ai sensi
dell'articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157  (Norme  per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio) e dell'articolo 34 della legge regionale 12 gennaio  1994,
n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio")». 
    1.1. - Il ricorrente dubita sotto due profili della  legittimita'
costituzionale   delle   disposizioni   regionali    impugnate.    In
particolare, quanto al primo profilo, poiche'  esse  sarebbero  state
adottate  in  assenza  dei  presupposti  e  delle  condizioni   poste
dall'art. 9 della direttiva 2 aprile 1979, n.  79/409/CEE  (Direttiva
del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli  selvatici),
riprodotta senza alcuna modificazione sostanziale nell'art.  9  della
direttiva  2009/147/CE  (Direttiva  del  Parlamento  europeo  e   del
Consiglio concernente  la  conservazione  degli  uccelli  selvatici).
Quanto al  secondo,  poiche'  le  disposizioni  censurate,  le  quali
disciplinano entrambe la  cattura  di  uccelli  da  utilizzare  quali
richiami vivi nell'esercizio  della  attivita'  venatoria,  sarebbero
state adottate in mancanza del parere favorevole reso dal  competente
Istituto superiore per la  fauna  selvatica  (ISPRA),  come,  invece,
prescriverebbe l'art. 4 della legge 11 febbraio 1992, n.  157  (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per  il  prelievo
venatorio). 
    2. - Preliminarmente, tenuto  conto  delle  evidenti  ragioni  di
connessione fra i ricorsi, i  due  giudizi  debbono  essere  riuniti,
cosi' da essere definiti con un'unica decisione. 
    3. - Con riguardo alla violazione  dell'art.  117,  primo  comma,
Cost., la questione e' fondata. 
    3.1. - Questa Corte, infatti, gia' con la recente sentenza n. 266
del 2010, e' stata chiamata a scrutinare delle disposizioni normative
adottate dalla Regione Lombardia e dalla Regione  Toscana  aventi  ad
oggetto la disciplina della cattura  dei  richiami  vivi.  In  quella
occasione e' stato precisato che l'art. 9 della direttiva 2009/147/CE
(Direttiva del Parlamento europeo  e  del  Consiglio  concernente  la
conservazione degli uccelli selvatici) prevede che gli Stati  membri,
«sempre che non vi  siano  altre  soluzioni  soddisfacenti»,  possano
derogare alle misure di protezione poste dalla medesima direttiva per
il conseguimento di una serie di  interessi  generali  tassativamente
indicati fra i quali,  per  quanto  riguarda  il  presente  giudizio,
quello di «consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo
selettivo la cattura, la detenzione  o  altri  impieghi  misurati  di
uccelli in piccole quantita'». 
    Il  carattere  eccezionale  del  potere  in  questione  e'  stato
peraltro  ribadito  anche  dalla   giurisprudenza   comunitaria   (in
particolare, con riferimento  alla  previsione,  peraltro  avente  lo
stesso tenore di quella ora richiamata, contenuta nell'art.  9  della
direttiva 79/409/CEE: Corte di giustizia CE,  8  giugno  2006,  causa
C-118/94), secondo la quale l'autorizzazione  degli  Stati  membri  a
derogare al divieto  generale  di  cacciare  le  specie  protette  e'
subordinata  alla  adozione  di  misure  di  deroga  dotate  di   una
motivazione  che  faccia  riferimento   esplicito   e   adeguatamente
circostanziato alla sussistenza di  tutte  le  condizioni  prescritte
dall'art. 9, paragrafi 1 e 2. 
    Detti requisiti, infatti, perseguono il duplice scopo di limitare
le deroghe allo stretto necessario e di permettere la vigilanza degli
organi comunitari a cio' preposti. 
    In particolare, il paragrafo 2 dell'art. 9 della citata direttiva
prevede che le deroghe debbano menzionare: a) le specie  che  formano
oggetto delle medesime; b) i  mezzi,  gli  impianti  o  i  metodi  di
cattura o di uccisione autorizzati; c) le condizioni di rischio e  le
circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate;
d) l'autorita' abilitata a dichiarare  che  le  condizioni  stabilite
sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi  possono
essere utilizzati, entro quali  limiti  e  da  quali  persone;  e)  i
controlli che saranno effettuati. 
    Alla luce di tali considerazioni, dunque, il rispetto del vincolo
comunitario derivante dall'art. 9 della  direttiva  79/409/CEE  (oggi
art. 9 della direttiva 2009/147/CE) impone l'osservanza  dell'obbligo
della puntuale ed espressa indicazione della sussistenza di tutte  le
condizioni in esso specificamente  indicate,  e  cio'  a  prescindere
dalla natura (amministrativa ovvero legislativa) del tipo di atto  in
concreto utilizzato per l'introduzione della  deroga  al  divieto  di
caccia e di cattura degli esemplari appartenenti alla fauna selvatica
stabilito agli articoli da 5 a 8 della medesima direttiva. 
    Chiarito quanto sopra, rileva questa  Corte  che,  per  cio'  che
concerne la legge regionale della Lombardia n. 16 del 2010, la  quale
riproduce in termini  sostanzialmente  testuali  il  contenuto  della
legge regionale n. 19 del 2009, valgono  le  medesime  considerazioni
gia' svolte riguardo a quest'ultima nella citata sentenza n. 266  del
2010; cioe' che in essa vi e'  la  completa  omissione  di  qualsiasi
cenno in ordine alla sussistenza delle condizioni e  dei  presupposti
richiesti dalla direttiva. 
    Quanto all'art. 2 della legge regionale della Toscana n.  50  del
2010, anche se e' dato riscontrare  nel  suo  preambolo,  rispetto  a
quanto contenuto in quello della legge regionale n. 53 del  2009,  lo
sviluppo  di  qualche  ulteriore  linea  argomentativa,  va  tuttavia
evidenziato che, non diversamente che per il passato, e'  fondata  su
di una mera petizione di principio la affermazione secondo  la  quale
«Non esiste al momento altra condizione soddisfacente a fronte  delle
richieste pervenute se non quella del metodo delle catture» (punto 11
del preambolo della legge regionale n.  50  del  2010),  non  essendo
affatto chiarito perche' una campagna di allevamento  in  cattivita',
tempestivamente promossa e realizzata, non sia idonea  a  fornire  il
fabbisogno necessario di richiami  vivi,  in  tal  modo  costituendo,
secondo le prescrizioni rese  in  sede  consultiva  dall'ISPRA,  «una
valida alternativa alla cattura» dei medesimi. 
    L'affermazione della illegittimita'  costituzionale  delle  norme
censurate per violazione dell'art. 117, primo  comma,  Cost.  assorbe
l'ulteriore profilo di censura sollevato dal Presidente del Consiglio
dei ministri. 
    Parimenti  assorbita  viene  ad   essere   la   questione   della
sospensione dell'efficacia delle disposizioni  legislative  impugnate
posta nei ricorsi (sentenze n. 326 e n. 10 del 2010). 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riuniti i giudizi, 
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  della   legge   della
Regione Lombardia 21 settembre 2010, n. 16, recante «Approvazione del
piano  di  cattura  dei  richiami  vivi  per  la  stagione  venatoria
2010/2011, ai sensi della legge  regionale  5  febbraio  2007,  n.  3
(Legge quadro sulla cattura dei richiami vivi)»; 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della  legge
regionale della Toscana 6 ottobre 2010, n.  50,  recante  «Disciplina
dell'attivita' di cattura di uccelli da  richiamo  appartenenti  alle
specie cacciabili per l'anno 2010  ai  sensi  dell'articolo  4  della
legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione  della  fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e  dell'articolo  34
della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della  legge
11 febbraio 1992,  n.  157  "Norme  per  la  protezione  della  fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio")». 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2011. 
 
                      Il Presidente: Maddalena 
 
 
                      Il redattore: Napolitano 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositato in cancelleria il 15 giugno 2011 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti