N. 70 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 14 luglio 2011

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 14 luglio  2011  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Straniero - Professioni - Norme della Regione Marche - Maestri di sci
  stranieri non comunitari che intendano  esercitare  la  professione
  temporaneamente o stabilmente nel territorio regionale -  Requisiti
  - Nulla osta del Collegio  regionale  dei  maestri  di  sci  ovvero
  iscrizione  nell'albo   professionale   della   Regione,   concessi
  subordinatamente  al  riconoscimento  da  parte  della  Federazione
  italiana sport invernali  dell'equivalenza  del  titolo  rilasciato
  nello Stato di provenienza e della reciprocita'  di  trattamento  -
  Contrasto con  la  disciplina  statale  -  Ricorso  del  Governo  -
  Denunciata violazione della competenza  legislativa  statale  nella
  materia concorrente delle professioni. 
- Legge della Regione Marche 29  aprile  2011,  n.  7,  art.  2,  che
  sostituisce i commi 6 e 7 dell'art. 29 della  legge  della  Regione
  Marche 23 gennaio 1996, n. 4. 
- Costituzione, art. 117, comma terzo; d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394,
  art. 49. 
Artigianato - Norme della Regione Marche - Istituzione ad opera della
  Giunta Regionale di un marchio di origine e qualita' per i prodotti
  artigianali marchigiani ("MEA -  Marche  Eccellenza  Artigiana")  -
  Ritenuta  "misura  ad   effetto   equivalente"   alle   restrizioni
  quantitative   all'importazione   ed   all'esportazione,    vietate
  nell'ordinamento  comunitario  -  Lamentato  ostacolo  agli  scambi
  comunitari, attesa la natura di ente pubblico del soggetto titolare
  del marchio - Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione  del
  principio  di  libera  circolazione  delle  merci,  violazione  del
  obbligo di rispettare i vincoli comunitari. 
- Legge della Regione Marche 29 aprile  2011,  n.  7,  art.  21,  che
  sostituisce l'art. 34 della legge della Regione Marche  28  ottobre
  2003, n. 20. 
- Costituzione,  artt.  117,  primo  comma,  e  120;   Trattato   sul
  Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), artt. 34 e 36. 
(GU n.40 del 21-9-2011 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei  ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso  i
cui Uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi,  12  nei  confronti
della Regione Marche in persona del Presidente della Giunta regionale
pro tempore, domiciliata presso la sua sede in Ancona, Via Gentile da
Fabriano, 9; 
    Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt.
2, nella parte relativa ai commi 6 e 7 del novellato  art.  29  della
legge della Regione Marche n. 4/1996, e 21 della legge della  Regione
Marche del 29 aprile 2011, n. 7, pubblicata sul B.U. Marche n. 41 del
12 maggio 2011 recante " Attuazione della direttiva  2006/123/CE  sui
servizi nel mercato interno e altre disposizioni  per  l'applicazione
di norme comunitarie dell'Unione Europea  e  per  la  semplificazione
dell'azione amministrativa. Legge comunitaria regionale 2011». 
    Gli artt. 2, nella parte relativa ai commi 6 e  7  del  novellato
art. 29 della legge della Regione Marche n. 4/1996, e 21 della  legge
della Regione Marche n. 7 del 2011 vengono impugnati giusta  delibera
del Consiglio dei Ministri del 30.6.2011. di cui si  allega  estratto
conforme al processo verbale. 
    La legge n. 7/2011 citata si  compone  di  cinquantasei  articoli
divisi in dieci diversi  capi:  Capo  I.  Sportello  Unico  attivita'
produttive (art. 1); Capo II, Modifiche alla l.r.  4/96,  riguardante
la - Disciplina delle attivita' professionali nei settori del turismo
e del tempo libero" (articoli da 2 a 6);  Capo  III,  Modifiche  alla
1.r. 76/97 riguardante la "Disciplina dell'agricoltura" (articoli  da
7 a 8); Capo IV, Modifiche alla l.r. 10/99, "Riordino delle  funzioni
amministrative della Regione e degli Enti locali  nel  settore  dello
sviluppo economico ed attivita' produttive del territorio, ambiente e
infrastrutture, dei servizi alla persona e  alla  comunita',  nonche'
dell'ordinamento ed organizzazione  amministrativa"  (  articolo  9);
Capo V, Modifiche alla  l.r.  20/03.  -Testo  unico  delle  norme  in
materia industriale, artigiana e dei servizi di produzione" (articoli
da 10 a 24); Capo VI, Modifiche alla 1.r. 9/06,  "Testo  unico  delle
norme regionali in materia di turismo" ( articoli da 25 a  47);  Capo
VII,  Modifiche   alla   l.r.   17/07,   concernente   "   Disciplina
dell'attivita' di acconciatore e di estetista" (articoli da 48 a 52);
Capo VIII, Modifica alla l.r.  18/09,  "  Assestamento  del  bilancio
2009" (articolo 53) ; Capo IX, Disposizioni in  materia  di  utilizzo
delle risorse europee e revoca dei contributi alle imprese ( articoli
da 54 a 55); Capo X, Disposizioni Transitorie  e  finali  (  articolo
56). 
    L'art. 2 della predetta  legge  regionale  n.  7/2001,  rubricato
«Sostituzione dell'art. 29 della Lr. 4/1996», cosi' dispone: 
    «Capo II - 1. L'articolo 29  della  legge  regionale  23  gennaio
1996, n. 4 (Disciplina delle attivita' professionali nei settori  del
turismo e del tempo libero), e' sostituito  dal  seguente:  «Art.  29
(Maestri di sci di altre Regioni e altri Stati). - 1.  I  maestri  di
sci iscritti negli albi professionali di  altre  Regioni  o  Province
autonome che intendono  esercitare  stabilmente  la  professione  nel
territorio regionale richiedono l'iscrizione nell'albo  professionale
della Regione. 
    2.  Il  Collegio  regionale   dei   maestri   di   sci   provvede
all'iscrizione, previa  verifica  che  il  richiedente  risulti  gia'
iscritto nell'albo professionale  della  Regione  o  della  Provincia
autonoma di provenienza. 
    3. Il Collegio regionale dei maestri di sci provvede a cancellare
dall'albo i nominativi di coloro che  hanno  trasferito  l'iscrizione
nell'albo di altra Regione o Provincia autonoma. 
    4. I maestri di sci iscritti negli albi  professionali  di  altre
Regioni o Province autonome che intendono esercitare  temporaneamente
la professione nel territorio regionale, anche  in  forma  saltuaria,
devono comunicare preventivamente tale scelta al  Collegio  regionale
dei  maestri  di  sci,   indicando   contestualmente   le   localita'
.sciistiche e il periodo di attivita' nei quali intendono esercitare. 
    5. Ai cittadini comunitari che intendono esercitare,  stabilmente
o temporaneamente nel territorio regionale, anche in forma saltuaria,
la professione di maestro di sci, si applicano le disposizioni di cui
al d.lgs.  9  novembre  2007,  n.  206  (Attuazione  della  direttiva
2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali,
nonche' della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate  direttive
sulla libera circolazione delle persone a  seguito  dell'adesione  di
Bulgaria e Romania). 
    6. Fuori dai casi  di  cui  al  comma  5  e  nel  rispetto  delle
disposizioni di cui al d.lgs. 25 luglio 1998,  n.  286  (Testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione dello straniero), i maestri di  sci  stranieri
non iscritti in albi professionali italiani che intendono  esercitare
temporaneamente, anche in forma saltuaria, nel  territorio  regionale
devono richiedere preventivamente il nulla osta al Collegio regionale
dei maestri di sci. Qualora i maestri di sci stranieri  non  iscritti
in albi professionali italiani intendano esercitare  stabilmente  nel
territorio  regionale.  devono  richiedere   l'iscrizione   nell'albo
professionale della Regione. 
    7. Il nulla osta o l'iscrizione di cui al comma 6, sono  concessi
subordinatamente  al  riconoscimento  da  parte   della   Federazione
italiana sport invernali, d'intesa col Collegio nazionale dei maestri
di  sci,  dell'equivalenza  del  titolo  rilasciato  nello  Stato  di
provenienza e della reciprocita' di trattamento.». 
    L'art.  21  della  legge  regionale  n.   7/2011,   rubricato   "
Sostituzione dell'art. 34 della l.r.  20/2003",  a  sua  volta  cosi'
dispone: 
    «1. L'articolo 34 della l.r. 20/2003 e' sostituito dal  seguente:
«Art.  34  (Disciplinari  di  produzione  e  marchio  di  origine   e
qualita'). 
    1.  Per  ognuna  delle  lavorazioni  dell'artigianato  artistico,
tradizionale e tipico individuate ai sensi dell'articolo 33, comma 2,
la Giunta regionale approva appositi disciplinari di produzione,  che
descrivono  e  definiscono  sia  i   materiali   impiegati   sia   le
particolarita' delle tecniche  produttive,  nonche'  qualunque  altro
elemento atto a caratterizzare le lavorazioni considerate. 
    2. Le deliberazioni di cui al comma I sono adottate  su  proposta
di apposite commissioni, nominate dalla Giunta regionale medesima. Ai
componenti delle commissioni spettano  le  indennita'  e  i  rimborsi
spese di cui all'articolo 30, comma 3. 
    3. Le imprese artigiane che svolgono la propria attivita' secondo
i disciplinari di cui al comma I e risultano iscritte alla sezione di
cui all'articolo 28, comma lettera b), hanno diritto di avvalersi del
marchio di  origine  e  di  qualita'  denominato  "Marche  Eccellenza
Artigiana (MEA)". 
    4. La Giunta regionale, sentita la CRA, definisce la forma  e  le
caratteristiche tecniche  ed  estetiche  del  marchio  di  origine  e
qualita' di cui al comma 3. 
    5. La Giunta regionale promuove il marchio d'origine  e  qualita'
con le modalita' individuate nelle disposizioni annuali di attuazione
di cui all'articolo 4. 
    6. La Giunta regionale vigila sull'applicazione dei  disciplinari
di cui al comma  1  e  sull'uso  del  marchio  di  cui  al  comma  4,
adottando,  previa  diffida,  i  necessari   provvedimenti   per   il
ripristino della corretta gestione degli stessi. 
    7. E'  vietata  l'apposizione  del  marchio  su  prodotti  finiti
acquistati da soggetti terzi». 
    L'art. 2, nella parte  in  cui  inserisce  i  commi  6  e  7  del
novellato art. 29 della legge  della  Regione  Marche  n.  4/1996,  e
l'art. 21, che sostituisce l'articolo 34 della  legge  della  Regione
Marche n.  20/2003  (la  cui  censura  si  premette  comportando  una
violazione degli obblighi comunitari) sono illegittimi per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    A) L'art. 21 della legge regionale,  concernente  il  marchio  di
origine e qualita' per i prodotti  artigianali  marchigiani  («MEA  -
Marche Eccellenza Artigiana») viola gli artt. 117, comma  1,  e  120,
comma 1 della Costituzione. 
    A1) L'articolo 21 prevede che la Giunta  Regionale  per  ciascuna
delle  lavorazioni  artigianali  approvi  appositi  disciplinari   di
produzione che descrivano e determinino i materiali  impiegati  oltre
che le tecniche produttive da  utilizzare.  Le  diverse  imprese  che
svolgono tale attivita' di produzione  secondo  i  dettami  stabiliti
possono avvalersi del marchio di  origine  e  qualita'  appositamente
creato che individua la provenienza del prodotto  con  le  prescritte
qualita'  dalla  Regione  Marche  (marchio  di  origine  e   qualita'
denominato: "MEA- Marche Eccellenza Artigiana"). La Giunta  regionale
ha il compito di definire la forma e le caratteristiche estetiche del
marchio e vigilare sulla corretta applicazione dei disciplinari. 
    Ebbene l'art. 21 in esame si  pone  in  netto  contrasto  con  le
disposizioni del TFUE in materia di libera circolazione  delle  merci
(articoli da 34 a 36) e, per l'effetto, con l'art. 117, comma 1,  che
impone al legislatore regionale il  rispetto  dei  vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario. 
    La Corte di Giustizia, piu' volte pronunciatasi sulla  questione,
ha, infatti, da tempo chiarito  che  la  legislazione  nazionale  che
regoli o applichi misure di marcatura di origine, siano i  marchi  di
natura obbligatoria o volontaria,  e'  assolutamente  contraria  agli
obiettivi di mercato interno, poiche' la presenza di un marchio  puo'
ostacolare la vendita in uno Stato membro di una merce prodotta in un
altro Stato membro, ostacolando cosi'  gli  scambi  comunitari  ed  i
benefici del mercato interno. 
    In particolare, l'art. 21 contrasta  con  quanto  disposto  dagli
artt. 34 e 35 del TFUE che fanno divieto agli Stati membri  di  porre
in    essere    restrizioni    quantitative    all'importazione    ed
all'esportazione, nonche' qualsiasi misura  di  effetto  equivalente,
integrando l'istituzione di un marchio di qualita' da  parte  di  uno
Stato o di una Regione una "misura ad effetto equivalente"  contraria
al disposto delle richiamate norme comunitarie. 
    Se gli Stati membri  stessi,  od  al  loro  interno  le  Regioni,
sostengono una etichetta di qualita' ed origine, come chiarito  dalla
Corte di Giustizia, tale attivita' ha, infatti, potenzialmente  degli
effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci  tra  Stati
membri   poiche'   mira   a   promuovere   ed   a   privilegiare   la
commercializzazione di' prodotti realizzati in taluni paesi o regioni
inducendo i consumatori ad acquistare tali prodotti  anziche'  quelli
importati o di provenienza da altri Stati membri o Regioni. 
    Quando titolare del marchio collettivo e'  un  soggetto  privato,
qualunque siano le regole previste  dal  relativo  disciplinare  (ivi
comprese  le  regole  sull'origine  dei  prodotti),  non   sussistono
implicazioni rispetto ai principi comunitari. La situazione e' invece
diversa qualora titolare del marchio sia un ente pubblico,  come  nel
caso di specie. Per la Corte di Giustizia e',  invero,  incompatibile
con il mercato unico,  proprio  in  base  agli  artt.  34  e  35  del
Trattato, la presunzione di qualita' legata alla  localizzazione  nel
territorio nazionale o regionale di tutto o  di  parte  del  processo
produttivo, la quale per cio' stesso limita o svantaggia un  processo
produttivo le cui fasi si svolgano in tutto o in parte in altri Stati
membri  (a  tale  principio  fanno  eccezione  unicamente  le  regole
relative  alle  denominazioni  di  origine  e  alle  indicazioni   di
provenienza; DOP, IGP). 
    Nel caso di specie non v'e' dubbio che il  marchio  "MEA-  Marche
eccellenza Artigiana", deve essere considerato un marchio di qualita'
con la precisa funzione di indicare anche l'origine del prodotto  (la
stessa legge lo definisce "marchio di origine e  qualita'"),  facendo
cosi' discendere dall'origine marchigiana caratteristiche di migliore
qualita' proprio per promuovere la vendita dei  prodotti  artigianali
della regione. 
    Ne' rileva il fatto che  detto  marchio  e'  attribuito  su  base
volontaria ai prodotti artigianali realizzati nella  regione  Marche,
che rispettano appositi  disciplinari  di  produzione.  Il  carattere
volontario del marchio per la Corte di  Giustizia  e',  infatti,  del
tutto irrilevante in quanto, comunque, potenzialmente lesivo  per  la
libera circolazione delle merci. 
    Nei sensi sopra riportati si e', come detto, espressa la Corte di
Giustizia presso l'Unione europea. 
    Segnatamente con decisione del 5 novembre 2002  (causa  C-325/00)
la Corte ha - in caso analogo al presente - censurato  la  Repubblica
Federale di Germania, per aver violato l'art. 30  del  Trattato  (ora
art. 28) con la concessione del marchio di  qualita'  «Markenqualitat
aus deutschen Landen» (qualita'  di  marca  della  campagna  tedesca)
sottolineando che la provenienza  tedesca  dei  prodotti  interessati
«puo' indurre i consumatori ad acquistare i prodotti che  portano  il
marchio (...) escludendo i prodotti importati».  Nella  sentenza,  la
Corte ha ritenuto che un sistema di marcatura,  seppure  facoltativo,
nel momento in cui esso e' imputabile ad un ente pubblico puo'  avere
effetti potenzialmente restrittivi sulla  libera  circolazione  delle
merci tra Stati membri ed,  in  conseguenza,  sulla  concorrenza  nel
mercato interno. Questo perche' l'uso del marchio «  favorisce  o  e'
atto a favorire lo smercio dei  prodotti  in  questione  rispetto  ai
prodotti che non possono fregiarsene». 
    In senso conforme giova ricordare anche la decisione della  Corte
di Giustizia del 7 maggio 1997, cause riunite da C-321-94 a C-324-94,
Pistre   e   altri,   che   relativamente   all'utilizzazione   della
denominazione  "prodotti  della  montagna  francese",  ha   affermato
l'assimilabilita' di tale segno ad una indicazione di provenienza  e,
in quanto tale, operante  come  un  marchio  di  qualita'  diretto  a
promuovere i prodotti delle zone  montane.  Ad  avviso  della  Corte,
l'uso  della  dicitura  "montagna"  accompagnata  da   aggettivazioni
nazionali, ha carattere discriminatorio nei  confronti  dei  prodotti
importati dagli altri Stati membri, se  riservata  ai  soli  prodotti
nazionali, ed elaborati a partire da materie prime nazionali,  ed  e'
percio' incompatibile con l'art. 34 del Trattato. 
    Ancora in materia di marchi regionali, con decisione 6 marzo 2003
(causa  C6/02)  la  Corte  ha  affermato  la  responsabilita'   della
Repubblica Francese, la  quale  "non  avendo  posto  fine,  entro  il
termine  fissato  nel  parere  motivato,  alla  protezione  giuridica
nazionale concessa alla denominazione «Salaisons d'Auvergne»  nonche'
ai   marchi   regionali    «Savoie»,    «Franche-Comte'»,    «Corse»,
«Midi-Pyrenees»,  «Normandie»,  «Nord-Pas-de-Calais»,  «Ardennes   de
France», «Limousin», «Languedoc-Roussillon»  e  «Lorraine»  (...)  e'
venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in  forza  dell'art.  34
CEE». 
    Ne' tornando alla fattispecie - puo' fondatamente sostenersi  che
il marchio -MEA" rappresenti una semplice indicazione di  "regioni  o
luoghi" e rientri, pertanto, nella deroga di cui all'art. 36 del TFUE
relativa alla tutela della proprieta' industriale e commerciale. 
    La norma regionale in esame, infatti, non rientra in tale  ambito
poiche' l'art. 21 istituisce un vero e proprio  marchio  di  qualita'
dove  l'indicazione  dell'origine  intende  garantire  non  solo   la
provenienza  geografica,  ma  anche  che  la  produzione   e'   stata
realizzata  secondo  requisiti  di  qualita'  fissati  in   un   atto
predisposto dalla regione medesima. Nelle denominazioni  di  origine,
marchi di qualita' regolamentati,  la  provenienza  di  un  prodotto,
generalmente  agro-alimentare,  da  un  determinato   territorio   ne
condiziona i caratteri e garantisce la presenza di alcune qualita' in
virtu' di fattori sia naturali che umani. In sostanza, il presupposto
della tutela riconosciuta alla denominazione  di  origine  e'  sempre
l'esistenza di  un  collegamento  dimostrabile  tra  una  determinata
caratteristica  di  un  particolare  prodotto   e   un   determinato,
delimitato, luogo di produzione. Ed allora,  proprio  sulla  base  di
queste  premesse,  la  tutela  prevista  dalla  regione  non   appare
giustificata, facendo riferimento, come zona di origine, a  tutto  il
territorio regionale e, come tipologia,  indistintamente  a  tutti  i
prodotti dell'artigianato che rispettano un determinato  disciplinare
di produzione. 
    Per quanto concerne, infine, l'Italia, e' bene ricordare  che  la
Commissione europea ha, in passato, contestato l'esistenza di  marchi
di qualita' regionali, dando avvio ad  una  procedura  di  infrazione
relativamente al marchio di qualita' della Regione Sicilia (istituito
con la legge regionale n. 14/1966) ed a quello della regione  Abruzzo
(istituito con  la  legge  regionale  n.  31/1982).  A  parere  della
Commissione,  tali  marchi,   attribuibili   soltanto   ai   prodotti
trasformati  o  preparati  all'interno  delle  rispettive  regioni  e
realizzati  secondo  un  disciplinare   di   produzione   vincolante,
ricollegavano la  qualita'  dei  prodotti  esplicitamente  alla  loro
origine,  abruzzese  o   siciliana,   ingenerando   nel   consumatore
l'impressione che i prodotti provenienti da quelle regioni fossero di
qualita' superiore rispetto agli altri ed inducendolo  ad  acquistare
quei prodotti piuttosto che quelli provenienti da altri Stati membri,
in  tal  modo  ostacolando  gli  scambi  intracomunitari.   Convenuta
l'Italia davanti alla Corte di Giustizia (causa C- 430/02), la  causa
e' stata cancellata dal ruolo  solo  in  seguito  all'abrogazione  da
parte delle Regioni delle disposizioni contestate. 
    Alla luce di quanto  considerato  e'  da  ritenere,  dunque,  che
l'art. 21 citato violi l'  art.  117,  comma  1,  non  rispettando  i
vincoli posti dall'ordinamento comunitario. 
    A2) Parimenti sussiste la violazione  dell'art.  120,  l°  comma,
della Costituzione. 
    Soccorrono in proposito le medesime considerazioni  che  si  sono
sopra  espresse  in  relazione  alla  violazione   della   disciplina
comunitaria. 
    Cosi' come l'istituzione del marchio MEA vale  ad  ostacolare  il
libero scambio delle merci in seno  al  mercato  comunitario  interno
violando  le  rammentate  disposizioni  comunitarie  altrettanto   la
predetta  istituzione  produce  all'interno  del  mercato   nazionale
violando il libero scambio delle merci tra le varie Regioni, tutelato
dall'art. 120 Cost. 
    I consumatori attratti da un particolare marchio  legato  ad  una
specifica  Regione,  nella   specie   alla   Regione   Marche,   sono
inevitabilmente  portati  ad  escludere  i  prodotti  da   esso   non
contrassegnati e che provengono da altre Regioni  pregiudicando,  per
l'effetto, la circolazione delle merci. 
    Un sistema di marcatura, seppure facoltativo, -  si  ribadisce  -
nel momento in cui e' imputabile  ad  un  ente  pubblico  puo'  avere
effetti potenzialmente restrittivi sulla  libera  circolazione  delle
merci perche' l'uso del marchio favorisce o e'  atto  a  favorire  lo
smercio dei prodotti  in  questione  rispetto  ai  prodotti  che  non
possono fregiarsene. 
    Alla luce di quanto  considerato  e'  da  ritenere,  dunque,  che
l'art. 21 citato violi anche l' art.  120,  comma  l,  Cost.  poiche'
ostacola la libera circolazione delle cose tra le Regioni. 
    B) L'art. 2 della legge regionale, nella parte in cui inserisce i
commi 6 e 7 del  novellato  articolo  29  della  legge  regionale  n.
4/1996, concernente la disciplina delle attivita'  professionali  nei
settori del turismo e del tempo libero, viola l'art.  117,  comma  3,
della Costituzione. 
    I commi 6 e 7 del novellato articolo 29 della legge regionale  n.
4/96 prevedono il possesso  di  specifici  requisiti  di  cui  devono
essere  in  possesso  i  cittadini  non  comunitari   che   intendono
esercitare, saltuariamente o stabilmente, la professione  di  maestro
di sci nel territorio regionale. 
    Segnatamente i cittadini non comunitari che intendono  esercitare
temporaneamente, anche in forma saltuaria, la professione di  maestro
di sci nel territorio regionale devono richiedere preventivamente  il
nulla osta  al  Collegio  regionale  dei  maestri  di  sci.  Qualora,
inoltre,  i  maestri  di  sci  stranieri   non   iscritti   in   albi
professionali   italiani   intendano   esercitare   la    professione
stabilmente nel territorio regionale, devono richiedere  l'iscrizione
nell'albo professionale della Regione medesima. 
    Sia il nulla  osta  che  l'iscrizione  predetti,  sono,  inoltre,
concessi  subordinatamente   al   riconoscimento   da   parte   della
Federazione italiana sport invernali, d'intesa col Collegio nazionale
dei maestri di sci,  dell'equivalenza  del  titolo  rilasciato  nello
Stato di provenienza e della reciprocita' di trattamento. 
    Ebbene, tali disposizioni contrastano con l'art.  117,  comma  3,
della Costituzione poiche'  violano  il  principio  fondamentale  che
riserva  allo  Stato   non   solo   l'individuazione   delle   figure
professionali, ma anche la definizione e la disciplina dei  requisiti
e dei titoli necessari per l'esercizio delle attivita' professionali. 
    In  proposito,  codesta  Corte  ha  ripetutamente  affermato  che
l'indicazione  di   specifici   requisiti   per   l'esercizio   delle
professioni, anche se in parte coincidenti con quelli stabiliti dalla
normativa statale, viola la competenza dello  Stato  risolvendosi  in
una indebita ingerenza in un campo, quale quello della disciplina dei
requisiti e dei titoli necessari per l'esercizio di una  professione,
costituente principio fondamentale della materia delle professioni  e
quindi di competenza dello statale (ex pluribus sentenze 153 del 2006
e 57 del 2007; sentenza n. 222 del  2008  nella  quale  si  chiarisce
l'ampiezza della materia delle "professioni" e la ratio  del  riparto
di  competenze  legislative:  "l'attribuzione  della  materia   delle
"professioni" allo Stato prescinde dal settore nel quale  l'attivita'
professionale si esplica e corrisponde all'esigenza di una disciplina
uniforme sul piano nazionale che sia coerente anche  con  i  principi
dell'ordinamento comunitario"). 
    Del resto, proprio in  conformita'  alla  lettura  dell'art.  117
Cost.  offerta  da  codesta  Corte,  il  riconoscimento   di   titoli
professionali posseduti dai cittadini  non  appartenenti  agli  Stati
membri e' disciplinato dalla normativa statale prevista dall'art.  49
del  d.P.R.  n.  394/1999,  che  individua   nell'Autorita'   statale
vigilante - nella specie l'Ufficio per lo Sport presso la  Presidenza
del Consiglio dei ministri - l'organo nazionale all'uopo competente. 
    Si ritiene, quindi, che  esorbiti  dalla  competenza  legislativa
regionale  la  disciplina  dei  requisiti   per   l'esercizio   della
professione di maestro di sci prevista dall'art.  29,  commi  6  e  7
della legge regionale Marche n. 4/1996, come  novellato  dalla  legge
regionale Marche n. 7/2011 per contrasto con  l'art.  117,  comma  3,
della Costituzione. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Per gli anzidetti motivi si confida che  codesta  ecc  .ma  Corte
vorra'  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  degli  artt.  2
(nella parte in cui inserisce i novellati commi 6 e  7  dell'art.  29
della legge regionale Marche n. 4/1996) e 21 (che sostituisce  l'art.
34 della legge regionale Marche n. 20/2003) della Legge della Regione
Marche n. 7 del 2011. 
    Si allega stralcio conforme  della  delibera  del  Consiglio  dei
ministri del 30 giugno 2011 di autorizzazione a proporre la  presente
impugnativa. 
 
                  L'Avvocato dello Stato: Venturini