N. 80 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 gennaio 2012

Ordinanza del 27 gennaio 2012 emessa dalla Corte d'appello di Taranto
nel procedimento civile promosso da Scanferlin mario e  Veneto  Banca
soc. coop. p.a. (n. q. di incorporante di Cofito spa) contro Consob. 
 
Borsa  -  Intermediazione  finanziaria  -   Abuso   di   informazioni
  privilegiate - Sanzioni amministrative pecuniarie  comminate  dalla
  CONSOB  -  Confisca   obbligatoria   degli   strumenti   finanziari
  movimentati attraverso l'operazione sorretta da abuso informativo o
  del loro equivalente  economico  -  Possibilita',  per  l'autorita'
  amministrativa prima e per il  giudice  investito  dell'opposizione
  poi, di graduare anche tale misura in  rapporto  alla  gravita'  in
  concreto  della  violazione  commessa  -   Mancata   previsione   -
  Irragionevolezza della sanzione in tal modo comminata -  Violazione
  del principio  di  proporzionalita'  della  risposta  sanzionatoria
  rispetto alla concreta gravita' della violazione  -  Riproposizione
  di   questione   gia'   dichiarata   inammissibile   dalla    Corte
  costituzionale [con sentenza n. 186 del 2011]. 
- Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, art. 187-sexies, commi
  1 e 2. 
- Costituzione, artt. 3 e 27. 
(GU n.19 del 9-5-2012 )
				 
                          LA CORTE D'APPELLO 

 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in  grado
d'appello iscritta al n. 195/2010 del ruolo  generale,  promossa  da:
Scanferlin Mario e Veneto Banca soc. coop. p. a., quest'ultima  nella
sua qualita'  di  incorporante  di  Cofito  -  Compagnia  Finanziaria
Torinese s.p.a., con sede in  Montebelluna,  in  persona  del  legale
rappresentante, entrambi elettivamente domiciliati in Torino,  presso
l'avvocato Vittorio Ferreri, che li rappresenta e difende, in  unione
con gli avv. Cesare Zaccone e Giorgio De Nova, in  forza  di  procure
speciali alla lite in calce all'istanza di riassunzione depositata il
12 ottobre 2011; parte attrice in opposizione; 
    Nel contraddittorio di Consob  -  Commissione  Nazionale  per  le
Societa'  e  la  Borsa,  in   persona   del   presidente   e   legale
rappresentante Lamberto Cardia, elettivamente domiciliata in  Torino,
presso l'avvocato R. Paparo, rappresentata e difesa dagli avocati  F.
Biagianti, M.L. Ermetes  e  P.  Palmisano,  che  lo  rappresentano  e
difendono in forza di procura speciale  alla  lite  in  margine  alla
comparsa costitutiva; parte convenuta in opposizione; 
    Con l'intervento del pubblico Ministero in persona del  sostituto
Procuratore generale dott.ssa Mirella Prevete; parte interventuta  in
causa - 
    trattenuta a decisione all'udienza del 27 gennaio 2012. 


				 
                    Ragioni di fatto e di diritto 

 
    § 1. Con deliberazione n. 17.118 in  data  30  dicembre  2009  la
Commissione Nazionale per le Societa' e la Borsa (Consob) irrogava al
sig. Mario Scanferlin  e  alla  Cofito  s.p.a.  determinate  sanzioni
amministrative in relazione ad una ravvisata fattispecie di abuso  di
informazioni  privilegiate,  quale  prevista  dall'art.  187-bis  del
t.u.f. (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58). 
    Detta violazione era ravvisata considerando che: 
        tra il 31 maggio 2005 e il 6 giugno  2005  il  predetto  sig.
Mario Scanferlin, per conto di Cofito s.p.a.,  disponeva  l'acquisto,
di un milione di azioni Mediobanca; 
        in data 9 giugno 2005 egli disponeva l'acquisto di  ulteriori
300.000 azioni di detta societa'; 
        Mario  Scanferlin  era  amministratore  di   Cofito   s.p.a.,
societa' controllante  di  Banca  Intermobiliare  di  Investimenti  e
Gestioni S.p.A.; 
        gli acquisti di titoli  azionari  in  questione  erano  stati
posti  in  essere  poco  prima  che  detta  banca  Intermobiliare  di
Investimenti e  Gestioni  S.p.A.  effettuasse  massicci  acquisti  di
azioni Mediobanca in esecuzione di importanti  ordini  conferiti  dai
signori Danilo Coppola e Luigi Zunino, rispettivamente per  conto  di
Gruppo Coppola s.p.a. e di Domus Fin Luigi Zunino s.n.c.,  operazioni
idonee  ad  influire  sulle  quotazioni  dei  titoli  oggetto   delle
negoziazioni; 
        sin  da  prima  dell'inizio   del   mese   di   giugno   2005
l'informazione relativa al fatto  che  i  signori  Coppola  e  Zunino
stavano per conferire detti importanti ordini di acquisto  di  azioni
Mediobanca costituiva un'informazione privilegiata ai sensi dell'art.
181 comma 1 del decreto t.u.f. 
        gli acquisti di titoli Mediobanca effettuati dal signor Mario
Scanferlin, come innanzi indicati, erano stati effettuati utilizzando
l'informazione privilegiata suddetta; 
        essi erano successivamente oggetto di disinvestimento con  un
profitto realizzato di euro 1.407.505 al netto delle commissioni. 
    Al  signor   Mario   Scanferlin   era   applicata   la   sanzione
amministrativa  pecuniaria  di  € 1.800.000,  oltre   alla   sanzione
amministrativa  accessoria  prevista  dall'articolo  187-quater   del
t.u.f. per la durata di mesi sei. 
    La sanzione amministrativa pecuniaria  era  applicata  al  signor
Mario Scanferlin in via diretta, quale autore  della  violazione,  ai
sensi dell'articolo 187-bis del t.u.f., ed alla Cofito s.p.a.  veniva
ingiunto di pagare il medesimo importo in qualita'  di  obbligato  in
solido ai sensi dell'articolo 6 comma 3 della legge 24/11/89 n. 681. 
    Inoltre analoga sanzione amministrativa, di curo  1.800.000,  era
applicata anche  alla  predetta  Cofito  s.p.a.  ai  sensi  dell'art.
187-quinquies del t.u.f., in  qualita'  di  ente  nell'interesse  del
quale la violazione era stata commessa. 
    Infine la delibera disponeva, ai sensi  dell'articolo  187-sexies
del t.u.f., la confisca di titoli azionari e obbligazionari pari alla
somma del controvalore dei titoli azionari Mediobanca  oggetto  delle
movimentazioni   ritenute   sorrette   da   abuso   di   informazione
privilegiata e del profitto conseguito. 
    La  confisca  era  disposta  facendo  riferimento  al  precedente
provvedimento di sequestro che  era  stato  disposto  da  Consob  con
delibera n. 17.090 del 9 dicembre 2009  ed  era  stato  eseguito  con
verbale della G. di F. in data 15 dicembre 2009. 
    La delibera teste' citata cosi' testualmente disponeva: 
        «E' disposto il  sequestro  di  somme  di  denaro,  strumenti
finanziari o altri beni anche immobili di pertinenza di Cofito s.p.a.
fino alla concorrenza del  valore  del  prodotto  dell'illecito  alla
medesima contestato pari a € 20.723.331». 
    L'importo cosi' determinato rinviene  dalla  somma  dei  seguenti
addendi: euro 19.255.857, pari alla somma impiegata per gli  acquisti
delle  azioni  Mediobanca  effettuati  con  abuso   di   informazione
privilegiata;  euro  1.467.474,  pari   al   differenziale   positivo
conseguito all'atto della rivendita delle medesime azioni,  rivendita
che era avvenuta tra  il  10/06/2005  al  25/07/2005  per  il  prezzo
complessivo di 20.723.331. 
    Il sequestro era  eseguito  presso  la  Banca  Intermobiliare  di
Investimenti e Gestioni S.p.A. con  sede  in  Torino,  su  valori  di
proprieta' di Cofito s.p.a. 
    Erano sottoposti a sequestro,  sul  dossier  titoli  numero  1/12
esistente presso detta banca con  intestazione  a  Cofito  s.p.a.,  i
seguenti valori mobiliari: 
        obbligazioni convertibili BIM 2005 - 29/07/2015,  per  valore
nominale  di  euro  15.001.530  e  controvalore  indicato   di   euro
13.312.333,22; 
        azioni Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni per un
valore nominale di euro 2.454.443 e controvalore determinato in  euro
7.410.945,19. 
    § 2. Avverso tale deliberazione era proposta opposizione  per  la
cui trattazione si teneva udienza dinanzi a questa Corte in  data  17
settembre 2010.  All'esito  la  Corte  provvedeva  con  sentenza  non
definitiva e con separata ordinanza. 
    Con la sentenza non definitiva la Corte respingeva  l'opposizione
limitatamente ai capi nn. 1 e 2 della delibera, vale a dire  ai  capi
concernenti tutte le sanzioni irrogate, con la sola esclusione  della
confisca amministrativa. Disponeva procedersi oltre in relazione alla
impugnazione relativa al capo 3, concernente,  appunto,  la  disposta
confisca. 
    Con  la  separata  ordinanza  la  Corte  riteneva  e   dichiarava
rilevante   e   non   manifestamente   infondata    l'eccezione    di
illegittimita' costituzionale che era stata sollevata dagli opponenti
in relazione all'istituto della confisca amministrativa che veniva in
rilievo. 
    La Corte pronunciava (e leggeva all'esito della pubblica udienza)
l'ordinanza che testualmente si riporta: 
        «[...] Vista la propria sentenza non definitiva,  pronunciata
in data odierna, e provvedendo all'ulteriore  corso  della  causa  in
relazione alla opposizione concernente il capo n. 3  della  delibera,
con  il  quale  e'  disposta  la  confisca  di  titoli   azionari   e
obbligazionari per un controvalore di  euro  € 20.723.331,  ai  sensi
dell'articolo 187-sexies del d.lgs. n. 58/98 (t.u.f.); 
    «osserva: 
        «La Consob ha  disposto  la  confisca  di  cui  sopra  avendo
applicato, nei confronti di Mario Scanferlin e della  COFITO  s.p.a.,
la  sanzione  amministrativa  pecuniaria  di  € 1.800.000   ciascuno,
rispettivamente  per  la  violazione   degli   articoli   187-bis   e
187-quinquies  del   testo   unico,   per   abuso   di   informazione
privilegiata. Tale confisca ha per oggetto il  "il  valore  economico
delle  azioni  costituente  il  prodotto  dell'illecito   contestato,
equivalente alla somma dei valori dei beni utilizzati e del  profitto
conseguito" ed ingloba sia il valore  corrispondente  alla  somma  di
denaro impiegata per acquistare le azioni, pari  a  curo  19.255.857,
sia il profitto realizzato dalla rivendita delle azioni stesse,  pari
a euro 1.467.474. 
    «Le  parti  opponenti  propongono   uno   specifico   motivo   di
opposizione avverso tale capo della  delibera.  Esse  dubitano  della
legittimita' costituzionale della disposizione  di  legge  applicata,
per contrasto con gli articoli 3 e 27 della Carta fondamentale. 
    «La Corte ritiene che la questione cosi' sollevata sia  rilevante
in  quanto,  essendo  ravvisabili  gli   estremi   della   contestata
violazione, come ritenuto con sentenza non definitiva pronunciata  in
data odierna, risulta obbligatoriamente applicabile  la  confisca  in
questione,  non  solo  con  riferimento  al  profitto   dell'illecito
amministrativo, ma anche con  riferimento  al  prodotto  ed  ai  beni
utilizzati per commettere l'illecito stesso. 
    «Il comma secondo dell'articolo 187-sexies, citato,  prevede  che
qualora non sia possibile  eseguire  la  confisca  in  modo  diretto,
questa debba essere obbligatoriamente sostituita  dalla  confisca  di
somme di denaro, beni o altre utilita' di valore equivalente. 
    «Ad avviso della  Corte  non  e'  sostenibile  un'interpretazione
restrittiva,  che  consenta  di  escludere  siffatta  confisca,   con
particolare  riferimento  ai  beni  e  comunque  ai  mezzi  economici
corrispondenti non  gia'  al  profitto  dell'illecito,  ma  anche  al
controvalore dei titoli che sono stati movimentati nell'ambito  della
condotta ritenuta di rilievo. 
    «Nel caso di specie, cio' comporta che per una violazione che  ha
determinato un profitto di € 1.467.474, sia disposta la  confisca  di
titoli e comunque valori mobiliari per euro 20.723.331. 
    «L'eccezione sollevata dalla  difesa  appare  non  manifestamente
infondata, con particolare  riferimento  alla  obbligatorieta'  della
confisca in questione, sotto entrambi i profili dedotti. 
    «Nonostante si tratti di  previsione  a  titolo  di  confisca,  e
quindi istituita nei termini di una misura in senso lato  preventiva,
e' palese che la conseguenza a cui l'ordinamento in tal modo perviene
riveste un carattere sostanzialmente sanzionatorio. 
    «E' affatto palese la sproporzione che il  sistema  in  tal  modo
introduce fra l'entita', pur rilevante, della sanzione amministrativa
edittale e questa ulteriore conseguenza  sanzionatoria,  che  finisce
per  essere  totalmente  disancorata  da  parametri  riferibili  alla
gravita' in concreto della fattispecie  e  non  consente  al  giudice
alcuna graduazione, analoga  a  quella  che  e'  invece  al  medesimo
demandata in relazione alla determinazione in concreto della sanzione
in senso proprio. 
    «Occorre ad avviso  della  Corte  tenere  anche  conto  del  dato
fattuale che evidenzia  come,  nella  particolare  materia,  sia  non
infrequente il caso in  cui  al  conseguimento  di  un  profitto  non
particolarmente ingente faccia da corredo  l'utilizzazione  di  mezzi
economici, in definitiva di valori da  confiscare  obbligatoriamente,
per importi  invece  molto  consistenti  e,  soprattutto,  totalmente
disancorati dal rapporto proporzionale con il profitto stesso. 
    «Tutto cio' induce a  riconoscere  non  manifestamente  infondata
l'eccezione  sollevata,   sia   sotto   il   profilo   della   palese
irragionevolezza della sanzione che  viene  in  tal  modo  comminata,
rilevante ex articolo 3 Cost.,  sia  in  relazione  al  principio  di
proporzionalita'   enucleabile   dall'articolo   27    della    Carta
fondamentale. 
    «Non si ritiene fondata l'obiezione che fa leva  sul  riferimento
specifico   al   sistema   sanzionatorio   penale   di   quest'ultima
disposizione,  giacche'  la  garanzia  costituzionale   sembra   piu'
ampiamente   riferibile   alla   proporzionalita'   della    risposta
sanzionatoria  ordinamentale,  da  intendersi   nella   sua   portata
sostanzialmente punitiva, al di la' dello specifico riferimento  alla
applicabilita' della medesima per il tramite del processo penale. 
    «p.q.m.  la  Corte  dichiara  rilevante  e   non   manifestamente
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'articolo
187-sexies, commi 1 e 2, del  d.lgs.  24  febbraio  1998  n.  58,  in
relazione agli articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui
dispone che l'applicazione delle sanzioni amministrative  pecuniarie,
previste dal medesimo capo del decreto legislativo, importi sempre la
confisca del  prodotto,  del  profitto  e  dei  beni  utilizzati  per
commettere l'illecito  e  che,  ove  la  confisca  non  possa  essere
eseguita direttamente, essa debba avere obbligatoriamente su «denaro,
beni o altre utilita' di valore equivalente». 
    Erano disposti i conseguenti provvedimenti e  in  particolare  la
sospensione del giudizio. 
    § 3. La Corte Costituzionale provvedeva con sentenza  pronunciata
in data 7 giugno 2011, depositata in data 10 giugno 2011. 
    La Corte ha dichiarato inammissibile la questione di legittimita'
sollevata. Osserva in particolare  che  nel  motivare  circa  la  non
manifesta infondatezza della questione, la  Corte  rimettente  sembra
ravvisare la possibile lesione costituzionale nel  sensibile  divario
che, in materia di abusi di mercato, puo' non di rado sussistere  fra
profitto conseguito e i mezzi economici  impiegati  nella  operazione
illecita. La Corte costituzionale osserva che il  giudice  rimettente
addebita il risultato, ritenuto possibilmente lesivo dei principi  di
ragionevolezza e proporzionalita',  precipuamente  al  fatto  che  la
misura sanzionatoria non  consente  al  giudice  alcuna  graduazione,
analoga a quella che gli e' invece demandata circa la  determinazione
della  sanzione  in  senso   proprio.   Cio'   premesso,   la   Corte
costituzionale osserva conclusivamente che l'intervento in  tal  modo
ad Essa richiesto «resta dunque oscuro  sia  quanto  all'oggetto  che
quanto al  contenuto»,  cosi'  proseguendo:  «[...]  sotto  il  primo
profilo non si comprende, cioe', se la declaratoria di illegittimita'
costituzionale debba concernere - secondo il rimettente  -  tutte  le
entita' cui si riferisce la norma denunciata ovvero solo il  prodotto
e i beni strumentali ovvero ancora esclusivamente tali  ultimi  beni.
Sotto il secondo profilo, non emerge, del pari, in  modo  univoco  se
venga richiesta a questa Corte una pronuncia  ablativa,  che  rimuova
puramente e semplicemente la speciale ipotesi di confisca di  cui  si
discute (con l'effetto di riportare la fattispecie nell'ambito  della
disciplina generale della confisca amministrativa di cui all'articolo
20 comma 3 della legge 24 novembre 1981 n. 689, recante modifiche  al
sistema penale); o se si auspichi, invece, una pronuncia a  carattere
additivo manipolativo che attribuisca - all'autorita'  amministrativa
prima e al giudice poi - il potere di  graduare  la  misura  ablativa
contemplata dalla nonna censurata, escludendone in tutto o  in  parte
l'applicazione allorche' essa  appaia,  in  concreto,  sproporzionata
rispetto alla gravita' dell'illecito". 
    § 4. Con ricorso depositato in  data  12/10/2011  il  sig.  Mario
Scanferlin e Veneto Banca soc. coop. p. a.,  quest'ultima  nella  sua
qualita' di incorporante di Cofito - Compagnia  Finanziaria  Torinese
s.p.a., hanno proposto istanza di riassunzione del processo chiedendo
sia fissata una nuova udienza. 
    Preso atto di  quanto  la  Corte  costituzionale  ha  ritenuto  e
deciso, i riassumenti chiedono che la  Corte  rimetta  nuovamente  la
questione al Giudice della leggi formulando nuovamente il quesito che
propone nei seguenti termini: 
        «dichiarare illegittimo l'art.  187-sexies  primo  comma  del
decreto legislativo 58/1998 nella parte in cui  dispone  la  confisca
obbligatoria  dei   beni   utilizzati   per   commettere   l'illecito
amministrativo per contrasto  con  l'articolo  3  Cost.,  per  palese
irragionevolezza   della   sanzione   costituita    dalla    confisca
obbligatoria dei beni strumentali, e per la mancanza di un  qualsiasi
rapporto tra il valore  dei  beni  suscettibili  di  confisca  ed  il
profitto realizzato; e con  l'articolo  27  Cost.,  in  relazione  al
principio di proporzionalita' della sanzione stessa, che viene invece
determinata in modo automatico  e  si  rivela,  pertanto,  totalmente
disancorata dai parametri riferibili alla gravita' in concreto  della
fattispecie e delle valutazioni del giudice». 
    E' stata fissata l'udienza odierna. Il procuratore generale, gia'
intervenuto nella precedente fase, ha depositato  un  nuovo  atto  di
intervento. Parte Consob all'udienza ha concluso  insistendo  per  il
rigetto totale dell'opposizione. 
    § 5. La Corte ritiene che le ragioni  poste  a  fondamento  della
propria precedente ordinanza non siano venute meno ed al riguardo non
puo' che richiamarne la motivazione, con le doverose precisazioni che
seguono. 
    In ossequio a quanto opinato e deciso dal Giudice delle leggi  si
deve precisare il petitum che e'  onere  del  giudice  rimettente  la
questione alla Corte costituzionale di formulare. 
    Come si e' gia' notato nella  precedente  ordinanza,  vengono  in
rilievo sia il comma 1 sia il comma 2  dell'articolo  187-sexies  del
t.u.f. Il primo prevede la - Corte d'Appello  di  Torino  -  sez.  1a
civile - 185/2010 v.g. - pag.  10  di  15  confisca  obbligatoria,  e
quindi senza  alcuna  facolta'  discrezionale  ne'  nell'an  ne'  nel
quantum, "del prodotto  o  del  profitto  dell'illecito  e  dei  beni
utilizzati per commetterlo". Il secondo comma prevede che quando  non
sia possibile eseguire la confisca a norma del primo comma essa "puo'
avere ad oggetto somme di denaro beni  o  altre  utilita'  di  valore
equivalente". Ad avviso della Corte, l'interpretazione del  combinato
disposto dei due commi non consente di ritenere, nel caso  in  cui  i
beni utilizzati per  commettere  la  violazione  siano  rappresentati
dagli strumenti finanziari movimentati nella operazione ed essi, come
di norma  accade,  siano  stati  successivamente  rivenduti,  con  il
realizzo del profitto illecito, che la confisca per  equivalente  sia
semplicemente facoltativa. Il combinato disposto dei  due  commi  non
lascia ragionevolmente  revocare  in  dubbio  l'affermazione  che  la
confisca per equivalente sia obbligatoria qualora si tratti di valori
mobiliari non piu' nella disponibilita' dell'autore della violazione,
giacche'   una   diversa   conclusione,    ancorche'    in    ipotesi
formalisticamente ancorabile all'utilizzo del verbo "puo'"  solo  nel
secondo comma, svuoterebbe di significato  la  chiara  ed  imperativa
previsione della obbligatorieta' di cui al primo comma. 
    Nel caso di abuso di informazioni privilegiate,  non  sembra  poi
neppure revocabile in dubbio l'affermazione che la nozione  di  "beni
utilizzati  per  commettere  la  violazione"  debba   includere   gli
"strumenti finanziari" oggetto delle operazioni illecite di acquisto,
vendita o analoghe, quali previsti dall'articolo  187-bis  comma  uno
lettere a) e c). Ne consegue che  correttamente  e  doverosamente  la
Consob ha provveduto al sequestro di titoli e valori mobiliari  nella
disponibilita' di Cofito per un controvalore equivalente non solo  al
profitto conseguito (differenziale positivo tra il prezzo di  vendita
e precedente prezzo di acquisto delle azioni Mediobanca) ma anche  al
numerarlo  impiegato  all'origine  per   l'acquisto   risultato   poi
illecitamente vantaggioso. Da tale correttezza e doverosita' consegue
anche in modo evidente la rilevanza della questione. Con  altrettanta
doverosita', dal pronunciato rigetto, con la sentenza non definitiva,
dell'opposizione per i capi attinenti agli aspetti piu'  propriamente
sanzionatori e soprattutto in relazione alle questioni attinenti alla
sussistenza della violazione amministrativa, consegue  che  la  Corte
dovrebbe rigettare anche i motivi attinenti alla confisca, anche  con
riferimento   all'intero   controvalore   dei    titoli    Mediobanca
movimentati, al momento del loro acquisto, e non solo al controvalore
del profitto conseguito alla loro rivendita. Cio' significa applicare
la norma della cui legittimita' costituzionale si dubita. 
    Occorre per altro precisare che la questione in tanto appare  non
manifestamente infondata in quanto esclusivamente riferibile non gia'
al profitto  illecito,  ma  ai  beni  utilizzati  per  commettere  la
violazione ovvero, nel caso  di  avvenuta  alienazione,  al  relativo
controvalore. Pare  evidente  che  per  la  parte  che  attiene  alla
confisca del profitto, anche per equivalente, le  perplessita'  circa
una possibile lesione costituzionale non abbiano ragion d'essere. 
    Quanto   pero'   alla   confisca   dei   titoli   movimentati   o
dell'equivalente,  pare  alla  Corte  che  il  pericolo  di   lesione
costituzionale permanga integralmente. 
    Non e' innanzi tutto revocabile  in  dubbio  che  gli  "strumenti
finanziari" che siano movimentati in modo rilevante  ai  sensi  delle
previsioni di cui alle lettere a) e  c)  dell'art.  l  dell'art.  187
t.u.f. non possano sfuggire alla inclusione nella  nozione  di  "beni
utilizzati" per commettere l'abuso, di cui l'art. 187-quater  prevede
la  confisca  obbligatoria  (ed  il  successivo  comma   quella   per
equivalente). 
    Non si puo' che ribadire che data la tipologia della  violazione,
che consiste di norma nell'effettuazione di operazioni su titoli allo
scopo di  conseguire  un  utile  differenziale,  cio'  che  veramente
realizza la lesione del bene interesse che la norma intende  tutelare
non e' la movimentazione del denaro o dei valori mobiliari  (o,  piu'
genericamente,  secondo  la   previsione   dell'art.   187-bis,   gli
"strumenti  finanziari")  in  se'  considerati,  ne',  tantomeno,  la
relativa  proprieta'  o  possesso  in  capo  al  responsabile   della
violazione, ma il conseguimento del differenziale  positivo  e  cioe'
dell'utile  illecito.  E  questo  utile  illecito  di   norma   viene
conseguito mediante l'impiego di valori  economici  molto  superiori,
collegati  bensi'  da  un  vincolo  di  proporzionalita'  (meramente)
aritmetica rispetto all'utile illecito conseguito, ma  non  certo  di
proporzionalita'  in  termini  di   ragionevolezza   della   risposta
sanzionatoria rispetto alla gravita' dell'illecito compiuto. Anzi, di
norma, proprio il rilievo che i profitti  di  borsa  conseguono  alle
variazioni marginali dei valori implicati, induce a considerare  come
regola  che  a  movimentazione  ingente   corrisponda   un   profitto
consistente in una frazione molto piccola di detti valori. 
    Ne' si puo' ragionevolmente sostenere che il valore economico  in
tal modo impiegato e momentaneamente immobilizzato rappresenti di per
se' stesso una valenza negativa in termini di prevenzione generale  o
speciale,   meritevole,   per   la   sua   stessa   esistenza   nella
disponibilita' e nel patrimonio del responsabile della violazione, di
ablazione o di sanzione. 
    Sembra dunque ineludibile la conclusione  che  laddove  la  norma
prevede, giova ribadire, non gia' la confisca  del  profitto,  ma  la
confisca dei valori mobiliari impiegati per  commettere  l'operazione
inquinata dall'abuso informativo, ovvero,  nella  impossibilita'  per
avvenuta alienazione, dell'equivalente, essa finisca  per  avere  una
indubbia  valenza  sanzionatoria,  che  non  solo  si  affianca  alla
sanzione amministrativa vera propria,  ma  non  puo'  essere  neppure
graduata, a differenza  di  quella,  in  rapporto  alla  gravita'  in
concreto dell'illecito commesso. 
    Vengono dunque  in  rilievo  sia  l'art.  3  della  Costituzione,
giacche' la norma impone di applicare la  confisca  senza  consentire
alcuna  verifica  di  proporzionalita'  con   il   disvalore   o   la
pericolosita' della detenzione del bene economico che  viene  ablato,
sia l'art. 27, nella parte in cui esige la ragionevolezza  e  la  non
arbitrarieta' della risposta sanzionatoria rispetto alla gravita'  in
concreto, soggettiva ed oggettiva, della violazione commessa. 
    Alla stregua di questi rilievi, la Corte ravvisa conclusivamente,
- pur fattasi doverosamente ed adesivamente carico  degli  autorevoli
rilievi enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza gia'  nel
caso pronunciata, - la rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza
della  eccezione  di  illegittimita'   costituzionale   dell'articolo
187-sexies commi 1 e 2 del t.u.f. (d.lgs. 24 febbraio  1998  n.  58),
per contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione, nella parte in
cui detti commi dispongono obbligatoriamente, nel caso di  violazione
di cui all'articolo 187-bis del medesimo d.lgs.,  la  confisca  degli
strumenti finanziari movimentati attraverso l'operazione che  risulta
compiuta in violazione della norma, o del loro equivalente economico,
senza consentire all'autorita'  amministrativa  prima  e  al  giudice
investito dell'opposizione poi  di  graduare  anche  tale  misura  in
rapporto alla gravita' in concreto della violazione commessa. 
				 
                                P.Q.M. 

 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'articolo 187-sexies commi 1 e 2  del
t.u.f. (d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58), per contrasto con gli artt. 3
e 27 della Costituzione, nella parte in cui  detti  commi  dispongono
obbligatoriamente, nel caso di violazione di cui all'articolo 187-bis
del  medesimo  d.lgs.,  la  confisca   degli   strumenti   finanziari
movimentati  attraverso  l'operazione   che   risulta   compiuta   in
violazione della norma,  o  del  loro  equivalente  economico,  senza
consentire all'autorita' amministrativa prima e al giudice  investito
dell'opposizione poi di graduare anche tale misura in  rapporto  alla
gravita' in concreto della violazione commessa; 
    Dispone la sospensione del giudizio e ordina che  la  Cancelleria
provveda a trasmettere gli atti alla Corte costituzionale e  provveda
altresi' a notificare la presente ordinanza al  sig.  Presidente  del
Consiglio dei ministri e Comunicarla ai signori Presidenti delle  due
Camere del Parlamento. 
        Torino, addi' 27 gennaio 2012. 


				 
                       Il Presidente: Griffey