N. 82 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 gennaio 2012

Ordinanza del 17 gennaio 2012 emessa dal Tribunale di Alessandria nel
procedimento penale a carico di Borasi Luciano. 
 
Reati e pene - Reati contro il patrimonio mediante frode  -  Casi  di
  non  punibilita'  per  fatti  commessi  in  danno  di  congiunti  -
  Esclusione della operativita' della causa di non punibilita' per il
  delitto di usura di cui all'art. 644 cod. pen. - Mancata previsione
  - Violazione  del  principio  di  ragionevolezza,  a  fronte  della
  disparita' di trattamento rispetto a fattispecie analoghe. 
- Codice penale, art. 649, comma terzo. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.20 del 16-5-2012 )
				 
                             IL TRIBUNALE 

 
    Nel procedimento relativo al riesame di  misure  cautelari  reali
promosso da Borasi Luciano, nato a Tortona il 23 maggio 1940,  difeso
di fiducia dagli avvocati S. Giugni del foro di Milano e E. Merli del
foro di Tortona, indagato per il reato di cui all'art. 644 c.p. 
    Premesso: 
        che  l'indagato  ha  impugnato  il   decreto   di   sequestro
preventivo emesso ex art. 321, comma 3-ter c.p.p. dal  Pm  presso  il
Tribunale di Tortona in data 14 dicembre 2011 e convalidato  dal  Gip
con decreto del 20 dicembre  2011  e  il  decreto  di  convalida  del
sequestro probatorio eseguito dalla P.G. il 14 dicembre  2011  emesso
in data 15 dicembre 2011; 
        che il sequestro preventivo ha  ad  oggetto  quattro  assegni
bancari tratti da Bottazzi Stefano presso l'Istituto  Banca  Generale
agenzia di Alessandria in  favore  di  Borasi  Luciano,  dell'importo
complessivo di euro 613.300,00; 
        che il sequestro probatorio ha ad oggetto altre  tre  assegni
tratti da Bottazzi Stefano in favore  di  Borasi  Luciano  presso  la
Cariparma agenzia  di  Sale,  dell'importo  rispettivamente  di  euro
100.000,00; euro 2.500,00 ed euro 30.000,00; 
        che tutti i  titoli  in  sequestro  scadono  nel  periodo  14
dicembre 2011 - 30 dicembre 2011; 
        che  la  difesa  ha  chiesto  la  revoca  dei   provvedimenti
impugnati e la restituzione dei titoli invocando l'applicabilita',  a
suo favore, della causa di non punibilita' di cui all'art. 649  c.p.,
deducendo che Borasi Luciano e' legato  alla  persona  offesa  da  un
rapporto di affinita' di primo grado; 
        che il  Collegio  dubita  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 649 c.p. perche' 
        contrastante con l'art. 3 Cost. per  i  motivi  che  verranno
detti. 
    Ai fini della rilevanza della questione, ritiene il Collegio  che
il reato di usura, ipotizzato dal  Pubblico  ministero  a  carico  di
Borasi Luciano, sia  astrattamente  configurabile  e  che  sussistono
tutti gli altri presupposti di legittimita'  richiesti  ai  fini  del
mantenimento del vincolo. 
    Dagli atti trasmessi dal Pubblico ministero ed in particolar modo
dalla denuncia presentata da Bottazzi Stefano  in  data  24  novembre
2011 e successivamente integrata nel verbale di s.i.t. rese in data 5
dicembre 2011, emerge, infatti, che la persona offesa ha ricevuto  in
prestito da Borasi Luciano nel periodo 28 marzo 2008  -  24  novembre
2011, la somma di euro 660.000,00,  corrispostagli  in  sei  tranche,
pattuendo e versando interessi mensili e trimestrali per importi  che
andavano dai 2.500,00 euro ai 13.300,00 euro,  per  complessivi  euro
393.000,00. Le dichiarazioni della persona offesa  trovano  un  primo
riscontro nei titoli allegati alla denuncia  da  cui  si  evince  una
elevata movimentazione di denaro e la chiara  finalita'  di  garanzia
dei titoli a sue mani (si tratta,  infatti,  di  assegni  tratti  dal
Bottazzi a favore del Borasi e che  la  persona  offesa  non  avrebbe
motivo  di  detenere  se  non  perche'  restituitigli  dallo   stesso
beneficiario). Le circostanze riferite da  Bottazzi  Stefano  trovano
poi un ulteriore riscontro nelle dichiarazioni di Daglio Giuseppina e
Pernigotti Pinuccia,  impiegate  che  si  occupavano  di  formare  la
provvista per il pagamento degli interessi, che  avveniva  sempre  in
contanti, nonche' nelle dichiarazioni rese dagli impiegati  di  banca
(Roncoli Elisa, Gualco Daniela, Bagnasco Elisabetta) che provvedevano
ad annullare gli assegni emessi  a  garanzia  che  venivano  via  via
restituiti dal Borasi al Bottazzi man mano che gli interessi venivano
pagati.  Il  prospetto  contabile  elaborato  dalla  persona   offesa
comprova la manifesta sproporzione fra capitale erogato ed  interessi
pattuiti. 
    Sussistono  inoltre,  a  parere  del  Collegio  tutti  gli  altri
requisiti di legittimita' dei sequestri oggetto  di  impugnazione  ai
fini della conferma dei provvedimenti sub  iudice  (relativamente  al
sequestro preventivo i titoli sono riferibili al  rapporto  usurario,
scadenti poco  dopo  l'esecuzione  dei  sequestri  e  la  cui  libera
disponibilita' in capo al Borasi avrebbe aggravato le conseguenze del
reato,  posto  che  l'indagato  aveva  gia'  cominciato  a   metterli
all'incasso. Relativamente al  sequestro  probatorio  i  titoli,  che
costituiscono il profitto del reato, sono stati rinvenuti indosso  al
Borasi nel corso  della  perquisizione  eseguita  in  esecuzione  del
sequestro preventivo ed  il  vincolo  e'  necessario  al  fine  della
ulteriore prova dei rapporti economici fra le parti). 
    La difesa ha,  tuttavia,  invocato  l'applicazione  dell'esimente
speciale di cui all'art. 649, comma 1, n.  2)  c.p.  che  esclude  la
punibilita' dei reati previsti nel  titolo  XIII  del  libro  II  del
codice penale, fra cui vi e' reato di usura, commessi fra  affini  in
linea retta. 
    E' documentalmente provato, che Borasi Luciano e' padre di Borasi
Simona, ex coniuge  di  Bottazzi  Stefano,  e  quindi  suocero  della
persona offesa. 
    Il Gip nei provvedimenti di convalida dei  sequestri  ha  escluso
l'applicabilita' della causa  di  non  punibilita'  argomentando  sul
fatto che Borasi Simona e  Bottazzi  Stefano  sono  divorziati  (cfr.
sentenza di divorzio in atti), e  ritenendo  di  conseguenza  che  lo
scioglimento del matrimonio abbia fatto venire meno anche il  vincolo
di affinita' che di quello status era conseguenza. 
    Il  Collegio  non   ritiene   di   condividere   la   conclusione
interpretativa cui e' pervenuto il Gip poiche' la  stessa  non  tiene
conto del dato normativo in forza del quale il vincolo  di  affinita'
permane anche in  caso  di  cessazione  del  matrimonio  da  cui  era
originato. Nell'ordinamento civile,  infatti,  l'art.  78  cpv.  c.c.
prevede che l'affinita' non cessa neanche con la morte del coniuge da
cui deriva e individua, quale unica causa di cessazione del  rapporto
di affinita', la dichiarazione di nullita' del vincolo coniugale. Gli
artt. 87 e 434 c.c. confermano poi, che il rapporto di  affinita'  di
primo grado permane anche in caso di cessazione degli effetti  civili
del matrimonio prevedendo espressamente che il divorzio non fa venire
meno il divieto di'  contrarre  nozze  fra  affini  e  l'obbligazione
alimentare. 
    Nell'ordinamento penale l'art. 307 u.c.  c.p.,  nel  definire  la
categoria dei prossimi congiunti, vi  ricomprende  espressamente  gli
affini nello stesso grado, escludendo la rilevanza  del  vincolo  nel
solo caso di morte, senza prole, del coniuge. 
    Alla luce del dato normativo  sopra  richiamato  deve,  pertanto,
ritenersi che la declaratoria di cessazione degli effetti civili  del
matrimonio non faccia  venire  meno  il  vincolo  di  affinita',  con
conseguente applicabilita', anche al caso di specie, della  causa  di
non punibilita' di cui all'art. 649 c.p. 
    Ritiene, tuttavia, il Collegio, chiamato ad applicare  l'esimente
speciale, ed il cui riconoscimento determinerebbe la non  punibilita'
in concreto dell'indagato con conseguente necessita' di  restituirgli
i titoli in sequestro, che l'art.  649  c.p.  sia  costituzionalmente
illegittimo, perche' contrastante con l'art. 3 Cost., nella parte  in
cui non annovera fra le fattispecie escluse dalla operativita'  della
causa di non punibilita', il delitto di usura  di  cui  all'art.  644
c.p. 
    La ratio dell'istituto di cui all'art. 649 c.p., che  esclude  la
punibilita' dei reati contro il patrimonio commessi nei confronti dei
congiunti o ne prevede una procedibilita' a  querela,  risiede  nella
necessita' di evitare di turbare  le  relazioni  familiari  anche  in
considerazione  del  fatto  che  nell'ambito  dello   stesso   nucleo
familiare vi e' comunque una comunanza di interessi economici. 
    L'ultimo comma dell'art. 649 c.p. esclude, tuttavia,  dall'ambito
di operativita' della causa di non punibilita': i  «delitti  previsti
dagli articoli 628, 629 e 630 c.p. ed ogni altro  delitto  contro  il
patrimonio che sia commesso con violenza alle persone». 
    La  ratio  della  esclusione  di  questa   tipologia   di   reati
dall'ambito di applicazione dell'istituto e' da ravvisarsi nel  fatto
che si tratta di  fattispecie  plurioffensive  che  offendono  cioe',
oltre al patrimonio, altri beni costituzionalmente protetti,  la  cui
lesione  viene   considerata   prevalente   sull'interesse   tutelato
dall'art. 649 c.p. In particolar  modo  la  rapina  tutela,  infatti,
oltre al patrimonio,  la  sicurezza  e  la  liberta'  della  persona;
l'estorsione, salvaguarda anche la liberta' di  determinazione  della
vittima; il sequestro di persona tutela la liberta' personale. 
    Anche il reato di usura, cosi' come  modificato  dalla  legge  n.
108/06, e' una fattispecie plurioffensiva  perche'  tutela  oltre  al
patrimonio, la liberta' morale del  soggetto  passivo  e  l'interesse
pubblico alla correttezza dei rapporti economici, beni questi  ultimi
che trovano riconoscimento negli artt. 2 e 41 Cost. 
    In particolar modo la liberta' morale che viene in considerazione
nel reato di usura e' anche quella  che  si  esplica  nella  autonoma
determinazione al contenuto del contratto. Tale  interesse  trova  un
suo riconoscimento oltre che nell'art. 2 Cost.  anche  nell'art.  41,
comma 2 Cost. che nel fissare i limiti  all'esercizio  dell'autonomia
privata,  che  si  esprime  attraverso  la  conclusione   di   negozi
giuridici, statuisce espressamente che la stessa non  puo'  svolgersi
in contrasto con l'utilita' sociale o in modo da  recare  danno  alla
sicurezza, liberta' e dignita' umana. Nella stessa norma trova,  poi,
tutela l'interesse pubblicistico al regolare esercizio del credito in
forza dell'utilita' sociale ad esso connesso. 
    La mancata inclusione del delitto di cui all'art.  644  c.p.  nel
novero delle fattispecie escluse dalla applicazione  della  causa  di
non punibilita' si appalesa, pertanto, irragionevole, perche'  l'art.
649 c.p.  tratta  in  modo  diverso  reati  che  sottendono,  invece,
situazioni uguali ed in forza delle quali si giustifica l'eccezione. 
    Non possono trarsi, del resto, elementi di contrario avviso dalla
circostanza che la causa di non punibilita' appare essere applicabile
prima facie alle fattispecie di cui  agli  artt.  648-bis  e  648-ter
c.p., e cioe' a reati che sono volti alla salvaguardia di interessi a
rilevanza pubblica quali  quelli  dell'ordine  pubblico,  dell'ordine
economico oltre che del patrimonio individuale. La stessa Corte  oggi
adita,  con   la   sentenza   n.   302   del   2000,   nell'escludere
l'illegittimita' dell'art. 649 c.p. nella parte in cui non  comprende
fra i reati non punibili, ove commessi in danno dei congiunti, quelli
previsti dall'art. 12, decreto-legge n. 143/1991 (convertito in legge
n.  197/1991:  indebito  utilizzo  di  carta  di  credito)  ha   gia'
implicitamente ritenuto la non  applicabilita'  della  causa  di  non
punibilita' ai reati di riciclaggio e reimpiego, argomentando proprio
sulla  plurioffensivita'  degli  stessi  e  sulla   tutela   meta   -
individuale che offrono. 
    Non si puo' del resto  pervenire  ad  escludere  l'applicabilita'
della causa di non punibilita' di cui all'art. 649 c.p. all'usura, in
via meramente interpretativa. La formulazione letterale  della  norma
con particolare riferimento all'incipit:  «non  e'  punibile  chi  ha
commesso alcuno dei fatti previsti da questo titolo,  in  danno  ...»
non lascia alcun margine di dubbio circa l'estensione della stessa  a
tutte le fattispecie comprese  nel  titolo  XIII  del  libro  secondo
(delitti contro il patrimonio), ad eccezione di quelle  espressamente
escluse. 
				 
                                P.Q.M. 

 
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953; 
    Solleva la questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
649, comma 3, c.p. in riferimento all'art. 3 Cost. nei termini di cui
in narrativa. 
    Dispone la sospensione del procedimento nei confronti  di  Borasi
Luciano  e  la  immediata  trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina la notificazione, a cura della cancelleria, della presente
ordinanza  al  Presidente  del  Consiglio  e  la   comunicazione   ai
Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
        Cosi' deciso in Alessandria il 4 gennaio 2012 


				 
                         Il Presidente: Mela 

 

				 
                                                L'Estensore: Catalano