N. 14 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 maggio 2011

Ordinanza del 19  maggio  2011  emessa  dal  Tribunale  di  Bari  nel
procedimento civile promosso da F.lli Diaferio di Diaferio Leonardo &
c snc contro Banca Carime s.p.a.. 
 
Banca e istituti di credito - Operazioni bancarie regolate  in  conto
  corrente  -  Diritti   nascenti   dall'annotazione   in   conto   -
  Prescrizione - Decorrenza dal giorno dell'annotazione -  Previsione
  in via di  interpretazione  autentica  dell'art.  2935  del  codice
  civile - Contestuale esclusione della restituzione di importi  gia'
  versati alla data di entrata in vigore della legge n. 10 del 2011 -
  Violazione, sotto piu' profili, del principio di  ragionevolezza  -
  Lesione del diritto di azione e difesa in  giudizio  -  Sostanziale
  introduzione  di  un  divieto  di  ripetizione  dell'indebito,   in
  contrasto  con  il  principio  di  tutelabilita'  delle   posizioni
  giuridiche soggettive e  con  quello  della  necessaria  causalita'
  degli arricchimenti e spostamenti  patrimoniali  -  Violazione  del
  diritto al giusto  processo  e  della  parita'  tra  le  parti  del
  giudizio. 
- Decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, art. 2, comma 61,  aggiunto
  dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10. 
- Costituzione, artt. 3, primo comma, 24, primo comma, e  111,  commi
  primo e secondo. 
(GU n.7 del 15-2-2012 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in  primo
grado iscritta al n. 13430/2009 R.G., vertente tra: F.lli Diaferio di
Diaferio Leonardo & C. S.A.S., in persona del  legale  rappresentante
pro-tempore Diaferio Antonio rappresentati e difesi dall'avv.  Angela
Maria Simone, attori, e Banca Carime S.p.a., in  persona  del  legale
rappresentante pro-tempore rappresentata e difesa dall'avv.  Gabriele
Di Comite, convenuta. 
    Il Giudice, 
        a scioglimento della riserva pronunciata  all'udienza  del  5
aprile 2011; 
        esaminati gli atti; 
        vista l'eccezione di illegittimita' costituzionale  dell'art.
2, comma 61, del d.l. 29 dicembre 2010, n. 225,  conv.  in  legge  26
febbraio 2011, n. 10, sollevata dalla difesa della F.lli Diaferio  di
Diaferio Leonardo & C. s.n.c. 
 
                            O s s e r v a 
 
    1. Con atto di citazione il 26 novembre 2009 la F.lli Diaferio di
Diaferio Leonardo & C. s.n.c., in persona del  legale  rappresentante
pro-tempore,  poi  trasformatasi  in  ditta  individuale  Tecnica  di
Diaferio Antonio, ha convenuto in giudizio dinanzi a questo Tribunale
la Banca Carime s.p.a., chiedendo che fosse accertata e dichiarata la
illegittimita', la nullita', l'invalidita' e l'inefficacia, totale  o
parziale, dei contratti  di  conto  corrente  nn.  018.01.00499/73  e
016.04.00016/96, intrattenuti con la predetta Banca (gia'  Caripuglia
s.p.a., gia' Cassa di risparmio di Puglia) e delle  rispettive  linee
di credito, scopertura con affidamento e anticipo crediti su fatture,
con riferimento alle clausole di determinazione ed applicazione degli
interessi ultralegali, di applicazione degli interessi  anatocistici,
alla illegittima applicazione degli interessi in relazione ai  cc.dd.
«giorni  valuta»,  ed  alla  illegittima   applicazione   di   costi,
competenze e remunerazioni non dovuti, nonche' per applicazione di un
tasso di interesse effettivo globale superiore al  c.d.  tasso-soglia
antiusura, e che fosse  accertata  e  dichiarata  la  responsabilita'
precontrattuale e contrattuale della Banca convenuta  per  violazione
degli obblighi di buona  fede  e  correttezza  tanto  nella  fase  di
gestazione del rapporto che nello svolgimento  dello  stesso,  e  per
l'effetto che la Banca predetta fosse condanna al  pagamento  in  suo
favore della somma di 280.859,72, o di tutte quelle somme  risultanti
a credito dell'attrice,  illegittimamente  addebitate  e/o  riscosse,
oltre interessi e rivalutazione monetaria, ed oltre  al  risarcimento
del danno ed alla rifusione delle spese e competenze del giudizio. 
    Instaurato il contraddittorio, si e' costituita  in  giudizio  la
Banca Carime s.p.a., la quale ha eccepito,  in  via  preliminare,  il
difetto di legittimazione attiva della  F.lli  Diaferio  di  Diaferio
Leonardo s.n.c.,  e,  sempre  in  via  preliminare,  la  prescrizione
decennale di ogni eventuale diritto degli attori alla ripetizione  di
somme a far data dalla notifica dell'atto  di  citazione,  o,  quanto
meno dalla chiusura dei c/c., concludendo, in ogni caso, nel  merito,
per il rigetto delle domande proposte, con condanna degli  attori  al
pagamento delle spese processuali. 
    2. Stante l'eccezione  di  prescrizione  sollevata  dalla  difesa
della Banca Carime, sicuramente rilevante si presenta,  nel  caso  di
specie, l'eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma
61, del d.l. 29 dicembre 2010, n. 225, conv.  in  legge  26  febbraio
2011, n. 10, sollevata dalla difesa della F.lli Diaferio di  Diaferio
Leonardo & C.  s.n.c.,  trattandosi  di  disposizione  normativa  che
incide proprio sulla prescrizione del diritto alla ripetizione  delle
somme illegittimamente addebitate su conti correnti bancari. 
    Il  testo  normativo  infatti  cosi'  recita:  «In  ordine   alle
operazioni bancarie regolate in conto corrente l'art. 2935 del codice
civile si interpreta  nel  senso  che  la  prescrizione  relativa  ai
diritti nascenti dall'annotazione in conto  inizia  a  decorrere  dal
giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non  si  fa  luogo  alla
restituzione di importi gia' versati alla data di entrata  in  vigore
della legge di conversione del presente decreto». 
    Trattasi di disposizione, pertanto, che  regolamenta  proprio  la
prescrizione del diritto alla restituzione di somme  illegittimamente
addebitate su  conto  corrente  bancario,  che  quindi  deve  trovare
applicazione nel caso di specie, in cui la Banca  convenuta  ha,  per
l'appunto,  sollevato  eccezione  di  prescrizione,  ed  in  cui   si
controverte di rapporti bancari in corso da oltre dieci anni. 
    Va  rilevato,  inoltre,  che,  tale  disposizione  incide   sulla
determinazione delle somme la cui ripetizione puo' essere oggetto  di
ripetizione, in quanto, secondo tale nuova normativa, la prescrizione
(ordinaria decennale) del diritto alla ripetizione  di  ogni  singolo
addebito illegittimo decorre  dal  giorno  dell'annotamento  di  tale
addebito, anche quando si  tratti  di  addebito  intra-fido,  mentre,
secondo i principi stabiliti da Cass. 2 dicembre 2010, n. 24418, tale
prescrizione decorre: a) nell'ipotesi in cui i  versamenti  in  conto
corrente abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista,
non dalla data di annotazione in  conto  di  ogni  singola  posta  di
interessi illegittimamente addebitati, ma dalla  data  di  estinzione
del saldo di chiusura del  conto,  in  quanto  in  tal  caso  ciascun
versamento non configura un pagamento dal quale  far  decorrere,  ove
ritenuto  indebito,  il  termine  prescrizione   del   diritto   alla
ripetizione; b) qualora, invece, durante lo svolgimento del  rapporto
il correntista  abbia  effettuato  non  solo  prelevamenti  ma  anche
versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere  considerati  alla
stregua di pagamenti, tali da poter formare  oggetto  di  ripetizione
(ove  risultino  indebiti),  in  quanto  abbiano  avuto  lo  scopo  e
l'effetto di uno spostamento  patrimoniale  in  favore  della  banca.
Questo accadra' qualora si tratti di versamenti eseguiti su un  conto
in  passivo  (o,  come  in  simili  situazioni  si  preferisce   dire
«scoperto») cui non accede alcuna apertura di credito  a  favore  del
correntista, o quando i  versamenti  siano  destinati  a  coprire  un
passivo eccedente i limiti dell'accreditamento. 
    Secondo   un'altra   impostazione,   peraltro,   seguita    dalla
giurisprudenza di merito prima di Cass., sez. un., 24418/2010 e prima
dell'entrata in vigore dell'art. 2, comma 61, d.l. n. 225/2010, conv.
in legge n. 10/2001, la prescrizione  del  diritto  alla  ripetizione
dell'indebito in questi casi decorrerebbe in ogni caso dalla chiusura
del conto corrente (cfr., tra le altre,  Trib.  Salerno  8  settembre
2010; Trib. Ascoli Piceno 7 luglio 2010; Trib.  Pescara  23  dicembre
2009; Trib. Latino 20 ottobre 2009; Trib. Arezzo 12 maggio 2009; Trib
Benevento 29 agosto 2008; Trib. Bergamo 29 maggio 2006; Trib. Monza 7
aprile 2006; Trib. Isernia 29 giugno 2005; Trib. Bari 5 maggio  2005;
Trib. Cassino 29 ottobre 2004; App. Lecce 22 ottobre 2001). 
    Minoritaria era invece la tesi secondo la quale  la  prescrizione
decorrerebbe dai singoli addebiti (v. Trib. Genova  4  gennaio  2008;
Trib. Genova 18 gennaio 2006; Trib. Napoli 23  novembre  2003;  Trib.
Torino 30 ottobre 2003). 
    Di qui, pertanto,  la  rilevanza  della  questione  nel  presente
giudizio. 
    3. La questione di legittimita'  costituzionale  della  norma  in
esame, inoltre, appare non manifestamente infondata, per  le  ragioni
che seguono. 
A) Violazione del principio di ragionevolezza;  violazione  dell'art.
3, primo comma, Cost. 
    La giurisprudenza costituzionale ha piu' volte affermato  che  il
legislatore puo' adottare norme che precisino il significato di altre
disposizioni legislative non solo quando sussista una  situazione  di
incertezza  nell'applicazione  del  diritto  o  vi  siano   contrasti
giurisprudenziali, ma anche in  presenza  di  un  indirizzo  omogeneo
della Corte di cassazione,  quando  la  scelta  imposta  dalla  legge
rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario,  con
cio' vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore  (v.,
tra le altre, Corte cost. 12 luglio 1995,  n.  311;  Corte  cost.  22
novembre 2000, n. 525; Corte cost. 23  luglio  2002,  n.  374;  Corte
cost. 7 luglio 2006, n. 274; Corte cost.  26  giugno  2007,  n.  234;
Corte cost. 23 maggio 2008, n. 170; Corte cost. 30 gennaio  2009,  n.
24). 
    Nel   caso   di   specie,    la    norma    impugnata    fornisce
un'interpretazione dell'art.  2935  c.c.  che  era  adottata  da  una
giurisprudenza assolutamente  minoritaria,  posto  che,  come  si  e'
visto, in passato si era ritenuto, in via  assolutamente  prevalente,
che  il  termine  di  prescrizione  per  la  ripetizione   di   somme
illegittimamente addebitate su conto corrente dovesse decorrere dalla
chiusura del conto, mentre, da  ultimo,  a  seguito  dell'arresto  di
Cass., sez.un. , 2 dicembre 2010, n. 24418, si e'  distinto  tra  gli
addebiti operati nei limiti dell'affidamento concesso (per i quali la
prescrizione del diritto alla ripetizione decorre dalla chiusura  del
conto), ed addebiti effettuati quando il conto  non  era  affidato  o
aveva superato i limiti dell'affidamento (per i quali la prescrizione
opera dal momento dell'addebito, qualificato come pagamento). 
    La norma  censurata,  quindi,  impone  una  interpretazione  che,
soprattutto a seguito dell'intervento delle sezioni unite - che aveva
in maniera assolutamente chiara  individuato  il  dies  a  quo  della
prescrizione in materia - non poteva piu' essere considerata  tra  le
possibili varianti interpretative dell'art. 2935 c.c. 
    E' stato in tal modo frustato l'affidamento dei consociati  sulla
decorrenza del termine  di  prescrizione,  e  sulla  possibilita'  di
richiedere la ripetizione dell'indebito dal  momento  della  chiusura
del conto, o, quanto meno, dal momento dell'addebito soltanto per gli
addebiti operati quando il conto non era affidato  o  era  sconfinato
dall'affidamento. 
    La norma in esame, pertanto, si presenta priva del  requisito  di
ragionevolezza, in quanto violativa del principio di  certezza  delle
situazione giuridiche, intervenendo su un sistema normativo nel quale
non  vi  erano  piu'   problemi   interpretativi   in   ordine   alla
determinazione della data di decorrenza  della  prescrizione  per  la
ripetizione  delle  somme  illegittimamente  addebitate   sui   conti
correnti   bancari,   ed   imponendo,   peraltro,    una    soluzione
interpretativa gia' assolutamente minoritaria ed ampiamente  superata
dall'intervento delle sezioni unite. 
    La disposizione in oggetto, peraltro, prevede la decorrenza della
prescrizione a decorrere da un atto (l'«annotazione» da  parte  della
Banca) che, di per se',  non  costituisce  un  «pagamento»  indebito,
perche' gli addebiti in conto corrente effettuati intra-fido, come si
e' visto e come chiarito da  Cass.,  sez.un.  ,  n.  24418/2010,  non
costituiscono  «pagamento»  (trattandosi  di  mero  ripristino  della
provvista). In sostanza, quindi, si fa decorrere la  prescrizione  di
un diritto prima ancora che questo possa essere fatto  valere,  cosi'
introducendosi una norma  assolutamente  incoerente  con  il  sistema
della decorrenza della prescrizione, che e' da sempre formulato sulla
decorrenza dal momento in cui il diritto puo' essere fatto valere. 
    A tal proposito, mette conto evidenziare che una  cosa  sono  gli
atti giuridici da cui sorgono diritti di credito, altro  le  semplici
operazioni contabili di accreditamento ed addebitamento, le quali  si
effettuano secondo la tecnica delle scritture e delle  registrazioni,
per cui  l'operazione  contabile  di  accredito  o  di  addebito  non
corrisponde  alla  costituzione  di  crediti  o  di  debiti,  ma   e'
semplicemente un modo di rappresentare le modificazioni  oggettive  e
quantitative che subisce un unico rapporto obbligatorio nel corso del
suo svolgimento. Ne consegue che durante il corso del rapporto non si
attribuisce a nessuno dei due contraenti la veste di  debitore  o  di
creditore  ma  si  lascia  ciascuna  delle  parti,  fino  a  completa
estinzione del rapporto, nella sua rispettiva  posizione  originaria.
Per tali motivi sia la dottrina che la  giurisprudenza  hanno  sempre
ritenuto che i contratti bancari di credito con  esecuzione  ripetuta
di piu' prestazioni, sono contratti unitari, che danno  luogo  ad  un
unico rapporto giuridico, anche se articolato in  una  pluralita'  di
atti  esecutivi  e  che  la  serie   di   versamenti,   prelievi   ed
accreditamenti  determina  solo  variazioni  quantitative  dell'unico
originario rapporto. Per cui solo con il conto finale si stabiliscono
definitivamente i crediti e i debiti delle parti fra di loro e se  ne
determina l'esigibilita', con conseguente inizio della decorrenza del
termine di prescrizione. 
    Prevedendosi, quindi, la decorrenza della prescrizione quando  il
diritto alla ripetizione dell'indebito non e'  ancora  esigibile,  si
introduce  una  irragionevole  deroga  al  principio  generale  della
decorrenza della prescrizione dal momento  in  cui  il  diritto  puo'
essere fatto valere, ponendosi pertanto la norma  ingiustificatamente
in contrasto con il contesto normativo preesistente, andando peraltro
a collidere con l'art. 3, primo comma, Cost.,  in  quanto  determina,
per i titolari di diritti di credito  nei  confronti  di  Banche  per
ripetizione di somme illegittimamente addebitate su  conto  corrente,
una situazione  -  quanto  alla  decorrenza  del  dies  a  quo  della
prescrizione - ingiustificatamente  differente  rispetto  agli  altri
titolari di diritti di credito per ripetizione di somme indebitamente
corrisposte. 
    Mette conto  inoltre  evidenziare  che  la  giurisprudenza  della
Corte, in passato, era orientata nel senso di ricondurre il principio
di ragionevolezza all'interno  della  previsione  dell'art.  3  della
Costituzione che afferma - come noto - il principio  di  uguaglianza,
di modo che la norma irragionevole era costituzionalmente illegittima
in  quanto  apportatrice  di  irragionevoli   discriminazioni.   Come
conseguenza di siffatta impostazione era  necessario,  per  accertare
l'irragionevolezza della norma, che fosse individuato il c.d. tertium
comparationis. 
    Una volta affrancato  il  principio  di  ragionevolezza  sia  dal
principio   di   uguaglianza,   sia   dalla   ricerca   del   tertium
comparationis, la Corte ne ha  poi  potuto  affermare  la  violazione
anche in assenza di una sostanziale  disparita'  di  trattamento  tra
fattispecie omogenee, allorche'  la  norma  presenti  una  intrinseca
incoerenza, contraddittorieta' od illogicita'  rispetto  al  contesto
normativo preesistente (es. Corte cost. 31 ottobre 2000,  n.  450)  o
rispetto alla complessiva finalita' perseguita dal  legislatore  (es.
Corte cost. 11 ottobre 2000, n. 416). 
    Nel caso di specie, la disposizione di cui all'art. 2, comma  61,
d.l. n. 225/2010, conv. in legge n. 10/2011, si presenta  quindi,  in
ogni  caso,  contraddittoria  rispetto  al  sistema  generale   della
prescrizione, e quindi rispetto al sistema normativo preesistente, il
che costituisce ulteriore sintomo della sua  irragionevolezza,  sotto
il profilo della conformita' a Costituzione. 
B) Violazione dell'art. 24, primo comma, Cost. 
    Facendo decorrere la prescrizione del  diritto  alla  ripetizione
dell'indebito per le somme illegittimamente addebitate dagli istituti
di credito dall'annotazione nelle scritture contabili della banca, si
determina la decorrenza da un atto che e' al  di  fuori  della  sfera
conoscitiva  del  creditore,  il  quale  non  conosce   quando   tale
annotazione e' effettuata. 
    Il creditore, pertanto, non e' in grado di conoscere  il  dies  a
quo della prescrizione, ed in tal modo viene leso nel proprio diritto
di difesa e  di  azione  in  giudizio,  in  quanto  egli  non  potra'
comprendere esattamente il termine entro il quale  potra'  esercitare
il proprio diritto di azione per la restituzione delle somme. 
    Viola l'art. 24 Cost. anche  il  secondo  periodo  del  comma  in
esame, a mente  del  quale  «in  ogni  caso  non  si  fa  luogo  alla
restituzione di importi gia' versati alla data di entrata  in  vigore
della legge di conversione del presente decreto-legge». 
    Tale    previsione    e'    stata    letta,     nell'immediatezza
dell'approvazione della norma,  come  una  clausola  di  salvaguardia
della posizione giuridica dei clienti che abbiano  gia'  ricevuto  il
rimborso, cui la prescrizione non potrebbe piu' essere eccepita. 
    Nondimeno,  la  norma   de   qua,   nella   sua   genericita'   e
approssimazione,  si  presta  anche  ad  un'ulteriore  lettura,  resa
possibile dalla formulazione testuale della stessa. 
    Sembrerebbe, infatti, che, in  applicazione  di  tale  norma,  il
cliente che ha gia' effettuato i versamenti indebiti,  pretesi  dalla
banca, non ne possa richiedere la restituzione. 
    Cosi' facendo, si e' introdotto, in via legislativa,  il  divieto
di ripetizione  in  via  stragiudiziale  e  giudiziale  delle  somme,
indebitamente corrisposte dai clienti del sistema bancario. 
    Trattasi di disposizione assolutamente priva di  giustificazione,
che contrasta, da un lato, con il principio  di  tutelabilita'  delle
situazioni giuridiche soggettive ex art. 24 Cost., e, dall'altro, con
il principio generale della necessaria causalita' degli arricchimenti
e degli spostamenti patrimoniali, per cui si arriverebbe  all'assurdo
della irripetibilita' di tutti gli addebiti illegittimamente  operati
dal sistema bancario  fino  all'entrata  in  vigore  della  legge  26
febbraio 2011, n. 10. 
C) Violazione dell'art. 111, primo e secondo comma, Cost. 
    La norma censurata, ed in  particolare  il  secondo  periodo  del
comma in esame, viola anche l'art. 111, primo e secondo comma, Cost.,
e quindi il diritto ad un «giusto processo», in quanto interviene sui
giudizi in corso paralizzando l'azione di ripetizione dell'indebito. 
    La  norma  in  esame,  inoltre,  determina   una   ingiustificata
disparita' di trattamento  tra  le  parti  del  giudizio,  in  quanto
introduce una normativa di assoluto favore per le banche rispetto  al
cliente, eliminando qualsiasi possibilita' di ripetizione delle somme
indebitamente versate fino  all'entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione,  nonostante  l'esistenza  di  un  ampio  contenzioso  in
materia,  a   causa   della   costante   applicazione   di   clausole
contrattuali, quali quella della capitalizzazione  trimestrale  degli
interessi passivi e della determinazione degli  interessi  attraverso
il  richiamo  alle  condizioni  usualmente  praticate  sulla  piazza,
contenute in  condizioni  generali  di  contratto  e  ritenute  ormai
pacificamente nulle. 
    4. Va quindi dichiarata la rilevanza e non manifesta infondatezza
della questione di legittimita' costituzione  della  disposizione  in
esame, e va inoltre disposta la sospensione del presente giudizio,  e
la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale   per   le
necessarie valutazioni. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 134 e  137  della  Costituzione,  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo  1953,
n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  61,  del  d.l.  29
dicembre 2010, n. 225, conv. in l.  26  febbraio  2011,  n.  10,  per
contrasto con il principio di ragionevolezza e con gli artt. 3, primo
comma, 24, primo comma, e 111, primo e secondo comma, Cost. 
    Ordina che la presente ordinanza, a cura della  cancelleria,  sia
notificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri nonche' comunicata al Presidente del Senato e al  Presidente
della Camera dei  deputati  e  all'esito  sia  trasmessa  alla  Corte
costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la prova  delle
avvenute regolari predette notificazioni e comunicazioni. 
    Sospende il presente giudizio. 
 
      Bari, addi' 16 maggio 2011 
 
                         Il Giudice: Lenoci