N. 51 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 maggio 2011
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 30 maggio 2011 (della Regione Siciliana). Imposte e tasse - Finanza regionale - Attuazione dei principi e criteri recati dalla legge n. 42 del 2009 - Federalismo fiscale municipale - Attribuzione ai Comuni del gettito o quote del gettito derivante da taluni tributi elencati - Prevista applicabilita' della disciplina anche alle autonomie speciali - Ricorso della Regione Siciliana - Ritenuta lesione dello speciale assetto finanziario della Regione Siciliana, lamentata sottrazione di risorse proprie della Regione in assenza di meccanismi compensativi, lamentata insufficienza e aleatorieta' delle risorse attribuite ai comuni, lamentata attribuzione alla Regione di ulteriori competenze non riconducibili allo Statuto e non assegnabili con legge ordinaria - Denunciata violazione della autonomia finanziaria e delle attribuzioni in materia di enti locali della Regione Siciliana, pregiudizio all'esercizio delle funzioni per carenza di risorse finanziarie, violazione della autonomia finanziaria dei comuni siciliani. - Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, artt. 2 e 14, comma 2. - Costituzione, artt. 81 e 119, comma quarto; statuto della Regione Siciliana, artt. 14, lett. o), 36 e 37; decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074; legge 5 maggio 2009, n. 42.(GU n.33 del 3-8-2011 )
Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro tempore on. dott. Raffaele Lombardo, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dall'avv. Marina Valli e dall'avv. Beatrice Fiandaca, ed elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della Giunta regionale n. 136 del 13 maggio 2011, che si acclude; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, recante «Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 23 marzo 2011, n. 67 - serie generale - per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto, e delle relative norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965, e altresi' dell'art. 14, lett. o) dello Statuto in relazione al regime della disciplina degli enti locali ed, inoltre, dell'art. 14, comma 2, del succitato decreto legislativo e delle ulteriori disposizioni del medesimo decreto ad essi correlati che possono pregiudicare l'autonomia finanziaria della Regione per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto, e delle relative norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965, nonche' degli artt. 81 e 119, quarto comma della Costituzione, nonche' per violazione dell'autonomia finanziaria dei comuni; F a t t o Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 67 del 23 marzo 2011, e' stato pubblicato, il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 in materia di federalismo fiscale municipale, emanato in attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42. Il decreto interviene sull'assetto delle competenze fiscali tra Stato ed enti locali, con decorrenza, dal 2011, in una prima fase transitoria, e poi, a regime, a decorrere dal 2014, con l'introduzione, in sostituzione di tributi vigenti, dell'imposta municipale (IMU). Le entrate che si prevedono di attribuire a favore dei comuni sono: dal 2011 al 2013: Art. 2, comma 2 - il 30% delle imposte sui trasferimenti immobiliari (imposte di registro, ipotecaria, catastale, tassa ipotecaria e tributi speciali catastali); Art. 2, comma 1, lett. a) - il gettito delle imposte di registro e di bollo sui contratti di locazione (devoluzione 100%); Art. 2, comma 1, lett. c) - il gettito dell'Irpef sui redditi fondiari (devoluzione 100%); Art. 2, comma 4 - la compartecipazione all'IVA pari all'ammontare del 2% del gettito Irpef; Art. 2, comma 8 - una quota del 21,7 per l'anno 2011 e del 21,6 per l'anno 2012 del gettito della cedolare secca sui canoni di locazione di immobili ad uso residenziale. Dal 2014: Art. 7, comma 2 - il 30% dei prelievi indiretti su trasferimenti immobiliari; Art. 7, comma 3 - il 30% dei prelievi indiretti sui trasferimenti immobiliari di cui all'art. 2, comma 2, lett. a), b), e) ed f); Art. 7, comma 3 - il gettito delle imposte di registro e di bollo sui contratti di locazione; Art. 7, comma 3 - il gettito dell'Irpef sui redditi fondiari; Art. 2, comma 8 - una quota, pari al 21,6% dei gettito della cedolare secca sui canoni di locazione di immobili ad uso residenziale; Art. 5 - potenziale manovrabilita' dell'addizionale comunale all'Irpef (max 0,4%); Art. 8 - IMU, che sostituisce per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relative ai beni non locati, e l'ICI. Viene poi istituita, l'imposta di soggiorno, affidandosi ai comuni capoluogo di provincia ed alle citta' turistiche e d'arte la possibilita' di introdurre un'imposta fino a 5 euro per notte a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive, con destinazione del relativo gettito ad alcune specifiche finalita', tra cui quelle a favore del turismo. Si prevede, altresi', una nuova disciplina dell'imposta di scopo (ora prevista nella legge n. 296/2006), da stabilirsi con un d.P.C.M. che, tra l'altro, possa aumentarne la durata fino a dieci anni e prevedere che il relativo gettito finanzi l'intero ammontare della spesa dell'opera da realizzarsi. Il gettito derivante dai tributi di cui agli innanzi citati commi 1 e 2 dell'art. 2, affluisce ad un Fondo sperimentale di riequilibrio, di durata triennale, finalizzato a realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione del gettito medesimo ai comuni. Il Fondo verra' ripartito sulla base di un accordo in sede di Conferenza Stato-citta', nell'osservanza, comunque, di due specifici criteri: una quota del 30% del Fondo andra' ripartita in base al numero dei residenti e, al netto di tale quota, una ulteriore percentuale del 20% dovra' essere destinata ai comuni che esercitano in forma associata le funzioni fondamentali nonche' alle isole monocomune. Il decreto istituisce, inoltre, per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province, successivo alla determinazione dei fabbisogni standard per le funzioni fondamentali, all'art. 13, un Fondo perequativo a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni svolte dai predetti enti, alimentato da quote del gettito dei tributi di cui all'art. 2, commi 1 e 2, e dalla compartecipazione ai tributi sui trasferimenti immobiliari. Il predetto fondo e' articolato in due componenti con riferimento alle funzioni fondamentali e non fondamentali. Contestualmente all'attribuzione delle entrate derivanti dalla nuova fiscalita' che attribuisce autonomia finanziaria ai comuni viene previsto il progressivo superamento del sistema di finanziamento delle spese afferenti alle diverse realta' municipali basato finora sui trasferimenti erariali. Il decreto, come espressamente risulta dal preambolo, costituisce attuazione dei principi e criteri recati dagli articoli 2, commi 2, 11, 12, 13, 21 e 26, della legge n. 42 del 2009 e le norme suindicate degli artt. 2 e 14, comma 2, dello stesso si appalesano costituzionalmente illegittime e vengono censurate, in quanto lesive delle attribuzioni dell'autonomia finanziaria della Regione siciliana nonche', rispettivamente, di quelle in materia di regime degli enti locali, e degli artt. 81 e 119, quarto comma della Costituzione, nonche' per violazione dell'autonomia finanziaria dei comuni per le seguenti ragioni; D i r i t t o Violazione degli articoli 36 e 37 dello Statuto della Regione siciliana e correlate norme di attuazione in materia finanziaria approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, nonche' degli artt. 81 e 119, IV comma della Costituzione. Codesta ecc.ma Corte costituzionale in un giudizio promosso da questa Regione ed avente ad oggetto la legittimita' costituzionale di talune norme della legge 5 maggio 2009, n. 42 - fra le quali gli artt. 11 e 12 - ha rilevato (sent. n. 201/2010) che l'art. 1, comma 2, della legge n. 42 del 2009 stabilisce univocamente che gli unici principi della delega sul federalismo fiscale applicabili alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome sono quelli contenuti negli artt. 15, 22 e 27» e ha ritenuto che «di conseguenza non sono applicabili alla Regione siciliana gli indicati principi e criteri di delega contenuti nelle disposizioni censurate» precisando altresi' che la conclusione enunciata «e' fondata su una sicura esegesi del dato normativo, priva di plausibili alternative». Sennonche' diversamente dal decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, sul c.d. federalismo demaniale, che correttamente non si occupa delle autonomie differenziate, il nuovo provvedimento attuativo dedica loro due commi dell'art. 14 rubricato «Ambito di applicazione del decreto legislativo, regolazioni finanziarie e norme transitorie» che di seguito si trascrivono: «2. Al fine di assicurare la neutralita' finanziaria del presente decreto, nei confronti delle regioni a statuto speciale il presente decreto si applica nel rispetto dei rispettivi statuti e in conformita' con le procedure previste dall'articolo 27 della citata legge n. 42 del 2009, e in particolare: a) nei casi in cui, in base alla legislazione vigente, alle regioni a statuto speciale spetta una compartecipazione al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche ovvero al gettito degli altri tributi erariali, questa si intende riferita anche al gettito della cedolare secca di cui all'articolo 3; b) sono stabilite la decorrenza e le modalita' di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2 nei confronti dei comuni ubicati nelle regioni a statuto speciale, nonche' le percentuali delle compartecipazioni di cui alla lettera a); con riferimento all'imposta municipale propria di cui all'articolo 8 si tiene conto anche dei tributi da essa sostituiti. 3. Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome che esercitano le funzioni in materia di finanza locale, le modalita' di applicazione delle disposizioni relative alle imposte comunali istituite con il presente decreto sono stabilite dalle predette autonomie speciali in conformita' con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione; per gli enti locali ubicati nelle medesime regioni e province autonome non trova applicazione quanto previsto dall'articolo 2, commi da 1 a 8; alle predette regioni e province autonome spettano le devoluzioni e le compartecipazioni al gettito delle entrate tributarie erariali previste dal presente decreto nelle misure e con le modalita' definite dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione per i medesimi tributi erariali o per quelli da essi sostituiti». In particolare il comma 2, pur se assume di intervenire al dichiarato fine di «assicurare la neutralita' finanziaria» del decreto stabilisce che nei confronti delle regioni a statuto speciale il medesimo «si applica». Ne' la previsione che cio' avvenga «nel rispetto dei rispettivi statuti e in conformita' con le procedure previste dall'art. 27» della legge n. 42 del 2009, puo' far ritenere che il legislatore delegato abbia inteso solo ribadire la clausola della legge delega ove si guardi anche al seguito della disposizione come pure al comma successivo relativo alle autonomie speciali che esercitano funzioni di finanza locale. Ed invero l'art. 14 al comma 2 che reca la clausola di salvaguardia applicabile alla Regione siciliana continua, come visto, precisando alla lettera a) che, nei casi in cui alle autonomie speciali spetti una compartecipazione al gettito dell'IRPEF o degli altri tributi erariali, essa si intende riferita anche al gettito della cedolare secca, e prevedendo alla lettera b), quanto alla devoluzione ai comuni della fiscalita' immobiliare, contemplata dall'art. 2 del decreto, il rinvio alla sede pattizia solo per l'individuazione della decorrenza e delle modalita' applicative, nonche' delle percentuali delle compartecipazioni al gettito della cedolare secca ribadendo cosi' l'obbligo dell'osservanza dell'applicazione dei contenuti del provvedimento in parola. E' palese quindi che le suenunciate disposizioni, impugnate col presente ricorso, per effetto delle quali, in violazione dei principi recati dalla legge delega, viene in buona sostanza importato in ambito siciliano il nuovo sistema di finanziamento stabilito per gli enti locali situati nelle regioni a statuto ordinario, ledono le prerogative statutariamente riconosciute alla Regione dalle norme rubricate sia in materia finanziaria sia sotto i dedotti parametri costituzionali. La formula di presunta salvaguardia, infatti, non tenendo conto delle osservazioni di parte regionale rese nelle opportune sedi istituzionali, che evidenziavano come siffatto impianto finanziario delineato per i comuni incida negativamente sulla finanza regionale, contraddice lo scopo della neutralita' finanziaria, che dichiara di perseguire arrecando un vulnus al sistema finanziario garantito alla Regione. E cio' in quanto l'attribuzione ai comuni del gettito o quote del gettito derivante dai tributi elencati nell'articolo 2, ai commi 1, 2, 3 e 4 sottrae alla Regione cespiti di spettanza regionale. Ed invero, dalle previsioni recate dagli artt. 36 e 37 dello Statuto e dall'articolo 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 emerge la regola generale secondo la quale - a parte talune individuate eccezioni, tra le quali sono da ricomprendere le nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime - spettano alla Regione siciliana, oltre alle entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate ad eccezione di quelle riservate allo Stato (entrate sui tabacchi, accise sulla produzione, lotto e lotterie a carattere nazionale). A fronte di tale assetto regolativo le disposizioni poste a base della riforma in senso federale della finanza municipale non recano alcun esplicito contemperamento con il richiamato assetto finanziario della Regione siciliana. Ne' la prevista compartecipazione (art. 14, comma 2, lett. a) delle regioni a Statuto speciale al gettito della cedolare secca e dell'Imposta municipale propria, e' idonea ad assicurare la neutralita' finanziaria nei confronti della Regione siciliana, ne' sotto il profilo quantitativo ne' sotto il profilo dell'autonomia finanziaria statutariamente garantita. Infatti, diversamente dalle altre autonomie speciali, la Regione risulta titolare dell'intero cespite tributario che, pertanto, non dovrebbe subire decurtazioni e, tuttavia, la stessa, a tenore della disposizione in argomento non potrebbe sottrarsi alla devoluzione ai comuni di una quota compartecipativa. In altri termini il legislatore delegato per finanziare gli enti locali viene a disporre non di risorse proprie ma di quelle spettanti alla Regione (IRPEF, IVA, tributi vari relativi ad atti aventi ad oggetto immobili,cedolare secca) che subisce, in tal modo, una riduzione del gettito tributario, senza che si prevedano meccanismi compensativi della forte contrazione delle entrate regionali. In proposito si reputa opportuno riportare quanto rilevato dal Governo nella relazione alle camere in ottemperanza alla disposizione dell'art. 2, comma 6, della legge 5 maggio 2009, n. 42 e precisamente nell'allegata relazione della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF) del 30 giugno 2010. Infatti, nel considerare la particolare situazione delle regioni a Statuto speciale, e' stato rilevato che «I trasferimenti da fiscalizzare dovrebbero riguardare solo gli enti locali situati nelle regioni a statuto ordinario, rimanendo nelle regioni a Statuto speciale la fiscalizzazione affidata al particolare percorso che la legge n. 42/2009 ha riservato loro in ossequio all'autonomia statutaria. Invero, la questione si pone solo per gli enti locali situati in Sicilia e in Sardegna, perche' le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e di Bolzano hanno gia' provveduto ad attuare la propria autonomia in materia di finanza locale, assumendo a proprio carico gli oneri corrispondenti. In Sicilia e Sardegna, invece, gli enti locali sono ancora destinatari di cospicui trasferimenti da parte dello Stato. Sembra difficile sostenere che, in situazione siffatta, l'esercizio della delega possa estendersi agli enti locali di Sicilia e Sardegna: molto forte risulterebbe il rischio di illegittimita' costituzionale e di eccesso di delega». Nel rammentare che le entrate spettanti alla Regione, come e' noto, sono appena sufficienti a ricoprire gli oneri che derivano dall'esercizio delle funzioni statutariamente previste si precisa infatti che da prime e approssimative stime, elaborate utilizzando come fonte primaria la relazione della COPAFF del 30 giugno 2010, i riflessi negativi per il bilancio regionale, appaiono di dimensioni finanziarie ingenti quantificati in circa 700 milioni di euro annui. Detto importo, che a titolo esemplificativo risulta pari al 76,67 per cento del Fondo autonomie (art. 8, comma 1, l.r. 30 gennaio 2006, n. 1, che per l'anno 2009 e' stato determinato in 913 milioni di euro) e al 17,28 per cento della quota di compartecipazione della Regione al Fondo sanitario nazionale (che per l'anno 2009 e' stato determinato in euro 4.051.721.354,84), determina all'evidenza uno squilibrio finanziario insostenibile a carico del bilancio della Regione. Al riguardo quindi non puo' non richiamarsi il principio derivato dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (cfr. sentenze n. 307 del 1983, n. 123 del 1992, n. 370 del 1993, n. 376/2003, n. 260/2004, n. 417/2005 n. 138/1999) per cui lo Stato puo' «nell'ambito di manovre di finanza pubblica, anche determinare riduzioni nella disponibilita' finanziaria delle regioni, purche', appunto, non tali da produrre uno squilibrio incompatibile con le esigenze complessive della spesa regionale». Pertanto la sottrazione di risorse proprie della Regione, gia' in violazione ex artt. 36 e 37 dello Statuto, comporta un notevole squilibrio finanziario che pregiudica la possibilita', per la Regione, di esercitare le proprie funzioni per carenza di risorse finanziarie, in violazione anche dei principi derivanti dall'art. 81 e 119, quarto comma, della Costituzione. In ordine al suindicato parametro dell'art. 81 della Costituzione, si osserva che le richiamate disposizioni del d.lgs. n. 23/2011 sottraggono alla Regione siciliana un cospicuo gettito finanziario senza stabilire con quali risorse finanziarie esso possa essere sostituito. Quanto alla dedotta violazione dell'art. 119, IV comma, relativa anche all'autonomia finanziaria dei comuni, questa difesa e' ben consapevole della sua applicabilita' alla Regione siciliana, ai sensi dell'art. 10 della legge costituzionale modificativa del titolo V della Costituzione, solo per le parti in cui esso preveda forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite, e tuttavia ne prospetta la violazione sia per la lesione delle competenze finanziarie proprie di questa Regione che per il pregiudizio che arreca alle attribuzioni degli enti locali siciliani. Ed invero «le regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche per la lesione delle attribuzioni degli enti locali, indipendentemente dalla prospettazione della violazione della competenza legislativa regionale» (sent. n. 298/2009) considerato che «la stretta connessione, in particolare [...] in tema di finanza regionale e locale, tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie locali consente di ritenere che la lesione delle competenze locali sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze regionali» (sentenze n. 169 e n. 95 del 2007, n. 417 del 2005 e n. 196 del 2004). Si confida, pertanto, che codesta Corte voglia ritenere la sussistenza delle surriportate lesioni dei parametri costituzionali considerato che non solo la Regione ma pure i comuni siciliani, in applicazione del decreto, verrebbero a disporre di mezzi finanziari insufficienti per l'adempimento dei propri compiti. Infatti, il totale dei trasferimenti a carico dello Stato ai comuni siciliani viene stimato in circa 1,6 miliardi di caro che sommati ai trasferimenti a carico della Regione, pari a circa 1,2 miliardi di euro, complessivamente ammontano a circa 2,8 miliardi di euro. Ora, l'ammontare del gettito della devoluzione e/o compartecipazione ai tributi erariali, nella previsione del decreto legislativo in esame, pur considerando le entrate derivanti dai nuovi cespiti introdotti dallo stesso decreto (art. 4 - imposta di soggiorno, art. 3 - cedolare secca, art. 6 - imposta di scopo, recupero evasione fiscale) non risulta idoneo a garantire un ammontare uguale agli attuali trasferimenti provenienti dallo Stato. Infatti, l'incremento derivante dalla compartecipazione alla cedolare secca, che comunque si ascrive integralmente alla spettanza regionale, ad oggi non risulta stimabile nel suo ammontare, giacche' la scelta di optare per tale tipo di tassazione e' riservata al contribuente. Ammesso che, nella emananda normativa di attuazione, si scelga la compartecipazione agli enti locali, la relativa entrata per questi ultimi riveste un grado di aleatorieta' elevata. Ne' i sistemi perequativi risultano di facile applicabilita' per i comuni siciliani, atteso il singolare impianto finanziario della Regione siciliana che ascrive alla integrale spettanza della medesima quei tributi che nella relativa previsione dovrebbero alimentare il fondo stesso. Violazione dell'art. 14, lett. o) dello Statuto siciliano. L'art. 2 del d.lgs. n. 23/2011 prevedendo l'attribuzione ai comuni di tributi o quote di tributi di spettanza della Regione siciliana, oltre che dei suenunciati parametri statutari in materia finanziaria e costituzionali per le ragioni sopra svolte, si profila lesivo della norma statutaria rubricata in quanto finisce col far carico alla Regione siciliana di ulteriori competenze che, come di recente ribadito da codesta Corte con la sentenza n. 442 del 2008, non sono riconducibili alla previsione dell'art. 14, lett. o) dello Statuto siciliano e non possono comunque assegnarsi con legge ordinaria.
P. Q. M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, recante «Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale» e precisamente: dell'articolo 2 per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto, e delle relative norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965, e altresi' dell'articolo 14, lett. o) dello Statuto in relazione al regime della disciplina degli enti locali; dell'articolo 14, comma 2, e delle ulteriori disposizioni ad essi correlati che possono pregiudicare l'autonomia finanziaria della Regione per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto, e delle relative norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965, nonche' degli artt. 81 e 119, quarto comma della Costituzione, nonche' per violazione dell'autonomia finanziaria dei comuni. Con riserva di ulteriori deduzioni. Si deposita con il presente atto: deliberazione della Giunta regionale n. 136 del 13 maggio 2011 che autorizza la proposizione al ricorso. Palermo, addi' 18 maggio 2011 Avv. Valli-Fiandaca