N. 225 ORDINANZA 19 - 21 luglio 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo  penale  -  Criteri  di  scelta  delle  misure  cautelari  -
  Applicabilita' di misure cautelari meno afflittive  della  custodia
  in carcere nei confronti della persona raggiunta da gravi indizi di
  colpevolezza in ordine al delitto di omicidio volontario (art.  575
  cod. pen.) - Preclusione - Denunciata violazione del  principio  di
  uguaglianza e di inviolabilita' della liberta'  personale,  nonche'
  assunto  contrasto  con  la   presunzione   di   non   colpevolezza
  dell'imputato  sino  alla  condanna   definitiva   -   Sopravvenuta
  declaratoria di illegittimita' costituzionale in  parte  qua  della
  norma censurata - Questione divenuta priva di oggetto  -  Manifesta
  inammissibilita'. 
- Cod. proc. pen., art. 275, comma 3, come modificato dall'art. 2 del
  d.l. 23 febbraio 2009, n. 11 (convertito, con modificazioni,  dalla
  legge 23 aprile 2009, n. 38). 
- Costituzione, artt. 3, 13 e 27, secondo comma. 
(GU n.32 del 27-7-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO Giudice,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,
  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe  TESAURO,  Paolo  Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio LATTANZI 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 275,  comma  3,
del codice di procedura  penale,  come  modificato  dall'art.  2  del
decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in  materia  di
sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonche'  in
tema di atti persecutori), convertito, con modificazioni, dalla legge
23  aprile  2009,  n.  38,  promosso  dal  Giudice  per  le  indagini
preliminari del Tribunale di Torino nel procedimento penale a  carico
di V.G., con ordinanza del 3 dicembre 2010, iscritta  al  n.  54  del
registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 2011. 
    Udito nella camera di consiglio del  6  luglio  2011  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
    Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Torino, con ordinanza  del  3  dicembre  2010,  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 13 e 27, secondo comma, della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 275, comma 3,  del
codice  di  procedura  penale,  come  modificato  dall'art.   2   del
decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in  materia  di
sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonche'  in
tema di atti persecutori), convertito, con modificazioni, dalla legge
23 aprile 2009, n. 38, nella parte in cui non consente  di  applicare
misure cautelari  meno  afflittive  della  custodia  in  carcere  nei
confronti della persona raggiunta da gravi indizi di colpevolezza  in
ordine al delitto di cui all'art. 575 del codice penale; 
    che  il  giudice  rimettente   e'   investito   della   decisione
sull'istanza di sostituzione della custodia cautelare in carcere  con
gli arresti domiciliari presso una struttura sanitaria, proposta  dal
difensore di una persona sottoposta  ad  indagini  per  il  reato  di
omicidio volontario commesso in danno di una zia convivente; 
    che, in punto di fatto, il  giudice  a  quo  -  premesso  che  la
custodia cautelare in carcere era stata disposta a seguito di arresto
in flagranza effettuato nell'abitazione dell'indagato, il quale aveva
chiamato telefonicamente le  forze  dell'ordine  affermando  di  aver
soffocato  la  zia  -  riferisce  che  i  Carabinieri,   al   momento
dell'intervento, avevano trovato l'indagato in stato  confusionale  e
con i segni evidenti di un tentativo di suicidio; 
    che, nel corso dell'interrogatorio reso all'udienza di  convalida
dell'arresto, l'indagato aveva confessato di avere soffocato la zia e
di avere,  poi,  tentato  il  suicidio  in  quanto  non  sapeva  come
affrontare la necessita' di lasciare il proprio alloggio a seguito di
una procedura di sfratto; 
    che nel corso delle indagini preliminari, il  pubblico  ministero
aveva disposto una consulenza tecnica sulla capacita' di intendere  e
di  volere  dell'indagato,  dalla  quale  era  emerso  che   la   sua
personalita' presentava «vulnerabilita' ed aree di fragilita', pur in
assenza di un franco quadro psicopatologico»; 
    che il difensore, a sostegno dell'istanza di  sostituzione  della
misura  custodiale  in  atto,  aveva  evidenziato  che  le   esigenze
cautelari, ove ritenute ancora sussistenti, avrebbero  potuto  essere
adeguatamente salvaguardate con la misura degli  arresti  domiciliari
presso una struttura sanitaria, tenuto anche conto degli esiti di una
consulenza  di  parte,  attestante  che  l'indagato  era  affetto  da
«disturbo passivo-dipendente della personalita' e da  depressione  di
tipo mascherata»; 
    che, ad avviso del  giudice  a  quo,  le  ragioni  addotte  dalla
difesa, unitamente  alle  particolarita'  della  vicenda  concreta  -
seppure inidonee a dimostrare il venir meno delle esigenze cautelari,
connesse al pericolo di commissione di reati della  stessa  specie  -
farebbero ritenere effettivamente  adeguata  a  soddisfarle  la  meno
costrittiva misura degli arresti  domiciliari  presso  una  struttura
sanitaria; 
    che  all'accoglimento  dell'istanza   osterebbe,   tuttavia,   la
preclusione,  introdotta  dalla  novella   legislativa   modificativa
dell'art. 275, comma 3, cod. proc. pen., in forza della quale, quando
sussistono gravi indizi di colpevolezza per una serie di  reati,  tra
cui  quello  di  omicidio  volontario,  «e'  applicata  la   custodia
cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti  elementi  dai  quali
risulti che non sussistono esigenze cautelari»; 
    che,   secondo   il   giudice   rimettente,   tale   disposizione
presenterebbe, pero', profili di illegittimita'  costituzionale,  con
riferimento agli artt. 3, 13 e 27, secondo comma, Cost.; 
    che, al riguardo, il giudice a quo rileva come questa Corte,  con
la sentenza n. 265 del 2010, abbia gia' dichiarato costituzionalmente
illegittima la norma censurata, per contrasto con gli  artt.  3,  13,
primo comma, e 27, secondo comma, Cost., nella parte  in  cui  -  nel
prevedere che, quando sussistono  gravi  indizi  di  colpevolezza  in
ordine ai delitti di cui agli artt. 600-bis, primo comma,  609-bis  e
609-quater cod. pen., e' applicata la custodia cautelare in  carcere,
salvo  che  siano  acquisiti  elementi  dai  quali  risulti  che  non
sussistono esigenze cautelari - non fa salva, altresi', l'ipotesi  in
cui  siano  acquisiti  elementi  specifici,  in  relazione  al   caso
concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono  essere
soddisfatte con altre misure; 
    che, ad avviso del giudice  a  quo,  le  medesime  considerazioni
svolte  dalla  Corte  nella  citata  sentenza  varrebbero  anche   in
relazione al delitto di omicidio volontario; 
    che, infatti, pur non  essendo  possibile  una  gradazione  della
lesione del bene giuridico protetto dall'art. 575 cod. pen., i  fatti
concreti,  riferibili  a   detto   paradigma   punitivo,   potrebbero
presentare connotazioni profondamente differenziate - in ragione  del
contesto  in  cui  sono  maturati,  della  personalita'  dell'agente,
dell'elemento soggettivo o dei motivi a delinquere - tali da  rendere
necessaria  una  verifica  in  concreto  del  grado  delle   esigenze
cautelari da soddisfare e la conseguente scelta della misura idonea a
tal fine; 
    che, in questa prospettiva, la presunzione censurata si  porrebbe
in contrasto sia con il principio di uguaglianza, sancito dall'art. 3
Cost.,  per  l'irrazionale  assoggettamento  ad  un  medesimo  regime
cautelare  di  situazioni  differenti;  sia  con  il   principio   di
inviolabilita'  della  liberta'  personale,  enunciato  dall'art.  13
Cost., in quanto determinerebbe il sacrificio di detto bene  primario
sulla base di una valutazione  predeterminata  che  non  tiene  conto
delle peculiarita' dei casi concreti; sia, infine, con la presunzione
di non colpevolezza, espressa dall'art. 27, secondo comma, Cost.,  in
quanto attribuirebbe alla misura cautelare tratti  funzionali  tipici
della pena, applicabile solo a seguito di un giudizio  definitivo  di
responsabilita'. 
    Considerato che  il  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del
Tribunale di Torino ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,  13  e
27, secondo comma,  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art.  275,  comma  3,  del  codice  di  procedura
penale, come modificato dall'art. 2  del  decreto-legge  23  febbraio
2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di  sicurezza  pubblica  e  di
contrasto  alla  violenza  sessuale,  nonche'   in   tema   di   atti
persecutori), convertito, con modificazioni, dalla  legge  23  aprile
2009, n. 38, nella parte in cui  non  consente  di  applicare  misure
cautelari meno afflittive della custodia  in  carcere  nei  confronti
della persona raggiunta da gravi indizi di colpevolezza in ordine  al
delitto di cui all'art. 575 del codice penale; 
    che, al di la' della formulazione del petitum, il giudice  a  quo
chiede,  nella  sostanza,  di  estendere  al  delitto   di   omicidio
volontario la declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  della
norma censurata gia' pronunciata da questa Corte con la  sentenza  n.
265 del 2010, in riferimento a  taluni  delitti  a  sfondo  sessuale:
sentenza con la quale la presunzione assoluta  di  adeguatezza  della
sola custodia in carcere a soddisfare le esigenze cautelari  relative
a tali delitti, sancita dal novellato art. 275, comma 3,  cod.  proc.
pen., e' stata trasformata in presunzione solo  relativa,  superabile
in presenza di elementi specifici  che  dimostrino  l'idoneita'  allo
scopo di altre misure; 
    che, successivamente all'ordinanza di rimessione, questa Corte e'
gia' intervenuta nei sensi auspicati dal rimettente con  la  sentenza
n. 164 del 2011, dichiarando  l'illegittimita'  costituzionale  della
norma censurata, nella parte in  cui  -  nel  prevedere  che,  quando
sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto  di  cui
all'art. 575  cod.  pen.,  e'  applicata  la  custodia  cautelare  in
carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non
sussistono esigenze cautelari - non fa salva, altresi', l'ipotesi  in
cui  siano  acquisiti  elementi  specifici,  in  relazione  al   caso
concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono  essere
soddisfatte con altre misure; 
    che,  dunque,   la   questione   va   dichiarata   manifestamente
inammissibile per  sopravvenuta  mancanza  di  oggetto,  giacche',  a
seguito della sentenza da  ultimo  citata,  la  norma  censurata  dal
giudice a quo -  ossia  quella  che  impedisce,  per  il  delitto  di
omicidio volontario, di applicare misure diverse  e  meno  afflittive
della custodia carceraria, in presenza di specifici elementi  che  ne
rivelino l'idoneita' a soddisfare le esigenze  cautelari  -  e'  gia'
stata rimossa dall'ordinamento con efficacia ex  tunc  (ex  plurimis,
sentenza n. 80 del 2011, ordinanza n. 306 del 2010). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 275, comma  3,  del  codice  di
procedura penale, come modificato dall'art. 2  del  decreto-legge  23
febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica
e di contrasto alla  violenza  sessuale,  nonche'  in  tema  di  atti
persecutori), convertito, con modificazioni, dalla  legge  23  aprile
2009, n. 38, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 13 e 27, secondo
comma, della Costituzione, dal Giudice per  le  indagini  preliminari
del Tribunale di Torino, con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 luglio 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                         Il redattore: Frigo 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositato in cancelleria il 21 luglio 2011 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti