N. 86 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 dicembre 2011
Ordinanza del 13 dicembre 2011 emessa dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Rina S.p.a. contro Presidenza del Consiglio dei ministri ed altri. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE - Previsione dell'esclusivita' dell'oggetto delle SOA - Conseguente divieto per un medesimo soggetto di svolgere contemporaneamente attivita' di certificazione e di SOA e, per un organismo di certificazione, di avere partecipazioni azionarie in SOA - Irragionevolezza - Violazione del principio di liberta' economica privata. - Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, art. 40, comma 3. - Costituzione, artt. 3 e 41.(GU n.20 del 16-5-2012 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1474 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Rina S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe M. Giacomini, Roberto Damonte e Maria Alessandra Sandulli, con domicilio eletto presso lo studio dell'ultima in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 349; Contro Presidenza del Consiglio dei ministri, Consiglio di Stato, Consiglio superiore dei lavori pubblici, Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Conferenza unificata di cui all'art. 8 d.lgs. n. 281/1997, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero per le politiche europee, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero per i beni culturali ed ambientali, Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero dello sviluppo economico, Ministero degli affari esteri, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Per l'annullamento del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 288 del 10 dicembre 2010 - Suppl. ord. n. 270 - in vigore dal 9 giugno 2011, avente ad oggetto Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE» nella parte in cui: all'art. 66 (Partecipazioni azionarie) ha incluso tra i soggetti che non possono possedere, a qualsiasi titolo, direttamente o indirettamente, una partecipazione al capitale di una SOA, anche quelli «di cui all'articolo 3, comma 1, lettere ... ff)» ossia gli «organismi di certificazione: gli organismi di diritto privato che rilasciano i certificati del sistema di qualita' conformi alle norme europee serie UNI EN ISO 9000»; in via subordinata, all'art. 357, comma 21, (Norme transitorie) prevede che «In relazione all'articolo 66, comma 1, le SOA, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del presente regolamento, adeguano la propria composizione azionaria al divieto di partecipazione per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera ff), dandone comunicazione all'Autorita'»; nonche' nella parte in cui all'art. 64 (Requisiti generali e di indipendenza delle SOA) prescrive (comma 1) che «la sede legale deve essere nel territorio della Repubblica» e (comma 3) che «Lo statuto deve prevedere come oggetto esclusivo lo svolgimento dell'attivita' di attestazione secondo le norme del presente titolo e di effettuazione dei connessi controlli tecnici sull'organizzazione aziendale e sulla produzione delle imprese di costruzione, nonche' sulla loro capacita' operativa ed economico-finanziaria»; nonche' nella parte in cui all'art. 66 (Partecipazioni azionarie) ha incluso tra i soggetti che non possono possedere, a qualsiasi titolo, direttamente o indirettamente, una partecipazione al capitale di una SOA, genericamente i soggetti indicati all'art. 34 del codice (vale a dire i «soggetti a cui possono essere affidati i contratti pubblici»), senza alcuna distinzione tra coloro ai quali possono essere affidati contratti pubblici di lavori e coloro ai quali, invece, possono essere affidati contratti pubblici di servizi o forniture; nonche' per l'annullamento di ogni atto, anche istruttorio o consultivo, preordinato o presupposto, conseguente o connesso; e per l'accertamento e la condanna delle amministrazioni intimate all'integrale risarcimento dei danni patiti e patiendi dalla ricorrente; nonche' per l'annullamento della determinazione dell'Autorita' per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, Servizi e forniture 15 marzo 2011, n. 1 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 4 aprile 2011, Suppl. ord. n. 91), nella parte in cui indica tra i casi di «divieto di possedere, a qualsiasi titolo, direttamente o indirettamente, una partecipazione al capitale sociale di una SOA», in modo indistinto, tutti i «soggetti indicati all'articolo 34 del Codice», nonche' annovera tra i comportamenti che determinano l'immediata applicazione della decadenza dell'autorizzazione ad esercitare l'attivita' di attestazione anche il venir meno della condizione consistente nel rispetto del suddetto divieto di possedere una partecipazione al capitale sociale di una SOA da parte degli «operatori economici cui possono essere affidati appalti di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture»; di ogni atto, anche istruttorio e/o consultivo, preordinato e/o presupposto, conseguente e/o connesso e in particolare, per quanto possa occorrere, del parere dell'Adunanza Generale del Consiglio di Stato, Gab. n. 2/2011, 24 febbraio 2011, n. 852/2011, avente ad oggetto «quesito in ordine al potere dell'autorita' per la vigilanza sui contratti di lavoro, servizi e forniture di negare l'autorizzazione alla partecipazione azionaria della SOA ai sensi dell'articolo 6, comma 6, del d.P.R. 5 ottobre, 207», recante considerazioni di carattere interpretativo circa la portata dell'art. 66 del d.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati. Viste le memorie difensive. Visti tutti gli atti della causa. Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura Generale dello Stato. Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2011 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale. Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: 1. La Rina S.p.a., facente parte del gruppo RINA, espone di essere un ente originariamente accreditato alla certificazione di qualita' UNI CEI EN 45000, il quale, in data 1° dicembre 2009, ha posto in essere un'operazione di riassetto societario per effetto della quale ha mutato il proprio ruolo da societa' operativa, tra l'altro, nel settore della certificazione, in capogruppo con funzioni direttive e di holding di un gruppo con attivita' ampiamente diversificate per tipologia e collocazione geografica, escludendo esplicitamente dal proprio oggetto sociale le attivita' di certificazione di sistema. Soggiunge che SOA Rina - partecipata al 99% dalla ricorrente Rina S.p.a. ed all'1% da Rina Services S.p.a., soggetto attualmente accreditato alla certificazione di qualita' - e' una societa' organismo di attestazione, con sede in Genova, avente come oggetto esclusivo lo svolgimento dell'attivita' di attestazione e di effettuazione dei controlli tecnici sull'organizzazione aziendale e sulla produzione delle imprese di costruzione, nonche' sulla loro capacita' operativa ed economico-finanziaria, ai fini della qualificazione ex art. 8, legge n. 109/1994 (ora art. 40, d.lgs. n. 163/2006). L'art. 66 del d.P.R n. 207/2010, regolamento di esecuzione ed attuazione del d.lgs. n. 163/2006, ha esteso il divieto di partecipazione al capitale di una SOA anche ai «soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b) e ff) ...», ossia agli organismi di certificazione. L'art. 357, comma 21, del predetto decreto ha dettato la disciplina transitoria prevedendo un termine di 180 giorni per l'adeguamento della composizione azionaria. L'art. 64, comma 1, dello stesso regolamento, inoltre, ha imposto che gli organismi di attestazione debbano obbligatoriamente avere sede legale nel territorio della Repubblica, circostanza che impedirebbe alla SOA di cui la ricorrente detiene una quota azionaria di allocare la propria sede in altro Stato dell'Unione europea per potersi «aprire» al mercato straniero continuando, peraltro, ad attestare anche le imprese italiane; l'art. 64, comma 3, ha posto altresi' il vincolo dell'oggetto esclusivo. Il ricorso e' articolato nei seguenti motivi: Quanto al divieto di partecipazione al capitale SOA; Violazione e falsa applicazione dell'art. 17, comma 1, 1egge n. 400/1988 e successive modifiche ed integrazioni in relazione all'art. 5, comma 3, d.lgs. n. 163/2006 e successive modifiche ed integrazioni ed all'art. 41 Cost.; Difetto assoluto dei presupposti. Lo schema di regolamento approvato dal Consiglio dei ministri il 13 luglio 2007 non prevedeva alcun divieto di partecipazione azionaria al capitale di una SOA per gli organismi di certificazione. Il parere espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato nell'adunanza del 17 settembre 2007 non aveva ritenuto di introdurre alcun divieto per gli enti certificatori di detenzione di quote sociali di SOA. Nel regolamento successivamente approvato dal Consiglio dei ministri, in data 21 dicembre 2007, il divieto di partecipazione al capitale di una SOA e' stato esteso anche agli organismi di certificazione, sicche' la rilevanza giuridica ed economica della modificazione apportata rispetto allo schema vagliato dal Consiglio di Stato ne rivelerebbe la sua illegittimita' che si riverbererebbe sul testo del regolamento approvato con d.P.R. n. 207/2010, atteso che il parere reso sul nuovo schema di regolamento rinvierebbe ampiamente al precedente parere di cui costituirebbe il naturale completamento. La circostanza che il nuovo parere non si sia direttamente espresso sul divieto contestato con il ricorso, implicitamente rinviando al parere precedente, comporterebbe che il Consiglio di Stato non ha mai verificato la legittimita' di tale disposizione. Violazione e falsa applicazione dell'art. 40, comma 3 e 4, d.lgs. n. 163/2006 e successive modifiche ed integrazioni per eccesso di delega. Violazione dell'art. 41 Cost. e del pertinente principio di riserva di legge e di libera iniziativa economica. Violazione dell'art. 76 Cost. e del principio dell'esercizio della funzione legislativa. Sull'inesistenza della presupposta necessaria fonte di rango legislativo. La disposizione regolamentare si porrebbe in contrasto con l'art. 41 Cost. secondo cui la liberta' di iniziativa economica potrebbe accettare limiti solo se espressi da una fonte di rango legislativo e, in ogni caso, se proporzionati. Il codice dei contratti non avrebbe previsto ne' in termini di principio generale ne' sottoforma di disposizione ad hoc un divieto precostituito per gli organismi di certificazione di possedere partecipazioni al capitale sociale delle SOA. Sul divieto di interpretazione estensiva e/o analogica del principio di cui all'art. 41 Cost. Ogni norma che limiti la liberta' di iniziativa economica privata deve essere interpretata restrittivamente. Sulla violazione dell'art. 76 Cost. relativamente al principio dell'esercizio della funzione legislativa. L'art. 66, comma 1, d.P.R. n. 207/2010 avrebbe introdotto un divieto assolutamente nuovo rispetto al sistema legislativo previgente ed in contrasto con i principi e con l'impianto in materia di SOA delineato dal codice degli appalti, per cui esorbiterebbe dai criteri direttivi imposti dal codice al fine di circoscrivere la discrezionalita' attribuita al Governo dal legislatore. Eccesso di potere per manifesta illogicita', irragionevolezza e contraddittorieta'. L'introduzione del divieto per gli organismi di certificazione di detenere quote sociali di SOA non soltanto non sarebbe previsto da alcuna fonte normativa sovraordinata di rango primario, ma sarebbe altresi' manifestamente illogica e contraddittoria in ragione della ontologica diversita' ed autonomia esistente tra attivita' di attestazione e di certificazione, le quali avrebbero effetti eterogenei. Le verifiche effettuate dalla SOA, infatti, verterebbero su fatti o elementi aziendali concreti (le condanne di un legale rappresentante, l'avere eseguito un determinato lavoro, l'avere maturato una cifra d'affari in lavori), mentre le verifiche effettuate dall'ente di certificazione avrebbero natura formale e funzionale (il rispetto delle norme relative al sistema qualita'); l'organismo di certificazione non verificherebbe cosa e' stato fatto dall'impresa, ma come. In definitiva, SOA ed ente di certificazione effettuerebbero i propri controlli su elementi distinti ed in modo totalmente diverso e la verifica effettuata dalla SOA sulla certificazione del sistema qualita' sarebbe totalmente vincolata; la SOA, infatti, non avrebbe altro compito che quello di acquisire il certificato di qualita', inteso come documento cartaceo, e verificarne i requisiti di validita' formale, senza entrare nel merito del documento. Referente diretto dell'ente di certificazione non sarebbe solo la SOA, ma prima ancora la stessa Autorita' di vigilanza, cosi' come referente della SOA non sarebbe tanto l'ente di certificazione quanto l'organismo di accreditamento. Violazione e falsa applicazione della direttiva 2004/18/CE. Incompatibilita' con il diritto dell'Unione europea (in particolare, principio di proporzionalita' e dell'effetto utile). La giurisprudenza comunitaria, in via generale, avrebbe affermato il principio secondo cui le situazioni di controllo tra societa' diverse andrebbero verificate in concreto, con conseguente illegittimita' di tutte quelle forme precostituite di divieto poste esclusivamente in ragione di un qualche reciproco collegamento tra soggetti distinti. La ratio della disciplina comunitaria in materia di attivita' di certificazione sarebbe rappresentata dalla necessita' di garantire l'indipendenza e l'imparzialita' delle SOA e degli organismi di certificazione, ma la facolta' conferita agli Stati membri di attribuire a determinati soggetti l'attivita' di certificazione non potrebbe tuttavia risolversi in una violazione del principio di proporzionalita'. Il divieto per un ente di certificazione di detenere una quota minoritaria del capitale sociale di una SOA costituirebbe un divieto eccessivamente rigoroso ed ingiustificato rispetto all'obiettivo che il legislatore intenderebbe conseguire, vale a dire l'autonomia e l'indipendenza di giudizio. La verifica dell'imparzialita' andrebbe effettuata principalmente con riferimento all'impresa da certificare/attestare. Ove dovesse ritenersi che la normativa legislativa nazionale fornisca il presupposto del divieto introdotto dalla norma regolamentare, sarebbe necessario un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia onde verificare se con essa possa essere compatibile una disposizione di legge recante il divieto generalizzato per i soggetti certificatori di detenere quote azionarie di organismi di attestazione. Violazione e falsa applicazione della normativa comunitaria in materia di liberta' di stabilimento e di libera prestazione dei servizi (artt. 43 e 49 del Trattato, oggi artt. 49 e 56 TFUE, nonche' della direttiva servizi 2006/123/CE) con specifico riferimento ai canoni di necessita' e proporzionalita'. La disposizione impugnata sarebbe contrastante con ulteriori principi di matrice comunitaria in tema di liberta' di stabilimento e di libera prestazione dei servizi e, comunque, con i principi di necessita' e proporzionalita'. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 117, comma 1, Cost. Violazione dei principi di uguaglianza, parita' di trattamento, ragionevolezza, proporzionalita', affidamento e libera iniziativa economica. Violazione dell'art. 76 Cost. e del principio dell'esercizio della funzione legislativa. La disposizione regolamentare comporterebbe disparita' di trattamento attesa l'impossibilita' per un organismo di certificazione, che offre le piu' ampie garanzie di imparzialita' ed indipendenza di giudizio, di partecipare al capitale sociale di una SOA, laddove altri soggetti potrebbero liberamente possedere societa' di attestazione, soggette al solo vincolo dell'indipendenza ex art. 65, comma 4. La fonte regolamentare, in assenza di una chiara volonta' legislativa in tal senso, avrebbe limitato la liberta' di iniziativa economica degli organismi di certificazione. L'art. 40, comma 3, del codice degli appalti, inteso nel senso di prevedere un precostituito divieto per gli organismi di certificazione di possedere partecipazioni al capitale sociale delle SOA risulterebbe incostituzionale per violazione degli artt. 41, 3 e 76 Cost. In subordine: eccesso di potere per manifesta irragionevolezza ed illogicita'. Violazione del principio di imparzialita' e buon andamento dell'azione amministrativa. La disciplina transitoria prevista dall'art. 357, comma 21, d.P.R. n. 207/2010 per l'adeguamento della composizione azionaria delle SOA sarebbe comunque illegittima per l'incongruita' del termine semestrale in relazione alle specifiche attivita' necessarie per permettere ai soggetti certificatori che detengono quote di proprieta' SOA di cederle. Violazione e falsa applicazione dell'art. 40, comma 3 e 4, d.lgs. n. 163/2006 e successive modifiche ed integrazioni per eccesso di delega. Violazione dell'art. 41 Cost. e del pertinente principio di riserva di legge, di libera iniziativa economica, di liberta' di stabilimento e di liberta' di prestazione di servizi. Manifesta illogicita' ed irragionevolezza. Il codice dei contratti non prevederebbe ne' in termini di principio generale ne' sottoforma di disposizione ad hoc un precostituito obbligo per gli organismi di certificazione di avere la sede legale necessariamente sul territorio della Repubblica. L'obbligo della «sede italiana», inoltre, sarebbe una prescrizione del tutto ingiustificata, gravosa ed in contrasto con i preminenti interessi della tutela della concorrenza, protetta sia dalla disciplina comunitaria che da quella interna per mezzo di previsioni che favoriscono la libera iniziativa economica e l'ingresso nel mercato di quanti piu' operatori economici possibile. Violazione e falsa applicazione della direttiva 2006/123/CE (ovvero, del d.lgs. n. 59/2010) con specifico riferimento al principio di non discriminazione. L'obbligo della sede legale sul territorio della Repubblica, inoltre, integrerebbe un'ipotesi di requisito discriminatorio ai fini dell'applicazione dei principi di diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi. Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 quanto al divieto di svolgere attivita' di attestazione per gli enti di certificazione. I limiti alla liberta' di iniziativa economica dovrebbero essere previsti da una fonte di rango legislativo e, in ogni caso, dovrebbero essere proporzionali. Violazione e falsa applicazione della direttiva 2004/18/CE (in particolare art. 52) e della direttiva 2006/123/CE (in particolare art. 25). Incompatibilita' con i principi dell'Unione europea (canone della necessita' e della proporzionalita'). Il legislatore nazionale avrebbe vietato al soggetto individuato al livello UE la possibilita' di accertare la sussistenza di determinati requisiti in capo alle imprese che intendono partecipare ad un procedura di aggiudicazione di appalti pubblici. Quanto al generico divieto di partecipazione al capitale SOA da parte dei soggetti di cui all'art. 34 d.lgs. n. 163/2006 e successive modifiche ed integrazioni. L'art. 66 d.P.R. n. 207/2010 avrebbe imposto un generico divieto alla partecipazione al capitale della SOA in capo a tutti i soggetti indicati all'art. 34 d.lgs. n. 163/2006 (recante «soggetti a cui possono essere affidati i contratti pubblici»), sicche' - diversamente rispetto all'impianto normativo di cui al d.P.R. n. 34/2000, nell'ambito del quale (all'art. 8) il divieto in questione riguardava soltanto i soggetti «ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei lavori pubblici» di cui all'art. 10, comma 1, legge n. 109/1994 - l'attuale norma avrebbe indiscriminatamente esteso il divieto di partecipazione al capitale delle SOA anche ai soggetti a cui possono essere affidati contratti pubblici di servizi e forniture. Tale estensione sarebbe illogica, atteso che questi ultimi non sarebbero ne' titolari di attestazione SOA ne' individuabili in via preventiva ed astratta da parte dell'ordinamento italiano, con la conseguenza che l'elencazione di cui all'art. 34 finirebbe per ricomprendere sostanzialmente tutti i soggetti giuridici previsti dall'ordinamento italiano. In definitiva, il divieto di partecipazione al capitale delle SOA, dapprima previsto per i soli partecipanti alle procedure di affidamento dei lavori pubblici, sarebbe stato irragionevolmente esteso anche ai soggetti a cui possono essere affidati contratti pubblici di servizi e forniture. La ricorrente ha altresi' formulato domanda di risarcimento dei danni. Con motivi aggiunti, la Rina S.p.a. ha esteso l'impugnativa alla determinazione dell'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, Servizi e forniture, nella parte in cui indica tra i casi di «divieto di possedere, a qualsiasi titolo, direttamente o indirettamente, una partecipazione al capitale sociale di una SOA», in modo indistinto, tutti i «soggetti indicati all'articolo 34 del Codice», nonche' annovera tra i comportamenti che determinano l'immediata applicazione della decadenza dell'autorizzazione ad esercitare l'attivita' di attestazione anche il venir meno della condizione consistente nel rispetto del suddetto divieto di possedere una partecipazione al capitale sociale di una SOA da parte degli «operatori economici cui possono essere affidati appalti di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture» e, per quanto possa occorrere, al parere dell'Adunanza Generale del Consiglio di Stato, Gab. n. 2/2011, 24 febbraio 2011, n. 852/2011, avente ad oggetto «quesito in ordine al potere dell'autorita' per la vigilanza sui contratti di lavoro, servizi e forniture di negare l'autorizzazione alla partecipazione azionaria della SOA ai sensi dell'articolo 6, comma 6, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207», recante considerazioni di carattere interpretativo circa la portata dell'art. 66 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. A tal fine, ha reiterato le censure gia' dedotte con il ricorso introduttivo del giudizio, sostenendo l'illegittimita' dell'art. 66 d.P.R. n. 207/2010, nella parte in cui impone un generico divieto alla partecipazione al capitale delle SOA in capo a tutti i soggetti indicati all'art. 34 d.lgs. n. 163/2006, estendendo in tal modo indiscriminatamente il divieto di partecipazione anche ai soggetti cui possono essere affidati contratti pubblici di servizi e forniture. L'Avvocatura Generale dello Stato, con ampia ed analitica memoria, in rito, ha eccepito l'inammissibilita' del ricorso per carenza di interesse e, nel merito, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del gravarne. Le parti hanno depositato ulteriori memorie a sostegno delle rispettive ragioni. All'udienza pubblica del 26 ottobre 2011, la causa e' stata trattenuta per la decisione. 2. L'Avvocatura Generale dello Stato ha eccepito la carenza di interesse al ricorso in quanto non sarebbe ravvisabile un interesse attuale e concreto della ricorrente in relazione alle norme regolamentari impugnate. L'eccezione e' da disattendere. Le norme regolamentari, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, devono distinguersi in volizioni «preliminari», contenenti previsioni normative astratte e programmatiche, e volizioni «azioni», contenenti previsioni concrete, destinate all'immediata applicazione (ex multis: Cons. St., IV, 14 febbraio 2005, n. 450). Queste ultime sono immediatamente applicabili in quanto si rivolgono direttamente ai soggetti destinatari, costituendo, modificando o estinguendo un rapporto giuridico tra di loro o tra di loro e la pubblica amministrazione, mentre le volizioni «preliminari», contengono previsioni astratte, che non si traducono in una immediata incisione della sfera giuridica degli amministrati, ma disciplinano l'azione che l'amministrazione dovra' avere in futuro, la quale si esplichera' in atti applicativi idonei a costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico con o tra i destinatari. Ne consegue che le volizioni «azioni», essendo suscettibili di produrre, in via diretta ed immediata, una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica di un determinato soggetto, possono, anzi devono, essere oggetto di immediata ed autonoma impugnazione, mentre, nel caso di volizioni «preliminari», la concreta lesione deriva dall'adozione dell'atto applicativo, per cui la norma regolamentare non deve essere oggetto di autonoma impugnazione, ma deve essere impugnata unitamente al provvedimento applicativo di cui costituisce l'atto presupposto. Nel caso di specie, le norme regolamentari impugnate dalla Rina S.p.a. - contenute negli artt. 66 e 64 del d.P.R. n. 207/2010 nonche' la norma transitoria di cui all'art. 357, comma 21, dello stesso regolamento - costituiscono evidentemente volizioni «azioni» in quanto sono immediatamente e direttamente lesive della sfera giuridica della ricorrente, sicche' possono senz'altro essere autonomamente impugnate. Infatti, la dismissione delle partecipazioni azionarie da parte dei soggetti di cui all'art. 66, comma 1, nel capitale di una SOA nel termine di centottanta giorni di cui all'art. 357, comma 21, cosi' come l'obbligo per le SOA di avere la sede legale nel territorio della Repubblica sono precetti cogenti, che si applicano ai destinatari a prescindere da qualunque provvedimento applicativo e costituiscono, pertanto, un esempio paradigmatico delle cc.dd. volizioni «azioni». 3. Per quanto attiene al divieto per gli organismi di certificazione (soggetti di cui all'art. 3, comma 1, lett. ff), di partecipare al capitale di una SOA, contenuto nell'art. 66, comma 1, d.P.R. n. 207/2010, occorre in primo luogo evidenziare che, diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente, tale norma regolamentare e' applicabile anche a Rina S.p.a., sebbene la stessa abbia eliminato dal proprio oggetto sociale le attivita' relative alla certificazione di sistemi di gestione e qualita' aziendale, in quanto capogruppo di un gruppo comprendente societa', come SOA Rina, che svolge attivita' di attestazione, e come Rina Services, che svolge attivita' di certificazione. In particolare, la ricorrente partecipa al 100% al capitale di Rina Services S.p.a. ed al 99% al capitale sociale di SOA Rina S.p.a. (l'altro 1% e' detenuto da Rina Services), per cui non puo' sussistere dubbio che, sia pure attraverso una modalita' organizzativa che contempla una pluralita' di societa', le controllate confluiscano in un medesimo centro decisionale facente capo alla holding. D'altra parte, la norma in contestazione stabilisce che gli organismi di certificazione non possono possedere «a qualsiasi titolo, direttamente o indirettamente», una partecipazione al capitale sociale di una SOA. La giurisprudenza, in argomento, ha fatto presente che il principio di esclusivita' dell'oggetto sociale della SOA con il corollario del divieto di contemporaneo svolgimento di attivita' di certificazione e di attestazione, e' un principio materiale che, in funzione antielusiva, vieta qualsivoglia negozio o meccanismo con cui si raggiunga l'obiettivo, vietato dalla legge, del contemporaneo svolgimento di attestazione e certificazione da parte del medesimo soggetto. Pertanto, il divieto non si applica solo nel caso di medesimo soggetto giuridico che svolga contemporaneamente attivita' di attestazione e certificazione, e nel caso di organismo di certificazione che abbia una partecipazione nella SOA, ma si applica anche nel caso in cui vi siano formalmente due societa' distinte, una di attestazione e una di certificazione, che non hanno reciproche partecipazione societarie, ma che hanno la medesima compagine societaria, essendo partecipate e controllate dai medesimi soggetti (Cons. St., VI, 16 febbraio 2011, n. 987). 3.1 La ricorrente ha in primo luogo sostenuto che il Consiglio di Stato non si sarebbe mai espresso sulla legittimita' della disposizione. La doglianza non puo' essere condivisa. In proposito, e' sufficiente rilevare che la Sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato, con il parere n. 313, reso in data 24 febbraio 2010, si e' espressa sullo schema di regolamento contemplante la norma impugnata ed al punto 25 dello stesso ha fatto presente che «in relazione al divieto di partecipazione al capitale di una SOA recato dall'articolo 66 per gli organismi di certificazione, l'articolo 357 prevede ora, in via transitoria, un termine di 180 giorni per l'adeguamento della composizione azionaria, termine che puo' ritenersi congruo». Ne consegue che il Consiglio di Stato, in sede consultiva, ha esaminato anche l'art. 66, comma 1, nella nuova formulazione, concludendo, sia pure implicitamente, per la sua legittimita' non avendo formulato specifiche osservazioni. Infatti, avendo valutato congruo il termine per l'adeguamento della compagine societaria, ha evidentemente ritenuto di non formulare rilievi sul presupposto di tale adempimento, vale a dire sul divieto per gli organismi di certificazione di possedere, a qualsiasi titolo, direttamente o indirettamente, una partecipazione al capitale di una SOA. 3.2 Rina S.p.a. ha prospettato che la norma regolamentare si porrebbe in contrasto con l'art. 41 Cost., secondo cui la liberta' di iniziativa economica potrebbe accettare limiti solo se espressi da una fonte di rango legislativo e, in ogni caso, se proporzionati, laddove il codice dei contratti non avrebbe previsto ne' in termini di principio generale ne' sottoforma di disposizione ad hoc un divieto precostituito per gli organismi di certificazione di possedere partecipazioni al capitale sociale delle SOA; in ogni caso, ogni norma che limiti la liberta' di iniziativa economica privata dovrebbe essere interpretata restrittivamente. La doglianza, sotto tale profilo, non puo' essere accolta in quanto non e' possibile ritenere che il divieto in discorso non trovi copertura in una norma di legge sovraordinata. L'art. 4, comma 2, lett. b), legge n. 109/1994, come sostituito dall'art. 2, legge n. 415/1998 ed in vigore fino al 2002, prevedeva che il regolamento con cui e' istituito il sistema di qualificazione unico per tutti gli esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici dovesse definire le modalita' e i criteri di autorizzazione e di eventuale revoca nei confronti degli organismi di attestazione, nonche' i loro requisiti soggettivi, organizzativi, finanziari e tecnici, fermo restando che essi avrebbero dovuto agire in piena indipendenza rispetto ai soggetti esecutori di lavori pubblici destinatari del sistema di qualificazione ed essere soggetti alla sorveglianza dell'Autorita'; i soggetti accreditati nel settore delle costruzioni, ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e delle norme nazionali in materia, al rilascio della certificazione dei sistemi di qualita', su loro richiesta sarebbero stati autorizzati dall'Autorita', ove in possesso dei predetti requisiti, anche allo svolgimento dei compiti di attestazione, fermo restando il divieto per lo stesso soggetto di svolgere sia i compiti della certificazione che quelli dell'attestazione relativamente alla medesima impresa. Di talche', l'art. 13 d.P.R. n. 34/2000 (poi abrogato dall'art. 358, comma 1, lett. d) d.P.R. n. 207/2010 a decorrere dall'8 giugno 2011) aveva previsto che gli organismi gia' accreditati al rilascio di certificazione dei sistemi di qualita', che avessero inteso svolgere anche attivita' di attestazione, sarebbero stati soggetti alla autorizzazione da parte dell'autorita'. In tale sistema normativo, quindi, l'organismo di certificazione avrebbe potuto essere autorizzato a svolgere anche attivita' di attestazione con il limite del divieto di svolgere entrambe le funzioni, di certificazione della qualita' e di attestazione, nei confronti della stessa impresa. Tale limitazione nasce evidentemente dalla esigenza di garantire la rigida separazione tra chi certifica la qualita' (organismo di certificazione) e chi attesta l'esistenza della certificazione di qualita' (organismo di attestazione) in capo ad un unico soggetto da qualificare e cio' al fine di garantire l'imparzialita' della certificazione di qualita' e della relativa attestazione. L'art. 8, legge n. 109/1994, come modificato dall'art. 7, legge n. 166/2002, invece, non ha contemplato piu' la possibilita' che il soggetto accreditato alla certificazione possa svolgere anche attivita' di qualificazione. Per effetto della modifica, infatti, l'art. 8, comma 4, lett. b), legge n. 109/1994 ha previsto che il regolamento definisce in particolare le modalita' e i criteri di autorizzazione e di eventuale revoca nei confronti degli organismi di attestazione, nonche' i requisiti soggettivi, organizzativi, finanziari e tecnici che i predetti organismi devono possedere. La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che, a seguito di tale modifica, non puo' ritenersi che sia venuto meno il divieto di svolgere attivita' di certificazione e di attestazione nei confronti della medesima impresa, mentre, come anche correttamente rilevato dall'Autorita' di vigilanza sui contratti pubblici, l'effetto di tale modifica e' il venir meno della possibilita' di autorizzare i soggetti operanti nella certificazione di qualita' a svolgere anche l'attivita' di attestazione (Cons. St., VI, 16 febbraio 2011, n. 987; Cons. St., VI, 31 gennaio 2011, n. 696; Cons. St., VI, 25 gennaio 2011, n. 510). Pertanto, l'art. 8, comma 4, lett. b), legge n. 109/1994, antecedentemente alle modifiche del 2002, aveva un duplice contenuto precettivo: da un lato, in deroga alla regola dell'esclusivita' dell'oggetto sociale degli organismi di attestazione, consentiva che l'attivita' di attestazione fosse svolta, previa autorizzazione, anche da soggetti certificatori; dall'altro, limitava tale possibilita', impedendo che uno stesso soggetto potesse svolgere attivita' di certificazione e di attestazione nei confronti della stessa impresa. La disposizione, in sostanza, conteneva due norme tra loro strettamente collegate, vale a dire la norma di autorizzazione, derogatoria rispetto al principio dell'esclusivita' dell'oggetto sociale di cui all'art. 7, comma 3, d.P.R. n. 34/2000, e la norma di divieto, avente la finalita' di limitare l'ampiezza, altrimenti eccessiva, di quell'autorizzazione. Di talche', la parziale abrogazione della disposizione ha determinato la caducazione di entrambi i contenuti precettivi, facendo venir meno non solo il divieto, ma prima ancora, e soprattutto, la norma autorizzante, in assenza della quale, ovviamente, nessun limite puo' essere previsto. La circostanza che la legge non preveda piu' il divieto per le societa' di certificazione della qualita' di svolgere anche attivita' di qualificazione con riferimento alla stessa impresa, insomma, non significa affatto che le societa' di certificazione possano svolgere incondizionatamente attivita' di attestazione, ma ha determinato un irrigidimento del sistema, posto che le stesse non possono piu' essere autorizzate a qualificare soggetti esecutori di lavori pubblici, neppure con il limite soggettivo prima esistente. Ne', in senso contrario, sarebbe potuta essere invocata la mancata formale abrogazione, se non a seguito del d.P.R. n. 207/2010, dell'art. 13, d.P.R. n. 34/2000 che, al primo comma, prevede: «gli organismi gia' accreditati al rilascio di certificazione dei sistemi di qualita', che intendono svolgere anche attivita' di attestazione, sono soggetti alla autorizzazione da parte dell'autorita'». Tale disposizione regolamentare, infatti, per effetto delle modifiche legislative intervenute nel 2002, aveva visto svuotato il suo contenuto normativo, perche' fa riferimento ad un'autorizzazione che ormai l'ordinamento non permette piu' di rilasciare. La previsione regolamentare, a seguito della modifica della norma di rango primario, era diventata inapplicabile ed in tal senso si e' espresso il Consiglio di Stato in sede consultiva (Sezione atti normativi, 17 settembre 2007, n. 3262/2007) in occasione del parere sul primo schema di regolamento di attuazione ed esecuzione del codice dei contratti pubblici, ove e' stato rilevato che l'art. 13, d.P.R. n. 34/2000 trovava il suo fondamento nell'originaria formulazione dell'art. 8, comma 4, lett. b), legge n. 109/1994, nel testo anteriore alla legge n. 166/2002. In sostanza, la norma primaria consentiva una deroga al principio secondo cui le SOA possono fare solo le SOA (esclusivita' dell'oggetto sociale), consentendo agli organismi di certificazione di qualita' di svolgere entrambe le attivita', ma, trattandosi di un regime derogatorio, lo stesso deve avere base in una norma primaria che non esiste piu' sin dalla legge n. 166/2002 (il parere e' richiamato, tra l'altro, nella sentenza della Sesta sezione del Consiglio di Stato 16 febbraio 2011, n. 987). Il citato parere, quindi, aveva espresso l'avviso che, avendo l'art. 13, d.P.R. n. 34 del 2000 perso la sua base normativa, non potesse essere riprodotto nel nuovo schema di regolamento. Il principio di esclusivita' dell'oggetto sociale della SOA, come evidenziato nella citata sentenza della Sesta sezione del Consiglio di Stato n. 987/2011, ha il duplice corollario che: a) un medesimo soggetto non puo' contemporaneamente svolgere attivita' di organismo di certificazione e di SOA; b) un organismo di certificazione non puo' avere partecipazioni azionarie in una SOA. La giurisprudenza del Consiglio di Stato, inoltre, ha ripetutamente evidenziato che neppure sussistono dubbi di compatibilita' comunitaria della normativa nazionale, interpretata nel senso appena descritto. Il divieto in questione, infatti, nella misura in cui mira ad affermare la neutralita' e l'imparzialita' dei soggetti chiamati a verificare la sussistenza dei requisiti per partecipare alle gare di appalto, risulta certamente in linea con i principi comunitari che tutelano la concorrenza. Anzi, proprio lo scopo di consentire che alle gare d'appalto in materia di lavori pubblici partecipino soltanto quei soggetti effettivamente in possesso dei requisiti prescritti giustifica, anche sotto il profilo della proporzionalita', il divieto di esercizio congiunto di attivita' di attestazione e di certificazione. Il delineato corpus normativo, risultante dalle modifiche apportate alla legge n. 109/1994 dalla legge n. 166/2002, risulta sostanzialmente riproposto nel codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 163/2006, che, all'art. 40, comma 3, stabilisce che il sistema di qualificazione e' attuato da organismi di diritto privato di attestazione, appositamente autorizzati dall'Autorita', specificando che l'attivita' di attestazione e' esercitata nel rispetto del principio di indipendenza di giudizio, garantendo l'assenza di qualunque interesse commerciale o finanziario che possa determinare comportamenti non imparziali o discriminatori; di contro, la norma non prevede alcuna possibilita' per il soggetto accreditato alla certificazione di svolgere attivita' di qualificazione. In conclusione, nell'attuale assetto normativo, quale risultante dal d.lgs. n. 163/2006 e dal relativo regolamento di attuazione di cui al d.P.R. n. 207/2010, la regola che la funzione di qualificazione sia attuata solo e soltanto dalle SOA, nel rispetto del principio di indipendenza di giudizio, e non possa essere svolta anche dagli organismi di certificazione deve ritenersi stabilita dall'art. 40, comma 3, d.lgs. n. 163/2006 che, di conseguenza, costituisce la base normativa sia dell'art. 66, comma 1, d.P.R. n. 207/2010, laddove prevede che gli organismi di certificazione non possono possedere, a qualsiasi titolo, direttamente o indirettamente, una partecipazione al capitale di una SOA, sia dell'art. 64, comma 3, d.P.R. n. 207/2010, secondo cui lo statuto degli organismi di attestazione deve prevedere come oggetto esclusivo lo svolgimento dell'attivita' di attestazione e di effettuazione dei connessi controlli tecnici sull'organizzazione aziendale e sulla produzione delle imprese di costruzione, nonche' sulle loro capacita' operativa ed economico finanziaria. Ne' puo' ritenersi che la «copertura» legislativa venga meno perche' il divieto di partecipazione azionaria dettato dalla norma regolamentare e' sancito qualunque sia la dimensione della partecipazione, e cioe', anche se la stessa sia sostanzialmente irrilevante, potendo invece essere eventualmente previsto solo in presenza di un nesso societario tra le due imprese, di certificazione e di attestazione, in grado di garantire un'influenza dominante della prima sulla seconda. Detta circostanza non rileva nel caso di specie dove, come gia' evidenziato, esiste un collegamento societario intragruppo tale da determinare una unitarieta' del centro decisionale. Infatti, SOA Rina e' partecipata al 99% da Rina S.p.a. ed all'1% da Rina Services S.p.a., soggetto attualmente accreditato alla certificazione di qualita', la quale e' a sua volta partecipata al 100% da Rina S.p.a., sicche' non puo' sussistere alcun dubbio che, a prescindere dalla partecipazione dell'1% della societa' organismo di certificazione (Rina Services) nella societa' organismo di attestazione (SOA Rina), le stesse confluiscano in un unico centro decisionale facente capo alla holding Rina S.p.a. Pertanto, le censure specificamente dedotte dalla ricorrente, e volte a prospettare l'immediata e diretta illegittimita' dell'art. 66, comma 1, nella parte in cui vieta agli organismi di certificazione di possedere partecipazioni nel capitale delle SOA e dell'art. 64, comma 3, d.P.R. n. 207/2010, nella parte in cui prevede l'esclusivita' dell'oggetto sociale degli organismi di attestazione, devono essere disattese. 3.3 Il Collegio, tuttavia, ritiene che debba essere prospettata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40, comma 3, d.lgs. n. 166/2006, che, come detto, costituisce la base normativa di riferimento delle indicate norme regolamentari, per violazione degli artt. 3 e 41 Cost. L'art. 40, comma 3, infatti, prevede come il sistema di qualificazione sia attuato da organismi di diritto privato di attestazione, appositamente autorizzati dall'Autorita', specificando che l'attivita' di attestazione e' esercitata nel rispetto del principio di indipendenza di giudizio, garantendo l'assenza di qualunque interesse commerciale o finanziario che possa determinare comportamenti non imparziali o discriminatori, sicche', ponendo il principio di esclusivita' dell'oggetto delle SOA, ha il duplice corollario di vietare ad un medesimo soggetto di svolgere contemporaneamente attivita' di organismo di certificazione e di SOA e di vietare ad un organismo di certificazione di avere partecipazioni azionarie in una SOA. Ne consegue che il giudizio di legittimita' costituzionale di tale norma di legge e' rilevante ai fini del giudizio in corso in quanto l'interesse sostanziale dedotto in giudizio dalla Rina S.p.a. e' quello di potere svolgere entrambe le attivita', di certificazione e di attestazione, attraverso le controllate Rina Services S.p.a., di cui la ricorrente capogruppo detiene il 100% del capitale azionario, e Rina Soa S.p.a., di cui la ricorrente capogruppo detiene il 99% del capitale azionario, mentre, per effetto della richiamata norma di legge, di cui le norme regolamentari costituiscono applicazione, lo svolgimento contestuale di entrambe le attivita' da parte del gruppo RINA non e' possibile, cosi' come non e' possibile la partecipazione azionaria di Rina Services S.p.a. e di Rina S.p.a. nel capitale azionario di Rina SOA. L'art. 41 Cost. sancisce la liberta' dell'iniziativa economica privata (primo comma), stabilendo al contempo che la stessa non puo' svolgersi in contrasto con l'utilita' sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta', alla dignita' umana (secondo comma) e prevedendo che sia la legge a determinare i programmi e i controlli opportuni perche' l'attivita' economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali (terzo comma). L'iniziativa economica privata e l'intervento pubblico nell'economia come delineato nella Costituzione, quindi, possono coesistere, ma e' necessario che i due tipi di intervento siano resi complementari e armonizzati per il raggiungimento di fini sociali e di benessere collettivo. Ne consegue che l'esercizio della liberta' economica privata puo' essere limitato, ma solo per ragioni di utilita' sociale, sicche' il rispetto della norma costituzionale postula che l'imposizione di limiti deve rispondere ai criteri di ragionevolezza e proporzionalita'. In particolare, i limiti posti alla liberta' di iniziativa economica privata, per essere legittimi, devono essere diretti a tutelare, con carattere di adeguatezza e proporzionalita', altri valori di rilevanza costituzionale. Ora, se non c'e' dubbio che nella fattispecie in esame i limiti discendenti dalla norma di legge, essendo volti a garantire la neutralita' e l'imparzialita' dei soggetti chiamati a verificare la sussistenza dei requisiti per partecipare alle gare di appalto, sono in linea di massima certamente aderenti a valori di rilievo costituzionale, come la concorrenza, ed ai principi comunitari, occorre pero' rilevare che lo stesso risultato di indipendenza e neutralita' potrebbe essere messo a rischio non gia' dalla teorica possibilita' per uno stesso gruppo societario di attestare sia la certificazione di qualita' che i requisiti di qualificazione, ma dalla concreta ipotesi che tale duplice attivita' sia svolta nei confronti della medesima impresa. In altri termini, se e' vero che potrebbe sussistere un vulnus alla fondamentale esigenza della imparzialita' e della indipendenza della SOA nell'accertamento del possesso della certificazione di qualita' in capo alle imprese, laddove tale certificazione sia stata rilasciata da un soggetto che partecipa alla SOA stessa, facendo parte della relativa compagine societaria, e' altrettanto vero che tale vulnus sembrerebbe sussistere solo ove le attivita' siano svolte nei confronti della stessa impresa da certificare ed attestare. Pertanto, se e' certamente ragionevole e proporzionato che le due attivita' in discorso non possano essere svolte da uno stesso soggetto nei confronti della medesima impresa, appare invece sproporzionato rispetto alla finalita' perseguita dalla norma e, per tale motivo, irragionevole che sia sic et simpliciter escluso che una societa', o un gruppo societario con un medesimo centro di imputazione decisionale, possa svolgere entrambe le attivita', senza prevedere invece tale possibilita' con il limite del divieto di svolgimento nei confronti della stessa impresa. D'altra parte, la soluzione in questa sede ipotizzata era quella gia' delineata dal legislatore della legge quadro del 1994, prima delle modifiche legislative intervenute con legge n. 166/2002, e la stessa, ad avviso del Collegio, sembra piu' congrua e proporzionata e, quindi, maggiormente idonea a garantire l'equilibrio tra tutti i valori costituzionali che assumono rilievo nella fattispecie. La norma in discorso sembra parimenti contrastare con l'art. 3 Cost., che sancisce il principio di uguaglianza tra i soggetti dell'ordinamento, in quanto si traduce in una disparita' di trattamento tra gli operatori economici laddove agli organismi di certificazione preclude sic et simpliciter la possibile partecipazione al capitale delle SOA anche nell'ipotesi in cui, ove previsto il divieto di contestuale attestazione e certificazione nei confronti di una stessa impresa, non sembrerebbe sussistere un vulnus ai principi di imparzialita' ed indipendenza e gli altri soggetti che possono liberamente detenere partecipazioni al capitale delle SOA. In altri termini, la discrezionalita' legislativa trova sempre un limite nella ragionevolezza delle statuizioni volte a giustificare la disparita' di trattamento tra i cittadini. Nel caso di specie - atteso che il principio di indipendenza ed imparzialita' sembra poter essere efficacemente tutelato con una previsione normativa volta ad escludere lo svolgimento delle attivita' di certificazione e di attestazione nei confronti di una medesima impresa, mentre, come detto, il divieto assoluto per gli organismi di certificazione di partecipare al capitale sociale delle SOA appare sproporzionato e debordante rispetto alla finalita' perseguita dalla norma - il trattamento differente riservato agli organismi di certificazioni appare violativo del canone di ragionevolezza al quale la discrezionalita' del legislatore deve ontologicamente ispirarsi. Di qui, la non manifesta infondatezza e la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40, comma 3, d.lgs. n. 166/2006, per violazione degli artt. 3 e 41 Cost., laddove la norma sostanzialmente prevede l'esclusivita' dell'oggetto sociale delle SOA con il duplice corollario di vietare ad un medesimo soggetto di svolgere contemporaneamente attivita' di organismo di certificazione e di SOA e di vietare ad un organismo di certificazione di avere partecipazioni azionarie in una SOA. Pertanto, occorre sospendere il giudizio, relativamente all'impugnazione dell'art. 66, comma 1, e dell'art. 64, comma 3, d.P.R. n. 207/2010 nonche' dell'art. 357, comma 21, d.P.R. n. 207/2010, secondo cui, in relazione all'art. 66, comma 1, le SOA, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso regolamento, adeguano la propria composizione azionaria al divieto di partecipazione per i soggetti di cui all'art. 3, comma 1, lett. ff), dandone comunicazione all'Autorita', e rimettere gli atti alla Corte costituzionale affinche' si pronunci sulla questione. La sospensione del giudizio va estesa anche alla norma transitoria in quanto l'eventuale dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 40, comma 3, d.lgs. n. 163/2006 in parte qua determinerebbe la cessata materia del contendere in ordine all'impugnazione dell'art. 357, comma 21, d.P.R., non rendendosi piu' necessaria la dismissione azionaria. Viceversa, tale norma transitoria non puo' ritenersi di per se' illegittima per l'incongruita' del termine appositamente previsto, atteso che il regolamento e' stato pubblicato il 10 dicembre 2010 ed e' entrato in vigore il 9 giugno 2011, per cui e' a tale ultima data che occorre fare riferimento per la decorrenza dell'ulteriore termine di 180 giorni. In definitiva, quindi, il margine temporale previsto per la dismissione delle partecipazione azionarie nel capitale delle SOA e' di circa un anno a far tempo dalla data di pubblicazione del regolamento e tale termine non puo' ritenersi inadeguato.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 41 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40, comma 3, d.lgs. n. 163/2006 nella parte in cui, ponendo il principio di esclusivita' dell'oggetto delle SOA, ha il duplice corollario di vietare ad un medesimo soggetto di svolgere contemporaneamente attivita' di organismo di certificazione e di SOA e di vietare ad un organismo di certificazione di avere partecipazioni azionarie in una SOA; Dispone la sospensione del giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2011. Il Presidente: Politi L'estensore: Caponigro