N. 151 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 gennaio 2011
Ordinanza del 27 gennaio 2011 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania sul ricorso proposto da Comune di Pastorano contro la Regione Campania ed altri. Giustizia amministrativa - Riordino del processo amministrativo - Controversie attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti - Devoluzione alla competenza funzionale, inderogabile del T.A.R. Lazio con sede a Roma - Irragionevolezza - Lesione del diritto di azione e di difesa in giudizio - Violazione del principio del giudice naturale - Eccesso di delega - Violazione dei principi del giusto processo. - Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, art. 135, comma 1, lett. e). - Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, 25, primo comma, 76 e 111, primo comma. Giustizia amministrativa - Riordino del processo amministrativo - Controversie attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti - Istanza cautelare - Inibizione per il giudice adito di pronunciarsi sull'istanza nelle more della pronuncia del giudice dichiarato competente - Incidenza sul diritto di azione e di difesa in giudizio - Violazione dei principi del giusto processo. - Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, artt. 15, comma 5, e 16, comma 1. - Costituzione, artt. 24, primo comma, e 111.(GU n.28 del 29-6-2011 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 5300 del 2010, proposto da: comune di Pastorano, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Troisi, con domicilio eletto presso Michele Troisi in Napoli, al centro direzionale, Isola G1, scala D, interno 148, presso lo studio dell'avv. Alberto Ainis; Contro: la regione Campania, rappresentata e difesa dall'avv. Angelo Marzocchella, con domicilio eletto in Napoli, via S. Lucia n. 81; la provincia di Caserta, non costituita; Nei confronti di Esogest Ambiente S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Lucio Iannotta, con domicilio eletto presso lo stesso in Napoli, via Fedro n. 7; Per l'annullamento del decreto dirigenziale n. 781 del 9 luglio 2010 con il quale si autorizza all'esercizio l'impianto di stoccaggio provvisorio di rifiuti non pericolosi sito in Pastorano, delle note acquisite al protocollo n. 21832 del 12 gennaio 2010 e n. 148877 del 18 febbraio 2010, del provvedimento recante la presa d'atto della variante conseguente ai rilievi della provincia, dei rilievi formulati dall'amministrazione provinciale, della nota in data 10 giugno 2010 di trasmissione della documentazione acquisita relativamente all'impianto, del parere prot. n. 368736 del 28 aprile 2010 espresso dall'avvocatura, degli atti dell'intero procedimento nonche' di ogni altro atto connesso; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di regione Campania e di Esogest Ambiente S.r.l.; Viste le produzioni delle parti; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2011 il dott. Fabio Donadono e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Premesso che il comune di Pastorano propone l'impugnativa in epigrafe contro gli atti relativi all'autorizzazione rilasciata dalla regione Campania alla societa' Esogest Ambiente per l'esercizio dell'impianto di stoccaggio provvisorio di rifiuti non pericolosi sito nel comune di Pastorano, all'uopo deducendone l'illegittimita' per: violazione dell'art. 2909 del codice civile e del giudicato formatosi sulle sentenze rese dal TAR Campania, sez. I, n. 1439 e n. 1664 del 2008, confermate con decisioni del Consiglio di Stato, sez. V, n. 1134 e n. 1142 del 2010; difetto assoluto di istruttoria e dei presupposti, con riferimento al decreto dirigenziale n. 211 del 2006 ed al permesso di costruire n. 33 del 2006, travolti dal giudicato, nonche' per illogicita' e sviamento; violazione degli artt. 208 e 212 del decreto legislativo n. 152 del 2006, difetto dei requisiti di legge, difetto di istruttoria, inesistenza dei presupposti e contraddittorieta' tra atti amministrativi, stante la cancellazione della Esogest Ambiente dall'albo delle imprese esercenti attivita' di recupero di rifiuti non pericolosi, come da nota della provincia di Caserta prot. n. 5379 del 25 gennaio 2010; violazione degli artt. 208, 212 e 256 del decreto legislativo n. 152 del 2006, difetto dei requisiti di legge, violazione del divieto di subappalto, sviamento, difetto di istruttoria e contraddittorieta' tra atti amministrativi, in quanto la ditta Esogest avrebbe ceduto a terzi non conosciuti la gestione dell'attivita'; violazione dell'art. 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006 in relazione alla delibera regionale n. 778 del 2007, violazione del giusto procedimento, violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990 per motivazione apparente, sviamento e difetto di istruttoria, posto che il decreto n. 211 del 2006 riguarderebbe la sola realizzazione dell'impianto, e non anche l'esercizio, ed attesa la mancanza dell'esame preliminare da parte della Commissione tecnica istruttoria, della convocazione di una Conferenza di servizi e di un giudizio sulla compatibilita' ambientale; incompetenza, violazione dell'art. 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006 in relazione alla delibera regionale n. 778 del 2007 e violazione del giusto procedimento, essendo competente a provvedere in materia il settore provinciale ecologia e tutela dell'ambiente, anziche' il dirigente dell'area generale di coordinamento ecologia, tutela dell'ambiente, protezione civile; Rilevato preliminarmente che: in base all'art. 135, comma 1, lettera e), in relazione all'art. 14, comma 1, del codice del processo amministrativo approvato con decreto legislativo n. 104 del 2010, e' devoluta alla competenza funzionale inderogabile del tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, la cognizione delle controversie di cui all'art. 133, comma 1, lettera p), in materia di giurisdizione esclusiva con riferimento a «... le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti ...»; l'art. 16 del codice del processo amministrativo prevede che «la competenza di cui agli artt. 13 e 14 e' inderogabile anche in ordine alle misure cautelari» (comma 1) e «il difetto di competenza e' rilevato, anche d'ufficio, con ordinanza che indica il giudice competente» (comma 2); l'art. 15, comma 5, dello stesso codice prevede che «quando e' proposta domanda cautelare il tribunale adito, ove non riconosca la propria competenza ai sensi degli artt. 13 e 14, non decide su tale domanda e, se non ritiene di provvedere ai sensi dell'art. 16, comma 2, richiede d'ufficio, con ordinanza, il regolamento di competenza, indicando il tribunale che reputa competente»; Ritenuto che: l'art. 132, comma 1, lettera e), del codice del processo amministrativo risulta in contrasto con l'art. 76 cost. nella parte in cui sancisce che l'esercizio della funzione legislativa delegata al Governo sia aderente ai principi e criteri direttivi stabiliti dal Parlamento; infatti l'art. 44 della legge n. 69 del 2009, recante la delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, non contempla tra i principi e criteri direttivi l'introduzione di ulteriori ipotesi di competenza funzionale del tribunale amministrativo del Lazio, limitandosi a prevedere di «razionalizzare e unificare la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali, nonche' di sentenze dei tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l'incompetenza funzionale» (comma 2, lettera e); ne' l'ampliamento della competenza del tribunale amministrativo di Roma puo' essere considerata come misura rispondente alla finalita' di «assicurare la snellezza, concentrazione ed effettivita' della tutela, e anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo ...» (comma 2, lettera a), ovvero inquadrata in alcuno degli altri principi e criteri direttivi enunciati dal citato art. 44, commi 1 e 2; l'art. 135, comma 1, lettera e), del codice del processo amministrativo appare in conflitto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 cost. sotto il profilo della ragionevolezza della legge; infatti la deroga agli ordinari canoni di riparto tra i diversi tribunali amministrativi regionali, fondati sulla efficacia territoriale dell'atto e sulla sede dell'autorita' emanante, non appare sorretta da alcun adeguato fondamento giustificativo e si risolve, percio', in una manifesta violazione di quel principio di ragionevolezza che costituisce limite alla discrezionalita' legislativa in materia di determinazione della competenza territoriale; infatti, il Giudice delle leggi, nel riconoscere al Legislatore ampia discrezionalita' nell'operare il riparto di competenza fra gli organi giurisdizionali, ha nondimeno evidenziato l'esigenza di osservare il rispetto del principio di uguaglianza e, segnatamente, del canone di ragionevolezza (cfr. Corte cost., 22 aprile 1992, n. 189); tant'e' che la disposizione in quella circostanza sottoposta allo scrutinio di costituzionalita' venne dichiarata immune da vizi sotto questi profili in quanto era riscontrabile la sussistenza di un adeguato fondamento giustificativo per la deroga agli ordinari criteri di determinazione della competenza; non costituisce giustificazione razionale della disciplina in esame una presunta esigenza di uniformita' d'indirizzo giurisprudenziale in materia, in quanto nel sistema della giustizia amministrativa la funzione nomofilattica appartiene al giudice di appello; ne' peraltro sembra ipotizzabile una diversa qualita' del T.a.r. del Lazio insediato nella Capitale, con la configurazione di una sorta di supremazia rispetto agli altri tribunali amministrativi periferici portata da una proliferazione di materie che sono state progressivamente accentrate nel tribunale romano, fino ad arrivare all'attuale art. 135 del codice del processo amministrativo; infatti un tale disegno creerebbe una evidente asimmetria tra i tribunali amministrativi che andrebbe ben oltre le questioni relative ai criteri di riparto delle competenze, finendo anche con l'incidere sull'assetto ordinamentale della giustizia amministrativa, delineato nell'art. 125 Cost., che pone sullo stesso piano tutti gli organi giudiziari di primo grado, aventi pari funzioni ed ugualmente sottoposti al sindacato del Consiglio di Stato, come giudice di appello; l'assenza di un adeguato fondamento giustificativo della nuova competenza funzionale attribuita al T.a.r. del Lazio, slegata da un razionale criterio di collegamento col giudice designato, induce a dubitare della legittimita' costituzionale dell'art. 135, comma 1, lettera e), del codice del processo amministrativo anche per contrasto con il principio del giudice naturale posto dall'art. 25, comma 1, Cost.; anche se i lavori preparatori della Costituzione non chiariscono il significato che si intese attribuire all'uso del termine «naturale» accanto a quello «precostituito» nell'art. 25, comma 1, cost. nel definire la garanzia della certezza e dell'obiettivita' del giudice, sembra nondimeno che l'introduzione della formula attuale («giudice naturale precostituito»), dopo che entrambe le sottocommissioni dell'assemblea costituente avevano abbandonato il termine «naturale» in favore del termine «precostituito», deponga a favore delle tesi che negano l'identificazione tra i due termini; pertanto la formula «giudice naturale precostituito» non rappresenterebbe un'endiadi, ma implicherebbe la necessita' che la precostituzione del giudice ad opera del Legislatore avvenga nel rispetto di un principio di naturalita', nel senso di razionale maggior idoneita' del giudice rispetto, alla risoluzione di determinate controversie; nel caso della competenza territoriale, l'individuazione del giudice razionalmente piu' idoneo a decidere la controversia non sembra poter prescindere dalla considerazione (in positivo, come in negativo) dell'esistenza di un criterio di collegamento effettivo, ragionevole ed appropriato, tra la controversia stessa e l'organo giurisdizionale, che valga a tracciare i confini entro i quali possa poi dispiegarsi legittimamente la discrezionalita' del legislatore; cio' appare ancor piu' evidente allorche', come nella specie, si tratta di servizi aventi rilievo esclusivamente locale, con riferimento a interessi sostanziali pure di ambito strettamente locale, rientranti nella sfera giuridica di soggetti (parti ricorrenti e parti resistenti) che tutti normalmente gravitano nella stessa dimensione territoriale locale e che non hanno nessun aggancio con una circoscrizione territoriale extraregionale; l'allontanamento del giudice competente a conoscere della controversia, sradicando la causa dalla sua sede ordinaria e naturale, comporta un grave disagio per le parti processuali, non giustificato dalla natura accentrata della pubblica amministrazione o dall'efficacia ultraregionale dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del T.a.r. del Lazio; cio' incide, tra l'altro, anche sull'accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, per la maggiore difficolta' ed i maggiori costi che devono essere sopportati dagli interessati per esercitare l'azione o per resistere innanzi al T.a.r. del Lazio; l'art. 15, comma 5, e l'art. 16, comma 1, nella parte in cui inibiscono al giudice adito di pronunciarsi sull'istanza cautelare, sia pure nelle more della pronuncia del giudice dichiarato competente sulla controversia, risultano in contrasto con l'art. 24, comma 1, e con l'art. 111, comma 1, Cost.; infatti la tutela cautelare e' garanzia essenziale e strumento necessario per l'effettivo soddisfacimento dei diritti e degli interessi legittimi che costituiscono l'oggetto del giudizio, evitando che il tempo necessario per la definizione della causa determini un pregiudizio grave e irreparabile per le pretese sostanziali della parte che ha ragione, per cui la tutela cautelare richiede sempre risposte immediate e non ammette interruzioni; pertanto la preclusione imposta al collegio adito, costretto dalla legge a negare la giustizia cautelare per un mero profilo di incompetenza territoriale, risulta contrario ai principi costituzionali di effettivita' e di tempestivita' della tutela giurisdizionale e del giusto processo; Considerato che le questioni di legittimita' costituzionale, oltre che non,i. manifestamente infondate, si palesano altresi' rilevanti in quanto: l'oggetto della causa in esame rientra tra «le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti», essendo da escludere che, per l'ampiezza di tale formulazione, essa sia da limitare al ciclo dei rifiuti solidi urbani (secondo quanto postulato dalla difesa del comune ricorrente), tant'e' che l'espressione «ciclo dei rifiuti» comprende normalmente tutti i rifiuti (cfr., ad esempio, la legge n. 6 del 2009, avente ad oggetto l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attivita' illecite connesse al ciclo dei rifiuti); le norme richiamate, entrate in vigore precedentemente alla proposizione del ricorso in esame (notificato il 18, 20 e 21 settembre 2010), inibiscono la decisione dell'impugnativa e dell'istanza cautelare, imponendo al giudice adito la rilevazione dell'incompetenza territoriale, nella specie espressamente eccepita dalla difesa della societa' controinteressata; Riservata ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale, alla quale va rimessa la soluzione dell'incidente di costituzionalita';
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost e 23 della legge n. 87 del 1953, dichiara rilevanti per la decisione dell'impugnativa e dell'incidente cautelare proposti con il ricorso n. 5300/2010 e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 135, comma 1, lettera e), dell'art. 16, comma 1, e dell'art. 15, comma 5, del codice del processo amministrativo approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, nei termini e per le ragioni esposti in motivazione, per contrasto con gli artt. 76, 3, 25, 24 e 111 della Costituzione; sospende il giudizio in corso; ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della segreteria del tribunale amministrativo, a tutte le parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e che sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati; dispone la immediata trasmissione degli atti, a cura della stessa Segreteria, alla Corte costituzionale, con la prova delle avvenute notificazioni e comunicazioni della presente ordinanza. Cosi' deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2011. Il Presidente: Guida L'estensore: Donadono