N. 270 ORDINANZA 5 - 12 ottobre 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Misure  di  prevenzione  -  Sentenza  di  assoluzione  -   Esclusione
  dell'applicazione di misure di prevenzione - Mancata  previsione  -
  Asserita disparita'  di  trattamento  con  i  condannati  con  pena
  sospesa - Erroneita' del  presupposto  interpretativo  -  Manifesta
  infondatezza della questione. 
- Cod. proc. pen., art. 530. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.44 del 19-10-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano
  SILVESTRI,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo
  CAROSI, Marta CARTABIA; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  530  del
codice di procedura penale, promosso dal Tribunale di Reggio Calabria
nel procedimento penale a carico di S. F. ed altro, con ordinanza del
13 gennaio 2010 iscritta al n.  41  del  registro  ordinanze  2011  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 21 settembre 2011 il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto che il Tribunale di Reggio Calabria, sezione  misure  di
prevenzione,  con  ordinanza  depositata  il  13  gennaio  2010,   ha
sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 530  del  codice  di  procedura
penale, nella parte in cui non contempla una disposizione  affine,  o
una clausola identica,  a  quella  prevista  dall'art.  166,  secondo
comma, del codice penale; 
        che il rimettente riferisce di essere chiamato a valutare  la
proposta del Procuratore della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di
Locri, nei  confronti,  tra  gli  altri,  di  S.  F.  e  T.  V.,  per
l'applicazione, ai sensi degli artt. 2  e  seguenti  della  legge  31
maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni  criminali
di tipo mafioso, anche straniere)  della  misura  della  sorveglianza
speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di
residenza, nonche' per l'applicazione delle misure  del  sequestro  e
della confisca dei beni e di irrogazione  dei  provvedimenti  di  cui
all'art. 10 della legge citata; 
        che il giudice a quo richiama il costante orientamento  della
Corte di cassazione secondo cui, nel giudizio di prevenzione, vige la
regola della piena utilizzazione  di  qualsiasi  elemento  indiziario
desumibile da  procedimenti  penali  in  corso,  anche  definiti  con
sentenza irrevocabile di assoluzione, purche' certo ed idoneo per  il
suo valore sintomatico a giustificare il convincimento del giudice in
ordine alla pericolosita' sociale del proposto; 
        che, come riferisce il Tribunale, i fatti posti a  fondamento
della procedura di prevenzione, sono in larga parte  coincidenti  con
quelli valutati e decisi dal  giudice  dell'udienza  preliminare  del
Tribunale di Reggio  Calabria  con  sentenza,  emessa  a  seguito  di
giudizio abbreviato; 
        che il giudice a  quo  pone  in  evidenza  come  molte  delle
persone  nei  cui  confronti  e'  stata  azionata  la  procedura   di
prevenzione siano state, al tempo  stesso,  imputate  nel  precedente
giudizio abbreviato all'esito del quale i predetti T. V. e S. F. sono
stati assolti; 
        che, in particolare,  T.  V.,  nei  cui  confronti  e'  stata
esercitata l'azione penale per il reato di cui all'art. 416-bis  cod.
pen.,  e'  stata  assolta,  previa  riqualificazione  dell'originaria
imputazione nel delitto di cui all'art. 418 cod. pen., per essere  il
fatto non punibile ai sensi del terzo comma  del  medesimo  articolo,
mentre S. F., imputato del reato di cui all'art. 416-bis  cod.  pen.,
e' stato assolto per non avere commesso il fatto; 
        che, dunque, i detti soggetti si  trovano  in  una  posizione
piu' favorevole di quelli che, rispondendo nello stesso  giudizio  di
accuse fondate sugli  stessi  fatti  utilizzati  nella  procedura  di
prevenzione, sono stati condannati con pena sospesa: assolti i  primi
e condannati i secondi; 
        che, pero', osserva il Collegio rimettente, a questi  ultimi,
in virtu' dell'art. 166, secondo comma, cod. pen., «non  puo'  essere
applicata alcuna  misura  di  prevenzione,  mentre  i  primi  possono
subire, ed in effetti lo subiscono, il giudizio  di  prevenzione  ed,
eventualmente, anche la misura»; 
        che, dunque, ad avviso del  giudice  a  quo  la  disposizione
censurata si pone in contrasto con l'art. 3 Cost., perche' disciplina
in modo differente, senza alcuna  giustificazione,  posizioni  uguali
quanto agli effetti giuridici: i condannati  a  pena  sospesa  e  gli
assolti; 
        che, inoltre, il rimettente osserva come la  concessione  del
beneficio della sospensione condizionale della pena  si  fondi  sulla
presunzione dell'assenza di pericolosita' sociale attuale, sicche', a
maggior ragione, questa prognosi si imporrebbe  per  persone  la  cui
colpevolezza sia stata esclusa; 
        che, ad avviso del giudice a quo,  la  norma  da  cui  deriva
l'aporia del sistema e' l'art. 530 cod. proc. pen., trattandosi della
disposizione che elenca i casi in cui il giudice  pronunzia  sentenza
di assoluzione; 
        che, infine, in punto di rilevanza, il rimettente ritiene che
la «norma di cui si sospetta l'illegittimita', ove  avesse  contenuto
la  disposizione  aggiuntiva  invocata,  sarebbe   stata   certamente
rilevante ed applicata in  questo  giudizio  avendo  effetti  diretti
sulla posizione dei proposti T. V. e F. S.»; 
        che nel giudizio di  legittimita'  costituzionale,  con  atto
depositato il  29  marzo  2011,  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata
inammissibile o infondata; 
        che, ad avviso della difesa dello Stato,  la  questione  deve
essere dichiarata  inammissibile  in  quanto  il  rimettente  non  ha
adeguatamente motivato  sulla  rilevanza  della  stessa,  non  avendo
chiarito se, sulla scorta delle  risultanze  a  carico  dei  soggetti
interessati, ritiene di applicare la misura di prevenzione; 
        che, comunque, l'Avvocatura reputa la questione non  fondata,
non rispondendo al vero che la  disposizione  di  cui  all'art.  166,
secondo comma, cod. pen. non consenta  l'applicazione  di  misure  di
prevenzione. 
    Considerato che il Tribunale di Reggio Calabria,  sezione  misure
di  prevenzione,  ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  3  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  530
del codice di procedura penale, nella parte in cui  non  prevede  una
disposizione affine, o  una  clausola  identica,  a  quella  prevista
dall'art. 166, secondo comma, del codice penale; 
        che il rimettente riferisce di dover decidere sulla  proposta
del Procuratore  della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Locri,
formulata ai sensi degli artt. 2 e seguenti  della  legge  31  maggio
1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo
mafioso, anche straniere), per l'applicazione nei confronti, tra  gli
altri, di S. F. e T. V., della misura della sorveglianza speciale  di
pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di  residenza,
nonche'  per  l'applicazione  della  misura  del  sequestro  e  della
confisca dei beni e di irrogazione dei provvedimenti di cui  all'art.
10 della legge citata; 
        che il rimettente pone in  evidenza  come  i  fatti  posti  a
fondamento della  procedura  di  prevenzione  siano  in  larga  parte
coincidenti con quelli oggetto del procedimento penale conclusosi con
sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato; 
        che il giudice a quo,  inoltre,  riferisce  che  molte  delle
persone  nei  cui  confronti  e'  stata  avviata  la   procedura   di
prevenzione sono state imputate nel  menzionato  giudizio,  all'esito
del quale i predetti T.V. e S.F. sono stati assolti; 
        che, dunque, i detti soggetti si  trovano  in  una  posizione
piu' favorevole di quelli che, rispondendo nel medesimo  giudizio  di
accuse fondate sugli  stessi  fatti  utilizzati  nella  procedura  di
prevenzione, sono stati condannati con pena sospesa; 
        che, secondo  il  rimettente,  a  questi  ultimi,  in  virtu'
dell'articolo  166,  secondo  comma,  cod.  pen.,  «non  puo'  essere
applicata alcuna  misura  di  prevenzione,  mentre  i  primi  possono
subire, ed in effetti lo subiscono, il giudizio  di  prevenzione  ed,
eventualmente, anche la misura»; 
        che, dunque, ad avviso del  giudice  a  quo  la  disposizione
censurata si  pone  in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  in  quanto
disciplina  in  modo  differente,   senza   alcuna   giustificazione,
posizioni uguali quanto agli effetti giuridici: i condannati  a  pena
sospesa e gli assolti; 
        che, ad avviso del giudice a quo,  la  norma  da  cui  deriva
l'aporia del sistema e' l'art. 530 cod. proc. pen., che indica i casi
in cui il giudice pronuncia sentenza di assoluzione; 
        che, in punto di rilevanza, il  rimettente  ritiene  che  «la
norma di cui si sospetta l'illegittimita', ove  avesse  contenuto  la
disposizione aggiuntiva invocata, sarebbe stata certamente  rilevante
ed  applicata  in  questo  giudizio  avendo  effetti  diretti   sulla
posizione dei proposti T.V. e F.S.»; 
        che la questione e' manifestamente infondata; 
        che - a prescindere dall'omessa formulazione  di  un  petitum
specifico e dall'erronea valutazione sulla rilevanza,  formulata  con
riguardo ad una  norma  ipotetica  («la  norma  di  cui  si  sospetta
l'illegittimita', ove avesse  contenuto  la  disposizione  aggiuntiva
invocata, sarebbe stata certamente rilevante ed applicata  in  questo
giudizio»)  -  il  rimettente  prende  le  mosse  da  un  presupposto
interpretativo erroneo; 
        che, infatti, non e' esatto l'assunto secondo cui coloro  che
sono stati condannati con pena  sospesa  non  possono  subire  alcuna
misura di prevenzione, atteso che l'art.  166,  secondo  comma,  cod.
pen. si limita a disporre che la condanna a  pena  sospesa  non  puo'
costituire in alcun caso, di per se' sola, motivo per  l'applicazione
di misure di prevenzione, non escludendo affatto  che  le  risultanze
del processo penale, conclusosi con sentenza  di  condanna  con  pena
sospesa, possano essere  valutate  ai  fini  dell'applicazione  della
misura  di  prevenzione,  unitamente  ad  altri  elementi  desumibili
aliunde; 
        che, inoltre, l'erroneita' del presupposto interpretativo  da
cui muove il ricorrente va ribadita in considerazione della  profonda
differenza  sussistente  tra  il  procedimento  penale  e  quello  di
prevenzione; 
        che, al riguardo, questa Corte, nella  sentenza  n.  275  del
1996, ha gia' affermato che «devono essere sottolineate  le  profonde
differenze, di procedimento e di sostanza, tra le due sedi, penale  e
di prevenzione: la prima ricollegata  a  un  determinato  fatto-reato
oggetto  di  verifica  nel   processo,   a   seguito   dell'esercizio
dell'azione penale; la seconda riferita a una  complessiva  notazione
di pericolosita', espressa mediante condotte che non  necessariamente
costituiscono reato»; 
        che il giudice a quo, impropriamente, afferma che poiche' «la
concessione del beneficio della sospensione condizionale  della  pena
si fonda sulla  presunzione  dell'assenza  di  pericolosita'  sociale
attuale, a maggior ragione, questa prognosi si imporrebbe per persone
la cui colpevolezza sia stata esclusa»; 
        che, infatti, il rimettente trascura di  considerare  che  il
giudice, con la sentenza di assoluzione, non opera alcun giudizio  di
pericolosita' dell'imputato, ad eccezione  dei  casi  previsti  dalla
legge in cui applica la misura di sicurezza (art. 530, comma 4,  cod.
proc. pen.). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 530 del codice di procedura
penale, sollevata, in riferimento all'articolo 3 della  Costituzione,
dal  Tribunale  di  Reggio  Calabria,  con  l'ordinanza  indicata  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta il 5 ottobre 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                       Il redattore: Criscuolo 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 12 ottobre 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti