N. 106 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 gennaio 2012

Ordinanza del 5 gennaio  2012  emessa  dal  Tribunale  di  Catania  -
Sezione  distaccata  di  Paterno'  nei  procedimenti  civili  riuniti
promossi da Aurora Paterno' Soc.  coop.  agricola  a  r.l.  ed  altri
contro Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a.. 
 
Banca e istituti di credito - Operazioni bancarie regolate  in  conto
  corrente - Diritti nascenti dall'annotazione in conto -  Esclusione
  in ogni caso della restituzione di importi gia' versati  alla  data
  di entrata in vigore della legge n. 10 del 2011  -  Previsione  non
  interpretativa ma ad effetto retroattivo - Contrasto con il  canone
  generale  di  ragionevolezza   -   Ingiustificata   disparita'   di
  trattamento  tra  versamenti  indebiti  effettuati  prima  e   dopo
  l'entrata  in  vigore  della  legge  n.  10  del  2011  -   Lesione
  dell'affidamento dei consociati nella stabilita'  della  disciplina
  giuridica della  fattispecie  -  Violazione  dell'effettivita'  del
  diritto dei cittadini di agire in  giudizio  a  tutela  dei  propri
  diritti,   dell'integrita'   delle   attribuzioni    costituzionali
  dell'autorita' giudiziaria, del riconoscimento dei diritti maturati
  per i quali siano pendenti i relativi processi, del  principio  del
  giusto processo e della parita' delle  parti  -  Contrasto  con  il
  divieto al legislatore di incidere su controversie pendenti  (salvo
  che per ragioni imperative di interesse  generale),  sancito  dalla
  Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU),  come
  interpretata dalla Corte di Strasburgo. 
- Decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, art. 2, comma  61  [secondo
  periodo], aggiunto dalla legge di conversione 26 febbraio 2011,  n.
  10. 
- Costituzione, artt. 3, 24, commi primo e secondo, 102, primo comma,
  111, commi primo e  secondo,  e  117,  primo  comma,  in  relazione
  all'art. 6  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti
  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,  ratificata   e   resa
  esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. 
(GU n.23 del 6-6-2012 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Il G.I. nella causa n. 42/2005 R.G.; 
    a scioglimento della riserva di  ordinanza  resa  al  verbale  di
udienza dell'1 dicembre 2011 all'esito della quale venivano  concessi
gg. 12 per note, 
    letti gli atti di causa e le richieste delle parti; 
 
                              Ritenuto 
 
    che non si e' tenuto conto delle note depositate il  15  dicembre
2011 e, quindi, tardivamente; 
    che e' applicabile al caso de quo della seconda parte  del  comma
61 art. 2 D.L. 225/2010 conv. in L. 10/2010; 
    che in base al meccanismo della compensazione  impropria  occorre
verificare la non debenza degli interessi versati dal correntista con
risultato diverso  a  seconda  del  ricalcolo  del  saldo  a  partire
dall'apertura del  conto  o  fino  all'entrata  in  vigore  del  c.d.
"Milleproroghe"; 
    che con l'espressione "in ogni caso"  il  legislatore  ha  voluto
intervnire proprio sulle fattispecie gia' sub iudice; 
    che in caso di contrasto tra norma interna e  norma  della  CEDU,
che  non  ha  applicabilita'  diretta,  il  giudice,  ove  non  possa
superarlo tramite interpretazione, deve  sollevare  la  questioni  di
costituzionalita', 
    che la problematica che si pone nell'odierno giudizio  e'  quello
della rilevanza e  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita' costituzionale attinente al secondo periodo del comma 61
dell'art. 2 del D.L. n. 225/2010, convertito con  l.  n.  10  del  26
febbraio 2011, gia' sollevata  da  questo  stesso  Ufficio  in  altra
causa; 
    che detta questione e' rilevante nell'odierno giudizio, nel quale
si controverte di conti correnti bancari, perche', per come meglio si
dira' infra, la disposizione censurata elide in radice,  proprio  nei
rapporti di conto corrente bancario, il diritto di  azione,  ex  art.
2033  c.c.,  in  relazione  alle  somme  versate  in  data  anteriore
all'entrata in vigore della legge di conversione; 
    che riguardo alla non manifesta infondatezza, si osserva  che  il
comma 61 dell'art. 2 del D.L. n. 225/2010, convertito con  l.  n.  10
del 26 febbraio 2011, recita: "In  ordine  alle  operazioni  bancarie
regolate  in  conto  corrente  l'art.  2935  del  codice  civile   si
interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti
dall'annotazione   in   conto   inizia   a   decorrere   dal   giorno
dell'annotazione  stessa.  In  ogni  caso  non  si  fa   luogo   alla
restituzione di importi gia' versati alla data di entrata  in  vigore
della legge di conversione del presente decreto legge"; 
    che il detto comma 61, nel primo periodo (di  natura  chiaramente
interpretativa), specifica il momento di decorrenza  del  termine  di
prescrizione dell'azione di ripetizione dell'indebito nell'alveo  dei
contratti di conto corrente bancario, laddove, nel  secondo  periodo,
prescrive, in ragione del chiaro tenore  letterale  secondo  cui  "in
ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi  gia'  versati
al momento dell'entrata in vigore della legge di conversione", che il
detto diritto, sottoposto al termine estintivo prima chiarito,  sorge
solamente per i versamenti successivi  all'entrata  in  vigore  della
legge di conversione; 
    che la Corte costituzionale ha  costantemente  affermato  che  la
norma di interpretazione autentica e' quella che  impone  una  scelta
tra le possibili varianti di senso del  testo  originario,  con  cio'
vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore  (sentenza
n. 525 del 2000; ma in senso conforme tra le molte v. anche la n. 362
del 2008); 
    che il secondo periodo del comma 61 non e'  annoverabile  tra  le
norme di interpretazione autentica,  in  quanto  non  e'  diretto  ad
imporre alcun significato all'art. 2935 c.c. tra quelli  ascrivibili,
ma sancisce in via automatica e retroattiva la  perdita  del  diritto
maturato alla ripetizione di somme versate nel corso dei contratti di
conto corrente bancario, sino all'entrata in vigore  della  legge  di
conversione del decreto legge. Inoltre, il dato letterale, consacrato
dall'assolutezza   dell'avverbio   "in    ogni    caso",    in    se'
omnicomprensivo, costituisce ostacolo a che possa ritenersi  che  sia
necessaria un'eccezione di parte per  l'applicazione  di  quello  che
viene a configurarsi come un vero e  proprio  generale  divieto  alla
restituzione di versamenti effettuati  anteriormente  all'entrata  in
vigore della legge di conversione; 
    che la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale e
la natura non interpretativa della disposizione censurata, alla  luce
delle difese spiegate nell'odierno  processo  dalla  banca  convenuta
proprio  in  relazione  all'art.  2935  c.c.  e   della   conseguente
produzione  dell'effetto  estintivo  del  diritto  ripetitorio,  sono
profili che permarrebbero anche nel caso in cui si ritenesse che  per
la negazione della restituzione sia all'uopo necessaria  un'eccezione
di parte,  poiche'  l'effetto  estintivo  previsto  dalla  disciplina
censurata prescinde dal decorso del  termine  prescrizionale,  ma  si
consacra, con modalita'  innovative,  in  un  determinato  momento  a
prescindere dal fatto che il versamento sia  stato  effettuato  molto
tempo prima o solamente il giorno  anteriore  all'entrata  in  vigore
della legge di conversione; 
    che, esclusa  la  natura  interpretativa  della  disposizione  in
commento, si evidenzia che la Corte costituzionale ha individuato una
serie di limiti generali all'efficacia retroattiva delle  leggi  «che
attengono alla salvaguardia, oltre che dei  principi  costituzionali,
di altri fondamentali valori di civilta' giuridica posti a tutela dei
destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno
ricompresi il rispetto del principio generale  a  ragionevolezza  che
ridonda  nel  divieto  di  introdurre  ingiustificate  disparita'  di
trattamento [.....]; la tutela dell'affidamento legittimamente  sorto
nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto [...];
la coerenza  e  la  certezza  dell'ordinamento  giuridico  [...];  il
rispetto  delle  funzioni  costituzionalmente  riservate  al   potere
giudiziario» (v.: Corte costituzionale 11 giugno 2010 n. 209); 
    che il secondo periodo del comma  61  dell'art.  2  del  D.L.  n.
225/2010, convertito con l. n. 10 del 26 febbraio 2011 (In ogni  caso
non si fa luogo alla restituzione di importi gia' versati  alla  data
di entrata in vigore della legge di conversione del presente  decreto
legge), avente efficacia retroattiva, si pone in  contrasto  con  gli
artt. 3, 24, 102, 111 e 117 della Costituzione; 
    che a disposizione di che  trattasi  riguarda  esclusivamente  il
contratto di conto corrente bancario e serve  ad  escludere  in  modo
indiscriminato ogni azione restitutoria, tra cui  quella  concernente
il  diritto  alla  ripetizione  dell'indebito  maturato  in  capo  al
correntista sino all'entrata in vigore della  legge  di  conversione,
posto che non viene ivi effettuata alcuna distinzione in ordine  alla
natura  dei  versamenti  e  alla  parte  che  li  abbia   effettuati.
L'esclusione,  pertanto,  colpisce  anche  le  fattispecie   in   cui
l'indebita percezione di somme ad opera dell'istituto di credito  sia
stata dovuta all'esecuzione di clausole nulle per violazione di norme
imperative (ad es. artt. 1283, 1284 c.c. e 117 D.L.vo n. 385/1993, l.
n. 108/1996; v. sul diritto all'esercizio dell'azione di  ripetizione
di indebito oggettivo nella materia del conto  corrente  bancario  in
ipotesi di nullita' parziale del contratto per  violazione  dell'art.
1283 c.c., da ultimo: Cassazione civile, sez. un., 2  dicembre  2010,
n. 24418); 
    che il confronto tra la  disposizione  censurata  ed  i  principi
elaborati dalla giurisprudenza costituzionale porta alla  conclusione
che la stessa non solo non puo' essere  ritenuta  interpretativa,  ma
lede, con la propria efficacia retroattiva, il canone generale  della
ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.), l'effettivita' del diritto
dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei  propri  diritti
(art.  24,  primo  e  secondo  comma,  Cost.)  e  l'integrita'  delle
attribuzioni costituzionali  dell'autorita'  giudiziaria  (art.  102,
primo comma, Cost.), oltre che il riconoscimento di diritti  maturati
per i quali vi siano pendenti i relativi processi (art. 111, primo  e
secondo comma, e 117, comma primo, Cost.); 
    che in vero, e' irragionevole che il legislatore sia  intervenuto
per discriminare, retroattivamente e  limitatamente  ad  una  singola
fattispecie negoziale,  la  legittimita'  o  l'illegittimita'  di  un
determinato comportamento (cioe' il trattenimento di somme versate in
carenza  di  causa,  originaria  o  sopravvenuta)   a   seconda   che
quest'ultimo si sia integrato prima o dopo  un  determinato  termine,
peraltro indicato non nell'entrata in vigore  del  decreto  legge  ma
della legge di conversione dello stesso, con la  conseguenza  che  il
detto termine non era neanche individuabile con  esattezza  ex  ante,
tenuto  conto  dei  sessanta  giorni  per  la  conversione   previsti
dall'art. 77, terzo comma, cost.; inoltre, non vi era  la  necessita'
di    risolvere    oscillazioni    giurisprudenziali    sull'astratta
configurabilita' del diritto alla ripetizione di somme  indebitamente
versate nello svolgimento del rapporto  di  conto  corrente  bancario
(come  per  ogni  altro  contratto),  non  sfuggendo  come  il  testo
dell'art. 2935 c.c., attinente al  decorso  della  prescrizione,  non
offrisse alcun appiglio semantico nel senso delle rilevanti modifiche
introdotte, modifiche che in realta' incidono  sull'esistenza  stessa
del diritto sostanziale e del diritto di azione  a  prescindere,  per
come detto, dall'intervenuto decorso del  termine  prescrizionale  al
momento dell'entrata in vigore della legge di conversione, 
    che, con cio' facendo, si e' leso  l'affidamento  dei  consociati
nella stabilita' della disciplina giuridica  della  fattispecie,  che
viene sconvolta dall'ingresso inopinato e  immotivato  di  una  norma
retroattiva, la quale altera rapporti pregressi in relazione  ad  una
sola tipologia contrattuale e discrimina retroattivamente, attraverso
un riferimento temporale variabile nell'ambito dei sessanta giorni di
cui all'art. 77, terzo comma, Cost., una condotta  legittima  da  una
condotta illegittima, in tal  guisa  ingenerando,  anche  dinanzi  ai
medesimi   presupposti   e   requisiti    fattuali    e    giuridici,
un'ingiustificata disparita' di trattamento  tra  chi  abbia  versato
importi privi di causa prima del detto non individuato  termine  (nel
senso sopra precisato) e chi abbia avuto la  ventura  di  effettuarli
dopo (art. 3 Cost.); 
    che il superiore meccanismo rende, altresi', inutile e  privo  di
effettivita' il diritto dei cittadini di adire i giudici per ottenere
la  tutela  delle  proprie  situazioni  giuridiche  soggettive  ormai
consolidatesi (art. 24, primo e secondo comma, Cost.); 
    che a tale lesione  di  diritti  fondamentali  dei  cittadini  si
associa la violazione dell'art. 102, primo comma, Cost.,  perche'  le
norme   censurate   incidono   negativamente    sulle    attribuzioni
costituzionali dell'autorita' giudiziaria, definendo sostanzialmente,
con atto legislativo, l'esito di giudizi in corso (v. in  tal  senso:
Corte costituzionale 11 giugno 2010 n. 209, cit.); 
    che, infine, si riscontra la violazione degli artt. 111, primo  e
secondo comma, e 117, comma primo, cost.,  in  relazione  all'art.  6
della CEDU, in quanto l'applicabilita'  della  norma  ai  giudizi  in
corso vulnera i principi del giusto processo e  della  parita'  delle
parti,  venendo  ad  incidere  su  una   determinata   tipologia   di
controversie  gia'  pendenti  (cioe'  sul  ben  noto  e   consistente
contenzioso scaturente  dalle  azioni  di  ripetizione  dell'indebito
avanzate dai correntisti, ad es. ex artt. 2033, 1283 e  1284  c.c.  e
117 D.L.vo n. 385/1993), a vantaggio di una delle parti del giudizio,
non ravvedendosi "ragioni imperative d'interesse  generale",  la  cui
sussistenza la Corte di Strasburgo valuta con riferimento al  singolo
caso concreto (v. ad  es.:  Corte  europea  dir.  Uomo,  sez.  grande
chambre, sentenza 29 marzo 2006 n. 36813, Scordino c. Italia); 
    che, alla luce delle  superiori  argomentazioni,  l'univoco  dato
testuale della norma censurata  non  ne  consente  un'interpretazione
costituzionalmente orientata, che  permetta  di  eliminarne  (in  via
interpretativa) il conflitto con  i  parametri  dianzi  indicati,  di
talche' non resta che denunziarne l'incostituzionalita'. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Visti gli artt. 134 Costituzione e 23 l. 11 marzo 1953 n. 87; 
    Ritenuta la rilevanza e la non manifestamente  infondatezza,  per
la decisione del presente giudizio, della questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 2 comma 61, della legge n. 10 del  2011,  di
conversione  del  D.L.  29  dicembre  2010  n.  225,   c.d.   Decreto
Milleproroghe (pubblicato  sul  supplemento  ordinario  n.  53  della
«Gazzetta Ufficiale» n. 47 del 26 febbraio 2011), nella parte in  cui
dispone "In ogni caso non si fa luogo alla  restituzione  di  importi
gia'  morsati  alla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge   di
conversione del presente decreto legge" per violazione degli articoli
3, 24, commi primo e secondo, 102, comma primo, 111,  commi  primo  e
secondo, e 117, comma primo, della Costituzione; 
    Dispone la sospensione del procedimento in corso; 
    Ordina la notificazione della presente  ordinanza  al  Presidente
del Consiglio  dei  Ministri  e  la  comunicazione  della  stessa  ai
Presidenti della  Camera  dei  Deputati  e  del  Senato;  dispone  la
trasmissione dell'ordinanza alla Corte  costituzionale  insieme  agli
atti  del  giudizio  ed  alla  prova  delle  notificazioni  e   delle
comunicazioni prescritte. 
    Si comunichi alle parti. 
 
        Paterno', addi' 5 gennaio 2012 
 
                        Il Giudice: Sabatino