N. 100 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 aprile 2012
Ordinanza del 10 aprile 2012 emessa dal Tribunale di Roma nei procedimenti penali riuniti a carico di T. L. ed altri. Processo penale - Mezzi di prova - Previsione che il giudice del dibattimento disponga perizia avente ad oggetto la trascrizione di conversazioni o comunicazioni telefoniche intercettate ai sensi degli artt. 266 e seguenti cod. proc. pen. - Lesione dei diritti fondamentali - Violazione del principio della liberta' e della segretezza delle comunicazioni - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 34 del 1973. - Codice di procedura penale, art. 224. - Costituzione, artt. 2 e 15.(GU n.22 del 30-5-2012 )
IL TRIBUNALE ORDINARIO All'udienza del 10 aprile 2012 ha pronunciato la seguente ordinanza. Oggetto del provvedimento. Si dubita della legittimita' costituzionale dell'articolo 224 del codice di procedura penale nella parte in cui prevede che il giudice del dibattimento disponga perizia avente ad oggetto la trascrizione di conversazioni o comunicazioni telefoniche intercettate ai sensi degli articoli 266 e seguenti del codice di procedura penale. Le disposizioni costituzionali che si assumono violate sono quelle di cui agli articoli 2 e 15 della Costituzione. Possono enunciarsi, in premessa, gli elementi che sostanziano la presente ordinanza. Per diritto vivente il momento in cui esperire la perizia per trascrivere le intercettazioni puo' dipendere dai piu' vari accadimenti processuali, senza che il codice di rito autorizzi la deduzione di conseguenze particolari dalla circostanza che cio' avvenga in dibattimento - sentenza Cassazione n. 47614 del 2008 - e non invece, come espressamente previsto, innanzi al Giudice per le Indagini Preliminari nelle forme di cui all'articolo 268 del codice di procedura penale. Tuttavia - questa la tesi che qui si espone - una perizia, quale quella indicata, non puo', quando disposta al dibattimento, tenuto conto della sua natura di mezzo di prova, del suo oggetto e dello stato del procedimento, non determinare la divulgazione nel pubblico dibattimento stesso anche di eventuali comunicazioni non pertinenti al processo. Nel porre la questione il Tribunale considera argomenti e parametri gia' individuati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 34 del 1973 che, tenuto conto degli articoli 2 e 15 della Carta, ha considerato che «violerebbe gravemente entrambe le norme costituzionali un sistema che, senza soddisfare gli interessi di giustizia, in funzione dei quali e' consentita la limitazione della liberta' e della segretezza delle comunicazioni, autorizzasse la divulgazione in pubblico dibattimento del contenuto di comunicazioni telefoniche non pertinenti al processo». La legittimazione del tribunale a sollevare la questione di costituzionalita' che si deduce e la rilevanza della stessa. Nel presente processo gli imputati T. L., M. A., M. M., F. L. A., D. S. E., P. S., T. V., D'A. C., M. A., M. C., E. U., B. A. M., P. M., D. C., sono accusati di aver commesso il delitto di associazione a delinquere - e di numerosi reati fine oggetto di specifiche imputazioni - finalizzata a consentire l'illegale permanenza nel territorio dello Stato di taluni cittadini extracomunitari. Si ipotizza anche la perpetrazione di una serie di reati di falso riguardanti ora certificati di idoneita' alloggiativa, ora comunicazioni di cessione di fabbricato, ora contratti di lavoro, in base ai quali far ottenere indebitamente il rilascio o il rinnovo di un valido titolo di soggiorno. Le contestazioni riguardano anche la fattispecie di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Nel corso dell'udienza del 6 marzo 2012, il Pubblico ministero, in sede di ammissione delle prove (art. 493 c.p.p.) ha chiesto, tra l'altro, la «trascrizione a mezzo perizia delle comunicazioni intercettate» riservandosi di «produrre elenco delle comunicazioni ritenute rilevanti». Nessun elemento, peraltro, e' stato addotto inteso a dimostrare la sussistenza di un qualche "interesse di giustizia" ritenuto prevalente rispetto ai principi di cui agli articoli 2 e 15 della Carta, che abbia impedito di attivare la procedura di cui all'articolo 268 del codice di procedura penale. Preso atto della riserva del Pubblico ministero, il Tribunale ha rinviato il processo all'odierna udienza nel corso della quale la parte pubblica ha depositato l'elenco preannunciato, contenente indicazioni di circa 130 comunicazioni telefoniche, non corredate da alcuna circostanza utile ad indicarne la rilevanza. I difensori hanno chiesto di ottenere in dibattimento la possibilita' di avere contezza delle comunicazioni e dei documenti ad esse relativi. Questo Tribunale, considerato che la giurisprudenza di legittimita' ha ritenuto, di recente, a sezioni unite, che l'atto richiesto ha appunto la natura di perizia - cfr Cass. Pen. sez. Un. Sent. 18268 del 24 febbraio 2011 -, e' tenuto, in questa sede, a far applicazione dell'articolo 224 del codice di procedura penale in tema di perizia. Essa avrebbe ad oggetto la trascrizione di telefonate la cui captazione e' stata ritualmente autorizzata. L'ordinanza motivata con cui dovesse essere accolta l'istanza non potrebbe non contenere, per previsione normativa, l'individuazione dell'oggetto delle indagini peritali. Nella individuazione dell'oggetto delle indagini non puo' prescindersi qui dalla selezione di quali, tra le comunicazioni intercettate indicate dalle parti, siano rilevanti ai fini del decidere e quali non lo siano. Tale valutazione e', peraltro, ineludibile sia che la si voglia radicare nel disposto dell'articolo 268, comma 6, del codice di procedura penale, per il quale il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni indicate dalle parti che non appaiano manifestamente irrilevanti, sia che la si voglia radicare nel disposto dell'art.190 del codice di procedura penale, per il quale il giudice deve provvedere escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti. Nel caso, dunque, questo Giudice, in pubblico dibattimento, dovrebbe, come imposto dal diritto vivente, disporre la perizia di cui all'articolo 224 del codice di procedura penale, svolgendo, ma in pubblico dibattimento, le medesime attivita' per la selezione delle comunicazioni pertinenti attribuite ex professo dal codice di rito al Giudice per le Indagini Preliminari, secondo la riservata procedura di cui all'art. 268 dello stesso codice. Di qui la legittimazione di questo Giudice a sollevare la questione gia' in premessa enunciata e la rilevanza della stessa. Lo scrutinio di costituzionalita' riguarda il medesimo articolo di legge gia' dichiarato parzialmente incostituzionale, per un diverso profilo, con sentenza n. 238 del 1996. Il diritto vivente, l'impossibilita' di pervenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata. Non ignora il Tribunale che la possibilita' per il Giudice di sollevare questioni di costituzionalita' e' subordinata all'esperimento di un tentativo di interpretazione conforme ai canoni costituzionali. Una tale interpretazione, ad avviso di questo Giudice, conduce a ritenere che rientri nella competenza non solo funzionale ma anche esclusiva del Giudice per le Indagini Preliminari provvedere, con le forme ed i limiti di cui agli all'art. 268, commi 6 e 7, del codice di procedura penale, alla trascrizione ed alla stampa di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni disposte ai sensi degli articoli 266 dello stesso codice. Ma ad una siffatta interpretazione conforme, che avrebbe il pregio di evitare i dubbi di costituzionalita' che, col presente atto, il Tribunale solleva, si ritiene si opponga la consolidata giurisprudenza di legittimita'. Ed infatti in sentenza n. 47614 del 12 dicembre 2008, resa dalla seconda sezione penale della Cassazione, si legge tra l'altro: «il momento in cui disporre la perizia puo' dipendere dai piu' vari accadimenti processuali, senza che il codice di rito autorizzi la deduzione di conseguenze particolari dalla circostanza che la trascrizione delle intercettazioni sia eventualmente disposta in dibattimento, tanto piu' che [...] nel caso delle intercettazioni la prova e' costituita dalle bobine di registrazione, non dalle trascrizioni, intese soltanto a convertire in segni grafici le espressioni vocali». E' significativo del rigore con cui si e' perseguito tale orientamento il fatto che la sentenza citata sia stata resa per legittimare la possibilita' di disporre, al dibattimento, la sospensione dei termini della custodia cautelare per tutti gli imputati, considerando la complessita' del dibattimento. Una complessita' derivante proprio dall'espletamento della perizia dibattimentale per la trascrizione che pure si sarebbe potuta effettuare, con minore aggravio cautelare, avvalendosi, nella fase antecedente, della procedura prevista innanzi al Giudice per le Indagini Preliminari. Tale orientamento, non condiviso da questo giudice di merito, e' stato, pero', considerato consolidato dalla Corte di cassazione che con sentenza del 7 aprile 2011 (depositata il 7 luglio 2011) ha annullato una ordinanza del Tribunale di Brescia che aveva espresso un diverso orientamento. In sede di rinvio il Tribunale del riesame di Brescia, di recente, in data 24 novembre 2011 ha, pero', dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt.3 e 13, comma 5, della Costituzione, la questione di costituzionalita' dell'articolo 304, comma 2, del codice di procedura penale nella parte in cui consente di definire particolarmente complesso il dibattimento in cui sia stata disposta una perizia (nella specie la perizia di trascrizione delle intercettazioni telefoniche) che avrebbe potuto o dovuto essere espletata nelle fasi anteriori al dibattimento stesso. L'ordinanza 24 novembre 2011 del Tribunale di Brescia, con cui e' stata sollevata la questione, e' stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale numero 5 del 1° febbraio 2012. Si tratta di un'ulteriore spia delle torsioni indotte da una prassi interpretativa da ritenersi, pero', consolidata. Se e' vero che, in una non remota sentenza di legittimita' - Cass Sez 4^ n. 3347 del dicembre 2009 (dep 26 gennaio 2010) Rv 246391, - si e' fatto ricorso al concetto di competenza funzionale del Giudice per le Indagini Preliminari, si e' voluto, pero', con la stessa pronuncia, sostenere che tale competenza funzionale per la trascrizione di intercettazione telefoniche sia da intendere consumata non appena sia stato pronunciato il decreto che dispone il giudizio. Nel caso per cui e' processo innanzi a questo giudice, percio', l'eventuale affermazione pura e semplice della carenza di potere del giudice del dibattimento a disporre perizia per trascrizione di intercettazione telefoniche, dovrebbe misurarsi, consumata la competenza funzionale del Giudice per le Indagini Preliminari, col principio, tenuto piu' volte presente dal Giudice delle Leggi (cfr Sentenze nn 92 del 1992 e 56 del 1993), in forza del quale non e' mai precluso al giudice del dibattimento, anche ex art.507 c.p.p., il potere-dovere di integrazione probatoria. E' fondato, per quanto detto, ritenere che all'interpretazione costituzionalmente orientata in forza della quale radicare una competenza funzionale esclusiva del Giudice per le Indagini Preliminari ad operare ai sensi delle disposizioni di cui all'art. 268 c.p.p. si opporrebbe il diritto vivente che, anzi, considererebbe nullo l'atto posto in essere dal Giudice per le Indagini Preliminari dopo che sia stato pronunciato il decreto con cui si e' disposto il giudizio. Cio' puo' sorprendere, tenuto conto che la stessa sentenza citata - cfr. Cass Sez 4^ n. 3347 del l dicembre 2009 (dep 26 gennaio 2010) Rv 246391 - ammette che quanto meno sino alla trasmissione degli atti al Tribunale, il Giudice per le Indagini Preliminari, in una materia pure costituzionalmente sensibile quale quella de libertate, conserva competenza all'adozione dei provvedimenti urgenti relativi. Ancora potrebbe sottolinearsi che l'ossequio al principio di legalita' processuale condurrebbe a privilegiare l'interpretazione immediatamente riferibile al dettato normativo (art. 268 c.p.p.) che tipicamente prevede un solo modus procedendi specificamente inteso alla disciplina delle trascrizioni delle intercettazioni di comunicazioni. Concludendo sul punto, puo' dirsi fondato ritenere corrispondente al diritto vivente la possibilita', a seconda delle determinazioni delle parti, di trascrivere al dibattimento, con perizia, le intercettazioni telefoniche che avrebbero potuto o dovuto essere trascritte nelle fasi antecedenti, nei termini e nei modi di cui all'art. 268 c.p.p. Cio' non consente di accedere alla interpretazione della legge che il Tribunale reputa conforme alla Costituzione. In base a tale interpretazione, preclusa dal diritto vivente, dovrebbe ritenersi la competenza funzionale ed esclusiva del Giudice per le Indagini Preliminari a procedere, nei modi indicati dall'articolo 268 del codice di procedura penale, alle operazioni di selezione e trascrizione delle comunicazioni indicate dalle parti che non appaiano manifestamente irrilevanti. A tale competenza esclusiva occorrerebbe far riferimento anche quante volte, per i piu' vari accadimenti processuali, le parti abbiano richiesto le trascrizioni dopo che si sia stato adottato il provvedimento che sancisce il passaggio alla successiva fase dibattimentale. La non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. La questione in premessa indicata e che qui si pone muove dalle riflessioni, da intendersi qui interamente riportate ed integralmente condivise, formulate dalla Corte costituzionale con sentenza n. 34 del 1973 motivando la quale il Giudice delle leggi e' pervenuto a considerazioni che, debitamente ora riferite alle correlative norme ed istituti dettati dal vigente codice di procedura penale, non possono che, per la loro lineare chiarezza, fedelmente riproporsi negli assunti salienti. Dopo aver ricordato che e' connaturale alla finalita' stessa del processo il principio secondo il quale non puo' essere acquisito agli atti se non il materiale probatorio rilevante per il giudizio, cosi prosegue l'indicata sentenza: «l'applicazione del suddetto principio non solo garantisce la segretezza di tutte quelle comunicazioni telefoniche dell'imputato che non siano rilevanti ai fini del relativo processo, ma garantisce altresi' la segretezza delle comunicazioni non pertinenti a quel processo che terzi, allo stesso estranei, abbiano fatto attraverso l'apparecchio telefonico sottoposto a controllo di intercettazione ovvero in collegamento con questo. La Corte ritiene che il rigoroso rispetto di questo principio sia essenziale per la puntuale osservanza degli artt. 2 e 15 della Costituzione: violerebbe gravemente entrambe le norme costituzionali un sistema che, senza soddisfare gli interessi di giustizia, in funzione dei quali e' consentita la limitazione della liberta' e delle segretezza delle comunicazioni, autorizzasse la divulgazione in pubblico dibattimento del contenuto di comunicazioni telefoniche non pertinenti al processo». Deriva da quanto sopra che, per precetto costituzionale, la liberta' e la segretezza delle comunicazioni, pur quando legittimamente limitate per ragioni di giustizia, non possano esserlo fino a esporre alla divulgazione pubblica dibattimentale le comunicazioni intercettate non rilevanti ai fini del decidere. Tenuto conto di quanto sopra, ed ottemperando alla riserva di legge prevista dall'articolo 15 della Costituzione, il codice di procedura penale, proprio per evitare di incorrere nella grave violazione segnalata dal Giudice delle leggi, ha previsto l'iter procedimentale di cui all'articolo 268 del codice di procedura penale, disciplinandolo cosi che esso sia interamente compreso in un'area estranea al dibattimento ed alla sua pubblicita'. Tale iter affida, infatti, alla competenza funzionale del Giudice per le indagini preliminari la prerogativa di individuare, in un riservato contraddittorio, tra le comunicazioni captate, quelle sole che, oltre ad essere indicate dalle parti, siano anche non manifestamente irrilevanti, consentendo solo alle relative trascrizioni pertinenti ai fini del decidere l'accesso al dibattimento per il tramite del fascicolo del giudice. La espressa previsione del codice consente, cosi, e senza pregiudizio per il contraddittorio, di traslare in pubblico dibattimento esclusivamente i contenuti delle comunicazioni gia' indicate dalle parti e gia' ritenute dal Giudice per le Indagini Preliminari non manifestamente irrilevanti. Ed infatti per effetto delle norme espressamente contemplate dal codice di rito sono solo le «trascrizioni o le stampe» delle comunicazioni gia' ritenute, nella pienezza di un riservato contraddittorio, non manifestamente irrilevanti ad essere inserite nel fascicolo per il dibattimento (art. 268, comma 7, ultimo periodo, c.p.p.). Evitando ogni stepitus fori non correlato a fini di giustizia, il legislatore ha, adempiendo, come detto, al precetto costituzionale, incapsulato in un ambito destinato a rimanere estraneo al pubblico dibattimento le operazioni di selezione che, se operate al dibattimento, inevitabilmente comporterebbero anche la percezione pubblica di quanto manifestamente irrilevante. Significativamente quanto coerentemente, nello stesso ambito riservato della camera di consiglio, l'articolo 269 del codice di rito intesta al Giudice per le Indagini Preliminari - giudice che ha autorizzato o convalidato l'intercettazione - la decisione, a tutela della riservatezza ed a richiesta degli interessati, di distruggere, anche prima che la sentenza diventi irrevocabile, la documentazione non necessaria per il procedimento; previsione in distonia con l'ipotesi interpretativa che lo scrutinio di rilevanza possa in qualsivoglia forma essere intestato al Giudice dibattimentale. Tuttavia, malgrado quanto espressamente previsto dal legislatore che ha inteso, nell'unico modo indicato, adempiere ai precetti costituzionali del contraddittorio, della tutela della riservatezza, della non dispersione di elementi rilevanti ai fini di giustizia, il diritto vivente consente, invece, attribuendo alle parti, in merito, una sorta di diritto potestativo processuale, di far trascrivere al dibattimento, con lo strumento della perizia, le comunicazioni intercettate. Ma l'esperimento di un tale mezzo di prova impone, a sua volta, al fine di definire l'oggetto stesso della perizia, la necessaria distinzione, nella pubblicita' della relativa udienza, tra comunicazioni rilevanti ai fini del decidere e comunicazioni che tali non siano. Ne', del resto, evitando una tale cernita, si potrebbero trascrivere al dibattimento i contenuti di tutte le comunicazioni intercettate, perche', pur volendo tacere delle ripercussioni sulla durata ragionevole del dibattimento, si accetterebbe comunque il rischio, costituzionalmente non tollerabile, di esporre alla pubblicita' dibattimentale comunicazioni irrilevanti e, magari, anche riguardanti terzi del tutto estranei. Il necessario scrutinio di rilevanza/irrilevanza finisce, inevitabilmente, per rivelare in pubblico dibattimento, in violazione degli articoli 2 e 15 della Costituzione, l'esistenza ed il contenuto anche di comunicazioni telefoniche non pertinenti al processo, specialmente quando - come nel caso oggi in esame - le parti abbiano richiesto l'esibizione in dibattimento delle conversazioni intercettate e dei relativi documenti. E'evidente, infatti, che sottoporre il contenuto di una comunicazione a ragionevole valutazione di rilevanza/irrilevanza postula la enunciazione del contenuto della comunicazione stessa nell'ambito del dibattimento di pubblico dominio: una pubblica cognizione di quanto non e' ancora acclarato che possa dirsi pertinente. Del resto la rilevanza/irrilevanza di una comunicazione e', a sua volta, oggetto di prova, in pubblico contraddittorio, al pari di ogni altro fatto a cui si riferisca l'imputazione o dal quale dipenda l'applicazione di norme processuali (art.187 c.p.p.), cio' che innesca un sub-procedimento, di non minore invasivita' ed ancora assistito da pubblicita', solo all'esito del quale, ormai largamente compromessi i principi costituzionali di cui agli articoli 2 e 15 della Carta, magari ritenere non rilevante la comunicazione stessa. Per quanto sopra, e per l'evidente contrasto tra il diritto vivente ed i principi gia' espressi dalla giurisprudenza costituzionale, si ritiene non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' in premessa enunciata. Il parametro di costituzionalita': gli articoli 2 e 15 della Costituzione. Le riflessioni condotte dal Giudice delle Leggi nella materia che qui viene in considerazione evocano quali parametri di riferimento gli articoli 2 e 15 della Costituzione. Con sentenza n. 34 del 1973 la Corte Costituzionale, lo si e' ricordato, ha definito i canoni al rispetto dei quali deve soggiacere la disciplina legislativa perche' risulti in sintonia coi precetti costituzionali. La sentenza detta, dopo aver premesso che «nel processo puo' essere utilizzato solo il materiale rilevante per l'imputazione di cui si discute» indica, in particolare, il canone, di straordinaria modernita' se rapportato all'odierno processo accusatorio, in forza del quale il principio della non acquisizione ed utilizzazione come materiale probatorio delle comunicazioni che non siano rilevanti per il processo e' essenziale per la puntuale osservanza dei precetti contenuti negli articoli 2 e 15 della Costituzione; cosi' «violerebbe gravemente entrambe le norme costituzionali un sistema che, senza soddisfare gli interessi di giustizia, in funzione dei quali e' consentita la limitazione della liberta' e della segretezza delle comunicazioni, autorizzasse la divulgazione in pubblico dibattimento del contenuto di comunicazioni telefoniche non pertinenti al processo». Gli effetti della pronuncia del giudice delle leggi sul presente procedimento e sugli altri in corso o definiti. La pronuncia di accoglimento cui, a seguito della presente ordinanza, il Giudice delle leggi potrebbe pervenire, sortirebbe i medesimi effetti dell'interpretazione costituzionalmente conforme, non determinando, nel caso per cui e' processo, la regressione del processo stesso ma consentendo la collocazione delle operazioni di selezione e trascrizione delle comunicazioni rilevanti innanzi al Giudice per le Indagini Preliminari ai sensi dell'articolo 268 del codice di procedura penale. All'esito delle operazioni dette, come previsto dall'ultimo periodo del comma 7 dell'articolo 268 del codice di procedura penale, le trascrizioni sarebbero inserite nel fascicolo per il dibattimento pendente innanzi a questo Tribunale. Quanto ai processi nei quali si sia gia' provveduto conformemente al diritto vivente, non vi sarebbe ragione di discostarsi dai precedenti giurisprudenziali in forza dei quali le pronunce d'incostituzionalita' delle norme processuali non incidono sugli effetti gia' definiti degli atti processuali compiuti sotto il vigore della norma poi annullata. Lo stesso Giudice delle leggi, del resto, ha ritenuto essere affidato ai giudici comuni, nell'ambito delle rispettive competenze istituzionali, il compito di risolvere i problemi attinenti all'individuazione di eventuali limiti che, per effetto di altre norme dell'ordinamento, si oppongano, nei singoli casi, alla cosiddetta retroattivita' delle decisioni di accoglimento (cfr. C. Cost. sent. 2 aprile 1970 n. 49).
P.Q.M. Visti gli articoli 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1, e 23, legge 11 marzo 1953 n. 87, Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 2 e 15 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 224 del codice di procedura penale nella parte in cui prevede che il giudice del dibattimento disponga perizia avente ad oggetto la trascrizione di conversazioni o comunicazioni telefoniche intercettate ai sensi degli articoli 266 e seguenti del codice di procedura penale; Dispone la sospensione del presente giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; Dispone la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri. Dispone la presente ordinanza sia comunicata al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti. Cosi' deciso in Roma, il 10 aprile 2012 Il Presidente: De Crescenzo I Giudici: Rotunno-De Simone