N. 101 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 gennaio 2012

Ordinanza del  17  gennaio  2012  emessa  dal  Commissariato  per  il
riordinamento degli usi civici in Abruzzo  nei  procedimenti  riuniti
vertenti Comune di Pescocostanzo contro Speciale rappresentanza degli
utenti di uso civico del Comune di Pescocostanzo ed altri.. 
 
Usi civici - Norme della Regione Abruzzo - Previsione  che  ove,  per
  effetto di utilizzazioni improprie ormai consolidate,  porzioni  di
  terre  civiche  abbiano  perso  da   tempo   irreversibilmente   la
  conformazione  fisica  e  la  destinazione  funzionale  di  terreni
  agricoli, ovvero boschivi o pascolivi, il Consiglio  regionale,  su
  richiesta motivata del Comune territorialmente interessato,  ovvero
  dell'Amministrazione  separata   frazionale,   puo'   disporre   la
  "sclassificazione", senza previsione di indennizzo - Violazione del
  principio di tutela del  paesaggio  -  Lesione  del  principio  del
  giusto indennizzo  in  caso  di  espropriazione  -  Violazione  del
  principio di tutela dell'ambiente. 
- Legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25, art. 10, comma 2. 
- Costituzione, artt. 9, 42, 117, comma secondo, lett. s), e 118. 
(GU n.22 del 30-5-2012 )
				 
IL COMMISSARIATO PER IL  RIORDINO  DEGLI  USI  CIVICI  NELLA  REGIONE
                               ABRUZZO 

 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
n.  3  del  registro  generale  contenzioso  civile  dell'anno   1991
vertente, tra il Comune di Pescocostanzo in persona  del  Sindaco  in
carica, non comparso, Speciale rappresentanza  degli  utenti  di  uso
civico del Comune di Pescocostanzo, non comparsa, e  Regione  Abruzzo
in  persona  del  Presidente  pro  tempore  della  Giunta   Regionale
rappresentato  e  difeso  dagli  Avvocati  Sandro  Pasquali  e  Carlo
Massacesi dell'Ufficio Legale della Regione Abruzzo con sede  in  Via
Aldo  Moro,  L'Aquila,  giusta   procura   generale   conferita   con
deliberazione della Giunta, regionale d'Abruzzo n. 5930  in  data  17
novembre 1994, e Di Pasquale Mario residente  in  Pescocostanzo,  non
comparso e Sette Lino residente in Pescocostanzo alla via Marella  n.
13, non comparso e Sciullo Amedeo  residente  in  Pescocostanzo,  non
comparso e Colabrese Cesidio residente in Pescocostanzo, non comparso
e Colabrese Maria Pia residente in Pescocostanzo, non comparso e  Del
Cimmuto Arnaldo nato a Pescocostanzo il 3 dicembre 1915, non comparso
e Colangelo Carmelo residente in Pescocostanzo, non comparso, 
avente ad oggetto: accertamento qualitas soli. 


				 
                                Fatto 

 
    1. - Il Commissario iniziava - d' ufficio - una serie di processi
volti ad accertare la natura di  alcuni  fondi  censiti  nel  Catasto
terreni del Comune di Pescocostanzo al foglio 21, particella n. 63 ed
al foglio 28, particelle nn. 14, 51, 177, 178, 179, 180 e 181. 
    La Regione Abruzzo si costituiva in  giudizio  dando  atto  della
pendenza di procedure amministrative di sclassificazione. 
    Nessuna delle parti si costituiva in giudizio. 
    Veniva nominato un Consulente  ed,  all'udienza  del  7  novembre
2011, la causa veniva trattenuta in decisione. 


				 
                               Diritto 

 
    1. - Nelle more del giudizio i  terreni  oggetto  di  causa  sono
stati sclassificati, ai sensi  dell'articolo  10  della  legge  della
Regione Abruzzo n. 25/1988, con delibera del Consiglio  Regionale  n.
104/19 del 12 luglio 1994. 
    2. - Esaminati gli atti del procedimento, ritiene  il  giudicante
di  dover   sollevare   d'ufficio   -   questione   di   legittimita'
costituzionale - in riferimento agli artt. 9, 117,  118  e  42  della
Costituzione dell' articolo 10 della legge della Regione  Abruzzo  n.
25/1988. 
    Non ignora il remittente che la questione e' stata  gia'  portata
all' attenzione della Corte costituzionale che la respingeva  con  la
sentenza n. 511 del 1991. Nondimeno si vogliono evidenziare ulteriori
profili di incostituzionalita' della norma ed aspetti non valorizzati
nella precedente ordinanza di remissione. 
    3. - La questione e' rilevante nel presente giudizio in quanto il
giudicante dovrebbe prendere atto della avvenuta  sclassificazione  e
dichiarare l'estinzione  dei  diritti  di  uso  civico  gravanti  sui
terreni oggetto di causa. 
    4. - La questione poi non e' manifestamente infondata. 
    5. - Invero la Regione Abruzzo emanava, in data 3 marzo 1988,  la
legge n. 25 contenente «Norme in materia di  usi  civici  e  gestione
delle terre civiche». 
    In questa sede viene censurato l'ultimo  comma  dell'articolo  10
della sopra indicata legge il quale prevede che: «Nei  casi  in  cui,
per effetto delle utilizzazioni proprie ormai  consolidate,  porzioni
di terre  civiche  abbiano  da  tempo  irreversibilmente  perduto  la
conformazione fisica e la destinazione funzionale di terreni  agrari,
ovvero boschivi e pascolivi, il  Consiglio  Regionale,  su  richiesta
motivata  del   Comune   territoriale   interessato,   ovvero   dell'
Amministrazione separata frazionale, sentito il Comune,  se  trattasi
di beni di pertinenza frazionale, puo' disporre la classificazione di
dette terre dal regime demaniale civico». 
    Deve osservarsi che la materia degli usi civici  e'  disciplinata
in modo tendenzialmente esaustivo da norme statali: Legge  16  giugno
1927 n. 1766 e Regolamento approvato con R.D. n. 322 del 1928. 
    Tali norme prevedono speciali procedure di liquidazione degli usi
civici. 
    Alle Regioni sono state trasferite dai Decreti  Presidenziali  n.
11 del 15 gennaio 1972 e 616 del 24  luglio  1977  le  sole  funzioni
amministrative relative alla liquidazione degli usi civici  e  quindi
la Regione Abruzzo non avrebbe potuto emanare derogatorie  di  quelle
statali introducendo nuove ipotesi di liquidazione degli usi civici. 
    Infatti la sottrazione dei terreni gravati  da  usi  civici  alla
loro  destinazione  si   attua   attraverso   una   procedura   (c.d.
sclassificazione) diversa da quelle previste dal legislatore  statale
onde garantire l'interesse  della  collettivita'  alla  conservazione
degli usi civici e alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio. 
    Giova osservare che gli  usi  civici  sono  imprescrittibili,  in
usucapibili ed indisponibili. 
    Inoltre, mentre per i beni demaniali civici e' prevista,  seppure
in casi eccezionali, la sclassificazione tacita del suolo, per i beni
civici tale sclassificazione e' esclusa, anzi vietata, come ha deciso
la Corte Suprema con la sentenza 12 dicembre 1953, n. 3690. 
    Dunque la legge impugnata si pone in irrimediabile contrasto  con
la legislazione nazionale, perche' le norme statali  contenute  nella
legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici nel
Regno, e nell'art. 41, r.d. 26 febbraio 1928 n. 332,  regolamento  di
esecuzione  l.  n.  1766  del  1927,  le  quali  richiedono  che   le
limitazioni o  la  liquidazione  dei  diritti  di  uso  civico  siano
precedute dall'assegnazione dei suoli alla  categoria  sub  lett.  a)
dell'art. 11 l. n. 1766  del  1927  e,  qualora  inclusi  in  questa,
alienati  o  mutati  nella   destinazione   previa   l'autorizzazione
ministeriale - art. 12 - ora regionale - art. 66 d.P.R.  n.  616  del
1977. 
    7. - Sul punto deve ulteriormente osservarsi che,  l'articolo  1,
lettera h), della legge 8 agosto 1985 n. 431, ha sottoposto a vincolo
paesaggistico, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 «le  aree
assegnate alle Universita' agrarie e le zone gravate da usi civici». 
    La funzione di tutela dell'ambiente svolta dagli  usi  civici  e'
stata valorizzata dalla  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale
(ordinanza 316 del 1998 e sentenze nn. 46/95 e 133/93) nonche'  dalla
dottrina piu' attenta. 
    L'articolo 117 della Costituzione, alla lettera s), riserva  alla
legislazione  esclusiva  dello  Stato   la   «tutela   dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali». 
    La Regione Abruzzo invece con la norma impugnata ha profondamente
inciso su tale  materia  consentendo  che  aree  del  suo  territorio
potessero essere sottratte  alla  normativa  statale  in  materia  di
tutela ambientale e disciplinate in modo autonomo. 
    Invero la legge impugnata consente, attraverso la procedura della
sclassificazione, di sottrarre delle aree  ai  vincoli  ambientali  e
paesaggistici in violazione della convenzione europea  sul  paesaggio
sottoscritta a Firenze il 20  ottobre  2000  contribuendo  cosi',  ad
avviso del remittente, alla tragedia dei beni collettivi. 
    8. - La norma impugnata si pone  altresi'  in  contrasto  con  la
legge statale n.  47/1985  che  consente  la  sanatoria  delle  opere
abusive  sorte  su  aree  vincolate   solo   attraverso   determinate
procedure. 
    Tale  possibilita'  non  e'   piu'   concessa   dalla   normativa
sopravvenuta (D.P.R. n. 380/2001). 
    La  sclassificazione  e'  concessa   invece   per   irreversibili
trasformazioni del suolo  dovute,  nella  maggioranza  dei  casi,  ad
interventi urbanistici non autorizzati che risultano  cosi'  sanabili
sotto un duplice profilo: venir meno  del  vincolo  ambientale  e  la
disponibilita' del suolo. 
    9. - Infine la norma si pone in  contrasto  con  l'  articolo  42
della Costituzione in quanto  consente  l'espropriazione  di  terreni
senza alcun ristoro. 
    Invero, sebbene sia discussa  la  natura  degli  usi  civici,  e'
indubbio che essi vadano annoverati nell'ambito dei diritti  reali  e
siano configurati dalla dottrina o come diritti reali  d'uso,  ovvero
servitu' prediali, o diritti reali atipici ovvero forme di comunione. 
    La titolarita' di tali beni spetta ai  naturali  mentre  la  sola
gestione e' riservata al Comune. 
    Ne deriva che qualora i  naturali  vengano  privati  dei  diritti
esercitati su tali beni essi debbono essere  ristorati  con  un  equo
indennizzo la  cui  previsione  difetta  totalmente  nella  norma  in
questione. 
    Anche in  questo  caso  emerge  il  contrasto  tra  la  normativa
regionale che non prevede alcun indennizzo e la normativa statale (a.
24 della legge 1766 del 1927) la  quale  stabilisce  che  i  capitali
derivanti dalle varie forme di liquidazione degli  usi  civici  siano
investiti «in titoli del debito pubblico intestati  al  Comune,  alla
frazione od alla associazione, con vincolo a favore del Ministero per
l'economia nazionale, per essere destinato, in caso  di  bisogno,  ad
opere permanenti di interesse generale della popolazione...». 
    Nessuna  forma  di  indennizzo,  neppure  indiretto,  e'   invece
prevista dal citato articolo 10. 
    I beni gia'  gravati  da  uso  civico  potranno  pertanto  essere
alienati dalle  pubbliche  amministrazioni  senza  alcun  vincolo  di
reimpiego delle somme riscosse. 
    Ne esso puo' consistere nella realizzazione di opere pubbliche  o
di interesse pubblico da cui i singoli  utenti  dei  diritti  di  uso
civico potrebbero non trarre alcun vantaggio. 
    La norma impugnata consente quindi che i fruitori di  usi  civici
sui beni «sclassificati» siano privati dei loro diritti  senza  alcun
corrispettivo. 
    La necessita'  di  un  indennizzo  e'  stata  riconosciuta  dalla
giurisprudenza della Corte costituzionale che nella sentenza  n.  156
dell'8  maggio  1995  che  pur  consentendo,  seppure  a  determinate
condizioni, l'espropriazione dei terreni gravati da  usi  civici,  ha
stabilito che: «i compensi previsti dall'art. 12, terzo comma,  della
legge 31 gennaio 1994, n. 97, in favore dei cessati  diritti  di  uso
civico, corrispondono al compenso in natura (c.d. scorporo)  previsto
dagli artt. 5 e 6 della legge n. 1766 del  1927,  il  quale,  dovendo
essere fatto valere sull'indennita' di  espropriazione,  deve  essere
tradotto nel  controvalore  in  denaro  e  proporzionato  all'entita'
dell'indennizzo». 
    La giurisprudenza  comunitaria  esclude  che  vi  possano  essere
espropriazioni senza adeguato ristoro. 
    10. - La norma impugnata si pone  inoltre  in  contrasto  con  il
principio di ragionevolezza  in  quanto  fissa  una  discrezionalita'
amplissima in capo alle autorita'  amministrative  nella  valutazione
della perdita della  «conformazione  fisica»  e  della  «destinazione
funzionale» dovuta, si badi  bene,  non  ad  eventi  naturali  bensi'
all'abusivo esercizio di atti di possesso da parte dei privati. 
    Quindi e' sufficiente un'illecita attivita'  di  manomissione  di
beni  di  rilevante  interesse   ambientale   e   paesaggistico   per
determinare   l'estinzione   dei   diritti   di   uso    civico    e,
conseguentemente, di ogni vincolo ambientale  e  paesaggistico  sugli
stessi. 
				 
                              P. Q. M. 

 
    Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1  della  legge  cost.  9
febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n.  87  dichiara
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 10 della legge regionale 3  marzo  1988,  n.
25, in riferimento agli artt. 9, 117, 118 e 42 della Costituzione; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio; 
    Ordina che, a cura della segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa ed alla regione Abruzzo  in  personale
del Presidente in carica, ed al Presidente del Consiglio dei ministri
e comunicata ai Presidenti della Camera dei  deputati  e  del  Senato
della Repubblica. 
    Cosi' deciso in L'Aquila il 30 dicembre 2011. 


				 
        Il Commissario aggiunto per gli usi civici: Perinelli