N. 214 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 dicembre 2010

Ordinanza del 21 dicembre 2010 emessa dal  Tribunale  di  Ancona  nel
procedimento civile  promosso  da  C.P.  e  L.E.  nella  qualita'  di
genitori di L.G. contro Ministero  del  Lavoro,  Salute  e  Politiche
Sociali e Regione Marche. 
 
Sanita' pubblica - Indennizzo a favore dei  soggetti  danneggiati  da
  complicanze  di  tipo  irreversibile  a   causa   di   vaccinazioni
  obbligatorie - Spettanza dell'indennizzo stesso anche  ai  soggetti
  che abbiano subito lesioni e/o infermita', da  cui  siano  derivati
  danni  irreversibili  all'integrita'   psicofisica,   per   essersi
  sottoposti a vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata, contro
  il morbillo, la rosolia  e  la  parotite  -  Mancata  previsione  -
  Lesione di diritto  fondamentale  -  Violazione  del  principio  di
  uguaglianza - Lesione del  diritto  alla  salute  -  Richiamo  alle
  sentenze della Corte costituzionale nn. 27 del 1998 e 423 del 2000. 
- Legge 25 febbraio 1992, n. 210, art. 1, comma 1. 
- Costituzione, artt. 2, 3 e 32. 
(GU n.44 del 19-10-2011 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Nella causa iscritta al n. 604/09 R.G. Lav. promossa da:  C.E.  -
L.E., in qualita' di rappresentanti  ex  lege  della  figlia  minore,
L.G., entrambi rappresentati e difesi dall'Avv. Bruno  Pettinari,  in
virtu' di procura a margine del ricorso introduttivo e,  con  questi,
elettivamente domiciliati in Ancona, C.so Mazzini n.  170,  presso  e
nello studio dell'Avv. Sergio Boldrini - ricorrenti; 
    Contro: Ministero del Lavoro,  della  Salute  e  delle  Politiche
Sociali - Dipartimento Qualita', in persona del Ministro  in  carica,
p.t., rappresentato e difeso, ex lege,  dall'Avvocatura  Distrettuale
dello Stato di Ancona, presso la cui sede e' per  legge  domiciliato,
in Ancona, P.zza Cavour, n. 71 - resistente; 
    E contro: Regione Marche, in persona del  Presidente  p.t.  della
Giunta Regionale, rappresentata e difesa,  giuste  delega  a  margine
della memoria di costituzione e Delibera della  Giunta  Regionale  n.
1229  del  27/07/09   in   atti,   dall'Avv.   Marco   Maria   Pesce,
dell'Avvocatura della Regione Marche,  ed  elettivamente  domiciliata
presso la sede dell'Avvocatura della Regione Marche, sita in  Ancona,
via Giannelli, n. 36 - altra resistente; 
    Sciogliendo la riserva assunta  all'udienza  del  17/06/2010,  ha
pronunciato la seguente ordinanza. 
 
                          Rilevato in fatto 
 
    1. Con ricorso al giudice dei lavoro del  suintestato  Tribunale,
depositato in data 25 marzo 2009, i ricorrenti in epigrafe  indicati,
in qualita' di genitori esercenti la potesta'  sulla  figlia  minore,
esponevano  che  quest'ultima,  in  data  20  gennaio  2006,   veniva
sottoposta a  vaccinazione  contro  il  morbillo,  la  rosolia  e  la
parotite (MPR; vaccino «Morupar") presso l'ASL di  Chiaravalle  (AN),
con contestuale somministrazione di  Fenorbarbital  onde  evitare  il
ripetersi di crisi convulsive febbrili di cui  la  bambina  aveva  in
precedenza sofferto. 
    A distanza di pochi giorni  la  piccola  veniva  ricoverata  (dal
03/02/06 al 16/03/06) presso il Presidio Ospedaliero «G.  Salesi»  di
Ancona, dove le veniva  diagnosticata  «necrolisi  epidemica  tossica
(sindrome di Lyell)  Trombosi  venosa  profonda  (femorale  e  iliaca
sin.)". 
    Veniva, quindi, descritto il lungo calvario clinico della minore:
ricoveri presso il Presidio Ospedaliero «G. Salesi»  di  Ancona,  dal
24/03/06 al 27/05/06, dove veniva sottoposta ad intervento chirurgico
a livello  inguinale,  e  presso  l'istituto  per  l'infanzia  «Burlo
Garofalo» di Trieste dal 18/07/06  al  25/07/06,  con  esecuzione  di
svuotamento di ascesso ed applicazione di drenaggio sempre a  livello
inguinale; difficolta' di deambulazione a causa di edema  alla  gamba
ed al piede sinistro; controlli clinico-strumentali periodici. 
    I ricorrenti, sul presupposto che la loro figlia avesse subito le
descritte menomazioni a causa della vaccinazione  che  le  era  stata
praticata su raccomandazione delle  competenti  autorita'  sanitarie,
esponevano di aver avanzato, in data 07/10/2006, nell'interesse della
minore, domanda di corresponsione della indennita' ex lege 210/92  in
sede amministrativa, sede in cui 1a prestazione era stata negata  sul
presupposto che la  fattispecie  dagli  stessi  dedotta  (menomazioni
irreversibili a seguito  di  vaccinazione  MPR)  non  rientrasse  tra
quelle contemplate dalla citata legge, che limita  la  corresponsione
del richiesto indennizzo in favore dei «soggetti che riportano  danni
alla salute causate da vaccinazioni obbligatorie o somministrate  per
ordinanza di un'Autorita'  Sanitaria  italiana»  (cosi',  nota  della
competente Commissione Medico Ospedaliera di Chieti del 27/03/08,  in
atti). 
    Gli  istanti  rilevavano,  peraltro,   che,   durante   la   fase
istruttoria del  procedimento  avviato  in  sede  amministrativa,  la
Commissione   Medica   Ospedaliera   di   Chieti   avrebbe   ritenuto
unanimemente sussistente, nella specie, il nesso  di  causalita'  tra
l'episodio vaccinale e l'insorgenza della patologia, come appreso dal
C.T.P., che assisteva i genitori della minore in tale fase; la stessa
Commissione, pero', restituiva inevasa la pratica all'ASUR  Marche  -
ZT 7, per motivi afferenti al difetto dei requisiti di cui alla legge
n. 210/92 «per poter definire l'iter medico-legale disciplinato dalla
predetta legge» (cfr. doc. 13, alleg. ric. intr.). 
    I sigg.ri C. e L. esponevano di aver,  quindi,  proposto  ricorso
amministrativo avverso il predetto provvedimento di  rigetto  rimasto
inevaso, senza ottenere risposta alcuna. 
    Parte  ricorrente  rilevava,  altresi',  che,  a  pochi  mesi  di
distanza dalla somministrazione per cui  e'  causa,  precisamente  in
data  16/03/06,  l'Agenzia  Italiana  del  Farmaco   -   in   stretta
collaborazione e condivisione della decisione con il Ministero  della
Salute e l'Istituto  Superiore  di  Sanita'  -  ritirava  il  vaccino
«Morupar» dal commercio, in ragione della riconosciuta alta incidenza
di effetti dannosi sulla salute umana, a seguito  delle  segnalazioni
di reazioni allergiche manifestatesi a breve distanza dalla  relativa
somministrazione, e, in  data  17/03/06,  il  Servizio  Salute  della
Regione Marche comunicava ai competenti uffici  delle  ASUR  di  zona
tale ritiro (cfr. doc. 6, alleg. ric. intr.). 
    Di qui, il  ricorso  a  questo  Tribunale  al  fine  di  ottenere
l'accertamento  del  diritto  di   essi   ricorrenti   all'erogazione
dell'indennita' richiesta nell'interesse  della  figlia  minore,  con
conseguente condanna del Ministero del Lavoro, della Salute  e  delle
Politiche Sociali e/o della Regione Marche alla relativa  erogazione,
ai sensi degli artt. 1 e ss. della 1. n. 210/92 e ss.mm.,  nel  testo
risultante all'indomani delle sentenze nn. 27/98 e 423/00 della Corte
costituzionale, con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a
quello di  presentazione  della  domanda  (i.e.,  23/10/06)  o  dalla
diversa data riconosciuta in corso di causa. 
    A sostegno della propria richiesta, i ricorrenti  deducevano  che
la domanda di indennizzo avrebbe dovuto esser ritenuta ricevibile  in
ragione dell'assunta  applicabilita',  nella  specie,  del  principio
statuito dalla Corte costituzionale nelle succitate sentenze,  ovvero
quello  della  indennizzabilita'  delle   menomazioni   irreversibili
conseguenti a vaccinazione che, sebbene non formalmente obbligatoria,
fosse stata comunque promossa dalla  Pubblica  Amministrazione;  cio'
anche  alla  stregua  dell'interpretazione  estensiva   accolta   dal
Tribunale di Milano, con sentenza del 13/12/07, versata in atti,  che
ha riconosciuto l'indennizzabilita' dei danni subiti da  un  soggetto
sottopostosi  a  vaccinazione  con  «Morupar»,  in   quanto   vaccino
raccomandato. 
    I ricorrenti rilevano che  la  vaccinazione  de  qua  era  stata,
invero, non solo promossa, ma anche incentivata dal  Ministero  della
Sanita',  cosi'  come  documentalmente   dimostrato   attraverso   la
produzione delle Circolari nn. 5 del 7 aprile 1999 e 12 del 13 luglio
dello stesso anno (cfr. docc. 2 e 3, alleg. ric. intr.). 
    2. Instaurato il contraddittorio, il Ministero del Lavoro,  della
Salute e delle Politiche Sociali, costituitosi  in  giudizio,  previa
eccezione del difetto di legittimazione passiva  di  esso  resistente
rispetto  alle  richieste  avanzate  dai  ricorrenti  -  per   essere
passivamente legittimata la Regione Marche - negava, in  subordine  e
nel merito, la indennizzabilita', ai sensi della l. 210/92, dei danni
permanenti  all'integrita'  psico-fisica  riportati  dalla  minore  e
conseguenti  alla  vaccinazione   con   Morupar   in   quanto   detta
vaccinazione non sarebbe rientrata tra quelle  obbligatorie  previste
dalla legge invocata ex adverso. 
    Si costituiva, altresi',  in  giudizio  la  Regione  Marche,  che
svolgeva difese eccependo, parimenti, la  carenza  di  legittimazione
passiva dell'Ente - per essere legittimato passivamente il  Ministero
del Lavoro, della  Salute  e  delle  Politiche  Sociali  quanto  alla
richiesta di indennita' - e,  in  subordine,  richiamando  a  proprio
favore il medesimo argomento svolto dal Ministero resistente,  ovvero
la non applicabilita' della legge 210/92 in caso di danni conseguenti
a vaccinazione non obbligatoria. 
    Nel  corso   dell'istruttoria,   veniva   disposto   accertamento
medico-legale al fine  di  acclarare  la  sussistenza  del  nesso  di
causalita' tra la vaccinazione  praticata  e  la  menomazione  subita
dalla minore, quale descritta in ricorso  e,  in  caso  positivo,  di
determinare la classificazione di detta patologia ai sensi della Tab.
A del D.P.R. n. 834/81. 
    Il  nominato  C.T.U.  perveniva  alle  seguenti  conclusioni:   -
sussistenza del nesso di causalita' tra vaccinazione con Morupar e la
necrolisi epidermica  tossica  con  trombosi  venosa  della  femorale
iliaca sx; ascrivibilita' dei postumi residuati in capo  alla  minore
(esiti di intervento di drenaggio di ascesso in fossa  iliaca-regione
inguinale sx in quadro  di  infezione  delle  pelvi  con  linfadenite
reattiva secondaria ad artrite settica con persistenza di  ostruzione
della vena femorale  comune  ed  iliaca,  estrinsecantesi  con  edema
dell'arto inferiore sx rispetto al controlaterale dx con plus di cm 2
alla coscia alla sura che si estende al piede) alla VII della Tab.  A
del D.P.R. cit. 
 
                         Ritenuto in diritto 
 
    1. La  domanda  di  parte  ricorrente  non  appare,  allo  stato,
accoglibile, anche alla stregua dei limiti del  sindacato  di  questo
giudice. 
    Appare, difatti, evidente che i ricorrenti  non  abbiano  diritto
all'indennizzo in  favore  della  figlia  minore  in  base  al  testo
dell'art.  1,  co.  1,  1.  210/92,  non  ricorrendo,  nella  specie,
un'ipotesi di vaccinazione obbligatoria. 
    Si ritiene, altresi', di non poter invocare  direttamente,  nella
fattispecie sub iudice, le citate sentenze nn. 27/98 e  423/00  della
Corte costituzionale, in quanto dette pronunce attengono a un tipo di
vaccinazione diverso da quello qui in esame, ancorche' anch'esso, pur
non formalmente obbligatorio, programmato ed incentivato dalla PA. 
    E, invero, con la sentenza n. 27/98, la  Consulta  ha  dichiarato
incostituzionale  l'art.  1,  comma  1,  «nella  parte  in  cui»  non
riconosceva la spettanza dell'indennizzo de quo a favore di quanti si
fossero sottoposti alla vaccinazione antipoliomelitica nel periodo di
vigenza della legge 695/1959, che raccomandava  la  vaccinazione,  ma
non la rendeva obbligatoria. Ancora, con la sentenza n. 423 del 2000,
il  Giudice  delle  leggi   e'   pervenuto   alla   declaratoria   di
incostituzionalita' sempre del primo comma dell'art. 1  «nella  parte
in cui» non prevedeva il diritto all'indennizzo in favore  di  coloro
che si fossero sottoposti a vaccinazione antiepatite  B  nel  periodo
antecedente alla legge n.  165/91,  che  ha  reso  tale  vaccinazione
obbligatoria, ed in cui il vaccino in questione era  oggetto  di  una
campagna volta ad incentivare e diffondere la relativa pratica. 
    Per contro, secondo parte ricorrente,  dalle  due  decisioni  del
Giudice  delle  leggi  si  dovrebbe  estrapolare  il  piu'   generale
principio  secondo  cui  non  potrebbe  distinguersi,  ai  fini   del
riconoscimento del diritto all'indennizzo, il  caso  del  trattamento
sanitario promosso dalla Pubblica autorita',  in  vista  di  una  sua
diffusione  capillare,  da  quello  in  cui  tale   trattamento   sia
espressamente imposto dalla legge. 
    Deve riconoscersi che non sono mancate  pronunce  di  giudici  di
merito (v., oltre  alla  sentenza  del  Trib.  Milano,  13/12/2007  -
invocata dai ricorrenti -, Corte App. Campobasso,  12/06/06  e  Corte
App.  Sassari,  05/08/04),  che,  a  seguito  delle  declaratorie  di
incostituzionalita' di cui si e' detto, hanno inteso  riconoscere  il
diritto all'indennizzo, ex art. 1, comma 1, 1. n. 210  del  1992,  in
presenza di danni conseguenti a  vaccinazioni  non  obbligatorie  pur
diverse da quelle specificamente oggetto delle pronunce  della  Corte
costituzionale, in quanto, comunque, programmate ed incentivate dalla
Pubblica Autorita'. Si e', cosi', tentato di effettuare una sorta  di
estensione analogica del disposto  normativo  in  esame,  cosi'  come
integrato  dalla  Corte  Costituzionale,   nonostante   la   evidente
difficolta' - per la chiara formulazione della legge - di equiparare,
ai fini dell'indennizzo, le vaccinazioni semplicemente raccomandate a
quelle obbligatorie. 
    Tale interpretazione appare,  pero',  non  soddisfacente  sebbene
dettata, sostanzialmente,  dall'esigenza  di  colmare  una  lacuna  e
riparare una disparita' evidente di trattamento. 
    Pur vero che, nell'interpretare ogni norma di legge, deve ad essa
darsi, se possibile, un significato compatibile con  le  disposizioni
costituzionali in materia: onde, si potrebbe sostenere che l'art.  1,
comma 1, della legge n. 210/1992, letto alla  luce  degli  interventi
della  Corte  costituzionale   in   materia   di   vaccinazioni   non
obbligatorie ma raccomandate, possa estendersi anche alla fattispecie
sub iudice, conformemente al principio di  uguaglianza  e  di  tutela
della salute; ma il giudice non potrebbe darsi carico del superamento
di un'antinomia tra  testo  legislativo  e  normativa  costituzionale
laddove il tenore letterale della disposizione di legge non  consenta
un'interpretazione adeguatrice. 
    Ebbene, ritiene questo  Tribunale  di  non  poter  legittimamente
operare una estensione analogica della norma citata, diversamente  da
quanto auspicato da parte ricorrente, alla luce dei principi  desunti
dalle sentenze nn. 27/98 e 423/00. 
    Cio' deve dirsi in considerazione della tipologia delle  sentenze
in questione: si tratta, difatti,  di  pronunce  aventi  una  valenza
additiva  per  omissione,  il  cui  dispositivo  -   nel   dichiarare
l'incostituzionalita' della norma  nella  «nella  parte  in  cui  non
prevede [...]» - e' formulato non gia' in termini generali,  rispetto
a tutte le ipotesi di vaccinazioni non obbligatorie ma  raccomandate,
ma  circoscritti  alle  sole  omissioni  determinate   e   specifiche
sottoposte all'esame della Consulta dai  giudici  a  quibus,  ovvero,
rispettivamente, al vaccino antipolio e al vaccino antiepatite B. 
    Tali sentenze additive devono, percio', intendersi come decisioni
vertenti sulle omissioni  legislative  (norme  esclusive  o  negative
implicite,  ricavabili  dagli  articoli  di  legge  incostituzionali)
conformemente a quello che il  relativo  dispositivo  individua  come
oggetto della dichiarazione di  incostituzionalita'.  Invero,  se  si
fosse trattato di sentenze additive di principio, il  cui  (generico)
dispositivo non aggiunge alla disposizione una norma  precisa  bensi'
un principio in ordine alle possibili  soluzioni  adeguatici,  questo
giudice avrebbe potuto risolvere la  questione  sulla  base  di  quel
principio, quale evincibile dalle sentenze  della  Corte,  per  porre
frattanto rimedio all'omissione del legislatore (arg. ex Corte cost.,
sent. n. 295 del 1991). 
    L'art. 1, comma 1, 1. 210/92,  pur  cosi'  come  integrato  dalle
predette sentenze, non consente, dunque, un'interpretazione estensiva
o un'integrazione  analogica  idonee  ad  includere  tra  gli  aventi
diritto all'indennizzo anche i danneggiati da vaccinazione MPR. 
    Siffatta esegesi e' autorevolmente presupposta e  avallata  dalla
Cassazione, secondo cui (arg. ex Cass., sez. lav., sentenza n.  12946
del 16 giugno 2005) la lettera della legge  non  potrebbe  consentire
una  estensione  della  tutela  al   di   la'   delle   ipotesi   ivi
specificamente descritte.  Secondo  un  costante  insegnamento  della
Suprema Corte di Cassazione, l'indennizzo ai soggetti danneggiati  da
vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati,  di  cui  alla
legge n. 210 del 1992, ha natura  assistenziale  in  senso  lato,  in
quanto riconducibile agli artt. 2 e  32  Cost.  ed  alle  prestazioni
poste a carico dello Stato in  ragione  del  dovere  di  solidarieta'
sociale che sullo stesso grava: proprio la natura  del  beneficio  in
esame,   quale   forma   di    solidarieta'    sociale,    imporrebbe
un'applicazione rigorosa della norma stessa. 
    Al contempo, questo giudice  dubita  che  la  disciplina  di  cui
all'art. 1, co. 1, 1. 241/92, nella parte in cui non  prevede  alcuna
tutela per i soggetti che abbiano contratto menomazioni irreversibili
a seguito di vaccinazione - non obbligatoria, ma raccomandata  -  con
«Morupal», sia conforme alle norme costituzionali. 
    Dunque, verificata vanamente la possibilita' di giungere  ad  una
lettura che, nel rispetto dei comuni canoni ermeneutici, consenta  di
intendere la disposizione di cui all'art. 1, co. 1, cit.  in  armonia
con la Costituzione, questo Tribunale ritiene di essere chiamato - in
un sistema a sindacato costituzionale accentrato -  a  percorrere  la
strada della proposizione della quaestio legitimitatis, rimettendo la
questione al Giudice della legittimita' costituzionale delle leggi. 
    La questione di legittimita' costituzionale dell'anzidetta  norma
di legge - rilevabile d'ufficio - assume rilevanza  pregiudiziale  ai
fini della decisione della presente causa e appare non manifestamente
infondata, per le ragioni che si diranno in prosieguo. 
    2.  Appare  necessario  un  breve  riepilogo  delle  disposizioni
vigenti in materia di indennizzo  a  carico  dello  Stato  per  danni
conseguenti a profilassi vaccinale. 
    Va premesso che la legge n. 210/92 ha introdotto  una  tutela  in
termini di «sicurezza sociale», con scopo  solidaristico,  in  favore
dei soggetti danneggiati irrimediabilmente a  causa  di  vaccinazioni
obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati ovvero  a
seguito dell'esercizio di attivita' di cura promosse o gestite  dallo
Stato, in quanto considerate necessarie per la  tutela  della  salute
pubblica. 
    Tale  sistema  di  sicurezza  sociale  e'  stato  introdotto,  in
ossequio agli artt. 2 e 32 Cost., a seguito della sentenza n.  307/90
della  Corte  Costituzionale,  a  prescindere  dalla  ricorrenza,  in
concreto, dei presupposti della responsabilita' civile. Nella  citata
sentenza n. 307, si e' evidenziata la compatibilita'  di  un  sistema
impositivo di trattamenti  sanitari  con  l'art.  32  Cost.,  laddove
siffatti trattamenti siano volti non solo a migliorare e/o conservare
lo stato di salute di chi vi e' assoggettato, ma anche  a  preservare
quello della collettivita'; la Consulta ha,  altresi',  puntualizzato
che un trattamento sanitario puo' essere  reso  obbligatorio  solo  a
condizione che lo stesso non vada  ad  incidere  negativamente  sullo
stato di salute del destinatario diretto o che, comunque, nel caso di
eventuale danno, sia prevista una protezione ulteriore ovvero un equo
ristoro a carico della collettivita' e, per  essa,  dello  Stato  che
quel trattamento ha imposto. 
    E cio' in ragione di un necessario bilanciamento  tra  il  valore
individuale della salute e lo spirito di solidarieta'  reciproca  tra
individuo  e  collettivita',  che  sarebbe  alla  base  dello  stesso
trattamento obbligatorio. In difetto di una prestazione indennitaria,
il soggetto danneggiato sarebbe  costretto  a  sopportare,  da  solo,
tutte le conseguenze negative di un trattamento sanitario  effettuato
non  solo  nell'interesse  dell'individuo,   ma   anche   dell'intera
societa'. 
    Ebbene, in relazione al caso sottoposto all'attenzione di  questo
giudicante, deve richiamarsi, l'art. 1 della legge in esame  che,  al
comma 1, prevede, come piu' volte chiarito, il diritto all'indennizzo
da parte dello Stato, alle condizioni e nelle forme  stabilite  dalla
legge stessa,  in  favore  di  chiunque  abbia  riportato  lesioni  o
infermita'  da  cui   sia   derivata   una   menomazione   permanente
dell'integrita' psico-fisica a causa di vaccinazioni obbligatorie per
legge o per ordinanza di una autorita' sanitaria italiana. 
    Cio' premesso, si ricorda, che la norma contenuta nel comma 1  in
esame  e'  stato  oggetto   di   plurimi   interventi   della   Corte
costituzionale. 
    Per quanto piu' propriamente  interessa  in  questa  sede,  giova
ricordare  come  i  giudici  di  Palazzo  della  Consulta  si   siano
pronunciate con due sentenze riguardanti cittadini che avevano subito
un presunto danno in seguito alla  somministrazione  di  vaccini  non
obbligatori ma oggetto di una politica incentivante. 
    La prima sentenza e' la n. 27 del 1998, di cui si e' detto, e che
ha limitato la declaratoria di incostituzionalita' dell'art.  1,  co.
1, in commento, alla mancata previsione del diritto all'indennizzo di
coloro che si fossero sottoposti a vaccinazione antipolio  quando  la
stessa non era ancora obbligatoria, ma, di fatto, raccomandata  dalla
Pubblica Autorita'. La Corte ha rilevato che «non vi  e'  ragione  di
differenziare [...] il caso [...] in cui il trattamento sanitario sia
imposto per legge da quello [...] in cui esso sia,  in  base  ad  una
legge,  promosso  dalla  pubblica  autorita'  in  vista   della   sua
diffusione capillare nella societa'; il caso in  cui  si  annulla  la
libera determinazione individuale attraverso la comminazione  di  una
sanzione, da quello in cui si  fa  appello  alla  collaborazione  dei
singoli a un programma di politica  sanitaria.  Una  differenziazione
che negasse il diritto all'indennizzo in  questo  secondo  caso,  si'
risolverebbe  in  una  patente  irrazionalita'  della   legge.   Essa
riserverebbe infatti a coloro che sono  stati  indotti  a  tenere  un
comportamento  di  utilita'  generale  per  ragioni  di  solidarieta'
sociale un trattamento deteriore rispetto a quello che vale a  favore
di quanti hanno agito in forza della minaccia di una sanzione». 
    Confermando l'orientamento gia' espresso con la sentenza  27/1998
- a proposito del vaccino  della  poliomielite  -,  la  Consulta  ha,
successivamente, dichiarato incostituzionale sempre  il  primo  comma
dell'art.  1  «nella  parte  in   cui»   non   prevede   il   diritto
all'indennizzo  in  favore  di  coloro  che  si  sono  sottoposti   a
vaccinazione  antiepatite   B   prima   che   la   stessa   divenisse
obbligatoria;   anche   in    questo    caso,    il    riconoscimento
dell'indennizzabilita'  delle   menomazioni   permanenti   e'   stato
giustificato dalla circostanza che  la  vaccinazione  fosse  comunque
raccomandata (cfr. Circolare Min. Sanita', 11 gennaio  1983,  n.  2);
secondo i giudici, non vi e' ragione per differenziare il caso in cui
il trattamento sanitario sia imposto per legge da quello in cui  esso
sia promosso dalla pubblica autorita' in vista di  una  capillare  di
ione nella societa'» (cosi', sent. n. 423 del 2000). 
 
                               Osserva 
 
    1. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale
nel giudizio a quo. 
    Si ritiene che la questione in esame risulti  rilevante  ai  fini
del decidere poiche' l'oggetto del presente giudizio  consiste  nella
richiesta dei ricorrenti di condanna  all'erogazione  dell'indennizzo
ex lege 240/92, in  favore  della  loro  figlia  minore,  indennizzo,
secondo   i   resistenti,   non    riconoscibile,    in    base    ad
un'interpretazione letterale della disposizione qui censurata. 
    La incidenza «attuale» della questione  nel  giudizio  a  quo  e'
facilmente  apprezzabile,  non  potendosi  prescindere  dalla   norma
oggetto del dubbio di legittimita' costituzionale per la  definizione
«nel   merito»,   una   volta   esclusa    -    tanto    sul    piano
dell'interpretazione letterale, quanto su quello dell'interpretazione
costituzionale  (quale  emergente   dalle   decisioni   della   Corte
costituzionale, di cui alle sentt. nn. 27 del 1998 e 423 del 2000)  -
la possibilita' di estendere il beneficio richiesto  all'ipotesi  sub
iudice. 
    Nel presente giudizio sono provate e/o comunque non contestate  -
dunque, pacifiche - le seguenti circostanze: 
        - l'episodio della vaccinazione  praticata  alla  figlia  dei
ricorrenti in data 20 gennaio 2005; 
        -  l'insorgenza  della  patologia,  con  i   relativi   esiti
permanenti (necrolisi epidermica tossica e trombosi profonda venosa),
diagnosticata nel corso del  ricovero  ospedaliero  dal  03/02/06  al
16/03/06; 
        - la sussistenza  del  nesso  di  causalita'  tra  l'episodio
vaccinale ed i danni all'integrita' fisica della minore; 
        - la  presentazione  della  domanda  di  indennizzo  entro  i
termini di legge. 
    Le resistenti, difatti, danno per presupposte la  vaccinazione  e
la successiva insorgenza della patologia, argomentando l'infondatezza
della domanda dei ricorrenti soltanto sulla non indennizzabilita'  ex
lege dei danni conseguenti al dedotto episodio vaccinale (cfr. pg.  4
mem. cost. Ministero e pg. 7 mem. cost. Regione Marche). 
    In ogni caso, alla luce  delle  conclusioni  rassegnate  dal  CTU
nominato, deve riconoscersi, come visto in  apertura,  che  «Sussiste
nesso di causalita' tra la vaccinazione  a  carico  di  L  .G.  e  la
successiva patologia insorta [...] necrolisi epidermica  tossica  (S.
di Lyell) con trombosi venosa profonda della femorale ed  iliaca  sx"
(v. C.T.U. in atti, pg. 18).  In  particolare,  il  CTU  ha  ritenuto
sussistente la dipendenza causale in termini di concausalita'  tra  i
trattamenti  finalizzati  alla  vaccinazione  e   l'insorgere   della
necrolisi epidermica  tossica  con  trombosi  venosa  profonda  della
femorale ed iliaca sx. La piccola L. era, infatti,  soggetto  esposto
al rischio di crisi convulsive febbrili e che, quindi, per effettuare
la vaccinazione raccomandata dal Ministero  della  salute  ha  dovuto
effettuare la profilassi con fenobarbital, profilassi che va, quindi,
qualificata come momento caratterizzante  la  vaccinazione»  (v.  CTU
pag. 17). 
    Va, inoltre, rilevato come  nell'ipotesi  esaminata  risulti  per
tabulas, ovvero sulla base della documentazione  prodotta  e  neppure
posta in contestazione,  che  vi  sia  stata,  con  riferimento  alla
vaccinazione   antimorbillo-parotite-rosolia    una    campagna    di
sensibilizzazione: 
        1) il D.M. 7 aprile 1999 - G.U. n. 87 del 15 aprile 1999, sub
art. 5, indicava la somministrazione del vaccino MPR nell'ambito  del
calendario delle vaccinazioni raccomandate (cfr. art. 1, co. 2,  D.M.
cit.):  la  «vaccinazione  antimorbillo-parotite-rosolia   (MPR)   va
somministrata in un periodo di tempo compreso tra il dodicesimo  mese
ed il quindicesimo mese di vita»; 
        3) la Circolare n. 5 del 7 aprile 1999 dell'allora  Ministero
della  Sanita',  recante  Il  nuovo  calendario  delle   vaccinazioni
obbligatorie e raccomandate per l'eta' evolutiva, prevedeva, all'art.
5, una serie di obiettivi operativi di profilassi  immunitaria  e  di
sorveglianza, basati sulla somministrazione di due  dosi  di  vaccino
antimorbillo-parotite-rosolia,   vaccino   ricompreso   tra    quelli
raccomandati alla luce  dell'art.  1,  co.  2;  in  particolare,  nel
recepire gli obiettivi dell'OMS, il PSN 98/00 prevede  una  copertura
vaccinale del 95% della popolazione per MPR; 
        4) la Circolare  n.  12  del  13  luglio  1999,  in  tema  di
Controllo ed eliminazione di morbillo, parotite e rosolia  attraverso
la vaccinazione, conteneva specifiche  indicazioni  per  l'attuazione
della vaccinazione ad opera delle Regioni, delle  AUSL,  e  di  altri
operatori di cui al Piano Nazionale Vaccini: il vaccino  MPR  avrebbe
dovuto essere offerto gratuitamente in ogni ASL, alla luce  dell'art.
1, co. 16-bis, 1. 23 dicembre 1994, n. 724; inoltre, era previsto che
il bambino candidato alla vaccinazione dovesse essere chiamato per la
seduta vaccinale con un invito scritto indirizzato al  suo  domicilio
(v. doc. 3); al  fine  di  realizzare  una  copertura  vaccinale  per
soggetti in eta' superiori (2-18  aa.),  era  prevista,  inoltre,  la
raccomandazione di vaccinare quanti, per qualsiasi causa, si  fossero
presentati al Servizio vaccinale senza le  certificazioni  attestanti
l'avvenuta vaccinazione MPR; 
        5) la Nota informativa  contenente  l'Aggiornamento  relativo
alla sicurezza del vaccino Morupar, dell'Agenzia Italiana del Farmaco
(cfr.  doc.  5  ric.  intr.),  riconosceva   espressamente   che   la
«vaccinazione contro queste malattie rappresenta [...] una  priorita'
sanitaria nazionale», dando atto di una campagna vaccinale in  corso,
dell'avvio del Piano Nazionale di Eliminazione del Morbillo  e  della
Rosolia Congenita nel  2003,  per  l'offerta  della  vaccinazione,  e
dell'attivita' straordinaria di vaccinazioni con  MPR  sin  dal  2004
(cfr. Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato e le  Regioni
e le Province Autonome - seduta del 13/11/2003  -  G.U.  n.  297  del
23/12/03); 
        6)  ancora,  la  dichiarazione  del  22/02/08,  a  firma  del
Responsabile del Servizio Igiene e Sanita' Pubblica Zona Territoriale
n.   7   Ancona,    espressamente    recitava:    la    «vaccinazione
antimorbillo-parotite-rosolia non e'  una  vaccinazione  obbligatoria
per legge, ma  e'  compresa  tra  le  vaccinazioni  raccomandate  nel
calendario  vaccinale  per  l'eta'  pediatrica  indicato  dal   Piano
Nazionale Vaccini 2005-2007 (Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato e le Regioni e le Province Autonome - Determinazione 3 marzo
2005 - G.U. n.  63  del  14.04.2005);  inoltre  l'offerta  di  questa
vaccinazione e' prevista dal «Piano  nazionale  di  eliminazione  del
morbillo e della rosolia  congenita»  (Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province  Autonome  -  Seduta
del 13.11.2003 - G.U. n. 297 del  23.12.03)  recepito  dalla  Regione
Marche con le D.G.R. n. 38 del 20.01.04  e  n.  548  del  18.05.2004»
(cfr. doc.  prodotto  dai  ricorrenti  all'udienza  del  17/09/09  ed
elaborato peritale in atti, pg. 16). 
    In relazione a quanto  richiamato  nel  precedente  punto  e  per
avvalorare gli assunti di cui sopra, giova ricordare  come  l'Accordo
del 13 novembre 2003 tra il Ministro della salute, le  Regioni  e  le
Province Autonome - recante il Piano nazionale per l'eliminazione del
morbillo e della rosolia congenita - in sede di Conferenza Permanente
per i rapporti  Stato,  Regioni  e  Province  Autonome  evidenziasse,
testualmente, che la vaccinazione MPR, inclusa nei Livelli Essenziali
di Assistenza, avesse  un  «profilo  di  costi-benefici  estremamente
favorevole» . 
    Ricorda al riguardo questo Tribunale come il D.P.C.M. 29 novembre
2001, di definizione dei livelli essenziali di assistenza  sanitaria,
quali confermati dall'art. 54 della legge 27 dicembre 2002,  n.  289,
nel livello essenziale «assistenza sanitaria collettiva  in  ambiente
di vita e di lavoro - punto I-F», ricomprendesse, tra le attivita' di
prevenzione,  le   vaccinazioni   raccomandate   accanto   a   quelle
obbligatorie. 
    Di qui la definizione di una precisa strategia  di  vaccinazione;
si possono, all'uopo, richiamare alcuni passi dell'Accordo del  2003,
gia' ricordato, che prevedeva di: «raggiungere e mantenere nel  tempo
coperture vaccinali entro i 2  anni  per  una  dose  di  MPR  >  95%;
vaccinare sia i bambini oltre i 2 anni di eta'  che  gli  adolescenti
ancora  suscettibili,  effettuando  una  attivita'  straordinaria  di
recupero rivolta ai bambini che frequentano le  scuole  elementari  e
medie, durante gli anni scolastici 2003-2004 e 2004-2005;  introdurre
la seconda dose di vaccino morbillo, rosolia e parotite (MPR)». 
    Tra   le   principali   azioni   necessarie   per   ottenere   il
raggiungimento dei predetti obiettivi  di  tutela  della  salute,  si
prevedevano: «la conduzione di tutte le azioni che  hanno  dimostrato
evidenza di  efficacia  nell'aumentare  le  coperture  vaccinali;  la
realizzazione di anagrafi vaccinali; la effettuazione di una adeguata
catena di  informazione  e  comunicazione  rivolta  alla  popolazione
generale» (grassetto ed interlinea  aggiunti).  La  realizzazione  di
un'anagrafe vaccinale era considerata funzionale  all'identificazione
dei soggetti  non  vaccinati  ed  alla  realizzazione  di  un  invito
attivamente  realizzato  (:  chiamata  con  telefonata,   lettera   o
cartolina postale), cosi' sollecitando  coloro  che  non  si  fossero
presentati alla vaccinazione (cfr., in  tal  senso,  Piano  nazionale
cosi' come sancito dalla Conferenza Permanente del 13 novembre  2003,
cit.). 
    Il  Piano  Regionale  di  attuazione  del  Programma   nazionale,
approvato con la succitata Delibera della Giunta della Regione Marche
n. 548/04, dava  esplicitamene  atto  di  come  il  Servizio  Sanita'
Pubblica  regionale  avesse  da   sempre   promosso   fortemente   la
vaccinazione  di  cui  si  discute,  con  circolari   di   indirizzo,
iniziative di formazione e verifiche dei risultati; si  raccomandava,
quindi, l'attuazione della  chiamata  attiva  alla  vaccinazione  nei
confronti della popolazione target (sempre con telefonata, lettera  o
cartolina postale) e la  sollecitazione  di  quanti  non  si  fossero
presentati. Lo  stesso  Piano  contemplava,  altresi',  una  campagna
straordinaria di recupero per la vaccinazione di massa, con un  forte
coinvolgimento delle strutture scolastiche e  la  predisposizione  di
appositi moduli per le lettere di invito da consegnare ai genitori. 
    Come  dimostrato,  sono  intervenute   numerose   circolari   del
Ministero della Sanita', tutte volte a diffondere la sottoposizione a
tale misura sanitaria preventiva, in vista del conseguimento del fine
generale di immunizzazione della collettivita' da morbillo, rosolia e
parotite, con una campagna promossa dall'autorita'  sanitaria  ed  un
programma che ha coinvolto le  strutture  sanitarie  in  un'opera  di
sensibilizzazione ai rischi che dette  malattie  infettive  potessero
portare, per se' e per gli altri. 
    Sempre al  fine  di  recuperare  i  soggetti  non  vaccinati  era
prevista  la  organizzazione  di  campagne  speciali.   La   campagna
straordinaria era basata sull'offerta attiva di una dose  di  vaccino
MPR a tutti i bambini che frequentavano la scuola elementare e  media
che non  fossero  stati  precedentemente  vaccinati  o  che  avessero
eseguito una sola dose. La svolta campagna informativa sollecitava  e
responsabilizzava le famiglie sui rischi per la salute individuale  e
collettiva derivante dalla mancata vaccinazione dei bambini: in  caso
di rifiuto della vaccinazione da parte della famiglia,  tale  rifiuto
avrebbe dovuto essere esplicitamente registrato. 
    E' chiaro, dunque, che vi e' stata una operazione, guidata  dalla
Pubblica   Autorita',   di   profilassi   generalizzata;    che    la
somministrazione del  vaccino  era  gratuita  ed  estesa  a  tutti  i
bambini;  che  il  problema  della  immunizzazione   generale   della
popolazione infantile era vivamente sentito nella comunita'. 
    Vi  sono  state,  in  sostanza,  sollecitazioni  della  Autorita'
Pubblica che mal si conciliano con un'assoluta liberta' di provvedere
a vaccinare i propri figli. 
    Tanto esposto, non si ravvisa la possibilita' di procedere  oltre
nel giudizio in corso, senza  la  preventiva  decisione  della  Corte
Costituzionale  sulla  pregiudiziale  questione   di   illegittimita'
dell'art.  1,  co.  1.,  cit.  giacche',  una  volta   accertata   la
sussistenza di una causalita' diretta dell'evento vaccinale  rispetto
alla patologia  oggi  in  essere,  l'accoglimento  della  domanda  di
indennizzo   viene   a   dipendere   dall'esito   del   giudizio   di
costituzionalita',  non  sussistendo  ulteriori  eccezioni   ostative
all'accoglimento del ricorso. 
    2.  Sulla  non  manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale formulata. 
    2.1. Violazione dell'art. 2 Cost. 
    Tanto esposto in ordine alla rilevanza  della  questione,  quanto
alla non manifesta infondatezza della  stessa,  va  rilevato  che  la
disposizione di legge che si intende  porre  al  vaglio  della  Corte
costituzionale  pare  confliggere  con  il   quadro   costituzionale,
precisamente con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione. 
    La funzione della legge n. 210/1992 va ricercata,  eminentemente,
nel conferire attuazione  a  diritti  inviolabili  dell'uomo  sanciti
nella  Costituzione  italiana:  nell'art.  2,  con   riferimento   al
diritto/dovere inderogabile di solidarieta' sociale; nell'art. 3, ove
vengono riconosciute a tutti pari  opportunita';  nell'art.  32,  che
tutela la salute. 
    I dubbi  di  legittimita'  costituzionale  devono  ritenersi  non
manifestamente infondati per i motivi che seguono. 
    Come chiarito, il I comma dell'art.  1,  della  cui  verifica  di
costituzionalita' oggi si tratta, e' stato oggetto di vari interventi
giurisprudenziali, anche della Consulta,  cui  si  rimette  l'attuale
questione. 
    Si ritiene di poter qui richiamare le argomentazioni svolte dalla
Corte costituzionale nelle piu' volte citate  sentenze  nn.  27/98  e
423/00. 
    La motivazione delle predette pronunce  si  fonda  essenzialmente
sul principio solidaristico. 
    Alla base di entrambe le sentenze sta la considerazione  che  sia
possibile  assimilare  le   specifiche   vaccinazioni   antipolio   e
antiepatite B, per il periodo in cui le  stesse  erano  semplicemente
raccomandate, a quelle obbligatorie in ragione di alcune fondamentali
argomentazioni:  1)  la  causa  dell'evento  dannoso  sia  dipesa  da
decisioni adottate in vista di un beneficio di carattere generale; 2)
il diritto individuale alla salute subisca una compressione  in  nome
della solidarieta' verso gli altri; 3) le vaccinazioni in  questione,
pur non  essendo  obbligatorie,  erano  raccomandate  da  atti  delle
competenti autorita'. 
    La giurisprudenza costituzionale e' ormai ferma  nel  considerare
che la ragione giustificativa dell'indennizzo debba rinvenirsi  nella
tutela dell'interesse alla promozione della salute collettiva  -  che
puo' venire assunto ad oggetto di un obbligo legale o di una pubblica
politica di diffusione - e non gia' e non tanto  nell'obbligatorieta'
in quanto tale del trattamento, che costituisce mero strumento per il
perseguimento di siffatto interesse generale (arg.  ex  Corte  cost.,
sent. n. 226 del 2000). 
    Parafrasando  quanto  ritenuto  dalla  Corte  costituzionale,  va
sottolineato che non sussistono  ragioni  per  cui  la  tutela  della
salute, e, con essa,  la  misura  di  sostegno  economico  correlata,
dovrebbero essere diversamente orientate nell'ipotesi de qua. 
    L'indennizzo previsto dal legislatore del '92 presenta una  ratio
strettamente correlata  ad  una  reciproca  interazione  fra  diritto
individuale   alla   salute   e   interesse   della    collettivita',
condizionando   l'obbligo   di   quest'ultima   di   farsi    carico,
solidaristicamente, dei danni subiti dall'individuo in presenza di un
nesso  funzionale  diretto  fra  sottoposizione  ad  un   trattamento
sanitario - rivelatosi dannoso - e benefico per la collettivita'. 
    Se  tale  e'  la  ratio   legis,   risulta   irragionevole   che,
nell'elencazione dei soggetti aventi diritto  all'indennita'  di  cui
all'art. 1, non compaia anche  chi,  come  la  figlia  degli  odierni
ricorrenti, abbia riportato menomazioni irreversibili per effetto  di
vaccinazioni che  siano  state  oggetto  di  una  politica  sanitaria
incentivante, come si e' dimostrato essere la  vaccinazione  MPR  (v.
supra, sub § 1 delle osservazioni). Non puo' piu', difatti, dubitarsi
che, nel periodo in cui la minore veniva  sottoposta  a  vaccinazione
MRP, era in atto, una campagna di promozione, con spese a carico  dei
diversi  Enti  pubblici  preposti  alla  tutela  della   salute   dei
cittadini. 
    Gia' nella sentenza n. 118/96, il Giudice delle leggi ha rilevato
la compresenza,  nell'ambito  dell'art.  32  Cost.,  di  due  aspetti
afferenti la  tutela  della  salute,  aspetti  che  possono,  talora,
entrare in conflitto: a) l'interesse  individuale  del  singolo  alla
tutela della sua salute; b) la salute come interesse collettivo della
comunita' statale. 
    Il dettato costituzionale legittima la coartazione  della  libera
autodeterminazione  dell'individuo  circa  il  trattamento  sanitario
nell'interesse della tutela della collettivita' ma non puo'  giungere
ad impone, tout court, al singolo di «sacrificare la propria salute a
quella degli altri». 
    Nel  conflitto  tra  interesse  individuale  e   collettivo,   il
principio di solidarieta' se, da un lato,  fa  prevalere  l'interesse
collettivo su quello individuale, dall'altro, impone di prevedere una
riparazione adeguata per quanti abbiano ricevuto un danno alla salute
nell'adempiere i medesimi  doveri  di  solidarieta'  che  fondano  il
diritto all'indennizzo. 
    Un  corretto   bilanciamento   delle   due   dimensioni   (quella
individuale  e  quella  collettiva)  della  salute  implica  che   la
riparazione sia dovuta «per il solo  fatto  obiettivo  e  incolpevole
dell'avere subito un pregiudizio inevitabile, in  un'occasione  dalla
quale la collettivita' nel suo complesso trae beneficio». 
    Ebbene,  tale  riparazione  si  impone  anche   nell'ipotesi   di
vaccinazione  non  obbligatoria  ma  ampiamente   caldeggiata   dalle
istituzioni sanitarie. Anche in questa ipotesi si ravvisa la presenza
dei medesimi requisiti dell'ipotesi normativamente descritta all'art.
1, comma 1, 1. n. 210/1992: «non e' lecito, alla stregua degli  artt.
2 e 32 della  Costituzione,  richiedere  che  il  singolo  esponga  a
rischio la propria salute per un interesse collettivo, senza  che  la
collettivita' stessa sia disposta a condividere, come  e'  possibile,
il peso delle eventuali conseguenze» (cosi', Corte  cost.,  sent.  n.
307/1990). In difetto, si finirebbe con il sacrificare  il  contenuto
minimo del diritto alla salute di  quanti  sono  stati  indotti  alla
vaccinazione da ragioni di solidarieta' sociale. 
    In particolare l'art. 1, comma 1, della legge n. 1992 esprime  il
dovere collettivo  di  consentire  l'adempimento  di  un  compito  di
solidarieta' sociale - dovere che connota la forma costituzionale  di
Stato sociale - e, nel contempo, riconosce un diritto collocabile fra
quelli inviolabili dell'uomo. 
    Trasponendo le riferite  conclusioni  alla  materia  che  qui  ci
occupa, va sottolineato che i ricorrenti si  siano  determinati  alla
vaccinazione: - per la tutela della salute non solo della figlia,  ma
anche di quella altrui, in rapporto all'elevato rischio di  contagio,
in eta' scolare e prescolare; - per il coinvolgimento delle strutture
pubbliche   nelle   fasi   del   controllo    farmacologico,    della
somministrazione e della propaganda. 
    Come visto, la Pubblica Autorita' aveva fortemente incentivato la
vaccinazione MPR, pur non imponendola  come  obbligo  giuridico:  «La
vaccinazione contro il MPR e' raccomandata nel nostro Paese dal 1979,
e' stata inclusa nel calendario nazionale  del  1999»  (fonte:  Conf.
Permanente 13 novembre 2003 ult. cit.) e la Circolare n.  12  del  13
luglio 1999, espressamente prevedeva che la copertura  vaccinale  per
MPR «non  ha  solo  lo  scopo  di  prevenire  la  malattia  bersaglio
nell'individuo  ma  anche  quello  di  ridurre  o   interrompere   la
circolazione dell'agente patogeno nella popolazione». 
    Nella fattispecie in esame, dunque,  si  e'  fatto  appello  alla
collaborazione dei singoli, ivi compresi gli odierni  ricorrenti,  ad
un programma capillare di politica sanitaria. 
    Si  e'  trattato,  pertanto,  di  vaccinazione  eseguita  per  il
conseguimento   del   fine   generale   di    immunizzazione    della
collettivita', non potendosi la stessa  definire  il  frutto  di  una
autodeterminazione dei ricorrenti. 
    Giacche', dunque, la decisione di questi ultimi e' stata adottata
in vista di un  beneficio  di  carattere  generale,  con  conseguente
compressione del diritto alla salute  della  figlia  minore  in  nome
della solidarieta' verso gli altri, appare  ragionevole  che  sia  la
collettivita' stessa, impersonata dallo Stato,  a  dover  assumere  i
relativi costi, mediante il riconoscimento di un indennizzo. 
    E l'interesse generale alla promozione  della  salute  collettiva
tramite il trattamento sanitario, assunto a  oggetto  di  un  obbligo
legale o di una  politica  pubblica  di  incentivazione,  che  impone
costituzionalmente alla collettivita' di assumere  la  partecipazione
alle difficolta' del singolo. 
    2.2. Violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
    Ora, ritiene questo Tribunale che  il  vuoto  di  tutela  innanzi
evidenziato si ponga in evidente contrasto con il  nucleo  essenziale
del principio di uguaglianza di cui all'art.  3  della  Costituzione,
per l'irrazionale disparita' di trattamento tra situazioni  di  fatto
assimilabili. 
    Come  piu'  volte  chiarito  dalla  Consulta,  il  principio   di
eguaglianza risulta violato anche quando la legge, senza  ragionevole
motivo, preveda un trattamento diverso rispetto  a  soggetti  che  si
trovino in situazioni eguali e/o comparabili. Ai  sensi  dell'art.  3
Cost., il legislatore, dettata una determinata disciplina in un certo
settore, resta vincolato alle  sue  stesse  scelte  in  relazione  al
principio di uguaglianza, nel senso che  non  puo'  regolamentare  in
maniera  del  tutto  differente  ipotesi  eguali  e/o  analoghe;   in
particolare, lo stesso non puo' negare qualsiasi forma  di  tutela  a
chi si trova in situazioni eguali o patentemente  analoghe  a  quelle
oggetto di tutela legislativa. 
    Ebbene,  si  ritiene  che  sia  stata  dimostrata  la   manifesta
comparabilita'  tra  l'evento  dannoso   derivante   da   trattamento
obbligatorio ed evento dannoso conseguente  a  trattamento  sanitario
raccomandato (sempre nell'interesse della collettivita'). 
    E' indubbio  che  l'imperativo  della  razionalita'  della  legge
impone che la ratio degli interventi legislativi di questo tipo debba
essere  integralmente  perseguita.  Lo  Stato  non  puo'  ignorare  o
limitare la  propria  responsabilita'  oggettiva  nei  confronti  dei
cittadini,  per  lo  piu'   bambini,   danneggiati   da   trattamenti
scientificamente gravati da un rischio di effetti collaterali, piu' o
meno gravi e  permanenti,  dopo  averne  consigliato  il  trattamento
sanitario. 
    In effetti, la ragione indennitaria che giustifica  le  misure  a
vantaggio delle categorie previste non puo' non  valere  allo  stesso
modo per  il  caso  che  qui  interessa.  Ricorrendo  identica  ratio
indennitaria, sarebbe quindi ravvisabile, nella specie, la violazione
dell'art.  3  della  Costituzione:  per  la  lesione  dell'integrita'
psico-fisica derivante dalla vaccinazione obbligatoria e' previsto un
indennizzo mentre nessuna tutela viene  riconosciuta  a  coloro  che,
come la figlia degli odierni  ricorrenti,  in  dipendenza  di  evento
vaccinatorio similare, in quanto raccomandato, abbiano  subito  danni
permanente nell'interesse della  collettivita'  (:  protezione  dalle
epidemie). 
    In difetto di un equo ristoro in favore del soggetto passivo  del
trattamento  sanitario   raccomandato,   si   avrebbe   l'irrazionale
risultato di concedere l'indennizzo a coloro  i  cui  genitori  hanno
adottato un comportamento di utilita'  generale  dietro  la  minaccia
della sanzione e di negarlo, per contro,  a  coloro  i  cui  genitori
hanno fatto ricorso alla vaccinazione  per  ragioni  di  solidarieta'
sociale: come rilevato dai giudici di Palazzo della Consulta, non  vi
e' ragione di distinguere il caso in  cui  la  libera  determinazione
individuale e' annullata dalla minaccia della sanzione da  quello  in
cui si fa appello alla collaborazione dei  singoli  (in  base)  a  un
programma di  politica  sanitaria»  (cosi',  Corte  cost.,  sent.  n.
423/00, cit.). 
    L'evidente  omogeneita'  delle  situazioni  messe   a   confronto
(vaccinazione obbligatorie e vaccinazioni  raccomandate,  oggetto  di
campagne incentivanti) conduce a ritenere irrazionale la  prospettata
disparita'  di  trattamento:  la  ratio  del  diritto  all'indennizzo
risiede, tanto nel caso  di  un  trattamento  sanitario  obbligatorio
tanto in quello di una politica incentivante, nell'interesse pubblico
di  promozione  della  salute  collettiva  tramite   il   trattamento
sanitario stesso (cfr. Corte cost., sent. n. 226 del 2000)  e  quello
stesso interesse pubblico  e'  fondamento  dell'obbligo  generale  di
solidarieta' nei confronti di quanti, sottoponendosi  al  trattamento
(obbligatorio o raccomandato), all'atto di immunizzare oltre  che  se
stessi anche l'intera  collettivita',  risentano  di  un  pregiudizio
irrimediabile alla salute. 
    Sussistono, dunque, nella specie, tutti i presupposti  che  hanno
gia' indotto la Corte costituzionale, dapprima, con  la  sentenza  n.
27/98,  e,  quindi,  con  la   sentenza   n.   423/00,   a   ritenere
costituzionalmente dovuto l'indennizzo ex lege 210 anche ai  soggetti
destinatari di una vaccinazione raccomandata. 
    Anche sotto un altro profilo deve dubitarsi della  ragionevolezza
del disposto dell'art. 1 della legge in esame. Tale  norma,  infatti,
al comma 4, estende i benefici previsti dalla legge a fattispecie  di
trattamenti non obbligatori. La disparita' di trattamento di  cui  si
e' detto appare ancora piu' irrazionale laddove si abbia riguardo  al
riconoscimento di  una  tutela  a  favore  di  coloro  che  si  siano
vaccinati «per accedere ad uno Stato estero». Orbene,  la  previsione
di un indennizzo a favore di tali soggetti non appare ragionevolmente
compatibile con l'esclusione dello stesso diritto in favore di chi si
sia sottoposto ad un  vaccino  raccomandato  -  per  ragioni,  lo  si
ripete, di utilita' generale - ,  non  ritenendo  questo  giudice  di
poter ravvisare un interesse tanto rilevante - anche alla stregua dei
valori costituzionalmente protetti - da giustificare la limitazione a
quel caso del diritto all'indennizzo, evidenziandosi  che  l'accedere
ad uno Stato estero potrebbe ricomprendere anche  l'effettuazione  di
viaggi di mero piacere. 
    Incidenter   tantum,   si    rileva    come    i    profili    di
incostituzionalita'   esposti   non   richiederanno   una   pronuncia
additiva-manipolatrice «ultra vires», in campi riservati alle  scelte
discrezionali del Parlamento, posto che tale  discrezionalita',  come
piu' volte chiarito dalla Consulta, non e' sottratta al sindacato  di
costituzionalita' in ordine al rispetto del canone di  ragionevolezza
e logicita'. 
    2.3. Violazione dell'art. 32 della Costituzione. 
    Ulteriore  ragione  che  induce  a  dubitare  della  legittimita'
costituzionale della disposizione in esame e'  la  possibile  lesione
dell'art. 32 della Costituzione. 
    Lo  stesso  indennizzo  in  esame  parrebbe  riconducibile  anche
all'obbligo di tutela della salute  costituzionalmente  previsto;  la
norma sottoposta al vaglio di costituzionalita' sarebbe  confliggente
anche  con  la  previsione  di  cui  al  citato  articolo  32  Cost.,
ingiustificatamente  vanificando  la  garanzia   costituzionale   del
diritto alla salute  di  soggetti  vaccinati  e  che,  accettando  la
vaccinazione in nome della solidarieta' verso gli altri e dei vincoli
che saldamente li ancorino alla  collettivita',  si  sono  trovati  a
subire un danno irreversibile  alla  loro  salute  per  un  beneficio
atteso dall'intera collettivita'. 
    Anche in tale ipotesi, a parere  di  questo  giudice,  il  danno,
assai grave (anche per la  natura  invalidante  della  malattia),  e'
causato da un trattamento sanitario astrattamente rischioso - seppure
praticato,  all'epoca,  sotto  il  controllo  dello  Stato  e  presso
pubbliche strutture - e si verte in ipotesi in cui difficilmente  gli
ordinari strumenti civilistici di risarcimento del  danno  potrebbero
assicurare un'adeguata tutela. 
    3. Conclusivamente, il giudice del lavoro, per le  considerazioni
che precedono, non ravvisando la possibilita' di procedere oltre  nel
giudizio  in  corso,  senza  la  preventiva  decisione  della   Corte
Costituzionale  sulla  pregiudiziale  questione   di   illegittimita'
dell'art. 1, comma 1, l. 210/92, prospettata  nei  sensi  come  sopra
esposti, solleva d'ufficio la relativa questione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli artt. 134 e ss. Cost., 1 l. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23,
II co. e ss. l. 11 marzo 1953, n. 87, riservata ogni altra  pronuncia
in  rito,  nel  merito  e  sulle  spese,  dichiara  rilevante  e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art.  1,  comma  1,  della  legge  25  febbraio  1992,  n.   210
(Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di  tipo
irreversibile a causa di  vaccinazioni  obbligatorie,  trasfusioni  e
somministrazioni) e ss. mod. e integ., in riferimento agli artt. 2, 3
e 32 della Costituzione, nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il
diritto all'indennizzo, istituito e regolato dalla  stessa  legge  ed
alle condizioni ivi previste, spetti anche ai  soggetti  che  abbiano
subito  lesioni  e/o  infermita',  da  cui   siano   derivati   danni
irreversibili all'integrita' psico-fisica, per essersi  sottoposti  a
vaccinazione, non obbligatoria ma raccomandata, contro  il  morbillo,
la rosolia e la parotite, rimettendola alla Corte costituzionale  per
la sua decisione. 
    Sospende il presente  giudizio  in  attesa  della  decisione  del
Giudice delle Leggi sulla questione prospettata. 
    Dispone che, a cura cancelleria, gli  atti  siano  immediatamente
trasmessi alla Corte costituzionale e siano eseguite  notifica  della
presente ordinanza alle parti in  causa  nonche'  al  Presidente  del
Consiglio dei Ministri e comunicazione ai Presidenti delle due Camere
del Parlamento. 
        Ancona, addi' 21 dicembre 2010 
 
                          Il Giudice: Sbano