N. 2 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 27 dicembre 2011

Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (merito)
depositato in cancelleria il 27 dicembre  2011  (del  Presidente  del
Consiglio dei ministri). 
 
Processo penale - Legittimo impedimento - Procedimento a  carico  del
  Presidente del Consiglio dei ministri - Ordinanza del Tribunale  di
  Milano, sezione I penale, di  rigetto  della  richiesta  di  rinvio
  dell'udienza  dibattimentale  del  1°  marzo  2010,  per  legittimo
  impedimento del Presidente del Consiglio dei  ministri,  in  quanto
  impegnato, nella medesima data, nella presidenza della riunione del
  Consiglio dei ministri - Conflitto di attribuzione tra poteri dello
  Stato proposto  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  nei
  confronti del Tribunale di Milano, sezione I  penale  -  Denunciata
  omessa considerazione che "il Consiglio dei ministri e' il  momento
  delle decisioni fondamentali per la politica  del  Governo"  e  che
  "per il Presidente del Consiglio dei ministri, che lo presiede,  e'
  l'atto  piu'  elevato  della  propria  funzione  costituzionale  di
  direzione della politica di  governo  e  dell'unita'  di  indirizzo
  politico-amministrativo" e che, di  conseguenza,  "la  convocazione
  del Consiglio dei ministri e l'eventuale rinvio  della  data  della
  riunione dello stesso Consiglio sono atti politici  del  Presidente
  del  Consiglio  dei  ministri"   -   Lesione   delle   attribuzioni
  costituzionali  del  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   -
  Violazione del principio di leale collaborazione tra le Istituzioni
  - Richiesta di dichiarare la non spettanza al Tribunale  di  Milano
  di  stabilire  che  non  costituisce  impedimento   assoluto   alla
  partecipazione  alle   udienze   penali,   e   percio'   causa   di
  giustificazione della sua assenza, il diritto-dovere del Presidente
  del Consiglio dei ministri a presiedere una riunione del  Consiglio
  dei ministri, anche nell'ipotesi in cui la predetta riunione,  gia'
  fissata in una precedente data non coincidente  con  un  giorno  di
  udienza dibattimentale, venga differita ad altra  data  coincidente
  con un giorno di udienza - Richiesta di annullamento dell'ordinanza
  sopra indicata, nonche'  dell'attivita'  istruttoria  compiuta  nel
  corso della prefata udienza. 
- Ordinanza del Tribunale di Milano - sezione I penale, del 1°  marzo
  2010. 
- Costituzione, artt. 92 e 95, in relazione all'art. 5 della legge 23
  agosto 1988, n. 400, agli artt. 1, 5, 6 e 7  del  d.P.C.M.  del  10
  novembre 1993 e all'art. 420-ter del codice di procedura penale. 
(GU n.3 del 18-1-2012 )
     Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso, ope legis, dall'Avvocatura generale dello Stato,  presso  i
cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' ex lege domiciliato,
avente ad oggetto conflitto di attribuzioni tra  poteri  dello  Stato
nei confronti del Tribunale di Milano - Sez. I Penale, in persona del
Presidente pro tempore, in relazione  all'ordinanza,  pronunciata  in
data 1.3.2010, con riferimento al  procedimento  penale  n.  11776/06
R.G.T., con la quale  e'  stata  rigettata  la  richiesta  di  rinvio
dell'udienza dibattimentale del 1° marzo 2010, formulata dalla difesa
del Presidente del Consiglio dei ministri, on.le  Silvio  Berlusconi,
per legittimo impedimento di quest'ultimo in quanto impegnato,  nella
medesima data, nella presidenza  della  riunione  del  Consiglio  dei
ministri. 
 
                                Fatto 
 
    Il Tribunale di Milano - Sez. I Penale, con l'ordinanza  indicata
in  epigrafe,  ha  rigettato  la  richiesta  di  rinvio  dell'udienza
dibattimentale  del  1°  marzo  2010,  formulata  dalla  difesa   del
Presidente del Consiglio dei ministri, on.le Silvio  Berlusconi,  per
legittimo impedimento di  quest'ultimo  in  quanto  impegnato,  nella
medesima data, nella presidenza  della  riunione  del  Consiglio  dei
Ministri. 
    Il Tribunale, dopo  avere  richiamato  i  principi  affermati  da
codesta Corte in alcune pronunce, rese su ricorsi  per  conflitto  di
attribuzioni, analoghi (ma,  come  si  dimostrera'  piu'  oltre,  non
identici) a quello che oggi ci occupa (in particolare, le sentenze n.
225/01 e n. 451/05), ha cosi' motivato la propria decisione: «Ritiene
il Collegio che la deduzione di un impedimento per una  udienza  gia'
concordata non possa prescindere quantomeno dalla  allegazione  della
specifica  inderogabile  necessita'  della  sovrapposizione  dei  due
impegni perche', altrimenti,  la  funzione  giudiziaria  verrebbe  ad
essere svilita, con  la  conseguenza  che  il  contemperamento  degli
opposti interessi di rilievo costituzionale allo svolgimento in tempi
ragionevolmente rapidi del processo e  all'esercizio  delle  funzioni
parlamentari o  governative  verrebbe  ad  essere  risolto  nel  dare
esclusiva rilevanza al secondo di tali interessi; nella specie  nulla
e' stato dedotto circa la necessita' di fissare in data  24  febbraio
2010 una riunione del Consiglio dei Ministri per la data del 1° marzo
2010 coincidente con l'udienza gia' concordata e  pertanto  non  puo'
essere ritenuto il legittimo impedimento». 
    Giova evidenziare, in fatto, che nel processo penale n.  22694/01
R.G.N.R. P.M. Milano nei confronti di Agrama Frank + altri,  si  sono
svolte 25 udienze preliminari, 41 udienze dibattimentali avanti la  I
sezione penale del Tribunale di Milano. 
    L'on.le  Silvio  Berlusconi  ha  richiesto  un  solo  rinvio  per
impedimento a comparire cioe' quello  dell'udienza  del  25  febbraio
2008 per lo svolgimento della campagna elettorale. 
    Nella qualita' di  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  ha
invocato, quale legittimo  impedimento  a  partecipare  alle  udienze
dibattimentali  del  processo,  il  diritto-dovere  di  svolgere   le
funzioni costituzionali di Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
solo in un'altra occasione oltre a quella in cui e' stata pronunciata
l'ordinanza, sopra menzionata; all'udienza del 16 novembre  2009,  il
Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,   on.le    Berlusconi,
nell'invocare il legittimo impedimento, ha, comunque, dato la propria
disponibilita' a che il Tribunale svolgesse le  attivita'  necessarie
alla riunione con altro processo penale. 
    A cio' si aggiunga  che,  in  altra  occasione  (udienza  del  18
gennaio   2010),   l'on.le   Berlusconi,   ancorche'   impedito,   ha
acconsentito che si procedesse in sua  assenza;  sono  state  svolte,
dopo la nomina dell'on.le Berlusconi a Presidente del  Consiglio  dei
ministri, numerose udienze. 
    Peraltro, si deve rilevare che il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, on.le Berlusconi, ha rappresentato la propria intenzione  a
presenziare esclusivamente alle udienze  dibattimentali  nelle  quali
sarebbero state assunte le deposizioni dei testi della difesa. 
    Intervenuta la legge 7 aprile 2010, n. 51,  recante  disposizioni
in materia di legittimo impedimento a comparire in udienza, la difesa
dell'imputato,  all'udienza  del  12  aprile  2010,  ha   dedotto   e
documentato  un  legittimo  impedimento  dell'imputato  a  comparire,
consistente nell'impegno dell'imputato stesso a svolgere,  nella  sua
qualita' di Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  un  viaggio  di
Stato. 
    Il Tribunale di Milano, sezione 1° penale, con ordinanza  del  19
aprile 2010, ha sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, commi 1, 3 e 4 della predetta legge 7  aprile  2010,  n.
51, sospendendo il processo. 
    Come e' noto, codesta Corte, con sentenza 13 gennaio 2011, n. 23,
ha cosi' deciso in ordine al predetto incidente di costituzionalita': 
        «dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. l,  comma
4, della legge 7 aprile 2010,  n.  51  (Disposizioni  in  materia  di
impedimento a comparire in udienza); 
        dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma
3, della legge n. 51 del 2010, nella parte in cui non prevede che  il
giudice valuti in concreto, a norma dell'art. 420-ter, comma 1,  cod.
proc.pen., l'impedimento addotto; 
        dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale relative all'art. 1, commi 2, 5  e  6,  e  all'art.  2
della legge n. 51 del 2010, sollevate, in riferimento agli artt. 3  e
138 della Costituzione, dal Tribunale di Milano, sezione X penale,  e
dal Giudice per le indagini preliminari presso il medesimo Tribunale,
con le ordinanze indicate in epigrafe; 
        dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale relative all'art. 1, comma 1, della legge  n.  51  del
2010,  sollevate,  in  riferimento  agli  artt.   3   e   138   della
Costituzione, dal Tribunale di Milano, sezione I penale e  sezione  X
penale, e dal Giudice per le indagini preliminari presso il  medesimo
Tribunale, con le ordinanze indicate  in  epigrafe,  in  quanto  tale
disposizione venga interpretata in conformita'  con  l'art.  420-ter,
comma 1, cod.proc.pen.». 
    Codesta Corte, nella motivazione  della  predetta  pronuncia,  ha
stabilito  alcuni  principi  fondamentali  in  materia  di  legittimo
impedimento di cui all'art. 420-ter  c.p.p.  per  i  titolari  di  un
organo istituzionale quali  sono  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e i Ministri a  comparire  nelle  udienze  dei  procedimenti
penali,  quali  imputati,  per  il   concomitante   esercizio   delle
attribuzioni governative  previste  dalle  leggi  in  materia,  delle
attivita' preparatorie e consequenziali, nonche'  di  ogni  attivita'
comunque coessenziale alle funzioni di governo; principi che  possono
ritenersi applicabili al presente conflitto di attribuzioni  che  ora
diventa di attualita' come sara' piu' avanti esplicitato. 
 
                               Diritto 
 
    1. - Sull'ammissibilita' del ricorso. 
    1.1. - Sotto il profilo soggettivo. 
    Pacifica appare la spettanza della qualificazione di potere dello
Stato sia in capo al ricorrente che al resistente. 
    1.2. - Sotto il profilo oggettivo. 
    Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  rivendica,  con  il
presente atto, l'integrita' delle proprie attribuzioni costituzionali
nell'esercizio  della  funzione  istituzionale  di  presidenza  delle
riunioni del Consiglio dei Ministri, attribuzioni lese dall'ordinanza
del Tribunale di Milano, meglio indicata in epigrafe. 
    Invero, il Tribunale di Milano, nell'applicare le  comuni  regole
processuali sugli impedimenti a comparire, di  cui  all'art.  420-ter
c.p.p., pur facendo riferimento al contemperamento  tra  gli  opposti
interessi  di  rilievo  costituzionale  allo  svolgimento  in   tempi
ragionevolmente rapidi del processo e  all'esercizio  delle  funzioni
governative, ha sostanzialmente  disconosciuto  la  rilevanza,  quale
legittimo impedimento, dell'attribuzione del Presidente del Consiglio
dei ministri di presiedere la riunione  del  Consiglio  dei  Ministri
(funzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  di   rango
costituzionale), non  valutando,  in  concreto,  tale  funzione  (ora
riconosciuta anche della Corte quale  evento  puntuale  di  legittimo
impedimento) in rapporto all'interesse del processo  ma  arrivando  a
richiedere addirittura la prova della necessita' di fissare  la  data
del Consiglio dei Ministri in coincidenza con il giorno  di  udienza,
ledendo, in tale modo, le esclusive attribuzioni  costituzionali  del
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    In altri  termini  -  mentre  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha  dedotto,  quale  legittimo  impedimento,  un  preciso  e
puntuale impegno riconducibile tra l'altro alle ipotesi ora  indicate
nella legge n. 51/2010, e  cioe'  la  presidenza  del  Consiglio  dei
Ministri. tipica funzione di governo del Presidente del Consiglio dei
Ministri  -  il  Tribunale  di  Milano,  nel  valutare  l'impedimento
addotto, ha tenuto conto solo dell'esigenza  di  propria  pertinenza,
peraltro senza motivare l'incidenza che il  rinvio,  richiesto  dalla
difesa dell'on. Berlusconi, avrebbe avuto sulla sollecita definizione
del processo, e non dell'interesse costituzionalmente tutelato  della
funzione governativa del Presidente del Consiglio  dei  ministri,  al
quale e' esclusivamente attribuito il potere di fissare  le  riunioni
del  Consiglio  dei  Ministri,  che  e'  espressione  della  politica
governativa. 
    L'interesse all'elevazione del conflitto di attribuzione sussiste
anche nel caso (verificatosi nell'ipotesi che ci occupa)  in  cui  la
funzione governativa sia stata comunque  espletata,  in  quanto  tale
circostanza  non  incide  sulla  effettivita'  della  lesione   delle
attribuzioni del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  derivante
dall'ordinanza del Tribunale di Milano in  questione  (cfr.  in  tali
termini, Corte Costituzionale, sentenza n. 263/2003). 
    2.  -  Nel  merito:  violazione  degli  artt.  92  e   95   della
Costituzione in relazione agli artt. 5 della legge 23 agosto 1988, n.
400; 1, 5, 6 e 7 del d.P.C.m. 10 novembre 1993  «Regolamento  interno
del Consiglio dei Ministri», 420-ter c.p.p.; violazione del principio
di leale collaborazione tra i poteri dello Stato. 
    L'art. 92 della Costituzione recita: «Il Governo della Repubblica
e'  composto  del  Presidente  del  Consiglio  e  dei  Ministri,  che
costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il Presidente  della
Repubblica nomina il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e,  su
proposta di questo, i Ministri». L'art. 95 della Costituzione recita:
«Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale
del Governo e ne e' responsabile. Mantiene  la  unita'  di  indirizzo
politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attivita'  dei
Ministri. I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti  del
Consiglio  dei  ministri,  e  individualmente  degli  atti  dei  loro
dicasteri. La legge provvede  all'ordinamento  della  Presidenza  del
Consiglio e determina il numero, le attribuzioni  e  l'organizzazione
dei Ministeri». 
    L'art. 5 della legge n. 400 del 1988  specifica  le  attribuzioni
del Presidente del Consiglio dei ministri, disponendo al comma 2, tra
l'altro che «Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  ai  sensi
dell'articolo 95, primo comma, della Costituzione: 
        a)  indirizza  ai  ministri   le   direttive   politiche   ed
amministrative in attuazione delle deliberazioni  del  Consiglio  dei
ministri nonche' quelle  connesse  alla  propria  responsabilita'  di
direzione della politica generale del Governo; 
        b) coordina e promuove l'attivita'  dei  ministri  in  ordine
agli atti che riguardano la politica generale del Governo; 
    Il  d.lgs.  30  luglio  1999,  n.  303,  si  occupa,  invece,  di
disciplinare  l'ordinamento  della  Presidenza  del   Consiglio   dei
Ministri, in attuazione dell'articolo 11 della legge 15  marzo  1997,
n. 59 (c.d. legge Bassanini sulla semplificazione amministrativa). 
    L'art. 1 del d.P.C.m. 10 novembre 1993 «Regolamento  interno  del
Consiglio dei ministri» prevede che: 
        «1. Partecipazione alle riunioni del Consiglio dei Ministri. 
    1. Al  Consiglio  dei  Ministri  partecipano  il  Presidente  del
Consiglio e i Ministri;  assiste  il  Sottosegretario  di  Stato  con
funzioni di Segretario del Consiglio dei  Ministri  ed  intervengono,
quando prescritto, i presidenti delle regioni a  statuto  speciale  e
delle province autonome di Trento e Bolzano. 
    ....4. La partecipazione alle riunioni del Consiglio dei Ministri
e' obbligatoria, salvo motivato impedimento e salvi  i  casi  di  non
partecipazione alla discussione della singola questione  per  ragioni
di opportunita' comunicate al Presidente del Consiglio. 
    L'art. 5 del medesimo d.P.C.m. prevede,  tra  l'altro,  che:  «5.
Convocazione del Consiglio dei Ministri. 
    1. Il Presidente del Consiglio convoca il Consiglio dei  Ministri
e ne fissa l'ordine del giorno. 
    L'art. 7 del medesimo d.P.C.m. prevede, tra l'atro, che: 
        «7. Riunioni del Consiglio dei Ministri. 
    2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige i  lavori  del
Consiglio; precisa le conseguenze delle varie proposte; pone ai voti,
ove lo ritenga opportuno, fissandone le modalita', le  deliberazioni;
dichiara l'esito delle votazioni e l'adozione delle deliberazioni. 
    ...4. Spetta, in ogni caso, al Presidente del Consiglio  decidere
il rinvio della discussione o della deliberazione  su  singoli  punti
dell'ordine del giorno. 
    Il richiamo, in modo  analitico,  delle  disposizioni,  di  vario
rango  normativo,  che  disciplinano  l'attivita'  istituzionale  del
Presidente del Consiglio dei ministri, ora tutte indicate nell'art. 1
della legge n. 51/2010 quali tipiche cause di legittimo  impedimento,
porta ad una prima essenziale considerazione, ovvero che il Consiglio
dei Ministri e'  il  momento  delle  decisioni  fondamentali  per  la
politica del Governo e per il Presidente del Consiglio dei  ministri,
che lo presiede,  e'  l'atto  piu'  elevato  della  propria  funzione
costituzionale di direzione della politica di governo  e  dell'unita'
di indirizzo politico-amministrativo. 
    La convocazione del Consiglio dei Ministri e  l'eventuale  rinvio
della data della riunione dello stesso Consiglio sono  atti  politici
del Presidente del Consiglio dei ministri. 
    La sentenza n. 23/2011 di codesta Corte ha dichiarato non fondate
le questioni di  legittimita'  costituzionali  relative  all'art.  1,
comma 1, della legge n. 51/2010, sollevate in riferimento agli  artt.
3 e 138 della Costituzione dal Tribunale penale di Milano, tra cui la
l° sezione penale, in quanto tale disposizione venga interpretata  in
conformita' con l'art. 420-ter, comma 1, del c.p.p.. 
    Codesta Corte ha in  proposito  specificato  che  le  ipotesi  di
funzioni governative (tra le  quali  spicca  per  il  Presidente  del
Consiglio quella della convocazione e  direzione  del  Consiglio  dei
Ministri) previste dalle leggi e dai regolamenti indicati sono  fatti
di legittimo impedimento a comparire  all'udienza  penale  e  che  il
giudice deve valutare in concreto non solo la concomitanza del  fatto
storico addotto con l'udienza di cui si chiede il rinvio ma anche  il
carattere assoluto e attuale dello stesso. 
    Peraltro,  la  Corte,  proprio  per  evitare  che  nell'attivita'
giurisdizionale  il  giudice  sconfini  nel   sindacato   di   merito
dell'attivita' di governo, valutando  le  ragioni  politiche  sottese
all'esercizio  delle  attivita'  del  Presidente  del  Consiglio,  ha
precisato testualmente: 
    «E' vero, peraltro,  che  in  simili  ipotesi  l'esercizio  della
funzione giurisdizionale ha una  incidenza  indiretta  sull'attivita'
del titolare della carica governativa, incidenza che e'  obbligo  del
giudice  ridurre  al  minimo  possibile,  tenendo  conto  del  dovere
dell'imputato di assolvere le  funzioni  pubbliche  assegnategli.  Il
principio della separazione dei poteri non e', dunque, violato  dalla
previsione  del  potere  del  giudice   di   valutare   in   concreto
l'impedimento, ma, eventualmente, soltanto dal suo cattivo esercizio,
che  deve  rispondere   al   canone   della   leale   collaborazione.
Quest'ultimo principio ha carattere bidirezionale, nel senso che esso
riguarda  anche  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,   la
programmazione dei cui  impegni,  in  quanto  essi  si  traducono  in
altrettante cause di legittimo impedimento,  e'  suscettibile  a  sua
volta di incidere sullo svolgimento della  funzione  giurisdizionale.
Trova pertanto applicazione, anche nel caso del titolare di  funzione
governativa, quanto questa Corte  ha  affermato  con  riferimento  al
legittimo impedimento di membri del Parlamento,  tanto  piu'  che,  a
differenza di questi ultimi, il Presidente del Consiglio dei ministri
ha il potere di programmare una quota significativa degli impegni che
possono costituire legittimo impedimento (sentenze n. 451  del  2005,
n. 284 del 2004, n.  263  del  2003,  n.  225  del  2001).  La  leale
collaborazione deve  esplicarsi  mediante  soluzioni  procedimentali,
ispirate al coordinamento dei rispettivi calendari. Per un verso,  il
giudice deve definire il calendario delle udienze tenendo conto degli
impegni del Presidente del Consiglio dei  ministri  riconducibili  ad
attribuzioni coessenziali alla funzione  di  governo  e  in  concreto
assolutamente indifferibili.  Per  altro  verso,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri deve programmare  i  propri  impegni,  tenendo
conto, nel rispetto della  funzione  giurisdizionale,  dell'interesse
alla speditezza del processo che lo  riguarda  e  riservando  a  tale
scopo spazio adeguato nella propria agenda». 
    Tali principi sono in definitiva in linea con le  soluzioni  gia'
offerte da codesta Corte per gli esponenti del Parlamento, procedendo
agli opportuni adattamenti che tengano in debito conto le  importanti
attribuzioni costituzionali del Presidente del Consiglio dei ministri
- organo predominante della politica governativa del Paese. 
    Orbene, a partire dalla nota sentenza del 4 luglio 2001, n.  225,
citata anche dal Tribunale di Milano nell'ordinanza, meglio  indicata
in epigrafe, codesta Corte ha statuito che «l'autorita'  giudiziaria,
come ogni altro potere, allorquando agisce nel campo  suo  proprio  e
nell'esercizio delle sue competenze, deve tener conto non solo  delle
esigenze delle  attivita'  di  propria  pertinenza,  ma  anche  degli
interessi, costituzionalmente tutelati, di altri poteri, che  vengano
in considerazione ai fini dell'applicazione delle  regole  comuni,  e
cosi', ai fini  dell'apprezzamento  degli  impedimenti  invocati  per
chiedere il rinvio dell'udienza. Pertanto il giudice non puo', al  di
fuori di un ragionevole bilanciamento fra le due  esigenze,  entrambe
di valore costituzionale,  della  speditezza  del  processo  e  della
integrita' funzionale del Parlamento. far prevalere  solo  la  prima,
ignorando totalmente la seconda». 
    Nella medesima sentenza, codesta Corte ha anche rilevato che «ove
l'imputato, come nel caso in esame,  deduca  di  essere  impedito  ad
intervenire all'udienza dovendo esercitare il suo  diritto-dovere  di
partecipare ai lavori parlamentari -  fra  l'esigenza  di  speditezza
dell'attivita' giurisdizionale e quella di tutela delle  attribuzioni
parlamentari, aventi  entrambe  fondamento  costituzionale,  si  puo'
determinare   un'interferenza   suscettibile   di   incidere    sulle
attribuzioni costituzionali  di  un  soggetto  estraneo  al  processo
penale e, in particolare, sull'interesse della Camera di appartenenza
a che ciascuno dei suoi componenti sia libero di regolare la  propria
partecipazione  ai  lavori  parlamentari  nel  modo   ritenuto   piu'
opportuno. Pertanto, il giudice non puo' limitarsi  ad  applicare  le
regole generali del  processo  in  tema  di  onere  della  prova  del
legittimo impedimento dell'imputato, incongruamente  coinvolgendo  un
soggetto costituzionale estraneo al processo stesso, ma ha l'onere di
programmare  il  calendario  delle  udienze  in   modo   da   evitare
coincidenze con i giorni di riunione degli organi parlamentari». 
    Orbene, il Tribunale di Milano, pronunciandosi nei termini di cui
all'ordinanza del 1° marzo 2010,  ha,  solo  in  apparenza,  prestato
ossequio ai predetti principi, pervenendo, invece, ad  una  manifesta
violazione degli stessi. 
    Se e' vero, infatti, che i giudici, seguendo le indicazioni,  per
cosi'  dire  operative,  di  codesta  Corte,  hanno  proceduto,   con
riferimento al processo penale che ci occupa, alla programmazione del
calendario delle udienze in modo da evitare coincidenze con i  giorni
rispetto ai quali il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  on.le
Berlusconi, aveva indicato la sussistenza di  impegni  istituzionali,
gia' calendarizzati, e', altrettanto, vero che - con  riferimento  ad
un impegno istituzionale sopravvenuto (spostamento  di  una  riunione
del Consiglio dei Ministri, gia' fissata in una precedente  data  non
coincidente con un giorno di udienza dibattimentale,  ad  altra  data
coincidente con un giorno di udienza) - il  Tribunale  di  Milano  e'
tornato «ad applicare le regole generali  del  processo  in  tema  di
onere  della   prova   del   legittimo   impedimento   dell'imputato,
incongruamente coinvolgendo un  soggetto  costituzionale  (in  questo
caso, il Presidente del Consiglio dei ministri: N.d.E.)  estraneo  al
processo stesso»; senza tenere  in  debito  conto  il  diritto-dovere
dell'esercizio della funzione di governo del Presidente del Consiglio
dei ministri se non sotto il profilo  inammissibile  di  una  pretesa
mancata deduzione  di  elementi  di  prova  dello  spostamento  della
riunione del Consiglio dei Ministri. 
    Ed invero, nell'ordinanza si legge che l'on.le Berlusconi, per la
sua veste di Presidente del Consiglio dei  Ministri,  avrebbe  dovuto
allegare i motivi  della  «specifica  inderogabile  necessita'  della
sovrapposizione dei due impegni»; ed ancora, che «nella specie  nulla
e' stato dedotto circa la necessita' di fissare in data  24  febbraio
2010 una riunione del Consiglio dei Ministri per la data del 1° marzo
2010 coincidente con l'udienza gia' concordata». 
    Cosi' facendo, il Tribunale di Milano si e',  peraltro,  arrogato
un inammissibile potere di sindacato delle ragioni politiche  sottese
al rinvio di una riunione del Consiglio dei Ministri,  incorrendo  in
quel «cattivo  esercizio»  del  proprio  potere  giurisdizionale  che
codesta Corte, nella sent. 23/11 sopra citata, individua quale motivo
di invasione della sfera di attribuzioni del Presidente del Consiglio
dei  ministri  che,  col  presente  conflitto,  si  rivendicano,   ma
soprattutto ha mal esercitato il suo potere di valutare  in  concreto
l'impedimento, esercizio del potere che «deve rispondere al canone di
leale collaborazione». 
    Ci si chiede:  cosa  sarebbe  accaduto  se  le  predette  ragioni
fossero  state  estese  al  Tribunale:   sarebbero   state   ritenute
sufficienti a provare la sussistenza  di  un  legittimo  impedimento?
Oppure ci sarebbe stato un  confronto  dibattimentale  sulle  ragioni
(eminentemente politiche) che avevano reso necessario lo  spostamento
e la fissazione della riunione del Consiglio dei Ministri? 
    Le superiori considerazioni  evidenziano  come  il  Tribunale  di
Milano, Sez. I - diversamente dalla Sez.  X  dello  stesso  Tribunale
(cfr. ordinanza del 4 dicembre 2009, che si deposita in copia) che ha
espressamente affermato che «all'evidenza  attiene...  alle  funzioni
istituzionali proprie del Presidente del Consiglio  dei  ministri  la
partecipazione al Consiglio stesso» - abbia, nella sostanza,  violato
i principi costituzionali, affermati da codesta Corte  nella  recente
sentenza n. 23/2011 e nelle altre piu' sopra indicate,  e  come  allo
stesso  non  spettasse   pervenire   alle   affermazioni,   contenute
nell'ordinanza  del  1°  marzo  2010,   lesive   delle   attribuzioni
costituzionali  del  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri;   al
contrario,  i  giudici,   in   ossequio   al   principio   di   leale
collaborazione  «che  deve,  sempre,  informare  i  rapporti  tra  le
Istituzioni, in una sintesi  di  reciproco  rispetto  del  lavoro  di
ciascuno degli organi  e  poteri  costituzionali»,  avrebbero  dovuto
ritenere che la presidenza di una riunione del Consiglio dei Ministri
(anche se rinviata ad altra data  rispetto  a  quella  di  originaria
convocazione) costituisce, all'evidenza, un impegno istituzionale che
da' luogo ad un legittimo impedimento, per l'imputato-Presidente  del
Consiglio dei ministri, a partecipare ad una udienza dibattimentale. 
    Come ha specificato codesta  Corte  nella  sentenza  n.  23/2011,
l'esercizio di una funzione governativa prevista  dalle  disposizioni
indicate nell'art. 1, comma 1, della legge n. 51/2010 e' da ritenersi
un caso tipico di legittimo impedimento e la valutazione del  giudice
deve riguardare, oltre  che  la  concomitanza  del  fatto  impeditivo
rispetto all'udienza,  anche  la  c.d.  assolutezza  dell'impedimento
stesso. 
    Il carattere di assolutezza deve essere  interpretato  nel  senso
che l'impegno, addotto come legittimo  impedimento,  deve  comportare
l'impossibilita', in  concreto,  a  comparire  data  la  concomitanza
rispetto all'udienza. 
    L'assolutezza dell'impedimento deve riguardare il  fatto  addotto
come impedimento e cioe' l'esercizio  in  concreto  di  una  funzione
governativa che non puo' essere svolta senza  la  presenza,  prevista
per legge, dell'organo governativo (nel caso di specie, la presidenza
del Consiglio dei ministri da parte del Presidente del Consiglio); la
valutazione  del  giudice  sull'assolutezza   dell'impedimento   deve
riguardare l'impossibilita' dell'organo governativo  (Presidente  del
Consiglio dei ministri) ad essere presente all'udienza penale data la
improrogabilita' del fatto impeditivo  di  pertinenza  costituzionale
costituito dalla presidenza del Consiglio dei Ministri. 
    Non puo', tale valutazione, riguardare, invece, le motivazioni  e
le ragioni  (di  politica  governativa)  sottese  alla  decisione  di
fissare, in una certa data, la seduta del Consiglio dei  Ministri  e,
meno che mai, puo' giustificare la pretesa che  l'organo  governativo
fornisca  la  prova  della  necessita'  di   svolgere   la   funzione
governativa in un dato momento e in una certa data. 
    Tali   valutazioni   attengono,   infatti,   alla   sfera   delle
attribuzioni  costituzionali  del  Presidente  del  Consiglio  e  del
Governo, come tali previste e tutelate dalla Costituzione (art.  95),
attribuzioni che, nel caso di specie, sono state palesemente  violate
dal Tribunale penale di Milano nell'ordinanza de qua. 
    A questo ultimo proposito, ci si permette di evidenziare  come  i
giudici del Tribunale di Milano  non  abbiano,  come  sarebbe  stato,
invece,  necessario,  valorizzato  le   peculiarita'   dell'attivita'
governativa rispetto a quella parlamentare. 
    Non vi e' chi non veda, infatti, come l'attivita' governativa  si
svolga con cadenze temporali che, a differenza di quanto avviene  per
gli organi  parlamentari,  non  sono  facilmente  preventivabili;  ed
invero, a differenza dei lavori del Senato della Repubblica  e  della
Camera dei deputati, il cui  calendario  viene  stabilito  con  largo
anticipo e raramente subisce modifiche, l'attivita'  del  Governo  e'
piu' soggetta a variazioni atteso che la stessa deve tenere conto  di
svariate evenienze. 
    Basti pensare ai momenti drammatici che stiamo vivendo in  queste
settimane  (guerra  civile  in  Libia  e  immigrazione   di   portata
straordinaria in  Italia)  che  tengono  costantemente  impegnato  il
Governo ed in particolare il Presidente del Consiglio in una continua
attivita', sia all'estero che in Italia, del tutto imprevista  e  dai
risvolti imprevedibili. 
    Nel caso di specie, peraltro, si  e'  trattato  del  differimento
della riunione del Consiglio dei Ministri, gia' fissata per il giorno
24 febbraio 2010, alla data del 1° marzo 2010 dipeso dalla necessita'
di procedere ad una compiuta stesura dell'importante disegno di legge
contenente le disposizioni anti-corruzione,  che  ha  comportato  una
complessa elaborazione e la cui adozione era stata  imposta  dai  ben
noti avvenimenti legati ad una  indagine  giudiziaria  avviata  nelle
ultime settimane del febbraio 2010. Peraltro,  tale  circostanza  era
del tutto nota, avendone diffusamente parlato  tutti  gli  organi  di
informazione e di stampa del tempo. 
    Di  fronte  alle  esigenze   sopraggiunte   che   imponevano   lo
spostamento della riunione del Consiglio dei Ministri, lo spirito  di
leale collaborazione tra le istituzioni, sempre richiamato da codesta
Corte, e' stato del tutto disatteso, nel caso di specie, da parte dei
giudici milanesi che hanno  privilegiato  esclusivamente  l'esercizio
del potere giudiziario, senza tenere in  debito  conto  la  posizione
processuale dell'organo costituzionale, quale e'  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, ed il diritto-dovere di svolgere  le  proprie
funzioni costituzionali. 
    Al contrario, come  risulta  da  quanto  esposto  nella  premessa
dell'odierno ricorso, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ha
tenuto un comportamento ispirato  ai  principi  costituzionali  della
leale collaborazione tra  gli  organi  costituzionali,  adducendo  il
legittimo impedimento in due sole circostanze,  di  grande  rilevanza
per l'esercizio dell'attivita' governativa. 
    In definitiva, in coerenza con i criteri dettati da codesta Corte
per quanto riguarda il legittimo impedimento derivante dall'esercizio
di funzioni costituzionalmente  previste,  che  comportano  interessi
costituzionalmente  tutelati,  il  giudice  deve  valutare  non  solo
l'esigenza, di propria pertinenza, della speditezza del  processo  ma
anche  quella  all'esercizio   della   funzione   costituzionale   di
Presidente del Consiglio dei ministri senza ignorare  sostanzialmente
quest'ultima funzione costituzionale, come e' avvenuto  nel  caso  in
esame da parte del Tribunale di Milano, con l'ordinanza in questione,
tutta  incentrata  sulla  mancata  prova   della   necessita'   della
fissazione della riunione del Consiglio  dei  Ministri  in  una  data
coincidente con l'udienza. 
    Il  giudice  avrebbe  dovuto,  nel  bilanciamento  delle  dedotte
esigenze di rango costituzionale, considerare l'indicata funzione  di
governo, tenendo conto che senza la  convocazione,  partecipazione  e
direzione del Consiglio dei Ministri, lo stesso  Consiglio  non  puo'
svolgersi e, pertanto, non  puo'  essere  esercitata,  da  parte  del
Presidente del Consiglio dei ministri, l'attivita' di direzione della
politica  generale  del  Governo  nonche'  quella   «dell'unita'   di
indirizzo politico  ed  amministrativo,  promovendo  e  coordinamento
l'attivita' dei Ministeri», attribuzioni costituzionalmente previste,
di cui il Presidente del Consiglio dei ministri e' responsabile. 
    Alla lesione delle attribuzioni costituzionali del Presidente del
Consiglio dei ministri deve conseguire necessariamente l'annullamento
dell'ordinanza  del  Tribunale  di  Milano   nonche'   dell'attivita'
istruttoria  compiuta  nel  corso  dell'udienza  del  1°  marzo  2010
(udienza nel corso della quale,  per  come  si  evince  dal  relativo
verbale, che si deposita in copia, e' stata assunta la deposizione di
un teste della difesa ovvero e' stato compiuto un atto processuale in
ordine al quale, per  come  evidenziato  nella  parte  in  fatto  del
presente ricorso, l'On.le Berlusconi aveva chiesto di presenziare). 
 
                               P.Q.M. 
 
    Chiede che codesta Corte costituzionale: 
        a) dichiari che non spetta al Tribunale di  Milano  stabilire
che non costituisce impedimento  assoluto  alla  partecipazione  alle
udienze penali, e percio' causa di giustificazione della sua assenza,
il  diritto-dovere  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  a
presiedere  una  riunione   del   Consiglio   dei   Ministri,   anche
nell'ipotesi in  cui  la  predetta  riunione,  gia'  fissata  in  una
precedente  data  non  coincidente   con   un   giorno   di   udienza
dibattimentale, venga differita ad  altra  data  coincidente  con  un
giorno di udienza; 
        b) annulli conseguentemente l'ordinanza, pronunciata in  data
1° marzo 2010, con riferimento al  procedimento  penale  n.  11776/06
R.G.T., con la quale  e'  stata  rigettata  la  richiesta  di  rinvio
dell'udienza dibattimentale del 1° marzo 2010, formulata dalla difesa
del Presidente del Consiglio dei ministri, on.le  Silvio  Berlusconi,
nonche' l'attivita' istruttoria  compiuta  nel  corso  della  prefata
udienza. 
    Si producono i documenti, meglio indicati  nel  separato  indice,
nonche' copia autentica dell'estratto del verbale di deliberazione di
elevazione del conflitto di attribuzioni da parte del  Consiglio  dei
Ministri  nella  seduta  del  15  aprile  2011  di   conferma   della
deliberazione del 5 marzo 2010. 
        Roma, addi' 21 aprile 2011 
 
Il vice avvocato generale dello Stato Dipace - l'avvocato dello Stato
                                Borgo