N. 70 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 14 luglio 2011
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 14 luglio 2011 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Straniero - Professioni - Norme della Regione Marche - Maestri di sci stranieri non comunitari che intendano esercitare la professione temporaneamente o stabilmente nel territorio regionale - Requisiti - Nulla osta del Collegio regionale dei maestri di sci ovvero iscrizione nell'albo professionale della Regione, concessi subordinatamente al riconoscimento da parte della Federazione italiana sport invernali dell'equivalenza del titolo rilasciato nello Stato di provenienza e della reciprocita' di trattamento - Contrasto con la disciplina statale - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza legislativa statale nella materia concorrente delle professioni. - Legge della Regione Marche 29 aprile 2011, n. 7, art. 2, che sostituisce i commi 6 e 7 dell'art. 29 della legge della Regione Marche 23 gennaio 1996, n. 4. - Costituzione, art. 117, comma terzo; d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, art. 49. Artigianato - Norme della Regione Marche - Istituzione ad opera della Giunta Regionale di un marchio di origine e qualita' per i prodotti artigianali marchigiani ("MEA - Marche Eccellenza Artigiana") - Ritenuta "misura ad effetto equivalente" alle restrizioni quantitative all'importazione ed all'esportazione, vietate nell'ordinamento comunitario - Lamentato ostacolo agli scambi comunitari, attesa la natura di ente pubblico del soggetto titolare del marchio - Ricorso del Governo - Denunciata violazione del principio di libera circolazione delle merci, violazione del obbligo di rispettare i vincoli comunitari. - Legge della Regione Marche 29 aprile 2011, n. 7, art. 21, che sostituisce l'art. 34 della legge della Regione Marche 28 ottobre 2003, n. 20. - Costituzione, artt. 117, primo comma, e 120; Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), artt. 34 e 36.(GU n.40 del 21-9-2011 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12 nei confronti della Regione Marche in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, domiciliata presso la sua sede in Ancona, Via Gentile da Fabriano, 9; Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 2, nella parte relativa ai commi 6 e 7 del novellato art. 29 della legge della Regione Marche n. 4/1996, e 21 della legge della Regione Marche del 29 aprile 2011, n. 7, pubblicata sul B.U. Marche n. 41 del 12 maggio 2011 recante " Attuazione della direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno e altre disposizioni per l'applicazione di norme comunitarie dell'Unione Europea e per la semplificazione dell'azione amministrativa. Legge comunitaria regionale 2011». Gli artt. 2, nella parte relativa ai commi 6 e 7 del novellato art. 29 della legge della Regione Marche n. 4/1996, e 21 della legge della Regione Marche n. 7 del 2011 vengono impugnati giusta delibera del Consiglio dei Ministri del 30.6.2011. di cui si allega estratto conforme al processo verbale. La legge n. 7/2011 citata si compone di cinquantasei articoli divisi in dieci diversi capi: Capo I. Sportello Unico attivita' produttive (art. 1); Capo II, Modifiche alla l.r. 4/96, riguardante la - Disciplina delle attivita' professionali nei settori del turismo e del tempo libero" (articoli da 2 a 6); Capo III, Modifiche alla 1.r. 76/97 riguardante la "Disciplina dell'agricoltura" (articoli da 7 a 8); Capo IV, Modifiche alla l.r. 10/99, "Riordino delle funzioni amministrative della Regione e degli Enti locali nel settore dello sviluppo economico ed attivita' produttive del territorio, ambiente e infrastrutture, dei servizi alla persona e alla comunita', nonche' dell'ordinamento ed organizzazione amministrativa" ( articolo 9); Capo V, Modifiche alla l.r. 20/03. -Testo unico delle norme in materia industriale, artigiana e dei servizi di produzione" (articoli da 10 a 24); Capo VI, Modifiche alla 1.r. 9/06, "Testo unico delle norme regionali in materia di turismo" ( articoli da 25 a 47); Capo VII, Modifiche alla l.r. 17/07, concernente " Disciplina dell'attivita' di acconciatore e di estetista" (articoli da 48 a 52); Capo VIII, Modifica alla l.r. 18/09, " Assestamento del bilancio 2009" (articolo 53) ; Capo IX, Disposizioni in materia di utilizzo delle risorse europee e revoca dei contributi alle imprese ( articoli da 54 a 55); Capo X, Disposizioni Transitorie e finali ( articolo 56). L'art. 2 della predetta legge regionale n. 7/2001, rubricato «Sostituzione dell'art. 29 della Lr. 4/1996», cosi' dispone: «Capo II - 1. L'articolo 29 della legge regionale 23 gennaio 1996, n. 4 (Disciplina delle attivita' professionali nei settori del turismo e del tempo libero), e' sostituito dal seguente: «Art. 29 (Maestri di sci di altre Regioni e altri Stati). - 1. I maestri di sci iscritti negli albi professionali di altre Regioni o Province autonome che intendono esercitare stabilmente la professione nel territorio regionale richiedono l'iscrizione nell'albo professionale della Regione. 2. Il Collegio regionale dei maestri di sci provvede all'iscrizione, previa verifica che il richiedente risulti gia' iscritto nell'albo professionale della Regione o della Provincia autonoma di provenienza. 3. Il Collegio regionale dei maestri di sci provvede a cancellare dall'albo i nominativi di coloro che hanno trasferito l'iscrizione nell'albo di altra Regione o Provincia autonoma. 4. I maestri di sci iscritti negli albi professionali di altre Regioni o Province autonome che intendono esercitare temporaneamente la professione nel territorio regionale, anche in forma saltuaria, devono comunicare preventivamente tale scelta al Collegio regionale dei maestri di sci, indicando contestualmente le localita' .sciistiche e il periodo di attivita' nei quali intendono esercitare. 5. Ai cittadini comunitari che intendono esercitare, stabilmente o temporaneamente nel territorio regionale, anche in forma saltuaria, la professione di maestro di sci, si applicano le disposizioni di cui al d.lgs. 9 novembre 2007, n. 206 (Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonche' della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania). 6. Fuori dai casi di cui al comma 5 e nel rispetto delle disposizioni di cui al d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), i maestri di sci stranieri non iscritti in albi professionali italiani che intendono esercitare temporaneamente, anche in forma saltuaria, nel territorio regionale devono richiedere preventivamente il nulla osta al Collegio regionale dei maestri di sci. Qualora i maestri di sci stranieri non iscritti in albi professionali italiani intendano esercitare stabilmente nel territorio regionale. devono richiedere l'iscrizione nell'albo professionale della Regione. 7. Il nulla osta o l'iscrizione di cui al comma 6, sono concessi subordinatamente al riconoscimento da parte della Federazione italiana sport invernali, d'intesa col Collegio nazionale dei maestri di sci, dell'equivalenza del titolo rilasciato nello Stato di provenienza e della reciprocita' di trattamento.». L'art. 21 della legge regionale n. 7/2011, rubricato " Sostituzione dell'art. 34 della l.r. 20/2003", a sua volta cosi' dispone: «1. L'articolo 34 della l.r. 20/2003 e' sostituito dal seguente: «Art. 34 (Disciplinari di produzione e marchio di origine e qualita'). 1. Per ognuna delle lavorazioni dell'artigianato artistico, tradizionale e tipico individuate ai sensi dell'articolo 33, comma 2, la Giunta regionale approva appositi disciplinari di produzione, che descrivono e definiscono sia i materiali impiegati sia le particolarita' delle tecniche produttive, nonche' qualunque altro elemento atto a caratterizzare le lavorazioni considerate. 2. Le deliberazioni di cui al comma I sono adottate su proposta di apposite commissioni, nominate dalla Giunta regionale medesima. Ai componenti delle commissioni spettano le indennita' e i rimborsi spese di cui all'articolo 30, comma 3. 3. Le imprese artigiane che svolgono la propria attivita' secondo i disciplinari di cui al comma I e risultano iscritte alla sezione di cui all'articolo 28, comma lettera b), hanno diritto di avvalersi del marchio di origine e di qualita' denominato "Marche Eccellenza Artigiana (MEA)". 4. La Giunta regionale, sentita la CRA, definisce la forma e le caratteristiche tecniche ed estetiche del marchio di origine e qualita' di cui al comma 3. 5. La Giunta regionale promuove il marchio d'origine e qualita' con le modalita' individuate nelle disposizioni annuali di attuazione di cui all'articolo 4. 6. La Giunta regionale vigila sull'applicazione dei disciplinari di cui al comma 1 e sull'uso del marchio di cui al comma 4, adottando, previa diffida, i necessari provvedimenti per il ripristino della corretta gestione degli stessi. 7. E' vietata l'apposizione del marchio su prodotti finiti acquistati da soggetti terzi». L'art. 2, nella parte in cui inserisce i commi 6 e 7 del novellato art. 29 della legge della Regione Marche n. 4/1996, e l'art. 21, che sostituisce l'articolo 34 della legge della Regione Marche n. 20/2003 (la cui censura si premette comportando una violazione degli obblighi comunitari) sono illegittimi per i seguenti Motivi A) L'art. 21 della legge regionale, concernente il marchio di origine e qualita' per i prodotti artigianali marchigiani («MEA - Marche Eccellenza Artigiana») viola gli artt. 117, comma 1, e 120, comma 1 della Costituzione. A1) L'articolo 21 prevede che la Giunta Regionale per ciascuna delle lavorazioni artigianali approvi appositi disciplinari di produzione che descrivano e determinino i materiali impiegati oltre che le tecniche produttive da utilizzare. Le diverse imprese che svolgono tale attivita' di produzione secondo i dettami stabiliti possono avvalersi del marchio di origine e qualita' appositamente creato che individua la provenienza del prodotto con le prescritte qualita' dalla Regione Marche (marchio di origine e qualita' denominato: "MEA- Marche Eccellenza Artigiana"). La Giunta regionale ha il compito di definire la forma e le caratteristiche estetiche del marchio e vigilare sulla corretta applicazione dei disciplinari. Ebbene l'art. 21 in esame si pone in netto contrasto con le disposizioni del TFUE in materia di libera circolazione delle merci (articoli da 34 a 36) e, per l'effetto, con l'art. 117, comma 1, che impone al legislatore regionale il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. La Corte di Giustizia, piu' volte pronunciatasi sulla questione, ha, infatti, da tempo chiarito che la legislazione nazionale che regoli o applichi misure di marcatura di origine, siano i marchi di natura obbligatoria o volontaria, e' assolutamente contraria agli obiettivi di mercato interno, poiche' la presenza di un marchio puo' ostacolare la vendita in uno Stato membro di una merce prodotta in un altro Stato membro, ostacolando cosi' gli scambi comunitari ed i benefici del mercato interno. In particolare, l'art. 21 contrasta con quanto disposto dagli artt. 34 e 35 del TFUE che fanno divieto agli Stati membri di porre in essere restrizioni quantitative all'importazione ed all'esportazione, nonche' qualsiasi misura di effetto equivalente, integrando l'istituzione di un marchio di qualita' da parte di uno Stato o di una Regione una "misura ad effetto equivalente" contraria al disposto delle richiamate norme comunitarie. Se gli Stati membri stessi, od al loro interno le Regioni, sostengono una etichetta di qualita' ed origine, come chiarito dalla Corte di Giustizia, tale attivita' ha, infatti, potenzialmente degli effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci tra Stati membri poiche' mira a promuovere ed a privilegiare la commercializzazione di' prodotti realizzati in taluni paesi o regioni inducendo i consumatori ad acquistare tali prodotti anziche' quelli importati o di provenienza da altri Stati membri o Regioni. Quando titolare del marchio collettivo e' un soggetto privato, qualunque siano le regole previste dal relativo disciplinare (ivi comprese le regole sull'origine dei prodotti), non sussistono implicazioni rispetto ai principi comunitari. La situazione e' invece diversa qualora titolare del marchio sia un ente pubblico, come nel caso di specie. Per la Corte di Giustizia e', invero, incompatibile con il mercato unico, proprio in base agli artt. 34 e 35 del Trattato, la presunzione di qualita' legata alla localizzazione nel territorio nazionale o regionale di tutto o di parte del processo produttivo, la quale per cio' stesso limita o svantaggia un processo produttivo le cui fasi si svolgano in tutto o in parte in altri Stati membri (a tale principio fanno eccezione unicamente le regole relative alle denominazioni di origine e alle indicazioni di provenienza; DOP, IGP). Nel caso di specie non v'e' dubbio che il marchio "MEA- Marche eccellenza Artigiana", deve essere considerato un marchio di qualita' con la precisa funzione di indicare anche l'origine del prodotto (la stessa legge lo definisce "marchio di origine e qualita'"), facendo cosi' discendere dall'origine marchigiana caratteristiche di migliore qualita' proprio per promuovere la vendita dei prodotti artigianali della regione. Ne' rileva il fatto che detto marchio e' attribuito su base volontaria ai prodotti artigianali realizzati nella regione Marche, che rispettano appositi disciplinari di produzione. Il carattere volontario del marchio per la Corte di Giustizia e', infatti, del tutto irrilevante in quanto, comunque, potenzialmente lesivo per la libera circolazione delle merci. Nei sensi sopra riportati si e', come detto, espressa la Corte di Giustizia presso l'Unione europea. Segnatamente con decisione del 5 novembre 2002 (causa C-325/00) la Corte ha - in caso analogo al presente - censurato la Repubblica Federale di Germania, per aver violato l'art. 30 del Trattato (ora art. 28) con la concessione del marchio di qualita' «Markenqualitat aus deutschen Landen» (qualita' di marca della campagna tedesca) sottolineando che la provenienza tedesca dei prodotti interessati «puo' indurre i consumatori ad acquistare i prodotti che portano il marchio (...) escludendo i prodotti importati». Nella sentenza, la Corte ha ritenuto che un sistema di marcatura, seppure facoltativo, nel momento in cui esso e' imputabile ad un ente pubblico puo' avere effetti potenzialmente restrittivi sulla libera circolazione delle merci tra Stati membri ed, in conseguenza, sulla concorrenza nel mercato interno. Questo perche' l'uso del marchio « favorisce o e' atto a favorire lo smercio dei prodotti in questione rispetto ai prodotti che non possono fregiarsene». In senso conforme giova ricordare anche la decisione della Corte di Giustizia del 7 maggio 1997, cause riunite da C-321-94 a C-324-94, Pistre e altri, che relativamente all'utilizzazione della denominazione "prodotti della montagna francese", ha affermato l'assimilabilita' di tale segno ad una indicazione di provenienza e, in quanto tale, operante come un marchio di qualita' diretto a promuovere i prodotti delle zone montane. Ad avviso della Corte, l'uso della dicitura "montagna" accompagnata da aggettivazioni nazionali, ha carattere discriminatorio nei confronti dei prodotti importati dagli altri Stati membri, se riservata ai soli prodotti nazionali, ed elaborati a partire da materie prime nazionali, ed e' percio' incompatibile con l'art. 34 del Trattato. Ancora in materia di marchi regionali, con decisione 6 marzo 2003 (causa C6/02) la Corte ha affermato la responsabilita' della Repubblica Francese, la quale "non avendo posto fine, entro il termine fissato nel parere motivato, alla protezione giuridica nazionale concessa alla denominazione «Salaisons d'Auvergne» nonche' ai marchi regionali «Savoie», «Franche-Comte'», «Corse», «Midi-Pyrenees», «Normandie», «Nord-Pas-de-Calais», «Ardennes de France», «Limousin», «Languedoc-Roussillon» e «Lorraine» (...) e' venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 34 CEE». Ne' tornando alla fattispecie - puo' fondatamente sostenersi che il marchio -MEA" rappresenti una semplice indicazione di "regioni o luoghi" e rientri, pertanto, nella deroga di cui all'art. 36 del TFUE relativa alla tutela della proprieta' industriale e commerciale. La norma regionale in esame, infatti, non rientra in tale ambito poiche' l'art. 21 istituisce un vero e proprio marchio di qualita' dove l'indicazione dell'origine intende garantire non solo la provenienza geografica, ma anche che la produzione e' stata realizzata secondo requisiti di qualita' fissati in un atto predisposto dalla regione medesima. Nelle denominazioni di origine, marchi di qualita' regolamentati, la provenienza di un prodotto, generalmente agro-alimentare, da un determinato territorio ne condiziona i caratteri e garantisce la presenza di alcune qualita' in virtu' di fattori sia naturali che umani. In sostanza, il presupposto della tutela riconosciuta alla denominazione di origine e' sempre l'esistenza di un collegamento dimostrabile tra una determinata caratteristica di un particolare prodotto e un determinato, delimitato, luogo di produzione. Ed allora, proprio sulla base di queste premesse, la tutela prevista dalla regione non appare giustificata, facendo riferimento, come zona di origine, a tutto il territorio regionale e, come tipologia, indistintamente a tutti i prodotti dell'artigianato che rispettano un determinato disciplinare di produzione. Per quanto concerne, infine, l'Italia, e' bene ricordare che la Commissione europea ha, in passato, contestato l'esistenza di marchi di qualita' regionali, dando avvio ad una procedura di infrazione relativamente al marchio di qualita' della Regione Sicilia (istituito con la legge regionale n. 14/1966) ed a quello della regione Abruzzo (istituito con la legge regionale n. 31/1982). A parere della Commissione, tali marchi, attribuibili soltanto ai prodotti trasformati o preparati all'interno delle rispettive regioni e realizzati secondo un disciplinare di produzione vincolante, ricollegavano la qualita' dei prodotti esplicitamente alla loro origine, abruzzese o siciliana, ingenerando nel consumatore l'impressione che i prodotti provenienti da quelle regioni fossero di qualita' superiore rispetto agli altri ed inducendolo ad acquistare quei prodotti piuttosto che quelli provenienti da altri Stati membri, in tal modo ostacolando gli scambi intracomunitari. Convenuta l'Italia davanti alla Corte di Giustizia (causa C- 430/02), la causa e' stata cancellata dal ruolo solo in seguito all'abrogazione da parte delle Regioni delle disposizioni contestate. Alla luce di quanto considerato e' da ritenere, dunque, che l'art. 21 citato violi l' art. 117, comma 1, non rispettando i vincoli posti dall'ordinamento comunitario. A2) Parimenti sussiste la violazione dell'art. 120, l° comma, della Costituzione. Soccorrono in proposito le medesime considerazioni che si sono sopra espresse in relazione alla violazione della disciplina comunitaria. Cosi' come l'istituzione del marchio MEA vale ad ostacolare il libero scambio delle merci in seno al mercato comunitario interno violando le rammentate disposizioni comunitarie altrettanto la predetta istituzione produce all'interno del mercato nazionale violando il libero scambio delle merci tra le varie Regioni, tutelato dall'art. 120 Cost. I consumatori attratti da un particolare marchio legato ad una specifica Regione, nella specie alla Regione Marche, sono inevitabilmente portati ad escludere i prodotti da esso non contrassegnati e che provengono da altre Regioni pregiudicando, per l'effetto, la circolazione delle merci. Un sistema di marcatura, seppure facoltativo, - si ribadisce - nel momento in cui e' imputabile ad un ente pubblico puo' avere effetti potenzialmente restrittivi sulla libera circolazione delle merci perche' l'uso del marchio favorisce o e' atto a favorire lo smercio dei prodotti in questione rispetto ai prodotti che non possono fregiarsene. Alla luce di quanto considerato e' da ritenere, dunque, che l'art. 21 citato violi anche l' art. 120, comma l, Cost. poiche' ostacola la libera circolazione delle cose tra le Regioni. B) L'art. 2 della legge regionale, nella parte in cui inserisce i commi 6 e 7 del novellato articolo 29 della legge regionale n. 4/1996, concernente la disciplina delle attivita' professionali nei settori del turismo e del tempo libero, viola l'art. 117, comma 3, della Costituzione. I commi 6 e 7 del novellato articolo 29 della legge regionale n. 4/96 prevedono il possesso di specifici requisiti di cui devono essere in possesso i cittadini non comunitari che intendono esercitare, saltuariamente o stabilmente, la professione di maestro di sci nel territorio regionale. Segnatamente i cittadini non comunitari che intendono esercitare temporaneamente, anche in forma saltuaria, la professione di maestro di sci nel territorio regionale devono richiedere preventivamente il nulla osta al Collegio regionale dei maestri di sci. Qualora, inoltre, i maestri di sci stranieri non iscritti in albi professionali italiani intendano esercitare la professione stabilmente nel territorio regionale, devono richiedere l'iscrizione nell'albo professionale della Regione medesima. Sia il nulla osta che l'iscrizione predetti, sono, inoltre, concessi subordinatamente al riconoscimento da parte della Federazione italiana sport invernali, d'intesa col Collegio nazionale dei maestri di sci, dell'equivalenza del titolo rilasciato nello Stato di provenienza e della reciprocita' di trattamento. Ebbene, tali disposizioni contrastano con l'art. 117, comma 3, della Costituzione poiche' violano il principio fondamentale che riserva allo Stato non solo l'individuazione delle figure professionali, ma anche la definizione e la disciplina dei requisiti e dei titoli necessari per l'esercizio delle attivita' professionali. In proposito, codesta Corte ha ripetutamente affermato che l'indicazione di specifici requisiti per l'esercizio delle professioni, anche se in parte coincidenti con quelli stabiliti dalla normativa statale, viola la competenza dello Stato risolvendosi in una indebita ingerenza in un campo, quale quello della disciplina dei requisiti e dei titoli necessari per l'esercizio di una professione, costituente principio fondamentale della materia delle professioni e quindi di competenza dello statale (ex pluribus sentenze 153 del 2006 e 57 del 2007; sentenza n. 222 del 2008 nella quale si chiarisce l'ampiezza della materia delle "professioni" e la ratio del riparto di competenze legislative: "l'attribuzione della materia delle "professioni" allo Stato prescinde dal settore nel quale l'attivita' professionale si esplica e corrisponde all'esigenza di una disciplina uniforme sul piano nazionale che sia coerente anche con i principi dell'ordinamento comunitario"). Del resto, proprio in conformita' alla lettura dell'art. 117 Cost. offerta da codesta Corte, il riconoscimento di titoli professionali posseduti dai cittadini non appartenenti agli Stati membri e' disciplinato dalla normativa statale prevista dall'art. 49 del d.P.R. n. 394/1999, che individua nell'Autorita' statale vigilante - nella specie l'Ufficio per lo Sport presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - l'organo nazionale all'uopo competente. Si ritiene, quindi, che esorbiti dalla competenza legislativa regionale la disciplina dei requisiti per l'esercizio della professione di maestro di sci prevista dall'art. 29, commi 6 e 7 della legge regionale Marche n. 4/1996, come novellato dalla legge regionale Marche n. 7/2011 per contrasto con l'art. 117, comma 3, della Costituzione.
P.Q.M. Per gli anzidetti motivi si confida che codesta ecc .ma Corte vorra' dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli artt. 2 (nella parte in cui inserisce i novellati commi 6 e 7 dell'art. 29 della legge regionale Marche n. 4/1996) e 21 (che sostituisce l'art. 34 della legge regionale Marche n. 20/2003) della Legge della Regione Marche n. 7 del 2011. Si allega stralcio conforme della delibera del Consiglio dei ministri del 30 giugno 2011 di autorizzazione a proporre la presente impugnativa. L'Avvocato dello Stato: Venturini