N. 6 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 5 agosto 2011

Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 18 agosto
2011 (della Regione Veneto). 
 
Regioni - Insindacabilita' dei consiglieri regionali  -  Procedimento
  civile  intentato  dalla  Societa'  Sigma  Informatica  S.p.a.  nei
  confronti del consigliere regionale Nicola Atalmi, per risarcimento
  dei danni all'immagine  aziendale,  asseritamente  causati  da  una
  interrogazione a risposta immediata da questi rivolta al Presidente
  della Regione e dalle affermazioni contenute in un articolo de  "La
  Tribuna  di  Treviso"  -  Proposizione  da   parte   dell'assessore
  convenuto di una eccezione di insindacabilita' ex art.  122,  comma
  quarto, della Costituzione - Provvedimento del Tribunale civile  di
  Venezia del 19 maggio 2011 con  il  quale  il  Giudice  istruttore,
  ammettendo le istanze formulate dalle parti, ordina l'esibizione di
  atti e dispone una consulenza tecnica d'ufficio (CTU), con  riserva
  di decidere su ogni altra istanza istruttoria - Lamentato esercizio
  della giurisdizione in carenza di potere, nonche' mancata pronuncia
  sulla eccezione di insindacabilita'  -  Ricorso  per  conflitto  di
  attribuzione della Regione Veneto  -  Denunciata  violazione  della
  prerogativa di insindacabilita' dei consiglieri regionali,  nonche'
  lesione dell'organizzazione e delle  funzioni  dei  supremi  organi
  regionali - Richiesta di dichiarare che non spetta  allo  Stato  e,
  per esso, al Tribunale di Venezia accertare la responsabilita'  del
  consigliere  regionale  Nicola  Atalmi  per  fatti  coperti   dalla
  garanzia  costituzionale  dell'art.  122,   comma   quarto,   della
  Costituzione, e conseguentemente di annullare il  provvedimento  19
  maggio 2011, emesso dal G.I. del Tribunale civile  di  Venezia  nel
  corso del procedimento iscritto nel R.G. n. 1475/2010,  e,  se  del
  caso,  tutti  gli  atti  processuali  adottati  nei  confronti  del
  consigliere Atalmi. 
- Provvedimento del Tribunale civile di Venezia del 19  maggio  2011,
  adottato nell'ambito del  giudizio  civile  iscritto  nel  R.G.  n.
  1475/2010, G.I. dott.ssa Balletti. 
- Costituzione, artt. 121, 122, comma quarto, e 123. 
(GU n.39 del 14-9-2011 )
    Ricorso della Regione  Veneto,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore della Giunta Regionale,  autorizzato  mediante  deliberazione
della Giunta stessa (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura
speciale a margine del presente  atto  dagli  avv.ti  Ezio  Zanon  ed
Emanuele Mio e Luigi Manzi, con domicilio eletto,  agli  effetti  del
presente giudizio, presso lo studio dell'avv. Luigi  Manzi  in  Roma,
Via Confalonieri n. 5; 
    Contro Presidenza del Consiglio  dei  Ministri,  in  persona  del
Presidente in carica, rappresentata e difesa ex lege  dall'Avvocatura
Generale dello Stato presso gli uffici della quale e' domiciliata  in
Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, 
    Notiziandone Tribunale di Venezia, in persona del Presidente p.t.
con sede in Venezia 30125 San Polo 119) per regolamento di competenza
in relazione al provvedimento, datato 9.05.2011 del Tribunale  Civile
di Venezia, emesso  in  violazione  dell'art.  122,  comma  4,  della
Costituzione,  contenuto  nel  verbale  di  udienza,  concernente  il
giudizio civile, R.G. n. 1475/2010, G.I., Dott.ssa Balletti, promosso
con atto di citazione dalla Societa' Sigma Informatica S.p.A.  contro
il consigliere regionale Nicola Atalmi ed altri,  in  cui  questi  e'
stato convenuto in giudizio, per  risarcimento  danni,  quale  autore
dell'interrogazione a risposta immediata al Presidente della  Regione
p.t., Dott. «»Giancarlo Galan, e all'Assessore Sandri, presentata  in
data 08.10.2009, e riportata il giorno successivo in un  articolo  de
La Tribuna. 
 
                                Fatto 
 
    In seguito ad una verifica interna svolta  dalla  ULSS  n.  9  di
Treviso tra il 2008 ed il 2009 sono emerse  gravi  irregolarita'  nel
sistema  di  liquidazione  degli  emolumenti,  mediante  costituzione
fittizia  di  posizioni  di  pagamento  a  favore  di  soggetti   non
contrattualmente legati all'Azienda sanitaria e con  una  conseguente
sottrazione di denaro pubblico per complessivi  4  milioni  di  Euro.
Tali procedure illecite sono  state  imputate  alla  Sig.ra  Loredana
Bolzan, il cui rapporto lavorativo con l'ULSS n. 9 si era  interrotto
in data  18.2.2008  per  dimissioni  volontarie  della  stessa  senza
diritto di pensione, la quale e' stata inoltre tratta in arresto  nei
primi mesi del 2009 facendo divenire la vicenda di dominio pubblico. 
    La sig.ra Bolzan e' stata, poi, condannata  con  la  sentenza  n.
13/2011 dal Tribunale di Treviso, Ufficio del Giudice per le indagini
preliminari. All'epoca dei fatti il dott. Nicola Atalmi rivestiva  la
qualita' di consigliere regionale come esponente di minoranza e, data
la rilevanza degli interessi pubblici coinvolti, chiedeva che venisse
fatta chiarezza circa le reali responsabilita' di quanto  accaduto  e
dei  provvedimenti  assunti  per  accertare  che   l'episodio   fosse
effettivamente circoscritto al caso di specie. 
    A tal fine il consigliere Atalmi in data 8.10.2009 presento'  una
un'interrogazione a risposta immediata al  Presidente  della  Regione
dell'epoca, Dott. Giancarlo Galan, e all'Assessore Sandri, ex art. 15
dello Statuto della Regione Veneto che formulava la  richiesta  cosi'
sintetizzabile per quanto di interesse nella menzionata causa  civile
avanti il Tribunale di Venezia: 
        quali concrete iniziative sono state intraprese per garantire
che tali eventi non abbiano a ripetersi; 
        che tipo di provvedimenti si intendono prendere per  rivedere
il sistema di controlli e di responsabilita'; 
        se corrisponde al  vero  che  la  societa'  che  gestisce  il
sistema informatico per tutte le  ULSS  venete  e  che  e'  coinvolta
nell'indagine  in  corso,  sarebbe  controllata   da   due   societa'
lussemburghesi; 
        se siano state verificate  le  eventuali  responsabilita'  in
capo alla societa' di gestione del sistema informatico; 
        se sia stato appurato se la Bolzan abbia agito "da sola" e ne
abbia eventualmente "goduto singolarmente"; 
        se si possa escludere l'esistenza di una correlazione tra  il
fatto de quo ed il finanziamento illecito della politica. 
    Il   contenuto   di   tale   interrogazione    venne    riportato
pedissequamente in un articolo de La Tribuna di  Treviso  del  giorno
successivo. 
    In altri articoli dello stesso periodo del quotidiano la  Tribuna
di  Treviso,  si  ricava  che  la  vicenda  era  balzata  con   forza
all'attenzione della cronaca locale che  dedico'  alla  vicenda  vari
altri articoli, tra cui, tra  l'altro,  si  riportavano  le  seguenti
espressioni attribuite al consigliere Atalmi: 
        "Dall'intervista rilasciata dalla Sig.ra Bolzan emergerebbero
gravissime  responsabilita'  di  controllo  che  hanno  permesso  con
estrema facilita' la sottrazione di una somma cosi' ingente prima che
qualcuno casualmente se ne accorgesse. Le  responsabilita'  oggettive
per il mancato controllo devono essere ricercate fino in  fondo"  (La
Tribuna di Treviso, 25.7.2009); 
        "il sospetto che si voglia far passare il tempo  fino  a  far
dimenticare tutto, salvando  chi  e'  profumatamente  pagato  e  pure
incentivato e  premiato  economicamente  per  fare  solo  il  proprio
dovere, c'e' (..) non voglio giustizialismo, ma  giustizia  si'"  (La
Tribuna di Treviso, 14.12.2009). 
    Con atto di citazione notificato (doc. n. 2)  la  Societa'  Sigma
Informatica   S.p.A.   conveniva   in    giudizio    per    l'udienza
dell'11.6.2010, avanti il Tribunale di Venezia, il consigliere Nicola
Atalmi ed altri per: 
        - sentirlo condannare al risarcimento dei danni  patrimoniali
e non patrimoniali asseritamente cagionati  all'immagine  commerciale
dell'attrice che vengano accertati nel giudizio, in  solido  con  gli
altri convenuti ovvero disgiuntamente; 
        - sentirlo condannare al pagamento della pena  pecuniaria  ex
art. 12 della L. 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni  sulla  stampa)
da liquidarsi in  favore  della  stessa  Societa'  Sigma  Informatica
S.p.A.; 
        - ordinare la  pubblicazione  del  dispositivo  dell'emananda
sentenza a cura  di  parte  attrice  e  a  spese  dei  convenuti  sui
quotidiani La Repubblica, La Tribuna di Treviso, La Nuova  Venezia  e
il Mattino di Padova, fissando,  in  relazione  a  tale  richiesta  a
carico del convenuto Gruppo Editoriale L'Espresso S.p.A. una somma di
denaro dovuta per ogni giorno in caso di ritardo nell'esecuzione  del
provvedimento. 
    La Soc. Sigma S.p.A. asserisce che il fatto su cui  si  fonda  la
citazione in giudizio del  Cons.  Atalmi  e'  l'interrogazione  dallo
stesso presentata: "poco importa, ai fini che  qui  interessano,  che
l'accusa  diffamatoria  rivesta  la  forma   di   interrogazione   al
Presidente della Giunta regionale, perche' le affermazioni  provocano
ugualmente gravi effetti lesivi  dell'immagine  aziendale  di  Sigma,
specie  dove  si  consideri  che   tali   affermazioni   sono   state
accompagnate da una demagogica richiesta di revoca della gara europea
vinta da Sigma. Cio' a dimostrazione che la forma dell'interrogazione
consiliare rappresentava solo un  paravento  politico  per  esprimere
determinate dichiarazioni (...). Delle due l'una: o  il  Sig.  Atalmi
parlava senza ragionare su quello  che  diceva  (cosa  da  escludere)
oppure egli agiva con l'intento consapevole di recare danno  a  Sigma
per il suo operato nell'ambito della Sanita' veneta" (pgg. 52-53 atto
di citazione). 
    Costituitosi nel citato giudizio, a ministero degli avvocati Ezio
Zanon ed Emanuele Mio dell'Avvocatura Regionale  del  Veneto,  previa
deliberazione  della  Giunta   Regionale   di   autorizzazione   alla
costituzione in giudizio, (doc. 3 - fascicolo di parte  del  giudizio
avanti al tribunale di Venezia) il consigliere Nicola Atalmi eccepiva
l'insindacabilita', ex art. 122, comma 4  Cost,  dei  fatti  per  cui
sussisterebbe la propria responsabilita'. 
    Il  Giudice  concedeva  termine  per  la  notifica  dell'atto  di
citazione e rinviava all'udienza del  10.12.2010,  al  termine  della
quale si riservava sulle istanze delle parti. 
    A scioglimento della riserva il Giudice concedeva termini ex  art
183, comma 6 c.p.c. 
    Nelle  memorie  depositate  ex  art.  183,  comma  6  c.p.c.,  il
consigliere Atalmi insisteva sull'eccezione  di  insindacabilita'  ex
art. 122, comma 4 Cost. All'udienza  del  13.05.2011  il  Giudice  si
riservava sulle istanze formulate dalle parti. 
    Con provvedimento del 19.05.2011 (doc. n. 4), comunicato al punto
d'accesso telematico  il  11.06.2011,  il  G.I.  non  si  pronunciava
espressamente sull'eccezione formulata dalla difesa  del  consigliere
Atalmi, ordinava l'esibizione della sentenza del Tribunale di Treviso
di cui al procedimento penale nei  confronti  di  Loredana  Bolzan  e
disponeva CTU ai fini di verificare le caratteristiche e le procedure
consentite dal software Sigma adottato dall'ULSS 9,  con  particolare
riguardo alla possibilita' di modificare i dati ed eventuali  sistemi
di controllo e/o di garanzia, alle caratteristiche di accesso  ed  ai
dispositivi di sicurezza. 
    Detto atto si assume lesivo della prerogativa di insindacabilita'
dei consiglieri regionali prevista  dall'art.  122,  comma  4,  della
Costituzione per cui la Regione Veneto ritiene necessario proporre il
conflitto di attribuzione al fine di acclarare che  non  spetta  allo
Stato  l'accertamento  della  responsabilita'   nei   confronti   del
consigliere regionale Nicola Atalmi per fatti coperti dalla  garanzia
costituzionale dell'art. 122, comma 4, della Costituzione. 
 
                               Diritto 
 
Sull'ammissibilita' del conflitto: 
    Il  sottoscritto  patrocinio,  ovviamente,  non  ignora   che   i
conflitti di attribuzione ammessi al vaglio di Codesta  Ecc.ma  Corte
devono intercorrere, a tacere d'altro, "tra lo Stato  e  le  Regioni"
(art. 134 Cost.); ne' che l'art. 39 della 1. 87/1953 (recante  "Norme
sulla costituzione e il funzionamento della Corte Costituzionale") ha
chiarito che puo'  produrre  ricorso  la  Regione  la  cui  sfera  di
competenza costituzionale sia invasa da  un  atto  dello  Stato,  con
l'ulteriore  precisazione  che  il  "ricorso   per   regolamento   di
competenza... deve specificare l'atto dal quale sarebbe stata  invasa
la sfera di competenza"; ne' infine , che la tutela  dei  consiglieri
regionali attivata ex art. 122, quarto comma  Cost.  viene  azionata,
classicamente, contro atti di un giudice o contro iniziative  assunte
dalla  magistratura  inquirente  penale  e/o   contabile,   anch'esse
riconducibili, data la natura pubblica dell'accusa, allo Stato. 
    Si chiede oggi di far valere lo status di  consigliere  regionale
non nei confronti di  un  atto  di  esercizio  della  giurisdizionale
penale e/o contabile, bensi' di quella civile, come  invero  e'  gia'
accaduto, in pendenza, tuttavia, del relativo giudizio e  in  assenza
di una decisione di merito, fosse anche solo di primo grado. 
    La difficolta' consiste nel definire il  momento  a  partire  dal
quale, avviato con un atto propulsivo di parte un giudizio civile, si
puo' ritenere di essere in  presenza  di  un  atto  statale  invasivo
dell'autonomia  regionale  costituzionalmente  garantita,  contro  il
quale poter reagire per conflitto di attribuzioni. 
    Il dubbio relativamente al "quando" i consiglieri regionali hanno
per realizzate le condizioni prescritte perche' la Regione possa  far
valere davanti al Giudice dei conflitti  l'irresponsabilita'  propria
del loro status, lungi dal delineare una questione meramente teorica,
e' di grande momento sul piano pratico, stante la  perentorieta'  del
termine assegnato per la proposizione del relativo ricorso, e, quindi
per azionare la specifica tutela. 
    Al fine di circoscrivere l'area di incertezza  e',  innanzitutto,
utile fissare i  punti  fermi  dai  quali  dedurre,  in  qualita'  di
principi, le regole che sovrintendono, in difetto della normativa  di
attuazione, il caso che ci occupa, o dai quali desumere, in  qualita'
di criteri interpretativi, argomenti a  sostegno  dell'ammissibilita'
del presente conflitto. 
    E' insegnamento di codesta Corte e, con l'avallo  della  migliore
dottrina, puo' considerarsi ius receptum, che: 
        a) "l'esonero da responsabilita' dei  componenti  dell'organo
[Consiglio regionale]  (sulla  scia  di  consolidate  giustificazioni
dell'immunita' parlamentare) e' vista funzionale  alla  tutela  delle
piu' elevate funzioni di rappresentanza politica (seni.  n.  69/1985;
in dottrina, v. L. PALADIN, diritto regionale Padova, 1997, 325,  per
il quale l'irresponsabilita' comune ai parlamentari e ai  consiglieri
si pone a garanzia che tende ad assicurare (tanto per lo stato quanto
per le Regioni) l'indipendenza funzionale dell'organo in questione)"; 
        b)  attraverso  la  lesione   delle   prerogative   stabilite
dall'art. 122, comma  4,  rimangono  violate  ulteriori  disposizioni
della  Costituzione:  quelle  degli   arti   121   e   123,   poiche'
l'alterazione delle attribuzioni accordate dalla  legge  fondamentale
al consigliere regionale che esprime opinioni e da voti si  riverbera
sull'intera organizzazione dell'ente e sull'esercizio delle  relative
funzioni, entrambi costituzionalmente protetti; 
        c) le guarentigie di cui  all'art.  122,  comma  4  e  quelle
previste - peraltro in una piu' ampia  prospettiva  -  dall'art.  68,
primo comma Cost., costituiscono "eccezionali deroghe  all'attuazione
della  funzione  giurisdizionale":  queste  ultime   sono   poste   a
salvaguardia  dell'esercizio  delle  funzioni  sovrane  spettanti  al
Parlamento, le prime, invece,  pur  non  esprimendosi  a  livello  di
sovranita',  "si   inquadrano   ...nell'esplicazione   di   autonomie
costituzionalmente garantite" (sentt. n. 81/1975; n. 382/1998); 
        d) la prerogativa prevista dall'art. 68, primo comma,  Cost.,
e  quella  di  cui  all'art.  122,  quarto  comma,  Cost.,  salva  la
summenzionata differenza (il  fatto  che  l'immunita',  in  un  caso,
inerisca alla sovranita' dello Stato di cui il Parlamento e'  organo;
nell'altro,  attenga  ad  aspetti   dell'autonomia   della   Regione)
soggiacciono a principi analoghi, a fronte dell'identico tenore delle
disposizioni, che, rispettivamente, le regolano  (in  dottrina,  cfr.
TOSI, Nota a Corte Cost. sent. n. 81/1975, 765, per la quale "le  due
disposizioni [l'art. 68, primo comma  e  l'art.  122,  quarto  comma,
Cost. l che sottraggono al  sindacato  dell'autorita'  giudiziaria  i
membri delle Camere e dei  Consigli  hanno  lo  stesso  contenuto:  i
problemi che si pongono per l'una non possono non  interessare  anche
l'altra e allo stesso modo devono essere risolti"); 
        e)  l'immunita'  parlamentare  e  dei  consiglieri  regionali
comporta "la carenza di potere giurisdizionale": quindi,  la  pretesa
di esercitare, cio'  nonostante,  la  funzione  del  ius  dicere  "si
traduce  ...  in  un'alterazione  dell'ordine  costituzionale   delle
competenze" in quanto "comporta l'invasione della sfera di  autonomia
costituzionalmente   riservata   alla    regione...,    alla    quale
esclusivamente spetta l'esercizio delle  funzioni  che  i  magistrati
hanno inteso condizionare" (sent. n. 70/198; in  dottrina  V.  P.  Di
Muccio, L'insindacabilita' dei parlamentari:  una  introduzione  allo
studio dell'art. 68, primo comma della  Costituzione,  in  Diritto  e
Societa', 1986, 681 secondo cui tale prerogativa costituisce un  caso
di esenzione alla giurisdizione); 
        f)  l'immunita'  parlamentare  e  dei  consiglieri  regionali
riguarda ogni tipo di responsabilita' civile  penale  amministrativa,
contabile, - erariale (cfr. sent. n. 100/1986: "di questa guarentigia
i  consiglieri  regionali   fruiscono   anche   nella   sfera   della
responsabilita' patrimoniale"; v. anche S. Bartole et  alii,  Diritto
regionale. Dopo le riforme, Bologna, 2003, 93 e, seppure  a  commento
dell'art. 68, R. Moretti, in V.  Crisafulli  -  Paladin  (a  cura  di
Commentario breve alla Costituzione, Padova 1990,  410,  secondo  cui
"non vi e' alcun ragionevole dubbio sull'ambito di applicazione della
prerogativa, essendo unanime il riconoscimento  che  essa  opera  sia
nella fase penale, che in quella civile e amministrativa"). La stessa
riforma dell'art. 68, primo comma, Cost., operata con legge cost.  n.
3/1993, nel modificare la  formula  originaria  ha  chiarito  che  la
prerogativa riguarda ogni tipo di responsabilita' e non  solo  quella
penale; 
        g) in particolare, benche' statuito a proposito dell'art. 68,
primo comma, Cost., si  e'  precisato  che  la  norma  costituzionale
limita "la possibilita' di  far  valere  in  giudizio  una  ipotetica
responsabilita'   del   parlamentare   per   le   opinioni   espresse
nell'esercizio della funzione. Siffatta limitazione  vale  ugualmente
in ordine a qualunque sede giurisdizionale nella quale si pretenda di
far valere una responsabilita' del parlamentare e, dunque,  anche  in
sede di giudizio civile"(sent.  n.  265/1997  ma  v.  gia'  sent.  n.
1150/1988); 
        h) all'originaria  configurazione  soggettiva  del  conflitto
(come vindicatio potestatis) se ne e' aggiunta  una  oggettiva,  piu'
ampia riguardante non la spettanza della competenza  ma  il  modo  di
esercizio (sostanziale e procedurale) di  essa  (cosi',  Zagrebelsky,
Giustizia Costituzionale, Bologna, 1988, 339): conseguentemente,  "la
figura dei conflitti di  attribuzione  non  si  restringe  alla  sola
ipotesi di contestazione circa l'appartenenza  del  medesimo  potere,
che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi a se', ma si estende
a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo  esercizio  di  un
potere altrui consegua la menomazione di una  sfera  di  attribuzioni
costituzionalmente  assegnate  all'altro  soggetto"  (v.   sent.   n.
110/1970); 
        i) per orientamento costante (a  partire  dalla  sentenza  n.
110/1970 ribadita in successive pronunce : cfr.  sentt.  n.  211  del
1972, 178 del 1973, 289 del 1974, 75 del 1977, 183 del 1981,  70  del
1985) "nulla vieta che un conflitto di attribuzione tragga origine da
un  atto  giurisdizionale,  se  ed  in  quanto  si  deduca  derivarne
un'invasione  della  competenza  costituzionalmente  garantita   alla
Regione ricorrente" (sent. n. 70 del 1985); 
        j) si e' proceduto via via ad ampliare  la  nozione  di  atto
invasivo, riconoscendo a  tal  fine  che  esso  possa  consistere  in
comportamenti concludenti, non estrinsecatesi in atti formali  (sent.
n. 40 del 1977; v. gia' sent. n.  164  del  1963)  o  in  altri  atti
interni (quali le circolari all'apparato statale o regionale (v. sent
n. 299/ 1974) o in atti preparatori (cfr. sent. n.  171/1971);  o  in
comportamenti omissivi,  purche'  si  traducano  in  una  lesione  di
competenze e l'ordinamento costituzionale delle attribuzioni  imponga
viceversa l'adozione di  un  atto  (v.  inter  alios  V.  Crisafulli,
Lezioni... cit., 447e C. Mortati, Istituzioni  di  diritto  pubblico,
Padova, 1976, 1448).  La  dottrina  ha  osservato  che  nella  prassi
instaurata non tanto si richiede che il conflitto sia originato da un
atto giuridico vero e proprio (e  meno  ancora  da  un  atto  esterno
definitivo), quanto piu' largamente da un comportamento significante,
posto  in  essere  da  organi  statali  e,  inversamente,   regionali
(Crisafulli, Lezioni di diritto  costituzionale,  II,  Padova,  1984,
447); o, ancora  che  alla  stregua  dell'ampio  atteggiamento  della
Corte, il conflitto puo' assumere  il  significato  di  strumento  di
garanzia anticipata o preventiva, rispetto  alla  potenziale  lesione
temuta, salva solo l'inammissibilita' di conflitti puramente virtuali
(G. Zagrebelsky, Giustizia costituzionale, cit., 346-347); 
        k) l'oggetto dei  giudizi  sui  conflitti  non  e'  tanto  la
validita' dell'atto asseritamene invasivo, quanto la  competenza  che
si  assume  violata  e  la  relativa  sentenza,  mentre  deve  sempre
dichiarare  la  competenza,  solo  eventualmente   sara'   anche   di
annullamento dell'atto adottato dal soggetto o dall'organo  giudicato
privo di potere. 
    Ora, il  consigliere  Atalmi  e'  stato  convenuto  con  atto  di
citazione davanti al giudice civile. E' stato chiamato  a  rispondere
per  dichiarazioni  per  le  quali,  dato   il   suo   status,   gode
dell'eccezionale  guarentigia  dell'irresponsabilita'  ex  art.  122,
quarto comma, Cost. Il Giudice civile ha esercitato la giurisdizione,
nonostante l'eccezione fondata sull'art.  122,  quarto  comma  Cost.,
poiche' ha disposto in relazione alle istanze  istruttorie  formulate
dalle parti assumendo cosi' essere nella sua competenza il potere  di
giudicare. 
    Nell'attuale sistema processual-civilistico si  puo'  individuare
quale  primo  atto  di  esercizio  della  giurisdizione   civile   il
provvedimento con cui il Giudice dispone delle istanze istruttorie. 
    Infatti nella prima udienza avanti il  giudice  civile,  prevista
dall'art. 183 c.p.c., il giudice, se richiesto,  concede  alle  parti
termine per il deposito  delle  memorie  previste  dal  comma  6  del
medesimo articolo. 
    Come rilevato dalla dottrina (Balena-Bove, Santangeli) il giudice
e' tenuto a concedere i predetti termini, se richiesti, senza  alcuna
discrezionalita'.  Nella  fattispecie  concreta,  come  risulta   dal
verbale di  udienza  del  10.12.2010  l'attore  e  i  convenuti,  con
l'eccezione della difesa dei consiglieri regionali Bottacin e Atalmi,
hanno chiesto la concessione dei termini di cui all'art.  183  c.p.c.
e, pertanto, la concessione  di  detti  termini  costituiva  un  atto
dovuto da parte del magistrato. 
    All'udienza del  13.05.2011  la  difesa  del  consigliere  Atalmi
insisteva nell'eccezione fondata sull'art. 122, comma 4, Costituzione
ma il Giudicante, nell'esercizio della sua funzione  giurisdizionale,
disponeva mezzi istruttori. 
    E' quindi palese che il  primo  atto  lesivo  delle  attribuzioni
costituzionalmente garantite ai consiglieri  regionali  nel  processo
civile de quo e' rappresentato dal provvedimento con cui  il  Giudice
ha ammesso istanze istruttorie  formulate  dalle  parti  e  con  cio'
esercitando  la  propria  giurisdizione  nei  confronti   consigliere
regionale   Nicola   Atalmi   in   violazione    della    prerogativa
costituzionalmente prevista. 
    Pare arduo, pertanto, sottrarsi alla conclusione che il  Giudice,
e per esso, lo Stato, cosi' facendo, abbia violato  la  posizione  di
autonomia  e  di   indipendenza   costituzionalmente   garantita   ai
componenti il Consiglio regionale,  e,  loro  tramite,  al  Consiglio
stesso. 
    E' sufficiente attualizzare al  caso  di  specie  i  punti  fermi
poc'anzi evidenziati, per accorgersi che: 
        a) si e' violata "la piu' ampia liberta' di valutazione e  di
decisione" riservata ai  consiglieri  regionali  (per  dirla  con  T.
Martines, Diritto costituzionale, Milano, 1994, 294); 
        b) si e' preteso di esercitare la  giurisdizione  in  carenza
assoluta di potere; 
        c) si e' invasa  la  sfera  di  autonomia  costituzionalmente
riservata ai consiglieri e alla Regione. 
    Guardando  per  comparazione  ai  giudizi  penali   o   contabili
intentati nei confronti di consiglieri  regionali,  correntemente  si
conviene che l'atto lesivo della prerogativa  di  cui  all'art.  122,
quarto comma Cost., puo'  risiedere  per  esempio,  nel  decreto  del
g.i.p.  che  dispone  il  giudizio  (come  in  sent.   391/1999);   o
nell'avviso di conclusione delle indagini  preliminari  emesso  dalla
Procura della Repubblica (come in sent. n. 276/2001); o nell'invito a
presentarsi per essere interrogato in qualita' di persona  sottoposta
ad indagini comunicato a cura della Procura della Repubblica (come in
sent. 382/1998); o nell'atto di citazione emesso dalla Procura presso
la Corte dei Conti (come in sent. n. 100/1986). 
    In tali casi (che sono solo alcuni  dei  possibili)  e'  evidente
che, ai fini  dell'ammissibilita'  del  giudizio  davanti  a  codesta
Corte, e' sufficiente il  solo  fatto  della  pretesa  dell'esercizio
della  giurisdizione  manifestato   da   un   organo   statale   (non
necessariamente un giudice) a fronte di una situazione  di  immunita'
ex art. 122, quarto comma Cost., e che non e' affatto necessario  che
l'esercizio della giurisdizione acquisti la forma di sentenza o di un
atto definitivo. 
    Al riguardo si osserva che, secondo costante  giurisprudenza,  e'
atto  idoneo  ad  innescare  un  conflitto  di  attribuzione  quello,
imputabile allo Stato o alla Regione, che "sia dotato di efficacia  e
rilevanza esterna" o che, se preparatorio  o  non  definitivo,  rechi
gia' in se' dei requisiti minimi  di  lesivita'  e  sia  rivolto  "ad
esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di  esercitare  una
data competenza, il cui svolgimento possa determinare  una  invasione
nell' altrui sfera  di  attribuzioni  o,  comunque,  una  menomazione
altrettanto attuale delle possibilita' di esercizio  della  medesima"
(sent. n. 771/1998) 
    Nel giudizio civile, l'atto  di  citazione  (recte:  La  notifica
della citazione) da'  inizio  al  processo,  ne  determina  cosi'  la
pendenza e fa si che  il  giudice  debba  pronunciare  sulla  domanda
(Attardi, Diritto processuale civile. Parte generale,  Padova,  1994,
57): ma, a differenza degli atti di impulso promanati da un  pubblico
ministero, non e' direttamente imputabile alla sfera soggettiva dello
Stato. In altre parole, la citazione in un giudizio civile,  per  gli
effetti che comporta, viola di per  se  stessa,  la  prerogativa  del
consigliere regionale, ma non consente ancora l'accesso  alla  Corte,
essendo i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, tra Stato
e Regioni, tra Regioni. 
    Se (e quando), tuttavia, l'atto di citazione fa si' che si svolga
attivita' processuale davanti ad un giudice e da parte di un  giudice
non vi e' chi non veda che non ci si trova piu' di fronte ad un  mero
atto privato. 
    Cosi', nel caso di specie, allo scioglimento  della  riserva  che
seguiva l'udienza ex art. 183 c.p.c. il Giudice (e, quindi, lo Stato)
ha esplicato la funzione giurisdizionale disponendo mezzi  istruttori
e l'ha fatto in difetto di potere nei  confronti  di  chi,  a  quella
giurisdizione e', per  deroga  costituzionale,  sottratto.  Donde  la
sussistenza di un atto statale invasivo della  competenza  regionale:
la violazione  dell'immunita'  consiliare  diviene  ascrivibile  allo
Stato nel momento in cui il  Giudice  procede,  indotto,  dall'attore
privato, nonostante la condizione di esenzione dalla giurisdizione. 
    Piu' precisamente, il Giudice istruttore, nell'aver  disposto  la
prosecuzione del giudizio secondo la tempistica del codice  di  rito,
ha adottato un atto processuale  formale  (cfr.  verbale)  o,  quanto
meno, ha  tenuto  un  comportamento  significante  sintomatico  della
pretesa di giudicare al  di  la'  dei  limiti  esterni  imposti  alla
giurisdizione  assegnatagli,  stabiliti  a   garanzia   dei   compiti
costituzionali dei consiglieri regionali: limiti che a codesta  Corte
compete sindacare (inter alla, sentt. nn. 81/1975; 15/1977; 285/1990;
27/1999; 276/2003). 
    A scanso  di  equivoci,  e'  bene  precisare  che,  nel  radicare
l'ammissibilita' del presente conflitto  sull'assunto  della  carenza
del potere da  parte  di  chi  l'ha  esercitato  e  sull'effetto  del
pregiudizio  dell'autonomia  regionale,  non   si   intende   affatto
contestare, qui anziche' davanti al  giudice  dell'impugnazione,  gli
errori in iudicando commessi dal giudice laddove non ha dichiarato il
difetto di giurisdizione o non ha  sospeso  il  giudizio,  come  pure
avrebbe dovuto: si denuncia  piuttosto,  l'illegittimo  convincimento
che ha indotto il tribunale di Venezia ad esercitare  un  potere  che
non gli compete; e si nega,  in  quel  giudizio  civile,  l'esistenza
stessa del potere giurisdizionale. 
    Se si vuole, l'errore di cui si  duole  e'  "sui  confini  stessi
della giurisdizione e non sul concreto esercizio di essa" (cfr. sent.
n.  285/1990);  non  si  chiede  pertanto  un  sindacato  di   merito
dell'attivita' giurisdizionale quanto piuttosto  di  dichiarare  come
l'esercizio  della   giurisdizione   sia   stato   lesivo   in   se',
indipendentemente dal quomodo,  delle  competenze  costituzionalmente
assegnate alla Regione. 
    E' stato chiarito, sin dalla sentenza n. 289 del 1974 della Corte
Costituzionale che, "se da una parte e' inammissibile  l'impugnazione
mediante il conflitto di atti giurisdizionali  quando  si  chieda  in
sostanza la correzione di eventuali errori in iudicando nei quali  il
giudice sia incorso mirando ad ottenere nel merito la revisione della
sentenza, d'altra parte il conflitto e' pienamente ammissibile quando
sia denunciata una lesione derivante dal solo fatto di esercitare  la
giurisdizione nei  confronti  di  atti...che  si  affermino  ad  essa
sottratti da norme costituzionali". 
    Ne' oggi si puo' dire che la  parte  (asseritamente)  lesa  dalle
opinioni  espresse  dal  consigliere  regionale  rimane  priva  della
possibilita' di esercitare le proprie difese, dal momento  che,  come
noto,  e'  ammessa  ad  intervenire  in  sede  di  conflitto.  Si  e'
osservato, infatti, che "qualora si rivendichi la  sussistenza  della
eccezionale guarentigia di non perseguibilita' sancita dall'art. 122,
quarto comma della Costituzione, e si neghi  pertanto  in  radice  il
diritto di azione in capo a chi pretende di aver subito la lesione da
una condotta  scriminata  dalla  garanzia  medesima,  la  valutazione
sull'esistenza della garanzia svolta dalla Corte in sede di conflitto
finirebbe  per  sovrapporsi  all'analoga  valutazione  demandata   al
giudice  del  processo  comune:  ove  dunque  si  ritenesse  precluso
l'intervento nel giudizio costituzionale, finirebbe per risultare  in
concreto compromessa la stessa possibilita' per la parte di agire  in
giudizio a tutela dei suoi diritti" (sent. n. 76/2001). 
Sul merito della violazione dell'art. 122, quarto comma, Cost. 
    Si precisa che il  consigliere  Nicola  Atalmi  ha  rivestito  la
carica di consigliere della Regione Veneto tra la fine del 2004 ed il
rinnovo  del  Consiglio  Regionale  avvenuto  nel  2010  (doc.  6)  e
pertanto, per i fatti di cui e' causa,  rileva  incontrovertibilmente
l'insindacabilita' ex art. 122 comma 4 Cost.  relativamente  ad  atti
politici tipici, qual e' appunto l'interrogazione de qua. 
    Ma procediamo con ordine. 
    Similmente all'art. 68 Cost., l'art. 122 comma 4 Cost.  sancisce:
"I consiglieri regionali non possono  essere  chiamati  a  rispondere
delle opinioni espresse e dei voti  dati  nell'esercizio  delle  loro
funzioni". 
    Sulla questione la giurisprudenza costituzionale  e'  consolidata
nel  ritenere  che  tale  esonero   da   responsabilita',   posto   a
salvaguardia dell'autonomia  e  dell'indipendenza  costituzionalmente
riservate al Consiglio regionale, ricomprende tutte quelle  attivita'
che costituiscono esplicazione sia di una funzione consiliare tipica,
sia delle attribuzioni direttamente affidate  a  detto  organo  dalla
stessa Costituzione o  dalle  altre  fonti  normative  cui  la  prima
rinvia. 
    Altrettanto indubbio e' che tra gli atti tipici vanno  annoverate
le interrogazioni  e  le  interpellanze,  in  quanto  strumentali  al
sindacato esercitato dal Consiglio nei  confronti  della  Giunta  (si
vedano, ex multis, Corte Cost., sent. nn. 274/1995; 391/1999). 
    Peraltro  l'immunita'  in  parola  si  estende   anche   a   quei
comportamenti che, pur non rientrando  tra  gli  atti  tipici,  siano
collegati da nesso  funzionale  con  l'esercizio  delle  attribuzioni
proprie dell'organo di appartenenza, onde va ritenuta  ricompresa  la
riproduzione all'esterno di  interpellanze  o  interrogazioni  (Corte
Cost., sent. nn. 289/1998; 329/1999; 391/1999). 
    Nel caso di specie i fatti  imputati  al  consigliere  Atalmi  in
quanto asseritamente diffamanti sono essenzialmente due: 
        1) l'interrogazione a risposta diretta  rivolta  alla  Giunta
della Regione Veneto datata 8.10.2009; 
        2) l'articolo, riproduttivo del contenuto dell'interrogazione
di cui sopra, de La Tribuna di Treviso datato 8.10.2009 (v.  doc.  n.
26 atto di citazione). 
Per quanto concerne l'interrogazione alla Giunta regionale. 
    Si tratta di un atto tipico del consigliere  ed  in  quanto  tale
coperto dall'insindacabilita' di cui all'art. 122 comma 4 Cost. 
    Per di  piu'  l'art.  3  comma  1  della  1.  20.6.2003  n.  140,
contenente tra l'altro disposizioni  per  l'attuazione  dell'art.  68
Cost. (di contenuto analogo a quello dell'art. 122  Cost.),  sancisce
espressamente: "l'articolo 68, primo  comma,  della  Costituzione  si
applica in ogni caso per la presentazione di disegni  o  proposte  di
legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per  le
interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee
e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di  voto
comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni  altra
attivita' di ispezione, di divulgazione, di  critica  e  di  denuncia
politica, connessa alla funzione  di  parlamentare,  espletata  anche
fuori   del   Parlamento",   principi   questi   applicabili    anche
all'attivita' svolta dai membri elettivi del Consiglio della Regione,
come sostiene la stessa giurisprudenza  (Cass.  civ.,  Sez.  III,  n.
18781/2005). In buona sostanza, la norma, pur ampliando  il  concetto
di espressione del voto garantito, ha conservato il nesso  funzionale
necessario per  la  configurazione  della  causa  di  giustificazione
contenuta nel testo costituzionale. 
    Non    c'e'    dubbio     alcuno     circa     l'insindacabilita'
dell'interrogazione de qua in quanto  atto  tipico  di  esercizio  di
poteri e funzioni istituzionali. 
Per quanto concerne l'articolo datato 8.10.2009. 
    Non  e'  altro  che  una   mera   trasposizione   del   contenuto
dell'interrogazione. 
    La giurisprudenza,  per  quanto  concerne  l'attivita'  espletata
fuori dal Parlamento, ha da sempre affermato che deve  sussistere  un
legame funzionale fra l'opinione espressa o  gli  atti  compiuti  dal
politico e l'esercizio  di  funzioni  consiliari/parlamentari  (Cass.
civ., Sez. III, n. 18781/2005 cit., Corte Cost.,  n.  28/2005,  Corte
Cost., n. 317/2006, Cass. pen. ,  n.  42031/2008);  di  tal  che  non
qualsiasi  opinione  espressa  e'  sottratta   alla   responsabilita'
giuridica, ma soltanto  le  opinioni  espresse  nell'esercizio  delle
funzioni, al fine di impedire che l'insindacabilita' si trasformi  in
un privilegio personale. In buona sostanza, cio' che e' richiesto  e'
la identificabilita' della dichiarazione resa  quale  espressione  di
attivita' parlamentare e  pertanto  la  riproduzione  all'esterno  di
dichiarazioni rese in sede istituzionale non e'  sindacabile  ove  si
riscontri  "l'identita'  sostanziale  di  contenuto"  fra  l'opinione
espressa in sede istituzionale e quella manifestata in  sede  esterna
(si veda, fra  molte,  Corte  Cost.,  sent.  nn.  321/2000;  11/2001;
79/2002; 298/2004164/2005). 
    In tal modo, per quanto concerne l'attivita' svolta  fuori  dalle
sedi istituzionali, continua  a  rilevare  il  nesso  funzionale  tra
l'attivita' e la funzione protetta, costituendo esso il parametro che
consente  di  discernere  le  opinioni  riconducibili   alla   libera
manifestazione del pensiero, sottoposta ai  limiti  generali  vigenti
per la liberta' di espressione, da quelle che riguardano  l'esercizio
delle funzioni istituzionali (Corte Cost., sent n. 120/2004). 
    Proseguendo su questa strada i giudici della Corte Costituzionale
hanno chiarito il significato di nesso funzionale, affermando che  le
dichiarazioni rese extra moenia in tanto possono essere coperte dalla
garanzia di insindacabilita' in quanto siano collegate  da  un  nesso
funzionale  ad  un'attivita'  istituzionale  precedentemente  svolta,
restando invece irrilevante quella successiva (Corte Cost., sent.  n.
348/2004). Cio' in quanto l'espressione "opinioni  espresse"  di  cui
all'art.  122  comma  4   Cost.   rende   inconfutabile   un'iniziale
perseguibilita' del politico cui possa eventualmente  sovrapporsi  un
successivo atto parlamentare che la escluda (Corte Cost.,  sent.  nn.
347/2004; 28/2005;  Cass.  civ.,  Sez.  III,  sent.  n.  18781/2005).
Pertanto  il  nesso  funzionale  si  manifesta  anche  nel  "medesimo
contesto temporale" fra atto  tipico  e  divulgazione  extra  moenia,
essendo insufficiente l'affermazione di un medesimo contesto politico
(Corte Cost., sent. nn. 176/2005; 317/2006). 
    Riassumendo, affinche' si possa affermare  che  le  dichiarazioni
rese extra moenia costituiscono espressione della funzione politica o
ne rappresentano il momento di divulgazione all'esterno,  occorre  il
concorso di un duplice requisito (Corte Cost., sent. n. 371/2006): 
        a) una sostanziale corrispondenza di significato, non essendo
sufficienti ne' una mera comunanza di argomenti ne' un mero  contesto
politico; 
        b)  un  legame  temporale  fra  l'attivita'  istituzionale  e
l'attivita'  esterna,  di  modo  che  questa  assuma  una   finalita'
divulgativa della prima, considerato che il nesso funzionale non puo'
tollerare  segmenti  temporali  di   ampiezza   tale   da   risultare
incompatibile con la finalita' divulgativa. 
    Nella fattispecie concreta l'articolo datato  8.10.2009  presenta
senza dubbio entrambi i requisiti di cui sopra, essendo: 
        a)  una  pura  e   semplice   trasposizione   del   contenuto
dell'interrogazione 
        b) successivo di appena un giorno all'interrogazione 
e, in quanto tale, risulta anch'esso coperto dall'insindacabilita' di
cui all'art. 122 comma 4 Cost., cosi' come  peraltro  gia'  stabilito
dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 391 del 1999, emessa  in
un caso del tutto analogo, ove ha sancito "la sussistenza del cennato
nesso funzionale, dal  momento  che  le  opinioni  e  le  valutazioni
manifestate  dall'interessato  sulla  stampa  non  fanno  altro   che
riprodurre, sostanzialmente, il contenuto dell' interpellanza  a  suo
tempo presentata". 
    Da tutto quanto fin qui esposto,  si  evince,  con  evidenza,  la
violazione dell'art. 122 quarto comma Cost.  e,  suo  tramite,  degli
artt. 121 e 123  Cost.  di  disciplina  dell'organizzazione  e  delle
funzioni dei supremi organi regionali. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si chiede che Codesta Ecc.ma Corte: 
        dichiari che non spetta allo Stato e, per esso, al  Tribunale
di Venezia accertare la  responsabilita'  del  consigliere  regionale
Nicola Atalmi quale autore dell'interrogazione a risposta  immediata,
presentata il 8.10.2009 al Presidente della Regione dell'epoca, Dott.
Giancarlo Galan, e all'Assessore Sandri e dell'articolo  "La  Tribuna
di  Treviso"  in  data  8.10.2009,  entrambi  concernenti  le   gravi
irregolarita' emerse nel sistema di liquidazione, a  seguito  di  una
verifica interna svolta dalla ULSS n. 9 di Treviso tra il 2008  e  il
2009, con conseguente sottrazione di denaro pubblico per  complessivi
euro 4 milioni; 
        annulli, quanto alla posizione  processuale  del  consigliere
Nicola Atalmi, il provvedimento datato 19.05.2011 a verbale di  causa
del Tribunale di Venezia, e, se del caso, tutti gli  atti  processali
adottati dal Tribunale civile di Venezia  in  relazione  all'atto  di
citazione notificato dalla Societa' SIGMA INFORMATICA  S.P.A.  ed  il
conseguente  giudizio  (R.G.  n.   1475/2010)   nei   confronti   del
consigliere regionale Nicola Atalmi. 
    A fini istruttori si producono i seguenti documenti: 
        1)  DGR  di  autorizzazione  al  ricorso  per  conflitto   di
attribuzione; 
        2) copia atto di citazione della Societa'  Sigma  Informatica
S.p.A. e successive memorie; 
        3) Copia fascicolo processuale  del  consigliere  Atalmi  nel
giudizio avanti il Tribunale  di  Venezia  R.G.  n.  1475/2010,  G.I.
Dott.ssa Balletti; 
        4)  copia  estratto  informatico  della  comunicazione  dello
scioglimento della riserva al punto d'accesso telematico; 
        5) copia autentica del  verbale  di  udienza,  contenente  il
provvedimento del G.I. Dott.ssa Balletti del 19.05.2011. 
        6) attestazione  del  Consiglio  Regionale  del  periodo  del
mandato elettorale quale consigliere regionale di Nicola Atalmi. 
 
          Venezia - Roma, addi' 5 agosto 2011 
 
                 Avv. Zanon - Avv. Mio - Avv. Manzi