N. 81 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 gennaio 2012

Ordinanza dell'11 gennaio 2012 emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Aliverti  Emanuela
ed altri contro Ministero della giustizia, Ministero dell'economia  e
delle finanze e Presidenza del Consiglio dei ministri. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Misure  urgenti  in  materia  di
  stabilizzazione  finanziaria  e  di  competitivita'   economica   -
  Contenimento della spesa in materia di pubblico impiego - Personale
  di  cui  alla  legge  n.  27  del  1981  (magistrati  e   categorie
  equiparate) - Previsione che non siano erogati ne' recuperabili gli
  acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del  triennio
  2010-2012; che per il triennio 2013-2015  l'acconto  spettante  per
  l'anno 2014 sia pari alla misura gia' prevista per l'anno  2010  ed
  il conguaglio per l'anno 2015  venga  determinato  con  riferimento
  agli anni 2009, 2010 e  2014  -  Previsione,  altresi',  per  detto
  personale, che l'indennita' speciale, di cui all'art. 3 della legge
  n. 27 del 1981, spettante per  gli  anni  2011,  2012  e  2013  sia
  ridotta del 15 per cento per l'anno 2012 e del  32  per  cento  per
  l'anno 2013 - Irrazionalita' - Ingiustificato deteriore trattamento
  dei lavoratori dipendenti rispetto a quelli autonomi  -  Violazione
  del  principio  della  retribuzione  proporzionata  ed  adeguata  -
  Violazione dei  principi  di  generalita'  e  progressivita'  della
  tassazione e  di  capacita'  contributiva,  attesa  la  sostanziale
  natura tributaria della prestazione patrimoniale imposta  -  Natura
  regressiva del tributo con riferimento all'indennita' speciale,  in
  quanto incidente in minore misura sui magistrati  con  retribuzione
  complessiva piu' elevata ed in misura maggiore sui  magistrati  con
  retribuzione complessiva  inferiore  -  Lesione  del  principio  di
  proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione - Violazione del
  principio di indipendenza ed autonomia della magistratura. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, art. 9, comma 22,  convertito,
  con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 36, 53, 101 e 104. 
(GU n.19 del 9-5-2012 )
				 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 

 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1027 del  2011,  proposto  da:  Emanuela  Aliverti,
Ambrosino Caterina,  Anghileri  Vittorio,  Anelli  Franca,  Antonelli
Elvira,  Apostoliti  Caterina,  Aniello  Roberto,  Arienti  Marcella,
Ascione Maurizio, Attardo Antonella Caterina, Baldi  Silvia,  Barbara
Giuseppina, Beccarini Crescenzi Giovanna, Bellerio Barbara,  Bellesi'
Anna, Bernardini Angela  Rosaria,  Barnazzani  Paolo,  Bernini  Maria
Grazia, Bertoja Antonella, Bertole' Viale Laura, Bianchi  Alessandro,
Bocelli Giuseppe, Bodero  Maccabeo  Giacomo,  Boiti  Rosella,  Bondi'
Alessandro, Borrelli Andrea Manlio Massimo, Bossi Piera, Brat Silvia,
Brena Maria Teresa, Brusa  Gaetano,  Busacca  Mariarosa,  Buttiglione
Cristiana, Cairati Laura, Calendino  Vinicia,  Calo'  Stefania,  Canu
Caterina,  Cantu'  Rajnoldi  Franco  Alberto  Maria,  Canziani  Maria
Cristina, Cao  Barbara,  Caputo  Ivana,  Carlucci  Stefania,  Cassano
Cicuto Adriana, Castelli Claudio, Cattaneo Anna, Cavalieri  Giovanna,
Cecchetti Carlo, Centonze Federica, Cernuto Giuseppe, Ceron Ambrogio,
Cerqua Luigi Domenico, Chiarentin Arianna,  Chiavassa  Alba,  Cipolla
Sara, Ciriaco Isabella, Clerici Mauro, Clivio Nicola, Colombo Valter,
Conforti  Anna,  Consolandi  Enrico,  Corbetta   Giovanna   Emanuela,
Corbetta Stefano, Corte Antonio, Cosmai Laura Maria,  Costi  Valeria,
Cremona Nicoletta, Crivelli Alberto,  Crivelli  Carlo  Cesare,  Croci
Massimo, Cucuzza Alessandra, Catalano Maria Elena, D'Addabbo Arianna,
D'Ambrosio Carmen,  D'Anela  Cesira,  d'Antona  Silvana,  D'Arcangelo
Fabrizio,  D'Elia  Carmela,  De  Benedetto   Maria   Elisabetta,   De
Cristofaro Orsola Tosca, De  Lucia  Gabriella,  Deodato  Giacomo,  de
Ruggiero Luigi, de Sapia Cesare,  Di  Leo  Antonio,  Di  Oreste  Anna
Maria, Di Plotti Nicola, Domanico Maria Grazia, D'Onofrio Ida,  Dossi
Giulia, Fadda Mariano, Fazio Giuseppe, Federici Maria Grazia, Ferrari
Da Passano Teresa, Ferrari da Grado Letizia, Ferrare) Alfonsa  Maria,
Ferrero Giovanna Maria Elvira, Fiecconi Francesca, Filippi  Rossella,
Filoni Raffaella, Fontana Daniela Anna Amelia, Formica  Lucia  Elena,
Frojo Stefania, Gaglio  Luca,  Galioto  Marianna,  Galli  Alessandra,
Galli Carla,  Gallina  Carmela,  Gallucci  Patrizia,  Gandolfi  Paola
Maria, Gargiulo Luigi, Garrammone Adriana, Gennari Giuseppe,  Gentile
Giovanna, Gentile Ilaria,  Gerli  Anna  Maria,  Ghinetti  Andrea  Pio
Carlo, Giacardi Paolo Maria, Giannelli Cristina, Grassani  Francesca,
Greco Carlotta, Greco Vincenzina Maria,  Grisolia  Filippo,  Guerrero
Nicoletta, Guerriero Pier Angelo, Ichino Giovanna Ada Lucia, Imarisio
Natalia, Interlandi Caterina, Isella Maria Vittoria, Laera Laura,  La
Monica Bianca, Lapertosa Flavio,  Laudisio  Nicola,  Lo  Gatto  Maria
Luisa, Lomazzi Susanna Claudia Rita, Lombardi Erminia Maria,  Macrip-
o' Guido,  Maiga  Marco  Maria,  Malacarne  Maria  Chiara,  Malaspina
Francesco, Mammone  Francesca  Maria,  Mancini  Emanuele,  Manfredini
Enrica  Alessandra,  Manfrin  Gabriella,  Mannella   Maria   Letizia,
Mannucci   Ilio,   Marangoni    Claudio,    Marchegiani    Nicoletta,
Marchiondelli Laura Anna, Marini Ines,  Martini  Cornelia  Gabriella,
Martorelli Raffaele, Matacchioni  Franco,  Mazzeo  Rinaldi  Antonino,
Meyer Elisabetta, Mennuni Maria Gabriella, Merola  Giuliana,  Mesiano
Raimondo, Micciche' Orietta Stefania, Migliaccio Gabriella,  Molinari
Franca,  Mondovi'  Valentina,  Morite  Margherita,  Montoro  Assunta,
Napoleone Fabio, Negri della Torre  Paolo,  Nunnari  Roberta,  Ocello
Maria, Ongania Nicoletta, Orsini Grazia, Ortolan Paola, Padova  Maria
Luisa,  Pagano  Maria  Cristina,  Palma  Isidoro,  Palomba  Annalisa,
Paluchowski Alida, Palvarini Manuela, Parlati Paola, Pastore Rosaria,
Pattumelli Benedetta Chiara Francesca, Pederzoli Loredana, Pellegrino
Andrea, Perinu  Ilaria,  Perozziello  Vincenzo,  Perrotti  Pierluigi,
Perulli  Luisella,  Pirola  Andrea,  Pirro  Balatto  Roberto,  Politi
Massimo, Polizzi Giovanni, Polizzi  Rosa  Luisa  Rita,  Ponti  Luigia
Rosa,  Ponzetta  Francesco,  Poppa  Ilio,  Pozzetti  Maria  Cristina,
Pugliese  Isabella,  Pugliese  Marina   Eleonora   Mariapia,   Radici
Massimiliano, Raineri Carla Romana, Ramondini Elio, Ricciardi  Angelo
Claudio, Ripamonti Maura, Rispoli Maria Gaetana, Riva Crugnola Elena,
Rizzardi Bruna, Rizzi Ada Carla, Roia Fabio, Rollero  Giovanni,  Rose
Giuseppe, Rossato Alessandro, Rossetti  Sergio,  Rossi  Maria  Carla,
Rota Giacomo,  Roveda  Cristiana,  Ruggiero  Massimo,  Ruta  Gaetano,
Salmeri Federico Andrea Maria,  Santolini  Pierdomenico,  Santosuosso
Amedeo, Sardoni Brunella, Saresella  Walter,  Savoia  Luisa  Alfonsa,
Scalise  Angela,  Scarlini  Enrico,  Scarzella   Fabrizio,   Scudieri
Manuela, Sechi Elena, Secchi Ersilio, Serafini  Giancarla,  Simonetti
Amina, Sodano  Maria  Rosaria,  Soprano  Arturo,  Spagnuolo  Vigorita
Lucia, Spera Damiano, Spetti  Anna  Maria,  Spina  Rosario,  Spinnler
Caterina Maria, Stella  Laura  Cesira  Giuseppina,  Storaci  Luciano,
Tacconi Cesare, Tagliamonte  Emanuela,  Tarantola  Giuseppe,  Tavassi
Marina, Tontodonati Lucilla, Tranfa Enrico, Troiani Daniela,  Trovato
Lorella, Turri Giulia, Vanore Giuseppe, Varani Maria Paola,  Valdatta
Maria Beatrice, Vallescura Gianna,  Varanelli  Luigi,  Vasile  Luisa,
Veronelli Edoardo Carlo, Vigorelli Alberto  Massimo,  Visconti  Maria
Elena, Visona' Stefano,  Vitale  Francesca,  Vitiello  Mauro,  Vulpio
Maria, Zamagni Anna Maria Zoia Cinzia Maria  Teresa  rappresentati  e
difesi dagli avv. Vittorio Angiolini, Marco Cuniberti, con  domicilio
eletto presso Vittorio Angiolini in Milano, via Chiossetto, 14; 
    Contro Ministero della Giustizia, Ministero dell'Economia e delle
Finanze, Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentati  e
difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in  Milano,
via Freguglia, 1; 
    Per  l'annullamento  del  diritto  al   trattamento   retributivo
spettante senza tener conto delle decurtazioni di  cui  al  comma  22
dell'art.  9  del  d.l.  31  marzo  2010  n.  78,  come   conv.   con
modificazione in legge 30 luglio 2010 n. 122; nonche'  di  ogni  atto
presupposto, connesso e comunque consequenziale. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di  costituzione  in  giudizio  di  Ministero  della
Giustizia; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  18  ottobre  2011  il
dott. Alberto Di  Mario  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    1. I ricorrenti,  tutti  magistrati  dell'Ordine  giudiziario  in
servizio presso gli uffici giudiziari che rientrano nella  competenza
territoriale del T.A.R. di Milano, con il presente  ricorso  Chiedono
il riconoscimento del proprio diritto alla retribuzione, da calcolare
senza le decurtazioni di cui ai commi 21 e 22 dell'art. 9 del D.L. 31
maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, in  L.  30  luglio
2010, n. 122, nonche' la condanna dell'Amministrazione ai conseguenti
pagamenti, se del caso con ogni accessorio di legge. 
    2. Essi affidano  la  predetta  pretesa  ai  seguenti  motivi  di
diritto: 
        I - "violazione e falsa applicazione del comma 22 dell'art. 9
del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, come convertito nella legge 30  luglio
2010, n. 122, anche in relazione alla L. 19.2.1981, n. 27; violazione
e falsa applicazione degli artt. 3, 23, 36, 53, 97,  101,  102,  104,
107  e  108  della  Costituzione;  irragionevolezza  ed   illogicita'
manifeste; eccesso e sviamento di  potere";  i  ricorrenti  ricordano
che, secondo la giurisprudenza, anche della Corte Costituzionale,  il
trattamento economico  dei  magistrati  corrisponde  alla  «peculiare
ratio di attuare il precetto costituzionale  dell'indipendenza  e  di
evitare che essi  siano  soggetti  a  periodiche  rivendicazioni  nei
confronti di altri poteri» (cfr., sentenze n. 42 del 1993  e  n.  409
del 1995, ordinanza n.  346  del  2008);  le  misure  di  taglio  del
trattamento economico di cui e' causa, incidendo in  riduzione  sulle
retribuzioni  dei  magistrati,  si  appalesano  in  contrasto  con  i
principi di certezza e di continuita' delle retribuzioni spettanti ai
magistrati; 
        II - "violazione e falsa applicazione  del  comma  22,  primo
periodo, dell'art. 9 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78,  come  convertito
nella legge 30 luglio 2010, n. 122, anche - in  relazione  alla legge
19 febbraio 1981 n. 27, sotto altro profilo". Gli  istanti  precisano
che  il  comma  21  dell'art.  9  ha  disciplinato,   ai   fini   del
"contenimento  delle  spese  in  materia  di  pubblico  impiego",   i
"meccanismi  di  adeguamento  retributivo  per   il   personale   non
contrattualizzato per gli anni 2011, 2012 e 2013".  successivo  comma
22, riferendosi piu' distintamente, al "personale di cui  alla  legge
n. 27/1981" (ossia ai magistrati), ha previsto che "non sono erogati,
senza possibilita' di recupero, gli acconti degli anni 2011,  2012  e
2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012; per tale personale, per
il triennio 2013-2015 l'acconto spettante per  l'anno  2014  e'  pari
alla misura gia' prevista per l'anno 2010 e il conguaglio per  l'anno
2015 viene determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e  2014".
Le predette disposizioni, non specificando quali siano i  "conguagli"
e gli "acconti" (termini relativi e non assoluti) appaiono -  secondo
la difesa dei ricorrenti - del tutto generiche  ed  inconcludenti  e,
come tali, inapplicabili. Di conseguenza, i ricorrenti hanno  chiesto
che questo Tribunale  "accerti"  che  la  predetta  disposizione  non
sarebbe in grado di sortire alcun effetto sul  trattamento  economico
dei magistrati, i cui adeguamenti retributivi devono quindi  rimanere
inalterati; 
        III - "illegittimita' costituzionale del  comma  22,  secondo
periodo, dell'art. 9 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78,  come  convertito
nella L.  30  luglio  2010,  n.  122".  Detta  norma  stabilisce  che
"l'indennita' speciale di cui all'articolo 3 della legge 19  febbraio
1981, n. 27, spettante negli anni 2011, 2012 e 2013, e'  ridotta  del
15 per cento per l'anno 2011, del 25 per cento per l'anno 2012 e  del
32 per cento per l'anno 2013". In relazione al  carattere  di  questa
"indennita'  speciale"  -  che  costituisce  una  voce  fissa   della
retribuzione e che presenta carattere ristorativo degli oneri  che  i
magistrati incontrano nello svolgimento della  loro  attivita'  -  il
taglio su  di  essa  operato  sarebbe  contrario  alla  Costituzione,
facendo venir meno quella stretta correlazione  fra  l'indennita'  in
parola e gli specifici e particolari  oneri  connessi  alla  funzione
giurisdizionale,  come  da  sempre  precisato  nella   giurisprudenza
costituzionale ed amministrativa. Ne risulterebbero violati gli artt.
3, 36, 53 e 97 della Costituzione. 
    Con il ricorso e' stata presentata istanza di  sospensione  degli
effetti delle disposizioni contestate. 
    3. Si e' costituita in giudizio l'Avvocatura dello Stato  per  le
Amministrazioni intimate (Presidenza del Consiglio,  Ministeri  della
Giustizia e dell'Economia e delle Finanze), contestando  diffusamente
ed analiticamente la fondatezza del ricorso. 
    In particolare, la difesa erariale ha sottolineano come le  norme
di legge oggetto delle censure avversarie si inseriscano  nell'ambito
di un complesso di  misure  volte  al  contenimento  della  spesa  in
materia di impiego pubblico "in considerazione  della  eccezionalita'
della  situazione  economica  internazionale  e  tenuto  conto  delle
esigenze prioritarie di raggiungimento  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica concordati in sede europea", secondo quanto recita il  comma
2 dell'art. 9 in esame. Nell'ambito di tale finalita', il legislatore
avrebbe  legittimamente  ritenuto   che   anche   il   personale   di
magistratura  dovesse,  al  pari  del  restante  personale   statale,
concorrere al conseguimento  degli  obiettivi  di  finanza  pubblica,
attraverso misure che attengono direttamente al rapporto d'impiego  e
non  all'esercizio  delle  funzioni  giurisdizionali,  rispetto  alle
quali, pertanto, non  si  ravviserebbe  violazione  dei  principi  di
autonomia e indipendenza della magistratura, trattandosi, oltretutto,
di misure gia' adottate in precedenti leggi di risanamento. 
    4. Alla camera di consiglio del 3 maggio 2011, i ricorrenti hanno
rinunciato alla domanda cautelare ed il Collegio ha fissato l'udienza
di merito per il 18 ottobre 2011. 
    5. All'udienza pubblica del 18 ottobre 2011  la  causa  e'  stata
trattenuta in decisione. 
    6a. Cosi' riassunti i punti di  fatto  della  vicenda  sottoposta
all'esame di questo Tribunale, il Collegio ritiene  utile  premettere
una breve ricostruzione del quadro normativo in  cui  si  colloca  il
presente contenzioso. 
    Il trattamento economico dei magistrati ordinari,  amministrativi
e della giustizia militare e' disciplinato dalla legge 2 aprile 1979,
n. 97, che, con effetto dal 1°  gennaio  1979,  lo  ha  rideterminato
nella misura indicata, per ciascuna qualifica, nelle tabelle allegate
ad essa (lo stipendio tabellare, per l'appunto)  e  che  ha  altresi'
precisato che  a  tale  misura  vanno  aggiunte  le  sole  indennita'
integrativa  speciale  e  giudiziaria,  quest'ultima,  a  sua  volta,
disciplinata dall'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27. 
    In particolare, gli artt. 11 e 12 della legge n. 97 del 1979, nel
testo novellato dall'art. 2  della  citata  legge  n.  27  del  1981,
prevedono che:  -  gli  stipendi  dei  magistrati  sono  adeguati  di
diritto, ogni triennio, nella  misura  percentuale  pari  alla  media
degli  incrementi  delle  voci  retributive,   esclusa   l'indennita'
integrativa  speciale,  ottenuti  dagli  altri  pubblici   dipendenti
(appartenenti alle amministrazioni  statali,  alle  aziende  autonome
dello Stato, universita', regioni, provincie e  comuni,  ospedali  ed
enti di previdenza); 
        la percentuale spettante e' calcolata dall'Istituto  centrale
di statistica rapportando  il  complesso  del  trattamento  economico
medio  per  unita'  corrisposto  nell'ultimo  anno  del  triennio  di
riferimento al  trattamento  economico  medio  dell'ultimo  anno  del
triennio precedente, ed ha effetto dal 1° gennaio successivo a quello
di (4,kr ri ferimento; 
        gli stipendi al 1° gennaio del secondo e del  terzo  anno  di
ogni triennio sono aumentati, a titolo di  acconto,  sull'adeguamento
triennale, per ciascun anno e con riferimento sempre  allo  stipendio
in vigore al 1° gennaio del primo anno, per una percentuale  pari  al
30  per  cento  della  variazione  percentuale  verificatasi  fra  le
retribuzioni dei dipendenti pubblici nel triennio  precedente,  salvo
conguaglio a decorrere dal 1° gennaio del triennio successivo; 
        la  percentuale  dell'adeguamento  triennale  e'  determinata
entro il 30 aprile del primo anno di ogni triennio  con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro di
grazia e giustizia e con quello del tesoro; a tal fine, entro il mese
di marzo, l'ISTAT comunica la variazione percentuale di cui sopra. 
    6b. La successiva legge 6 agosto 1984,  n.  425,  all'art.  3  ha
stabilito che dal 1° luglio  1983  la  progressione  economica  degli
stipendi dei magistrati si sviluppa in otto classi biennali  del  6%,
da determinarsi sullo  stipendio  iniziale  di  qualifica  o  livello
retributivo, nonche', allo scadere del dodicesimo anno, in successivi
aumenti biennali  del  2,50%,  da  calcolare  sull'ultima  classe  di
stipendio. 
    L'art. 51 del d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, di  profonda  riforma
della disciplina dell'accesso in magistratura, nonche' in materia  di
progressione economica  e  di  funzioni  dei  magistrati,  nel  testo
sostituito dall'art. 2  della  legge  30  luglio  2007,  n.  111,  ha
confermato   integralmente   il   complesso   e   risalente   sistema
determinativo del trattamento stipendiale dei magistrati,  precisando
espressamente che "continuano ad applicarsi tutte le disposizioni  in
materia di progressione stipendiale dei  magistrati  ordinari  e,  in
particolare, la legge 6 agosto 1984, n. 425, l'articolo 50, comma  4,
della  legge  23  dicembre  2000,  n.  388,  l'adeguamento  economico
triennale di cui all'articolo  24,  commi  1  e  4,  della  legge  23
dicembre 1998, n. 448, della legge 2 aprile  1979,  n.  97,  e  della
legge 19 febbraio 1981, n. 27, e la progressione per classi e scatti,
alle scadenze temporali ivi descritte e con decorrenza economica  dal
primo giorno del mese in cui si raggiunge l'anzianita' prevista". 
    Infine, il comma 12 dell'art. 11 dello stesso d.lgs. n.  160  del
2006 ha stabilito che una valutazione negativa della professionalita'
- alla  quale  sono  sottoposti  con  cadenza  quadriennale  tutti  i
magistrati ordinari, a decorrere dalla  data  di  nomina  e  fino  al
superamento della settima valutazione di professionalita' -  comporta
"la perdita del diritto all'aumento periodico  di  stipendio  per  un
biennio". 
    La caratteristica  fondamentale  del  trattamento  economico  dei
magistrati  e'  quindi  l'esistenza  di  un  sistema  automatico   di
collegamento dell'andamento delle loro retribuzioni  con  quelle  del
pubblico  impiego,  che  permette  di  adeguare   l'andamento   delle
retribuzioni  a  quello  generale   delle   retribuzioni   pubbliche,
limitandolo solo alla media degli  aumenti  e  con  effetto  solo  di
adeguamento alle variazioni gia' intervenute. 
    Questo sistema ha quindi il carattere dell'automaticita' e  della
fonte legale, al fine, ripetutamente  rilevato  dalla  giurisprudenza
costituzionale   ed   amministrativa,   "di   attuare   il   precetto
costituzionale dell'indipendenza e di evitare che essi (i magistrati,
n.d.r.) siano soggetti a periodiche rivendicazioni nei  confronti  di
altri poteri", nonche' quello di "assicurare la completa autonomia ed
indipendenza dei giudici dall'Esecutivo" (cfr., Corte Costituzionale,
27 luglio 1995, n. 409; id., 10 febbraio 1993, n.  42;  C.d.S.,  sez.
IV, 20.12006, n. 1472). 
    L'effetto di adeguamento delle retribuzioni della magistratura  a
quelle del pubblico impiego, che questo sistema produce, attua poi  i
principi   costituzionali   dell'uguaglianza   (art.   3   Cost.)   e
dell'adeguatezza retributiva (art. 36 Cost.). 
    Secondo una parte della giurisprudenza la  tutela  costituzionale
del trattamento economico dei  magistrati,  a  differenza  di  quella
degli altri dipendenti pubblici, si estende anche alla  misura  della
retribuzione, in quanto  garanzia  dell'indipendenza  dei  magistrati
(art. 104 Cost.). 
    Tale aspetto risulta  rafforzato  dalla  "Raccomandazione  CM/Rec
(2010) 12 sui giudici: indipendenza,  efficacia  e  responsabilita'",
atto di soft-law adottato a Strasburgo dal Comitato dei  Ministri  il
17 novembre 2010  al  fine  di  originare  linee  attuative  il  piu'
possibile omogenee dell'art. 6 della C.E.D.U., la quale specifica, al
punto 54, che la loro retribuzione debba essere "commisurata al  loro
ruolo professionale ed alle loro responsabilita'", ed  in  ogni  caso
tale da "renderli immuni da qualsiasi pressione volta ad  influenzare
le loro decisioni". 
    In merito  occorre  rilevare  che  non  si  vuole  confondere  il
problema  del  «benessere»  della  magistratura  con   quello   della
«indipendenza», in quanto quest'ultima e' una virtu' morale  che  non
deriva dalla condizione economica;  neppure  si  vuole  affermare  la
necessaria superiorita' del trattamento economico della  magistratura
rispetto  ad  ogni  altra  categoria  di  dipendenti   dello   Stato;
principio, del resto, inaccettabile, perche' si basa  sulla  retorica
di' un primato della funzione  giurisdizionale  rispetto  agli  altri
poteri dello Stato, mentre  non  si  puo'  dimostrare,  in  linea  di
ragione, che al magistrato, rispetto ad altre categorie  di  pubblici
dipendenti, occorra piu' squisita o rara cultura, o che  su  di  esso
gravi, comparativamente, la soma di piu'  rischiose  responsabilita',
mentre sarebbe oltraggioso supporre che una  maggiore  labilita'  di'
coscienza renda indispensabile  prevenire,  con  un  piu'  favorevole
trattamento  economico,  la  trasformazione  della  magistratura   in
accolita di corrotti e di concussionari. 
    Tuttavia  la  presenza  di  meccanismi   che   garantiscano   una
sostanziale equiparazione degli sforzi richiesti alla magistratura ed
alle altre categorie di lavoratori  pubblici  nei  momenti  di  crisi
economica dello Stato resta fondamentale  al  fine  di  garantire  un
sereno esercizio della  funzione  giurisdizionale  e  quindi  la  sua
indipendenza. 
    7. Venendo ora agli effetti  della  manovra  in  questione  sulle
retribuzioni dei magistrati ordinari ricorrenti occorre rilevare  che
l'art. 9 comma 22 ha previsto: 
        a) il blocco degli acconti per gli anni 2011, 2012 e  2013  e
dei conguagli per il triennio 2010-2012  (comma  22,  primo  periodo,
dell'art. 9); 
        b) un "tetto" per l'acconto per l'anno  2014  (che  non  puo'
superare quello dell'anno 2010)  ed  un  "tetto"  per  il  conguaglio
dell'anno 2015, che sara' determinato con riferimento agli anni 2009,
2010 e 2014, escludendo pertanto il  triennio  2011-2013  (comma  22,
primo periodo, dell'art. 9); 
        c) la riduzione - annualmente progressiva (pari al 15, al  25
e  al  32  per  cento),  nel  triennio   2011-2013,   dell'indennita'
giudiziaria di cui all'art. 3 della L. 19.2.1981, n.  27  (comma  22,
secondo  periodo,  dell'art.  9);  d)  sono  stati  salvaguardati   i
meccanismi di "progressione automatica dello stipendio" per gli  anni
2011-2013, ossia le classi e gli scatti di carriera (comma 22, quarto
periodo, che richiama ad excludendum il secondo e  il  terzo  periodo
del comma 21 dell'art. 9), cosi' come  gli  effetti  economici  delle
progressioni di carriera. 
    Con queste norme  il  legislatore  ha  introdotto  un  regime  di
eccezione  che,  senza  modificare  o  abrogare  il   meccanismo   di
adeguamento delle retribuzioni dei magistrati,  introduce  un  blocco
del sistema di adeguamento, che puo' trovare una giustificazione solo
nella necessita'  di  adeguare  le  retribuzioni  dei  magistrati  al
deterioramento della situazione  economica  nazionale  in  modo  piu'
veloce rispetto alla riduzione che si avrebbe in  via  riflessa  come
conseguenza  del  blocco  delle  retribuzioni  del  pubblico  impiego
(interventi analoghi sono previsti anche dalla normativa comunitaria:
v. CGE, Terza Sezione, 24 novembre 2010 in causa C-40/10) . 
    8. Gli effetti di questa manovra, vista nel suo complesso,  sugli
stipendi dei magistrati ricorrenti sono rappresentati nella Relazione
della Ragioneria Generale dello Stato,  depositata  in  giudizio  dai
ricorrenti. 
    Dalla tabella  1  della  Relazione  risulta  chiaramente  che  si
verifica una situazione di sostanziale riduzione  della  retribuzione
del  personale  di  magistratura,  in  particolare  della  parte  del
personale che non usufruisce di avanzamenti di carriera  nel  periodo
considerato (in tal senso v. TAR Trentino Alto Adige, sez. di Trento,
ordinanza 14 dicembre 2011 n. 307, punto 11 della motivazione). 
    9.  Per  quanto  riguarda  la   legittimita'   degli   interventi
legislativi che incidono sul  trattamento  economico  dei  magistrati
occorre rifarsi  alla  giurisprudenza  costituzionale  formatasi  sui
precedenti  interventi  limitativi  del  meccanismo  di   adeguamento
economico  giustificati  da  momenti  assai  delicati  per  la   vita
economico-finanziaria del Paese, caratterizzati dalla  necessita'  di
recuperare  l'equilibrio  di  bilancio  (v.   Corte   costituzionale,
ordinanza 14 luglio 1999 n. 299). 
    In tali pronunce la Corte ha affermato che norme di  tale  natura
possono ritenersi non lesive del principio di cui  all'art.  3  della
Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarieta' sia  al
principio  di  uguaglianza  sostanziale,  sia  a  quello  della   non
irragionevolezza),  a  condizione  che  i  suddetti  sacrifici  siano
eccezionali, transeunti,  non  arbitrari  e  consentanei  allo  scopo
prefisso. 
    Occorre quindi verificare se l'intervento in parola  risponda  ai
requisiti che gli  interventi  derogatori  devono  avere  secondo  la
giurisprudenza della Corte costituzionale. 
    Tale  esame  richiede  in  primo  luogo  un  confronto   con   il
trattamento riservato alla dirigenza pubblica privatizzata a  parita'
di condizioni economiche e sociali, al  fine  di  verificare  la  non
arbitrarieta' dell'intervento nei  confronti  dei  magistrati,  sotto
forma di irrazionale riparto dei sacrifici fra categorie  diverse  di
cittadini. 
    9a. A  tal  fine  occorre  analizzare  il  trattamento  riservato
dall'art. 9 del D.L. 78/2010 in modo specifico ai dipendenti pubblici
privatizzati, il quale prevede che: 
        a) il limite massimo del  trattamento  economico  complessivo
dei dipendenti, anche di qualifica dirigenziale non puo' superare  il
trattamento "ordinariamente" spettante, per  l'anno  2010,  al  netto
degli  effetti  derivanti  da  eventi  straordinari  della   dinamica
retributiva,  ivi  incluse  le  variazioni  dipendenti  da  eventuali
arretrati e dal conseguimento di funzioni  diverse  in  corso  d'anno
(art. 9 comma 1); 
        b) le progressioni di carriera sono bloccate (art. 9 commi 21
terzo e quarto periodo). 
    Ne risulta un regime non tanto di blocco  stipendiale  quanto  di
raffreddamento della dinamica retributiva, in quanto le eccezioni  al
blocco sono particolarmente rilevanti e non inusuali, quali qualsiasi
mutamento organizzativo che riguardi non solo la  struttura  nel  suo
complesso ma anche il singolo dipendente (il  c.d.  conseguimento  di
funzioni  diverse  in  corso  d'anno),  il  pagamento  di  arretrati,
l'attribuzione di emolumenti che abbiano carattere straordinario. 
    Sebbene  le  componenti  variabili  del  trattamento  accessorio,
escluse dai limiti del comma 1 per il  loro  carattere  non  fisso  e
continuativo, abbiano il loro vincolo di incremento nella  disciplina
del comma 2-bis del medesimo articolo, che va ad incidere  sui  fondi
unici di amministrazione (Corte Conti, Sezioni Riunite di Controllo, 
deliberazione 2 novembre 2011 n. 56), restano le rilevanti  eccezioni
del conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno e del pagamento
di arretrati. 
    9.b  Venendo  a  confrontare  il   trattamento   riservato   alla
magistratura, visto nel suo complesso e  per  gli  effetti  che  esso
produce, rispetto a quello del pubblico impiego privatizzato risulta,
a giudizio del Collegio, che i pur legittimi sacrifici  richiesti  ai
primi non  rispondono  ai  canoni  individuati  dalla  giurisprudenza
costituzionale (v. Corte costituzionale, sentenza 18 luglio  1997  n.
245; ordinanza 14 luglio 1999 n. 299) in quanto mentre  il  personale
di magistratura  e'  soggetto  ad  una  riduzione  complessiva  delle
retribuzioni, l'impiego  pubblico  privatizzato  e'  soggetto  ad  un
blocco "temperato" delle dinamiche retributive. Questo trattamento si
palesa  arbitrario  per  l'irrazionale  riparto  dei  sacrifici   tra
categorie  diverse  di  cittadini  e  la  conseguente  disparita'  di
trattamento  tra   la   magistratura   ed   i   lavoratori   pubblici
privatizzati. 
    In questo modo, inoltre, il legislatore intacca il meccanismo  di
adeguamento retributivo ex post alla media degli aumenti del pubblico
impiego,  portando  al  disallineamento   delle   retribuzioni,   con
conseguente violazione  anche  dell'indipendenza  della  magistratura
sotto il profilo economico (art. 104 della Costituzione). 
    Questo  risultato  e  quindi  l'arbitrarieta'  della  scelta  del
legislatore risulta confermata dal riconoscimento al pubblico impiego
privatizzato degli  arretrati  del  trattamento  economico  maturato,
mentre  ai  magistrati  ricorrenti  e'  precluso  il  pagamento   del
conguaglio della variazione triennale relativa agli anni 2009 -  2011
gia' maturato in base al D.P.C.M. 23 giugno 2009. 
    Gli effetti della manovra sono  poi  ulteriormente  ampliati  dal
comma 22, primo periodo, dell'art. 9 del D.L. 78/2010 nella parte  in
cui esclude qualsiasi possibilita' di successivo recupero  attraverso
l'imposizione di un "tetto" per l'acconto per l'anno  2014  (che  non
puo'  superare  quello  dell'anno  2010)  e  di  un  "tetto"  per  il
conguaglio dell'anno 2015, (che  sara'  determinato  con  riferimento
agli  anni  2009,  2010  e  2014,  escludendo  pertanto  il  triennio
2011-2013),  che  non  sono  previsti   per   il   pubblico   impiego
contrattualizzato. 
    Cosi'  facendo  la  norma  impedisce  di  adeguare  le   suddette
retribuzioni al recupero del potere d'acquisto delle retribuzioni del
pubblico impiego privatizzato che  si  verifichera'  con  la  ripresa
della contrattazione collettiva in quanto la  normativa  non  esclude
per quest'ultimo personale la possibilita' di recupero. 
    9c. Il collegio ritiene quindi che le norme in questione  possano
ritenersi lesive del principio di cui all'art. 3  della  Costituzione
(sotto il duplice aspetto della non contrarieta' sia al principio  di
uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza), 36
e 104 della Costituzione in quanto  i  suddetti  sacrifici  non  sono
transeunti e comportano una disparita' di trattamento  con  le  altre
categorie dell'impiego pubblico privatizzato. 
    10. Venendo ora all'esame degli  interventi  sulle  singole  voci
della retribuzione dei ricorrenti, occorre rilevare che la previsione
dell'art. 9 comma 22, del D.L. 31 maggio 2010 , n. 78 convertito, con
modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122, secondo la quale "Per
il predetto personale l'indennita' speciale  di  cui  all'articolo  3
della legge 19 febbraio 1981, n. 27, spettante negli anni 2011,  2012
e 2013, e' ridotta del 15 per cento per l'anno 2011, del 25 per cento
per l'anno 2012 e del 32 - per cento per l'anno 2013" ad  avviso  del
Collegio contrasta con gli articoli 53, 36 della Costituzione. 
    10a. In  merito  occorre  rilevare  che  la  norma  in  esame  ha
istituito un tributo, di cui presenta le caratteristiche  essenziali,
"e cioe' la doverosita' della prestazione e il collegamento di questa
ad  una  pubblica  spesa,   con   riferimento   ad   un   presupposto
economicamente rilevante" (Corte costituzionale 19  ottobre  2006  n.
334; nonche' sentenze n. 26 del 1982, 63 del 1990, 2 ed 11 del  1995,
37 del 1997). 
    10b.  La  denunciata  violazione  del  principio   di   capacita'
contributiva con riferimento al  prelievo  di  parte  dell'indennita'
giudiziaria non pare al Collegio manifestamente infondata  in  quanto
tale indennita' non e' espressiva di alcuna "capacita' contributiva",
trattandosi di un'indennita' "espressamente correlata ai  particolari
oneri che  i  magistrati  incontrano  nello  svolgimento  della  loro
attivita'" (cfr., sentenza n. 238 del 1990, cit.), con la conseguenza
che la norma in  esame  in  definitiva  colpisce  non  un  indice  di
ricchezza statica o dinamica (patrimonio o reddito)  ma  un  rimborso
compensativo di spese strumentali all'attivita' svolta. 
    10c. In secondo  luogo  il  suddetto  intervento  sull'indennita'
giudiziaria viola il  principio  di  progressivita'  dell'imposta  in
quanto da' vita ad un tributo  sostanzialmente  regressivo,  poiche',
incidendo  in  modo  uniforme  sulle  indennita'  dei  magistrati  ed
essendo, come e' noto, l'indennita' integrativa speciale ex art. 3 1.
n. 27 del 1981 corrisposta  in  misura  uguale  ad  ogni  magistrato,
indipendentemente dall'anzianita' di servizio,  finisce  per  colpire
(in violazione del canone di cui al comma 2 dell' 53 Cost.) in misura
minore i magistrati con retribuzione complessiva piu' elevata  ed  in
misura maggiore i magistrati con retribuzione complessiva inferiore. 
    10d. In terzo luogo  l'incisione  dell'indennita'  giudiziaria  a
fronte del mantenimento inalterato degli obblighi ai  quali  essa  e'
espressamente correlata, ed in particolare all' impegno senza precisi
limiti temporali svolto dal magistrato,  al  quale  si  collega  tale
indennita', secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  Costituzionale
(cfr. sentenza  8  maggio  1990,  n.  238),  comporta  una  possibile
violazione del principio di adeguatezza retributiva sancito dall'art.
36 della Costituzione, che  non  appare  al  Collegio  manifestamente
infondata. 
    11. Venendo ora al blocco dell'indennita' giudiziaria mediante la
previsione di un "tetto" per l'acconto per l'anno 2014 (che non  puo'
superare quello dell'anno 2010)  ed  un  "tetto"  per  il  conguaglio
dell'anno 2015, che sara' determinato con riferimento agli anni 2009,
2010 e 2014, escludendo pertanto il  triennio  2011-2013  (comma  22,
primo periodo, dell'art. 9), occorre  rilevare  che  mediante  questa
disposizione i meccanismi di  adeguamento  retributivo  riprendono  a
decorrere come se il tempo non fosse decorso, cosi'  determinando  un
effetto irreversibile (tranne che  agli  effetti  previdenziali)  che
accompagna i singoli magistrati fino alla pensione. 
    In merito occorre rilevare che se, nell'ottica di  un  intervento
ispirato ad una logica dichiaratamente emergenziale, con il quale  si
impone un sacrificio delimitato nel tempo e finalizzato  a  contenere
la spesa pubblica in una situazione di crisi, e' legittimo imporre ai
dipendenti pubblici un sacrificio consistente nel rinunciare  per  un
certo  tempo   all'applicazione   del   meccanismo   dell'adeguamento
retributivo, e'  irrazionale  che,  decorso  il  periodo  di  blocco,
coincidente  con  quello  di  emergenza,  si  impedisca  al  suddetto
personale di rinunciare all'adeguamento delle retribuzioni. 
    In  questo  modo  infatti  si   superano   i   limiti   temporali
dell'intervento emergenziale stabilito dal legislatore  nel  triennio
2011-2013, con violazione degli artt. 3 e 36 della  Costituzione  (v.
Corte costituzionale, sentenza 18 luglio 1997 n.  245;  ordinanza  14
luglio 1999 n. 299). 
    Sotto ulteriore profilo la previsione di effetti  permanenti  del
blocco   dell'adeguamento    retributivo    trasforma    l'intervento
eccezionale in una vera e propria deroga al meccanismo medesimo,  che
viola l'art. 36 della Costituzione. 
    Infatti il sistema di adeguamento, espressamente  definito  dalla
giurisprudenza "ragionevole e non arbitrario" (C.d.S.,  sez.  TV,  20
marzo 2006, n. 1472), e' un criterio  di  determinazione  stipendiale
indiretto e  per  relationem,  con  riferimento  all'andamento  delle
politiche retributive degli altri settori del  pubblico  impiego,  di
cui il meccanismo  dell'adeguamento  non  rappresenta,  tuttavia,  la
pedissequa trasposizione automatica ma solo un indice  rilevatore  di
variazioni sistemiche gia' intervenute e di cui si deve  tener  conto
per assicurare che anche lo stipendio erogato ai magistrati  risponda
ai principi fissati nell'art. 36 della Costituzione. 
    20.  Le  suesposte  considerazioni  fondano,  in  definitiva,  il
giudizio di rilevanza, ai fini della compiuta  decisione  nel  merito
della controversia, e di non manifesta infondatezza  della  questione
di illegittimita' costituzionale dei commi 21, primo  periodo,  e  22
del D.L. 31  maggio  2010,  n.  78,  convertito,  con  modificazioni,
in legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui, per il personale
di cui alla legge n. 27 del 1981, hanno stabilito che: 
        non si applicano i meccanismi di adeguamento retributivo  per
gli anni 2011, 2012 e 2013 e non danno comunque luogo a  possibilita'
di recupero negli anni successivi; 
        non  siano  erogati,  senza  possibilita'  di  recupero,  gli
acconti per gli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del  triennio
2010-2012; 
        per il triennio 2013-2015 l'acconto spettante per l'anno 2014
sia pari alla misura gia' prevista per l'anno 2010  e  il  conguaglio
per l'anno 2015 sia determinato con riferimento agli anni 2009,  2010
e 2014; 
        la c.d. indennita' giudiziaria  spettante  negli  anni  2011,
2012 e 2013, sia ridotta progressivamente del 15 per cento per l'anno
2011, del 25 per cento per l'anno 2012 e del 32 per cento per  l'anno
2013; 
        il tutto, per contrasto con gli articoli 3, 36, 53, 97,  101,
104 della Costituzione, nei termini  e  per  le  ragioni  esposti  in
motivazione. 
    Si rimette pertanto la sua definizione alla Corte costituzionale,
con sospensione del presente giudizio e con trasmissione degli atti a
codesta Corte costituzionale. 
    Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e  in  ordine  alle
spese del giudizio resta riservata alla decisione definitiva. 
				 
                               P.Q.M. 

 
    a) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni
di legittimita' costituzionale dell'art. 9 comma 22 del d.l. 31 marzo
2010 n. 78, convertito con modificazioni nella legge 30 luglio  2010,
n. 122 nei termini e per  le  ragioni  esposti  in  motivazione,  per
contrasto con gli articoli 2, 3, 36, 53, 101, 104 della Costituzione; 
    b) sospende il giudizio in corso; 
    c) ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura  della
Segreteria del Tribunale amministrativo, a tutte le parti in causa ed
al Presidente del Consiglio dei Ministri  e  che  sia  comunicata  al
Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della  Camera
dei deputati; 
    d) dispone la  trasmissione  degli  atti,  a  cura  della  stessa
Segreteria alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Milano nella camera di consiglio  del  giorno  18
ottobre 2011. 


				 
                         Il presidente: Leo 

 

				 
                                                L'estensore: Di Mario