N. 100 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 aprile 2012

Ordinanza del 10  aprile  2012  emessa  dal  Tribunale  di  Roma  nei
procedimenti penali riuniti a carico di T. L. ed altri. 
 
Processo penale - Mezzi di prova -  Previsione  che  il  giudice  del
  dibattimento disponga perizia avente ad oggetto la trascrizione  di
  conversazioni o comunicazioni  telefoniche  intercettate  ai  sensi
  degli artt. 266 e seguenti cod. proc. pen. -  Lesione  dei  diritti
  fondamentali - Violazione del  principio  della  liberta'  e  della
  segretezza delle comunicazioni - Richiamo alla sentenza della Corte
  costituzionale n. 34 del 1973. 
- Codice di procedura penale, art. 224. 
- Costituzione, artt. 2 e 15. 
(GU n.22 del 30-5-2012 )
				 
                       IL TRIBUNALE ORDINARIO 

 
    All'udienza  del  10  aprile  2012  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza. 
Oggetto del provvedimento. 
    Si dubita della legittimita' costituzionale dell'articolo 224 del
codice di procedura penale nella parte in cui prevede che il  giudice
del dibattimento disponga perizia avente ad oggetto  la  trascrizione
di conversazioni o comunicazioni telefoniche  intercettate  ai  sensi
degli articoli 266 e seguenti del  codice  di  procedura  penale.  Le
disposizioni costituzionali che si assumono violate  sono  quelle  di
cui agli articoli 2 e 15 della Costituzione. 
    Possono enunciarsi, in premessa, gli elementi che sostanziano  la
presente ordinanza. 
    Per diritto vivente il momento in cui  esperire  la  perizia  per
trascrivere  le  intercettazioni  puo'  dipendere   dai   piu'   vari
accadimenti processuali, senza che il codice  di  rito  autorizzi  la
deduzione di  conseguenze  particolari  dalla  circostanza  che  cio'
avvenga in dibattimento - sentenza Cassazione n. 47614 del 2008  -  e
non invece, come espressamente previsto, innanzi al  Giudice  per  le
Indagini Preliminari nelle forme di cui all'articolo 268  del  codice
di procedura penale. Tuttavia - questa la tesi che qui  si  espone  -
una perizia, quale quella indicata,  non  puo',  quando  disposta  al
dibattimento, tenuto conto della sua natura di mezzo  di  prova,  del
suo oggetto e  dello  stato  del  procedimento,  non  determinare  la
divulgazione nel pubblico  dibattimento  stesso  anche  di  eventuali
comunicazioni non pertinenti al processo. 
    Nel  porre  la  questione  il  Tribunale  considera  argomenti  e
parametri gia' individuati dalla Corte costituzionale con sentenza n.
34 del 1973 che, tenuto conto degli articoli 2 e 15 della  Carta,  ha
considerato   che   «violerebbe   gravemente   entrambe   le    norme
costituzionali un sistema che,  senza  soddisfare  gli  interessi  di
giustizia, in funzione dei quali e' consentita la  limitazione  della
liberta' e della  segretezza  delle  comunicazioni,  autorizzasse  la
divulgazione in pubblico dibattimento del contenuto di  comunicazioni
telefoniche non pertinenti al processo». 
La  legittimazione  del  tribunale  a  sollevare  la   questione   di
costituzionalita' che si deduce e la rilevanza della stessa. 
    Nel presente processo gli imputati T. L., M. A., M. M., F. L. A.,
D. S. E., P. S., T. V., D'A. C., M. A., M. C., E. U., B.  A.  M.,  P.
M., D. C., sono accusati di aver commesso il delitto di  associazione
a delinquere -  e  di  numerosi  reati  fine  oggetto  di  specifiche
imputazioni - finalizzata  a  consentire  l'illegale  permanenza  nel
territorio  dello  Stato  di  taluni  cittadini  extracomunitari.  Si
ipotizza anche la perpetrazione  di  una  serie  di  reati  di  falso
riguardanti  ora   certificati   di   idoneita'   alloggiativa,   ora
comunicazioni di cessione di fabbricato, ora contratti di lavoro,  in
base ai quali far ottenere indebitamente il rilascio o il rinnovo  di
un valido titolo di soggiorno. Le contestazioni riguardano  anche  la
fattispecie di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 25  luglio
1998, n. 286. 
    Nel corso dell'udienza del 6 marzo 2012, il  Pubblico  ministero,
in sede di ammissione delle prove (art. 493 c.p.p.) ha  chiesto,  tra
l'altro,  la  «trascrizione  a  mezzo  perizia  delle   comunicazioni
intercettate» riservandosi di «produrre  elenco  delle  comunicazioni
ritenute rilevanti». Nessun  elemento,  peraltro,  e'  stato  addotto
inteso a dimostrare  la  sussistenza  di  un  qualche  "interesse  di
giustizia" ritenuto prevalente  rispetto  ai  principi  di  cui  agli
articoli 2 e 15 della  Carta,  che  abbia  impedito  di  attivare  la
procedura di cui all'articolo 268 del codice di procedura penale. 
    Preso atto della riserva del Pubblico ministero, il Tribunale  ha
rinviato il processo all'odierna udienza nel  corso  della  quale  la
parte  pubblica  ha  depositato  l'elenco  preannunciato,  contenente
indicazioni di circa 130 comunicazioni telefoniche, non corredate  da
alcuna circostanza utile ad indicarne la rilevanza. I difensori hanno
chiesto di ottenere in dibattimento la possibilita' di avere contezza
delle comunicazioni e dei documenti ad esse relativi. 
    Questo  Tribunale,   considerato   che   la   giurisprudenza   di
legittimita' ha ritenuto, di recente, a  sezioni  unite,  che  l'atto
richiesto ha appunto la natura di perizia - cfr Cass. Pen.  sez.  Un.
Sent. 18268 del 24 febbraio 2011 -, e' tenuto, in questa sede, a  far
applicazione dell'articolo 224 del codice di procedura penale in tema
di perizia. Essa avrebbe ad oggetto la trascrizione di telefonate  la
cui captazione e' stata ritualmente autorizzata. L'ordinanza motivata
con cui dovesse essere accolta l'istanza non potrebbe non  contenere,
per  previsione  normativa,   l'individuazione   dell'oggetto   delle
indagini peritali. Nella individuazione dell'oggetto  delle  indagini
non  puo'  prescindersi  qui  dalla  selezione  di  quali,   tra   le
comunicazioni intercettate indicate dalle parti, siano  rilevanti  ai
fini del  decidere  e  quali  non  lo  siano.  Tale  valutazione  e',
peraltro, ineludibile sia che la  si  voglia  radicare  nel  disposto
dell'articolo 268, comma 6, del codice di procedura  penale,  per  il
quale il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni  indicate
dalle parti che non appaiano manifestamente irrilevanti, sia  che  la
si voglia radicare nel disposto dell'art.190 del codice di  procedura
penale, per il quale il giudice deve provvedere escludendo  le  prove
vietate dalla legge e quelle  che  manifestamente  sono  superflue  o
irrilevanti.  Nel  caso,  dunque,   questo   Giudice,   in   pubblico
dibattimento, dovrebbe, come imposto dal diritto vivente, disporre la
perizia di cui all'articolo  224  del  codice  di  procedura  penale,
svolgendo, ma in pubblico dibattimento, le medesime attivita' per  la
selezione delle comunicazioni pertinenti attribuite ex  professo  dal
codice di rito al Giudice per le  Indagini  Preliminari,  secondo  la
riservata procedura di cui all'art. 268 dello stesso codice.  Di  qui
la legittimazione di questo Giudice a sollevare la questione gia'  in
premessa enunciata e la  rilevanza  della  stessa.  Lo  scrutinio  di
costituzionalita'  riguarda  il  medesimo  articolo  di  legge   gia'
dichiarato parzialmente incostituzionale, per un diverso profilo, con
sentenza n. 238 del 1996. 
Il  diritto   vivente,   l'impossibilita'   di   pervenire   ad   una
interpretazione costituzionalmente orientata. 
    Non ignora il Tribunale che la possibilita'  per  il  Giudice  di
sollevare   questioni    di    costituzionalita'    e'    subordinata
all'esperimento di un tentativo di interpretazione conforme ai canoni
costituzionali.  Una  tale  interpretazione,  ad  avviso  di   questo
Giudice, conduce a ritenere che rientri  nella  competenza  non  solo
funzionale ma anche esclusiva del Giudice per le Indagini Preliminari
provvedere, con le forme ed i limiti di cui agli all'art. 268,  commi
6 e 7, del codice di procedura  penale,  alla  trascrizione  ed  alla
stampa di intercettazioni di conversazioni o  comunicazioni  disposte
ai sensi degli articoli 266 dello stesso codice. Ma ad  una  siffatta
interpretazione conforme, che avrebbe il pregio di evitare i dubbi di
costituzionalita' che, col presente atto, il  Tribunale  solleva,  si
ritiene si opponga la consolidata giurisprudenza di legittimita'.  Ed
infatti in sentenza n. 47614 del 12 dicembre 2008, resa dalla seconda
sezione penale della Cassazione, si legge tra l'altro: «il momento in
cui disporre la perizia puo'  dipendere  dai  piu'  vari  accadimenti
processuali, senza che il codice di rito autorizzi  la  deduzione  di
conseguenze particolari dalla circostanza che la  trascrizione  delle
intercettazioni sia eventualmente  disposta  in  dibattimento,  tanto
piu' che [...] nel caso delle intercettazioni la prova e'  costituita
dalle  bobine  di  registrazione,  non  dalle  trascrizioni,   intese
soltanto a convertire in segni grafici  le  espressioni  vocali».  E'
significativo del rigore con cui si e' perseguito  tale  orientamento
il fatto che la sentenza citata sia stata  resa  per  legittimare  la
possibilita' di disporre, al dibattimento, la sospensione dei termini
della custodia cautelare per  tutti  gli  imputati,  considerando  la
complessita' del dibattimento.  Una  complessita'  derivante  proprio
dall'espletamento della perizia dibattimentale  per  la  trascrizione
che pure si sarebbe potuta effettuare, con minore aggravio cautelare,
avvalendosi, nella fase antecedente, della procedura prevista innanzi
al Giudice  per  le  Indagini  Preliminari.  Tale  orientamento,  non
condiviso da questo giudice di merito, e' stato,  pero',  considerato
consolidato dalla Corte di cassazione che con sentenza del  7  aprile
2011 (depositata il 7 luglio 2011) ha  annullato  una  ordinanza  del
Tribunale di Brescia che aveva espresso un diverso  orientamento.  In
sede di rinvio il Tribunale del riesame di Brescia,  di  recente,  in
data  24  novembre  2011  ha,  pero',  dichiarato  rilevante  e   non
manifestamente infondata, in relazione agli artt.3  e  13,  comma  5,
della Costituzione, la questione di  costituzionalita'  dell'articolo
304, comma 2, del codice di  procedura  penale  nella  parte  in  cui
consente di definire particolarmente complesso il dibattimento in cui
sia  stata  disposta  una  perizia  (nella  specie  la   perizia   di
trascrizione delle intercettazioni telefoniche) che avrebbe potuto  o
dovuto essere espletata nelle fasi anteriori al dibattimento  stesso.
L'ordinanza 24 novembre 2011 del Tribunale di  Brescia,  con  cui  e'
stata  sollevata  la  questione,  e'  stata  pubblicata  in  Gazzetta
Ufficiale numero 5 del 1° febbraio 2012. Si  tratta  di  un'ulteriore
spia  delle  torsioni  indotte  da  una  prassi   interpretativa   da
ritenersi, pero', consolidata. 
    Se e' vero che, in una non remota sentenza di legittimita' - Cass
Sez 4^ n. 3347 del dicembre 2009 (dep 26 gennaio 2010) Rv  246391,  -
si e' fatto ricorso al concetto di competenza funzionale del  Giudice
per le Indagini Preliminari, si  e'  voluto,  pero',  con  la  stessa
pronuncia,  sostenere  che  tale   competenza   funzionale   per   la
trascrizione  di  intercettazione  telefoniche   sia   da   intendere
consumata non appena sia stato pronunciato il decreto che dispone  il
giudizio. Nel caso per cui e'  processo  innanzi  a  questo  giudice,
percio', l'eventuale affermazione pura e semplice  della  carenza  di
potere  del  giudice  del  dibattimento  a   disporre   perizia   per
trascrizione  di  intercettazione  telefoniche,  dovrebbe  misurarsi,
consumata la  competenza  funzionale  del  Giudice  per  le  Indagini
Preliminari, col principio, tenuto piu' volte  presente  dal  Giudice
delle Leggi (cfr Sentenze nn 92 del 1992 e 56 del 1993), in forza del
quale non e' mai precluso  al  giudice  del  dibattimento,  anche  ex
art.507 c.p.p., il potere-dovere di integrazione probatoria. 
    E' fondato, per quanto detto,  ritenere  che  all'interpretazione
costituzionalmente  orientata  in  forza  della  quale  radicare  una
competenza  funzionale  esclusiva  del  Giudice   per   le   Indagini
Preliminari ad operare ai sensi delle disposizioni  di  cui  all'art.
268 c.p.p. si opporrebbe il diritto vivente che, anzi, considererebbe
nullo l'atto posto in essere dal Giudice per le Indagini  Preliminari
dopo che sia stato pronunciato il decreto con cui si e'  disposto  il
giudizio. Cio' puo' sorprendere, tenuto conto che la stessa  sentenza
citata - cfr. Cass Sez 4^ n. 3347 del l dicembre 2009 (dep 26 gennaio
2010) Rv 246391 - ammette che  quanto  meno  sino  alla  trasmissione
degli atti al Tribunale, il Giudice per le Indagini  Preliminari,  in
una  materia  pure  costituzionalmente  sensibile  quale  quella   de
libertate, conserva competenza all'adozione dei provvedimenti urgenti
relativi. Ancora potrebbe sottolinearsi che l'ossequio  al  principio
di legalita' processuale condurrebbe a privilegiare l'interpretazione
immediatamente riferibile al dettato normativo (art. 268 c.p.p.)  che
tipicamente prevede un solo modus  procedendi  specificamente  inteso
alla  disciplina  delle   trascrizioni   delle   intercettazioni   di
comunicazioni. 
    Concludendo sul punto, puo' dirsi fondato ritenere corrispondente
al diritto vivente la possibilita', a  seconda  delle  determinazioni
delle  parti,  di  trascrivere  al  dibattimento,  con  perizia,   le
intercettazioni telefoniche che  avrebbero  potuto  o  dovuto  essere
trascritte nelle fasi antecedenti, nei termini  e  nei  modi  di  cui
all'art.  268   c.p.p.   Cio'   non   consente   di   accedere   alla
interpretazione della legge che il  Tribunale  reputa  conforme  alla
Costituzione. In base a tale interpretazione,  preclusa  dal  diritto
vivente, dovrebbe ritenersi la competenza funzionale ed esclusiva del
Giudice per le Indagini Preliminari a procedere,  nei  modi  indicati
dall'articolo 268 del codice di procedura penale, alle operazioni  di
selezione e trascrizione delle comunicazioni indicate dalle parti che
non appaiano manifestamente irrilevanti. A tale competenza  esclusiva
occorrerebbe far riferimento anche quante  volte,  per  i  piu'  vari
accadimenti processuali, le parti abbiano richiesto  le  trascrizioni
dopo che si sia stato  adottato  il  provvedimento  che  sancisce  il
passaggio alla successiva fase dibattimentale. 
La  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di   legittimita'
costituzionale. 
    La questione in premessa indicata e che qui si pone  muove  dalle
riflessioni, da intendersi qui interamente riportate ed integralmente
condivise, formulate dalla Corte costituzionale con  sentenza  n.  34
del 1973 motivando la quale il Giudice delle  leggi  e'  pervenuto  a
considerazioni che, debitamente ora riferite alle  correlative  norme
ed istituti dettati dal  vigente  codice  di  procedura  penale,  non
possono che, per la loro  lineare  chiarezza,  fedelmente  riproporsi
negli assunti salienti. Dopo aver ricordato che e'  connaturale  alla
finalita' stessa del processo il principio secondo il quale non  puo'
essere acquisito agli atti se non il materiale  probatorio  rilevante
per il giudizio, cosi prosegue l'indicata  sentenza:  «l'applicazione
del suddetto principio non solo garantisce  la  segretezza  di  tutte
quelle  comunicazioni  telefoniche  dell'imputato   che   non   siano
rilevanti ai fini del relativo processo, ma  garantisce  altresi'  la
segretezza delle comunicazioni non pertinenti  a  quel  processo  che
terzi, allo stesso estranei, abbiano fatto  attraverso  l'apparecchio
telefonico  sottoposto  a  controllo  di  intercettazione  ovvero  in
collegamento con questo. La Corte ritiene che il rigoroso rispetto di
questo principio sia essenziale  per  la  puntuale  osservanza  degli
artt. 2 e 15 della Costituzione: violerebbe  gravemente  entrambe  le
norme costituzionali un sistema che, senza soddisfare  gli  interessi
di giustizia, in funzione dei  quali  e'  consentita  la  limitazione
della liberta' e delle segretezza delle  comunicazioni,  autorizzasse
la  divulgazione  in   pubblico   dibattimento   del   contenuto   di
comunicazioni telefoniche non pertinenti al processo». 
    Deriva da quanto  sopra  che,  per  precetto  costituzionale,  la
liberta'  e   la   segretezza   delle   comunicazioni,   pur   quando
legittimamente limitate per ragioni di giustizia, non possano esserlo
fino  a  esporre  alla  divulgazione   pubblica   dibattimentale   le
comunicazioni intercettate non rilevanti ai fini del decidere. Tenuto
conto di quanto sopra, ed ottemperando alla riserva di legge prevista
dall'articolo 15 della Costituzione, il codice di  procedura  penale,
proprio per evitare di incorrere nella grave violazione segnalata dal
Giudice  delle  leggi,  ha  previsto  l'iter procedimentale  di   cui
all'articolo 268 del codice di procedura penale, disciplinandolo cosi
che esso sia interamente compreso in un'area estranea al dibattimento
ed alla sua pubblicita'. Tale iter affida, infatti,  alla  competenza
funzionale del Giudice per le indagini preliminari la prerogativa  di
individuare, in un riservato contraddittorio,  tra  le  comunicazioni
captate, quelle sole che, oltre ad essere indicate dalle parti, siano
anche non manifestamente irrilevanti, consentendo solo alle  relative
trascrizioni  pertinenti  ai   fini   del   decidere   l'accesso   al
dibattimento per il tramite del fascicolo del  giudice.  La  espressa
previsione del codice consente, cosi,  e  senza  pregiudizio  per  il
contraddittorio, di traslare in pubblico dibattimento  esclusivamente
i contenuti delle comunicazioni gia'  indicate  dalle  parti  e  gia'
ritenute dal Giudice per le Indagini Preliminari  non  manifestamente
irrilevanti.  Ed  infatti  per  effetto  delle  norme   espressamente
contemplate dal codice di  rito  sono  solo  le  «trascrizioni  o  le
stampe» delle comunicazioni  gia'  ritenute,  nella  pienezza  di  un
riservato contraddittorio, non manifestamente irrilevanti  ad  essere
inserite nel fascicolo per il dibattimento (art. 268, comma 7, ultimo
periodo, c.p.p.). Evitando ogni  stepitus fori  non correlato a  fini
di giustizia, il legislatore ha, adempiendo, come detto, al  precetto
costituzionale,  incapsulato  in  un  ambito  destinato  a   rimanere
estraneo al pubblico dibattimento le operazioni di selezione che,  se
operate al dibattimento,  inevitabilmente  comporterebbero  anche  la
percezione   pubblica   di   quanto    manifestamente    irrilevante.
Significativamente  quanto   coerentemente,   nello   stesso   ambito
riservato della camera di consiglio, l'articolo  269  del  codice  di
rito intesta al Giudice per le Indagini Preliminari - giudice che  ha
autorizzato o convalidato l'intercettazione - la decisione, a  tutela
della riservatezza ed a richiesta degli interessati, di  distruggere,
anche prima che la sentenza diventi irrevocabile,  la  documentazione
non necessaria  per  il  procedimento;  previsione  in  distonia  con
l'ipotesi interpretativa che  lo  scrutinio  di  rilevanza  possa  in
qualsivoglia forma essere intestato al Giudice dibattimentale. 
    Tuttavia, malgrado quanto espressamente previsto dal  legislatore
che ha  inteso,  nell'unico  modo  indicato,  adempiere  ai  precetti
costituzionali del contraddittorio, della tutela della  riservatezza,
della non dispersione di elementi rilevanti ai fini di giustizia,  il
diritto vivente consente, invece, attribuendo alle parti, in  merito,
una sorta di diritto potestativo processuale, di far  trascrivere  al
dibattimento,  con  lo  strumento  della  perizia,  le  comunicazioni
intercettate. Ma l'esperimento di un tale mezzo di  prova  impone,  a
sua volta, al fine di definire l'oggetto  stesso  della  perizia,  la
necessaria distinzione, nella pubblicita' della relativa udienza, tra
comunicazioni rilevanti ai fini del decidere e comunicazioni che tali
non siano. Ne', del resto, evitando una tale cernita,  si  potrebbero
trascrivere al dibattimento i contenuti  di  tutte  le  comunicazioni
intercettate, perche', pur volendo tacere delle  ripercussioni  sulla
durata ragionevole del  dibattimento,  si  accetterebbe  comunque  il
rischio,  costituzionalmente  non  tollerabile,   di   esporre   alla
pubblicita' dibattimentale comunicazioni irrilevanti e, magari, anche
riguardanti terzi del tutto  estranei.  Il  necessario  scrutinio  di
rilevanza/irrilevanza  finisce,  inevitabilmente,  per  rivelare   in
pubblico dibattimento, in violazione degli  articoli  2  e  15  della
Costituzione, l'esistenza ed  il  contenuto  anche  di  comunicazioni
telefoniche non pertinenti al processo, specialmente  quando  -  come
nel caso oggi in esame - le parti abbiano richiesto  l'esibizione  in
dibattimento  delle  conversazioni  intercettate   e   dei   relativi
documenti. E'evidente, infatti, che sottoporre il  contenuto  di  una
comunicazione  a  ragionevole  valutazione  di  rilevanza/irrilevanza
postula la enunciazione  del  contenuto  della  comunicazione  stessa
nell'ambito  del  dibattimento  di  pubblico  dominio:  una  pubblica
cognizione  di  quanto  non  e'  ancora  acclarato  che  possa  dirsi
pertinente. Del resto la rilevanza/irrilevanza di  una  comunicazione
e', a sua volta, oggetto di prova, in  pubblico  contraddittorio,  al
pari di ogni altro fatto a cui si riferisca l'imputazione o dal quale
dipenda l'applicazione di norme processuali  (art.187  c.p.p.),  cio'
che innesca un sub-procedimento, di non minore invasivita' ed  ancora
assistito da pubblicita', solo all'esito del quale, ormai  largamente
compromessi i principi costituzionali di cui agli  articoli  2  e  15
della Carta, magari ritenere non rilevante la comunicazione stessa. 
    Per quanto sopra, e  per  l'evidente  contrasto  tra  il  diritto
vivente  ed   i   principi   gia'   espressi   dalla   giurisprudenza
costituzionale, si ritiene non manifestamente infondata la  questione
di costituzionalita' in premessa enunciata. 
Il  parametro  di  costituzionalita':  gli  articoli  2  e  15  della
Costituzione. 
    Le riflessioni condotte dal Giudice delle Leggi nella materia che
qui viene in considerazione evocano quali  parametri  di  riferimento
gli articoli 2 e 15 della Costituzione. Con sentenza n. 34  del  1973
la Corte Costituzionale, lo si e' ricordato, ha definito i canoni  al
rispetto dei quali deve soggiacere la disciplina legislativa  perche'
risulti in sintonia coi precetti costituzionali. La  sentenza  detta,
dopo aver premesso che «nel processo puo' essere utilizzato  solo  il
materiale rilevante per l'imputazione di cui si discute»  indica,  in
particolare, il canone, di  straordinaria  modernita'  se  rapportato
all'odierno processo accusatorio, in forza  del  quale  il  principio
della non acquisizione ed  utilizzazione  come  materiale  probatorio
delle comunicazioni che  non  siano  rilevanti  per  il  processo  e'
essenziale per la puntuale osservanza dei  precetti  contenuti  negli
articoli 2 e 15  della  Costituzione;  cosi'  «violerebbe  gravemente
entrambe le norme costituzionali un sistema che, senza soddisfare gli
interessi di giustizia,  in  funzione  dei  quali  e'  consentita  la
limitazione della liberta' e della  segretezza  delle  comunicazioni,
autorizzasse la divulgazione in pubblico dibattimento  del  contenuto
di comunicazioni telefoniche non pertinenti al processo». 
Gli effetti della pronuncia del  giudice  delle  leggi  sul  presente
procedimento e sugli altri in corso o definiti. 
    La pronuncia  di  accoglimento  cui,  a  seguito  della  presente
ordinanza, il Giudice delle leggi potrebbe  pervenire,  sortirebbe  i
medesimi effetti  dell'interpretazione  costituzionalmente  conforme,
non determinando, nel caso per cui e' processo,  la  regressione  del
processo stesso ma consentendo la collocazione  delle  operazioni  di
selezione e trascrizione delle  comunicazioni  rilevanti  innanzi  al
Giudice per le Indagini Preliminari ai sensi  dell'articolo  268  del
codice di procedura penale. All'esito delle  operazioni  dette,  come
previsto dall'ultimo periodo del comma 7 dell'articolo 268 del codice
di procedura penale, le trascrizioni sarebbero inserite nel fascicolo
per il dibattimento pendente innanzi a questo Tribunale. 
    Quanto ai processi nei quali si sia gia' provveduto conformemente
al diritto  vivente,  non  vi  sarebbe  ragione  di  discostarsi  dai
precedenti  giurisprudenziali  in  forza  dei   quali   le   pronunce
d'incostituzionalita' delle  norme  processuali  non  incidono  sugli
effetti gia' definiti degli atti processuali compiuti sotto il vigore
della norma poi annullata. Lo stesso Giudice delle leggi, del  resto,
ha ritenuto essere affidato  ai  giudici  comuni,  nell'ambito  delle
rispettive  competenze  istituzionali,  il  compito  di  risolvere  i
problemi attinenti all'individuazione di eventuali  limiti  che,  per
effetto di altre norme dell'ordinamento, si  oppongano,  nei  singoli
casi, alla cosiddetta retroattivita' delle decisioni di  accoglimento
(cfr. C. Cost. sent. 2 aprile 1970 n. 49). 
				 
                               P.Q.M. 

 
    Visti gli articoli 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948 n.  1,
e 23, legge 11 marzo 1953 n. 87, 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata,  in  relazione
agli articoli 2 e 15 della Costituzione, la questione di legittimita'
costituzionale dell'articolo 224 del codice di procedura penale nella
parte in cui prevede che il giudice del dibattimento disponga perizia
avente ad oggetto la trascrizione di  conversazioni  o  comunicazioni
telefoniche intercettate ai sensi degli articoli 266 e  seguenti  del
codice di procedura penale; 
    Dispone la sospensione del presente giudizio e ordina l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; 
    Dispone la notifica della presente ordinanza  al  Presidente  del
Consiglio dei Ministri. 
    Dispone la presente ordinanza sia comunicata al Presidente  della
Camera dei Deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. 
    Manda alla Cancelleria per gli adempimenti. 
    Cosi' deciso in Roma, il 10 aprile 2012  


				 
                     Il Presidente: De Crescenzo 

 

				 
                                         I Giudici: Rotunno-De Simone