N. 148 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 novembre 2011
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 23 novembre 2011 (della Regione Trentino-Alto Adige). Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 7 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Previsione al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unita' economica e giuridica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, che le Regioni sono tenute a redigere una relazione di fine legislatura - Disciplina delle modalita' di redazione e del contenuto della relazione stessa - Disciplina della procedura di redazione in caso di scioglimento anticipato del Consiglio regionale - Previsione dell'adozione con atto di natura regolamentare del Ministro per i rapporti con le Regioni, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, di uno schema tipo per la relazione di fine legislatura - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Previsione, in caso di inadempimento dell'obbligo di redazione della relazione del dovere del Presidente della Giunta regionale di darne notizia, motivandone le ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente - Violazione della sfera di competenza regionale in materia di coordinamento della finanza pubblica e organizzazione interna - Adozione di norme dettagliate in materia di competenza primaria regionale o concorrente - Denunciata lesione dell'autonomia organizzativa regionale - Denunciata violazione del divieto di fonti secondarie in materia regionale riguardo al tipo di relazione adottata dal Ministro per i rapporti con le Regioni - Lamentata introduzione di controlli non previsti dallo Statuto e dalle norme di attuazione - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli Enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 1. - Costituzione, artt. 76, 100, 117 e 126; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, art. 79; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2 e 4; decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, artt. 16, comma 1, e 17, comma 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 7 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Relazione di fine legislatura - Previsione, con riguardo a settori ed attivita' regionali diversi dalla sanita', dopo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nonche' dei relativi costi standard e la definizione degli obiettivi di servizio, in caso di mancata attuazione dei citati livelli o degli obiettivi di servizio, della nomina del Presidente della giunta regionale, quale commissario ad acta con poteri sostitutivi - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata illegittima applicazione alle regioni di controlli sostitutivi in materia di propria competenza ed in relazione al raggiungimento di "obiettivi" di servizio non previsti dalla Costituzione. - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 2, comma 7. - Costituzione, art. 120; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, art. 8. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 7 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Relazione di fine mandato provinciale e comunale - Disciplina delle modalita' di redazione e del contenuto della relazione - Disciplina della procedura di redazione in caso di scioglimento anticipato del consiglio provinciale e del consiglio comunale - Previsione dell'adozione con atto di natura non regolamentare del Ministro dell'interno, d'intesa con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di uno schema tipo di relazione - Previsione, in caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione della relazione di fine mandato, del dovere del Presidente della regione e del Sindaco di darne notizia, motivandone le ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente - Denunciata violazione della sfera di competenza regionale in materia di ordinamento degli enti locali - Lamentata adozione di norme dettagliate in materia di competenza primaria regionale o concorrente - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata lesione dell'autonomia organizzativa regionale - Denunciata inapplicabilita' alle Regioni a Statuto speciale delle norme di coordinamento relative alle Regioni a Statuto ordinario, anche con specifico riferimento agli enti locali - Denunciata violazione del divieto di fonti secondarie in materia regionale, riguardo allo schema tipo di relazione adottato dal Ministro dell'interno - Lamentata introduzione di controlli non previsti dallo Statuto e dalle norme di attuazione - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le regioni e gli enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 4. - Costituzione, artt. 76, 100, 117 e 126; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, art. 79; decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, artt. 16, comma 1, e 17, comma 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 7 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Previsione della facolta' del Ministro dell'economia e delle finanze di attivare verifiche sulla regolarita' della gestione amministrativa e contabile di enti pubblici in caso di squilibrio finanziario, evidenziato anche attraverso le rilevazioni SIOPE, riferibili a ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria, disequilibrio consolidato della parte corrente di bilancio ed anomale modalita' di gestione dei servizi per conto di terzi - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione della potesta' legislativa primaria e delle potesta' amministrativa delle Regioni in materia di ordinamento degli enti para regionali e di ordinamento degli enti locali - Denunciata violazione del divieto di conferimento, in materia di competenza regionale, di funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, ad organi statali - Denunciata violazione del divieto di emanazione di regolamenti statali in materia regionale - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 5. - Costituzione, artt. 76 e 117, comma sesto; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 54 e 79, comma terzo; d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305, art. 6, comma 3-bis; decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, art. 2; decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, art. 16, comma 1. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 7 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Responsabilita' politica del presidente di provincia e del sindaco - Amministratori di enti locali riconosciuti responsabili dalla Corte dei conti anche in primo grado di danni cagionati con dolo o colpa grave - Divieto per gli stessi di ricoprire per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore di conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, in caso che la Corte accerti, valuti le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto finanziario, che lo stesso e' diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l'amministratore e' stato riconosciuto responsabile - Previsione, altresi', dell'incandidabilita' di sindaci e presidenti provinciali ritenuti responsabili ai sensi della normativa precedente, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di giunta regionale, nonche' di membro di consigli comunali di consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo - Divieto, altresi', di ricoprire, per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale ne' alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione della sfera di competenza regionale in materia di ordinamento degli enti locali ove le disposizioni impugnate fossero ritenute applicabili alle Regioni a statuto speciale - Lamentata introduzione di forme di controllo non previste dallo Statuto - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 6, comma 1. - Costituzione, artt. 76 e 117; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 54, n. 5, 79, comma terzo, e 80; d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305, art. 6, comma 3-bis. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 7 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Responsabilita' politica del presidente di provincia e del sindaco - Previsione, qualora dalle pronunce delle sezioni regionali della Corte dei conti emergano comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazione degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarita' contabili o squilibri strutturali del bilancio dell'ente locale in grado di provocare il dissesto finanziario o lo stesso ente non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte dei conti, le necessarie misure correttive che la competente sezione regionale, accertato l'inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto ed alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica e che, ove sia accertato il perdurare dell'inadempimento, il Prefetto assegna al Consiglio un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione di dissesto e decorso infruttuosamente tale termine, il Prefetto nomina un commissario per la deliberazione dello stato di dissesto e da' corso alla procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente, ai sensi dell'art. 141 del T.U. n. 267 del 2000 - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione della sfera di competenza regionale in materia di ordinamento degli enti locali ove le disposizioni impugnate fossero ritenute applicabili alle Regioni a statuto speciale - Lamentata introduzione di forme di controllo non previste dallo Statuto - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 6, comma 2. - Costituzione, artt. 76 e 117; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 54, n. 5, 79, comma terzo, e 80; d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305, art. 6, comma 3-bis. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 7 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Mancato rispetto del patto di stabilita' interno - Previsione per le Regioni o province autonome inadempienti nell'anno successivo all'inadempimento delle seguenti misure: versamento all'entrata del bilancio statale, entro sessanta giorni dal termine stabilito per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del patto di stabilita' interno, dell'importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato; divieto di impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale minore dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio; divieto di ricorrere all'indebitamento per gli investimenti e possibilita' di ottenere mutui e prestiti obbligazionari con istituzioni creditizie e finanziarie per il finanziamento di investimenti subordinato all'attestazione del conseguimento degli obiettivi del patto di stabilita' interno per l'anno precedente; divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsivoglia titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale e di stipulare contratti di servizio elusivi del divieto di assunzione; rideterminazione della indennita' di funzione e dei gettoni di presenza del Presidente e dei componenti della Giunta con una riduzione del trenta per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 gennaio 2010 - Previsione, in caso di mancato rispetto del patto di stabilita' interno da parte degli enti locali di sanzioni analoghe a quelle previste per le Regioni e province autonome inadempienti - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione della normativa statutaria regionale in ordine al patto di stabilita' interno - Lamentata alterazione, con una fonte primaria adottata unilateralmente dallo Stato, dei rapporti finanziari tra Stato e Regioni autonome - Denunciata illegittima applicazione in materia di competenza regionale di normativa statale, in luogo del dovere di adeguamento da parte della Regione - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 7. - Costituzione, artt. 76 e 117; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, art. 79; decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 7 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Previsione della decorrenza e delle modalita' di applicazione della normativa di cui al d.lgs. n. 149 del 2011 alle Regioni a Statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano, nonche' agli enti locali ubicati nelle medesime, in conformita' con i relativi statuti, con la procedura prevista dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009 - Previsione, in caso di mancata conclusione della procedura stessa entro sei mesi dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 149/2011, della diretta ed immediata applicazione nelle Regioni a Statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 149/2011 - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione della norma statutaria che disciplina la competenza e la procedura di adozione delle norme di attuazione - Denunciata disciplina con legge ordinaria di settori oggetto di norme statutarie e di attuazione - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 13. - Costituzione, artt. 76 e 117; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 79, 103, 104 e 107.(GU n.2 del 11-1-2012 )
Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige/Autonome Region Trentino-Südtirol (cod. fiscale 80003690221), in persona del Presidente della Giunta regionale pro-tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 239 del 15 novembre 2011 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 5537 del 15 novembre 2011 (doc. 2), rogata dalla dott.ssa Antonia Tassinari, Ufficiale rogante della Regione, dal prof. avv. Giandomenico Falcon di Padova (cod. fisc. FLCGDM45C06L736E) e dall'avv. Luigi Manzi di Roma (cod. fisc. MNZLGU34E15H501Y), con domicilio eletto presso quest'ultimo in Roma, via Confalonieri, 5; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale: degli articoli 1; 2, comma 7; 4; 5; 6; 7; 13 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, recante "Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42", pubblicato nella G.U. 20 settembre 2011, n. 219, per violazione: degli articoli 4, n. 1) e n. 3); 16; 54 dello Statuto speciale; del Titolo VI dello Statuto speciale, ed in particolare degli articoli 79, 80, 81; degli articoli 103, 104 e 107, dello Statuto speciale; del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare articoli 2 e 4; del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, in particolare articoli 16, 17 e 18; del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 305; del decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526, in particolare articolo 8; degli articoli 76, 100, 117 e 126 della Costituzione; del principio di leale collaborazione, per i profili di seguito illustrati. Fatto La legge 5 maggio 2009, n. 42, ha conferito una Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. L'articolo 1, comma 2, 1. 42/2009 stabilisce che "alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano si applicano, in conformita' con gli statuti, esclusivamente le disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e 27". L'art. 15 riguarda il finanziamento delle citta' metropolitane, l'art. 22 la perequazione infrastrutturale e l'art. 27 rimette ad apposite norme di attuazione il compito di definire il concorso delle Regioni speciali "al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' ed all'esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti, nonche' al patto di stabilita' interno e all'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario" (co. 1); inoltre, l'art. 27 prevede che "le predette norme, per la parte di propria competenza: a) disciplinano il coordinamento tra le leggi statali in materia di finanza pubblica e le corrispondenti leggi regionali e provinciali in materia, rispettivamente, di finanza regionale e provinciale, nonche' di finanza locale nei casi in cui questa rientri nella competenza della regione a statuto speciale o provincia autonoma" (co. 3). Dunque, era chiaro e netto che i decreti legislativi attuativi della 1. 42/2009 non avrebbero dovuto rivolgersi alle Regioni speciali, salvo che per gli oggetti sopra indicati. Cioe' stato anche confermato dall'art. 31 d. lgs. 68/2011, recante Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonche' di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario: esso coerentemente dispone che "nei confronti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano rimane ferma l'applicazione dell'articolo 1, comma 2, e degli articoli 15, 22 e 27 della citata legge n. 42 del 2009, nel rispetto dei rispettivi statuti". Sul piano procedurale, l'art. 2, co. 3, 1. 42/2009 stabilisce che "gli schemi di decreto legislativo, previa intesa da sancire in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono trasmessi alle Camere", e che "in mancanza di intesa nel termine di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Consiglio dei ministri delibera, approvando una relazione che e' trasmessa alle Camere"; si aggiunge che "nella relazione sono indicate le specifiche motivazioni per cui l'intesa non e' stata raggiunta". Nel comma 5 si ribadisce che "il Governo assicura, nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 1, piena collaborazione con le regioni e gli enti locali". A tali norme il Governo ha ritenuto di dare attuazione con il d. lgs. 149/2011, intitolato Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42. In primo luogo e' da sottolineare che l'intesa non e' stata raggiunta. Nella relazione deliberata dal Consiglio dei ministri (doc. 3) ai sensi del succitato art. 2, co. 3, il Governo ha addotto le seguenti ragioni: "in primo luogo, il Governo ritiene che il provvedimento sia del tutto conforme a Costituzione, oltre che ai principi e criteri direttivi della legge delega n. 42 del 2009, e che esso individui meccanismi e procedure per una piena realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla legge"; "in secondo luogo, il Governo ha dovuto tenere conto dei tempi a disposizione per il rispetto dei termini previsti dalla legge per l'esercizio della delega, di imminente scadenza"; "inoltre, i rappresentanti delle autonomie territoriali in Conferenza unificata non hanno ritenuto di potere sancire l'intesa, neppure subordinatamente all'accoglimento di alcune modificazioni significative per le quali il Governo aveva prospettato ampia disponibilita'". Sin d'ora e' agevole rilevare la mancanza di reali "specifiche motivazioni" e l'assoluta genericita' delle ragioni addotte, anche considerando il fatto che neppure il verbale della seduta del 18 maggio 2011 (doc. 4) spiega perche' il Governo ritenga infondati i rilievi sollevati dagli enti territoriali ne' indica le modifiche che esso sarebbe stato disposto ad apportare (peraltro, tale disponibilita' non risulta dal verbale del 18.5.2011, ove si accenna solo, genericamente, ad una "disponibilita'... a proseguire il confronto con le Regioni e gli Enti locali nell'ulteriore iter del provvedimento in esame"). L'art. 1 d. lgs. 149/2011 regola la Relazione di fine legislatura regionale, stabilendo che, "al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unita' economica e giuridica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, le Regioni sono tenute a redigere una relazione di fine legislatura" (co. 1), e disciplinando nei commi successivi, in modo dettagliato, il contenuto e la relativa procedura. L'art. 2 si intitola Responsabilita' politica del presidente della giunta regionale. Esso prevede, al comma 7, che, "con riguardo a settori ed attivita' regionali diversi dalla sanita', ove una regione dopo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nonche' dei relativi costi standard e la definizione degli obiettivi di servizio, non provveda alla attuazione dei citati livelli e al raggiungimento degli obiettivi di servizio in coerenza con le previsioni di cui all'articolo 18 della legge 5 maggio 2009, n. 42, il Presidente della Giunta regionale e' nominato commissario ad acta ai sensi dell'articolo 8 della citata legge n. 131 del 2003, per l'esercizio dei poteri sostitutivi". L'art. 4 regola la Relazione di fine mandato provinciale e comunale, stabilendo che, "al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unita' economica e giuridica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, le province e i comuni sono tenuti a redigere una relazione di fine mandato" (co. 1), e disciplinando nei commi successivi, in modo dettagliato, il contenuto e la relativa procedura. L'art. 5 dispone che "il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato puo' attivare verifiche sulla regolarita' della gestione amministrativo-contabile, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un ente evidenzi, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario...". L'art. 6, intitolato Responsabilita' politica del presidente di provincia e del sindaco, prevede, fra l'altro, sanzioni di ineleggibilita' e di inidoneita' a coprire diversi incarichi a carico degli "amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni cagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario", L'art. 7 prevede, fra l'altro, sanzioni a carico delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali in caso di "mancato rispetto del patto di stabilita' interno". L'art. 13, infine, detta Disposizioni concernenti le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano. Esso stabilisce che "la decorrenza e le modalita' di applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonche' nei confronti degli enti locali ubicati nelle medesime Regioni a statuto speciale e Province autonome, sono stabilite, in conformita' con i relativi statuti, con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni". Inoltre, esso stabilisce che qualora "entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo non risultino concluse le procedure di cui al primo periodo, sino al completamento delle procedure medesime, le disposizioni di cui al presente decreto trovano immediata e diretta applicazione nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano". L'art. 27 della legge di delega n. 42/2009 prevedeva invece che "le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto degli statuti speciali, concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' ed all'esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti, nonche' al patto di stabilita' interno e all'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario, secondo criteri e modalita' stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da definire, con le procedure previste dagli statuti medesimi, entro il termine di ventiquattro mesi stabilito per l'emanazione dei decreti legislativi di cui all'articolo 2 e secondo il principio del graduale superamento del criterio della spesa storica di cui all'articolo 2, comma 2, lettera m)". Dunque, l'art. 13 pretende di condizionare sotto diversi profili le norme di attuazione (v. infra il motivo 2) e pretende di imporre l'applicazione diretta del d. lgs. 149/2011 alla Regione Trentino-Alto Adige, decorsi sei mesi. Il titolo VI dello Statuto regola l'autonomia finanziaria della Regione autonoma: e per molti di tali profili la disciplina statutaria e' stata da poco modificata per meglio armonizzare la speciale autonomia della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e di Bolzano con le esigenze della situazione finanziaria dello Stato italiano, anche nel quadro degli impegni assunti nell'ambito dell'Unione europea, e per tenere conto delle esigenze di solidarieta' derivanti anche dalla attuazione del "federalismo fiscale", quale prefigurato dalla legge di delega n. 42 del 2009. Le modifiche hanno formato oggetto di uno specifico accordo tra lo Stato e la Regione e le Province autonome, e sono state adottate, con la procedura di cui all'art. 104 dello Statuto speciale, attraverso l'art. 2, commi da 107 a 125, della legge n. 191 del 2009. In particolare, il comma 107, lett. h) della 1. 191/2009 ha introdotto un nuovo testo dell'art. 79 dello Statuto, il quale ora stabilisce al comma 1 che "la regione e le province concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" nei modi che di seguito sono elencati e descritti. Il comma 2 dell'art. 79 aggiunge che "le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma l". Il comma 3 dispone poi che, "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo". Il comma 4 ribadisce che "le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo". Infine, per i rapporti con le norme statali che non siano direttamente misure di finanza pubblica, lo stesso comma 4 precisa che "la regione e le province provvedono alle finalita' di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 e 5", cioe' secondo le regole ordinarie dei rapporti tra legislazione provinciale e legislazione statale. Nel quadro di quanto esposto, le disposizioni indicate in epigrafe violano le competenze costituzionali della Regione Trentino-Alto Adige per le seguenti ragioni di Diritto 1) Illegittimita' di tutte le disposizioni impugnate per vizio procedurale: violazione dell'art 76 Cost. e del principio di leale collaborazione Come esposto in narrativa, l'art. 2 della legge di delega n. 42 del 2009, cosi' disciplina, per quanto qui interessa, il procedimento di adozione dei decreti delegati: "3. ... Gli schemi di decreto legislativo, previa intesa da sancire in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono trasmessi alle Camere, ciascuno corredato di relazione tecnica che evidenzi gli effetti delle disposizioni recate dal medesimo schema di decreto sul saldo netto da finanziare, sull'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e sul fabbisogno del settore pubblico, perche' su di essi sia espresso il parere della Commissione di cui all'articolo 3 e delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario, entro sessanta giorni dalla trasmissione. In mancanza di intesa nel termine di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Consiglio dei ministri delibera, approvando una relazione che e' trasmessa alle Camere. Nella relazione sono indicate le specifiche motivazioni per cui l'intesa non e' stata raggiunta. 4. Decorso il termine per l'espressione dei pareri di cui al comma 3, i decreti possono essere comunque adottati. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti possono comunque essere adottati in via definitiva dal Governo. Il Governo, qualora, anche a seguito dell'espressione dei pareri parlamentari, non intenda conformarsi all'intesa raggiunta in Conferenza unificata, trasmette alle Camere e alla stessa Conferenza unificata una relazione nella quale sono indicate le specifiche motivazioni di difformita' dall'intesa. 5. Il Governo assicura, nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 1, piena collaborazione con le regioni e gli enti locali." Era dunque prevista la previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere, e, per il caso di mancanza di intesa una relazione che indicasse "le specifiche motivazioni per cui l'intesa non e' stata raggiunta". A queste prescrizioni specifiche, che di per se' sarebbero state sufficienti, il legislatore delegante aveva voluto aggiungere una ulteriore prescrizione generale di indirizzo, facendo obbligo al Governo di assicurare, nella predisposizione dei decreti legislativi "piena collaborazione con le regioni e gli enti locali." Sembra palese che nell'emanazione del d. lgs. 149 del 2011 questo procedimento non e' stato rispettato. Che l'intesa prevista non sia stata raggiunta risulta dal preambolo stesso del decreto. Ci si attenderebbe dunque di ritrovarne le specifiche motivazioni nella Relazione inviata alle Camere. Tuttavia, in essa Governo si limita a riferire degli incontri in sede tecnica e in sede di Conferenza e della "mancata condivisione - in particolare da parte di Regioni e Comuni - del contenuto del provvedimento", accennando soltanto alle "forti perplessita' sulla costituzionalita' del provvedimento, in modo particolare con riguardo alla disciplina del fallimento politico del Presidente della Giunta regionale". Nulla invece si dice in merito alle specifiche obiezioni sollevate dai rappresentanti delle Regioni e degli enti locali. A questo modo non solo si e' contravvenuto alla legge di delega, ma si e' nella sostanza impedito agli organi parlamentari di valutare nel concreto i motivi della mancata intesa. Lo ha del resto rilevato lo stesso Comitato per la legislazione della Camera dei Deputati. Nel verbale della seduta di mercoledi' 6 luglio 2011 (doc. 5) si nota espressamente "che la relazione trasmessa alle Camere da' conto in modo estremamente succinto delle motivazioni per le quali l'intesa non e' stata raggiunta, nonche', in modo altrettanto succinto, delle ragioni che hanno indotto il Governo a procedere, tra le quali si menziona l'esigenza di "tenere conto dei tempi a disposizione per il rispetto dei termini previsti dalla legge per l'esercizio della delega, di imminente scadenza", ancorche' la recentissima legge 8 giugno 2011, n. 85 abbia prorogato i termini per l'esercizio della delega di cui alla legge n. 42 del 2009 dal 21 maggio al 21 novembre 2011, ferma restando, altresi', la possibilita' dello scorrimento del termine finale". Dunque, il Comitato per la legislazione ha esso stesso constatato da un lato che non erano indicate le specifiche motivazioni che la legge richiedeva, dall'altro che il presupposto dell'urgenza accampato come pretesto per la mancata ulteriore ricerca dell'intesa non vi era affatto. Al contrario, il Governo ha preteso di giustificare con l'imminenza della scadenza della delega l'immediata interruzione del dialogo con le Regioni e gli enti locali cosi' fortemente voluto dalla legge 42 (che lo ha posto sotto la supervisione agli organi parlamentari), mentre contemporaneamente chiedeva ed otteneva la proroga dei termini di scadenza proprio al fine di ...rispettare il procedimento prescritto. Sembra dunque evidente che e' stata violata non solo la lettera delle specifiche disposizioni dettate dal legislatore delegante, ma anche la norma generale di indirizzo, che richiedeva uno spirito di collaborazione, e dunque un tenace tentativo di ricerca dell'intesa. Si deve concludere che il procedimento prescritto dalla legge di delega e' stato ridotto dal Governo ad un passaggio procedurale meramente formale, che non risponde ne' nella lettera ne' nello spirito ai requisiti posti dalla legge, a tutela delle prerogative sia delle Regioni e degli enti locali, sia degli organi parlamentari chiamati a vigilare che il Governo abbia assicurato - come prevede il c. 5 dell'art. 2 - la "piena collaborazione con le regioni e gli enti locali". Da qui la violazione dell'art. 76 e del principio di leale collaborazione. La violazione dell'art. 76 si traduce in lesione delle prerogative costituzionali della Regione, dato che il criterio direttivo violato era posto a tutela specifica delle Regioni (v. su cio' il punto 2, lett. A). 2) Illegittimita' costituzionale dell'art 13. Come sopra esposto, l'art. 13 d. lgs. 149/2011 pretende di vincolare il possibile contenuto delle norme di attuazione, limitandolo alla definizione della "decorrenza" e delle "modalita' di applicazione" delle norme del d, lgs. 149/2011; pretende ancora di imporre un termine per l'adozione delle stesse norme di attuazione; pretende infine di sottoporre la Regione Trentino-Alto Adige all'applicazione diretta del d. lgs. 149/2011, qualora "entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo non risultino concluse le procedure di cui al primo periodo, sino al completamento delle procedure medesime". Queste disposizioni ledono le prerogative costituzionali della Regione sotto diversi profili. A) Violazione dell'art. 1, comma 2, della legge di delega 42/2009. Violazione dell'art. 76 Cost. In primo luogo e' da sottolineare l'evidente violazione della legge di delega compiuto dal Governo. Infatti, l'articolo 1, comma 2, 1. 42/2009 stabilisce che "alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano si applicano, in conformita' con gli statuti, esclusivamente le disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e 27". Ora, l'art. 15 riguarda il finanziamento delle citta' metropolitane, l'art. 22 la perequazione infrastrutturale e l'art. 27, come visto, rimette ad apposite norme di attuazione il compito di definire il concorso delle Regioni speciali "al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' ed all'esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti, nonche' al patto di stabilita' interno e all'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario" (co. 1). Inoltre, l'art. 27 prevede che "le predette norme, per la parte di propria competenza: a) disciplinano il coordinamento tra le leggi statali in materia di finanza pubblica e le corrispondenti leggi regionali e provinciali in materia, rispettivamente, di finanza regionale e provinciale, nonche' di finanza locale nei casi in cui questa rientri nella competenza della regione a statuto speciale o provincia autonoma" (co. 3). Dunque, dall'art. 1, co. 2, 1. 42/2009 risulta chiaramente che il decreto legislativo attuativo degli articoli 2, 17 e 26 1. 42/2009 (cioe' il d. lgs. 149/2011) non puo' applicarsi alle Regioni speciali, ne' direttamente ne' come fonte di un dovere di adeguamento (per l'inapplicabilita' alle Regioni speciali dei principi della 1. 42/2009 diversi da quelli di cui agli artt. 15, 22 e 27 v. la sent. di codesta Corte costituzionale 201/2010). Poiche', invece, l'art. 13 d. lgs. 149/2011 dispone inopinatamente l'applicazione del medesimo decreto alle Regioni speciali, esso e' affetto dalla palese violazione dei limiti esterni della delega. In quanto tale, esso e' anche affetto da eccesso di delega: ma si vuole sottolineare che il vizio e' in questo caso ancor piu' grave: non si tratta solo di aver superato l'ambito della delega, ma di avere contraddetto un limite positivamente stabilito dalla stessa legge di delega. Ne' si possono sollevare dubbi sulla legittimazione della Regione a denunciare tale vizio. Il criterio direttivo violato (art. 1, co. 2, 1. 42/2009) e' posto specificamente a tutela delle Regioni speciali e, in tali casi, codesta Corte ha sempre ammesso la censura fondata sull'art. 76 Cost. (v., ad es., le sentt. 183/1987, 192/1987, 272/1988, 617/1988 e 87/1996). Inoltre, le norme la cui applicazione e' imposta alla Regione dall'art. 13 sono norme che incidono su materie regionali e restrittive delle prerogative della Regione, come si vedra' infra, per cui anche per questa ragione la Regione e' legittimata ad invocare l'art. 76 Cost. (v., ad es., le sentt. 355/1993, 503/2000, 110/2001, 206/2001, punti 15, 16 e 34 del Diritto, e 303/2003, punto 35 del Diritto). La violazione di questo parametro, in altre parole, si traduce in violazione delle norme statutarie e di attuazione che, come vedremo nei motivi da 3 a 10, sono incise dalle singole norme del d. lgs. 149/2011. B) Violazione degli artt. 79, 103, 104 e 107 dello Statuto. L'art. 13 d. lgs. 149/2011, condizionando il contenuto delle norme di attuazione e pretendendo di imporre un termine per la loro adozione, viola l'art. 107 dello Statuto, che disciplina la competenza e la procedura di adozione delle norme di attuazione, escludendo che una fonte legislativa ordinaria possa incidere sul loro contenuto o sul termine di adozione. E' dunque assolutamente illegittimo che un decreto legislativo pretenda di delimitarne il possibile contenuto, riducendolo alla fissazione della decorrenza o delle modalita' di applicazione di norme non aventi il rango di norme di attuazione, oltre tutto poste in essere in violazione della delega. L'imposizione del termine e' esclusa anche da una ulteriore ragione: le norme di attuazione si fondano su un accordo raggiunto in sede di commissione paritetica, per cui non sarebbe possibile che una fonte statale ordinaria fissasse unilateralmente un termine. Lo stesso varrebbe poi per la legge conclusa ai sensi dell'art. 104 St. ("le norme del titolo VI e quelle dell'art. 13 possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province"), qualora si ritenga che l'art. 13 possa essere riferito anche a tale legge. Inoltre, l'art. 13, stabilendo l'applicazione del d. lgs. 149/2011 (o attraverso il "filtro" delle norme di attuazione o direttamente), viola gli artt. 103, 104 e 107, in quanto il d. lgs. 149 regola - come si vedra' nei singoli punti - settori oggetto di norme statutarie e di attuazione, sulle quali una fonte ordinaria statale non puo' incidere, a meno che (in materia finanziaria) sia adottata con la procedura di cui all'art. 104 St. L'art. 13 viola specificatamente anche l'art. 79 St., che - come visto - sancisce: che non possono essere modificate, con fonte primaria ordinaria, le misure di concorso agli obiettivi di finanza pubblica previste nello stesso art. 79 a carico della Regione (commi 1 e 2); che "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale" (co. 3); che "le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo" (co. 4). C) Violazione dell'art. 2 d. lgs. 266/1992. Infine, l'art. 13 viola l'art. 2 d. lgs. 266/1992, che esclude l'applicazione diretta delle leggi statali nelle materie regionali, ponendo solo un dovere di adeguamento "ai principi e norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell'atto medesimo". Decorsi i sei mesi, peraltro, non scatta l'applicazione delle leggi statali ma lo Stato puo' impugnare davanti alla Corte le leggi regionali non adeguate. L'art. 13 viola questa disposizione perche' prevede l'applicazione diretta - dopo i sei mesi - di norme statali attinenti a materie di competenza regionale, quali il coordinamento della finanza pubblica, la sanita', la finanza locale e l'organizzazione interna (v. infra, i singoli punti). Inoltre, non si prevede il vincolo della Regione solo ai "principi e norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto speciale" ma a tutte le disposizioni del d. lgs. 149/2011. L'accoglimento di una delle censure esposte nei punti 1 e 2 porterebbe all'annullamento di tutte le norme impugnate o alla dichiarazione dell'illegittimita' della loro applicazione a questa Regione. Le censure che si formulano di seguito, dunque, sono avanzate per la denegata ipotesi in cui l'art. 13, contro l'evidenza della legge di delega, sia ritenuto legittimo. 3) Illegittimita' costituzionale degli arti 1 e 4. Come esposto in narrativa, l'art. 1 prevede la Relazione di fine legislatura regionale. La norma e' espressamente diretta "al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica". L'art. 1 regola con norme dettagliate l'adozione della relazione (sottoscrizione del Presidente della Giunta regionale "non oltre il novantesimo giorno antecedente la data di scadenza della legislatura", entro i 10 giorni successivi certificazione da parte degli organi di controllo interno regionale ed invio al Tavolo tecnico interistituzionale istituito presso la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, controllo del Tavolo tecnico ed invio di "apposito rapporto al Presidente della Giunta regionale"). Norme speciali sono dettate per il settore sanitario. Il comma 3 regola specificamente la procedura "in caso di scioglimento anticipato del Consiglio regionale". Il comma 4 disciplina in dettaglio il contenuto della relazione ("La relazione di fine legislatura contiene la descrizione dettagliata delle principali attivita' normative e amministrative svolte durante la legislatura, con specifico riferimento a:..."). Il comma 5 stabilisce che "con atto di natura non regolamentare, adottato d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale,... adotta uno schema tipo per la redazione della relazione di fine legislatura, differenziandolo eventualmente per le Regioni non assoggettate a un piano di rientro della spesa sanitaria". Infine, si prevede che "in caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione della relazione di fine legislatura il Presidente della Giunta regionale e' tenuto a darne notizia, motivandone le ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente". Una disciplina del tutto analoga e' dettata dall'art. 4 per la Relazione di fine mandato provinciale e comunale. L'art. 1 incide su materie di competenza regionale: coordinamento della finanza pubblica (art. 117, co. 3, Cost. e art. 10 1. cost. 3/2001) e organizzazione interna (art. 4, n. 1, o - se ritenuto piu' favorevole - art. 117, co. 4, Cost., in collegamento con l'art. 10 1. cost. 3/2001). L'art. 16, co. 1, d. lgs. 268/1992 dispone che "spetta alla regione e alle province emanare norme in materia di bilanci, di rendiconti, di amministrazione del patrimonio e di contratti della regione e delle province medesime e degli enti da esse dipendenti". Anche l'art. 4 incide su materie regionali: v. l'art. 4, n. 3, che assegna alla Regione competenza primaria in materia di "ordinamento degli enti locali". Inoltre, l'art. 17, co. 2, d. lgs. 268/1992 precisa che "restano ferme le competenze nelle materie relative agli ordinamenti attribuite alla regione dallo statuto e dalle relative norme di attuazione". Gli artt. 1 e 4 del d. lgs. n. 149 del 2011, in quanto applicati alla Regione dall'art. 13 d. lgs. 149/2011, violano le norme appena citate perche' hanno contenuto dettagliato in materie di competenza primaria regionale o concorrente; in particolare, viene indicato direttamente l'organo regionale competente per determinati adempimenti (v. l'art. 1, commi 2 e 6), con lesione dell'autonomia organizzativa regionale (v. sentt. 387/2007 e 407/1989). Quanto al coordinamento della finanza pubblica, in realta' esso e' stato riconosciuto di competenza delle norme di attuazione dall'art. 27, commi 1 e 3, 1. 42/2009 e poi "irrigidito" a livello statutario dalla 1. 191/2009: dunque, gli artt. 1 e 4 violano anche l'art. 79 St., che sancisce l'inapplicabilita' alla Regione delle norme di coordinamento relative alle Regioni ordinarie, anche con specifico riferimento agli enti locali (v. l'art. 79, co. 3). Qualora gli arti. 1 e 4 d. lgs. 149/2011 fossero ricondotti alla fattispecie di cui all'art. 79, co. 4, secondo periodo, St., essi sarebbero comunque illegittimi perche' applicati alla Regione in toto (e non limitatamente ai principi) ed in via diretta nel caso di cui all'art. 13, co. 1, secondo periodo, mentre l'art. 79, co. 4, prevede solo un dovere di adeguamento. Ancora, la previsione dell"'atto di natura non regolamentare" con cui il Ministro "adotta uno schema tipo per la redazione della relazione di fine legislatura" (art. 1, co. 5, e art. 4, co. 5) viola il divieto di fonti secondarie nelle materie regionali, qualora l'atto sia considerato sostanzialmente normativo (art. 117, co. 6, e art. 2 d. lgs. 266/1992) o il divieto di attribuzione di funzioni amministrative ad organi statali (art. 4 d. lgs. 266/1992) qualora l'atto sia considerato amministrativo. Infine, la previsione del controllo del Tavolo tecnico (art. 1, co. 2, e art. 4, co. 2) viola lo Statuto ed il dPR 305/1988, perche' si introduce una forma di controllo non prevista dallo Statuto e dalle norme di attuazione: v., per l'art. 1 d. lgs. 149, gli artt. 2 e 6 dPR 305/1988 (in materia di controllo della Corte dei conti sulla gestione) e, per l'art. 4, i gia' citati art. 79, co. 3, St. e l'art. 6, co. 3-bis, dPR 305/1988. 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, co. 7. L'art. 2, co. 7, dispone che, "con riguardo a settori ed attivita' regionali diversi dalla sanita', ove una regione dopo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nonche' dei relativi costi standard e la definizione degli obiettivi di servizio, non provveda alla attuazione dei citati livelli e al raggiungimento degli obiettivi di servizio in coerenza con le previsioni di cui all'articolo 18 della legge 5 maggio 2009, n. 42, il Presidente della Giunta regionale e' nominato commissario ad acta ai sensi dell'articolo 8 della citata legge n. 131 del 2003, per l'esercizio dei poteri sostitutivi". Tale norma e' illegittima perche' pretende di applicare alla Regione Trentino-Alto Adige l'art. 120 Cost., mentre, nelle materie che spettano alla Regione in base allo Statuto, l'art. 120 e' inapplicabile alla Regione e restano fermi i poteri sostitutivi previsti dalle norme di attuazione (v. sent. 236/2004), cioe' quelli di cui all'art. 8 dPR 526/1987. In relazione alle "nuove" materie, non previste nello Statuto, l'art. 8 1. 131/2003 e' applicabile alla Regione solo dopo il trasferimento ad esse delle nuove funzioni, "con le procedure previste dall'art. 11 della legge n. 131 del 2003, ossia con norme di attuazione degli statuti adottate su proposta delle commissioni paritetiche" (cosi' la sent. 236/2004). Inoltre, spetta sempre alle norme di attuazione configurare il potere sostitutivo statale in relazione alle nuove funzioni trasferite, per cui i commi 4 e 7 violano anche l'art. 107 Cost., perche' pretendono di vincolare il contenuto delle norme di attuazione. L'art. 2, co. 7, e' poi ulteriormente illegittimo la' dove fa riferimento al mancato "raggiungimento degli obiettivi di servizio". Infatti, la disposizione prevede una ipotesi di potere sostitutivo in applicazione dell'art. 120 Cost., come e' reso palese dal riferimento all'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, dedicato alla Attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo. Sennonche', e' di immediata evidenza che l'art. 120 Cost. si riferisce soltanto alla tutela dei livelli essenziali delle prestazioni, e non anche a generici "obiettivi di servizio", la cui nozione e' sconosciuta alla Costituzione. 5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5. L'art. 5 d. lgs. 149/2011 dispone che "il Ministero dell'economia e delle finanze -Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato puo' attivare verifiche sulla regolarita' della gestione amministrativo-contabile, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un ente evidenzi, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario riferitili ai seguenti indicatori: a) ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria; b) disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio; c) anomale modalita' di gestione dei servizi per conto di terzi" (co. 1). Il comma 2 aggiunge che "le modalita' di attuazione del cometa 1 sono definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze,... previa intesa con la Conferenza Unificata... e prevedono anche adeguate forme di contraddittorio fra il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e gli enti sottoposti alle verifiche di cui al comma 1". L'attivita' di verifica "sulla regolarita' della gestione amministrativo-contabile attivata sulla base degli indicatori di cui al comma 1 e' eseguita prioritariamente nei confronti dei comuni capoluogo di provincia". L'art. 14 1. 196/2009, richiamato dall'art. 5 ora citato, si intitola Controllo e monitoraggio dei conti pubblici e prevede che "in relazione alle esigenze di controllo e di monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica... il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede a:... d) effettuare, tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, verifiche sulla regolarita' della gestione amministrativo-contabile delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano". Dunque, l'art. 5 d. lgs. 149/2011 contempla, se applicato alla regione Trentino-Alto Adige, un controllo di gestione ministeriale sugli enti locali della regione e sugli enti pubblici pararegionali. Cio' si pone in chiaro contrasto con l'intero sistema statutario. E' infatti l'evidente lesione della potesta' legislativa primaria e della potesta' amministrativa della Regione in materia di "ordinamento degli enti para-regionali" (art. 4, n. 2; v. anche l'art. 16, co. 1, d. lgs. 268/1992) e di "ordinamento degli enti locali" (art. 4, n. 3); inoltre, occorre evidenziare il contrasto con l'art. 79, co. 3, St., che attribuisce alle Province "funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali, ai propri enti e organismi strumentali, alle aziende sanitarie, alle universita' non statali..., alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e agli altri enti od organismi a ordinamento regionale o provinciale finanziati dalle stesse in via ordinaria", e che stabilisce inoltre che "le province vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti di cui al presente comma ed esercitano sugli stessi il controllo successivo sulla gestione dando notizia degli esiti alla competente sezione della Corte dei conti" (si vedano poi anche gli art. 54, n. 5, e 80 St. e l'art. 6, co. 3-bis, dPR 305/1988). Inoltre, trattandosi di materie di competenza regionale, l'art. 5 viola l'art. 4 d. lgs. 266/1992, che esclude il conferimento di funzioni amministrative comprese quelle di vigilanza - ad organi statali (su questo punto v. le sentt. 182/1997 e 228/1993). Infine, l'art. 5, co. 2, prevede un atto regolativo in materia regionale e, dunque, viola il divieto di regolamenti statali in materie regionali (art. 117, co. 6, Cost. e art. 2 d. 1gs. 266/1992) o, se si considera l'atto non normativo, l'art. 4 d. lgs. 266/1992. 6) Illegittimita' costituzionale dell'att 6. L'art. 6 e' intitolato Responsabilita' politica del presidente di provincia e del sindaco. Il comma 1 sostituisce l'art. 248, co. 5, d. lgs. 267/2000, stabilendo che, "fermo restando quanto previsto dall'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni cagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo e' diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l'amministratore e' stato riconosciuto responsabile". Inoltre, "i sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili ai sensi del periodo precedente,... non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonche' di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo", e "non possono altresi' ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale ne' alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici". Qualora, "a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilita' nello svolgimento dell'attivita' del collegio dei revisori, ... i componenti del collegio riconosciuti responsabili... non possono essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in funzione della gravita' accertata". In base all'art. 6, co. 2, "qualora dalle pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti emergano,... comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarita' contabili o squilibri strutturali del bilancio dell'ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario e lo stesso ente non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte dei conti, le necessarie misure correttive previste dall'articolo 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, la competente sezione regionale, accertato l'inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica". In questi casi, ove sia accertato il perdurare dell'inadempimento, "il Prefetto assegna al Consiglio... un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto". Decorso infruttuosamente tale termine, "il Prefetto nomina un commissario per la deliberazione dello stato di dissesto e da' corso alla procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente ai sensi dell'articolo 141 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000". La norma modificata dall'art. 6, co. 1, in quanto costituisce parte integrante del t.u. enti locali come nuovo art. 248, dovrebbe essere ritenuta inapplicabile alla Regione Trentino-Alto Adige in virtu' dell'art. 1, co. 2, dello stesso testo unico (d. lgs. 267/2000), secondo cui "le disposizioni del presente testo unico non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione". Qualora, invece, fosse ritenuto prevalente l'art. 13 d. lgs. 149/2011, l'art. 6, co. 1, recando norme sanzionatone dettagliate ed autoapplicative in materia di ordinamento degli enti locali, senza possibilita' di svolgimento da parte della Regione, verrebbe a ledere (sempre a non considerare qui la potesta' della Provincia in materia di finanza locale) tale competenza regionale (art. 4, n. 3, St.). Invece, l'art. 6, co. 2, non modifica il t.u. enti locali. Esso, se applicato alla Regione ex art. 13 d. lgs. 149/2011, viola chiaramente le norme che attribuiscono alla Regione competenza in materia di ordinamento degli enti locali (oltre a ledere i poteri provinciali di vigilanza e di controllo di gestione: artt. 54, n. 5, 79, co. 3, e 80 St., e art. 6, co. 3-bis, dPR 305/1988; in sostanza, si introducono forme di controllo ulteriori rispetto a quelle previste dallo Statuto e dalle norme di attuazione). E' da precisare che la materia dello scioglimento degli organi comunali e della nomina dei commissari e' disciplinata a livello regionale: v. gli artt. 82 e 83 d.P.G.reg. 1 febbraio 2005, n. 3/L. 7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7. Fra le disposizioni contenute negli artt. da 1 a 7, l'art. 7 e' l'unico che menziona espressamente le autonomie speciali. Dunque, esso si rivolge ad esse a prescindere dall'art. 13 d. lgs. 149/2011, prevedendo sanzioni a carico delle Regioni speciali e delle Province autonome in caso di "mancato rispetto del patto di stabilita' interno". Il comma 1 stabilisce che la Regione, "nell'anno successivo a quello dell'inadempienza: a) e' tenuta a versare all'entrata del bilancio statale... l'importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato...; b) non puo' impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio; c) non puo' ricorrere all'indebitamento per gli investimenti;... d) non puo' procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto...; e) e' tenuta a rideterminare le indennita' di funzione ed i gettoni di presenza del Presidente e dei componenti della Giunta con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010". Il secondo comma prevede analoghe conseguenze per gli enti locali. Tali disposizioni sono illegittime e gravemente lesive dell'autonomia regionale, come nuovamente codificata, mediante la procedura di cui all'art. 104 dello Statuto, proprio in relazione alle regole relative al patto di stabilita' ed al concorso della Regione agli obbiettivi di finanza pubblica. In particolare, il comma 1 viola l'art. 79 St. (frutto appunto della indicata modifica), che prevede le misure con cui la Regione e le Province "concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale", e dispone che "le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1". Inoltre, nel comma 3 l'art. 79 stabilisce le regole per la definizione del patto di stabilita' e prevede espressamente che "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale"; il comma 4 ribadisce che "le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo". Dunque, appare chiara l'illegittimita' dell'art. 7: il legislatore ordinario non puo' alterare unilateralmente l'assetto dei rapporti in materia finanziaria disegnato dallo Statuto, assimilando la posizione della Regione Trentino-Alto Adige - regolata da disciplina speciale - a quella delle Regioni ordinarie. Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali e' dominato dal principio dell'accordo, pienamente riconosciuto nella giurisprudenza costituzionale. Cosi', ad es., la sent. n. 82 del 2007 ha riconosciuto che "la previsione normativa del metodo dell'accordo tra le Regioni a statuto speciale e il Ministero dell'economia e delle finanze, per la determinazione delle spese correnti e in conto capitale, nonche' dei relativi pagamenti, deve considerarsi un'espressione" della "speciale autonomia in materia finanziaria di cui godono le predette Regioni, in forza dei loro statuti" (punto 6 del Diritto); e nella sent. n. 353 del 2004 la Corte ha affermato che il metodo dell'accordo (sempre per la determinazione delle spese), introdotto per la prima volta dalla legge finanziaria per il 1998 e riprodotto in tutte le leggi finanziarie successivamente adottate, deve essere tendenzialmente preferito ad altri, dato che «la necessita' di un accordo tra lo Stato e gli enti ad autonomia speciale nasce dall'esigenza di rispettare l'autonomia finanziaria di questi ultimi». Si puo' ricordare anche la sent. n. 39 del 1984, che ha annullato un atto ministeriale che aveva unilateralmente modificato l'elenco delle imposte ai fini dell'art. 49 dello Statuto, precisando che "il legislatore statale ben potrebbe intervenire, se lo ritenesse opportuno, nell'ambito della sua specifica competenza in materia: ma dovrebbe farlo, comunque, dopo aver sentito la Regione (art. 65 Statuto Friuli - Venezia Giulia) e avendo i poteri per mettere ordine nella complessa vicenda senza turbare i delicati rapporti coll'Ente Regione". Pertinente e' anche il richiamo alla sent. n. 98 del 2000, che ha giudicato di alcune norme legislative statali che disponevano la riserva a favore dell'erario delle entrate derivanti da altre disposizioni e che erano contestate per violazione dello Statuto siciliano e delle relative norme di attuazione. La Corte ha riconosciuto l'esistenza del "principio... di leale cooperazione fra Stato e Regione, che domina le relazioni fra i livelli di governo la' dove si verifichino, come in queste ipotesi accade, interferenze fra le rispettive sfere e i rispettivi ambiti finanziari", e ha sottolineato che "sono espressioni significative di tale esigenza le norme di attuazione di altri statuti speciali, le quali, a tal proposito, contemplano procedimenti cui sono chiamate a partecipare le Regioni". La Corte ha, dunque, statuito che le norme impugnate dovevano prevedere "procedimenti non unilaterali, ma che contemplino una partecipazione della Regione direttamente interessata". Il principio consensuale e' stato ribadito piu' di recente, in relazione alla Provincia di Trento, dalla sent. 133/2010. La Provincia aveva impugnato l'art. 9-bis, co. 5, d.l. 78/2009, che attribuiva al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di fissare «i criteri per la rideterminazione, a decorrere dall'anno 2009, dell'ammontare dei proventi spettanti a regioni e province autonome, compatibilmente con gli statuti di autonomia delle regioni ad autonomia speciale e delle citate province autonome, ivi compresi quelli afferenti alla compartecipazione ai tributi erariali statali». La Corte ha accolto le questioni sollevate nel ricorso, ritenendo che tale norma incidesse sui rapporti finanziari intercorrenti tra lo Stato, la Regione e le Province autonome, e che "pertanto avrebbe dovuto essere approvata con il procedimento previsto dal citato art. 104 dello statuto speciale, ove e' richiesto il necessario accordo preventivo di Stato e Regione". In effetti, e' chiaramente illegittimo che lo Stato, con una fonte primaria unilateralmente adottata, alteri l'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e Regione autonoma, laddove il principio consensuale e' da tempo riconosciuto in questa materia ed e' stato ribadito proprio con la recente riforma statutaria. In subordine, qualora si ritenesse possibile l'intervento del legislatore statale ordinario (nonostante l'art. 79 St.), risulterebbe ovviamente violato anche l'art. 2 del d. lgs. n. 266 del 1992, in quanto, in materia di competenza regionale, non vi e' applicazione diretta della legislazione statale, ma soltanto dovere di adeguamento da parte della Regione.
P.Q.M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale degli articoli 1; 2, comma 7; 4; 5; 6; 7; 13 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, recante "Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42", nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Padova-Roma, addi' 18 novembre 2011 Prof. Avv. Falcon - Avv. Manzi