N. 96 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 febbraio 2012
Ordinanza emessa dal Tribunale di Roma nel procedimento civile promosso da Zeppilli Maurizio contro Ministero dell'economia e delle finanze. Lavoro (rapporto di) - Componenti del Servizio Consultivo ed Ispettivo Tributario (SECIT) nominati quali esperti non di ruolo dell'Amministrazione pubblica - Previsione con norma autoqualificata interpretativa che l'incarico onorario di esperto consultivo ed ispettivo tributario si intende cessato ad ogni effetto, sia giuridico sia economico, dalla data di entrata in vigore della legge censurata - Violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo della disparita' di trattamento e della violazione dei principi di certezza del diritto e di affidamento. - Decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, art. 2, comma 1-ter, aggiunto dalla legge 1 ottobre 2010, n. 163. - Costituzione, art. 3.(GU n.21 del 23-5-2012 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura integrale all'udienza del 22 febbraio 2012, la seguente ordinanza nella causa in materia di lavoro, iscritta al n. 13725/11 r.a.c.c., vertente tra Zeppilli Maurizio, elettivamente domiciliato in Roma, Foro Traiano 1/A, presso lo studio degli avv.ti Giorgio Cosmelli, Giuliana Caira e Alberto Gava, che lo rappresentano e difendono per procura in calce al ricorso introduttivo, ricorrente, e Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del legale rappresentante pro-tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso gli uffici dell'Avvocatura generale dello Stato, che per legge lo rappresenta e difende, resistente. 1. Con ricorso ex art. 409 c.p.c., depositato il 15.4.2011, Maurizio Zeppilli adiva questo Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, esponendo: di essere stato nominato, con D.P.C.M. 28.6.2007, componente esperto a tempo pieno, esterno ai ruoli della P.A., del Servizio Consultivo ed Ispettivo Tributario (SECIT), originariamente istituito dalla legge 146/80 e regolato, quanto a funzioni, composizione e funzionamento, da svariate fonti normative successive; che l'incarico, secondo quanto stabilito dal citato D.P.C.M., in conformita' con l'art. 3 comma 1 lett. d) d.lgs. 173/03 (testo allora vigente), era di durata triennale; che, in data 5.9.2007, l'esponente, previo giuramento, era immesso nell'incarico, venendo successivamente distaccato, ai sensi dell'art. 22 comma 1 D.P.R. 107/01, testo allora vigente (e dell'art. 4 comma 3-bis decreto-legge 138/02 convertito in legge 178/02), al Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), per le esigenze di studio del medesimo; che tale assegnazione perdurava sino al 9.6.2008, data della sua «restituzione» al SECIT; che, con l'entrata in vigore (26.6.2008) del decreto-legge 112/08, convertito in legge 133/08, art. 45, il SECIT veniva soppresso, le relative funzioni attribuite al Dipartimento delle Finanze del MEF ed il relativo personale di ruolo restituito alle amministrazioni di appartenenza (ovvero, se del ruolo del MEF, assegnato al Dipartimento stesso); che all'esponente veniva quindi comunicata, verbalmente, la cessazione immediata dell'incarico di esperto SECIT. Cio' premesso, il ricorrente, sul presupposto della natura subordinata a termine del suo rapporto con il SECIT, denunciava come illegittima la risoluzione cosi' intervenuta e come inadempiente rispetto alle obbligazioni retributive assunte la condotta dell'Amministrazione, e ne domandava la condanna al pagamento delle spettanze economiche dal 26.6.2008 al 4.9.2010 (data di naturale scadenza del suo incarico), anche agli effetti riflessi quanto al TFR ed alla contribuzione previdenziale. In subordine, e per l'ipotesi che il rapporto con il SECIT dovesse essere qualificato come autonomo, il ricorrente invocava l'applicazione dell'art. 2227 c.c. sul recesso unilaterale del committente e domandava, parimenti, la condanna di controparte al pagamento del relativo indennizzo, parametrato sulle spettanze di cui sopra. 2. Instaurato ritualmente il contraddittorio, si costituiva in giudizio l'Amministrazione, che negava la configurabilita' di un rapporto subordinato di pubblico impiego, rilevava che la disposizione legislativa soppressiva del SECIT valesse come causa sopravvenuta d'impossibilita' totale della prestazione ex art. 1463 c.c., e in ogni caso segnalava l'entrata in vigore, sin dal 6.10.2010, dell'art. 2 comma 1-ter decreto-legge 125/10, introdotto dalla legge di conversione legge 163/10, norma d'interpretazione autentica tesa a chiarire la natura onoraria dell'incarico di esperto SECIT e la definitiva cessazione del medesimo incarico, ad ogni effetto giuridico ed economico, alla data di soppressione legislativa del Servizio. L'Amministrazione concludeva, pertanto, per la reiezione del ricorso. 3. All'udienza odierna, all'esito della discussione, il giudice pronunciava e dava lettura della presente ordinanza di promovimento di questione di legittimita' costituzionale. Ricognizione normativa. 1. Il Servizio Consultivo ed Ispettivo Tributario (SECIT) e' stato istituito, nell'ambito dell'Amministrazione finanziaria, con legge 146/80 (artt. 9 segg.), e le sue attribuzioni e la sua organizzazione sono state nel tempo variamente disciplinate da fonti successive (che peraltro non hanno alterato le linee fondamentali della sua impostazione originaria). Di seguito si fara' riferimento alla disciplina vigente all'atto della nomina del ricorrente a suo componente (giugno 2007), che non conoscera' ulteriori modificazioni sino all'intervenuta soppressione del Servizio (giugno 2008). 1.1 Compiti e finalita' del SECIT risultavano dall'art. 22 comma 1 D.P.R. 107/01, e consistevano nell'elaborazione di studi di politica economica e tributaria e di analisi fiscale in conformita' agli indirizzi del ministro (gia' delle finanze, poi dell'economia e delle finanze). Il servizio esplicava le sue attivita' mediante un organico composto di cinquanta esperti (art. 22 comma l D.P.R. 107/01), scelti (art. 10 secondo comma legge 146/80 e succ. mod.) tra i funzionari dell'amministrazione finanziaria e delle altre pubbliche amministrazioni con qualifica non inferiore a dirigente, tra il personale di magistratura avente almeno la ex qualifica di appello [esperti gia' di ruolo], e tra soggetti non appartenenti alla pubblica amministrazione in possesso di elevate competenze ed esperienza professionale nelle discipline economico-finanziarie, statistiche, contabili o aziendalistiche [esperti non di ruolo, esterni alla P.A., quale appunto l'odierno ricorrente]. Per soddisfare esigenze di studio del dipartimento, il ministro suddetto poteva distaccare presso lo stesso [come accaduto per l'odierno ricorrente] esperti SECIT sino alla concorrenza di meta' dell'organico; esperti posti in tal caso alle dipendenze funzionali del capo dipartimento (art. 22 comma 1 D.P.R. 107/01). Gli esperti erano tutti nominati con D.P.C.M., su proposta del ministro suddetto (art. 10 terzo comma legge 146/80 e succ. mod.). La durata massima dell'incarico - antecedentemente stabilita (dall'art. 10 quarto comma legge 146/80, come modificato dal d.lgs. 361/98) mediante richiamo alla disciplina sulla temporaneita' degli incarichi dei dirigenti della P.A. - era triennale, con rinnovabilita' per non piu' di una volta (art. 3, comma 1, lett. d, terza proposizione, d.lgs. 173/03). Gli esperti appartenenti a ruoli diversi dall'Amministrazione delle finanze erano collocati fuori ruolo, o in posizione equivalente, per la durata dell'incarico (art. 10 quarto comma legge 146/80 e succ. mod.). Gli esperti (art. 11, settimo comma, legge 146/80 e succ. mod.) dovevano osservare il segreto d'ufficio, ed astenersi relativamente ad affari nei quali essi stessi o parenti o affini avessero interesse; non potevano esercitare attivita' professionali o di consulenza ne' ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, pena la decadenza dall'incarico, salvo che per gli esperti a tempo parziale. Gli esperti a tempo parziale (art. 4 comma 3-bis decreto-legge 138/02 convertito in legge 178/02) potevano essere assunti o con rapporto dipendente a tempo parziale, o mediante rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. Per quanto riguarda lo stato giuridico, agli esperti SECIT non appartenenti alla P.A. si applicavano, indipendentemente dalla loro provenienza, le disposizioni in materia riguardanti gli impiegati civili dello Stato (art. 18 comma 3 D.P.R. 287/92). Quanto al trattamento economico, agli esperti ne spettava uno onnicomprensivo, pari al trattamento fondamentale previsto dal CCNL dei dirigenti di prima fascia, oltre ad una speciale indennita' (art. 22 comma 3 D.P.R. 107/01). 1.2 Tale il quadro normativo nella cui vigenza Zeppilli assume, dopo aver prestato giuramento il 5.9.2007, l'incarico triennale, quale esperto esterno. Nel corso di tale incarico, l'art. 45 comma 1 decreto-legge 112/08, convertito in legge 133/08, viene a disporre: «A decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto [25.6.2008], il Servizio consultivo ed ispettivo tributario e' soppresso e, dalla medesima data, le relative funzioni sono attribuite al Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ed il relativo personale amministrativo e' restituito alle amministrazioni di appartenenza ovvero, se del ruolo del Ministero dell'economia e delle finanze, assegnato al Dipartimento delle finanze di tale Ministero». Tale sopravvenienza normativa segna per Zeppilli, esperto non di ruolo, l'immediata estinzione dell'incarico. Effetto di cui egli si duole con l'odierno ricorso. Natura del rapporto. 2. Tale quadro normativo riflette, in modo palese, con riguardo all'esperto SECIT estraneo alla P.A., l'esistenza di un rapporto di lavoro, di natura dipendente e a termine. 2.1 Inequivoco e', infatti, il richiamo, da parte delle disposizioni sopra esaminate, alla disciplina inerente lo stato giuridico dei pubblici dipendenti e, quanto al trattamento economico, a quella dei dirigenti (che sono, pacificamente, lavoratori subordinati), richiamo valevole indistintamente sia per i componenti del Servizio gia' nei ruoli della P.A. (e, dunque, in forza a tempo indeterminato) sia per i componenti non di ruolo, legati all'Amministrazione medesima da vincolo a tempo determinato. Il Consiglio di Stato, chiamato a giudicare su aspetti inerenti il trattamento previdenziale degli ispettori SECIT, ebbe gia' a rilevare (sezione IV, decisione 7.7.1988, n. 587) come il Servizio «si configur(asse) in realta' come un'organizzazione inserita, istituzionalmente, nell'ambito del Ministero delle finanze per l'espletamento di molteplici delicatissime attribuzioni in materia tributaria». «In linea di principio si deve quindi ritenere», proseguiva l'Alto Consesso, «che il personale addetto al suindicato Servizio sia legato allo Stato da un rapporto di pubblico impiego, atteso che tale personale pone, appunto, le proprie energie lavorative a disposizione della pubblica Amministrazione (Amministrazione finanziaria) per il raggiungimento dei suoi fini istituzionali, quali quelli specificamente individuati e previsti» dalla legge, sicche' «gli ispettori tributari di provenienza esterna devono considerarsi, sostanzialmente, dipendenti pubblici a tempo determinato che occupano posti nella dotazione organica del Ministero delle finanze» (ibidem). Solo per gli esperti nominati a tempo parziale, la legge, come visto, ammetteva la costituzione, in alternativa al rapporto di lavoro dipendente, di mere collaborazioni di natura coordinata e continuativa, che avrebbero certamente richiesto un'apposita formalizzazione in deroga alla direttiva di carattere generale. 2.2 Le chiare indicazioni normative sono confortate, quanto a Zeppilli, dallo svolgimento concreto del rapporto, nella sua parte giuridico-conformativa e nella sua parte economica. Sotto il primo profilo, risulta che Zeppilli, secondo quanto autorizzato dall'art. 22 comma 1 D.P.R. 107/01, venne, per la quasi totalita' del rapporto, distaccato presso il Dipartimento per le politiche fiscali, per le esigenze del medesimo, rimanendo «a disposizione» del Capo Dipartimento (cfr. doc. 6 fasc. ric.). Quanto all'aspetto economico, e' stato dal ricorrente comprovato (cfr. docc. 10 e 20 suo fasc.) che gli sia stato applicato il trattamento specificamente previsto per i lavoratori dipendenti (quanto al recupero delle ore di ritardo, alle ferie, ai permessi, alla tredicesima etc.) e che fosse iscritto alla Cassa dipendenti statali dell'INPDAP; ed e' stato da lui dedotto, senza smentita ex adverso, che alla cessazione del rapporto gli sia stato corrisposto il TFR. Conseguenze in caso di anticipata cessazione del rapporto. 3. Ora e' noto che il rapporto di lavoro a tempo determinato, al di fuori del recesso per giusta causa di cui all'art. 2119 c.c., puo' essere risolto anticipatamente non gia' per un giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'art. 3 legge 604/66, ma soltanto in presenza delle ipotesi di risoluzione del contratto previste dagli artt. 1453 ss. c.c. Ne consegue che, qualora il datore di lavoro proceda ad una riorganizzazione del proprio assetto produttivo, non puo' avvalersi di tale fatto per risolvere in anticipo un contratto di lavoro a tempo determinato (Cass. 3276/09). 3.1 La soppressione del SECIT, decisione sovrana del legislatore, costituisce senza dubbio atto di primaria rilevanza incidente sull'organizzazione datoriale, non tale tuttavia da integrare, nell'ambito di una locatio operarum a tempo determinato, un'ipotesi d'impossibilita' sopravvenuta totale della prestazione, che sarebbe riscontrabile solo a fronte dell'accertata preclusione di ogni proficuo riutilizzo del lavoratore. Quest'ultima circostanza non e' stata ne' compiutamente allegata dall'Amministrazione, ne' comunque dimostrata. Il ricorrente ha invece documentato (cfr. doc. 13 suo fascicolo) che l'Amministrazione aveva rilevanti vacanze di organico presso vari suoi dipartimenti, tra cui quello delle politiche fiscali - che e' poi il dipartimento cui risultano ri-attribuite le funzioni gia' intestate al SECIT -, vacanze di cui, a breve distanza di tempo, si sarebbe avviata la copertura. 3.2 Fondata appariva pertanto la pretesa del lavoratore di essere adibito, soppresso il SECIT, all'esecuzione di ulteriori prestazioni presso l'Amministrazione delle finanze, da cui dipendeva con rapporto a tempo determinato, sino alla scadenza del termine, e di percepire l'intera retribuzione per la durata come originariamente pattuita. Interpretazione autentica e sua portata. 4. Senonche', con l'art. 2, comma 1-ter, decreto-legge 125/10, convertito in legge 163/10, il legislatore e' venuto in argomento, stabilendo che: «L'articolo 45, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008; n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, si interpreta nel senso che l'incarico onorario di esperto del servizio consultivo ed ispettivo tributario si intende in ogni caso cessato ad ogni effetto, sia giuridico sia economico, a decorrere dalla data di entrata in vigore della predetta disposizione». 4.1 Trattasi di norma dichiaratamente, ed effettivamente, d'interpretazione autentica, con la quale il legislatore ha inteso: anzitutto, autoritativamente qualificare, ora per allora, come onorario l'incarico dell'esperto SECIT; in coerenza con tale qualificazione, disporne la cessazione contestuale alla soppressione del SECIT, con esclusione di qualsiasi eventuale pretesa del lavoratore, di ordine giuridico ed economico. Tale e' senza dubbio la ratio della disposizione, conforme al piano significato letterale della medesima. Ed in questo significato la disposizione e' stata gia' applicata nelle prime pronunce successive alla sua emanazione (cfr. sentenze docc. 5 e 6 fasc. res., nonche' ordinanza inibitoria ex art. 283 c.p.c. in atti). Vano e' pertanto il tentativo, in cui parte ricorrente si cimenta nelle note defensionali conclusive, di offrirne un'interpretazione compatibile con gli assunti di cui in domanda. Chiara e' allora l'incidenza della norma sul presente giudizio, destinato dalla medesima ad esito diverso, ed opposto, a quello che il preesistente assetto normativo avrebbe determinato. Dubbio di legittimita' costituzionale. 5. Il Tribunale dubita, tuttavia, della legittimita' costituzionale di siffatta disposizione legislativa, con riferimento all'art. 3 primo comma Cost. 5.1. La Corte costituzionale ha piu' volte chiarito che il legislatore puo' adottare norme di interpretazione autentica se la loro retroattivita' trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza, a patto quindi che la scelta cosi' imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, cosi' rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore, e sempre che lo ius superveniens neppure contrasti con altri valori e interessi costituzionalmente protetti, tra cui il divieto d'introdurre ingiustificate disparita' di trattamento, la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti dell'ordinamento quale principio connaturato allo Stato di diritto, la coerenza e la certezza dell'ordinamento stesso (cfr. sentenze 271/11, 93/11, 209/10, 24/09, 170/08, 234/07, 374/02). 5.2 In questo quadro, si deve osservare che l'interpretazione-qualificazione data dal legislatore non puo' in alcun modo essere ricondotta ad uno dei possibili originari significati della disposizione interpretata. Si puo', al limite, revocare in dubbio, nonostante gli evidenti indici qualificatori sopra indicati, la ricostruzione del rapporto dell'esperto SECIT nei termini della subordinazione. L'alternativa sara' ammettere la ricorrenza degli elementi della collaborazione coordinata e continuativa, o para-subordinazione che dir si voglia (tesi in effetti recepita da una pronuncia di questo Tribunale, cfr. doc. 1 fasc. res., che peraltro giunge comunque all'accoglimento del ricorso). Certo e', invece, che escludere l'esistenza, nella fattispecie, di un rapporto professionale di servizio tra l'esperto e l'Amministrazione, e ricondurre il primo alla figura del funzionario onorario, cozza manifestamente con tutti gli indici di riconoscimento elaborati dalla giurisprudenza (cfr. Cass., sez. un., 11272/98), posto che l'esperto SECIT non era scelto con valutazioni di tipo politico-discrezionale (ma di carattere tecnico-professionale); era inserito in modo strutturale e professionale nell'organizzazione dell'Amministrazione; svolgeva, come visto, un rapporto provvisto di specifica e minuziosa disciplina; percepiva un compenso non meramente indennitario, ma inerente al rapporto sinallagmatico esistente tra le parti (e parametro, infatti, al trattamento economico della dirigenza pubblica). L'Avvocatura generale dello Stato indica, a sostegno della pregressa natura onoraria dell'attivita' svolta dall'esperto SECIT, o almeno della plausibilita' della relativa opzione ermeneutica, elementi, quali l'uso del nome «incarico» per qualificare il rapporto, la selezione a chiamata (e non per concorso) del relativo personale, la temporaneita' con una ricostruzione del rapporto nei termini del lavoro dipendente a termine. Non assumono, poi, alcuna speciale valenza qualificatoria ne' l'investitura mediante (sola) nomina, anziche' mediante susseguente stipula del contratto; ne' il collocamento fuori ruolo del personale gia' «strutturato», in servizio presso altre amministrazioni; ne' la previsione di ipotesi di «decadenza» dall'incarico (che altro non sono che ipotesi di risoluzione non discrezionale del rapporto, al verificarsi di presupposti vincolati e predeterminati). 5.3 Non e' contestabile che gli esperti SECIT, in particolare quelli esterni ai ruoli della P.A., abbiano riposto un legittimo affidamento sulla natura professionale dell'attivita' da essi esercitata, pacificamente riconosciuta dalla pressoche' unanime giurisprudenza, e sulle conseguenze che ne sarebbero derivate in ordine alla permanenza del rapporto per il tempo stabilito (le residue sentenze, versate in atti dall'Avvocatura generale dello Stato, sono infatti tutte di accoglimento, tranne quella doc. 4, che riguarda pero' fattispecie inconferente). E occorre qui ricordare che, in vista dell'assunzione dell'incarico al SECIT, Zeppilli (cfr. doc. 3 fasc. ric.) aveva rinunciato ad altro incarico dirigenziale non di ruolo gia' conferitogli. 5.4 Ne deriva che la norma di cui si tratta non ha imposto una scelta rientrante tra le possibili varianti di senso del testo originario, ne' e' intervenuta per risolvere contrasti giurisprudenziali (prima del suo intervento constano sentenze tutte favorevoli agli esperti SECIT ricorrenti), ma ha realizzato, con efficacia retroattiva, una sostanziale modifica della normativa precedente, incidendo, in violazione dell'art. 3 Cost., in modo irragionevole sul legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, che costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto. 5.5 Non reputa viceversa il Tribunale - occorre qui aggiungere per completezza - di porre alla Corte costituzionale l'ulteriore questione avente a parametro l'art. 117 primo comma Cost., con riferimento all'art. 6 CEDU sul diritto all'equo processo, per la decisiva ragione che la norma d'interpretazione autentica e' antecedente la proposizione del presente giudizio, sicche' e' da escludere, con concreto riferimento a quest'ultimo, l'ingerenza del legislatore allo scopo diretto d'influenzarlo. 5.6 Cio' nulla toglie alla rilevanza della questione, giacche' l'esito della controversia e' comunque inevitabilmente condizionato dalla decisione che sara' assunta dalla Corte costituzionale, l'accoglimento del ricorso dipendendo dall'eventuale accoglimento della questione medesima.
P.Q.M. Non definitivamente pronunciando, visti gli artt. 134 Cost., 1 legge cost. 9.2.1948 n. 1, 23. Legge 11.3.1953 n. 87: dichiara rilevante, e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1-ter, decreto-legge 125/10, convertito in legge 163/10, per contrasto con l'art. 3 primo comma Cost.; dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; sospende il processo in corso; dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza, pronunciata in udienza, sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma il 22 febbraio 2012. Il Giudice: Centofanti