N. 219 ORDINANZA 4 - 21 luglio 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Responsabilita' amministrativa e contabile  -  Danno  all'immagine  -
  Esercizio dell'azione di risarcimento da parte delle procure  della
  Corte dei conti in esito a sentenze penali irrevocabili di condanna
  nei confronti di dipendenti di amministrazioni o di  enti  pubblici
  ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica,  limitatamente
  a specifici delitti contro la pubblica amministrazione - Denunciata
  violazione dei principi di ragionevolezza, di uguaglianza, di  buon
  andamento della pubblica amministrazione e della ragionevole durata
  del processo - Esclusione - Manifesta infondatezza della questione. 
- D.l. 1° luglio 2009, n. 78, art. 17, comma 30-ter (convertito,  con
  modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102), come  modificato
  dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, del d.l. 3  agosto  2009,  n.
  103 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009,  n.
  141). 
- Costituzione, artt. 3, 97 e 111. 
(GU n.32 del 27-7-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Paolo MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,
  Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo
  GROSSI, Giorgio LATTANZI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo  17,  comma
30-ter, del  decreto-legge  1°  luglio  2009,  n.  78  (Provvedimenti
anticrisi,   nonche'   proroga   di   termini),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009,  n.  102,  come  modificato
dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1, del  decreto-legge  3
agosto  2009,  n.  103  (Disposizioni  correttive  del  decreto-legge
anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni, dalla legge
3 ottobre 2009, n. 141,  promosso  dalla  Corte  dei  conti,  sezione
giurisdizionale per la Regione Piemonte,  nel  procedimento  vertente
tra il Procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale per la
Regione Piemonte e T.B. ed altro, con ordinanza del 13  maggio  2010,
iscritta al n. 263 del registro ordinanze  2010  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  38,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2010; 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 22  giugno  2011  il  Giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    Ritenuto: 
        che con ordinanza del 13 maggio 2010,  la  Corte  dei  conti,
sezione  giurisdizionale  per  la  Regione  Piemonte,  ha   sollevato
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  17,  comma
30-ter, del  decreto-legge  1°  luglio  2009,  n.  78  (Provvedimenti
anticrisi,   nonche'   proroga   di   termini),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009,  n.  102,  come  modificato
dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1, del  decreto-legge  3
agosto  2009,  n.  103  (Disposizioni  correttive  del  decreto-legge
anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni, dalla legge
3 ottobre 2009, n. 141, per violazione, degli articoli 3,  97  e  111
della Costituzione; 
        che il remittente premette  che  un  appuntato  scelto  e  un
appuntato  dell'Arma  dei  Carabinieri  sono  stati  condannati,  con
sentenza del Tribunale di Torino del 12 giugno 2008,  n.  1704,  «per
essersi appropriati, in veste di pubblici  ufficiali,  nel  corso  di
diversi accertamenti nei confronti di cittadini  extracomunitari,  di
somme di denaro e droga appartenenti a soggetti controllati»; 
        che la Procura della Corte dei conti, prosegue il  giudice  a
quo, ha citato in giudizio i due soggetti  sopra  indicati  affinche'
gli  stessi  venissero   condannati   al   risarcimento   del   danno
all'immagine   subito   dall'Arma   dei   Carabinieri,    determinato
equitativamente in euro 30.000,00; 
        che  il  giudice  remittente  sottolinea  come   entrambi   i
convenuti abbiano eccepito la  nullita'  degli  atti  processuali  ed
istruttori ai sensi del citato art. 17, comma 30-ter; 
        che, in particolare, tale articolo stabilisce che le  Procure
della Corte dei conti esercitano l'azione  per  il  risarcimento  del
danno all'immagine nei soli casi  e  modi  previsti  dall'articolo  7
della legge 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento
penale e procedimento disciplinare ed effetti  del  giudicato  penale
nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche); 
        che, a  sua  volta,  l'art.  7  richiamato  prevede  che  «la
sentenza irrevocabile  di  condanna  pronunciata  nei  confronti  dei
dipendenti indicati nell'articolo 3 per i delitti contro la  pubblica
amministrazione previsti nel capo I del titolo II del  libro  secondo
del codice penale e' comunicata al competente  Procuratore  regionale
della  Corte  dei  conti  affinche'  promuova  entro  trenta   giorni
l'eventuale procedimento di responsabilita' per  danno  erariale  nei
confronti del condannato»; 
        che la norma censurata stabilisce, altresi', da un lato,  che
il  decorso  del  termine  di  prescrizione,  di  cui  al   comma   2
dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20  (Disposizioni  in
materia di giurisdizione e  controllo  della  Corte  dei  conti),  e'
sospeso fino alla conclusione del  procedimento  penale;  dall'altro,
che qualunque atto istruttorio  o  processuale  posto  in  essere  in
violazione delle disposizioni di  cui  al  piu'  volte  citato  comma
30-ter dell'art. 17 del d.l. n. 78 del 2009,  «salvo  che  sia  stata
gia' pronunciata sentenza anche non definitiva alla data  di  entrata
in vigore della legge di conversione del presente decreto, e' nullo e
la relativa nullita' puo' essere fatta valere  in  ogni  momento,  da
chiunque  vi  abbia  interesse,  innanzi  alla   competente   sezione
giurisdizionale  della  Corte  dei  conti,  che  decide  nel  termine
perentorio di trenta giorni dal deposito della richiesta»; 
        che, alla luce del contenuto della normativa sopra riportata,
la Corte remittente sottolinea come, non essendo  ancora  passata  in
giudicato la sentenza di condanna, l'azione e' stata  «esercitata  al
di  fuori  della  previsione  normativa   e,   pertanto,   gli   atti
procedimentali (atto di citazione) posti  in  essere  successivamente
all'entrata in vigore della stessa andrebbero dichiarati nulli»; 
        che,  esposto  cio',  con  riferimento  al  giudizio  di  non
manifesta  infondatezza,  si   assume   che   la   norma   in   esame
contrasterebbe con: 
a) l'art. 3 Cost., in  quanto  sarebbe  irragionevole  differenziare,
senza alcuna plausibile  ragione,  l'azione  di  responsabilita'  per
ottenere il danno patrimoniale, per la quale non e'  prevista  alcuna
condizione, rispetto all'azione esperita quando si  intende  chiedere
il danno all'immagine dell'ente; b) gli artt.  97  e  111  Cost.,  in
quanto  si  costringono   le   Procure   «ad   incardinare   distinti
procedimenti per il risarcimento del danno all'immagine e  di  quello
patrimoniale in senso stretto, atteso che per quest'ultimo  non  vale
la sospensione del termine di prescrizione introdotta  per  il  danno
all'immagine;   cio'   comporta   all'evidenza    una    duplicazione
dell'attivita' processuale con inutile dispendio di tempo, di risorse
ed energie»; 
        che e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  le  questioni  sollevate  vengano  dichiarate
inammissibili e infondate; 
        che, in particolare, con riferimento all'asserita  violazione
degli artt. 97 e 111 Cost., si assume come le censure formulate siano
generiche e prive di motivazione; 
        che, nel  merito,  comunque,  il  rinvio  della  proposizione
dell'azione al passaggio in giudicato della sentenza e'  «finalizzato
ad  evitare  un  inutile  dispendio  di   attivita'   giurisdizionale
(prevenendo tra l'altro un possibile contrasto di giudicati)»; 
        che, con riguardo alla dedotta violazione dell'art. 3  Cost.,
si assume come non sussista alcuna «disparita' di trattamento» tra il
danno  all'immagine  e  il  danno   patrimoniale,   in   quanto   non
sussisterebbero le presunte difficolta' operative di mero fatto e gli
indimostrati aggravi nell'esercizio dell'azione. 
    Considerato: 
        che la  Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la
Regione Piemonte, con ordinanza  del  13  maggio  2010  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma  30-ter,
del decreto-legge 1° luglio 2009,  n.  78  (Provvedimenti  anticrisi,
nonche' proroga di termini),  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dall'articolo  1,  comma
1, lettera c), numero 1, del decreto-legge  3  agosto  2009,  n.  103
(Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009),
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre  2009,  n.  141,
per  asserita  violazione  degli  articoli  3,   97   e   111   della
Costituzione; 
        che la questione e' manifestamente infondata; 
        che la norma censurata prevede che le Procure regionali della
Corte dei conti esercitino l'azione per  il  risarcimento  del  danno
all'immagine nei soli casi e  modi  previsti  dall'articolo  7  della
legge 27 marzo 2001, n.  97  (Norme  sul  rapporto  tra  procedimento
penale e procedimento disciplinare ed effetti  del  giudicato  penale
nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche); 
        che il richiamato art. 7 della legge n. 97 del  2001,  a  sua
volta,  fa  riferimento,  ai  fini  della  delimitazione  dell'ambito
applicativo dell'azione risarcitoria, alle sentenze  irrevocabili  di
condanna pronunciate, nei confronti dei dipendenti di amministrazioni
o di  enti  pubblici  ovvero  di  enti  a  prevalente  partecipazione
pubblica, per i delitti contro la pubblica  amministrazione  previsti
dal capo I del titolo II del libro II del codice penale; 
        che, con una prima censura, si assume la violazione dell'art.
3 Cost., in quanto sarebbe irragionevole differenziare, senza  alcuna
plausibile giustificazione, l'azione di responsabilita' per  ottenere
il  danno  patrimoniale,  per  la  quale  non  e'   prevista   alcuna
condizione, rispetto all'azione esperita quando si  intende  chiedere
il danno  all'immagine  dell'ente,  per  la  quale  e'  richiesto  il
passaggio in giudicato della sentenza di condanna; 
        che, con riguardo all'ambito di applicazione della  norma  in
esame, questa Corte, con la sentenza n. 355 del  2010,  ha  affermato
che la  scelta  di  non  estendere  l'azione  risarcitoria  anche  in
presenza di condotte non costituenti  reato,  ovvero  costituenti  un
reato  diverso  da  quelli  espressamente   previsti,   puo'   essere
considerata non manifestamente irragionevole; 
        che «il  legislatore  ha  ritenuto,  infatti,  nell'esercizio
della propria discrezionalita', che soltanto in presenza di  condotte
illecite,  che  integrino  gli  estremi  di  specifiche   fattispecie
delittuose, volte a tutelare, tra l'altro, proprio il buon andamento,
l'imparzialita' e lo  stesso  prestigio  dell'amministrazione,  possa
essere proposta  l'azione  di  risarcimento  del  danno  per  lesione
dell'immagine dell'ente pubblico»; 
        che  «la  circostanza  che  il   legislatore   abbia   inteso
individuare esclusivamente quei reati  che  contemplano  la  pubblica
amministrazione  quale  soggetto  passivo  concorre  a  rendere   non
manifestamente irragionevole la scelta legislativa in esame»; 
        che, e' bene aggiungere rispetto a quanto gia'  affermato  da
questa Corte e in relazione alla specifica prospettazione svolta  dal
remittente, una volta rinvenuta una giustificazione  alla  previsione
che impone la sussistenza di una sentenza di  condanna  per  uno  dei
reati  sopra  indicati,  e'  ragionevole  che  il  legislatore  abbia
richiesto che tale sentenza acquisisca il crisma della  definitivita'
prima  che   inizi   il   procedimento   per   l'accertamento   della
responsabilita' amministrativa derivante dalla lesione  dell'immagine
dell'amministrazione; 
        che quanto  sin  qui  esposto  giustifica  la  diversita'  di
trattamento giuridico tra le ipotesi  di  responsabilita'  per  danno
patrimoniale, che non richiede la  sussistenza  di  una  sentenza  di
condanna passata in cosa giudicata, e quelle per responsabilita'  per
lesione dell'immagine dell'amministrazione; 
        che non meritano accoglimento  neanche  le  censure  riferite
agli artt. 97 e 111 Cost., con le quali il giudice a quo lamenta  che
la  norma  censurata  costringerebbe   le   Procure   contabili   «ad
incardinare distinti  procedimenti  per  il  risarcimento  del  danno
all'immagine  e  di  quello  patrimoniale  in  senso  stretto»,   con
conseguente «duplicazione  dell'attivita'  processuale»  ed  «inutile
dispendio di tempo, di risorse ed energie»; 
        che - a prescindere dalla genericita' delle censure  e  dalla
inconferenza del richiamo, in particolare, all'art. 97 Cost., che non
trova applicazione in materia processuale - deve rilevarsi come,  una
volta ritenuta ragionevole la differenza di regime giuridico  tra  la
responsabilita' amministrativa per danno patrimoniale e la  tipologia
di danno che viene in esame in questa sede, ne consegue la  manifesta
infondatezza delle doglianze in esame; 
        che,  in  particolare,  e'  proprio   la   diversita'   delle
situazioni poste a confronto che giustifica l'autonoma  articolazione
dei percorsi  procedimentali  configurati  dal  legislatore  ai  fini
dell'accertamento  della  sussistenza  dei   danni   patrimoniali   e
all'immagine,  senza  che  possa  evocarsi  un'inutile  «duplicazione
dell'attivita' processuale», con incidenza negativa sulla  durata  ed
«efficacia» del procedimento. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo  17,  comma  30-ter,  del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche'
proroga di termini), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  3
agosto 2009, n.  102,  come  modificato  dall'articolo  1,  comma  1,
lettera c), numero  1,  del  decreto-legge  3  agosto  2009,  n.  103
(Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009),
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre  2009,  n.  141,
sollevata,  in  riferimento  agli  articoli  3,  97   e   111   della
Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale  per  la
Regione Piemonte, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2011. 
 
                 Il Presidente e redattore: Quaranta 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 21 luglio 2011. 
 
                       Il cancelliere: Melatti