N. 311 ORDINANZA 21 - 23 novembre 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Straniero e apolide - Espulsione  amministrativa  -  Applicazione  di
  sanzioni penali detentive per  il  solo  fatto  dell'inottemperanza
  all'ordine di allontanamento impartito dal  questore  -  Denunciata
  violazione dei vincoli  derivanti  dalla  Convenzione  europea  dei
  diritti dell'uomo e  dall'ordinamento  comunitario  -  Sopravvenute
  vicende modificative della norma censurata - Necessita' di valutare
  la perdurante rilevanza delle questioni  sollevate  -  Restituzione
  degli atti al giudice rimettente. 
- D.lgs.  25  luglio  1998,  n.  286,  art.  14,  comma  5-ter,  come
  modificato dall'art. 1, comma 22, lett. m), della legge  15  luglio
  2009, n. 94. 
- Costituzione,  art.  117,  primo  comma;  Convenzione  europea  dei
  diritti dell'uomo, art. 5, primo  comma,  lett.  f);  direttiva  18
  dicembre 2008, n. 2008/115/CE. 
(GU n.50 del 30-11-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Sergio MATTARELLA; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo  14,  comma
5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286  (Testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione dello straniero), come modificato dall'art. 1,
comma 22, lettera m), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni
in materia di sicurezza pubblica), promosso dal Tribunale di  Bergamo
con ordinanza del 21 febbraio 2011, iscritta al n. 101  del  registro
ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 25, prima serie speciale, dell'anno 2011. 
    Udito nella camera di consiglio del 18 ottobre  2011  il  Giudice
relatore Gaetano Silvestri. 
    Ritenuto che il Tribunale di Bergamo in composizione monocratica,
con ordinanza del 21 febbraio 2011, ha  sollevato  -  in  riferimento
all'articolo 117, primo comma, della Costituzione,  ed  in  relazione
all'art.  5,  primo  comma,  lettera  f)  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
adottata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata con  legge  4  agosto
1955,  n.  848  (Convenzione  edu)  -   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo  25
luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), come modificato dall'art. 1, comma 22, lettera  m)  della
legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni  in  materia  di  sicurezza
pubblica); 
        che  nel  giudizio   a   quo   e'   contestata   all'imputato
l'inottemperanza ad un ordine  di  allontanamento,  notificatogli  in
esecuzione del decreto di espulsione emesso, nei suoi confronti,  per
aver fatto ingresso illegale nel territorio dello Stato; 
        che la previsione di una «sanzione penale» per il solo  fatto
della disobbedienza ad un provvedimento adottato nell'ambito  di  una
procedura amministrativa di espulsione - a parere  del  rimettente  -
contrasta sia con l'ordinamento comunitario, sia con  la  Convenzione
edu, il cui art. 5, comma 1, lettera f), andrebbe interpretato  «alla
luce» della direttiva 18 dicembre 2008, n. 2008/115/CE (direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio recante «Norme e procedure  comuni
applicabili negli Stati membri al rimpatrio  di  cittadini  di  paesi
terzi il cui soggiorno e' irregolare)»; 
        che dai suddetti parametri dovrebbe dedursi - sempre  secondo
il rimettente - che la «privazione della liberta' personale» in danno
dello  straniero  sia  consentita  solo  al  fine  di   eseguire   il
provvedimento di espulsione, mentre la norma  censurata  sanziona  un
mero  fatto  di  disobbedienza  e   non   e'   comunque   strumentale
all'estromissione dello straniero  dal  territorio  dello  Stato,  la
quale, anzi, risulta concretamente ostacolata; 
        che, alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia
di rapporti tra ordinamento interno  e  diritto  dell'Unione  europea
(sono citate le sentenze n. 389 del 1989, nn. 284 e 348 del 2007 e n.
28 del 2010), dovrebbe attribuirsi alla direttiva n. 2008/115/CE  una
diretta efficacia nell'ordinamento nazionale, dato  il  carattere  di
dettaglio delle indicazioni normative per gli Stati  membri  e  posto
che da  tali  indicazioni  scaturiscono,  per  i  singoli,  posizioni
giuridiche vantaggiose nei confronti delle Autorita' nazionali; 
        che, secondo il Tribunale, dalla citata direttiva  emerge  la
preferenza per forme volontarie di rimpatrio, con congrui  termini  a
disposizione per l'adempimento, e con la previsione che provvedimenti
coercitivi vengano adottati solo al fine di dare esecuzione  coattiva
all'espulsione, e solo fino  a  quando  tale  esecuzione  non  appaia
impossibile per una qualunque ragione; 
        che il rimettente, in esito ad un'analoga ricognizione  della
disciplina nazionale (ed in particolare  degli  artt.  13  e  14  del
d.lgs. n. 286 del  1998),  individua  alcuni  profili  essenziali  di
incompatibilita' con la normativa comunitaria; 
        che, in particolare, la legge nazionale punisce con  sanzione
penale  detentiva  l'inottemperanza  all'ordine  di   allontanamento,
mentre la disciplina sovranazionale consentirebbe solo la coercizione
utile ad eseguire l'espulsione contro la  volonta'  dell'interessato,
legittimandone il trattenimento al fine esclusivo  di  effettuare  il
rimpatrio, e sempre che sussista un rischio di fuga; 
        che tuttavia - a parere  del  rimettente  -  l'art.  2  della
direttiva permette di non fare  applicazione  delle  norme  contenute
nella direttiva medesima  riguardo  a  stranieri  che  abbiano  fatto
ingresso illegale nei rispettivi territori, e non pone un divieto  di
sanzionare penalmente le condotte di soggiorno irregolare; 
        che,   in   tale   situazione,   dovrebbe   constatarsi    la
«impossibilita' di disapplicare  in  via  diretta  l'art.  14,  comma
5-ter, d.lgs. n. 286 del 1998  per  contrasto  con  la  direttiva  n.
2008/115/CE»; 
        che d'altra parte la norma censurata,  sempre  a  parere  del
giudice a quo, non  potrebbe  essere  disapplicata  per  la  ritenuta
illegittimita'   dei   provvedimenti    amministrativi    presupposti
all'inottemperanza,  posto  che  detti  provvedimenti   erano   stati
adottati prima della data in cui l'adeguamento  del  diritto  interno
alla direttiva e'  divenuto  «obbligatorio»  (cioe'  il  24  dicembre
2010); 
        che, pur dovendo riconoscersi l'efficacia  retroattiva  della
direttiva come  norma  integratrice  del  precetto  penale,  andrebbe
ancora rilevato come, nel caso di specie, l'imputato avesse di  fatto
«usufruito» delle garanzie previste in  sede  comunitaria,  divenendo
destinatario, senza  subire  restrizioni  della  liberta'  personale,
dell'ordine  di  rimpatriare  con  mezzi  propri  entro  un   termine
rivelatosi in concreto ben superiore a quello previsto  dalla  citata
direttiva, essendo il suo  arresto  intervenuto  a  77  giorni  dalla
notifica dell'ordine di allontanamento; 
        che la tolleranza manifestata nel caso concreto esprimerebbe,
secondo il Tribunale, «una modalita' di adeguamento  alla  direttiva,
che impedisce la disapplicazione della  norma  interna  nel  caso  di
specie»; 
        che per altro -  ribadisce  il  giudice  a  quo  -  la  norma
censurata contrasterebbe  anche  con  la  disposizione  di  cui  alla
lettera f) del primo comma dell'art.  5  della  Convenzione  edu,  la
quale consente l'adozione di misure restrittive in danno  di  persone
nei cui confronti sia in atto un procedimento di espulsione; 
        che, infatti, la Corte europea dei diritti dell'uomo  avrebbe
precisato come tali misure debbano essere applicate «in  buona  fede»
ed al  fine  essenziale  di  «impedire  ad  una  persona  di  entrare
clandestinamente sul territorio» (e' citata la sentenza  1°  dicembre
2009, Hokic e Hrustic c. Italia), stabilendo, in altra occasione, che
la detenzione dello straniero puo'  essere  giustificata,  alla  luce
della norma convenzionale citata, solo quando sia  pertinente  ad  un
procedimento di espulsione sviluppato «con la dovuta  diligenza»  (e'
citata la sentenza 25 ottobre 1996, Chahal c. Regno Unito); 
        che dunque, a parere  del  rimettente,  l'art.  5,  comma  1,
lettera  f),  della  Convenzione  edu  assumerebbe   un   significato
corrispondente al contenuto normativo della direttiva n. 2008/115/CE,
inibendo la  previsione  di  misure  restrittive  non  immediatamente
strumentali all'espulsione; 
        che l'art. 14, comma  5-ter,  del  d.lgs.  n.  286  del  1998
contrasterebbe  con  il  parametro  appena  evocato,  e  sarebbe   di
conseguenza  norma  illegittima  per  violazione  del   primo   comma
dell'art.  117  Cost.  (sono   citate   le   sentenze   della   Corte
costituzionale nn. 348 e 349 del 2007); 
        che il denunciato contrasto non sarebbe superabile alla  luce
di quanto disposto alla lettera a) del primo comma dell'art. 5  della
stessa Convenzione edu, ove si consente la detenzione di persone  che
siano state regolarmente condannate da  un  tribunale  in  base  alla
legge; 
        che  infatti,  secondo  l'orientamento  della  giurisprudenza
costituzionale (e' citata la sentenza  n.  22  del  2007),  la  norma
censurata avrebbe il solo scopo di regolare i flussi migratori, senza
esplicare una diversa funzione di tutela, e  rappresenterebbe  dunque
«un mero intervento incidentale del diritto penale nell'ambito  della
procedura di espulsione amministrativa»; 
        che non vi  sarebbero  differenze  apprezzabili,  secondo  il
rimettente, tra i presupposti di fatto che conducono, per  un  verso,
all'irrogazione di una sanzione detentiva in applicazione della norma
oggetto di  censura  e,  per  altro  verso,  alle  restrizioni  della
liberta' consentite dall'art. 15 della direttiva 2008/115/CE; 
        che dunque la pena detentiva prevista  dalla  norma  interna,
non mirando in alcun modo all'espulsione dello  straniero  (che  anzi
ostacola), ed avendo esclusive finalita' sanzionatorie,  non  sarebbe
riconducibile   alla   previsione   «autorizzatoria»   della    norma
comunitaria, che giustifica restrizioni della liberta' personale solo
in quanto - e fino a quando - necessarie per eseguire l'espulsione; 
        che il contrasto tra  la  norma  censurata  e  la  disciplina
comunitaria,  posta  la  coincidenza  di  contenuto  precettivo   tra
quest'ultima e la disposizione di cui alla lettera f) del primo comma
dell'art. 15 della Convenzione edu, si risolverebbe in contrasto  con
la   disposizione   convenzionale,   determinando    l'illegittimita'
costituzionale della norma in questione. 
    Considerato  che  il  Tribunale  di   Bergamo   in   composizione
monocratica, con ordinanza del 21 febbraio 2011, ha  sollevato  -  in
riferimento all'articolo 117, primo comma, della Costituzione, ed  in
relazione all'art. 5, comma  primo,  lettera  f),  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, adottata a Roma il 4 novembre  1950  e  ratificata  con
legge 4  agosto  1955,  n.  848  (Convenzione  edu)  -  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma  5-ter,  del  decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero), come modificato dall'art. 1, comma 22, lettera  m),
della legge 15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in  materia  di
sicurezza pubblica); 
        che il citato art. 5, comma 1, lettera f), della  Convenzione
edu andrebbe interpretato, secondo il rimettente, «alla  luce»  della
direttiva 18 dicembre 2008, n. 2008/115/CE (direttiva del  Parlamento
europeo e del Consiglio recante «Norme e procedure comuni applicabili
negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi  terzi  il  cui
soggiorno e' irregolare)»; 
        che contrasterebbe pertanto con la  norma  convenzionale  una
normativa che  preveda,  come  quella  censurata,  l'applicazione  di
sanzioni penali, e comunque di sanzioni detentive, per il solo  fatto
dell'inottemperanza all'ordine di allontanamento, posto che la citata
direttiva  europea  consentirebbe  restrizioni   di   liberta',   nei
confronti dello straniero, solo al fine di dare  concreta  esecuzione
al provvedimento di espulsione; 
        che, in epoca  successiva  all'ordinanza  di  rimessione,  la
Corte di giustizia dell'Unione europea ha pronunciato la sentenza  28
aprile 2011, nella causa C-61/11 PPU, avente ad oggetto la domanda di
rinvio pregiudiziale  per  l'interpretazione  delle  norme  contenute
nella direttiva n. 2008/115/CE, il  cui  termine  di  attuazione  era
scaduto in data 24 dicembre 2010 senza che  il  legislatore  italiano
avesse provveduto ad adeguare l'ordinamento interno; 
        che  la  Corte  di  giustizia,  nella  citata  sentenza,   ha
affermato  che  gli  artt.   15   e   16   della   direttiva   ostano
all'applicazione negli Stati membri  di  disposizioni  che  prevedano
«l'irrogazione della pena della reclusione al cittadino di  un  paese
terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi,
in violazione di un ordine di lasciare entro un  determinato  termine
il territorio di  tale  Stato,  permane  in  detto  territorio  senza
giustificato motivo»; 
        che inoltre, secondo la stessa Corte, e' compito del  giudice
nazionale «disapplicare ogni disposizione del decreto legislativo  n.
286 del 1998 contraria  al  risultato  della  direttiva  2008/115/CE,
segnatamente l'art. 14, comma 5-ter, di  tale  decreto  legislativo»,
tenendo altresi' in  debito  conto  il  principio  «dell'applicazione
retroattiva della pena piu' mite, il quale fa parte delle  tradizioni
costituzionali comuni agli Stati membri»; 
        che,  ancora  piu'  di  recente,  la   norma   incriminatrice
contenuta nell'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286  del  1998  e'
stata sostituita dall'art. 3, comma 1, lettera  d),  numero  5),  del
decreto-legge 23 giugno 2011, n.  89  (Disposizioni  urgenti  per  il
completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera
circolazione dei cittadini comunitari  e  per  il  recepimento  della
direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio  dei  cittadini  di  Paesi  terzi
irregolari), convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 agosto 2011, n. 129; 
        che, nel testo vigente, l'art. 14, comma 5-ter, sanziona  con
la sola pena della multa la condotta di inottemperanza all'ordine  di
allontanamento, sia pure distinguendo, con diversi  valori  edittali,
tra le varie ipotesi che legittimano  la  pregressa  adozione  di  un
provvedimento espulsivo; 
        che dunque,  relativamente  alla  norma  censurata,  si  sono
succedute   nel   tempo   due   vicende   modificative,    costituite
rispettivamente dalla incompatibilita' sopravvenuta con la disciplina
comunitaria e dalla successiva riforma, con la sostituzione  di  pene
pecuniarie alla sanzione detentiva originariamente comminata; 
        che il richiamato ius superveniens, alla  luce  dei  principi
che governano la successione di  leggi  penali  nel  tempo,  pone  la
questione della perdurante applicabilita' della norma  incriminatrice
contenuta nel testo previgente dell'art. 14, comma 5-ter, del  d.lgs.
n. 286  del  1998,  e  comunque  delle  sanzioni  detentive  in  esso
previste, cosi' investendo ogni aspetto delle  censure  proposte  dal
rimettente; 
        che occorre dunque rimettere al giudice a quo la  valutazione
circa l'attuale rilevanza delle questioni sollevate. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Bergamo. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                       Il redattore: Silvestri 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 23 novembre 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti