N. 214 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 dicembre 2010
Ordinanza del 21 dicembre 2010 emessa dal Tribunale di Ancona nel procedimento civile promosso da C.P. e L.E. nella qualita' di genitori di L.G. contro Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali e Regione Marche. Sanita' pubblica - Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie - Spettanza dell'indennizzo stesso anche ai soggetti che abbiano subito lesioni e/o infermita', da cui siano derivati danni irreversibili all'integrita' psicofisica, per essersi sottoposti a vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata, contro il morbillo, la rosolia e la parotite - Mancata previsione - Lesione di diritto fondamentale - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione del diritto alla salute - Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale nn. 27 del 1998 e 423 del 2000. - Legge 25 febbraio 1992, n. 210, art. 1, comma 1. - Costituzione, artt. 2, 3 e 32.(GU n.44 del 19-10-2011 )
IL TRIBUNALE Nella causa iscritta al n. 604/09 R.G. Lav. promossa da: C.E. - L.E., in qualita' di rappresentanti ex lege della figlia minore, L.G., entrambi rappresentati e difesi dall'Avv. Bruno Pettinari, in virtu' di procura a margine del ricorso introduttivo e, con questi, elettivamente domiciliati in Ancona, C.so Mazzini n. 170, presso e nello studio dell'Avv. Sergio Boldrini - ricorrenti; Contro: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali - Dipartimento Qualita', in persona del Ministro in carica, p.t., rappresentato e difeso, ex lege, dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Ancona, presso la cui sede e' per legge domiciliato, in Ancona, P.zza Cavour, n. 71 - resistente; E contro: Regione Marche, in persona del Presidente p.t. della Giunta Regionale, rappresentata e difesa, giuste delega a margine della memoria di costituzione e Delibera della Giunta Regionale n. 1229 del 27/07/09 in atti, dall'Avv. Marco Maria Pesce, dell'Avvocatura della Regione Marche, ed elettivamente domiciliata presso la sede dell'Avvocatura della Regione Marche, sita in Ancona, via Giannelli, n. 36 - altra resistente; Sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 17/06/2010, ha pronunciato la seguente ordinanza. Rilevato in fatto 1. Con ricorso al giudice dei lavoro del suintestato Tribunale, depositato in data 25 marzo 2009, i ricorrenti in epigrafe indicati, in qualita' di genitori esercenti la potesta' sulla figlia minore, esponevano che quest'ultima, in data 20 gennaio 2006, veniva sottoposta a vaccinazione contro il morbillo, la rosolia e la parotite (MPR; vaccino «Morupar") presso l'ASL di Chiaravalle (AN), con contestuale somministrazione di Fenorbarbital onde evitare il ripetersi di crisi convulsive febbrili di cui la bambina aveva in precedenza sofferto. A distanza di pochi giorni la piccola veniva ricoverata (dal 03/02/06 al 16/03/06) presso il Presidio Ospedaliero «G. Salesi» di Ancona, dove le veniva diagnosticata «necrolisi epidemica tossica (sindrome di Lyell) Trombosi venosa profonda (femorale e iliaca sin.)". Veniva, quindi, descritto il lungo calvario clinico della minore: ricoveri presso il Presidio Ospedaliero «G. Salesi» di Ancona, dal 24/03/06 al 27/05/06, dove veniva sottoposta ad intervento chirurgico a livello inguinale, e presso l'istituto per l'infanzia «Burlo Garofalo» di Trieste dal 18/07/06 al 25/07/06, con esecuzione di svuotamento di ascesso ed applicazione di drenaggio sempre a livello inguinale; difficolta' di deambulazione a causa di edema alla gamba ed al piede sinistro; controlli clinico-strumentali periodici. I ricorrenti, sul presupposto che la loro figlia avesse subito le descritte menomazioni a causa della vaccinazione che le era stata praticata su raccomandazione delle competenti autorita' sanitarie, esponevano di aver avanzato, in data 07/10/2006, nell'interesse della minore, domanda di corresponsione della indennita' ex lege 210/92 in sede amministrativa, sede in cui 1a prestazione era stata negata sul presupposto che la fattispecie dagli stessi dedotta (menomazioni irreversibili a seguito di vaccinazione MPR) non rientrasse tra quelle contemplate dalla citata legge, che limita la corresponsione del richiesto indennizzo in favore dei «soggetti che riportano danni alla salute causate da vaccinazioni obbligatorie o somministrate per ordinanza di un'Autorita' Sanitaria italiana» (cosi', nota della competente Commissione Medico Ospedaliera di Chieti del 27/03/08, in atti). Gli istanti rilevavano, peraltro, che, durante la fase istruttoria del procedimento avviato in sede amministrativa, la Commissione Medica Ospedaliera di Chieti avrebbe ritenuto unanimemente sussistente, nella specie, il nesso di causalita' tra l'episodio vaccinale e l'insorgenza della patologia, come appreso dal C.T.P., che assisteva i genitori della minore in tale fase; la stessa Commissione, pero', restituiva inevasa la pratica all'ASUR Marche - ZT 7, per motivi afferenti al difetto dei requisiti di cui alla legge n. 210/92 «per poter definire l'iter medico-legale disciplinato dalla predetta legge» (cfr. doc. 13, alleg. ric. intr.). I sigg.ri C. e L. esponevano di aver, quindi, proposto ricorso amministrativo avverso il predetto provvedimento di rigetto rimasto inevaso, senza ottenere risposta alcuna. Parte ricorrente rilevava, altresi', che, a pochi mesi di distanza dalla somministrazione per cui e' causa, precisamente in data 16/03/06, l'Agenzia Italiana del Farmaco - in stretta collaborazione e condivisione della decisione con il Ministero della Salute e l'Istituto Superiore di Sanita' - ritirava il vaccino «Morupar» dal commercio, in ragione della riconosciuta alta incidenza di effetti dannosi sulla salute umana, a seguito delle segnalazioni di reazioni allergiche manifestatesi a breve distanza dalla relativa somministrazione, e, in data 17/03/06, il Servizio Salute della Regione Marche comunicava ai competenti uffici delle ASUR di zona tale ritiro (cfr. doc. 6, alleg. ric. intr.). Di qui, il ricorso a questo Tribunale al fine di ottenere l'accertamento del diritto di essi ricorrenti all'erogazione dell'indennita' richiesta nell'interesse della figlia minore, con conseguente condanna del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e/o della Regione Marche alla relativa erogazione, ai sensi degli artt. 1 e ss. della 1. n. 210/92 e ss.mm., nel testo risultante all'indomani delle sentenze nn. 27/98 e 423/00 della Corte costituzionale, con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda (i.e., 23/10/06) o dalla diversa data riconosciuta in corso di causa. A sostegno della propria richiesta, i ricorrenti deducevano che la domanda di indennizzo avrebbe dovuto esser ritenuta ricevibile in ragione dell'assunta applicabilita', nella specie, del principio statuito dalla Corte costituzionale nelle succitate sentenze, ovvero quello della indennizzabilita' delle menomazioni irreversibili conseguenti a vaccinazione che, sebbene non formalmente obbligatoria, fosse stata comunque promossa dalla Pubblica Amministrazione; cio' anche alla stregua dell'interpretazione estensiva accolta dal Tribunale di Milano, con sentenza del 13/12/07, versata in atti, che ha riconosciuto l'indennizzabilita' dei danni subiti da un soggetto sottopostosi a vaccinazione con «Morupar», in quanto vaccino raccomandato. I ricorrenti rilevano che la vaccinazione de qua era stata, invero, non solo promossa, ma anche incentivata dal Ministero della Sanita', cosi' come documentalmente dimostrato attraverso la produzione delle Circolari nn. 5 del 7 aprile 1999 e 12 del 13 luglio dello stesso anno (cfr. docc. 2 e 3, alleg. ric. intr.). 2. Instaurato il contraddittorio, il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, costituitosi in giudizio, previa eccezione del difetto di legittimazione passiva di esso resistente rispetto alle richieste avanzate dai ricorrenti - per essere passivamente legittimata la Regione Marche - negava, in subordine e nel merito, la indennizzabilita', ai sensi della l. 210/92, dei danni permanenti all'integrita' psico-fisica riportati dalla minore e conseguenti alla vaccinazione con Morupar in quanto detta vaccinazione non sarebbe rientrata tra quelle obbligatorie previste dalla legge invocata ex adverso. Si costituiva, altresi', in giudizio la Regione Marche, che svolgeva difese eccependo, parimenti, la carenza di legittimazione passiva dell'Ente - per essere legittimato passivamente il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali quanto alla richiesta di indennita' - e, in subordine, richiamando a proprio favore il medesimo argomento svolto dal Ministero resistente, ovvero la non applicabilita' della legge 210/92 in caso di danni conseguenti a vaccinazione non obbligatoria. Nel corso dell'istruttoria, veniva disposto accertamento medico-legale al fine di acclarare la sussistenza del nesso di causalita' tra la vaccinazione praticata e la menomazione subita dalla minore, quale descritta in ricorso e, in caso positivo, di determinare la classificazione di detta patologia ai sensi della Tab. A del D.P.R. n. 834/81. Il nominato C.T.U. perveniva alle seguenti conclusioni: - sussistenza del nesso di causalita' tra vaccinazione con Morupar e la necrolisi epidermica tossica con trombosi venosa della femorale iliaca sx; ascrivibilita' dei postumi residuati in capo alla minore (esiti di intervento di drenaggio di ascesso in fossa iliaca-regione inguinale sx in quadro di infezione delle pelvi con linfadenite reattiva secondaria ad artrite settica con persistenza di ostruzione della vena femorale comune ed iliaca, estrinsecantesi con edema dell'arto inferiore sx rispetto al controlaterale dx con plus di cm 2 alla coscia alla sura che si estende al piede) alla VII della Tab. A del D.P.R. cit. Ritenuto in diritto 1. La domanda di parte ricorrente non appare, allo stato, accoglibile, anche alla stregua dei limiti del sindacato di questo giudice. Appare, difatti, evidente che i ricorrenti non abbiano diritto all'indennizzo in favore della figlia minore in base al testo dell'art. 1, co. 1, 1. 210/92, non ricorrendo, nella specie, un'ipotesi di vaccinazione obbligatoria. Si ritiene, altresi', di non poter invocare direttamente, nella fattispecie sub iudice, le citate sentenze nn. 27/98 e 423/00 della Corte costituzionale, in quanto dette pronunce attengono a un tipo di vaccinazione diverso da quello qui in esame, ancorche' anch'esso, pur non formalmente obbligatorio, programmato ed incentivato dalla PA. E, invero, con la sentenza n. 27/98, la Consulta ha dichiarato incostituzionale l'art. 1, comma 1, «nella parte in cui» non riconosceva la spettanza dell'indennizzo de quo a favore di quanti si fossero sottoposti alla vaccinazione antipoliomelitica nel periodo di vigenza della legge 695/1959, che raccomandava la vaccinazione, ma non la rendeva obbligatoria. Ancora, con la sentenza n. 423 del 2000, il Giudice delle leggi e' pervenuto alla declaratoria di incostituzionalita' sempre del primo comma dell'art. 1 «nella parte in cui» non prevedeva il diritto all'indennizzo in favore di coloro che si fossero sottoposti a vaccinazione antiepatite B nel periodo antecedente alla legge n. 165/91, che ha reso tale vaccinazione obbligatoria, ed in cui il vaccino in questione era oggetto di una campagna volta ad incentivare e diffondere la relativa pratica. Per contro, secondo parte ricorrente, dalle due decisioni del Giudice delle leggi si dovrebbe estrapolare il piu' generale principio secondo cui non potrebbe distinguersi, ai fini del riconoscimento del diritto all'indennizzo, il caso del trattamento sanitario promosso dalla Pubblica autorita', in vista di una sua diffusione capillare, da quello in cui tale trattamento sia espressamente imposto dalla legge. Deve riconoscersi che non sono mancate pronunce di giudici di merito (v., oltre alla sentenza del Trib. Milano, 13/12/2007 - invocata dai ricorrenti -, Corte App. Campobasso, 12/06/06 e Corte App. Sassari, 05/08/04), che, a seguito delle declaratorie di incostituzionalita' di cui si e' detto, hanno inteso riconoscere il diritto all'indennizzo, ex art. 1, comma 1, 1. n. 210 del 1992, in presenza di danni conseguenti a vaccinazioni non obbligatorie pur diverse da quelle specificamente oggetto delle pronunce della Corte costituzionale, in quanto, comunque, programmate ed incentivate dalla Pubblica Autorita'. Si e', cosi', tentato di effettuare una sorta di estensione analogica del disposto normativo in esame, cosi' come integrato dalla Corte Costituzionale, nonostante la evidente difficolta' - per la chiara formulazione della legge - di equiparare, ai fini dell'indennizzo, le vaccinazioni semplicemente raccomandate a quelle obbligatorie. Tale interpretazione appare, pero', non soddisfacente sebbene dettata, sostanzialmente, dall'esigenza di colmare una lacuna e riparare una disparita' evidente di trattamento. Pur vero che, nell'interpretare ogni norma di legge, deve ad essa darsi, se possibile, un significato compatibile con le disposizioni costituzionali in materia: onde, si potrebbe sostenere che l'art. 1, comma 1, della legge n. 210/1992, letto alla luce degli interventi della Corte costituzionale in materia di vaccinazioni non obbligatorie ma raccomandate, possa estendersi anche alla fattispecie sub iudice, conformemente al principio di uguaglianza e di tutela della salute; ma il giudice non potrebbe darsi carico del superamento di un'antinomia tra testo legislativo e normativa costituzionale laddove il tenore letterale della disposizione di legge non consenta un'interpretazione adeguatrice. Ebbene, ritiene questo Tribunale di non poter legittimamente operare una estensione analogica della norma citata, diversamente da quanto auspicato da parte ricorrente, alla luce dei principi desunti dalle sentenze nn. 27/98 e 423/00. Cio' deve dirsi in considerazione della tipologia delle sentenze in questione: si tratta, difatti, di pronunce aventi una valenza additiva per omissione, il cui dispositivo - nel dichiarare l'incostituzionalita' della norma nella «nella parte in cui non prevede [...]» - e' formulato non gia' in termini generali, rispetto a tutte le ipotesi di vaccinazioni non obbligatorie ma raccomandate, ma circoscritti alle sole omissioni determinate e specifiche sottoposte all'esame della Consulta dai giudici a quibus, ovvero, rispettivamente, al vaccino antipolio e al vaccino antiepatite B. Tali sentenze additive devono, percio', intendersi come decisioni vertenti sulle omissioni legislative (norme esclusive o negative implicite, ricavabili dagli articoli di legge incostituzionali) conformemente a quello che il relativo dispositivo individua come oggetto della dichiarazione di incostituzionalita'. Invero, se si fosse trattato di sentenze additive di principio, il cui (generico) dispositivo non aggiunge alla disposizione una norma precisa bensi' un principio in ordine alle possibili soluzioni adeguatici, questo giudice avrebbe potuto risolvere la questione sulla base di quel principio, quale evincibile dalle sentenze della Corte, per porre frattanto rimedio all'omissione del legislatore (arg. ex Corte cost., sent. n. 295 del 1991). L'art. 1, comma 1, 1. 210/92, pur cosi' come integrato dalle predette sentenze, non consente, dunque, un'interpretazione estensiva o un'integrazione analogica idonee ad includere tra gli aventi diritto all'indennizzo anche i danneggiati da vaccinazione MPR. Siffatta esegesi e' autorevolmente presupposta e avallata dalla Cassazione, secondo cui (arg. ex Cass., sez. lav., sentenza n. 12946 del 16 giugno 2005) la lettera della legge non potrebbe consentire una estensione della tutela al di la' delle ipotesi ivi specificamente descritte. Secondo un costante insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, l'indennizzo ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati, di cui alla legge n. 210 del 1992, ha natura assistenziale in senso lato, in quanto riconducibile agli artt. 2 e 32 Cost. ed alle prestazioni poste a carico dello Stato in ragione del dovere di solidarieta' sociale che sullo stesso grava: proprio la natura del beneficio in esame, quale forma di solidarieta' sociale, imporrebbe un'applicazione rigorosa della norma stessa. Al contempo, questo giudice dubita che la disciplina di cui all'art. 1, co. 1, 1. 241/92, nella parte in cui non prevede alcuna tutela per i soggetti che abbiano contratto menomazioni irreversibili a seguito di vaccinazione - non obbligatoria, ma raccomandata - con «Morupal», sia conforme alle norme costituzionali. Dunque, verificata vanamente la possibilita' di giungere ad una lettura che, nel rispetto dei comuni canoni ermeneutici, consenta di intendere la disposizione di cui all'art. 1, co. 1, cit. in armonia con la Costituzione, questo Tribunale ritiene di essere chiamato - in un sistema a sindacato costituzionale accentrato - a percorrere la strada della proposizione della quaestio legitimitatis, rimettendo la questione al Giudice della legittimita' costituzionale delle leggi. La questione di legittimita' costituzionale dell'anzidetta norma di legge - rilevabile d'ufficio - assume rilevanza pregiudiziale ai fini della decisione della presente causa e appare non manifestamente infondata, per le ragioni che si diranno in prosieguo. 2. Appare necessario un breve riepilogo delle disposizioni vigenti in materia di indennizzo a carico dello Stato per danni conseguenti a profilassi vaccinale. Va premesso che la legge n. 210/92 ha introdotto una tutela in termini di «sicurezza sociale», con scopo solidaristico, in favore dei soggetti danneggiati irrimediabilmente a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati ovvero a seguito dell'esercizio di attivita' di cura promosse o gestite dallo Stato, in quanto considerate necessarie per la tutela della salute pubblica. Tale sistema di sicurezza sociale e' stato introdotto, in ossequio agli artt. 2 e 32 Cost., a seguito della sentenza n. 307/90 della Corte Costituzionale, a prescindere dalla ricorrenza, in concreto, dei presupposti della responsabilita' civile. Nella citata sentenza n. 307, si e' evidenziata la compatibilita' di un sistema impositivo di trattamenti sanitari con l'art. 32 Cost., laddove siffatti trattamenti siano volti non solo a migliorare e/o conservare lo stato di salute di chi vi e' assoggettato, ma anche a preservare quello della collettivita'; la Consulta ha, altresi', puntualizzato che un trattamento sanitario puo' essere reso obbligatorio solo a condizione che lo stesso non vada ad incidere negativamente sullo stato di salute del destinatario diretto o che, comunque, nel caso di eventuale danno, sia prevista una protezione ulteriore ovvero un equo ristoro a carico della collettivita' e, per essa, dello Stato che quel trattamento ha imposto. E cio' in ragione di un necessario bilanciamento tra il valore individuale della salute e lo spirito di solidarieta' reciproca tra individuo e collettivita', che sarebbe alla base dello stesso trattamento obbligatorio. In difetto di una prestazione indennitaria, il soggetto danneggiato sarebbe costretto a sopportare, da solo, tutte le conseguenze negative di un trattamento sanitario effettuato non solo nell'interesse dell'individuo, ma anche dell'intera societa'. Ebbene, in relazione al caso sottoposto all'attenzione di questo giudicante, deve richiamarsi, l'art. 1 della legge in esame che, al comma 1, prevede, come piu' volte chiarito, il diritto all'indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nelle forme stabilite dalla legge stessa, in favore di chiunque abbia riportato lesioni o infermita' da cui sia derivata una menomazione permanente dell'integrita' psico-fisica a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorita' sanitaria italiana. Cio' premesso, si ricorda, che la norma contenuta nel comma 1 in esame e' stato oggetto di plurimi interventi della Corte costituzionale. Per quanto piu' propriamente interessa in questa sede, giova ricordare come i giudici di Palazzo della Consulta si siano pronunciate con due sentenze riguardanti cittadini che avevano subito un presunto danno in seguito alla somministrazione di vaccini non obbligatori ma oggetto di una politica incentivante. La prima sentenza e' la n. 27 del 1998, di cui si e' detto, e che ha limitato la declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 1, co. 1, in commento, alla mancata previsione del diritto all'indennizzo di coloro che si fossero sottoposti a vaccinazione antipolio quando la stessa non era ancora obbligatoria, ma, di fatto, raccomandata dalla Pubblica Autorita'. La Corte ha rilevato che «non vi e' ragione di differenziare [...] il caso [...] in cui il trattamento sanitario sia imposto per legge da quello [...] in cui esso sia, in base ad una legge, promosso dalla pubblica autorita' in vista della sua diffusione capillare nella societa'; il caso in cui si annulla la libera determinazione individuale attraverso la comminazione di una sanzione, da quello in cui si fa appello alla collaborazione dei singoli a un programma di politica sanitaria. Una differenziazione che negasse il diritto all'indennizzo in questo secondo caso, si' risolverebbe in una patente irrazionalita' della legge. Essa riserverebbe infatti a coloro che sono stati indotti a tenere un comportamento di utilita' generale per ragioni di solidarieta' sociale un trattamento deteriore rispetto a quello che vale a favore di quanti hanno agito in forza della minaccia di una sanzione». Confermando l'orientamento gia' espresso con la sentenza 27/1998 - a proposito del vaccino della poliomielite -, la Consulta ha, successivamente, dichiarato incostituzionale sempre il primo comma dell'art. 1 «nella parte in cui» non prevede il diritto all'indennizzo in favore di coloro che si sono sottoposti a vaccinazione antiepatite B prima che la stessa divenisse obbligatoria; anche in questo caso, il riconoscimento dell'indennizzabilita' delle menomazioni permanenti e' stato giustificato dalla circostanza che la vaccinazione fosse comunque raccomandata (cfr. Circolare Min. Sanita', 11 gennaio 1983, n. 2); secondo i giudici, non vi e' ragione per differenziare il caso in cui il trattamento sanitario sia imposto per legge da quello in cui esso sia promosso dalla pubblica autorita' in vista di una capillare di ione nella societa'» (cosi', sent. n. 423 del 2000). Osserva 1. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale nel giudizio a quo. Si ritiene che la questione in esame risulti rilevante ai fini del decidere poiche' l'oggetto del presente giudizio consiste nella richiesta dei ricorrenti di condanna all'erogazione dell'indennizzo ex lege 240/92, in favore della loro figlia minore, indennizzo, secondo i resistenti, non riconoscibile, in base ad un'interpretazione letterale della disposizione qui censurata. La incidenza «attuale» della questione nel giudizio a quo e' facilmente apprezzabile, non potendosi prescindere dalla norma oggetto del dubbio di legittimita' costituzionale per la definizione «nel merito», una volta esclusa - tanto sul piano dell'interpretazione letterale, quanto su quello dell'interpretazione costituzionale (quale emergente dalle decisioni della Corte costituzionale, di cui alle sentt. nn. 27 del 1998 e 423 del 2000) - la possibilita' di estendere il beneficio richiesto all'ipotesi sub iudice. Nel presente giudizio sono provate e/o comunque non contestate - dunque, pacifiche - le seguenti circostanze: - l'episodio della vaccinazione praticata alla figlia dei ricorrenti in data 20 gennaio 2005; - l'insorgenza della patologia, con i relativi esiti permanenti (necrolisi epidermica tossica e trombosi profonda venosa), diagnosticata nel corso del ricovero ospedaliero dal 03/02/06 al 16/03/06; - la sussistenza del nesso di causalita' tra l'episodio vaccinale ed i danni all'integrita' fisica della minore; - la presentazione della domanda di indennizzo entro i termini di legge. Le resistenti, difatti, danno per presupposte la vaccinazione e la successiva insorgenza della patologia, argomentando l'infondatezza della domanda dei ricorrenti soltanto sulla non indennizzabilita' ex lege dei danni conseguenti al dedotto episodio vaccinale (cfr. pg. 4 mem. cost. Ministero e pg. 7 mem. cost. Regione Marche). In ogni caso, alla luce delle conclusioni rassegnate dal CTU nominato, deve riconoscersi, come visto in apertura, che «Sussiste nesso di causalita' tra la vaccinazione a carico di L .G. e la successiva patologia insorta [...] necrolisi epidermica tossica (S. di Lyell) con trombosi venosa profonda della femorale ed iliaca sx" (v. C.T.U. in atti, pg. 18). In particolare, il CTU ha ritenuto sussistente la dipendenza causale in termini di concausalita' tra i trattamenti finalizzati alla vaccinazione e l'insorgere della necrolisi epidermica tossica con trombosi venosa profonda della femorale ed iliaca sx. La piccola L. era, infatti, soggetto esposto al rischio di crisi convulsive febbrili e che, quindi, per effettuare la vaccinazione raccomandata dal Ministero della salute ha dovuto effettuare la profilassi con fenobarbital, profilassi che va, quindi, qualificata come momento caratterizzante la vaccinazione» (v. CTU pag. 17). Va, inoltre, rilevato come nell'ipotesi esaminata risulti per tabulas, ovvero sulla base della documentazione prodotta e neppure posta in contestazione, che vi sia stata, con riferimento alla vaccinazione antimorbillo-parotite-rosolia una campagna di sensibilizzazione: 1) il D.M. 7 aprile 1999 - G.U. n. 87 del 15 aprile 1999, sub art. 5, indicava la somministrazione del vaccino MPR nell'ambito del calendario delle vaccinazioni raccomandate (cfr. art. 1, co. 2, D.M. cit.): la «vaccinazione antimorbillo-parotite-rosolia (MPR) va somministrata in un periodo di tempo compreso tra il dodicesimo mese ed il quindicesimo mese di vita»; 3) la Circolare n. 5 del 7 aprile 1999 dell'allora Ministero della Sanita', recante Il nuovo calendario delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per l'eta' evolutiva, prevedeva, all'art. 5, una serie di obiettivi operativi di profilassi immunitaria e di sorveglianza, basati sulla somministrazione di due dosi di vaccino antimorbillo-parotite-rosolia, vaccino ricompreso tra quelli raccomandati alla luce dell'art. 1, co. 2; in particolare, nel recepire gli obiettivi dell'OMS, il PSN 98/00 prevede una copertura vaccinale del 95% della popolazione per MPR; 4) la Circolare n. 12 del 13 luglio 1999, in tema di Controllo ed eliminazione di morbillo, parotite e rosolia attraverso la vaccinazione, conteneva specifiche indicazioni per l'attuazione della vaccinazione ad opera delle Regioni, delle AUSL, e di altri operatori di cui al Piano Nazionale Vaccini: il vaccino MPR avrebbe dovuto essere offerto gratuitamente in ogni ASL, alla luce dell'art. 1, co. 16-bis, 1. 23 dicembre 1994, n. 724; inoltre, era previsto che il bambino candidato alla vaccinazione dovesse essere chiamato per la seduta vaccinale con un invito scritto indirizzato al suo domicilio (v. doc. 3); al fine di realizzare una copertura vaccinale per soggetti in eta' superiori (2-18 aa.), era prevista, inoltre, la raccomandazione di vaccinare quanti, per qualsiasi causa, si fossero presentati al Servizio vaccinale senza le certificazioni attestanti l'avvenuta vaccinazione MPR; 5) la Nota informativa contenente l'Aggiornamento relativo alla sicurezza del vaccino Morupar, dell'Agenzia Italiana del Farmaco (cfr. doc. 5 ric. intr.), riconosceva espressamente che la «vaccinazione contro queste malattie rappresenta [...] una priorita' sanitaria nazionale», dando atto di una campagna vaccinale in corso, dell'avvio del Piano Nazionale di Eliminazione del Morbillo e della Rosolia Congenita nel 2003, per l'offerta della vaccinazione, e dell'attivita' straordinaria di vaccinazioni con MPR sin dal 2004 (cfr. Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province Autonome - seduta del 13/11/2003 - G.U. n. 297 del 23/12/03); 6) ancora, la dichiarazione del 22/02/08, a firma del Responsabile del Servizio Igiene e Sanita' Pubblica Zona Territoriale n. 7 Ancona, espressamente recitava: la «vaccinazione antimorbillo-parotite-rosolia non e' una vaccinazione obbligatoria per legge, ma e' compresa tra le vaccinazioni raccomandate nel calendario vaccinale per l'eta' pediatrica indicato dal Piano Nazionale Vaccini 2005-2007 (Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province Autonome - Determinazione 3 marzo 2005 - G.U. n. 63 del 14.04.2005); inoltre l'offerta di questa vaccinazione e' prevista dal «Piano nazionale di eliminazione del morbillo e della rosolia congenita» (Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province Autonome - Seduta del 13.11.2003 - G.U. n. 297 del 23.12.03) recepito dalla Regione Marche con le D.G.R. n. 38 del 20.01.04 e n. 548 del 18.05.2004» (cfr. doc. prodotto dai ricorrenti all'udienza del 17/09/09 ed elaborato peritale in atti, pg. 16). In relazione a quanto richiamato nel precedente punto e per avvalorare gli assunti di cui sopra, giova ricordare come l'Accordo del 13 novembre 2003 tra il Ministro della salute, le Regioni e le Province Autonome - recante il Piano nazionale per l'eliminazione del morbillo e della rosolia congenita - in sede di Conferenza Permanente per i rapporti Stato, Regioni e Province Autonome evidenziasse, testualmente, che la vaccinazione MPR, inclusa nei Livelli Essenziali di Assistenza, avesse un «profilo di costi-benefici estremamente favorevole» . Ricorda al riguardo questo Tribunale come il D.P.C.M. 29 novembre 2001, di definizione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria, quali confermati dall'art. 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nel livello essenziale «assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro - punto I-F», ricomprendesse, tra le attivita' di prevenzione, le vaccinazioni raccomandate accanto a quelle obbligatorie. Di qui la definizione di una precisa strategia di vaccinazione; si possono, all'uopo, richiamare alcuni passi dell'Accordo del 2003, gia' ricordato, che prevedeva di: «raggiungere e mantenere nel tempo coperture vaccinali entro i 2 anni per una dose di MPR > 95%; vaccinare sia i bambini oltre i 2 anni di eta' che gli adolescenti ancora suscettibili, effettuando una attivita' straordinaria di recupero rivolta ai bambini che frequentano le scuole elementari e medie, durante gli anni scolastici 2003-2004 e 2004-2005; introdurre la seconda dose di vaccino morbillo, rosolia e parotite (MPR)». Tra le principali azioni necessarie per ottenere il raggiungimento dei predetti obiettivi di tutela della salute, si prevedevano: «la conduzione di tutte le azioni che hanno dimostrato evidenza di efficacia nell'aumentare le coperture vaccinali; la realizzazione di anagrafi vaccinali; la effettuazione di una adeguata catena di informazione e comunicazione rivolta alla popolazione generale» (grassetto ed interlinea aggiunti). La realizzazione di un'anagrafe vaccinale era considerata funzionale all'identificazione dei soggetti non vaccinati ed alla realizzazione di un invito attivamente realizzato (: chiamata con telefonata, lettera o cartolina postale), cosi' sollecitando coloro che non si fossero presentati alla vaccinazione (cfr., in tal senso, Piano nazionale cosi' come sancito dalla Conferenza Permanente del 13 novembre 2003, cit.). Il Piano Regionale di attuazione del Programma nazionale, approvato con la succitata Delibera della Giunta della Regione Marche n. 548/04, dava esplicitamene atto di come il Servizio Sanita' Pubblica regionale avesse da sempre promosso fortemente la vaccinazione di cui si discute, con circolari di indirizzo, iniziative di formazione e verifiche dei risultati; si raccomandava, quindi, l'attuazione della chiamata attiva alla vaccinazione nei confronti della popolazione target (sempre con telefonata, lettera o cartolina postale) e la sollecitazione di quanti non si fossero presentati. Lo stesso Piano contemplava, altresi', una campagna straordinaria di recupero per la vaccinazione di massa, con un forte coinvolgimento delle strutture scolastiche e la predisposizione di appositi moduli per le lettere di invito da consegnare ai genitori. Come dimostrato, sono intervenute numerose circolari del Ministero della Sanita', tutte volte a diffondere la sottoposizione a tale misura sanitaria preventiva, in vista del conseguimento del fine generale di immunizzazione della collettivita' da morbillo, rosolia e parotite, con una campagna promossa dall'autorita' sanitaria ed un programma che ha coinvolto le strutture sanitarie in un'opera di sensibilizzazione ai rischi che dette malattie infettive potessero portare, per se' e per gli altri. Sempre al fine di recuperare i soggetti non vaccinati era prevista la organizzazione di campagne speciali. La campagna straordinaria era basata sull'offerta attiva di una dose di vaccino MPR a tutti i bambini che frequentavano la scuola elementare e media che non fossero stati precedentemente vaccinati o che avessero eseguito una sola dose. La svolta campagna informativa sollecitava e responsabilizzava le famiglie sui rischi per la salute individuale e collettiva derivante dalla mancata vaccinazione dei bambini: in caso di rifiuto della vaccinazione da parte della famiglia, tale rifiuto avrebbe dovuto essere esplicitamente registrato. E' chiaro, dunque, che vi e' stata una operazione, guidata dalla Pubblica Autorita', di profilassi generalizzata; che la somministrazione del vaccino era gratuita ed estesa a tutti i bambini; che il problema della immunizzazione generale della popolazione infantile era vivamente sentito nella comunita'. Vi sono state, in sostanza, sollecitazioni della Autorita' Pubblica che mal si conciliano con un'assoluta liberta' di provvedere a vaccinare i propri figli. Tanto esposto, non si ravvisa la possibilita' di procedere oltre nel giudizio in corso, senza la preventiva decisione della Corte Costituzionale sulla pregiudiziale questione di illegittimita' dell'art. 1, co. 1., cit. giacche', una volta accertata la sussistenza di una causalita' diretta dell'evento vaccinale rispetto alla patologia oggi in essere, l'accoglimento della domanda di indennizzo viene a dipendere dall'esito del giudizio di costituzionalita', non sussistendo ulteriori eccezioni ostative all'accoglimento del ricorso. 2. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale formulata. 2.1. Violazione dell'art. 2 Cost. Tanto esposto in ordine alla rilevanza della questione, quanto alla non manifesta infondatezza della stessa, va rilevato che la disposizione di legge che si intende porre al vaglio della Corte costituzionale pare confliggere con il quadro costituzionale, precisamente con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione. La funzione della legge n. 210/1992 va ricercata, eminentemente, nel conferire attuazione a diritti inviolabili dell'uomo sanciti nella Costituzione italiana: nell'art. 2, con riferimento al diritto/dovere inderogabile di solidarieta' sociale; nell'art. 3, ove vengono riconosciute a tutti pari opportunita'; nell'art. 32, che tutela la salute. I dubbi di legittimita' costituzionale devono ritenersi non manifestamente infondati per i motivi che seguono. Come chiarito, il I comma dell'art. 1, della cui verifica di costituzionalita' oggi si tratta, e' stato oggetto di vari interventi giurisprudenziali, anche della Consulta, cui si rimette l'attuale questione. Si ritiene di poter qui richiamare le argomentazioni svolte dalla Corte costituzionale nelle piu' volte citate sentenze nn. 27/98 e 423/00. La motivazione delle predette pronunce si fonda essenzialmente sul principio solidaristico. Alla base di entrambe le sentenze sta la considerazione che sia possibile assimilare le specifiche vaccinazioni antipolio e antiepatite B, per il periodo in cui le stesse erano semplicemente raccomandate, a quelle obbligatorie in ragione di alcune fondamentali argomentazioni: 1) la causa dell'evento dannoso sia dipesa da decisioni adottate in vista di un beneficio di carattere generale; 2) il diritto individuale alla salute subisca una compressione in nome della solidarieta' verso gli altri; 3) le vaccinazioni in questione, pur non essendo obbligatorie, erano raccomandate da atti delle competenti autorita'. La giurisprudenza costituzionale e' ormai ferma nel considerare che la ragione giustificativa dell'indennizzo debba rinvenirsi nella tutela dell'interesse alla promozione della salute collettiva - che puo' venire assunto ad oggetto di un obbligo legale o di una pubblica politica di diffusione - e non gia' e non tanto nell'obbligatorieta' in quanto tale del trattamento, che costituisce mero strumento per il perseguimento di siffatto interesse generale (arg. ex Corte cost., sent. n. 226 del 2000). Parafrasando quanto ritenuto dalla Corte costituzionale, va sottolineato che non sussistono ragioni per cui la tutela della salute, e, con essa, la misura di sostegno economico correlata, dovrebbero essere diversamente orientate nell'ipotesi de qua. L'indennizzo previsto dal legislatore del '92 presenta una ratio strettamente correlata ad una reciproca interazione fra diritto individuale alla salute e interesse della collettivita', condizionando l'obbligo di quest'ultima di farsi carico, solidaristicamente, dei danni subiti dall'individuo in presenza di un nesso funzionale diretto fra sottoposizione ad un trattamento sanitario - rivelatosi dannoso - e benefico per la collettivita'. Se tale e' la ratio legis, risulta irragionevole che, nell'elencazione dei soggetti aventi diritto all'indennita' di cui all'art. 1, non compaia anche chi, come la figlia degli odierni ricorrenti, abbia riportato menomazioni irreversibili per effetto di vaccinazioni che siano state oggetto di una politica sanitaria incentivante, come si e' dimostrato essere la vaccinazione MPR (v. supra, sub § 1 delle osservazioni). Non puo' piu', difatti, dubitarsi che, nel periodo in cui la minore veniva sottoposta a vaccinazione MRP, era in atto, una campagna di promozione, con spese a carico dei diversi Enti pubblici preposti alla tutela della salute dei cittadini. Gia' nella sentenza n. 118/96, il Giudice delle leggi ha rilevato la compresenza, nell'ambito dell'art. 32 Cost., di due aspetti afferenti la tutela della salute, aspetti che possono, talora, entrare in conflitto: a) l'interesse individuale del singolo alla tutela della sua salute; b) la salute come interesse collettivo della comunita' statale. Il dettato costituzionale legittima la coartazione della libera autodeterminazione dell'individuo circa il trattamento sanitario nell'interesse della tutela della collettivita' ma non puo' giungere ad impone, tout court, al singolo di «sacrificare la propria salute a quella degli altri». Nel conflitto tra interesse individuale e collettivo, il principio di solidarieta' se, da un lato, fa prevalere l'interesse collettivo su quello individuale, dall'altro, impone di prevedere una riparazione adeguata per quanti abbiano ricevuto un danno alla salute nell'adempiere i medesimi doveri di solidarieta' che fondano il diritto all'indennizzo. Un corretto bilanciamento delle due dimensioni (quella individuale e quella collettiva) della salute implica che la riparazione sia dovuta «per il solo fatto obiettivo e incolpevole dell'avere subito un pregiudizio inevitabile, in un'occasione dalla quale la collettivita' nel suo complesso trae beneficio». Ebbene, tale riparazione si impone anche nell'ipotesi di vaccinazione non obbligatoria ma ampiamente caldeggiata dalle istituzioni sanitarie. Anche in questa ipotesi si ravvisa la presenza dei medesimi requisiti dell'ipotesi normativamente descritta all'art. 1, comma 1, 1. n. 210/1992: «non e' lecito, alla stregua degli artt. 2 e 32 della Costituzione, richiedere che il singolo esponga a rischio la propria salute per un interesse collettivo, senza che la collettivita' stessa sia disposta a condividere, come e' possibile, il peso delle eventuali conseguenze» (cosi', Corte cost., sent. n. 307/1990). In difetto, si finirebbe con il sacrificare il contenuto minimo del diritto alla salute di quanti sono stati indotti alla vaccinazione da ragioni di solidarieta' sociale. In particolare l'art. 1, comma 1, della legge n. 1992 esprime il dovere collettivo di consentire l'adempimento di un compito di solidarieta' sociale - dovere che connota la forma costituzionale di Stato sociale - e, nel contempo, riconosce un diritto collocabile fra quelli inviolabili dell'uomo. Trasponendo le riferite conclusioni alla materia che qui ci occupa, va sottolineato che i ricorrenti si siano determinati alla vaccinazione: - per la tutela della salute non solo della figlia, ma anche di quella altrui, in rapporto all'elevato rischio di contagio, in eta' scolare e prescolare; - per il coinvolgimento delle strutture pubbliche nelle fasi del controllo farmacologico, della somministrazione e della propaganda. Come visto, la Pubblica Autorita' aveva fortemente incentivato la vaccinazione MPR, pur non imponendola come obbligo giuridico: «La vaccinazione contro il MPR e' raccomandata nel nostro Paese dal 1979, e' stata inclusa nel calendario nazionale del 1999» (fonte: Conf. Permanente 13 novembre 2003 ult. cit.) e la Circolare n. 12 del 13 luglio 1999, espressamente prevedeva che la copertura vaccinale per MPR «non ha solo lo scopo di prevenire la malattia bersaglio nell'individuo ma anche quello di ridurre o interrompere la circolazione dell'agente patogeno nella popolazione». Nella fattispecie in esame, dunque, si e' fatto appello alla collaborazione dei singoli, ivi compresi gli odierni ricorrenti, ad un programma capillare di politica sanitaria. Si e' trattato, pertanto, di vaccinazione eseguita per il conseguimento del fine generale di immunizzazione della collettivita', non potendosi la stessa definire il frutto di una autodeterminazione dei ricorrenti. Giacche', dunque, la decisione di questi ultimi e' stata adottata in vista di un beneficio di carattere generale, con conseguente compressione del diritto alla salute della figlia minore in nome della solidarieta' verso gli altri, appare ragionevole che sia la collettivita' stessa, impersonata dallo Stato, a dover assumere i relativi costi, mediante il riconoscimento di un indennizzo. E l'interesse generale alla promozione della salute collettiva tramite il trattamento sanitario, assunto a oggetto di un obbligo legale o di una politica pubblica di incentivazione, che impone costituzionalmente alla collettivita' di assumere la partecipazione alle difficolta' del singolo. 2.2. Violazione dell'art. 3 della Costituzione. Ora, ritiene questo Tribunale che il vuoto di tutela innanzi evidenziato si ponga in evidente contrasto con il nucleo essenziale del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, per l'irrazionale disparita' di trattamento tra situazioni di fatto assimilabili. Come piu' volte chiarito dalla Consulta, il principio di eguaglianza risulta violato anche quando la legge, senza ragionevole motivo, preveda un trattamento diverso rispetto a soggetti che si trovino in situazioni eguali e/o comparabili. Ai sensi dell'art. 3 Cost., il legislatore, dettata una determinata disciplina in un certo settore, resta vincolato alle sue stesse scelte in relazione al principio di uguaglianza, nel senso che non puo' regolamentare in maniera del tutto differente ipotesi eguali e/o analoghe; in particolare, lo stesso non puo' negare qualsiasi forma di tutela a chi si trova in situazioni eguali o patentemente analoghe a quelle oggetto di tutela legislativa. Ebbene, si ritiene che sia stata dimostrata la manifesta comparabilita' tra l'evento dannoso derivante da trattamento obbligatorio ed evento dannoso conseguente a trattamento sanitario raccomandato (sempre nell'interesse della collettivita'). E' indubbio che l'imperativo della razionalita' della legge impone che la ratio degli interventi legislativi di questo tipo debba essere integralmente perseguita. Lo Stato non puo' ignorare o limitare la propria responsabilita' oggettiva nei confronti dei cittadini, per lo piu' bambini, danneggiati da trattamenti scientificamente gravati da un rischio di effetti collaterali, piu' o meno gravi e permanenti, dopo averne consigliato il trattamento sanitario. In effetti, la ragione indennitaria che giustifica le misure a vantaggio delle categorie previste non puo' non valere allo stesso modo per il caso che qui interessa. Ricorrendo identica ratio indennitaria, sarebbe quindi ravvisabile, nella specie, la violazione dell'art. 3 della Costituzione: per la lesione dell'integrita' psico-fisica derivante dalla vaccinazione obbligatoria e' previsto un indennizzo mentre nessuna tutela viene riconosciuta a coloro che, come la figlia degli odierni ricorrenti, in dipendenza di evento vaccinatorio similare, in quanto raccomandato, abbiano subito danni permanente nell'interesse della collettivita' (: protezione dalle epidemie). In difetto di un equo ristoro in favore del soggetto passivo del trattamento sanitario raccomandato, si avrebbe l'irrazionale risultato di concedere l'indennizzo a coloro i cui genitori hanno adottato un comportamento di utilita' generale dietro la minaccia della sanzione e di negarlo, per contro, a coloro i cui genitori hanno fatto ricorso alla vaccinazione per ragioni di solidarieta' sociale: come rilevato dai giudici di Palazzo della Consulta, non vi e' ragione di distinguere il caso in cui la libera determinazione individuale e' annullata dalla minaccia della sanzione da quello in cui si fa appello alla collaborazione dei singoli (in base) a un programma di politica sanitaria» (cosi', Corte cost., sent. n. 423/00, cit.). L'evidente omogeneita' delle situazioni messe a confronto (vaccinazione obbligatorie e vaccinazioni raccomandate, oggetto di campagne incentivanti) conduce a ritenere irrazionale la prospettata disparita' di trattamento: la ratio del diritto all'indennizzo risiede, tanto nel caso di un trattamento sanitario obbligatorio tanto in quello di una politica incentivante, nell'interesse pubblico di promozione della salute collettiva tramite il trattamento sanitario stesso (cfr. Corte cost., sent. n. 226 del 2000) e quello stesso interesse pubblico e' fondamento dell'obbligo generale di solidarieta' nei confronti di quanti, sottoponendosi al trattamento (obbligatorio o raccomandato), all'atto di immunizzare oltre che se stessi anche l'intera collettivita', risentano di un pregiudizio irrimediabile alla salute. Sussistono, dunque, nella specie, tutti i presupposti che hanno gia' indotto la Corte costituzionale, dapprima, con la sentenza n. 27/98, e, quindi, con la sentenza n. 423/00, a ritenere costituzionalmente dovuto l'indennizzo ex lege 210 anche ai soggetti destinatari di una vaccinazione raccomandata. Anche sotto un altro profilo deve dubitarsi della ragionevolezza del disposto dell'art. 1 della legge in esame. Tale norma, infatti, al comma 4, estende i benefici previsti dalla legge a fattispecie di trattamenti non obbligatori. La disparita' di trattamento di cui si e' detto appare ancora piu' irrazionale laddove si abbia riguardo al riconoscimento di una tutela a favore di coloro che si siano vaccinati «per accedere ad uno Stato estero». Orbene, la previsione di un indennizzo a favore di tali soggetti non appare ragionevolmente compatibile con l'esclusione dello stesso diritto in favore di chi si sia sottoposto ad un vaccino raccomandato - per ragioni, lo si ripete, di utilita' generale - , non ritenendo questo giudice di poter ravvisare un interesse tanto rilevante - anche alla stregua dei valori costituzionalmente protetti - da giustificare la limitazione a quel caso del diritto all'indennizzo, evidenziandosi che l'accedere ad uno Stato estero potrebbe ricomprendere anche l'effettuazione di viaggi di mero piacere. Incidenter tantum, si rileva come i profili di incostituzionalita' esposti non richiederanno una pronuncia additiva-manipolatrice «ultra vires», in campi riservati alle scelte discrezionali del Parlamento, posto che tale discrezionalita', come piu' volte chiarito dalla Consulta, non e' sottratta al sindacato di costituzionalita' in ordine al rispetto del canone di ragionevolezza e logicita'. 2.3. Violazione dell'art. 32 della Costituzione. Ulteriore ragione che induce a dubitare della legittimita' costituzionale della disposizione in esame e' la possibile lesione dell'art. 32 della Costituzione. Lo stesso indennizzo in esame parrebbe riconducibile anche all'obbligo di tutela della salute costituzionalmente previsto; la norma sottoposta al vaglio di costituzionalita' sarebbe confliggente anche con la previsione di cui al citato articolo 32 Cost., ingiustificatamente vanificando la garanzia costituzionale del diritto alla salute di soggetti vaccinati e che, accettando la vaccinazione in nome della solidarieta' verso gli altri e dei vincoli che saldamente li ancorino alla collettivita', si sono trovati a subire un danno irreversibile alla loro salute per un beneficio atteso dall'intera collettivita'. Anche in tale ipotesi, a parere di questo giudice, il danno, assai grave (anche per la natura invalidante della malattia), e' causato da un trattamento sanitario astrattamente rischioso - seppure praticato, all'epoca, sotto il controllo dello Stato e presso pubbliche strutture - e si verte in ipotesi in cui difficilmente gli ordinari strumenti civilistici di risarcimento del danno potrebbero assicurare un'adeguata tutela. 3. Conclusivamente, il giudice del lavoro, per le considerazioni che precedono, non ravvisando la possibilita' di procedere oltre nel giudizio in corso, senza la preventiva decisione della Corte Costituzionale sulla pregiudiziale questione di illegittimita' dell'art. 1, comma 1, l. 210/92, prospettata nei sensi come sopra esposti, solleva d'ufficio la relativa questione.
P.Q.M. Visti gli artt. 134 e ss. Cost., 1 l. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, II co. e ss. l. 11 marzo 1953, n. 87, riservata ogni altra pronuncia in rito, nel merito e sulle spese, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni) e ss. mod. e integ., in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che il diritto all'indennizzo, istituito e regolato dalla stessa legge ed alle condizioni ivi previste, spetti anche ai soggetti che abbiano subito lesioni e/o infermita', da cui siano derivati danni irreversibili all'integrita' psico-fisica, per essersi sottoposti a vaccinazione, non obbligatoria ma raccomandata, contro il morbillo, la rosolia e la parotite, rimettendola alla Corte costituzionale per la sua decisione. Sospende il presente giudizio in attesa della decisione del Giudice delle Leggi sulla questione prospettata. Dispone che, a cura cancelleria, gli atti siano immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale e siano eseguite notifica della presente ordinanza alle parti in causa nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Ancona, addi' 21 dicembre 2010 Il Giudice: Sbano