N. 96 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 febbraio 2012

Ordinanza emessa  dal  Tribunale  di  Roma  nel  procedimento  civile
promosso da Zeppilli Maurizio contro Ministero dell'economia e  delle
finanze. 
 
Lavoro  (rapporto  di)  -  Componenti  del  Servizio  Consultivo   ed
  Ispettivo Tributario (SECIT) nominati quali esperti  non  di  ruolo
  dell'Amministrazione    pubblica    -    Previsione    con    norma
  autoqualificata interpretativa che l'incarico onorario  di  esperto
  consultivo ed ispettivo  tributario  si  intende  cessato  ad  ogni
  effetto, sia giuridico sia economico,  dalla  data  di  entrata  in
  vigore  della  legge  censurata  -  Violazione  del  principio   di
  uguaglianza sotto il profilo  della  disparita'  di  trattamento  e
  della  violazione  dei  principi  di  certezza  del  diritto  e  di
  affidamento. 
- Decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, art. 2, comma 1-ter,  aggiunto
  dalla legge 1 ottobre 2010, n. 163. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.21 del 23-5-2012 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Ha  pronunciato  e   pubblicato,   mediante   lettura   integrale
all'udienza del 22 febbraio 2012, la seguente ordinanza  nella  causa
in materia di lavoro, iscritta al n. 13725/11 r.a.c.c., vertente  tra
Zeppilli Maurizio, elettivamente domiciliato in  Roma,  Foro  Traiano
1/A, presso lo studio degli avv.ti Giorgio Cosmelli, Giuliana Caira e
Alberto Gava, che lo rappresentano e difendono per procura  in  calce
al ricorso introduttivo,  ricorrente,  e  Ministero  dell'economia  e
delle finanze, in  persona  del  legale  rappresentante  pro-tempore,
domiciliato in Roma, via dei Portoghesi  n.  12,  presso  gli  uffici
dell'Avvocatura generale dello Stato, che per legge lo rappresenta  e
difende, resistente. 
    1. Con ricorso ex  art.  409  c.p.c.,  depositato  il  15.4.2011,
Maurizio Zeppilli adiva questo Tribunale, in funzione di giudice  del
lavoro, esponendo: 
        di essere stato nominato, con D.P.C.M. 28.6.2007,  componente
esperto a tempo pieno, esterno ai  ruoli  della  P.A.,  del  Servizio
Consultivo ed Ispettivo Tributario (SECIT), originariamente istituito
dalla legge 146/80 e regolato,  quanto  a  funzioni,  composizione  e
funzionamento, da svariate fonti normative successive; 
        che l'incarico, secondo quanto stabilito dal citato D.P.C.M.,
in conformita' con l'art. 3 comma 1 lett.  d)  d.lgs.  173/03  (testo
allora vigente), era di durata triennale; 
        che, in data 5.9.2007, l'esponente,  previo  giuramento,  era
immesso nell'incarico, venendo successivamente distaccato,  ai  sensi
dell'art. 22 comma 1 D.P.R. 107/01, testo allora vigente (e dell'art.
4 comma 3-bis decreto-legge 138/02 convertito in  legge  178/02),  al
Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero  dell'economia  e
delle finanze (MEF), per le esigenze di studio del medesimo; 
        che tale assegnazione perdurava sino al 9.6.2008, data  della
sua «restituzione» al SECIT; 
        che, con l'entrata in vigore  (26.6.2008)  del  decreto-legge
112/08,  convertito  in  legge  133/08,  art.  45,  il  SECIT  veniva
soppresso, le relative  funzioni  attribuite  al  Dipartimento  delle
Finanze del MEF ed il relativo personale  di  ruolo  restituito  alle
amministrazioni di  appartenenza  (ovvero,  se  del  ruolo  del  MEF,
assegnato al Dipartimento stesso); 
        che all'esponente veniva quindi comunicata,  verbalmente,  la
cessazione immediata dell'incarico di esperto SECIT. 
    Cio'  premesso,  il  ricorrente,  sul  presupposto  della  natura
subordinata a termine del suo rapporto con il SECIT, denunciava  come
illegittima la risoluzione  cosi'  intervenuta  e  come  inadempiente
rispetto  alle   obbligazioni   retributive   assunte   la   condotta
dell'Amministrazione, e ne domandava la condanna al  pagamento  delle
spettanze economiche dal 26.6.2008  al  4.9.2010  (data  di  naturale
scadenza del suo incarico), anche agli effetti riflessi quanto al TFR
ed alla contribuzione previdenziale. 
    In subordine, e per  l'ipotesi  che  il  rapporto  con  il  SECIT
dovesse essere qualificato  come  autonomo,  il  ricorrente  invocava
l'applicazione  dell'art.  2227  c.c.  sul  recesso  unilaterale  del
committente e domandava, parimenti, la  condanna  di  controparte  al
pagamento del relativo indennizzo, parametrato sulle spettanze di cui
sopra. 
    2. Instaurato ritualmente il contraddittorio,  si  costituiva  in
giudizio l'Amministrazione, che  negava  la  configurabilita'  di  un
rapporto  subordinato  di   pubblico   impiego,   rilevava   che   la
disposizione legislativa soppressiva del  SECIT  valesse  come  causa
sopravvenuta d'impossibilita' totale della prestazione ex  art.  1463
c.c.,  e  in  ogni  caso  segnalava  l'entrata  in  vigore,  sin  dal
6.10.2010, dell'art. 2 comma 1-ter decreto-legge  125/10,  introdotto
dalla legge di  conversione  legge  163/10,  norma  d'interpretazione
autentica tesa a chiarire la natura onoraria dell'incarico di esperto
SECIT e la definitiva  cessazione  del  medesimo  incarico,  ad  ogni
effetto giuridico ed economico, alla data di soppressione legislativa
del Servizio. 
    L'Amministrazione concludeva,  pertanto,  per  la  reiezione  del
ricorso. 
    3. All'udienza odierna, all'esito della discussione,  il  giudice
pronunciava e dava lettura della presente ordinanza  di  promovimento
di questione di legittimita' costituzionale. 
Ricognizione normativa. 
    1. Il Servizio Consultivo  ed  Ispettivo  Tributario  (SECIT)  e'
stato istituito, nell'ambito  dell'Amministrazione  finanziaria,  con
legge 146/80 (artt.  9  segg.),  e  le  sue  attribuzioni  e  la  sua
organizzazione sono state nel tempo variamente disciplinate da  fonti
successive (che peraltro non hanno  alterato  le  linee  fondamentali
della sua impostazione originaria). 
    Di seguito si fara' riferimento alla disciplina vigente  all'atto
della nomina del ricorrente a suo componente (giugno 2007),  che  non
conoscera' ulteriori modificazioni sino all'intervenuta  soppressione
del Servizio (giugno 2008). 
    1.1 Compiti e finalita' del SECIT risultavano dall'art. 22  comma
1  D.P.R.  107/01,  e  consistevano  nell'elaborazione  di  studi  di
politica economica e tributaria e di analisi fiscale  in  conformita'
agli indirizzi del ministro (gia' delle finanze, poi dell'economia  e
delle finanze). 
    Il servizio esplicava  le  sue  attivita'  mediante  un  organico
composto di cinquanta esperti (art. 22 comma l D.P.R. 107/01), scelti
(art. 10 secondo comma legge 146/80 e succ. mod.)  tra  i  funzionari
dell'amministrazione   finanziaria   e    delle    altre    pubbliche
amministrazioni con qualifica  non  inferiore  a  dirigente,  tra  il
personale di magistratura avente almeno la ex  qualifica  di  appello
[esperti gia'  di  ruolo],  e  tra  soggetti  non  appartenenti  alla
pubblica  amministrazione  in  possesso  di  elevate  competenze   ed
esperienza  professionale  nelle  discipline   economico-finanziarie,
statistiche, contabili  o  aziendalistiche  [esperti  non  di  ruolo,
esterni alla P.A., quale appunto l'odierno ricorrente]. 
    Per soddisfare esigenze di studio del dipartimento,  il  ministro
suddetto poteva  distaccare  presso  lo  stesso  [come  accaduto  per
l'odierno ricorrente] esperti SECIT sino alla  concorrenza  di  meta'
dell'organico; esperti posti in tal caso alle  dipendenze  funzionali
del capo dipartimento (art. 22 comma 1 D.P.R. 107/01). 
    Gli esperti erano tutti nominati con D.P.C.M.,  su  proposta  del
ministro suddetto (art. 10 terzo comma legge 146/80 e succ. mod.). 
    La durata  massima  dell'incarico  -  antecedentemente  stabilita
(dall'art. 10 quarto comma legge 146/80, come modificato  dal  d.lgs.
361/98) mediante richiamo alla disciplina sulla  temporaneita'  degli
incarichi  dei  dirigenti   della   P.A.   -   era   triennale,   con
rinnovabilita' per non piu' di una volta (art. 3, comma 1,  lett.  d,
terza proposizione, d.lgs. 173/03). 
    Gli esperti appartenenti  a  ruoli  diversi  dall'Amministrazione
delle  finanze  erano  collocati  fuori   ruolo,   o   in   posizione
equivalente, per la durata dell'incarico (art. 10 quarto comma  legge
146/80 e succ. mod.). 
    Gli esperti (art. 11, settimo comma, legge 146/80 e  succ.  mod.)
dovevano osservare il segreto d'ufficio, ed  astenersi  relativamente
ad  affari  nei  quali  essi  stessi  o  parenti  o  affini  avessero
interesse; non  potevano  esercitare  attivita'  professionali  o  di
consulenza ne' ricoprire altri uffici pubblici di  qualsiasi  natura,
pena la decadenza dall'incarico, salvo che per gli  esperti  a  tempo
parziale. 
    Gli esperti a tempo parziale (art. 4  comma  3-bis  decreto-legge
138/02 convertito in legge 178/02)  potevano  essere  assunti  o  con
rapporto  dipendente  a  tempo  parziale,  o  mediante  rapporto   di
collaborazione coordinata e continuativa. 
    Per quanto riguarda lo stato giuridico, agli  esperti  SECIT  non
appartenenti alla P.A. si applicavano, indipendentemente  dalla  loro
provenienza, le disposizioni in  materia  riguardanti  gli  impiegati
civili dello Stato (art. 18 comma 3 D.P.R. 287/92). 
    Quanto al trattamento economico, agli  esperti  ne  spettava  uno
onnicomprensivo, pari al trattamento fondamentale previsto  dal  CCNL
dei dirigenti di prima fascia, oltre ad una speciale indennita' (art.
22 comma 3 D.P.R. 107/01). 
    1.2 Tale il quadro normativo nella cui vigenza  Zeppilli  assume,
dopo aver prestato  giuramento  il  5.9.2007,  l'incarico  triennale,
quale esperto esterno. 
    Nel corso di tale  incarico,  l'art.  45  comma  1  decreto-legge
112/08, convertito in legge 133/08, viene a disporre: 
        «A decorrere dall'entrata  in  vigore  del  presente  decreto
[25.6.2008],  il  Servizio  consultivo  ed  ispettivo  tributario  e'
soppresso  e,  dalla  medesima  data,  le  relative   funzioni   sono
attribuite al Dipartimento delle finanze del Ministero  dell'economia
e delle finanze ed il relativo personale amministrativo e' restituito
alle  amministrazioni  di  appartenenza  ovvero,  se  del  ruolo  del
Ministero dell'economia e delle finanze,  assegnato  al  Dipartimento
delle finanze di tale Ministero». 
    Tale sopravvenienza normativa segna per Zeppilli, esperto non  di
ruolo, l'immediata estinzione dell'incarico. Effetto di cui  egli  si
duole con l'odierno ricorso. 
Natura del rapporto. 
    2. Tale quadro normativo riflette, in modo palese,  con  riguardo
all'esperto SECIT estraneo alla P.A., l'esistenza di un  rapporto  di
lavoro, di natura dipendente e a termine. 
    2.1  Inequivoco  e',  infatti,  il  richiamo,  da   parte   delle
disposizioni sopra  esaminate,  alla  disciplina  inerente  lo  stato
giuridico dei pubblici dipendenti e, quanto al trattamento economico,
a  quella  dei  dirigenti  (che   sono,   pacificamente,   lavoratori
subordinati), richiamo valevole indistintamente sia per i  componenti
del Servizio gia' nei ruoli della P.A. (e, dunque, in forza  a  tempo
indeterminato)  sia  per  i   componenti   non   di   ruolo,   legati
all'Amministrazione medesima da vincolo a tempo determinato. 
    Il Consiglio di Stato, chiamato a giudicare su  aspetti  inerenti
il trattamento previdenziale  degli  ispettori  SECIT,  ebbe  gia'  a
rilevare (sezione IV, decisione 7.7.1988, n. 587)  come  il  Servizio
«si  configur(asse)  in  realta'  come  un'organizzazione   inserita,
istituzionalmente,  nell'ambito  del  Ministero  delle  finanze   per
l'espletamento di molteplici delicatissime  attribuzioni  in  materia
tributaria».  «In  linea  di  principio  si  deve  quindi  ritenere»,
proseguiva l'Alto Consesso, «che il personale addetto  al  suindicato
Servizio sia legato allo Stato da un rapporto  di  pubblico  impiego,
atteso  che  tale  personale  pone,  appunto,  le   proprie   energie
lavorative   a   disposizione    della    pubblica    Amministrazione
(Amministrazione finanziaria) per il  raggiungimento  dei  suoi  fini
istituzionali, quali quelli specificamente  individuati  e  previsti»
dalla legge, sicche' «gli ispettori tributari di provenienza  esterna
devono considerarsi, sostanzialmente,  dipendenti  pubblici  a  tempo
determinato che occupano posti nella dotazione organica del Ministero
delle finanze» (ibidem). 
    Solo per gli esperti nominati a tempo parziale,  la  legge,  come
visto, ammetteva la  costituzione,  in  alternativa  al  rapporto  di
lavoro dipendente, di mere  collaborazioni  di  natura  coordinata  e
continuativa,  che   avrebbero   certamente   richiesto   un'apposita
formalizzazione in deroga alla direttiva di carattere generale. 
    2.2 Le chiare indicazioni normative  sono  confortate,  quanto  a
Zeppilli, dallo svolgimento concreto del rapporto,  nella  sua  parte
giuridico-conformativa e nella sua parte economica. 
    Sotto il primo profilo,  risulta  che  Zeppilli,  secondo  quanto
autorizzato dall'art. 22 comma 1 D.P.R. 107/01, venne, per  la  quasi
totalita' del rapporto, distaccato  presso  il  Dipartimento  per  le
politiche  fiscali,  per  le  esigenze  del  medesimo,  rimanendo  «a
disposizione» del Capo Dipartimento (cfr. doc. 6 fasc. ric.). 
    Quanto all'aspetto economico, e' stato dal ricorrente  comprovato
(cfr. docc. 10 e 20  suo  fasc.)  che  gli  sia  stato  applicato  il
trattamento  specificamente  previsto  per  i  lavoratori  dipendenti
(quanto al recupero delle ore di ritardo, alle  ferie,  ai  permessi,
alla tredicesima etc.) e che fosse  iscritto  alla  Cassa  dipendenti
statali dell'INPDAP; ed e' stato da lui dedotto,  senza  smentita  ex
adverso, che alla cessazione del rapporto gli sia  stato  corrisposto
il TFR. 
Conseguenze in caso di anticipata cessazione del rapporto. 
    3. Ora e' noto che il rapporto di lavoro a tempo determinato,  al
di fuori del recesso per giusta causa di cui all'art. 2119 c.c., puo'
essere risolto anticipatamente non gia' per  un  giustificato  motivo
oggettivo ai sensi dell'art. 3 legge 604/66, ma soltanto in  presenza
delle ipotesi di risoluzione del contratto previste dagli artt.  1453
ss. c.c. Ne consegue che, qualora il datore di lavoro proceda ad  una
riorganizzazione del proprio assetto produttivo, non  puo'  avvalersi
di tale fatto per risolvere in anticipo  un  contratto  di  lavoro  a
tempo determinato (Cass. 3276/09). 
    3.1 La soppressione del SECIT, decisione sovrana del legislatore,
costituisce  senza  dubbio  atto  di  primaria  rilevanza   incidente
sull'organizzazione  datoriale,  non  tale  tuttavia  da   integrare,
nell'ambito di una locatio operarum a tempo  determinato,  un'ipotesi
d'impossibilita' sopravvenuta totale della prestazione,  che  sarebbe
riscontrabile  solo  a  fronte  dell'accertata  preclusione  di  ogni
proficuo riutilizzo del lavoratore. 
    Quest'ultima circostanza non e' stata ne' compiutamente  allegata
dall'Amministrazione, ne' comunque dimostrata. 
    Il ricorrente ha invece documentato (cfr. doc. 13 suo  fascicolo)
che l'Amministrazione aveva rilevanti vacanze di organico presso vari
suoi dipartimenti, tra cui quello delle politiche fiscali  -  che  e'
poi il dipartimento cui  risultano  ri-attribuite  le  funzioni  gia'
intestate al SECIT -, vacanze di cui, a breve distanza di  tempo,  si
sarebbe avviata la copertura. 
    3.2 Fondata appariva pertanto la pretesa del lavoratore di essere
adibito, soppresso il SECIT, all'esecuzione di ulteriori  prestazioni
presso l'Amministrazione delle finanze, da cui dipendeva con rapporto
a tempo determinato, sino alla scadenza del termine, e  di  percepire
l'intera retribuzione per la durata come originariamente pattuita. 
Interpretazione autentica e sua portata. 
    4. Senonche', con l'art. 2, comma  1-ter,  decreto-legge  125/10,
convertito in legge 163/10, il legislatore e'  venuto  in  argomento,
stabilendo che: 
        «L'articolo 45, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008; n.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008,  n.
133, si interpreta nel senso che l'incarico onorario di  esperto  del
servizio consultivo ed ispettivo tributario si intende in  ogni  caso
cessato ad ogni effetto, sia giuridico  sia  economico,  a  decorrere
dalla data di entrata in vigore della predetta disposizione». 
    4.1  Trattasi  di  norma  dichiaratamente,   ed   effettivamente,
d'interpretazione autentica, con la quale il legislatore ha inteso: 
        anzitutto, autoritativamente  qualificare,  ora  per  allora,
come onorario l'incarico dell'esperto SECIT; 
        in coerenza con tale qualificazione, disporne  la  cessazione
contestuale alla soppressione del SECIT, con esclusione di  qualsiasi
eventuale pretesa del lavoratore, di ordine giuridico ed economico. 
    Tale e' senza dubbio la ratio  della  disposizione,  conforme  al
piano significato letterale della medesima. Ed in questo  significato
la  disposizione  e'  stata  gia'  applicata  nelle  prime   pronunce
successive alla sua emanazione (cfr. sentenze docc. 5 e 6 fasc. res.,
nonche' ordinanza inibitoria ex art. 283 c.p.c.  in  atti).  Vano  e'
pertanto il tentativo, in cui parte ricorrente si cimenta nelle  note
defensionali conclusive, di offrirne  un'interpretazione  compatibile
con gli assunti di cui in domanda. 
    Chiara e' allora l'incidenza della norma sul  presente  giudizio,
destinato dalla medesima ad esito diverso, ed opposto, a  quello  che
il preesistente assetto normativo avrebbe determinato. 
Dubbio di legittimita' costituzionale. 
    5.   Il   Tribunale   dubita,   tuttavia,   della    legittimita'
costituzionale di siffatta disposizione legislativa, con  riferimento
all'art. 3 primo comma Cost. 
    5.1. La Corte  costituzionale  ha  piu'  volte  chiarito  che  il
legislatore puo' adottare norme di interpretazione  autentica  se  la
loro retroattivita' trovi adeguata giustificazione  sul  piano  della
ragionevolezza, a patto quindi che  la  scelta  cosi'  imposta  dalla
legge  rientri  tra  le  possibili  varianti  di  senso   del   testo
originario, cosi' rendendo vincolante un significato  ascrivibile  ad
una norma  anteriore,  e  sempre  che  lo  ius  superveniens  neppure
contrasti con altri valori e interessi  costituzionalmente  protetti,
tra  cui  il  divieto  d'introdurre  ingiustificate   disparita'   di
trattamento, la  tutela  dell'affidamento  legittimamente  sorto  nei
soggetti dell'ordinamento quale principio connaturato allo  Stato  di
diritto, la coerenza e  la  certezza  dell'ordinamento  stesso  (cfr.
sentenze 271/11, 93/11, 209/10, 24/09, 170/08, 234/07, 374/02). 
    5.2    In    questo    quadro,    si    deve    osservare     che
l'interpretazione-qualificazione data dal  legislatore  non  puo'  in
alcun  modo  essere  ricondotta  ad  uno  dei   possibili   originari
significati della disposizione interpretata. 
    Si puo', al limite, revocare in dubbio, nonostante  gli  evidenti
indici qualificatori sopra indicati, la  ricostruzione  del  rapporto
dell'esperto SECIT nei termini della subordinazione. 
    L'alternativa sara' ammettere la ricorrenza degli elementi  della
collaborazione coordinata e continuativa, o  para-subordinazione  che
dir si voglia (tesi in effetti recepita da una  pronuncia  di  questo
Tribunale, cfr. doc. 1  fasc.  res.,  che  peraltro  giunge  comunque
all'accoglimento del ricorso). 
    Certo e', invece, che escludere l'esistenza,  nella  fattispecie,
di  un  rapporto  professionale   di   servizio   tra   l'esperto   e
l'Amministrazione, e ricondurre il primo alla figura del  funzionario
onorario, cozza manifestamente con tutti gli indici di riconoscimento
elaborati dalla giurisprudenza  (cfr.  Cass.,  sez.  un.,  11272/98),
posto che l'esperto SECIT non era  scelto  con  valutazioni  di  tipo
politico-discrezionale (ma di carattere  tecnico-professionale);  era
inserito in  modo  strutturale  e  professionale  nell'organizzazione
dell'Amministrazione; svolgeva, come visto, un rapporto provvisto  di
specifica e minuziosa disciplina; percepiva un compenso non meramente
indennitario, ma inerente al rapporto sinallagmatico esistente tra le
parti (e parametro, infatti, al trattamento economico della dirigenza
pubblica). 
    L'Avvocatura  generale  dello  Stato  indica,  a  sostegno  della
pregressa natura onoraria dell'attivita' svolta dall'esperto SECIT, o
almeno  della  plausibilita'  della  relativa  opzione   ermeneutica,
elementi,  quali  l'uso  del  nome  «incarico»  per  qualificare   il
rapporto, la selezione a chiamata (e non per concorso)  del  relativo
personale, la temporaneita' con una ricostruzione  del  rapporto  nei
termini del lavoro dipendente a termine. Non  assumono,  poi,  alcuna
speciale valenza qualificatoria  ne'  l'investitura  mediante  (sola)
nomina, anziche' mediante susseguente stipula del contratto;  ne'  il
collocamento  fuori  ruolo  del  personale  gia'  «strutturato»,   in
servizio presso altre amministrazioni; ne' la previsione  di  ipotesi
di «decadenza» dall'incarico (che  altro  non  sono  che  ipotesi  di
risoluzione  non  discrezionale  del  rapporto,  al  verificarsi   di
presupposti vincolati e predeterminati). 
    5.3 Non e' contestabile che gli  esperti  SECIT,  in  particolare
quelli esterni ai ruoli della  P.A.,  abbiano  riposto  un  legittimo
affidamento  sulla  natura  professionale  dell'attivita'   da   essi
esercitata,  pacificamente  riconosciuta  dalla  pressoche'   unanime
giurisprudenza, e sulle conseguenze  che  ne  sarebbero  derivate  in
ordine alla permanenza  del  rapporto  per  il  tempo  stabilito  (le
residue sentenze, versate  in  atti  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, sono infatti tutte di accoglimento, tranne quella doc. 4,  che
riguarda pero' fattispecie inconferente).  E  occorre  qui  ricordare
che, in vista dell'assunzione dell'incarico al SECIT, Zeppilli  (cfr.
doc. 3 fasc. ric.) aveva rinunciato ad  altro  incarico  dirigenziale
non di ruolo gia' conferitogli. 
    5.4 Ne deriva che la norma di cui si tratta non  ha  imposto  una
scelta rientrante tra  le  possibili  varianti  di  senso  del  testo
originario,   ne'   e'   intervenuta    per    risolvere    contrasti
giurisprudenziali (prima del suo intervento constano  sentenze  tutte
favorevoli agli esperti SECIT  ricorrenti),  ma  ha  realizzato,  con
efficacia  retroattiva,  una  sostanziale  modifica  della  normativa
precedente, incidendo, in  violazione  dell'art.  3  Cost.,  in  modo
irragionevole sul legittimo affidamento  nella  sicurezza  giuridica,
che costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto. 
    5.5 Non reputa viceversa il Tribunale -  occorre  qui  aggiungere
per completezza - di  porre  alla  Corte  costituzionale  l'ulteriore
questione avente a  parametro  l'art.  117  primo  comma  Cost.,  con
riferimento all'art. 6 CEDU sul diritto  all'equo  processo,  per  la
decisiva  ragione  che  la  norma  d'interpretazione   autentica   e'
antecedente la proposizione del  presente  giudizio,  sicche'  e'  da
escludere, con concreto riferimento a quest'ultimo,  l'ingerenza  del
legislatore allo scopo diretto d'influenzarlo. 
    5.6 Cio' nulla toglie alla rilevanza  della  questione,  giacche'
l'esito della controversia e' comunque  inevitabilmente  condizionato
dalla  decisione  che  sara'  assunta  dalla  Corte   costituzionale,
l'accoglimento del  ricorso  dipendendo  dall'eventuale  accoglimento
della questione medesima. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Non definitivamente pronunciando, visti gli artt.  134  Cost.,  1
legge cost. 9.2.1948 n. 1, 23. Legge 11.3.1953 n. 87: 
        dichiara  rilevante,  e  non  manifestamente  infondata,   la
questione di legittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma  1-ter,
decreto-legge 125/10, convertito in legge 163/10, per  contrasto  con
l'art. 3 primo comma Cost.; 
        dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla   Corte
costituzionale; 
        sospende il processo in corso; 
        dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza,
pronunciata in udienza, sia notificata al  Presidente  del  Consiglio
dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti delle  due  Camere  del
Parlamento. 
 
          Cosi' deciso in Roma il 22 febbraio 2012. 
 
                       Il Giudice: Centofanti