N. 12 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 dicembre 2011

Ordinanza del 14 dicembre 2011  emessa  dal  Tribunale  regionale  di
giustizia amministrativa di Trento  sul  ricorso  proposto  da  Abate
Francesco ed altri contro  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,
Ministero della giustizia e Ministero dell'economia e delle finanze.. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Misure  urgenti  in  materia  di
  stabilizzazione  finanziaria  e  di  competitivita'   economica   -
  Contenimento della spesa in materia di pubblico impiego - Personale
  di  cui  alla  legge  n.  27  del  1981  (magistrati  e   categorie
  equiparate) - Previsione che  non  si  applicano  i  meccanismi  di
  adeguamento retributivo per gli anni 2011, 2012,  2013  e  che  non
  danno  comunque  luogo  a  possibilita'  di  recupero  negli   anni
  successivi - Previsione che non siano erogati ne' recuperabili  gli
  acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del  triennio
  2010-2012; che per il triennio 2013-2015  l'acconto  spettante  per
  l'anno 2014 sia pari alla misura gia' prevista per l'anno  2010  ed
  il conguaglio per l'anno 2015  venga  determinato  con  riferimento
  agli anni 2009, 2010 e  2014  -  Previsione,  altresi',  per  detto
  personale, che l'indennita' speciale, di cui all'art. 3 della legge
  n. 27 del 1981, spettante per  gli  anni  2011,  2012  e  2013  sia
  ridotta del 15 per cento per l'anno 2012 e del  32  per  cento  per
  l'anno 2013 - Irrazionalita' - Ingiustificato deteriore trattamento
  dei lavoratori dipendenti rispetto a quelli autonomi  -  Violazione
  dei principi di generalita' e progressivita' della tassazione e  di
  capacita' contributiva, attesa  la  sostanziale  natura  tributaria
  della prestazione patrimoniale  imposta  -  Natura  regressiva  del
  tributo  con  riferimento  all'indennita'   speciale,   in   quanto
  incidente  in  minore  misura  sui  magistrati   con   retribuzione
  complessiva piu' elevata ed in misura maggiore sui  magistrati  con
  retribuzione complessiva inferiore -  Violazione  dei  principi  di
  imparzialita' e buon andamento  della  pubblica  amministrazione  -
  Violazione  del  principio  di  indipendenza  ed  autonomia   della
  magistratura. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio  2010,  n.  122,  art.  9,  commi  21,  primo
  periodo, e 22. 
- Costituzione, artt. 3, 36, 53, 97, 101, 104, 108 e 111. 
(GU n.7 del 15-2-2012 )
 
         IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 78 del 2011, proposto da: 
        Francesco Abate, Mariano Alviggi,  Roberto  Beghini,  Michele
Maria Benini, Enrico Borrelli, Arianna Busato,  Simona  Caterbi,  Ugo
Cingano, Anna Maria Creazzo, Michele Cuccaro, Valerio Giorgio Davico,
Fabrizio De Angelis, Giuseppe De Benedetto,  Riccardo  Dies,  Stefano
Diez, Renata Fermanelli, Giuseppe Maria  Fontana,  Sabino  Giarrusso,
Aldo Giuliani, Monica Izzo,  Marco  La  Ganga,  Alessandra  Liverani,
Fabio Maione, Anna Mantovani,  Raffaele  Massaro,  Carmine  Pagliuca,
Laura Paolucci, Giovanni Pescarzoli, Giuseppe  Pietrapiana,  Pasquale
Profiti, Iolanda Ricchi, Bernardetta Santaniello, Licia  Scagliarini,
Giuliana Segna, Giuseppe Serao, Alessia Silvi, Domenico  Tagliatatela
e Maria Grazia Zattoni, rappresentati e difesi dagli avv.ti  Vittorio
Angiolini,  Marco  Cuniberti  e  Daria  de  Pretis  ed  elettivamente
domiciliati presso lo studio  di  quest'ultima  in  Trento,  via  SS.
Trinita' n. 14; 
    Contro Presidenza del Consiglio  dei  Ministri,  in  persona  del
Presidente del Consiglio pro tempore, Ministero della  Giustizia,  in
persona del Ministro pro tempore,  Ministero  dell'Economia  e  delle
Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e  difesi
dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di  Trento  domiciliata  per
legge in Trento, Largo Porta Nuova n. 9. 
    Per il riconoscimento 
        - del diritto al trattamento retributivo spettante  senza  le
decurtazioni di cui ai commi 21 e 22 dell'art. 9 del D.L.  31.5.2010,
n. 78, come convertito, con modificazioni, in L. 30.7.2010, n. 122; 
nonche' per la condanna delle Amministrazioni resistenti al pagamento
delle somme corrispondenti, con ogni accessorio di legge. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio delle  Amministrazioni
della  Giustizia,  dell'Economia  e  delle  Finanze,  nonche'   della
Presidenza del Consiglio dei Ministri; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  10  novembre  2011  il
cons.  Alma  Chiettini  e  uditi  per  le  parti  i  difensori   come
specificato nel verbale; 
 
                           Fatto e diritto 
 
    1. I ricorrenti, tutti magistrati dell'Ordinamento giudiziario in
servizio presso la Corte d'Appello di Trento, il Tribunale di Trento,
la Procura della Repubblica di Trento,  il  Tribunale  e  la  Procura
della Repubblica di Rovereto, con il  presente  ricorso  chiedono  il
riconoscimento del proprio diritto alla  retribuzione,  da  calcolare
senza le decurtazioni di cui ai commi 21 e 22 dell'art. 9 del D.L. 31
maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, in  L.  30  luglio
2010, n. 122, nonche' la condanna dell'Amministrazione ai conseguenti
pagamenti, se del caso con ogni accessorio di legge. 
    2. Essi affidano  la  predetta  pretesa  ai  seguenti  motivi  di
diritto: 
        I - "violazione e falsa applicazione del comma 22 dell'art. 9
del D.L. 31.5.2010 n. 78, come convertito nella L. 30.72010, n.  122,
anche in relazione alla L.  19.2.1981,  n.  27;  violazione  e  falsa
applicazione degli artt. 3, 23, 36, 53, 97, 101, 102, 104, 107 e  108
della  Costituzione;  irragionevolezza  ed   illogicita'   manifeste;
eccesso e sviamento di potere"; i ricorrenti ricordano  che,  secondo
la giurisprudenza, anche della Corte Costituzionale,  il  trattamento
economico dei magistrati corrisponde alla "peculare ratio di  attuare
il precetto costituzionale dell'indipendenza e di  evitare  che  essi
siano soggetti a periodiche rivendicazioni  nei  confronti  di  altri
poteri" (cfr., sentenze n. 42 del 1993 e n. 409 del  1995,  ordinanza
n. 346 del 2008); le misure di taglio del  trattamento  economico  di
cui  e'  causa,  incidendo  in  riduzione  sulle   retribuzioni   dei
magistrati, si appalesano in contrasto con i principi di  certezza  e
di continuita' delle retribuzioni spettanti ai magistrati; 
        II - "violazione e falsa applicazione  del  comma  22,  primo
periodo, dell'art. 9 del D.L. 31.5.2010 n. 78, come convertito  nella
L. 30.7.2010, n. 122, anche in relazione alla  L.  19.2.1981  n.  27,
sotto altro profilo". Gli istanti precisano che il comma 21 dell'art.
9 ha disciplinato, ai fini del "contenimento delle spese  in  materia
di pubblico impiego", i "meccanismi di adeguamento retributivo per il
personale non contrattualizzato per gli anni 2011, 2012 e 2013" .  Il
successivo comma 22, riferendosi piu' distintamente, al "personale di
cui alla legge 27/1981" (ossia ai magistrati), ha previsto  che  "non
sono erogati, senza possibilita' di recupero, gli acconti degli  anni
2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012;  per  tale
personale, per il triennio 2013-2015 l'acconto spettante  per  l'anno
2014 e'  pari  alla  misura  gia'  prevista  per  l'anno  2010  e  il
conguaglio per l'anno 2015 viene  determinato  con  riferimento  agli
anni 2009, 2010 e 2014". Le predette disposizioni,  non  specificando
quali siano i "conguagli" e gli "acconti"  (termini  relativi  e  non
assoluti) appaiono - secondo la difesa dei  ricorrenti  -  del  tutto
generiche  ed  inconcludenti  e,   come   tali,   inapplicabili.   Di
conseguenza,  i  ricorrenti  hanno  chiesto  che   questo   Tribunale
"accerti" che la  predetta  disposizione  non  sarebbe  in  grado  di
sortire alcun effetto sul trattamento economico dei magistrati, i cui
adeguamenti retributivi devono quindi rimanere inalterati; 
        III - "illegittimita' costituzionale del  comma  22,  secondo
periodo, dell'art. 9 del D.L. 31.5.2010 n. 78, come convertito  nella
L. 30.7.2010, n.  122".  Detta  norma  stabilisce  che  "l'indennita'
speciale di cui all'articolo 3 della legge 19 febbraio 1981,  n.  27,
spettante negli anni 2011, 2012 e 2013, e' ridotta del 15  per  cento
per l'anno 2011, del 25 per cento per l'anno 2012 e del 32 per  cento
per l'anno 2013". In relazione al  carattere  di  questa  "indennita'
speciale" - che costituisce una voce fissa della retribuzione  e  che
presenta  carattere  ristorativo  degli  oneri   che   i   magistrati
incontrano nello svolgimento della loro attivita' - il taglio  su  di
essa operato sarebbe contrario alla Costituzione, facendo venir  meno
quella  stretta  correlazione  fra  l'indennita'  in  parola  e   gli
specifici e particolari oneri connessi alla funzione giurisdizionale,
come da  sempre  precisato  nella  giurisprudenza  costituzionale  ed
amministrativa. Ne risulterebbero violati gli artt. 3, 36,  53  e  97
della Costituzione. 
    Con il ricorso e' stata presentata istanza di  sospensione  degli
effetti delle disposizioni contestate. 
    3. Si e' costituita in giudizio l'Avvocatura dello Stato  per  le
Amministrazioni intimate (Presidenza del Consiglio,  Ministeri  della
Giustizia e dell'Economia e delle Finanze), contestando  diffusamente
ed analiticamente la fondatezza del ricorso. 
    In particolare, la difesa erariale ha sottolineato come le  norme
di legge oggetto delle censure avversarie si inseriscano  nell'ambito
di un complesso di  misure  volte  al  contenimento  della  spesa  in
materia di impiego pubblico "in considerazione  della  eccezionalita'
della  situazione  economica  internazionale  e  tenuto  conto  delle
esigenze prioritarie di raggiungimento  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica concordati in sede europea", secondo quanto recita il  comma
2 dell'art. 9 in esame. Nell'ambito di tale finalita', il legislatore
avrebbe  legittimamente  ritenuto   che   anche   il   personale   di
magistratura  dovesse,  al  pari  del  restante  personale   statale,
concorrere al conseguimento  degli  obiettivi  di  finanza  pubblica,
attraverso misure che attengono direttamente al rapporto d'impiego  e
non  all'esercizio  delle  funzioni  giurisdizionali,  rispetto  alle
quali, pertanto, non  si  ravviserebbe  violazione  dei  principi  di
autonomia e indipendenza della magistratura, trattandosi, oltretutto,
di misure gia' adottate in precedenti leggi di risanamento. 
    4. Con ordinanza n. 24, resa nella camera  di  consiglio  del  21
aprile 2011, questo Tribunale ha respinto la domanda  incidentale  di
misure cautelari. Con lo stesso provvedimento ha disposto adempimenti
istruttori a carico dell'Amministrazione finanziaria, di quella della
Giustizia e  dell'INPDAP,  che  hanno  risposto  con  note  pervenute
rispettivamente in data 2 agosto, 21 giugno e 12 agosto 2011. 
    All'esito di detti adempimenti,  i  ricorrenti  hanno  depositato
articolata e puntuale memoria di replica. 
    Anche la difesa erariale ha depositato memoria di replica. 
    5. All'udienza pubblica del 10 novembre 2011 la  causa  e'  stata
trattenuta in decisione. 
    6a. Cosi' riassunti i punti di  fatto  della  vicenda  sottoposta
all'esame di questo Tribunale, il Collegio ritiene  utile  premettere
una breve ricostruzione del quadro normativo in  cui  si  colloca  il
presente contenzioso. 
    Il trattamento economico dei magistrati ordinari,  amministrativi
e della giustizia militare e' disciplinato dalla legge  2.4.1979,  n.
97, che, con effetto dal 1° gennaio 1979, lo ha  rideterminato  nella
misura indicata, per ciascuna qualifica, nelle  tabelle  allegate  ad
essa (lo stipendio  tabellare,  per  l'appunto)  e  che  ha  altresi'
precisato che  a  tale  misura  vanno  aggiunte  le  sole  indennita'
integrativa  speciale  e  giudiziaria,  quest'ultima,  a  sua  volta,
disciplinata dall'art. 3 della legge 19.2.1981, n. 27. 
    In particolare, gli artt. 11 e 12 della legge n. 97 del 1979, nel
testo novellato dall'art. 2  della  citata  legge  n.  27  del  1981,
prevedono che: 
        - gli stipendi dei magistrati sono adeguati di diritto,  ogni
triennio, nella misura percentuale pari alla media  degli  incrementi
delle voci retributive, esclusa  l'indennita'  integrativa  speciale,
ottenuti  dagli  altri   pubblici   dipendenti   (appartenenti   alle
amministrazioni  statali,  alle   aziende   autonome   dello   Stato,
universita',  regioni,  provincie  e  comuni,  ospedali  ed  enti  di
previdenza); 
        -  la  percentuale  spettante  e'   calcolata   dall'Istituto
centrale di  statistica  rapportando  il  complesso  del  trattamento
economico medio per unita' corrisposto nell'ultimo anno del  triennio
di riferimento al trattamento economico medio  dell'ultimo  anno  del
triennio precedente, ed ha effetto dal 1° gennaio successivo a quello
di riferimento; 
        - gli stipendi al 1° gennaio del secondo e del terzo anno  di
ogni triennio sono aumentati, a titolo di  acconto,  sull'adeguamento
triennale, per ciascun anno e con riferimento sempre  allo  stipendio
in vigore al 1° gennaio del primo anno, per una percentuale  pari  al
30  per  cento  della  variazione  percentuale  verificatasi  fra  le
retribuzioni dei dipendenti pubblici nel triennio  precedente,  salvo
conguaglio a decorrere dal 1° gennaio del triennio successivo; 
        - la percentuale dell'adeguamento  triennale  e'  determinata
entro il 30 aprile del primo anno di ogni triennio  con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro di
grazia e giustizia e con quello del tesoro; a tal fine, entro il mese
di marzo, l'ISTAT comunica la variazione percentuale di cui sopra. 
    6b. La successiva legge 6.8.1984, n. 425, all'art. 3 ha stabilito
che dal 1° luglio 1983 la progressione economica degli  stipendi  dei
magistrati  si  sviluppa  in  otto  classi  biennali   del   6%,   da
determinarsi  sullo  stipendio  iniziale  di  qualifica   o   livello
retributivo, nonche', allo scadere del dodicesimo anno, in successivi
aumenti biennali  del  2,50%,  da  calcolare  sull'ultima  classe  di
stipendio. 
    L'art. 51 del D.Lgs. 5.4.2006, n. 160, di profonda riforma  della
disciplina  dell'accesso  in  magistratura,  nonche'  in  materia  di
progressione economica  e  di  funzioni  dei  magistrati,  nel  testo
sostituito dall'art. 2 della legge 30.7.2007, n. 111,  ha  confermato
integralmente il complesso  e  risalente  sistema  determinativo  del
trattamento stipendiale dei magistrati, precisando espressamente  che
"continuano  ad  applicarsi  tutte  le  disposizioni  in  materia  di
progressione stipendiale dei magistrati ordinari e,  in  particolare,
la legge 6 agosto 1984, n. 425, l'articolo 50, comma 4,  della  legge
23 dicembre 2000, n. 388, l'adeguamento economico  triennale  di  cui
all'articolo 24, commi 1 e 4, della legge 23 dicembre 1998,  n.  448,
della legge 2 aprile 1979, n. 97, e della legge 19 febbraio 1981,  n.
27, e la progressione per classi e scatti,  alle  scadenze  temporali
ivi descritte e con decorrenza economica dal primo giorno del mese in
cui si raggiunge l'anzianita' prevista". 
    Infine, il comma 12 dell'art. 11 dello stesso D.Lgs. n.  160  del
2006 ha stabilito che una valutazione negativa della professionalita'
- alla  quale  sono  sottoposti  con  cadenza  quadriennale  tutti  i
magistrati ordinari, a decorrere dalla  data  di  nomina  e  fino  al
superamento della settima valutazione di professionalita' -  comporta
"la perdita del diritto all'aumento periodico  di  stipendio  per  un
biennio". 
    6c. Appare opportuno osservare e sottolineare, sin da subito, che
a seguito della risalente disciplina introdotta dalla legge n. 27 del
1981 la determinazione degli  stipendi  spettanti  ai  magistrati  e'
sottratta  a  qualsiasi  genere  di  contrattazione,   essendo   essa
assoggettata ad un "sistema automatico", regolato direttamente  dalla
legge: cio' al  fine,  ripetutamente  rilevato  dalla  giurisprudenza
costituzionale   ed   amministrativa,   "di   attuare   il   precetto
costituzionale dell'indipendenza e di evitare che essi (i magistrati,
n.d.r.) siano soggetti a periodiche rivendicazioni nei  confronti  di
altri poteri", nonche' quello di "assicurare la completa autonomia ed
indipendenza dei giudici dall'Esecutivo" (cfr., Corte Costituzionale,
27 luglio 1995, n. 409; id., 10 febbraio 1993, n.  42;  C.d.S.,  sez.
IV, 20.3.2006, n. 1472). 
    Il  riportato   "sistema   automatico"   stabilisce   la   misura
dell'adeguamento  triennale  degli  stipendi  del   personale   della
magistratura basandosi su  di  un  indice  statistico,  espressamente
definito  un  termine  "ragionevole  e   non   arbitrario",   perche'
l'adeguamento triennale e' calcolato non sulla  sommatoria  di  tutti
gli incrementi retributivi intervenuti ma "soltanto sulla loro media,
e rapportando il complesso del trattamento economico medio per unita'
corrisposto nell'ultimo anno del triennio  di  riferimento  a  quello
dell'ultimo anno del triennio precedente. Gli incrementi  retributivi
realizzati nel triennio precedente  da  tutti  gli  altri  dipendenti
pubblici non rilevano  pertanto  come  accertamento  della  quantita'
della  maggiore  retribuzione   automaticamente   dovuta   anche   ai
magistrati,  ma   esclusivamente   quali   indici   ai   fini   della
determinazione della giusta retribuzione spettante  a  questi  ultimi
dal primo gennaio dell'anno successivo al  triennio  di  riferimento"
(cfr., C.d.S., sez. IV, n. 1472 del 2006, cit.). 
    A tal fine, il sistema in esame  stabilisce  che  dapprima  siano
rilevati  gli  incrementi  retributivi  gia'  erogati  ai  dipendenti
pubblici, che sia poi calcolata la variazione percentuale ed, infine,
che la determinazione del nuovo incremento degli stipendi avvenga con
l'emanazione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio  dei
Ministri. Il nuovo trattamento stipendiale, adeguato in virtu'  della
variazione percentuale, ha effetto  solo  dal  1°  gennaio  dell'anno
successivo a quello di riferimento. 
    Il  sistema  di  adeguamento,   dunque,   e'   un   criterio   di
determinazione  stipendiale   indiretto   e   per   relationem,   con
riferimento all'andamento delle  politiche  retributive  degli  altri
settori del pubblico impiego, di cui il  meccanismo  dell'adeguamento
non rappresenta, tuttavia, la pedissequa trasposizione automatica  ma
solo un indice rilevatore di variazioni sistemiche gia' intervenute e
di cui si deve tener conto per  assicurare  che  anche  lo  stipendio
erogato ai magistrati risponda ai principi fissati nell'art. 36 della
Costituzione. Il decreto triennale del Presidente del  Consiglio  dei
Ministri "non rappresenta  una  mera  ricognizione  degli  incrementi
retributivi gia' maturati  nel  triennio  precedente  in  favore  dei
magistrati, ma e' il provvedimento costitutivo del diritto  al  nuovo
trattamento stipendiale attuale" (cfr., C.d.S., sez. IV, n. 1472  del
2006, cit.). 
    6d. Da qui una prima conclusione: 
        - gli andamenti  retributivi  dei  magistrati  sono  solo  il
riflesso di quelli piu' generali gia' verificatisi  per  il  restante
pubblico impiego, di cui scontano eventuali  virtuosita'  o  lassismi
delle politiche retributive del settore pubblico e non rappresentano,
di per se', alcun privilegio distintivo; 
        - il  meccanismo  di  adeguamento  si  correla  a  precisi  e
svariati valori costituzionali, in primis quelli di  cui  agli  artt.
101, comma 2, 104, comma 1, e 36, rispetto ai quali va  verificata  e
rapportata la dichiarata e parimenti primaria esigenza di ripiano dei
conti pubblici. 
    7. Il Collegio ritiene altresi' utile rappresentare  come  incide
sullo stipendio dei magistrati, stabilito dalla legge e rideterminato
periodicamente in base al sistema "automatico"  sopra  descritto,  la
complessa disciplina introdotta nel 2010 con  i  commi  2,  21  e  22
dell'art. 9 del D.L. 31.52010, n. 78: 
        a)  -  per   tutte   le   categorie   del   personale   delle
amministrazioni pubbliche inserite nel  conto  economico  consolidato
della pubblica amministrazione (e quindi anche per  i  magistrati)  a
decorrere dal  1°  gennaio  2011  e  sino  al  31  dicembre  2013  il
trattamento economico complessivo superiore a 90.000 € lordi annui e'
ridotto del 5 per cento per la parte eccedente il predetto importo  e
fino a 150.000 €, nonche' del 10 per cento  per  la  parte  eccedente
150.000 € (comma 2 dell'art. 9); 
        b)   -   per   tutte   le   categorie   del   personale   non
contrattualizzato     della     pubblica     amministrazione     (che
ricomprenderebbero, astrattamente,  anche  i  magistrati),  e'  stato
introdotto il blocco dei "meccanismi di adeguamento retributivo"  per
gli anni 2011, 2012 e 2013, la  cui  operativita'  e'  estesa  sia  a
livello di acconto che a  livello  di  conguaglio  (comma  21,  primo
periodo, dell'art. 9); 
        c) - per i soli magistrati e' stato poi  previsto  il  blocco
degli acconti per gli anni 2011, 2012 e 2013 e dei conguagli  per  il
triennio 2010-2012 (comma 22, primo periodo, dell'art. 9); 
        d) - per i soli magistrati  e'  stato  altresi'  previsto  un
"tetto" per l'acconto per l'anno 2014 (che non puo'  superare  quello
dell'anno 2010) ed un "tetto" per il conguaglio dell'anno  2015,  che
sara' determinato con  riferimento  agli  anni  2009,  2010  e  2014,
escludendo pertanto il triennio 2011-2013 (comma 22,  primo  periodo,
dell'art. 9); 
        e) - per i soli magistrati e' stata  stabilita  la  riduzione
annualmente progressiva (pari al 15, al 25 e al 32  per  cento),  nel
triennio 2011-2013, dell'indennita' giudiziaria  di  cui  all'art.  3
della L. 19.2.1981, n. 27 (comma 22, secondo periodo, dell'art. 9); 
        - infine, per i soli magistrati,  a  differenza  delle  altre
categorie   del   personale   non   contrattualizzato,   sono   stati
salvaguardati  i  meccanismi  di   "progressione   automatica   dello
stipendio" per gli anni 2011-2013, ossia le classi e  gli  scatti  di
carriera (comma 22, quarto periodo, che richiama  ad  excludendum  il
secondo e il terzo periodo del comma 21 dell'art. 9). 
    8a. Ancora preliminarmente, il Collegio reputa doveroso riportare
quanto emerso dall'articolata istruttoria disposta con la  menzionata
ordinanza n. 24/2011, tesa a verificare - naturalmente ab  externo  e
senza impingere  nelle  scelte  discrezionali  dell'Esecutivo  e  del
Parlamento - la razionalita', l'efficacia  e  la  legittimita'  della
manovra in esame, anche in relazione all'applicazione,  in  concreto,
delle sopra riportate misure e del loro concreto  impatto  sui  saldi
del bilancio pubblico. 
    8.a.1.  Al  quesito  relativo  alle  modalita'   con   le   quali
l'Amministrazione finanziaria avrebbe applicato la  riduzione  del  5
per cento e del 10 per cento della  parte  eccedente  il  trattamento
economico complessivo superiore,  rispettivamente,  a  90.000  € e  a
150.000 € lordi annui (comma 2 dell'art. 9), la  Ragioneria  generale
dello Stato ha corrisposto spiegando che: 
        -  la  riduzione  e'  applicata  al  "trattamento   economico
complessivo",  nel  quale  sono  comprese  tutte  le  componenti  del
trattamento  annuo  lordo  (fondamentali  e   accessorie,   fisse   e
variabili) che comprende le seguenti voci retributive: stipendio  con
relativa progressione automatica  per  classi  e  scatti,  indennita'
integrativa speciale e indennita'  giudiziaria  (quest'ultima,  nelle
misure gia' ridotte ai sensi del comma 22 dell'art. 9); 
        - le ritenute previdenziali a carico  del  lavoratore  e  del
datore di lavoro sono applicate sul trattamento economico interamente
spettante,  senza  quindi  considerare   le   riduzioni   retributive
introdotte dalla legge; 
        - il trattamento economico annuo lordo cosi'  determinato  e'
la base di calcolo delle decurtazioni percentuali da applicare per la
parte eccedente gli importi stabiliti dalla  disposizione  in  esame;
piu' precisamente, la base di calcolo e' determinata dal "trattamento
economico complessivo annuo del singolo dipendente", sul quale devono
essere quindi considerate le variazioni  che  intervengono  per  ogni
anno di riferimento. 
    8.a.2. Al quesito relativo alla  misura  concreta  della  mancata
erogazione degli acconti e/o dei conguagli per gli anni 2011, 2012  e
2013, come stabiliti dagli artt. 11 e 12 della legge n. 97  del  1979
(comma 22, primo periodo, dell'art. 9 del D.L. n. 78), la  Ragioneria
generale  dello  Stato  ha  puntualizzato   che   il   personale   di
magistratura, nel triennio di riferimento, avrebbe conseguito: 
        - nell'anno 2011 la corresponsione del secondo acconto,  pari
al 3,04%, come gia' determinato con  D.P.C.M.  23.6.2009  [la  misura
della mancata  erogazione  di  tale  voce  varia  in  relazione  alle
qualifiche: 1.970 € per i magistrati  ordinati  (gia'  magistrato  di
tribunale);  2.670  €  per  i  magistrati  ordinari  dopo  la   prima
valutazione di professionalita' (gia' magistrato  di  tribunale  dopo
tre anni); 3.420 € per i magistrati ordinari dopo un anno dalla terza
valutazione di professionalita' (gia' magistrato di corte d'appello);
4.260 € per i magistrati  ordinari  dopo  la  quinta  valutazione  di
professionalita' (gia' magistrato  di  cassazione);  5.490  €  per  i
magistrati ordinari dopo la settima valutazione  di  professionalita'
(gia' magistrato di cassazione  con  funzioni  direttive  superiori);
7.090 € per i  magistrati  con  funzioni  direttive  superiori  (gia'
presidente aggiunto di cassazione); 7.170  €  per  i  magistrati  con
funzioni direttive apicali requirenti  di  legittimita'  (procuratore
generale di cassazione);  7.610  €  per  i  magistrati  con  funzioni
direttive apicali giudicanti di  legittimita'  (primo  presidente  di
cassazione)]; 
        - nell'anno 2012 non sarebbe stato erogato alcun  conguaglio,
tenuto conto della crescita  contenuta  registrata  nel  triennio  di
riferimento  dalle  retribuzioni  del  pubblico   impiego   prese   a
riferimento; 
        - nell'anno 2013 la corresponsione del primo acconto (pari al
30% dell'incremento relativo al triennio  precedente,  stimato  nella
misura del 6%), pari ad 1,8% [la misura della mancata  erogazione  di
tale  voce  varia  in  relazione  alle  qualifiche:  1.240  € per   i
magistrati ordinari (gia' magistrato di tribunale);  1.670  €  per  i
magistrati ordinari dopo la  prima  valutazione  di  professionalita'
(gia'  magistrato  di  tribunale  dopo  tre  anni);  2.150  €  per  i
magistrati  ordinari  dopo  un  anno  dalla  terza   valutazione   di
professionalita' (gia' magistrato di corte d'appello); 2.670 € per  i
magistrati ordinari dopo la quinta  valutazione  di  professionalita'
(gia' magistrato di cassazione); 3.450 € per  i  magistrati  ordinari
dopo la settima valutazione di professionalita' (gia'  magistrato  di
cassazione  con  funzioni  direttive  superiori);  4.450  €   per   i
magistrati con funzioni direttive superiori (gia' presidente aggiunto
di cassazione); 4.500 €  per  i  magistrati  con  funzioni  direttive
apicali  requirenti  di   legittimita'   (procuratore   generale   di
cassazione); 4.780 € per i magistrati con funzioni direttive  apicali
giudicanti di legittimita' (primo presidente di cassazione)]; 
    8.a.3.  Al  quesito  relativo  agli  importi  delle  decurtazioni
progressive del 15, del 25 e del 32 per cento, sino al 2013 compreso,
dell'indennita' giudiziaria (comma 22, secondo periodo, dell'art. 9),
la stessa Ragioneria  ha  precisato  che,  a  fronte  di  un  importo
tabellare annuo lordo pari a 13.420,34 €,  le  riduzioni  per  l'anno
2011 corrispondono a 2.013,05 € annui lordi  e  a  167,75  €  mensili
lordi; per l'anno 2012 detta  riduzione  e'  rispettivamente  pari  a
3.355,08 € annuali e a 279,59 € mensili, mentre per  l'anno  2013  la
riduzione corrisponde a 4.294,51 € annuali e a 357,87 € mensili. 
    8.a.4. Con riguardo  al  prospetto  comparativo  degli  andamenti
stipendiali nel quadriennio 2010-2013, la tabella n. 1 allegata  alla
relazione del MEF rivela i seguenti dati negativi: 
        - i magistrati con qualifica apicale subiscono nel  2011  una
decurtazione  di  oltre  10.000  € annui  rispetto  al  2010,   unico
parametro temporale di riferimento significativo e costante in quanto
anteriore alla manovra de qua (passando da 257.912 €  a  247.059  €),
una riduzione di 7.000 € annui nel 2012 e di oltre 1.000 € nel  2013,
con una perdita complessiva di oltre 18.000 € nel periodo; 
        - a loro volta, i magistrati di qualifica iniziale  nel  2011
si vedono prelevati 500 € annui nel 2011 (da 46.880 €  a  46.381  €),
600 € nel 2012, e poco meno di  200  €  nel  2013,  con  un  prelievo
complessivo nell'intero periodo di circa 1.300 €. 
    8b. Con riguardo alla richiesta di "un  analitico  e  dettagliato
prospetto comparativo sui concreti  livelli  retributivi  complessivi
dei dirigenti del MEF, titolari di  uffici  di  livello  dirigenziale
generale, equiparati o superiori", come espressamente  richiesto  con
l'ordinanza  istruttoria  di  questo  Tribunale,  vale  riportare  un
estratto letterale della relazione ministeriale  sul  punto,  laddove
essa dichiara, a pag. 9, quanto segue: 
        "prima di  corrispondere  a  quanto  richiesto  appare  utile
precisare che presso il MEF  il  ruolo  del  personale  dirigente  si
articola in due fasce (I e II) a ciascuna delle quali  corrispondono,
rispettivamente, piu' livelli di funzione, come  stabilito  dall'art.
24 del D.Lgs. n. 165/2001, con un conseguente  trattamento  economico
accessorio differenziato (retribuzione di posizione - parte variabile
e retribuzione di risultato). Peraltro, poiche' i  dati  relativi  ai
concreti livelli retributivi complessivi  per  gli  uffici  richiesti
sono ricavabili soltanto dai contratti individuali, dei  quali  pero'
lo scrivente non ha la disponibilita', non possono  che  fornirsi  le
retribuzioni  medie  dei  dirigenti  in  questione,  la  cui  entita'
complessiva   tiene   conto   anche   dell'onnicomprensivita'   della
retribuzione come stabilito dalla vigente normativa.  Nelle  allegate
tabelle n. 3 e n. 4 e' stato rappresentato un  prospetto  comparativo
dei livelli retributivi medi complessivi dei dirigenti del  MEF,  sia
di prima che di seconda fascia, distinti tra  retribuzione  fissa  ed
accessoria. Al riguardo si rappresenta che i valori relativi all'anno
2010 sono stati desunti dai dati del conto annuale 2009 (non  essendo
ancora disponibili i dati  relativi  all'anno  2010).  Per  gli  anni
relativi al triennio 2011-2013,  la  componente  stipendiale  risulta
incrementata limitatamente  alla  corresponsione  dell'indennita'  di
vacanza contrattuale (520 € annui lordi  per  i  dirigenti  di  prima
fascia e 325 € annui lordi per i dirigenti di seconda fascia ...)". 
    8.b.1. Il Collegio deve preliminarmente  rilevare,  con  profondo
rammarico istituzionale, che rispetto  alla  richiesta  formulata  da
questo Tribunale  di  esporre  le  "concrete  retribuzioni"  -  nella
consapevolezza che i livelli retributivi  della  dirigenza  pubblica,
soprattutto di vertice (art. 24, comma 2, D.Lgs. 30.3.2011,  n.  165)
non sono determinati direttamente, come per  il  resto  del  pubblico
impiego, compreso il personale di magistratura,  da  fonti  eteronome
certe ed astratte, ma esclusivamente dal contratto individuale  (art.
24, cit.) - il contenuto della relazione  ministeriale  si  manifesta
sostanzialmente elusivo  delle  precise  richieste  istruttorie,  non
essendo verisimile che l'Amministrazione datrice di lavoro non  abbia
la  disponibilita'  dei  contratti  di  lavoro   o   di   prestazione
professionale (ai sensi dell'art. 19 del D.lgs. n. 165 del 2001)  dei
propri dipendenti,  seppure  di  elevatissima  ed  elevata  posizione
funzionale. Anche a voler, per remota  ipotesi,  ammettere  una  tale
evenienza,    cio'    avrebbe    dovuto    comportare,    da    parte
dell'Amministrazione,  la   diligente   acquisizione   degli   stessi
contratti o, almeno, l'indicazione dei  soggetti  pubblici  detentori
degli stessi: cio' in doveroso ed agevole ossequio (non  soltanto  ai
generali e fondamentali principi di leale collaborazione tra  livelli
istituzionali e trasparenza ma) al puntuale e pertinente principio di
comunicazione interna ed esterna di cui all'art. 2,  comma  1,  lett.
c), del D.Lgs. n. 165 del 2001. 
    La rilevata  elusione  istruttoria,  come  detto,  e'  una  grave
mancanza di rispetto istituzionale e di inammissibile aggiramento  di
una precisa richiesta istruttoria non pretestuosa  ne'  provocatoria,
essendo essa rivolta  a  verificare  la  coerenza  complessiva  e  la
portata dei  sacrifici  richiesti  ad  una  categoria  di  funzionari
pubblici coperta da precise e non negoziabili garanzie costituzionali
rispetto a quelli effettivamente subiti da altre categorie. 
    Detto  ancora  piu'  esplicitamente,  la  richiesta   istruttoria
formulata  dal  Tribunale  era  tesa,  tra  le  altre  finalita',   a
verificare se i doveri inderogabili di solidarieta' di cui all'art. 2
della  Costituzione,  predicati  nei  confronti  della  magistratura,
fossero  praticati,  in   ossequio   al   complanare   principio   di
eguaglianza, anche da altre qualificatissime categorie di  lavoratori
pubblici e privati, a  cominciare  proprio  da  quelli  dell'apparato
burocratico che elabora o propone le linee della politica economica e
finanziaria del nostro Paese. 
    Una richiesta, dunque, finalizzata a conoscere gli effetti  della
manovra di contenimento della spesa pubblica compiuta con il  decreto
legge piu' volte richiamato e a verificare se essa  abbia  inciso  in
modo irrazionale, sperequato e  irrispettoso  o,  almeno,  ignaro  di
precisi parametri costituzionali sulla condizione  e  sul  patrimonio
solo  di  taluni  pubblici  funzionari  e  non  anche  (o  in  misura
irrazionalmente diversa) su quello di altre categorie  di  lavoratori
pubblici e  privati:  cio'  che  porterebbe  ad  una  conclusione  di
incostituzionalita' della manovra stessa in parte  qua  (cfr.,  Corte
Costituzionale, 14.7.1999, n. 299). 
    8.b.2.  In  ogni   caso,   dalle   pur   incomplete   indicazioni
ministeriali, emerge che la retribuzione media  del  dirigente  di  I
fascia subisce una decurtazione costante  annua,  sino  al  2013,  di
circa 10.000 € (passando da 223.216 € annui dell'anno 2010 a  213.362
€ annui per gli anni successivi),  mentre  per  la  dirigenza  di  II
fascia si registra  un  leggero  incremento  costante  nel  triennio,
passandosi da 95.564 € annui del 2010 a 95.595 € annui per  gli  anni
successivi. 
    8c. Il Ministero della Giustizia, al quale era stato  chiesto  di
conoscere il  numero  dei  magistrati  collocati  anticipatamente  in
quiescenza per effetto di domanda presentata nell'anno 2010 e cessati
dal servizio entro la data del  30  novembre  2010  (entro  la  quale
scattavano le misure limitative dei trattamenti previdenziali di  cui
al comma 9 dell'art. 12  dello  stesso  D.L.  n.  78  del  2010),  ha
precisato  che  (a  fronte  di  149  magistrati  collocati  a  riposo
nell'anno 2007, di 193  nell'anno  2008  e  di  211  nell'anno  2009)
nell'anno 2010 si e' registrato un "massiccio esodo".  In  dettaglio,
il personale di magistratura collocato in quiescenza e' stato pari  a
414  unita',  delle  quali  285  hanno  "evitato"  la   rateizzazione
dell'indennita' della buonuscita  perche'  collocati  a  riposo  dopo
l'entrata in vigore del D.L. n. 78 e prima del 30 novembre;  per  267
di essi il C.S.M. ha dovuto revocare la delibera con  cui  era  stato
disposto il trattenimento in servizio fino al 75° anno di eta'. 
    8d. L'INPDAP, che doveva  indicare  l'importo  complessivo  delle
indennita'  di  buonuscita  erogate  al  personale  di   magistratura
collocato  anticipatamente  in  quiescenza  per  effetto  di  domanda
presentata nell'anno 2010 e cessato dal servizio entro la citata data
del 30 novembre  2010,  nonche'  l'importo  complessivo  annuo  delle
pensioni previste per il medesimo personale  dal  2011  al  2013,  ha
comunicato  di  aver  liquidato  170  indennita'  di  buonuscita   al
personale di magistratura cessato entro il 30  novembre  2010,  delle
quali 125 posizioni hanno evitato la rateizzazione della prestazione;
alla relazione ha allegato l'elenco degli  importi  erogati,  sia  in
unica soluzione che come prima rata con l'aggiunta dell'importo delle
rate successive. Da  detto  elenco  allegato  alla  relazione  INPDAP
risulta che l'esborso complessivo per  le  indennita'  di  buonuscita
(altrimenti qualificata, nella stessa relazione, come TFS) erogate in
un unica soluzione ai magistrati esodati anticipatamente per  evitare
gli effetti della manovra e' pari a poco meno di 59 milioni di €. 
    8e. In conclusione, quanto  agli  effetti  di  risparmio  per  il
bilancia  dello   Stato   derivanti   dall'introduzione   dei   tagli
stipendiali in oggetto, essi ammontano a: 
        - 41.631.937 € per il mancato adeguamento della  retribuzione
(blocco degli acconti e del conguaglio); 
        - circa 21 Mln., 35 Mln. e 45 Mln. di €, rispettivamente  per
i  tre  anni  2011,  2012  e  2013,  per   il   prelievo   di   parte
dell'indennita' giudiziaria; 
        - 21.286.580 €, in misura costante per il triennio 2011-2013,
per il prelievo del 5% e del 10%. 
    Tuttavia, a fronte di tali risparmi, si deve anche registrare, ai
fini della diminuzione della spesa pubblica, che la somma complessiva
che si e' dovuto erogare in un'unica soluzione nel 2010 al  personale
anticipatamente esodato e' stata, come visto, pari a circa 59 milioni
di €. 
    In base a quanto riportato, in definitiva,  possono  ricavarsi  i
seguenti elementi complessivi che il Collegio ritiene utili  ai  fini
della valutazione della razionalita' e della legittimita' del  citato
comma 22 dell'art. 9 del D.L. n.  78  del  2010,  senza  che  possano
assumere rilevanza processuale le ulteriori - ma non  richieste,  ne'
trasfuse in rituale atto  processuale,  ne'  comunque  convincenti  -
ragioni giustificatrici della manovra in  questione  contenute  nella
stessa relazione del MEF: 
        - i  tagli  stipendiali  incidono,  in  misura  piu'  o  meno
significativa, su tutte  le  qualifiche  magistratuali,  secondo  gli
importi sopra indicati; 
        - dal raffronto con le tavole  stipendiali  della  dirigenza,
emerge che quella di II fascia non  risulta  toccata  dalla  manovra,
mentre  l'analoga  qualifica  magistratuale  di   magistrato   di   I
valutazione perde oltre 500 € annui. 
    Gli  effetti  positivi   sulla   diminuzione   dell'indebitamento
pubblico per l'anno 2011 oscillano attorno  a  circa  84  milioni  di
annui a cui, pero', devono essere sottratti i 59 milioni di € erogati
per indennita' di buona uscita  correlate  a  collocamenti  a  riposo
anticipati per effetto dell'esodo causato dalla stessa manovra. 
    Il risparmio netto, quindi, e' stato in realta' pari a 25 milioni
di €. 
    9a. Da quanto sopra esposto emerge, innanzitutto, che  nel  primo
periodo del comma 22 dell'art. 9 del D.L. n. 78 in esame, laddove  e'
prevista la mancata corresponsione "degli acconti  degli  anni  2011,
2012 e 2013", e' presente un'inesattezza in quanto nell'anno 2012 non
sarebbe stato corrisposto al personale di magistratura alcun  acconto
ma, piuttosto, il conguaglio della variazione triennale relativa agli
anni 2009-2011. 
    Tuttavia, osserva il Collegio che, nonostante la  sussistenza  di
tale differenza tra il dato  esatto  e  quello  errato  citato  dalla
lettera della legge, il senso complessivo  della  norma  non  risulta
incerto e generico, secondo l'assunto della  difesa  dei  ricorrenti,
ne' possono sorgere dubbi interpretativi in sede applicativa. 
    9b. Pertanto, anche  alla  luce  di  quanto  emerso  in  sede  di
istruttoria, non puo' essere dato seguito positivo alla prima pretesa
dei ricorrenti avanzata con l'azione di  accertamento  con  la  quale
essi hanno chiesto  che  questo  Tribunale  "accerti"  che  il  primo
periodo del comma 22, che causerebbe una situazione di "intollerabile
incertezza circa le sorti del trattamento economico dei  magistrati",
non sarebbe idoneo a definire il suo campo di  applicazione  a  causa
dell'indeterminatezza  dei  termini  "acconti"  e   "conguagli"   ivi
contenuti. 
    All'opposto, in applicazione della puntuale  disciplina  prevista
dagli artt. 11 e 12 della  legge  n.  97  del  1979  risulta  agevole
individuare e  calcolare,  come  ha  fatto  su  richiesta  di  questo
Tribunale la Ragioneria generale  dello  Stato,  gli  "acconti"  e  i
"conguagli" da corrispondere virtualmente ai magistrati (spettando  i
primi per gli anni 2011 e 2013 e appurando  che  nell'anno  2012  non
sarebbe stato versato alcun conguaglio). 
    Il primo motivo di ricorso, che fa leva esclusivamente su di  una
pretesa genericita' e inapplicabilita'  della  norma,  non  puo',  di
conseguenza, essere apprezzato favorevolmente. 
    10a. Sennonche', da quanto esposto dai ricorrenti con  gli  altri
mezzi introdotti, da quanto  sopra  ricapitolato  in  relazione  alla
normativa che disciplina la materia di causa, nonche'  da  quanto  in
concreto emerso in sede di istruttoria, risulta incontestabile che le
misure introdotte con i commi 2, 21 e 22 dell'art. 9 del D.L.  n.  78
del 2010: 
        - incidono in maniera significativa sul trattamento economico
dei magistrati; 
        - sono  incoerenti  rispetto  alla  precedente  normativa  di
riferimento,   confermata   anche    con    la    radicale    riforma
dell'ordinamento magistratuale del 2006, posta al fine  di  garantire
che il trattamento economico del  personale  della  magistratura  sia
determinato tramite  un  sistema  automatico,  regolato  direttamente
dalla legge ordinaria, al fine di assicurare la completa autonomia  e
l'indipendenza dei giudici; 
        -   si   presentano    manifestamente    sproporzionate    ed
ingiustamente penalizzanti rispetto non solo  al  restante  personale
non contrattualizzato  (che,  notoriamente,  non  possiede  copertura
costituzionale), ma anche nei confronti di tutte le  altre  categorie
di lavoratori privati di qualifiche e livelli retributivi analoghi. 
    10b. Al riguardo, il Collegio ritiene pertanto che  le  questioni
di legittimita' costituzionale prospettate dai ricorrenti, e comunque
rilevabili d'ufficio, siano rilevanti e non manifestamente  infondate
sotto plurimi e concorrenti aspetti. Tanto, peraltro, e'  gia'  stato
rilevato anche da vari  Tribunali  amministrativi  regionali:  T.A.R.
Campania, sezione staccata di Salerno, sez.  I  (ordinanza  n.  1162,
pubblicata il 23.6.2011); TAR. Piemonte, sez. II (ordinanza  n.  846,
pubblicata il 28.7.2011); TAR  Veneto,  sez.  I  (ordinanza  a  1685,
pubblicata il 15.11.2011). 
    11. In punto di rilevanza, si  osserva  che  l'interesse  che  ha
mosso i ricorrenti e' palese in quanto: 
        - le norme di cui al comma 22 dell'art. 9 del D.L. n. 78  del
2010 sono di immediata applicazione; 
        - quelle di cui al comma  21,  primo  periodo,  dello  stesso
articolo si presentano di applicazione certa in caso  di  caducazione
del comma 22, perche' comprendono tutte le  categorie  del  personale
non contrattualizzato; 
        - a decorrere dal 1° gennaio 2011 i  ricorrenti  hanno  visto
inciso il loro trattamento economico,  sia  per  quanto  concerne  il
mancato incremento del 3,04% della voce stipendio (corrispondente  al
secondo acconto spettante ai sensi del D.P.C.M. 23.6.2009, come si e'
gia' detto "provvedimento costitutivo"  del  relativo  diritto),  sia
perche' e' stata operata  la  riduzione  dell'indennita'  giudiziaria
nella misura lorda di 167,75  € mensili  (cfr.,  allegate  copie  dei
cedolini degli stipendi relative ai mesi  dicembre  2010,  gennaio  e
febbraio 2011). 
    A cio' si aggiunga che la  Ragioneria  Generale  dello  Stato  ha
fornito  un  prospetto  comparativo  (per  la  redazione  del  quale,
peraltro,  ha   considerato   i   valori   complessivi   medi   delle
retribuzioni)  da  cui  emerge  l'effettiva  incidenza  delle  misure
introdotte dall'art. 9 del D.L. n. 78 sugli  stipendi  del  personale
della magistratura  suddiviso  per  qualifiche.  A  titolo  meramente
esemplificativo si riporta che: 
        -  un  magistrato  ordinario  (ex  magistrato  di  tribunale)
nell'anno 2010 ha conseguito una retribuzione media complessiva lorda
pari a 66.768 €, mentre nell'anno 2011 detta retribuzione sara'  pari
a 65.565 €; 
        - un  magistrato  ordinario  dopo  la  prima  valutazione  di
professionalita' (quindi dopo tre anni dalla nomina)  nell'anno  2010
ha conseguito una retribuzione media complessiva lorda pari a  90.433
€, mentre nell'anno 2011 detta retribuzione sara' pari a 89.893 E; 
        -  un  magistrato  ordinario  dopo  un   anno   dalla   terza
valutazione di professionalita' (ex magistrato  di  corte  d'appello,
quindi dopo 13 anni dalla nomina) nell'anno 2010  ha  conseguito  una
retribuzione  media  complessiva  lorda  pari  a  115.903  €,  mentre
nell'anno 2011 detta retribuzione sara' pari a 114.634 €; 
        - un magistrato  ordinario  dopo  la  quinta  valutazione  di
professionalita' (ex magistrato di cassazione, quindi  dopo  20  anni
dalla nomina) nell'anno 2010 ha  conseguito  una  retribuzione  media
complessiva lorda pari a  144.398  €,  mentre  nell'anno  2011  detta
retribuzione sara' pari a 142.326 €; 
        - un magistrato ordinario  dopo  la  settima  valutazione  di
professionalita' (ex magistrato di cassazione con funzioni  direttive
superiori)  nell'anno  2010  ha  conseguito  una  retribuzione  media
complessiva lorda pari a  185.998  €,  mentre  nell'anno  2011  detta
retribuzione sara' pari a 180.872 €; 
        -  un  magistrato  con  funzioni   direttive   superiori   di
legittimita'  (quindi  un  presidente   aggiunto   della   corte   di
cassazione) nell'anno  2010  ha  conseguito  una  retribuzione  media
complessiva lorda pari a  240.429  €,  mentre  nell'anno  2011  detta
retribuzione sara' pari a 230.968 €. 
    12a. Con riferimento alla non manifesta infondatezza, il Collegio
premette che, da quanto sopra esposto, emerge con chiarezza  come  il
sistema normativo vigente abbia stabilito  che  la  retribuzione  dei
magistrati considerata in senso  lato  non  presenti  alcun  elemento
accessorio (a differenza, per esempio, della dirigenza  pubblica)  ma
che sia composta da sole tre voci (di cui una, peraltro, a  carattere
meramente indennitario, come gia' detto sopra): stipendio, indennita'
integrativa speciale e c.d. indennita'  giudiziaria.  Il  sistema  e'
stato cosi' delineato in piana e riconosciuta attuazione  dei  valori
costituzionali di autonomia e di indipendenza della  magistratura  da
ogni altro potere dello Stato, sanciti in via  generale  dagli  artt.
101, comma 2 ("i giudici sono soggetti soltanto  alla  legge"),  104,
comma  1  ("la  magistratura  costituisce  un   ordine   autonomo   e
indipendente   da   ogni   altro   potere"),   e   108   ("le   norme
sull'ordinamento giudiziario e su ogni  magistratura  sono  stabilite
con legge") della Costituzione. Di conseguenza, anche il  trattamento
economico  dei  magistrati,  ossia  la  traduzione  in  corrispettivo
materiale della valutazione del servizio da  essi  prestato,  non  e'
nella libera disponibilita'  del  Potere  legislativo  o  del  Potere
esecutivo. 
    In altri termini, dal sistema ordinamentale  sopra  rappresentato
risulta che il trattamento economico dei magistrati e'  assistito  da
"certezza" e da "continuita'"  e  che  non  puo'  essere  soggetto  a
irrazionali,  sbilanciate,  sperequative  e  sostanzialmente  inutili
decurtazioni, le  quali,  in  quanto  tali,  si  presentano  comunque
distoniche alla luce delle garanzie di indipendenza  e  di  autonomia
dell'ordine giudiziario. Sicche', quand'anche  una  decurtazione  del
trattamento  economico  dei  magistrati  dovesse  sopraggiungere   in
relazione  a  peculiari  situazioni   di   emergenza,   come   quelle
concernenti la finanza pubblica, sarebbe allora doveroso che essa sia
inserita in un assetto da cui evincere non solo le specifiche (e  non
genericamente emergenziali) ragioni che spingono all'introduzione  di
nuovi  oneri  nei  confronti   della   magistratura   ma   anche   la
compatibilita' di essi con i ricordati  principi  costituzionali,  ai
quali deve aggiungersi anche quello di "buon andamento" degli  uffici
giudiziari di cui all'art. 97 della Costituzione. 
    12b. Come piu' volte ribadito anche dalla  Corte  Costituzionale,
il meccanismo sopra descritto, che assicura  ai  livelli  retributivi
fissati dalla legge un adeguamento "di diritto" ogni triennio, basato
sulla media degli incrementi realizzati  dalle  altre  categorie  nel
pubblico impiego, rappresenta  un  elemento  intrinseco  e  peculiare
della struttura dello stipendio,  volto  -  secondo  quanto  rilevato
dalla  stessa  Corte  in  analoghi  momenti  storici  di   drammatica
emergenza monetaria e  finanziaria  -  all'"attuazione  del  precetto
costituzionale dell'indipendenza dei magistrati, che va salvaguardato
anche sotto il profilo economico" (cfr., sentenza 16.1.1978, n. 1), e
a  evitare,  "tra  l'altro  che  essi  siano  soggetti  a  periodiche
rivendicazioni  nei  confronti  di  altri  poteri"  (cfr.,   sentenza
10.2.1993, n. 42), cosi' concretizzando  "una  guarentigia  idonea  a
tale scopo" (cfr., sentenza 8.5.1990, n. 238). 
    A cio' consegue che l'applicazione del primo periodo del comma 22
dell'art. 9, che impone di non erogare: 
        - l'acconto 2011 (il che si traduce nel  diniego,  posto  con
norma primaria, di corrispondere somme certe,  liquide  ed  esigibili
perche'  gia'  quantificate  con  il  ricordato  D.P.CM.   23.6.2009,
costitutivo del relativo diritto patrimoniale); 
        - l'eventuale conguaglio 2012; 
        - il prossimo acconto 2013; 
senza alcuna possibilita' di recupero delle relative somme, lede  non
solo il dato testuale delle gia' ricordate  norme  costituzionali  di
cui agli artt. 101, 104 e 108, ma soprattutto i principi e  i  valori
sottesi ad esse, funzionali all'indipendenza  e  l'imparzialita'  del
giudice, che costituiscono presupposto e requisito essenziale di ogni
giusto processo" di cui agli artt. 24, 101 e 111  della  Costituzione
(cfr., sentenza 7.10.1999, n. 381). 
    12c. Da non sottovalutare, inoltre, e' il fatto che l'automatismo
che  garantisce  la  periodica  quantificazione   in   concreto   del
trattamento  economico  dei  magistrati  configura   un   sistema   -
disciplinato con legge ordinaria emanata a seguito degli  accurati  e
approfonditi procedimenti parlamentari - che, oltre a non  richiedere
periodici  interventi,  normativi  o  tantomeno   contrattuali,   per
adeguare  nel  tempo  le  retribuzioni  secondo   intenti   meramente
conservativi e non lucrativi, realizza il tendenziale equilibrio  tra
la  pluralita'  dei  Poteri  dello  Stato  perche'  non  comporta  la
subordinazione di uno di essi agli  altri,  secondo  quanto  rilevato
ripetutamente  dalla  ricordata   giurisprudenza   costituzionale   e
amministrativa. 
    Percio',  i  prelievi  introdotti   con   i   commi   22   e   21
(rispettivamente in via primaria ed alternativa) dell'art. 9 del D.L.
n.  78,  qui  contestati,  che  bloccano  il  meccanismo   garantista
dell'adeguamento  automatico  della   retribuzione,   sostanzialmente
operano un  indebito  condizionamento  all'esercizio  della  funzione
giurisdizionale, intaccando sia l'indipendenza personale  che  quella
organica. Cio', infatti, potrebbe ingenerare, in  alcune  componenti,
la ricerca di un confronto con il Potere esecutivo e con le forze del
Potere legislativo al fine di ripristinare le  condizioni  economiche
originarie o, quantomeno, di attenuare la  portata  degli  interventi
riduttivi, in una logica  fondata  sulla  contrattualizzazione  delle
disposizioni legislative attraverso un  meccanismo  do  ut  des,  con
conseguente compromissione  non  solo  del  prodotto  legislativo  ma
soprattutto dell'autonomia delle Funzioni. 
    12d. Si tratta  non  di  un  pericolo  virtuale  (e  gia'  questo
basterebbe per innestare profili di  costituzionalita'),  sbandierato
dalla magistratura come una  sorta  di  spauracchio  istituzionale  e
costituzionale per mantenere presunti e addebitati privilegi,  ma  di
un'evenienza che, nella specie, si e' concretamente verificata,  come
implicitamente ammesso nella stessa relazione del  MEF  acquisita  in
via istruttoria. 
    Nel predetto documento, infatti, si  insiste  molto  sull'aspetto
concessivo ed immunitario delle misure in parola  rispetto  ad  altri
settori del pubblico impiego. A titolo meramente esemplificativo,  si
riporta quanto dichiarato a pag.  3  della  relazione  del  Ministero
dell'economia:  "se  nei  confronti  del  personale  di  magistratura
fossero  state  applicate  le  misure  relative   al   blocco   degli
automatismi e ai limiti negli avanzamenti di carriera, tale personale
avrebbe perso, con effetti maggiormente  penalizzanti  anche  a  fini
previdenziali, gli incrementi che invece vengono mantenuti in  virtu'
di quanto stabilito dal comma 22 dell'art. 9  e  che  di  seguito  si
illustrano:  -  progressione  automatica  degli  stipendi  (classi  e
scatti): l'incremento medio su base annua e' stimabile in circa 1.500
€ lordi per l'anno 2011, 3.000 € per l'anno 2012 e 4.500 € per l'anno
2013. Tali importi sorto stati ottenuti  considerando  uno  stipendio
annuo lordo di 65.000 euro". 
    Tutto cio' come a dire, implicitamente: "avremmo  potuto  colpire
di  piu'  e  invece  abbiamo  lasciato  una   parte   dei   privilegi
stipendiali". 
    Ora,  in  disparte  i  discorsi,  di  facile  e  capziosa   presa
mediatica,  su  caste  e  privilegi  (peraltro  tutti  da  ricercare,
scoprire   e   colpire),   e'    ampiamente    notorio    nell'ambito
forense-giudiziario -  per  essere  stato  riportato  nei  comunicati
dell'A.N.M. ampiamente pubblicizzati all'epoca sui siti degli  organi
di stampa - che le misure in questione vennero  fortemente  criticate
dalla  Giunta  esecutiva  centrale  dell'A.N.M,  la  quale   ebbe   a
proclamare "lo sciopero contro gli effetti  della  manovra  economica
varata dal Governo", osservando che "i  magistrati  sono  consapevoli
della crisi economica in cui versa il Paese e non intendono sottrarsi
al loro dovere di cittadini e di contribuenti, ma  devono  denunciare
che le misure approvate dal Governo sono ingiustamente  punitive  nei
loro confronti e di  tutto  il  settore  pubblico.  E'  inaccettabile
essere considerati non una risorsa, ma un  costo  o  addirittura  uno
spreco  per  la  giustizia.  Questa  manovra  incide  unicamente  sul
pubblico impiego, senza colpire gli evasori fiscali (gia' beneficiati
da numerosi condoni), i patrimoni illeciti, le grandi  rendite  e  le
ricchezze del settore privato: paralizza l'intero sistema giudiziario
e scredita e  mortifica  il  personale  amministrativo;  svilisce  la
dignita'  della  funzione  giudiziaria  e   mina   l'indipendenza   e
l'autonomia della magistratura". 
    Che tali dichiarazioni non  fossero  il  frutto  di  reazioni  di
stampo "sindacale",  scomposte  ed  invasive  delle  prerogative  del
Parlamento, e' dimostrato nei fatti. 
    Le sopra riportate  iniziative  associative  trovarono,  infatti,
ampi  e  vari  riscontri  in  tutte  le  forze  politiche  provocando
immediate reazioni anche di segno positivo e critico  sulla  manovra,
tra cui, in particolare, quella del Guardasigilli dell'epoca che ebbe
a dichiarare ai microfoni del Tg2 da Lussemburgo, dove si trovava per
il Consiglio UE della Giustizia: "ai giovani magistrati si chiede  un
costo individuale troppo alto a  fronte  di  un  gettito  complessivo
abbastanza basso per il Paese quindi mi impegnero' per risolvere  nel
percorso  di  conversione  questo  aspetto   del   problema"   (cfr.,
http://www.tgcom.mediaset.it/politica/articoli/articolo483210.shtml,
ecc.). 
    E'  altrettanto  notorio  -  tramite   i   riferiti   canali   di
informazione - che prima e dopo l'adozione del D.L. n. 78  vi  furono
ripetuti incontri dell'A.N.M. presso la Presidenza del  Consiglio  ed
il MEF dai quali, verosimilmente, scaturirono quegli "sconti' cui  fa
riferimento la citata relazione del  Ministero  dell'economia  (cfr.,
http://www.ilgiornale.it/interni/manovra_magistrati_proclamano_sciope
ro/politica-politica
economica_governo-anm-magistrati-sciopero-manovra-finanziaria/03-06-
2010/articolo-id=450273-page=0-comments=1). 
    In conclusione, la compromissione  dell'indipendenza  dell'ordine
giudiziario e' stata non solo  messa  in  pericolo  ma  concretamente
compromessa attraverso ripetute trattative con l'Esecutivo. 
    13a. Da altro ma non secondario punto di vista, si deve  altresi'
osservare che le disposizioni in esame  intaccano  la  fiducia  e  la
considerazione di  cui  deve  godere  ciascun  magistrato,  oltre  al
prestigio dell'ordine giudiziario nel suo complesso. 
    In tal senso la giurisprudenza costituzionale ha osservato che  i
magistrati debbono essere imparziali e indipendenti; che tali  valori
devono essere tutelati; che detti principi  sono  "volti  a  tutelare
anche la considerazione di cui il magistrato deve  godere  presso  la
pubblica  opinione;  assicurano,  nel   contempo,   quella   dignita'
dell'intero ordine giudiziario, che si qualifica prestigio e  che  si
concreta nella fiducia dei cittadini verso la funzione giudiziaria  e
nella credibilita' di essa" (cfr., sentenza 7.5.1981, n. 100). 
    13b. In relazione alle predette affermazioni della Corte le norme
denunciate  si   presentano   come   una   oggettiva   occasione   di
compromissione  della  fiducia  dei  cittadini  verso   la   funzione
giudiziaria, accreditando apertamente  l'immagine  di  una  categoria
privilegiata   immeritevole   del   mantenimento   di    retribuzioni
considerate di livello "alto" le  quali,  pertanto,  "devono"  essere
riviste al ribasso in una  logica  di  sforzo  complessivo  cui  sono
chiamate  anzitutto   le   categorie   piu'   benestanti   tra   cui,
assertivamente, quella dei magistrati. 
    13c.  Questo  Tribunale  amministrativo  non  ignora  certo   gli
orientamenti espressi dalla Corte con riguardo a  precedenti  manovre
incidenti sugli assetti retributivi dei pubblici dipendenti  (quindi,
anche   dei   magistrati),   delle   quali   si   e'   ritenuta    la
costituzionalita'. 
    In occasione delle tante e ricorrenti manovre di finanza pubblica
di carattere emergenziale, che da oltre  vent'anni  si  ripetono  con
cadenza quasi annuale, il Giudice delle leggi  ha  rilevato  come  le
stesse fossero state emanate in momenti assai delicati  per  la  vita
economico-finanziaria del Paese e caratterizzati dalla necessita'  di
recuperare l'equilibrio di bilancio. Per esigenze cosi' stringenti il
Legislatore ha imposto "a  tutti"  sacrifici  anche  onerosi  ma  non
lesivi del principio di cui all'art. 3 della Costituzione  (sotto  il
duplice  aspetto  della  non  contrarieta'  sia   al   principio   di
uguaglianza sostanziale sia a quello della non irragionevolezza). 
    Tutto cio', pero', "a condizione che i suddetti  sacrifici  siano
eccezionali, transeunti,  non  arbitrari  e  consentanei  allo  scopo
prefisso" (cfr., sentenze 14.7.1999, n. 299 e 18.7.1997, n. 245). 
    13d. Tuttavia, i chiari messaggi della Corte  sono  stati  ancora
una  volta  stravolti  dall'ennesima  manovra  contingente   e   solo
apparentemente temporanea (il  blocco  stipendiale,  in  realta',  si
risolve, per quanto sopra detto, in un riassetto negativo dell'intero
sistema  stipendiale  della   magistratura),   secondo   una   logica
perennemente emergenziale non incidente su alcun problema strutturale
e culturale del  "sistema  Italia",  come  le  percussive  ed  ancora
contingenti manovre successive hanno dimostrato. 
    In definitiva,  dalle  misure  in  questione  risulta  gravemente
compromessa,   piu'   complessivamente,   la    credibilita'    della
magistratura, a scapito dell'esigenza  di  una  rigorosa  tutela  del
prestigio dell'ordine giudiziario, che rientra  senza  dubbio  tra  i
piu'  rilevati  beni   costituzionalmente   protetti"   (cfr.   Corte
Costituzionale 22.6.1976, n. 145). 
    13e. E' poi  anche  indubbio  che  le  misure  in  esame  abbiano
generato  un  evidente  conflitto  tra   Istituzioni,   percepito   e
sicuramente enfatizzato dai media,  ma  che  oggettivamente  mina  la
serenita' del giudice, la sua  credibilita'  e  autorevolezza  e  che
appare, comunque, particolarmente grave per la specifica funzione che
nell'ordinamento ricopre l'ordine giurisdizionale. 
    Le misure legislative volte al contenimento del debito  pubblico,
anche  quelle  piu'  rigide,  quando   riguardano   l'operato   delle
componenti  dell'Ordinamento  costituzionale  devono  essere   sempre
improntate  al  necessario  bilanciamento  dei  molteplici  interessi
coinvolti,  fra   i   quali   anche   la   tangibile   manifestazione
dell'equilibrio e del rispetto nei rapporti tra i Poteri legislativo,
esecutivo e giudiziario. 
    In quest'ottica si spiegano, ad  esempio,  le  opportune  e  anzi
doverose deroghe a quelle misure nei confronti del Capo dello  Stato,
del Presidente della Consulta e dei componenti della stessa. 
    Non puo' essere in questo  senso  sottovalutato  che  i  principi
dell'imparzialita'  e  della  terzieta',  reale  ed  apparente,   dei
magistrati sono sottesi alla disciplina dell'ordinamento  giudiziario
perche'  costituiscono  i  presupposti  dei  principi  codificati  di
autonomia  e  di  indipendenza  dei  giudici.  A  presidio  di   tali
presupposti vi  sono  anche  le  norme  sul  trattamento  retributivo
improntate ai ricordati rigorosi criteri di automaticita'. 
    Per concludere sul punto, il blocco dei meccanismi di adeguamento
stipendiale disposto dalla  disciplina  in  esame  contrasta  con  il
nostro sistema costituzionale di  cui  agli  artt.  101  e  seguenti,
perche' in  esso  gode  della  piu'  elevata  tutela  anche  la  sola
apparenza dell'imparzialita' della funzione giurisdizionale in quanto
valore  fondante  per  l'affidabilita',  la  credibilita',  la  stima
istituzionale della figura del magistrato. 
    Sotto un diverso profilo, il Collegio rileva  che  alla  sospetta
violazione dei  principi  di  indipendenza  e  di  imparzialita'  del
giudice si associa, peraltro in  stretta  connessione,  la  possibile
violazione  dei  principi  di  proporzionalita'  e   di   adeguatezza
retributiva posti dall'art. 36 della Costituzione. 
    Non puo' infatti essere disconosciuto  che  la  retribuzione  dei
magistrati, stabilita  con  legge  formale  ed  aggiornata,  solo  di
riflesso e per relazionem,  con  l'automatismo  sopra  delineato,  e'
rappresentata da un importo fisso e invariabile  correlato  non  solo
alla generica  quantita'  e  qualita'  delle  funzioni  ed  incarichi
singolarmente svolti ma anche al ruolo istituzionale e costituzionale
cui essi sono preordinati. 
    In definitiva, la  citata  norma  costituzionale  assume  per  la
magistratura una valenza particolare, per la quale l'adeguatezza e la
proporzionalita' sono riferite a specifiche funzioni  e  a  correlate
qualifiche di rilievo costituzionale, delle quali il  legislatore  ha
tenuto conto nel delineare i corrispondenti  meccanismi  retributivi.
Per cui, incidendo su di essi, si vanno a colpire, nel  loro  assetto
complessivo, quelle funzioni. 
    Anche codesta Corte ha  avuto  occasione  di  esprimersi  in  tal
senso, affermando che "una  diminuzione,  per  qualsiasi  causa,  del
trattamento retributivo rompe la proporzionalita' e  infrange  quindi
la norma costituzionale" (cfr., sentenza 5.2.1975, n. 24). 
    15a. Quanto all'indennita' speciale (c.d. indennita' giudiziaria)
di cui all'articolo 3 della legge 19.2.1981, n. 27, per la  quale  il
secondo periodo del comma 22 dell'art. 9 del  D.L.  n.  78  del  2010
prevede la riduzione del 15 per cento per l'anno  2011,  del  25  per
cento per l'anno 2012 e del 32 per cento per l'anno 2013, il Collegio
deve anzitutto rammentare che la ratio di questa voce entrata  a  far
parte della retribuzione in senso lato  dei  giudici  consiste  nella
compensazione degli  specifici  oneri,  anche  di  natura  economica,
gravanti  sul  magistrato.  Il  fondamento  della   c.d.   indennita'
giudiziaria e', infatti, rinvenibile in un  predeterminato  "rimborso
spese". 
    Costituisce, per l'appunto, fatto  notorio  che  (al  di  la'  di
qualche recente messaggio mediatico di ingiusto screditamento,  circa
la "nullafacenza" e la mancata presenza dei magistrati  negli  uffici
giudiziari) gran parte dei magistrati italiani e'  priva  di  un  pur
minimo ufficio stabile e fisso, ossia di una stanza entro le sedi dei
tribunali, ove studiare i fascicoli e scrivere i provvedimenti ed  e'
costretta, suo malgrado, a svolgere  parte  della  propria  attivita'
istituzionale nella propria abitazione. Se tale situazione puo'  dare
adito a qualche sporadico abuso ad opera  di  magistrati  indegni  di
tale nome, e percio' passibili delle piu' severe misure sanzionatorie
previste dall'ordinamento giudiziario, per converso  e'  di  pubblica
conoscenza che cio' consente un notevole risparmio di spesa da  parte
dell'Amministrazione   della   giustizia,    secondo    un    modello
organizzativo "domestico" sconosciuto a qualsiasi altro  titolare  di
apparati burocratici di vertice. 
    Tanto e' stato riconosciuto dalla stessa Corte Costituzionale, la
quale ha  ben  chiarito  come  l'indennita'  in  esame,  non  a  caso
attribuita in  misura  uguale  a  tutti  i  magistrati  investiti  di
funzioni  giurisdizionali  a   prescindere   dall'anzianita',   dalle
funzioni e dalla qualifica rivestita (e non  corrisposta  durante  il
periodo di congedo straordinario per  malattia),  sia  "espressamente
correlata ai particolari oneri  che  i  magistrati  incontrano  nello
svolgimento della loro attivita', la quale tra  l'altro  comporta  un
impegno senza precisi limiti temporali, dal che discende un  rigoroso
collegamento con il servizio effettivamente prestato" (cfr., sentenza
8.5.1990, n. 238). A cio'  e'  stato  successivamente  soggiunto  che
"l'indennita' di funzione per  i  magistrati  e  gli  avvocati  dello
Stato, unitariamente contemplati dall'art. 9, comma terzo della legge
2 aprile 1979, n. 97 ... ha mantenuto,  sin  dalla  sua  istituzione,
connotati   peculiari   perche'   assoggettata   al   meccanismo   di
rivalutazione automatica previsto per gli stipendi dei magistrati (ed
avvocati dello Stato) dal precedente art. 2 della  legge  n.  27  del
1981; che tale rivalutazione si  ispira  al  precetto  costituzionale
dell'indipendenza dei magistrati; costituendo una guarentigia  idonea
a tale scopo" (ordinanza 23.10.2008, n. 346). 
    15b. A sostegno della sospetta illegittimita'  costituzionale  di
tale prelievo forzoso, che cresce progressivamente negli anni, devono
essere  qui  richiamate  le  osservazioni  sopra  esposte  circa   la
violazione dei principi sanciti dagli arti.  101,  104  e  108  della
Costituzione,  ribadendo  che  tutte  le  voci  che   compongono   la
"retribuzione dei magistrati non sono nella libera disponibilita' del
Potere legislativo o del Potere esecutivo e  che  quindi,  a  maggior
ragione, la riduzione dell'indennita' giudiziaria opera  un  indebito
condizionamento nei confronti  dell'ordinamento  giurisdizionale  con
conseguente lesione dei parametri gia' considerati (artt. 101, 104  e
108). 
    15c. A tutto cio' deve essere soggiunto che tale diminuzione, che
si risolve per ogni giudice in una minore entrata a copertura di voci
di costo relative agli oneri che incontra  nell'esercizio  della  sua
attivita', si traduce - di fatto - nella dislocazione di quegli oneri
(posto che i carichi di lavoro non sono mutati  ma  anzi  accresciuti
anche con le recenti e ripetute riforme ordinamentali e  processuali)
sulla voce  stipendio,  cosicche'  parrebbe  ulteriormente  eclatante
anche la violazione dell'art. 36 della Costituzione, che  impone  sia
l'obbligo di rispettare la proporzionalita' tra la retribuzione e  il
livello quali-quantitativo  del  lavoro  prestato  che  il  correlato
divieto di  diminuire  lo  stipendio  se  non  in  conseguenza  della
diminuzione delle prestazioni richieste. 
    15d. La lesione dei considerati  parametri  di  costituzionalita'
appare al Collegio tanto piu'  manifesta  in  quanto  sulla  predetta
indennita' giudiziaria, una volta applicate le  aliquote  progressive
ad essa specifiche del 15, 25 e 32 per cento, si abbatte  l'ulteriore
prelievo generalizzato del 5 e del 10 per cento di  cui  al  comma  2
dell'art. 9 del D.L. n. 78 del 2010. 
    15e. In  conclusione,  la  decurtazione  che  sara'  operata  nel
triennio rende, in fatto, l'indennita' giudiziaria del tutto inidonea
ad assolvere il suo  compito  di  "compensazione"  degli  oneri  vivi
sopportati dai magistrati nel  diuturno  espletamento  delle  proprie
funzioni; oneri che,  dunque,  resteranno  privi  di  ristoro  e  che
graveranno, in diminuzione, non sul loro stipendio ma addirittura sul
loro patrimonio. 
    In altri termini, poiche' la complessiva  proporzionalita'  della
"retribuzione" latamente intesa e' raggiunta con il contributo  delle
sole tre voci che  la  compongono,  dalla  immotivata  e  consistente
decurtazione  di  una  di  esse   scaturisce   un'alterazione   della
complessiva proporzionalita', distorcendo cosi' il significato  della
voce "stipendio" piu' specificatamente destinata  al  compenso  della
prestazione lavorativa. 
    16a. Sotto diverso aspetto, il Collegio rileva  che  il  prelievo
forzoso introdotto con il D.L. n.  78,  in  particolare  di  cospicua
parte  dell'indennita'  giudiziaria,  presenta   un'indubbia   natura
tributaria traducendosi,  nei  fatti,  in  una  innovativa  forma  di
prelievo coattivo. 
    L'imposizione di detti nuovi sacrifici economici  individuali  e'
stata infatti realizzata attraverso un atto autoritativo generale  di
carattere ablatorio e la destinazione del gettito scaturente da  tale
ablazione concorre al fabbisogno finanziario dello Stato sotto  forma
di risparmio di spesa. In realta', al di la'  del  nomen  (risparmio,
rallentamento di dinamiche retributive, ecc.), si tratta di un vero e
proprio prelievo forzoso  di  somme  stipendiali  ed  indennitarie  a
copertura  di  fabbisogni  finanziari  indifferenziati  dello   Stato
apparato. 
    Sussistono, pertanto, a parere di questo Collegio,  gli  elementi
basilari per qualificare  quella  in  esame  quale  una  disposizione
tributaria; elementi che sono  costituiti  "dall'ablazione  di  somme
trattenute da parte del datore di lavoro e da costui  successivamente
versate nelle casse dell'erario" e "la destinazione  delle  somme  in
questione all'apprestamento di mezzi necessari  al  fabbisogno  dello
Stato" (cfr., Corte costituzionale 12.1.1995, n. 11). 
    Ma se cosi' e', appare evidente la  violazione  di  un  ulteriore
parametro costituzionale: l'art. 53. 
    16b.  In  particolare,   soprattutto   il   prelievo   di   parte
dell'indennita' giudiziaria  non  si  correla  ad  alcuna  "capacita'
contributiva", proprio alla luce della gia' rilevata natura  di  tale
componente della "retribuzione" latamente intesa, non  essendo  essa,
come gia' detto, un elemento di arricchimento della sfera del singolo
ma  un  semplice  ristoro   di   oneri   che   il   magistrato   deve
necessariamente sostenere per organizzare il  proprio  lavoro,  oneri
presuntivamente e forfetariamente determinati, e circa i quali non si
puo' neppure ipotizzare  di  gravare  gli  interessati  di  un  onere
probatorio diabolico richiedendo loro la dimostrazione  di  essi  e/o
della parte incisa dal prelievo de quo. 
    Vale  ricordare,  al   riguardo,   che   secondo   il   risalente
orientamento della Corte Costituzionale, il citato articolo 53  della
Costituzione sancisce "non gia'  solo  il  dovere  delle  prestazioni
tributarie, ma altresi' il principio della correlazione di queste con
la capacita' contributiva di ciascuno" (cfr., sentenza 18.6.1963,  n.
92).  Le  leggi,  di  conseguenza,  devono  individuare   prestazioni
commisurate alla "capacita' contributiva"  degli  obbligati:  il  che
significa  che  la  discrezionalita'  legislativa  e'  vincolata   al
rispetto di un parametro che, teoricamente, e' un concetto  giuridico
a contenuto indeterminato ma che, concretamente, deve essere tradotto
in un dato  obiettivamente  esistente  e  commisurato  ad  un  indice
effettivo  di  ricchezza  (nella  specie:  il   reddito   da   lavoro
dipendente). 
    La  cognizione  della  congruenza  del  prelievo   al   parametro
costituzionale, in fatto, e' da ultimo rimessa al Giudice delle leggi
a  cui  non  compete  la  valutazione  della   discrezionalita'   del
legislatore,  bensi'  il  sindacato  sulla  razionalita'  complessiva
dell'intervento  legislativo,  al  fine  di  scongiurare   l'assoluta
arbitrarieta',  o   illogicita',   o   vessatorieta',   delle   norme
tributarie. 
    In tal senso, la Corte Costituzionale ha affermato  che,  sebbene
sia "sufficiente il collegamento dell'imposizione ad  un  presupposto
rivelatore di ricchezza", il principio della capacita'  contributiva,
sul  piano  garantistico  costituzionale,  deve  essere  inteso  come
espressione dell'esigenza che "ogni  prelievo  tributario  trovi  una
specifica, oggettiva e plausibile  causa  giustificatrice  in  indici
concretamente  rivelatori  di  maggiore  ricchezza"  (cfr.,  sentenza
10.7.1975, n. 201). 
    Ne consegue che,  ad  esempio,  avendo  l'indennita'  giudiziaria
natura  esclusivamente  indennitaria,  essendo  essa   "espressamente
correlata ai particolari oneri  che  i  magistrati  incontrano  nello
svolgimento della loro attivita'" (cfr., sentenza n.  238  del  1990,
cit.), la stessa non puo' essere  assunta  ad  indice  di  "capacita'
contributiva", ed essere quindi gravata dal prelievo forzoso disposto
dal comma 22 dell'art. 9 in esame che, in definitiva, colpisce non un
indice di ricchezza statica o dinamica (patrimonio o reddito)  ma  un
rimborso compensativo di spese strumentali all'attivita' svolta. 
    16c. La  gratuita  ed  immotivata  diminuzione  di  una  garanzia
specifica per i magistrati a copertura degli oneri funzionali che  su
essi  pesano  si  presenta,  obiettivamente,   come   una   modalita'
vessatoria, atta a togliere certezza al criterio di definizione della
retribuzione dei magistrati  fissato  dalla  legge  formale,  con  un
intervento d'urgenza anch'esso di rango legislativo ma, almeno per la
categoria  qui   colpita,   estemporaneo,   irrazionale,   iniquo   e
sostanzialmente inutile (si vedano i dati forniti dal Ministero della
Giustizia e dall'INPDAP piu' sopra riportati),  posto  in  essere  su
iniziativa del Potere esecutivo. 
    16d. Analogo discorso vale  per  il  prelievo/congelamento  degli
acconti e dei  conguagli,  i  quali,  come  detto,  costituiscono  un
semplice meccanismo di recupero di quanto gia' corrisposto agli altri
pubblici  dipendenti  essenzialmente   a   garanzia   della   perdita
d'acquisto  dei  salari  nominali  e  che,  come   tale,   non   puo'
considerarsi indice di capacita' contributiva. 
    17. Tutto cio' sembrerebbe violare anche  i  precetti  desumibili
dall'art. 97, comma 1, della  Costituzione,  poiche'  la  manovra  in
questione si riflette sul buon andamento "degli  uffici  a  qualsiasi
potere appartenenti" (cfr., Corte Costituzionale 19.12.1973, n. 177):
quindi a quelli dell'Amministrazione della giustizia. 
    E'   notorio   che   l'espressione   "buon   andamento"   attiene
all'elemento  "oggettivo"  dell'ufficio  e  riassume   un   principio
generale   e   strumentale   al   raggiungimento   delle    finalita'
istituzionali assegnate. 
    In tal  senso,  le  gravose  misure  in  esame  hanno  certamente
contribuito, anzitutto,  a  determinare  quel  "massiccio  esodo"  di
personale dalla magistratura  di  cui  da'  conto  la  relazione  del
Ministero della giustizia, cosi' provocando una repentina perdita non
solo di un ragguardevole numero dei giudici ma, fondamentalmente,  di
un inestimabile bagaglio di conoscenze e di esperienze. 
    L'impoverimento dei ruoli organici della magistratura per effetto
del predetto esodo ha prodotto un incontestabile aggravio  di  lavoro
sui giudici rimasti a fare il proprio dovere perche' su di essi si e'
spalmato il carico di lavoro gia' gravante  sui  colleghi  andati  in
pensione. 
    Da altro lato, non va neppure dimenticato che il  buon  andamento
si traduce anche nella stabilita', nella certezza  e  nell'efficiente
uso delle risorse a  cui  poter  attingere  sia  collettivamente  che
personalmente nello svolgimento della quotidiana attivita'. Da questo
verso,  il  concetto  di  buon  andamento  emerge  come  "regola   di
svolgimento della funzione" il cui rispetto e'  assicurato  da  tutti
gli strumenti di garanzia assicurati dalla complessiva organizzazione
dell'Amministrazione  della  giustizia,  fra   i   quali   rientrano,
certamente, anche le condizioni di serenita' e  di  stabilita'  delle
proprie condizioni economiche senza, tra  l'altro,  dover  sopportare
addirittura parte dei costi vivi del servizio. 
    18a. Il Collegio deve poi osservare che nel  corso  del  triennio
2011-2013, in base al solo combinato disposto dei commi 1,  21  e  22
dell'art. 9 del D.L. n. 78 del 2010 in esame, i  dipendenti  pubblici
non subiranno aumenti dello stipendio ma neppure decurtazioni di esso
in  quanto,  in  detto  periodo,  la   loro   retribuzione   rimarra'
complessivamente "cristallizzata" al trattamento dell'anno 2010,  con
una serie non indifferente di esclusioni (fra cui la percezione degli
arretrati). Con lo sblocco della contrattazione collettiva, tuttavia,
essi potranno immediatamente recuperare, nelle  misura  stabilite  in
sede di  trattativa  sindacale,  quanto  sarebbe  loro  spettato  nel
periodo precedente. 
    All'opposto, per i magistrati e' stato testualmente previsto: 
        -  che  l'acconto  2011,   sebbene   gia'   individuato   con
provvedimento costitutivo, non sia corrisposto; 
        - che gli acconti 2011 e 2013, cosi come il conguaglio  2012,
oltre a non essere erogati non potranno comunque essere recuperati; 
        -   che   anche   le   somme   derivanti   dalla    riduzione
dell'indennita' giudiziaria non siano riassegnate decorso il triennio
2011-2013. 
    Da cio' consegue che alcuna possibilita' di  recupero  di  quanto
non corrisposto nel  triennio  2011-2013  e'  stata  prefigurata  dal
Legislatore per i magistrati, per i quali, oltretutto, con lo  stesso
comma 22 dell'art. 9, e'  stato  stabilito  il  "tetto"  dell'acconto
spettante per l'anno 2014 e del conguaglio per l'anno 2015. 
    Il personale di magistratura, pertanto,  in  base  al  meccanismo
della legge n. 97 del 1979 (mediante il  calcolo  della  media  degli
incrementi delle  voci  retributive  ottenuti  dagli  altri  pubblici
dipendenti) solo nel triennio 2016-2018 potra'  -  ulteriori  manovre
permettendo  -  recuperare  "parte"  di  quanto  gli  altri  pubblici
dipendenti potranno ottenere con la libera contrattazione concluso il
periodo di moratoria, senza possibilita'  di  alcun  recupero,  cosi'
come e' irrecuperabile il prelievo forzoso di  parte  dell'indennita'
giudiziaria. 
    18b.  Dall'esame  dei  complessi  meccanismi  di  "blocco"  degli
incrementi,  cosi'   differenziatamente   disegnati   per   categorie
appartenenti alla medesima area dei pubblici dipendenti e  che  hanno
identica capacita' economica tratta da reddito di lavoro  dipendente,
appare fondata anche la dedotta  disparita'  di  trattamento  tra  le
categorie dei lavoratori del pubblico impiego e, in  particolare,  in
prospettata  violazione  del  precetto  di  cui  all'art.   3   della
Costituzione  e  del   concorrente   canone   della   ragionevolezza,
ripetutamente applicato proprio da codesta Corte anche nella  vessata
materia. 
    18c.  Con  riguardo  al  primo  termine,   l'orientamento   della
giurisprudenza della Corte Costituzionale si e'  espresso  nel  senso
che, se da  un  lato  e'  legittimo  il  blocco  per  un  anno  degli
incrementi retributivi in conseguenza di  automatismi  stipendiali  o
per progressione automatica della  carriera,  per  altro  verso  quel
meccanismo "pur collocandosi in un ambito estremo", era limitato  nel
tempo ad un solo  anno  e  non  era  "irrazionalmente  ripartito  fra
categorie diverse di cittadini", giacche' la manovra di  contenimento
della spesa pubblica (allora si trattava dell'anno 1993) non incideva
"soltanto sulla condizione e sul patrimonio dei  pubblici  impiegati,
ma anche su quello di altre categorie di lavoratori" (cfr., ordinanza
14.7.1999, n. 299). 
    In relazione dunque agli univoci messaggi della Corte la  manovra
finanziaria qui in esame appare del tutto irragionevole e sperequata,
sia in ordine ad altre categorie di lavoratori pubblici (ma anche,  e
soprattutto,  privati),  sia  con  riguardo  al  lasso  temporale  di
riferimento, che - anche a voler prescindere da  precedenti,  recenti
interventi di analogo contenuto - supera abbondantemente  il  periodo
annuale. 
    18d. Oltre al parametro  di  cui  all'art.  3,  risulta  altresi'
violato il piu' generale principio di ragionevolezza che, secondo  la
Corte,  risulta  vulnerato  "anche  in  assenza  di  una  sostanziale
disparita' di trattamento  tra  fattispecie  omogenee,  allorche'  la
norma  presenti  una  intrinseca  incoerenza,  contraddittorieta'  od
illogicita' rispetto al contesto normativo  preesistente  o  rispetto
alla complessiva finalita' perseguita dal legislatore". 
    Codesta Corte ha valutato in piu'  occasioni  la  coerenza  delle
norme sottoposte al suo esame rispetto alla  ratio  ad  esse  sottesa
("il criterio della  ragionevolezza  intrinseca  si  traduce  in  una
valutazione di conformita' della norma alla ratio che  la  sostiene":
cfr.,   sentenza   5.12.2008,   n.   399),   ovvero   la   loro   non
contraddittorieta' rispetto al previgente sistema complessivo,  o  la
non  manifesta  inidoneita'  degli  strumenti   ivi   prescelti   per
conseguire  un  determinato  fine,  con  un   controllo   comportante
considerazioni   di   adeguatezza,   pertinenza,    proporzionalita',
coerenza. 
    In tal  senso,  la  ragionevolezza  intrinseca  si  valuta  anche
verificando se le norme censurate rivelino una contraddizione tra  la
previsione astratta e la sua concreta applicazione (cfr., da  ultimo,
sentenze 28.1.2010, n. 26, e 8.5.2009, n. 137). 
    19a.  In  definitiva,  anche  alla  luce   del   criterio   della
ragionevolezza intrinseca la questione di legittimita' costituzionale
delle disposizioni di cui ai commi 21, primo periodo, e 22  dell'art.
9 del D.L. n. 78 del 2010, predisposte per ridurre in sostanza  (e  a
prescindere  da  ogni  qualificazione  formale  dell'intervento)   le
retribuzioni dei magistrati nel triennio 2011-2013 tramite le  misure
esposte nella presente  ordinanza,  appare  a  questo  Tribunale  non
manifestamente infondata, tenuto conto: 
        - della  loro  incoerenza  rispetto  al  consolidato  sistema
retributivo della magistratura rispondente ai  valori  costituzionali
gia' ampiamente ricordati; 
        -  della  loro  incoerenza  anche  sotto  il  profilo   della
sproporzionalita' rispetto alle finalita' dichiaratamente  perseguite
dalla manovra in esame. 
    19b. La sproporzione, l'illogicita', l'inadeguatezza ed anche  la
pretestuosita' della  parte  qui  impugnata  della  manovra  2010  si
manifesta anche nella comparazione  ab  externo  -  effettuata  senza
sindacare le scelte discrezionali del  Legislatore  -  degli  effetti
sostanzialmente irrisori dei  prelievi  in  esame  sulla  diminuzione
della spesa pubblica, come piu'  sopra  dimostrato,  a  fronte  della
compromissione, tutt'altro  che  irrisoria,  dei  ricordati  principi
costituzionali che garantiscono  l'ordinamento  giudiziario  e  della
conseguente gravissima crisi istituzionale della quale sopra e'  gia'
stato riferito. 
    19c.  Che  la  predetta  manovra  si  presenti   del   tutto   ed
irrazionalmente confliggente con il sistema di  determinazione  della
retribuzione dei magistrati che, nel passato, e' stato  meditatamente
ricercato  dal  Legislatore,  ma  anche  del  piu'  generale  assetto
costituzionale sulla separazione dei poteri e delle funzioni,  e  che
tale   irrazionalita'    celi    una    ratio    sostanzialmente    e
preconcettualmente punitiva per  l'intera  magistratura,  appare,  da
ultimo, ulteriormente comprovato dalla disposizione introdotta  (dopo
la proposizione del presente giudizio e di altri analoghi presso vari
T.A.R) dal comma 7 dell'art. 16 del D.L. 6.7.2011, n. 98,  convertito
nella L.  15.7.2011,  n.  111.  La  norma  citata  ha,  testualmente,
previsto che: "qualora, per qualsiasi ragione,  inclusa  l'emanazione
di provvedimenti giurisdizionali diversi dalle decisioni della  Corte
Costituzionale; non siano conseguiti  gli  effetti  finanziari  utili
conseguenti,  per  ciascuno  degli  stessi   anni   2011-2013,   alle
disposizioni di cui ai commi 2 e 22 dell'articolo 9 del decreto-legge
31 maggio 2010, n. 78, convertito; con modificazioni, dalla legge  30
luglio 2010, n. 122, i medesimi effetti finanziari  sono  recuperati,
con misure di carattere generale nell'anno immediatamente  successivo
nei riguardi delle stesse categorie di personale cui si applicano  le
predette disposizioni" . 
    Questa "singolare" disposizione, ad avviso del Collegio - a parte
restandone  la  valutazione  sul  piano  giuridico,  in  questa  sede
irrilevante - dimostra un'impostazione ideologica  precostituita,  ed
anche  ingiustificatamente  vessatoria,  del  Potere  esecutivo   nei
confronti del personale della magistratura, posto che espressamente e
solamente ad esso si  rivolge  l'ultimo  intervento  normativo  sopra
ricordato citando il comma 22 dell'art. 9 del D.L. n. 78. 
    In definitiva, appare evidente che, nella specie, si  sia  voluto
porre in essere un irragionevole intervento, del tutto sproporzionato
rispetto agli inavvertibili effetti sui saldi di finanza pubblica,  e
del tutto distonico rispetto agli assetti costituzionali tra i Poteri
dello Stato  democratico.  In  base  a  detti  assetti  l'ordinamento
giudiziario nel suo complesso, ma anche i  singoli  suoi  componenti,
hanno il diritto di essere rispettati e di non essere condizionati da
direttive, poste nella forma di disposizioni di legge, che  non  sono
pertinenti ai compiti affidati ad essi dalla Costituzione,  la  quale
non  consente  che  la  logica  economico-finanziaria  sia  sempre  e
comunque anteposta al funzionamento  della  giurisdizione  e  nemmeno
che, nel rispetto  della  prima,  si  pongano  in  secondo  piano  le
esigenze volte ad assicurare il buon  andamento  del  servizio  della
giustizia. 
    Nella specie, appare evidente al Collegio che ci si trovi innanzi
ad  opzioni  irragionevoli,  palesemente  inadeguate,  manifestamente
irrispettose di  un  apparato  ordinamentale  coperto  da  specifiche
garanzie costituzionali  ed  i  cui  appartenenti,  nella  stragrande
maggioranza - e salvi episodi di indegnita' da reprimere con assoluto
rigore e tempestivita' - dimostrano di saper meritare  con  dedizione
ed impegno quotidiano. 
    20.  Le  suesposte  considerazioni  fondano,  in  definitiva,  il
giudizio di rilevanza, ai fini della compiuta  decisione  nel  merito
della controversia, e di non manifesta infondatezza  della  questione
di illegittimita' costituzionale dei commi 21, primo  periodo,  e  22
del D.L. 31.5.2010, n. 78, convertito, con modificazioni,  in  L.  30
luglio 2010, n. 122, nella parte in cui, per il personale di cui alla
legge n. 27 del 1981, hanno stabilito che: 
        - non si applicano i meccanismi  di  adeguamento  retributivo
per gli anni  2011,  2012  e  2013  e  non  danno  comunque  luogo  a
possibilita' di recupero negli anni successivi; 
        - non siano erogati,  senza  possibilita'  di  recupero,  gli
acconti per gli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del  triennio
2010-2012; 
        - per il triennio 2013-2015 l'acconto  spettante  per  l'anno
2014 sia pari  alla  misura  gia'  prevista  per  l'anno  2010  e  il
conguaglio per l'anno 2015 sia determinato con riferimento agli  anni
2009, 2010 e 2014; 
        - la c.d. indennita' giudiziaria spettante negli  anni  2011,
2012 e 2013, sia ridotta progressivamente del 15 per cento per l'anno
2011, del 25 per cento per l'anno 2012 e del 32 per cento per  l'anno
2013; 
il tutto, per contrasto con gli articoli 3, 36, 53, 97, 101, 104, 108
e 111 della Costituzione, nei termini e per  le  ragioni  esposti  in
motivazione. 
    Si rimette pertanto la sua definizione alla Corte Costituzionale,
con sospensione del presente giudizio e con trasmissione degli atti a
codesta Corte Costituzionale. 
    Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e  in  ordine  alle
spese del giudizio resta riservata alla decisione definitiva. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11.3.1953, n. 87, dichiara  rilevante
e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3, 36, 53,
97,  101,  104,  108  e  111  della  Costituzione,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dei commi 21, primo  periodo,  e  22  del
D.L. 31.5.2010, n. 78, convertito, con modificazioni, in L. 30 luglio
2010, n. 122. 
    Sospende il presente giudizio,  con  rinvio  di  ogni  definitiva
statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite  all'esito  del
promosso giudizio incidentale davanti alla Corte Costituzionale,  cui
la presente  ordinanza  va  immediatamente  trasmessa  a  cura  della
Segreteria del Tribunale. 
    Ordina, sempre a cura della  Segreteria  del  Tribunale,  che  la
presente  ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa  ed   al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  nonche'   comunicata   ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Trento, nella camera di consiglio del  giorno  10
novembre 2011. 
 
                        Il Presidente: Pozzi 
 
 
                                               L'estensore: Chiettini