N. 158 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 24 novembre 2011

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 24 novembre 2011 (della Regione Calabria). 
 
Iniziativa economica privata - Finanza regionale - Adeguamento  degli
  ordinamenti regionali al  principio  della  liberalizzazione  delle
  attivita'  economiche,  secondo  cui  l'iniziativa  e   l'attivita'
  economica privata sono libere ed e' permesso tutto cio' che non  e'
  espressamente vietato dalla legge -  Elemento  per  la  valutazione
  della  c.d.  "virtuosita'"  degli  enti  territoriali,  secondo  il
  meccanismo introdotto dall'art. 20 del d.l. n. 98/2011  -  Ritenuta
  mancanza dei  requisiti  di  straordinaria  necessita'  ed  urgenza
  dell'atto censurato, lamentata incidenza  anche  con  normativa  di
  dettaglio nella materia della tutela della salute, pregiudizio  per
  il funzionamento del sistema  sanitario  regionale  e  in  generale
  dell'ordinamento regionale, lamentata compressione  di  prerogative
  costituzionali in funzione di una valutazione finanziaria - Ricorso
  della  Regione  Calabria  -  Denunciato  abuso  della  decretazione
  d'urgenza, violazione della competenza legislativa regionale  nella
  materia concorrente della tutela della salute  e  del  governo  del
  territorio,  nonche'  nella  materia   residuale   del   commercio,
  violazione del principio di ragionevolezza, del principio  di  buon
  andamento della pubblica amministrazione, del  principio  di  leale
  collaborazione. 
- Decreto-legge   13   agosto   2011,   n.   138,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 3, commi
  1, 2, 4. 
- Costituzione, artt. 3, 41, 70, 77, 97 e 117, commi terzo e quarto. 
Regioni (in genere) -  Consiglieri  regionali  -  Determinazione  del
  numero  massimo  dei  consiglieri  e  degli  assessori   regionali,
  previsione  di  un  limite  massimo  degli   emolumenti   e   delle
  indennita', commisurazione del trattamento economico alla effettiva
  partecipazione  ai   lavori   del   Consiglio,   introduzione   del
  trattamento previdenziale contributivo, istituzione e disciplina di
  un organo regionale denominato "Collegio dei revisori dei conti"  -
  Obbligo per le Regioni di adeguamento entro i termini  stabiliti  -
  Elemento per la valutazione della  c.d.  "virtuosita'"  degli  enti
  territoriali, secondo il meccanismo  introdotto  dall'art.  20  del
  d.l. n. 98/2011 - Lamentata inadeguatezza della fonte  ordinaria  a
  disciplinare  modifiche  statutarie,  lamentato  intervento   sulla
  materia della forma di  governo  riservata  allo  statuto,  nonche'
  sulla   materia   dell'organizzazione   regionale   di   competenza
  legislativa regionale piena -  Ricorso  della  Regione  Calabria  -
  Denunciato abuso della  decretazione  d'urgenza,  violazione  della
  competenza  statutaria  regionale   in   materia   di   ordinamento
  regionale, e della competenza legislativa regionale  nella  materia
  residuale dell'organizzazione degli uffici regionali. 
- Decreto-legge   13   agosto   2011,   n.   138,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 14. 
- Costituzione, artt. 70, 77, 117, 122 e 123. 
(GU n.4 del 25-1-2012 )
     Ricorso  della  Regione  Calabria,   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore  il  Presidente  in  carica  della  Giunta
regionale Dr.  Giuseppe  scopelliti,  giusta  Delibera  della  Giunta
Regionale  di   autorizzazione   alla   proposizione   del   ricorso,
rappresentata e difesa, come da Decreto del Dirigente dell'Avvocatura
regionale di assegnazione del  relativo  incarico  difensivo,  ed  in
forza di procura speciale a  margine  del  presente  atto,  dall'Avv.
Giuseppe Naimo avvocato8.cz@pec.regione.calabria.it)  dell'Avvocatura
Regionale, ed elettivamente domiciliata in Roma, Via Ottaviano n.  9,
presso  lo  studio  dell'avv.  Graziano  Pungi',   fax   0961/856414,
indirizzi di posta  elettronica  e  fax  ai  quali  intende  ricevere
comunicazioni e notificazioni del presente giudizio; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri; 
    Per  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  degli
articoli 3 e 14 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in  legge
14 settembre  2011,  n.  148,  recante  «Conversione  in  legge,  con
modificazioni, del decreto-legge 13  agosto  2011,  n.  138,  recante
ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per  lo
sviluppo.  Delega  al   Governo   per   la   riorganizzazione   della
distribuzione sul territorio degli  uffici  giudiziari.»,  pubblicata
sulla Gazzetta Ufficiale, s.g., parte I,  n.  216  del  16  settembre
2011. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    Cosi' precisate le norme avverso le  quali  si  intende  svolgere
censure, si provvedera' ora a sviluppare le censure in questione. 
    Avverso la norma di legge  statale  sopra  riportata  la  Regione
Calabria, come  in  epigrafe  rappresentata,  difesa  e  domiciliata,
intende ricorrere, come in effetti con il presente  atto  ricorre,  a
codesta Eccellentissima Corte costituzionale, ex art. 127,  comma  2,
della Costituzione, atteso che la suddetta norma presenta profili  di
lesivita' in pregiudizio della sfera di attribuzioni  legislative  ed
amministrative della Regione Calabria  costituzionalmente  garantite,
ed  interviene  maniera  significativa  su  materia   di   preminente
interesse regionale, affidando il ricorso ai seguenti 
 
                               Motivi 
 
1.  - Violazione degli articoli 70 e 77 Cost. 
    Innanzi  tutto,  poiche'  le  norme  introdotte  dalla  legge  di
conversione sono sostanzialmente conformi  a  quelle  introdotte  dal
d.l. n. 138/11 nella versione originaria, deve  denunciarsi  la  loro
contrarieta' all'art. 77  Cost.  (e,  conseguentemente,  all'art.  70
Cost., che riserva la funzione legislativa alle  Camere,  espropriate
delle loro prerogative, in  forza  dell'illegittimo  esercizio  della
decretazione  d'urgenza),  per  palese  mancanza  dei  requisiti   di
straordinaria necessita'  ed  urgenza  (cfr.,  da  ultimo,  sent.  n.
128/2008, par. 6). 
2.  -  Violazione  degli  articoli  41,  117,  comma  3  e  4,  della
Costituzione, del principio di leale  collaborazione,  nonche'  degli
articoli 3 e 97 della Costituzione, ed in  particolare  del  generale
canone di ragionevolezza delle leggi. 
    Il presupposto dell'impugnativa dell'art. 3, commi 1, 2 e  4,  e'
che la norma (ed, in particolare, il comma 1 dell'art.  4)  impugnata
determini una effettiva innovazione  nel  sistema  attuale  (in  caso
contrario, non si comprenderebbe il senso della norma stessa), e  che
essa - per  l'ampiezza  della  sua  formulazione  -  abbia  effettiva
incidenza in ogni settore delle attivita' imprenditoriali,  e  -  per
quel che qui piu' interessa in particolare la Regione ricorrente - la
materia della tutela della salute. 
    Secondo giurisprudenza costante della Corte  di  Lussemburgo,  le
prestazioni  mediche  rientrano  nell'ambito  di  applicazione  delle
disposizioni relative alla libera prestazione  dei  servizi  (v.,  in
particolare, sentenze 4 ottobre 1991, causa C-159/90, Society for the
Protection of Unborn Children Ireland,  punto  18;  28  aprile  1998,
causa C-158/96, Kohll, punto 29;  16  maggio  2006,  causa  C-372/04,
Watts, punto 89), senza che si debba distinguere  a  seconda  che  le
cure siano dispensate in ambito  ospedaliero  o  fuori  dallo  stesso
(sentenze 12 luglio 2001, causa C-368/98, Vanbraekel e a., punto  41;
12 luglio 2001, causa C-157/99,  Smits  e  Peerbooms,  punto  53;  13
maggio 2003, causa C-385/99, Miiller-Faure' e van Riet, punto 38;  23
ottobre 2003, causa C-56/01, Inizan, punto 16). 
    A completamento di quanto  sopra,  sempre  secondo  la  Corte  di
Giustizia, la circostanza che un trattamento medico  ospedaliero  sia
finanziato direttamente dalle casse di assicurazione malattia,  sulla
base di convenzioni  e  di  tariffe  prestabilite,  non  e'  tale  da
sottrarre tale trattamento al settore dei servizi di cui all'art.  50
del Trattato, in quanto tale norma «non prescrive che il servizio sia
pagato  da  coloro  che  ne  fruiscono  e,  dall'altro,  i  pagamenti
effettuati  dalle  casse  malattia  nell'ambito  di  un  sistema   di
convenzionamento tra queste ultime ed i prestatori di cure sanitarie,
ancorche'  forfettari,  costituiscono  sicuramente  il  corrispettivo
delle  prestazioni  ospedaliere  e  presentano  indubitabilmente   un
carattere retributivo per l'istituto ospedaliero che ne  beneficia  e
che svolge un'attivita' di tipo economico» (sentenza 12 luglio  2001,
Smits, cit., punti 56 - 58). 
    Con la l.r. n. 24/08  la  Regione  ha  definito  il  concetto  di
autorizzazione   sanitaria   (L'autorizzazione   sanitaria   e'    il
provvedimento con il quale,  verificato  il  possesso  dei  requisiti
necessari, «si  consente  l'esercizio  della  attivita'  sanitaria  o
socio-sanitaria da parte di una struttura pubblica  o  privata  o  di
professionisti» - art. 3, comma 1), autorizzazione che e'  rilasciata
dal Comune territorialmente competente, «ferma restando  la  liberta'
di impresa e previa verifica di compatibilita' con la  programmazione
sanitaria regionale da parte del Dipartimento regionale tutela  della
salute e politiche sanitarie ai sensi dell'art. 8-ter, comma  3,  del
decreto legislativo 19 giugno 1999,  n.  229.»  (art.  3,  comma  5),
nonche'   quello   di   accreditamento   («L'accreditamento   e'   il
provvedimento attraverso il quale le strutture pubbliche e private ed
i professionisti gia' autorizzati ai sensi  dell'articolo  3  possono
erogare prestazioni sanitarie o socio-sanitarie per conto del Sistema
sanitario nazionale.» - art. 11, comma 1), che puo'  essere  concesso
in relazione alle necessita' della  Regione,  evidenziate  nel  Piano
Sanitario Regionale (art. 11, comma 4). 
    Assolutamente coerenti con tale impostazione  sono  (erano?)  gli
artt. 8-ter ed 8-quater del d.lgs. n. 502/92. 
    Non  e'  secondario  rilevare  che   la   Regione   Calabria   e'
commissariata  per  il  deficit  sanitario:  la  Regione  ha  infatti
adottato apposito Piano di Rientro (con  Delibera  G.R.  n.  845/09),
approvato con accordo Stato Regione stipulato il  17  dicembre  2009,
accordo a sua volta approvato con Delibera G.R. n.  908/09,  Delibere
pubblicate sul S.S. n. 5 del 20.3.2010 al BURC n. 5 del 16.3.2010. 
    In data 30 luglio 2010, la Regione e' poi stata commissariata con
Delibera in pari data del C.d.M., e Commissario e' stato nominato  il
Presidente della Giunta. 
    Nel  Piano  di  Rientro,  si  prevede,  come  da   cronoprogramma
elaborato in attuazione di tale provvedimento,  di  riorganizzare  la
rete di ospedali e strutture pubbliche e  private,  mediante  analisi
della domanda e dell'offerta, ed  individuando  il  fabbisogno  sulla
base degli standard disponibili a livello nazionale. 
    La Corte di Giustizia ha espressamente precisato che, ex art.  52
T.F.U.E. (ex art. 46  T.C.E.)  le  restrizioni  (per  il  tramite  di
autorizzazione) allo svolgimento di attivita', per ragioni di sanita'
pubblica,  possono  essere  assunte  anche  dalle  Regioni,  e   sono
compatibili col Trattato, ove non discriminino gli operatori in  base
alla  nazionalita',  e  laddove  la  limitazione   si   prefigga   la
realizzazione di un livello elevato di tutela della salute, e, cioe',
persegua «da un lato, l'obiettivo diretto  a  mantenere  un  servizio
medico-ospedaliero di qualita', equilibrato e accessibile a tutti  e,
dall'altro, l'obiettivo che consiste  nel  prevenire  un  rischio  di
grave   alterazione   dell'equilibrio   finanziario    del    sistema
previdenziale» (Corte di Giustizia, Grande Sezione,  10.3.2009,  resa
nella causa C 169/07, Hartlauer). 
    Premesso, quindi, che il sistema delle autorizzazioni,  per  come
sopra descritto in base alle disposizioni regionali, non confligge in
alcun punto col Trattato, la norma  impugnata,  pertanto,  viola  gli
artt. 41, comma 3, e 97 Cost., ed invade  la  competenza  concorrente
regionale riconosciuta ex art. 117 Cost. in materia di  tutela  della
salute, in quanto sembra imporre  irragionevolmente  -  peraltro  con
normativa  dettagliata,  che  non  lascia   spazi   d'intervento   al
legislatore regionale - di accogliere senza  alcun  filtro  tutte  le
istanze di autorizzazione ed accreditamento, imponendo  alla  Regione
(comma  4)  di  adeguare  il  proprio  ordinamento   a   tale   nuova
«impostazione»,    e    pregiudicando    l'ordinato     funzionamento
dell'ordinamento regionale. 
    Quanto  poi  ad  altri   tipi   di   attivita'   (solo   in   via
esemplificativa, vendita al  pubblico  dei  farmaci  da  banco  o  di
automedicazione, apertura strutture media e grande distribuzione),  i
comma 1 e 2 violano l'art. 41, comma 3,  e  97  Cost.,  pregiudicando
l'ordinato funzionamento dell'ordinamento regionale, ed  invadono  la
competenza concorrente ex art. 117 Cost. della Regione in materia  di
governo  del  territorio,  di  tutela  della  salute,  di  commercio,
impedendo in radice - ad esempio - di subordinare il  rilascio  delle
autorizzazioni alla determinazione di requisiti quali  la  superficie
minima che deve avere l'apposito reparto destinato  allo  svolgimento
della  riferita  attivita',  secondo  la   tipologia   di   esercizio
commerciale (v. Corte  cost.  21-04-2011,  n.  150),  o  alla  idonea
pianificazione  territoriale  degli  insediamenti   delle   attivita'
commerciali, correlata alle concrete necessita' dei  territori,  alla
qualificazione di Comune ad economia prevalentemente turistica  o  di
citta' d'arte, o condizionando  l'apertura  di  grandi  strutture  di
vendita in base alla dimensione demografica del  territorio  comunale
di insediamento (v. l.r. Calabria  17/99,  per  quanto  attiene  alle
strutture della grande e media distribuzione). 
    Il complesso normativo dei comma  1,  2  e  4,  quindi,  pone  la
Regione, quindi in seria difficolta': o, accettando  la  compressione
delle proprie prerogative, ottempera a tali norme -  consentendo,  ad
esempio, un  libero  ed  incontrollato  ampliamento  del  numero  dei
soggetti autorizzati e accreditati, o  l'apertura  indiscriminata  di
strutture di grande  distribuzione  -e,  quindi,  viola  (per  quanto
attiene alla tutela della salute) anche il Piano di  rientro;  oppure
mantiene il proprio ordinamento, ed  allora  rischia  di  non  essere
valutata (art. 3, comma 4) come Ente virtuoso, valutazione questa che
- in quanto correlata al comma 1,  palesemente  illegittima  -  rende
costituzionalmente viziato anche il comma 4. 
3. - Violazione degli articoli 122  e  123  della  Costituzione,  del
principio di leale collaborazione, nonche'  del  generale  canone  di
ragionevolezza delle leggi. 
    Con l'art. 14, si introducono vincoli particolarmente dettagliati
al potere delle Regioni di determinare - attraverso i propri  Statuti
- il numero di Consiglieri e di Assessori, nonche' si pone  l'obbligo
di istituire un Collegio dei Revisori. 
    Seppur   formalmente    rispettoso    dell'autonomia    regionale
(«..nell'ambito della propria autonomia statutaria e  legislativa»!),
e sotto l'egida della ormai imperante  finalita'  del  «conseguimento
degli obiettivi stabiliti nell'ambito del coordinamento della finanza
pubblica», correlata anche in  tal  caso  alla  possibilita'  per  la
Regione di essere (o di  non  essere)  qualificata  come  «ente  piu'
virtuoso», la norma lede sotto piu' profili l'autonomia regionale. 
    a) Innanzi tutto, nella parte in cui (comma 1, lett. a) e b) pone
limiti di dettaglio al numero (massimo) di Consiglieri  ed  Assessori
in rapporto alla popolazione (la Calabria ha 2.010.034  abitanti,  ed
attualmente  -  v.  art.  15  Statuto  -  50  Consiglieri,  oltre  il
Presidente, e -  v.  art.  35  Statuto  -  una  Giunta  composta  dal
Presidente, dal Vice Presidente e  da  un  numero  di  Assessori  non
inferiore a otto e  non  superiore  a  dieci  "in  atto  vi  sono  10
Assessori", quindi dovrebbe diminuire di 10  unita'  la  composizione
consiliare, e di almeno due unita' l'attuale  compagine  di  Giunta),
viola l'art. 123 della  Costituzione:  infatti,  l'unico  limite  che
incontra la  potesta'  statutaria  regionale  e'  "l'armonia  con  la
Costituzione". 
    Come precisato anche di recente da codesta ecc.ma Corte,  rientra
nella riserva statutaria «la determinazione del numero dei membri del
Consiglio,  in  quanto  la   composizione   dell'organo   legislativo
regionale rappresenta una fondamentale "scelta politica sottesa  alla
determinazione della 'forma di governo' della Regione" (sentenza n. 3
del 2006)» (Corte costituzionale, 15.6.2011, n. 188); sempre  codesta
ecc.ma Corte ha statuito che «La Costituzione riserva allo statuto la
disciplina dei rapporti tra gli organi fondamentali della Regione (si
vedano, le sentenze n. 12 del 2006 e  n.  313  del  2003),  anche  in
relazione alla loro conformazione (sentenza n. 3 del  2006).  Con  la
sentenza n. 188 del 2007, questa Corte ha precisato  che  "le  scelte
fondamentali in ordine al  riparto  delle  funzioni  tra  gli  organi
regionali, ed in particolare tra il Consiglio e la Giunta, alla  loro
organizzazione e al loro funzionamento sono riservate  dall'art.  123
Cost. alla fonte statutaria.» (Corte  costituzionale,  13.6.2008,  n.
201). 
    Non vi e' dubbio, quindi, che solo  una  modifica  costituzionale
potrebbe imporre alla Regione di  modificare  non  spontaneamente  il
numero di Consiglieri e di Assessori previsti  nel  proprio  Statuto,
non  certo  una  norma  ordinaria,  anche  se  ispirata  a  finalita'
astrattamente condivisibili. 
    La norma  inoltre,  si  pone  in  contrasto  con  le  prerogative
riconosciute alla Regione dall'art. 122, comma 1, Cost.: infatti (per
quel che qui interessa), i principi fondamentali che la Regione  deve
rispettare in  materia  di  organi  elettivi  afferiscono  solo  alla
«durata» degli organi elettivi stessi(v. art. 5 Legge 02-07-2004,  n.
165), e non certo alla composizione del Consiglio e/o  al  numero  di
Consiglieri. 
    Non e' un caso  che  la  Commissione  Affari  Costituzionali  del
Senato abbia espresso in data 24 agosto 2011 un «parere non ostativo»
sul disegno di legge, a condizione  che  fossero  riformulate  alcune
norme, tra le quali -appunto - il comma 1 dell'art. 14, in quanto «La
norma appare lesiva  dell'autonomia  costituzionalmente  riconosciuta
alle regioni, con particolare riguardo all'articolo 123, primo comma,
della Costituzione, che attribuisce a ciascuna regione, attraverso il
proprio statuto, la facolta' di determinare la forma di governo  e  i
relativi principi fondamentali di organizzazione e funzionamento». 
    b) La norma, inoltre, impone (comma  1,  lett.  e)  non  solo  di
istituire un  Collegio  dei  Revisori  dei  Conti,  quale  organo  di
vigilanza sulla regolarita' contabile, finanziaria ed economica della
gestione dell'ente, ma determina in dettaglio anche i  requisiti  che
debbono avere i componenti dello stesso Collegio. 
    Il Collegio, indiscutibilmente, svolge le  funzioni  tipiche  del
c.d. «controllo interno» (Corte cost. 03-06-1999, n. 224):  pertanto,
in disparte la circostanza che le funzioni di tale Collegio  sembrano
parzialmente sovrapporsi a quelle disegnate per la  Corte  dei  Conti
dall'art. 7, comma 7, legge n. 131/03, non vi e' dubbio che la  norma
vada sia ad incidere sulla riserva statutaria riconosciuta  dal  gia'
richiamato  art.  123   Cost.,   che   ad   operare   nella   materia
dell'organizzazione degli uffici regionali, attribuita dall'art. 117,
quarto comma, Cost.,  alla  competenza  legislativa  residuale  delle
Regioni stesse, incidenza operata, peraltro,  con  norma  di  estremo
dettaglio. 
    Ed infatti, non a caso, il  d.lgs.  n.  286/99  (in  particolare,
l'art.  4)  demanda  alle  Regioni  le  modalita'  di  individuazione
dell'organo competente al controllo all'interno della  propria  legge
di contabilita', cosa che la Regione ha gia' fatto con gli artt. 29 -
36 della l.r. 4 febbraio 2002, n. 8, ragion per cui si e' ritenuto di
non dover ulteriormente provvedere a seguito dell'entrata  in  vigore
dell'art. 50,  comma  7,  dello  Statuto  regionale  (se  non  con  i
Regolamenti interni di Giunta e Consiglio),  approvato  con  l.r.  19
ottobre 2004, n. 25. 
    Rimane quindi acclarata la lamentata  lesione  delle  prerogative
regionali. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia   codesta   eccellentissima   Corte   costituzionale,   in
accoglimento  del  presente  ricorso,   dichiarare   l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 3 e 14 del d.l. n.  138/11,  convertito
in legge 14 settembre 2011,  n.  148,  nei  limiti  dell'impugnazione
avanzata, per violazione  degli  articoli  della  Costituzione  sopra
indicati e del principio di leale collaborazione. 
    Si depositeranno, insieme al presente ricorso,  la  deliberazione
della  Giunta  regionale  di  autorizzazione  alla  proposizione  del
ricorso medesimo, nonche' il decreto  del  Dirigente  dell'Avvocatura
regionale di assegnazione del relativo incarico difensivo. 
        Catanzaro - Roma, 14 novembre 2011 
 
                             Avv. Naimo