N. 85 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 dicembre 2011

Ordinanza del 13 dicembre 2011 del Tribunale amministrativo regionale
del Lazio sul ricorso proposto da Rina Services spa contro Presidenza
del Consiglio dei ministri ed altri. 
 
Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi  a  lavori,
  servizi e forniture in  attuazione  delle  Direttive  2004/17/CE  e
  2004/18/CE - Previsione dell'esclusivita' dell'oggetto delle SOA  -
  Conseguente  divieto  per  un   medesimo   soggetto   di   svolgere
  contemporaneamente attivita' di certificazione e di SOA e,  per  un
  organismo di certificazione, di avere partecipazioni  azionarie  in
  SOA - Irragionevolezza  -  Violazione  del  principio  di  liberta'
  economica privata. 
- Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, art. 40, comma 3. 
- Costituzione, artt. 3 e 41. 
(GU n.20 del 16-5-2012 )
				 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 

 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1468 del 2011, proposto da: 
        Rina  Services  Spa,  rappresentata  e  difesa  dagli  avv.ti
Giuseppe M. Giacomini, Roberto Damonte e Maria  Alessandra  Sandulli,
con domicilio eletto presso lo  studio  dell'ultima  in  Roma,  Corso
Vittorio Emanuele II, 349 
    Contro Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consiglio di Stato,
Consiglio  Superiore  dei  Lavori  Pubblici,  Conferenza   Unificata,
Autorita' per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori,  servizi
e  forniture,  Ministero  delle  Infrastrutture  e   dei   Trasporti,
Ministero per le Politiche Europee, Ministero dell'Ambiente  e  della
Tutela del Territorio e del Mare, Ministero per i Beni  Culturali  ed
Ambientali, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero  dello
Sviluppo Economico, Ministero degli Affari  Esteri,  rappresentati  e
difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge in
Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    Per l'annullamento del decreto del Presidente della Repubblica  5
ottobre 2010, n. 207, pubblicato in G.U. n. 288 del 10 dicembre  2010
- Suppl. Ord. n. 270 - in vigore  dal  9  giugno  2011  -  avente  ad
oggetto  Regolamento  di  esecuzione  ed   attuazione   del   decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163,  recante  "Codice  dei  contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in  attuazione  delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE" nella parte  in  cui  all'art.  66
(Partecipazioni azionarie) ha incluso tra i soggetti che non  possono
possedere, a qualsiasi titolo,  direttamente  o  indirettamente,  una
partecipazione  al  capitale  di  una  SOA,  anche  quelli  "di   cui
all'articolo 3, comma  1,  lettere...ff)"  ossia  gli  "organismi  di
certificazione: gli organismi di diritto  privato  che  rilasciano  i
certificati del sistema di qualita' conformi alle norme europee serie
UNI EN ISO 9000"; 
    in via subordinata, all'art. 357,  co.  21,  (Norme  transitorie)
prevede che "In relazione all'articolo 66, comma  1,  le  SOA,  entro
centottanta giorni dall'entrata in vigore del  presente  regolamento,
adeguano  la   propria   composizione   azionaria   al   divieto   di
partecipazione per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera
ff), dandone comunicazione all'Autorita'"; 
    nonche' nella parte in cui all'art. 64 (Requisiti generali  e  di
indipendenza delle SOA) prescrive (comma 1) che "la sede legale  deve
essere nel territorio della Repubblica" e (comma 3) che  "Lo  statuto
deve prevedere come oggetto esclusivo lo  svolgimento  dell'attivita'
di  attestazione  secondo  le  norme  del  presente   titolo   e   di
effettuazione  dei  connessi  controlli  tecnici  sull'organizzazione
aziendale e sulla produzione delle imprese  di  costruzione,  nonche'
sulla loro capacita' operativa ed economico-finanziaria"; 
    nonche' per l'annullamento di  ogni  atto,  anche  istruttorio  o
consultivo, preordinato o presupposto, conseguente o connesso  e  per
l'accertamento  e  la   condanna   delle   amministrazioni   intimate
all'integrale  risarcimento  dei  danni  patiti  e   patiendi   dalla
ricorrente. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura Generale
dello Stato; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  26  ottobre  2011  il
dott. Roberto Caponigro  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: 
        1. La RINA SERVICES Spa espone di essere un ente  accreditato
alla certificazione di qualita' UNI CEI EN 45000  tacente  parte  del
Gruppo RINA, che svolge attivita' di certificazione, progettazione  e
validazione attraverso le proprie controllate aventi sede in tutto il
mondo. 
    Soggiunge che la SOA  Rina  Spa  e'  una  societa'  organismo  di
attestazione, con sede in Genova, avente come  oggetto  esclusivo  lo
svolgimento dell'attivita' di attestazione  e  di  effettuazione  dei
controlli tecnici sull'organizzazione aziendale  e  sulla  produzione
delle imprese di costruzione nonche' sulla loro  capacita'  operativa
ed economico-finanziaria, ai fini della qualificazione ex art.  8  1.
109/1994 (ora art. 40 d.lgs. 163/2006). 
    Fa presente che SOA Rina e' partecipata al 99%  da  RINA  Spa  ed
all'1% da essa ricorrente. 
    L'art. 66 del  d.P.R.  207/2010,  regolamento  di  esecuzione  ed
attuazione  del  d.lgs.   163/2006,   ha   esteso   il   divieto   di
partecipazione al capitale di una  SOA  anche  ai  "soggetti  di  cui
all'articolo 3, comma 1, lettere b) e ff)...", ossia gli organismi di
certificazione. 
    L'art. 357, co. 21, del  predetto  decreto  detta  la  disciplina
transitoria prevedendo un termine di  180  giorni  per  l'adeguamento
della composizione azionaria. 
    L'art. 64 dello  stesso  regolamento,  inoltre,  impone  che  gli
organismi di attestazione debbano obbligatoriamente avere sede legale
nel territorio della Repubblica, circostanza che impedirebbe alla SOA
di cui la ricorrente detiene  una  quota  azionaria  di  allocare  la
propria sede in altro Stato dell'Unione Europea. 
    Il ricorso e' articolato nei seguenti motivi: 
        Quanto al divieto di partecipazione al capitale SOA. 
        Violazione e falsa  applicazione  dell'art.  17,  co.  1,  1.
400/1988 e s.m.i. in relazione all'art. 5, co. 3, d.lgs.  163/2006  e
s.m.i. ed all'art. 41 cost. 
        Difetto assoluto dei presupposti. 
    Lo schema di regolamento approvato dal Consiglio dei Ministri  il
13  luglio  2007  non  prevedeva  alcun  divieto  di   partecipazione
azionaria al capitale di una SOA per gli organismi di certificazione. 
    Il  parere  espresso  dalla  Sezione  Consultiva  per  gli   Atti
Normativi del Consiglio di Stato nell'adunanza del 17 settembre  2007
non  aveva  ritenuto  di  introdurre  alcun  divieto  per  gli   enti
certificatori di detenzione di quote sociali di SOA. 
    Nel  regolamento  successivamente  approvato  dal  Consiglio  dei
Ministri, in data 21 dicembre 2007, il divieto di  partecipazione  al
capitale  di  una  SOA  e'  stato  esteso  anche  agli  organismi  di
certificazione, sicche' la rilevanza  giuridica  ed  economica  della
modificazione apportata rispetto alla schema vagliato  dal  Consiglio
di Stato ne rivelerebbe la sua illegittimita' che  si  riverbererebbe
sul testo del regolamento approvato con dPR 207/2010, atteso  che  il
parere reso dal Consiglio di Stato sul nuovo  schema  di  regolamento
rinvierebbe ampiamente al precedente parere di cui  costituirebbe  il
naturale completamento. 
    La circostanza che  il  nuovo  parere  non  si  sia  direttamente
espresso  sul  divieto  contestato  con  il  ricorso,  implicitamente
rinviando al parere precedente, comporterebbe  che  il  Consiglio  di
Stato non ha mai verificato la legittimita' di tale disposizione. 
    Violazione e falsa applicazione dell'art. 40, co. 3 e  4,  d.lgs.
163/2006 e s.m.i. per eccesso  di  delega.  Violazione  dell'art.  41
cost. e del pertinente principio di riserva  di  legge  e  di  libera
iniziativa economica. Violazione dell'art. 76 cost. e  del  principio
dell'esercizio della funzione legislativa. 
    Sull'inesistenza della  presupposta  necessaria  fonte  di  rango
legislativo. 
    La disposizione regolamentare si porrebbe in contrasto con l'art.
41 cost. secondo cui la liberta'  di  iniziativa  economica  potrebbe
accettare limiti solo se espressi da una fonte di  rango  legislativo
e, in ogni caso, se proporzionati. 
    Il codice dei  contratti  non  prevederebbe  ne'  in  termini  di
principio generale ne' sottoforma di disposizione ad hoc  un  divieto
precostituito  per  gli  organismi  di  certificazione  di  possedere
partecipazioni al capitale sociale delle SOA. 
    Sul  divieto  di  interpretazione  estensiva  o   analogica   del
principio di cui all'art. 41 Cost. 
    Ogni norma che limiti la liberta' di iniziativa economica privata
deve essere interpretata restrittivamente. 
    Sulla violazione dell'art. 76 cost.  relativamente  al  principio
dell'esercizio della funzione legislativa. 
    L'art. 66, co. 1, d.P.R. 207/2010 avrebbe  introdotto un  divieto
assolutamente nuovo rispetto al sistema legislativo previgente ed  in
contrasto con i principi e con l'impianto in materia di SOA delineato
dal codice degli appalti, per cui esorbiterebbe dai criteri direttivi
imposti dal codice  al  fine  di  circoscrivere  la  discrezionalita'
attribuita al Governo dal legislatore. 
    Eccesso  di  potere  ed  autonomia  esistente  tra  attivita'  di
attestazione e di certificazione. 
    L'introduzione del divieto per gli organismi di certificazione di
detenere quote sociali di SOA non soltanto non  sarebbe  previsto  da
alcuna fonte normativa sovraordinata di rango  primario,  ma  sarebbe
altresi' manifestamente illogica e contraddittoria in  ragione  della
ontologica  diversita'  ed  autonomia  esistente  tra  attivita'   di
attestazione  e  di  certificazione,  le  quali   avrebbero   effetti
eterogenei. 
    SOA ed ente di certificazione effettuerebbero i propri  controlli
su elementi distinti ed in modo  totalmente  diverso  e  la  verifica
effettuata  dalla  SOA  sulla  certificazione  del  sistema  qualita'
sarebbe totalmente vincolata; la  SOA,  infatti,  non  avrebbe  altro
compito  che  quello  di  acquisire  il  certificato  di  qualita'  e
verificarne i requisiti  di  validita'  formale,  senza  entrare  nel
merito del documento. 
    La giurisprudenza comunitaria, in via generale, avrebbe affermato
il principio secondo cui le  situazioni  di  controllo  tra  societa'
diverse  andrebbero   verificate   in   concreto,   con   conseguente
illegittimita' di tutte quelle forme precostituite di  divieto  poste
esclusivamente in ragione di un qualche  reciproco  collegamento  tra
soggetti distinti. 
    La ratio della disciplina comunitaria in materia di attivita'  di
certificazione sarebbe rappresentata dalla  necessita'  di  garantire
l'indipendenza e l'imparzialita'  delle  SOA  e  degli  organismi  di
certificazione, sicche' la facolta' conferita agli  Stati  membri  di
attribuire a determinati soggetti l'attivita' di  certificazione  non
potrebbe tuttavia risolversi  in  una  violazione  del  principio  di
proporzionalita'. 
    Il divieto per un ente di certificazione di  detenere  una  quota
minoritaria del capitale sociale di una SOA costituirebbe un  divieto
eccessivamente rigoroso ed ingiustificato rispetto all'obiettivo  che
il legislatore intenderebbe conseguire, vale  a  dire  l'autonomia  e
l'indipendenza di giudizio. 
    La verifica dell'imparzialita' andrebbe effettuata principalmente
con riferimento all'impresa da certificare/attestare. 
    Ove dovesse ritenersi  che  la  normativa  legislativa  nazionale
fornisca  il  presupposto  del   divieto   introdotto   dalla   norma
regolamentare, sarebbe necessario un rinvio pregiudiziale alla  Corte
di Giustizia onde verificare se con essa possa essere compatibile una
disposizione di legge recante il divieto  generalizzato  di  detenere
quote azionarie di organismi di attestazione. 
    Violazione e falsa applicazione della  normativa  comunitaria  in
materia di liberta' di  stabilimento  e  di  libera  prestazione  dei
servizi (artt. 43 e 49 del Trattato, oggi artt. 49 e 56 TFUE, nonche'
della direttiva servizi 2006/123/CE)  con  specifico  riferimento  ai
canoni di necessita' e proporzionalita'. 
    La disposizione  impugnata  sarebbe  contrastante  con  ulteriori
principi di matrice comunitaria in tema di liberta' di stabilimento e
di libera prestazione dei servizi e,  comunque,  con  i  principi  di
necessita' e proporzionalita'. 
    Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 117,  co.  1,
cost. Violazione dei principi di uguaglianza, parita' di trattamento,
ragionevolezza, proporzionalita',  affidamento  e  libera  iniziativa
economica.  Violazione   dell'art.   76   cost.   e   del   principio
dell'esercizio della funzione legislativa. 
    La disposizione regolamentare  comporterebbe  una  disparita'  di
trattamento, concretizzandosi nell'impossibilita' per un organismo di
certificazione, che offre le piu' ampie garanzie di imparzialita'  ed
indipendenza di giudizio, di partecipare al capitale sociale  di  una
SOA, divieto non previsto invece per altre categorie di soggetti  che
possono liberamente possedere societa' di attestazione,  soggette  al
solo vincolo dell'indipendenza ex art. 65, co. 4. 
    La disposizione regolamentare, come gia' evidenziato, si porrebbe
in  contrasto  con  l'art.  41  cost.  secondo  cui  la  liberta'  di
iniziativa  economica  privata  potrebbe  accettare  limiti  solo  se
espressi da una fonte di  rango  legislativo  e,  in  ogni  caso,  se
proporzionati. 
    Quanto alla disciplina transitoria. 
    In subordine: eccesso di potere per manifesta irragionevolezza ed
illogicita'.  Violazione  del  principio  di  imparzialita'  e   buon
andamento dell'azione amministrativa. 
    La disciplina transitoria prevista dall'art. 357, co. 11,  d.P.R.
207/2010 per l'adeguamento della  composizione  azionaria  delle  SOA
sarebbe  comunque  illegittima   per   l'incongruita'   del   termine
semestrale in relazione  alle  specifiche  attivita'  necessarie  per
permettere a coloro che detengono quote di proprieta' SOA di cederle. 
    Quanto all'obbligo di ubicazione della sede legale delle SOA  nel
territorio della Repubblica. 
    Violazione e falsa applicazione dell'art. 40, co. 3 e  4,  d.lgs.
163/2006 e s.m.i. per eccesso  di  delega.  Violazione  dell'art.  41
cost. e del pertinente principio  di  riserva  di  legge,  di  libera
iniziativa economica, di liberta' di stabilimento e  di  liberta'  di
prestazione di servizi. Manifesta illogicita' ed irragionevolezza. 
    Il codice dei  contratti  non  prevederebbe  ne'  in  termini  di
principio  generale  ne'  sottoforma  di  disposizione  ad   hoc   un
precostituito obbligo per gli organismi di certificazione di avere la
sede legale necessariamente sul territorio della Repubblica. 
    L'obbligo della  "sede  italiana",  inoltre,  sarebbe  del  tutto
ingiustificata, gravosa ed in contrasto con  i  preminenti  interessi
della  tutela  della  concorrenza,  protetta  sia  dalla   disciplina
comunitaria che  da  quella  interna  per  mezzo  di  previsioni  che
favoriscono la libera iniziativa economica e l'ingresso  nel  mercato
di quanti piu' operatori possibile. 
    Violazione  e  falsa  applicazione  della  direttiva  2006/123/CE
(ovvero, del d.lgs. 59/2010) con specifico riferimento  al  principio
di non discriminazione. 
    L'obbligo della sede  legale  sul  territorio  della  Repubblica,
inoltre, integrerebbe un'ipotesi di requisito discriminatorio ai fini
dell'applicazione dei principi di diritto di  stabilimento  e  libera
prestazione dei servizi. 
    Quanto al divieto di svolgere attivita' di attestazione  per  gli
enti di certificazione. 
    Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 Cost. 
    Ogni ostacolo alla  liberta'  di  iniziativa  economica  potrebbe
accettare limiti solo se espressi da una fonte di  rango  legislativo
e, in ogni caso, proporzionati. 
    Violazione e falsa applicazione della  direttiva  2004/18/CE  (in
particolare art. 52) e della direttiva  2006/13/CE  (in  particolare,
art. 25). Incompatibilita' con i principi dell'Unione Europea (canone
della necessita' e della proporzionalita'). 
    Il legislatore nazionale vieterebbe al  soggetto  individuato  al
livello UE la possibilita' di accertare la sussistenza di determinati
requisiti in capo alle  imprese  che  intendono  partecipare  ad  una
procedura di aggiudicazione di appalti pubblici. 
    L'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  con  ampia  ed   analitica
memoria, in  rito,  ha  eccepito  inammissibilita'  del  ricorso  per
carenza di interesse nonche' il  difetto  di  legittimazione  passiva
delle amministrazioni  intimate  ad  eccezione  del  Ministero  delle
Infrastrutture e dei  Trasporti  e,  nel  merito,  ha  contestato  la
fondatezza delle censure  dedotte  concludendo  per  il  rigetto  del
ricorso. 
    Le parti hanno depositato  ulteriori  memorie  a  sostegno  delle
rispettive ragioni. 
    All'udienza pubblica del 26  ottobre  2011,  la  causa  e'  stata
trattenuta per la decisione. 
    2. L'Avvocatura Generale dello Stato ha eccepito  la  carenza  di
interesse al ricorso in quanto non sarebbe ravvisabile  un  interesse
attuale  e  concreto  della  ricorrente  in  relazione   alle   norme
regolamentari impugnate. 
    L'eccezione e' da disattendere. 
    Le  norme  regolamentari,  secondo   un   consolidato   indirizzo
giurisprudenziale, devono  distinguersi  in  volizioni  "preliminari'
contenenti  previsioni  normative  astratte   e   programmatiche,   e
volizioni  "azioni",  contenenti   previsioni   concrete,   destinate
all'immediata applicazione (ex multis: Cons.  St.,  IV,  14  febbraio
2005, n. 450). 
    Queste  ultime  sono  immediatamente  applicabili  in  quanto  si
rivolgono  direttamente   ai   soggetti   destinatari,   costituendo,
modificando o estinguendo un rapporto giuridico tra di loro o tra  di
loro   e   la   pubblica   amministrazione,   mentre   le   volizioni
"preliminari", contengono previsioni astratte, che non  si  traducono
in una immediata incisione della sfera giuridica degli  amministrati,
ma  disciplinano  l'azione  che  l'amministrazione  dovra'  avere  in
futuro,  la  quale  si  esplichera'  in  atti  applicativi  idonei  a
costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico con o tra i
destinatari. 
    Ne consegue che le volizioni "azioni",  essendo  suscettibili  di
produrre, in via  diretta  ed  immediata,  una  lesione  concreta  ed
attuale della sfera giuridica di un  determinato  soggetto,  possono,
anzi devono, essere oggetto di immediata  ed  autonoma  impugnazione,
mentre, nel caso di  volizioni  "preliminari",  la  concreta  lesione
deriva  dall'adozione  dell'atto  applicativo,  per  cui   la   norma
regolamentare non deve essere oggetto di  autonoma  impugnazione,  ma
deve essere impugnata unitamente al provvedimento applicativo di  cui
costituisce l'atto presupposto. 
    Nel caso di specie, le norme regolamentari impugnate  dalla  Rina
Services Spa - contenute negli artt. 66  e  64  del  d.P.R.  207/2010
nonche' la norma transitoria di  cui  all'art.  357,  co.  21,  dello
stesso regolamento - costituiscono evidentemente  volizioni  "azioni"
in quanto sono  immediatamente  e  direttamente  lesive  della  sfera
giuridica  della  ricorrente,  sicche'  possono   senz'altro   essere
autonomamente impugnate. 
    Infatti, la dismissione delle partecipazioni azionarie  da  parte
dei soggetti di cui all'art. 66, co. 1, nel capitale di una  SOA  nel
termine di centottanta giorni di cui all'art. 357, co. 21, cosi' come
l'obbligo per le SOA di avere la sede  legale  nel  territorio  della
Repubblica sono precetti cogenti, che si applicano ai  destinatari  a
prescindere da qualunque provvedimento applicativo  e  costituiscono,
pertanto, un esempio paradigmatico delle cc.dd. volizioni "azioni". 
    3. L'Avvocatura erariale  ha  altresi'  eccepito  il  difetto  di
legittimazione passiva di tutte  le  amministrazioni  resistenti,  ad
eccezione  del  Ministero  delle  Infrastrutture  e  dei   Trasporti,
Ministero  proponente  del  regolamento  le  cui  norme  sono   state
impugnate. 
    L'eccezione non e'  persuasiva  in  quanto  tali  amministrazioni
hanno partecipato  al  procedimento  di  formazione,  approvazione  e
pubblicazione del regolamento e comunque, come correttamente rilevato
dalla ricorrente, e' sostanzialmente irrilevante atteso che le stesse
si sono costituite in  giudizio  con  il  patrocinio  dell'Avvocatura
Generale dello Stato, assumendo una posizione processuale unitaria. 
    4.  Per  quanto  attiene  al  divieto  per   gli   organismi   di
certificazione (soggetti di cui all'art. 3,  co.  1,  lett.  ff),  di
partecipare al capitale di una SOA, contenuto nell'art.  66,  co.  1,
d.P.R. 207/2010, la ricorrente ha proposto una serie di doglianze. 
    4.1 In primo luogo sostenuto che il Consiglio  di  Stato  non  si
sarebbe mai espresso sulla legittimita' della disposizione. 
    La doglianza non puo' essere condivisa. 
    In proposito, e' sufficiente rilevare che la  Sezione  consultiva
per gli atti normativi del Consiglio di Stato, con il parere n.  313,
reso in data 24  febbraio  2010,  si  e'  espressa  sullo  schema  di
regolamento contemplante la norma impugnata  ed  al  punto  25  dello
stesso  ha  fatto  presente  che  "in   relazione   al   divieto   di
partecipazione al capitale di una SOA recato dall'articolo 66 per gli
organismi di certificazione,  l'articolo  357  prevede  ora,  in  via
transitoria,  un  termine  di  180  giorni  per  l'adeguamento  della
composizione azionaria, termine che puo' ritenersi congruo". 
    Ne consegue che il Consiglio di Stato,  in  sede  consultiva,  ha
esaminato  anche  l'art.  66,  co.  1,  nella   nuova   formulazione,
concludendo, sia pure implicitamente, per  la  sua  legittimita'  non
avendo formulato specifiche osservazioni. 
    Infatti, avendo valutato congruo  il  termine  per  l'adeguamento
della  compagine  societaria,  ha  evidentemente  ritenuto   di   non
formulare rilievi sul presupposto di tale adempimento,  vale  a  dire
sul divieto per gli  organismi  di  certificazione  di  possedere,  a
qualsiasi titolo, direttamente o indirettamente,  una  partecipazione
al capitale di una SOA. 
    4.2 Rina Services Spa ha prospettato che la  norma  regolamentare
si porrebbe in contrasto con l'art. 41 Cost., secondo cui la liberta'
di iniziativa economica potrebbe accettare limiti solo se espressi da
una fonte di rango legislativo e, in  ogni  caso,  se  proporzionati,
laddove il codice dei contratti non avrebbe previsto ne'  in  termini
di principio generale  ne'  sottoforma  di  disposizione  ad  hoc  un
divieto  precostituito  per  gli  organismi  di   certificazione   di
possedere partecipazioni al capitale sociale delle SOA; in ogni caso,
ogni norma che limiti la liberta'  di  iniziativa  economica  privata
dovrebbe essere interpretata restrittivamente.  La  doglianza,  sotto
tale profilo, non puo' essere accolta  in  quanto  non  e'  possibile
ritenere che il divieto in discorso non trovi copertura in una  norma
di legge sovraordinata. 
    L'art. 4, co. 2, lett. b), 1. 109/1994, come sostituito dall'art.
2 1. 415/1998 ed in vigore fino al 2002, prevedeva che il regolamento
con cui e' istituito il sistema di qualificazione unico per tutti gli
esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici dovesse  definire  le
modalita' e i criteri di autorizzazione e  di  eventuale  revoca  nei
confronti degli organismi di attestazione, nonche' i  loro  requisiti
soggettivi, organizzativi, finanziari e tecnici, fermo  restando  che
essi  avrebbero  dovuto  agire  in  piena  indipendenza  rispetto  ai
soggetti esecutori di lavori  pubblici  destinatari  del  sistema  di
qualificazione ed essere soggetti alla sorveglianza dell'Autorita'; i
soggetti accreditati nel settore delle costruzioni,  ai  sensi  delle
norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e delle norme nazionali in
materia, al rilascio della certificazione dei sistemi di qualita', su
loro richiesta sarebbero stati  autorizzati  dall'Autorita',  ove  in
possesso dei predetti requisiti, anche allo svolgimento  dei  compiti
di attestazione, fermo restando il divieto per lo stesso soggetto  di
svolgere   sia   i   compiti   della   certificazione   che    quelli
dell'attestazione relativamente alla medesima impresa. 
    Di talche', l'art. 13 d.P.R. 34/2000 (poi abrogato dall'art. 358,
co. 1, lett. d) d.P.R. 207/2010 a decorrere dall'8 giugno 2011) aveva
previsto  che  gli  organismi  gia'  accreditati   al   rilascio   di
certificazione dei sistemi di qualita', che avessero inteso  svolgere
anche  attivita'  di  attestazione,  sarebbero  stati  soggetti  alla
autorizzazione da parte dell'autorita'. 
    In tale sistema normativo, quindi, l'organismo di  certificazione
avrebbe potuto essere  autorizzato  a  svolgere  anche  attivita'  di
attestazione con il  limite  del  divieto  di  svolgere  entrambe  le
funzioni, di certificazione della qualita'  e  di  attestazione,  nei
confronti della stessa impresa. 
    Tale limitazione nasce evidentemente dalla esigenza di  garantire
la rigida separazione tra chi certifica  la  qualita'  (organismo  di
certificazione) e chi attesta  l'esistenza  della  certificazione  di
qualita' (organismo di attestazione) in capo ad un unico soggetto  da
qualificare  e  cio'  al  fine  di  garantire  l'imparzialita'  della
certificazione di qualita' e della relativa attestazione. 
    L'art. 8 l. 109/1994, come modificato dall'art.  7  l.  166/2002,
invece, non ha contemplato  piu'  la  possibilita'  che  il  soggetto
accreditato alla certificazione possa  svolgere  anche  attivita'  di
qualificazione. 
    Per effetto della modifica, infatti, l'art. 8, co. 4,  lett.  b),
1. 109/1994 ha previsto che il regolamento definisce  in  particolare
le modalita' e i criteri di autorizzazione e di eventuale revoca  nei
confronti  degli  organismi  di  attestazione,  nonche'  i  requisiti
soggettivi,  organizzativi,  finanziari  e  tecnici  che  i  predetti
organismi devono possedere. 
    La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire  che,  a  seguito  di
tale modifica, non puo' ritenersi che sia venuto meno il  divieto  di
svolgere attivita' di certificazione e di attestazione nei  confronti
della medesima impresa, mentre,  come  anche  correttamente  rilevato
dall'Autorita' di vigilanza sui contratti pubblici, l'effetto di tale
modifica e'  il  venir  meno  della  possibilita'  di  autorizzare  i
soggetti operanti nella certificazione di qualita' a  svolgere  anche
l'attivita' di attestazione (Cons. St., VI, 16 febbraio 2011, n. 987;
Cons. St., VI, 31 gennaio 2011, n. 696; Cons.  St.,  VI,  25  gennaio
2011, n. 510). 
    Pertanto,   l'art.   8,   co.   4,   lett.   b),   1.   109/1994,
antecedentemente alle modifiche del 2002, aveva un duplice  contenuto
precettivo: da un  lato,  in  deroga  alla  regola  dell'esclusivita'
dell'oggetto sociale degli organismi di attestazione, consentiva  che
l'attivita' di  attestazione  fosse  svolta,  previa  autorizzazione,
anche  da   soggetti   certificatori;   dall'altro,   limitava   tale
possibilita', impedendo che  uno  stesso  soggetto  potesse  svolgere
attivita' di certificazione e di  attestazione  nei  confronti  della
stessa impresa. 
    La disposizione,  in  sostanza,  conteneva  due  norme  tra  loro
strettamente collegate, vale  a  dire  la  norma  di  autorizzazione,
derogatoria  rispetto  al  principio  dell'esclusivita'  dell'oggetto
sociale di cui all'art. 7, co. 3,  d.P.R.  34/2000,  e  la  norma  di
divieto, avente  la  finalita'  di  limitare  l'ampiezza,  altrimenti
eccessiva, di quell'autorizzazione. 
    Di  talche',  la  parziale  abrogazione  della  disposizione   ha
determinato  la  caducazione  di  entrambi  i  contenuti  precettivi,
facendo  venir  meno  non  solo  il  divieto,  ma  prima  ancora,   e
soprattutto,  la  norma  autorizzante,  in   assenza   della   quale,
ovviamente, nessun limite puo' essere previsto. 
    La circostanza che la legge non preveda piu' il  divieto  per  le
societa' di certificazione della qualita' di svolgere anche attivita'
di qualificazione con riferimento alla stessa impresa,  insomma,  non
significa affatto che le societa' di certificazione possano  svolgere
incondizionatamente attivita' di attestazione, ma ha  determinato  un
irrigidimento del sistema, posto  che  le  stesse  non  possono  piu'
essere  autorizzate  a  qualificare  soggetti  esecutori  di   lavori
pubblici, neppure con il limite soggettivo prima esistente. 
    Ne', in  senso  contrario,  sarebbe  potuta  essere  invocata  la
mancata formale abrogazione, se non a seguito  del  d.P.R.  207/2010,
dell'art. 13 d.P.R.  34/2000  che,  al  primo  comma,  prevede:  "gli
organismi gia' accreditati al rilascio di certificazione dei  sistemi
di qualita', che intendono svolgere anche attivita' di  attestazione,
sono soggetti alla autorizzazione da parte dell'autorita'". 
    Tale  disposizione  regolamentare,  infatti,  per  effetto  delle
modifiche legislative intervenute nel 2002, aveva visto  svuotato  il
suo contenuto normativo, perche' fa riferimento ad  un'autorizzazione
che ormai l'ordinamento non permette piu' di rilasciare. 
    La previsione regolamentare, a seguito della modifica della norma
di rango primario, era diventata inapplicabile ed in tal senso si  e'
espresso il Consiglio di  Stato  in  sede  consultiva  (Sezione  atti
normativi, 17 settembre 2007, n. 3262/2007) in occasione  del  parere
sul primo schema di  regolamento  di  attuazione  ed  esecuzione  del
codice dei contratti pubblici, ove e' stato rilevato  che  l'art.  13
d.P.R. 34/2000 trovava il suo fondamento nell'originaria formulazione
dell'art. 8, co. 4, lett. b), 1. 109/1994, nel testo  anteriore  alla
l. 166/2002. In sostanza, la norma primaria consentiva una deroga  al
principio secondo cui le SOA possono fare solo le  SOA  (esclusivita'
dell'oggetto sociale), consentendo agli organismi  di  certificazione
di qualita' di svolgere entrambe le attivita', ma, trattandosi di  un
regime derogatorio, lo stesso deve avere base in una  norma  primaria
che non esiste piu' sin dalla l. 166/2002 (il parere  e'  richiamato,
tra l'altro, nella sentenza della  Sesta  Sezione  del  Consiglio  di
Stato 16 febbraio 2011, n. 987). 
    Il citato parere, quindi, aveva  espresso  l'avviso  che,  avendo
l'art. 13, d.P.R. n. 34 del 2000 perso la  sua  base  normativa,  non
potesse essere riprodotto nel nuovo schema di regolamento. 
    Il principio di esclusivita' dell'oggetto sociale della SOA, come
evidenziato nella citata sentenza della Sesta Sezione  del  Consiglio
di Stato n. 987/2011, ha il duplice corollario che: 
        a) un medesimo soggetto non puo' contemporaneamente  svolgere
attivita' di organismo di certificazione e di SOA; 
        b)  un   organismo   di   certificazione   non   puo'   avere
partecipazioni azionarie in una SOA. 
    La  giurisprudenza  del   Consiglio   di   Stato,   inoltre,   ha
ripetutamente   evidenziato   che   neppure   sussistono   dubbi   di
compatibilita' comunitaria della  normativa  nazionale,  interpretata
nel senso appena descritto. 
    Il divieto in questione, infatti, nella misura  in  cui  mira  ad
affermare la neutralita' e l'imparzialita' dei  soggetti  chiamati  a
verificare la sussistenza dei requisiti per partecipare alle gare  di
appalto, risulta certamente in linea con i  principi  comunitari  che
tutelano la concorrenza. 
    Anzi, proprio lo scopo di consentire che alle gare  d'appalto  in
materia  di  lavori  pubblici  partecipino  soltanto  quei   soggetti
effettivamente in possesso dei requisiti prescritti giustifica, anche
sotto il profilo della  proporzionalita',  il  divieto  di  esercizio
congiunto di attivita' di attestazione e di certificazione. 
    Il  delineato  corpus  normativo,  risultante   dalle   modifiche
apportate alla 1. 109/1994 dalla 1. 166/2002, risulta sostanzialmente
riproposto nel  codice  dei  contratti  pubblici  di  cui  al  d.lgs.
163/2006, che, all'art. 40, co.  3,  stabilisce  che  il  sistema  di
qualificazione  e'  attuato  da  organismi  di  diritto  privato   di
attestazione, appositamente autorizzati dall'Autorita',  specificando
che l'attivita'  di  attestazione  e'  esercitata  nel  rispetto  del
principio  di  indipendenza  di  giudizio,  garantendo  l'assenza  di
qualunque interesse commerciale o finanziario che  possa  determinare
comportamenti non imparziali o discriminatori; di  contro,  la  norma
non prevede alcuna possibilita'  per  il  soggetto  accreditato  alla
certificazione di svolgere attivita' di qualificazione. 
    In conclusione, nell'attuale assetto normativo, quale  risultante
dal d.lgs. 163/2006 e dal relativo regolamento di attuazione  di  cui
al d.P.R. 207/2010, la regola che la funzione di  qualificazione  sia
attuata solo e soltanto dalle SOA,  nel  rispetto  del  principio  di
indipendenza di giudizio, e  non  possa  essere  svolta  anche  dagli
organismi di certificazione deve ritenersi  stabilita  dall'art.  40,
co. 3, d.lgs. 163/2006  che,  di  conseguenza,  costituisce  la  base
normativa sia dell'art. 66, co. 1, d.P.R. 207/2010,  laddove  prevede
che  gli  organismi  di  certificazione  non  possono  possedere,   a
qualsiasi titolo, direttamente o indirettamente,  una  partecipazione
al capitale di una SOA, sia dell'art. 64,  co.  3,  d.P.R.  207/2010,
secondo cui lo statuto degli organismi di attestazione deve prevedere
come oggetto esclusivo lo svolgimento dell'attivita' di  attestazione
e di effettuazione dei connessi controlli tecnici sull'organizzazione
aziendale e sulla produzione delle imprese  di  costruzione,  nonche'
sulle loro capacita' operativa ed economico finanziaria. 
    Ne' puo' ritenersi che  la  "copertura"  legislativa  venga  meno
perche' il divieto di partecipazione azionaria  dettato  dalla  norma
regolamentare  e'  sancito  qualunque   sia   la   dimensione   della
partecipazione, e  cioe'  anche  se  la  stessa  sia  sostanzialmente
irrilevante, potendo invece essere  eventualmente  previsto  solo  in
presenza di un nesso societario tra le due imprese, di certificazione
e di attestazione, in grado di garantire un'influenza dominante della
prima sulla seconda. 
    Detta circostanza non rileva nel caso di specie  dove  esiste  un
collegamento  societario  intragruppo   tale   da   determinare   una
unitarieta' del centro decisionale. 
    Infatti, SOA Rina e' partecipata al 99% da Rina Spa ed all'1%  da
Rina   Services   Spa,   soggetto   attualmente   accreditato    alla
certificazione di qualita', la quale e' a sua  volta  partecipata  al
100% da Rina spa, sicche' non puo' sussistere  alcun  dubbio  che,  a
prescindere dalla partecipazione dell'1% della societa' organismo  di
certificazione  (Rina   Services)   nella   societa'   organismo   di
attestazione (SOA Rina), le stesse confluiscano in  un  unico  centro
decisionale facente capo alla holding Rina spa. 
    Pertanto, le censure  specificamente  dedotte  dalla  ricorrente,
volte a prospettare l'immediata e  diretta  illegittimita'  dell'art.
66, co. 1, nella parte in cui vieta agli organismi di  certificazione
di possedere partecipazioni nel capitale delle SOA  e  dell'art.  64,
co. 3, d.P.R. 207/2010, nella parte  in  cui  prevede  l'esclusivita'
dell'oggetto sociale degli organismi di attestazione,  devono  essere
disattese. 
    4.3 Il Collegio, tuttavia, Ritiene che debba  essere  prospettata
la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  40,  co.  3,
d.lgs. 166/2006, che, come detto, costituisce la  base  normativa  di
riferimento delle indicate norme regolamentari, per violazione  degli
artt. 3 e 41 Cost. 
    L'art.  40,  co.  3,  infatti,  prevede  come   il   sistema   di
qualificazione  sia  attuato  da  organismi  di  diritto  privato  di
attestazione, appositamente autorizzati dall'Autorita',  specificando
che l'attivita'  di  attestazione  e'  esercitata  nel  rispetto  del
principio  di  indipendenza  di  giudizio,  garantendo  l'assenza  di
qualunque interesse commerciale o finanziario che  possa  determinare
comportamenti non imparziali o discriminatori,  sicche',  ponendo  il
principio di esclusivita'  dell'oggetto  delle  SOA,  ha  il  duplice
corollario  di  vietare  ad  un   medesimo   soggetto   di   svolgere
contemporaneamente attivita' di organismo di certificazione e di  SOA
e  di  vietare  ad  un   organismo   di   certificazione   di   avere
partecipazioni azionarie in una SOA. 
    Ne consegue che il giudizio  di  legittimita'  costituzionale  di
tale norma di legge e' rilevante ai fini del  giudizio  in  corso  in
quanto l'interesse sostanziale dedotto in giudizio da  Rina  Services
Spa e' quello di potere continuare a detenere  la  partecipazione  al
capitale di SOA Rina spa al fine di svolgere entrambe  le  attivita',
di certificazione  e  di  attestazione,  mentre,  per  effetto  della
richiamata  norma  di  legge,   di   cui   le   norme   regolamentari
costituiscono applicazione, lo svolgimento contestuale di entrambe le
attivita' da parte del gruppo RINA non e' possibile, cosi'  come  non
e' possibile la partecipazione azionaria di  Rina  Services  Spa  nel
capitale azionario di SOA Rina. 
    L'art. 41 cost. sancisce la  liberta'  dell'iniziativa  economica
privata (primo comma), stabilendo al contempo che la stessa non  puo'
svolgersi in contrasto con l'utilita' sociale o  in  modo  da  recare
danno alla sicurezza, alla liberta',  alla  dignita'  umana  (secondo
comma) e prevedendo che sia la legge a determinare i  programmi  e  i
controlli opportuni perche' l'attivita' economica pubblica e  privata
possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali (terzo comma). 
    L'iniziativa   economica   privata   e   l'intervento    pubblico
nell'economia come  delineato  nella  Costituzione,  quindi,  possono
coesistere, ma e' necessario che i due tipi di intervento siano  resi
complementari e armonizzati per il raggiungimento di fini  sociali  e
di benessere collettivo. 
    Ne consegue che l'esercizio della liberta' economica privata puo'
essere limitato, ma solo per ragioni di utilita' sociale, sicche'  il
rispetto della norma  costituzionale  postula  che  l'imposizione  di
limiti   deve   rispondere   ai   criteri   di    ragionevolezza    e
proporzionalita'. 
    In particolare,  i  limiti  posti  alla  liberta'  di  iniziativa
economica privata, per essere  legittimi,  devono  essere  diretti  a
tutelare, con carattere  di  adeguatezza  e  proporzionalita',  altri
valori di rilevanza costituzionale. Ora, se non c'e' dubbio che nella
fattispecie in esame i  limiti  discendenti  dalla  norma  di  legge,
essendo volti  a  garantire  la  neutralita'  e  l'imparzialita'  dei
soggetti chiamati a  verificare  la  sussistenza  dei  requisiti  per
partecipare alle gare di appalto, sono in linea di massima certamente
aderenti a valori di rilievo costituzionale, come la concorrenza,  ed
ai  principi  comunitari,  occorre  pero'  rilevare  che  lo   stesso
risultato di indipendenza  e  neutralita'  potrebbe  essere  messo  a
rischio non gia' dalla teorica possibilita'  per  uno  stesso  gruppo
societario di attestare sia  la  certificazione  di  qualita'  che  i
requisiti di qualificazione,  ma  dalla  concreta  ipotesi  che  tale
duplice attivita' sia svolta nei confronti della medesima impresa. 
    In altri termini, se e' vero che potrebbe  sussistere  un  vulnus
alla fondamentale esigenza della imparzialita' e  della  indipendenza
della SOA nell'accertamento  del  possesso  della  certificazione  di
qualita' in capo alle imprese, laddove tale certificazione sia  stata
rilasciata da un soggetto che  partecipa  alla  SOA  stessa,  facendo
parte della relativa compagine societaria, e'  altrettanto  vero  che
tale vulnus sembrerebbe sussistere solo ove le attivita' siano svolte
nei confronti della stessa impresa da certificare ed attestare. 
    Pertanto, se e' certamente ragionevole e proporzionato che le due
attivita' in  discorso  non  possano  essere  svolte  da  uno  stesso
soggetto  nei  confronti  della  medesima  impresa,   appare   invece
sproporzionato rispetto alla finalita' perseguita dalla norma e,  per
tale motivo, irragionevole che sia sic et simpliciter escluso che una
societa',  o  un  gruppo  societario  con  un  medesimo   centro   di
imputazione decisionale, possa svolgere entrambe le attivita',  senza
prevedere invece tale possibilita'  con  il  limite  del  divieto  di
svolgimento nei confronti della stessa impresa. 
    D'altra parte, la soluzione in questa sede ipotizzata era  quella
gia' delineata dal legislatore della legge  quadro  del  1994,  prima
delle modifiche legislative intervenute con 1. 166/2002, e la stessa,
ad avviso del  Collegio,  sembra  piu'  congrua  e  proporzionata  e,
quindi, maggiormente idonea a  garantire  l'equilibrio  tra  tutti  i
valori costituzionali che assumono rilievo nella fattispecie. 
    La norma in discorso sembra parimenti contrastare  con  l'art.  3
Cost., che sancisce  il  principio  di  uguaglianza  tra  i  soggetti
dell'ordinamento,  in  quanto  si  traduce  in  una   disparita'   di
trattamento tra gli operatori economici  laddove  agli  organismi  di
certificazione   preclude   sic   et   simpliciter    la    possibile
partecipazione al capitale delle SOA anche nell'ipotesi in  cui,  ove
previsto il divieto di contestuale attestazione e certificazione  nei
confronti di una stessa impresa, non sembrerebbe sussistere un vulnus
ai principi di imparzialita' ed indipendenza e gli altri soggetti che
possono liberamente detenere partecipazioni al capitale delle SOA. 
    In altri termini, la discrezionalita' legislativa trova sempre un
limite nella ragionevolezza delle statuizioni volte a giustificare la
disparita' di trattamento tra i cittadini. 
    Nel caso di specie - atteso che il principio di  indipendenza  ed
imparzialita' sembra poter  essere  efficacemente  tutelato  con  una
previsione  normativa  volta  ad  escludere  lo   svolgimento   delle
attivita' di certificazione e di attestazione nei  confronti  di  una
medesima impresa, mentre, come detto, il  divieto  assoluto  per  gli
organismi di certificazione di partecipare al capitale sociale  delle
SOA  appare  sproporzionato  e  debordante  rispetto  alla  finalita'
perseguita dalla norma - il  trattamento  differente  riservato  agli
organismi  di  certificazioni  appare   violativo   del   canone   di
ragionevolezza al quale  la  discrezionalita'  del  legislatore  deve
ontologicamente ispirarsi. 
    Di qui, la  non  manifesta  infondatezza  e  la  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40, co. 3,  d.lgs.
166/2006, per violazione degli artt. 3 e 41 Cost., laddove  la  norma
sostanzialmente prevede l'esclusivita' dell'oggetto sociale delle SOA
con il duplice corollario di  vietare  ad  un  medesimo  soggetto  di
svolgere contemporaneamente attivita' di organismo di  certificazione
e di SOA e di vietare ad un  organismo  di  certificazione  di  avere
partecipazioni azionarie in una SOA. 
    Pertanto,   occorre   sospendere   il   giudizio,   relativamente
all'impugnazione dell'art. 66, co. 1, e dell'art. 64, co.  3,  d.P.R.
207/2010 nonche' dell'art. 357, co. 21, d.P.R. 207/2010, secondo cui,
in relazione all'art. 66, co. 1, le  SOA,  entro  centottanta  giorni
dalla data di entrata in vigore dello stesso regolamento, adeguano la
propria composizione azionaria al divieto  di  partecipazione  per  i
soggetti di cui all'art. 3, co. 1, lett. ff),  dandone  comunicazione
all'Autorita',  e  rimettere  gli  atti  alla  Corte   costituzionale
affinche' si pronunci sulla questione. 
    La  sospensione  del  giudizio  va  estesa   anche   alla   norma
transitoria in quanto  l'eventuale  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 40, co. 3,  d.lgs.  163/2006  in  parte  qua
determinerebbe  la  cessata  materia   del   contendere   in   ordine
all'impugnazione dell'art. 357, co. 21, d.P.R., non  rendendosi  piu'
necessaria la dismissione azionaria. 
    Viceversa, tale norma transitoria non puo' ritenersi di  per  se'
illegittima per l'incongruita' del  termine  appositamente  previsto,
atteso che il regolamento e' stato pubblicato il 10 dicembre 2010  ed
e' entrato in vigore il 9 giugno 2011, per cui e' a tale ultima  data
che occorre fare riferimento per la decorrenza dell'ulteriore termine
di 180 giorni. 
    In definitiva, quindi,  il  margine  temporale  previsto  per  la
dismissione delle partecipazione azionarie nel capitale delle SOA  e'
di circa un  anno  a  far  tempo  dalla  data  di  pubblicazione  del
regolamento e tale termine non puo' ritenersi inadeguato. 
				 
                                P.Q.M. 

 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata,  in  relazione
agli artt. 3 e 41 Cost., la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 40, co. 3, d.lgs. 163/2006 nella parte in cui,  ponendo  il
principio di esclusivita'  dell'oggetto  delle  SOA,  ha  il  duplice
corollario  di  vietare  ad  un   medesimo   soggetto   di   svolgere
contemporaneamente attivita' di organismo di certificazione e di  SOA
e  di  vietare  ad  un   organismo   di   certificazione   di   avere
partecipazioni azionarie in una SOA; 
    Dispone  la  sospensione  del  giudizio  e   ordina   l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; 
    Ordina che, a cura della Segreteria della  Sezione,  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa  ed  al  Presidente  del
Consiglio dei Ministri nonche' comunicata ai Presidenti della  Camera
dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Roma nella camera  di  consiglio  del  giorno  26
ottobre 2011. 


				 
                        Il Presidente: Politi 

 

				 
                                               L'estensore: Caponigro