N. 108 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 novembre 2011

Ordinanza del 18 novembre 2011 emessa dal  Tribunale  di  Genova  nel
procedimento civile promosso da Sbragi Fioravante, Giavarini Fernanda
e Verusio Francesca contro Condominio Villini di  Pieve  Ligure,  via
Coriolano Bozzo n. 25.. 
 
Procedimento civile - Disciplina della  mediazione  finalizzata  alla
  conciliazione   delle   controversie   civili   e   commerciali   -
  Obbligatorieta' del procedimento di mediazione e configurazione del
  preventivo esperimento di esso come  condizione  di  procedibilita'
  della  domanda  giudiziaria  -  Previsione  solo  per  le   materie
  espressamente elencate e non per  altre  (parimenti  caratterizzate
  dalla disponibilita' dei diritti  sottostanti)  -  Differenziazione
  non  giustificata  da  alcuna  ragionevole   scelta   di   politica
  legislativa - Contrasto con il principio di ragionevolezza. 
- Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, art. 5. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
Procedimento civile - Disciplina della  mediazione  finalizzata  alla
  conciliazione   delle   controversie   civili   e   commerciali   -
  Procedimento di  mediazione  per  le  controversie  in  materia  di
  diritti  reali  -  Possibilita'  di  trascrivere  la   domanda   di
  mediazione e direttamente il verbale di mediazione,  con  efficacia
  "prenotativa"  della  prima   anche   rispetto   al   provvedimento
  giurisdizionale conclusivo del procedimento  giudiziario  -  Omessa
  previsione - Contrasto con il principio di ragionevolezza e con  il
  diritto alla tutela giurisdizionale. 
- Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28,  art.  5;  codice  civile,
  art. 2653, primo comma, n. 1. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
Procedimento civile - Disciplina della  mediazione  finalizzata  alla
  conciliazione   delle   controversie   civili   e   commerciali   -
  Procedimento  di  mediazione  per  le  controversie  nelle  materie
  elencate dall'art. 5 del decreto  legislativo  n.  28  del  2010  -
  Prevista   onerosita'   congiuntamente   alla   obbligatorieta'   -
  Condizionamento  dell'accesso  alla  funzione  giurisdizionale   al
  pagamento di una somma di denaro - Contrasto con la  giurisprudenza
  costituzionale in materia. 
- Decreto  legislativo  4  marzo  2010,  n.  28,  art.   5;   decreto
  ministeriale 10 ottobre 2010, n. 180, art. 16 [come  novellato  dal
  decreto ministeriale 6 luglio 2011, n. 145]. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
Procedimento civile - Disciplina della  mediazione  finalizzata  alla
  conciliazione   delle   controversie   civili   e   commerciali   -
  Procedimento  di  mediazione  per  le  controversie  nelle  materie
  elencate dall'art. 5 del decreto  legislativo  n.  28  del  2010  -
  Possibilita' di non aderire ad esso ed evitare il  pagamento  delle
  spese di mediazione - Previsione solo per il convenuto - Violazione
  del principio di eguaglianza per disparita' di trattamento in danno
  dell'attore. 
- Decreto legislativo 4 marzo 2010,  n.  28,  art.  5,  in  combinato
  disposto con l'art. 16 del decreto ministeriale 10 ottobre 2010, n.
  180 [come novellato dal decreto  ministeriale  6  luglio  2011,  n.
  145]. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.23 del 6-6-2012 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Nella causa civile promossa da: 
        Sbragi Fioravante, Giavarini  Fernanda  e  Verusio  Francesca
(avv.ti Enrico Montobbio ed Elisa Guidorzi) contro Condominio Villini
di Pieve Ligure, via  Coriolano  Bozzo  n.  25  (avv.ti  Massimiliano
Solinas). 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza a scioglimento della riserva
assunta in data 26 ottobre 201l. 
        Sbragi Fioravante, Giavarini Fernanda,  comproprietari  della
palazzina da terra a tetto sita in Pieve Ligure, via XXV Aprile 195 e
Verusio Francesca, proprietaria della palazzina da terra a tetto sita
in via Caduti Pievesi 3, hanno depositato  ricorso  ex  art.  702-bis
c.p.c. in data 15  aprile  2011,  allegando  di  essere  titolari  di
servitu' di passo pedonale a favore dei fondi di loro proprieta' ed a
carico di una porzione del  parco  condominiale  annesso  ai  villini
civici 1-25, aventi accesso dal cancello contrassegnato con il numero
25 di via Coriolano Bozzo. 
    Deducono in particolare: 
        che detta servitu', fondata sui titoli prodotti e finalizzata
ad avere un  comodo  accesso  alla  scogliera,  e'  da  sempre  stata
esercitata attraverso una scala a sbalzo accessibile direttamente  da
via  Coriolano  Bozzo  ed  un  successivo  breve  percorso   pedonale
pianeggiante, fino ad una ulteriore scala un muratura con andamento a
linea spezzata sovrapposta alla scogliera; 
        che nei primi giorni del Novembre 2009  l'amministratore  del
condominio, su incarico del condominio stesso, aveva  fatto  demolire
la scaletta a sbalzo, impedendo quindi del  tutto  l'esercizio  della
servitu' rispetto all'attrice Verusio,  e  rendendone  piu'  incomodo
l'esercizio quanto agli altri due attori (costretti a  percorrere  un
tragitto  molto  piu'  lungo  per  ritrovarsi  nel  punto  posto   in
corrispondenza alla fine della scala demolita). 
    Tanto premesso  chiedevano  di  accertare  la  sussistenza  della
servitu' a favore dei propri fondi ed a carico del parco condominiale
annesso ai civici numeri 1-25, avente accesso da via Coriolano  Bozzo
25, di dichiararsi  illegittima  la  demolizione  della  scala  e  di
condannare il condomino convenuto alta  rimessione  in  pristino  dei
luoghi di causa. 
    Si costituiva il condominio convenuto, eccependo l'estinzione per
non uso  ventennale  della  servitu'  quanto  all'attrice  Verusio  e
rilevando di  avere  trasferito  in  altro  luogo  l'esercizio  della
servitu' quanto agli altri due comproprietari, con il consenso  degli
stessi. 
    All'udienza ex art.  183  cpc  il  Giudice  rilevava  la  mancata
instaurazione del procedimento di mediazione. Parte attrice  eccepiva
quindi l'incostituzionalita' dell'art. 5 d.lgs  28/2010,  anche  alla
luce dell'art. 60 della legge 18 giugno 2009 n. 69 e degli artt. 4  e
5 DM 10.10.180, per violazione degli artt. 77, 24, 3 e 111 Cost.  per
le seguenti ragioni, cosi' riassumibili (le parti  corsive  riportano
letteralmente i  rilievi  esposti  da  parte  attrice  nella  memoria
depositata in data 26 settembre 2011). 
    1) L'applicazione del procedimento di mediazione obbligatoria  ai
procedimenti ex art. 702-bis, aventi  finalita'  deflattiva,  allunga
irragionevolmente i tempi  processuali,  con  conseguente  violazione
dell'art. 111 Cost. 
    2) Gli artt. 2643, 2652, 2653 cod. civ elencano  gli  atti  e  le
domande  giudiziali  che  possono  essere  trascritti.  «L'elenco  e'
tassativo e non  prevede  la  trascrivibilita'  ne'  dell'istanza  di
mediazione ne' del verbale. Conseguentemente ove si verta in tema  di
diritti reali, l'istante non solo  non  puo'  avvalersi  dell'effetto
c.d.  prenotativo  della   trascrizione   della   domanda   (con   le
immaginabili  conseguenze  in  tema  di  tutela  del  diritto  e   di
opponibilita' ai terzi) ma neppure puo' trascrivere  direttamente  il
verbale in cui dovessero essere  trasfusi  gli  intervenuti  accordi»
essendo necessario far autenticare la sottoscrizione da  un  pubblico
ufficiale.  Sarebbe  quindi   necessario   introdurre   il   processo
giudiziario   ordinario    trascrivendo    la    relativa    domanda,
«successivamente introdurre il  giudizio  di  mediazione  (che  nella
sostanza sarebbe poco piu' che una  farsa)  e  all'esito  (ovviamente
negativo) dello stesso, riprendere il processo ordinario che a questo
punto   proseguirebbe   nel   consueto   iter,   concludendosi    con
provvedimento che potra' essere trascritto,  giovandosi  dell'effetto
prenotativo discendente dalla precedente trascrizione della domanda». 
    Il procedimento pertanto si porrebbe  in  contrasto  sia  con  il
principio  del  giusto  processo   tutelato   dall'art.   111   della
Costituzione sia con il diritto di tutela  giurisdizionale  garantita
dall'art. 24 della costituzione, «atteso che invece  di  deflazionare
il contenzioso lo porterebbe a gonfiarsi in maniera patologica». 
    3) L'art. 60 legge 69 del 2009  disponeva  di  prevedere  che  la
mediazione, finalizzata alla  conciliazione  fosse  realizzata  senza
precludere l'accesso alla giustizia. L'art. 5 Dlgs  28/2010  rendendo
in molti casi la mediazione una condizione  di  procedibilita'  della
domanda, «ha disciplinato il fenomeno oltre i  limiti  fissati  dalla
legge delega ed anzi piu' precisamente in  contrasto  con  la  stessa
nella parte in cui non voleva che la mediazione precludesse l'accesso
alla giustizia», con conseguente violazione dell'art. 77 Cost. 
    4) La mediazione di cui al D.lgs 28/2010 ha  un  costo  e  lo  ha
anche nell'ipotesi di mediazione obbligatoria come previsto dall'art.
16 quarto comma D.M. 180/2010  che  prevede  che  detto  costo  «deve
essere ridotto di un terzo nelle materie di cui all'art. 5, comma  1,
del Dlgs». La previsione di un costo ulteriore, rispetto al pagamento
del contributo unificato, viola l'art. 24 della Costituzione,  atteso
che «la mediazione puo' essere obbligatoria, oppure onerosa,  ma  non
le due cose insieme, poiche' se la mediazione, come nel  nostro  caso
e' tanto obbligatoria quanto onerosa, allora e' incostituzionale,  in
particolare viola  l'art.  24  della  Costituzione.  Sembra  evidente
infatti che il legislatore possa prevedere la mediazione come  scelta
libera e cosciente della parte in questi casi quindi anche  prevedere
che chi la scelga debba pagare il  servizio;  oppure  il  legislatore
puo' subordinare l'esercizio della  funzione  giurisdizionale  ad  un
previo  adempimento,  se  questo  e'  razionale  e  funzionale  a  un
miglioramento del  servizio  giustizia,  ed  in  questo  senso,  come
avvenuto con l'art. 410 c.p.c.  puo'  anche  prevedere  un  tentativo
obbligatorio di conciliazione, ma senza costi. 
    Se viceversa il tentativo obbligatorio  di  conciliazione  ha  un
costo, e questo costo non e' meramente simbolico,  come  avviene  con
l'art. 16 DM 180/2010 allora  nella  sostanza  il  sistema  subordina
l'esercizio della funzione giurisdizionale al pagamento di una  somma
di denaro», in violazione quindi dell'art. 24 della Costituzione. 
    5)  L'art.  16  DM  180/2010,   distingue   le   indennita'   del
procedimento di mediazione in «spese di  avvio  del  procedimento»  e
«spese di mediazione». Le prime sono dovute da ciascuna parte ma sono
versate dall'istante  al  momento  del  deposito  della  domanda.  Le
seconde sono dovute in solido da ciascuna parte  che  ha  aderito  al
procedimento. «Dunque il decreto ministeriale  espressamente  prevede
che la parte convenuta possa non aderire al  procedimento.  Cosicche'
ai sensi dell'art. 3 della Costituzione: 
        a) si  ritiene  che  anche  l'attore  possa  non  aderire  al
procedimento, e quindi possa versare  la  sola  spesa  di  avvio  del
procedimento ai fini dell'art. 5 del  Dlgs  28/2010  con  contestuale
dichiarazione di non volersi avvalere del servizio; 
        b) oppure il  sistema  e'  in  violazione  del  principio  di
uguaglianza, consentendo solo alla parte convenuta di non aderire  al
procedimento, ma non alla parte  attrice,  che  si  vedrebbe  obtorto
collo obbligato al procedimento di mediazione per poter far valere in
giudizio un suo diritto.» 
    6) Violazione dell'art. 97 della  Costituzione,  con  riferimento
all'organizzazione interna degli  organismi  di  conciliazione,  come
definiti anche dall'art. 4 DM 180/2010, attesa la mancata  previsione
di' condizioni minime di trasparenza, di eguaglianza e  imparzialita'
dei mediatori, ne' di criteri oggettivi  circa  l'assegnazione  delle
pratiche fra i vari mediatori dell'organismo e di reclutamento  degli
aspiranti mediatori presso gli organismi costituiti da enti pubblici,
in  considerazione  della  funzione  pubblica  del  procedimento   di
mediazione. 
    Le questioni prospettate  sono  rilevanti  e  non  manifestamente
infondate, per le ragioni e limitatamente ai profili che seguono. 
    Va premesso in  primo  luogo  che  il  dlgs  28/2010  sulla  c.d.
«mediazione obbligatoria» e' stato pubblicato nella G.U. il  5  marzo
2010, con conseguente applicabilita'  ai  procedimenti  instaurati  a
partire dal 21 marzo 2011. 
    Il procedimento di mediazione e' oggi obbligatorio per una  serie
di controversie nelle materie specificamente elencate dall'art. 5  c.
1 dlgs cit, tra le quali quelle concernenti i diritti reali. 
    Nel caso di specie la presente controversia, nella quale e' stato
chiesto l'accertamento di una servitu' a favore del  fondo  di  parte
attrice ed a carico di un fondo  del  Condominio  convenuto,  rientra
nell'ambito  dei  diritti  reali  e  non  delle  cause   condominiali
(circoscritte a quelle relative agli artt. 1117 e ss c.c.). 
    Tale interpretazione, in luogo di quella «soggettiva» (ovvero che
qualifica come condominiali tutte le cause ove una delle parti sia un
condominio) appare maggiormente conforme alla distinzione operata dal
legislatore, che ha distinto le materie  richiamando  la  distinzione
codicistica, fondata sul dato oggettivo della materia trattata e  non
sulla qualita' delle parti. 
    Sono relative al condominio negli edifici i soli artt.  dal  1117
al 1139 cc e pertanto solo alle controversie relative va riservata la
qualifica di cause condominiali. 
    Nel caso di specie invece, pur  essendo  parte  del  giudizio  un
condominio, la causa rientra  pienamente  tra  quelle  concernenti  i
diritti reali, per  le  quali  e'  quindi  gia'  in  vigore  la  c.d.
mediazione obbligatoria. 
    La causa e' stata instaurata con il deposito di ricorso  ex  art.
702 bis c.p.c.; detto procedimento non rientra tra quelli per i quali
e' esclusa la c.d mediazione  obbligatoria  (arg.  a  contrariis  dal
combinato disposto degli artt. 5 c. 1 e 4  Dlgs  28/2010).  Il  c.  4
esclude esplicitamente alcuni procedimenti, senza infatti  menzionare
il rito sommario ex art. 702-bis. 
    Nel caso di specie il ricorso e' stato depositato dopo  l'entrata
in vigore  della  legge  citata,  senza  il  previo  esperimento  del
procedimento di mediazione. 
    Il mancato esperimento del procedimento di  mediazione  e'  stato
sollevato d'ufficio alla prima udienza. 
    La questione di legittimita' costituzionale prospettata da  parte
attrice e'  quindi  certamente  rilevante  (in  punto  rilevanza  con
riferimento all'impossibilita' di trascrizione, v. infra sub 2). 
    Va  quindi  esaminato  se  la  stessa  sia   non   manifestamente
infondata. 
    Riprendendo,  per  comodita'  espositiva,  la  numerazione  sopra
riportata, va rilevato quanto segue. 
    1) Il procedimento sommario di cognizione  ex  art.  702  bis,  a
differenza di quanto evidenziato da parte attrice, non  ha  finalita'
deflattive ma acceleratorie. Non  ha  cioe'  quale  scopo  quello  di
evitare il ricorso alla  giustizia,  creando  meccanismi  alternativi
alla  giurisdizione  volti  a  dirimere  le  controversie  (finalita'
deflattiva),  ma  e'  finalizzata  ad  utilizzare   un   procedimento
giurisdizionale  piu'  rapido  e  snello  rispetto  al   procedimento
ordinario, modulato sulla falsariga dei procedimenti cautelari. 
    Il procedimento sommario si pone quindi come strumento  parallelo
ed alternativo rispetto al procedimento ordinario, e sicuramente piu'
veloce rispetto a questo (come dimostra la riduzione  dei  termini  a
comparire, la mancata previsione di termini per memorie ex  art.  183
c. VI c.p.c., la conclusione con ordinanza, non preceduta da comparse
conclusionali e memorie di repliche). 
    La  funzione  acceleratoria   non   risulta   compromessa   dalla
previsione,  anche  per  questo  tipo  di  procedimenti,  della  c.d.
mediazione obbligatoria. 
    Questa  infatti,  avente  invece   finalita'   deflattiva,   puo'
importare  -se  precedentemente  instaurata-   la   superfluita'   di
ricorrente alla giustizia (salvo, quanto si dira' sub 2) e, comunque,
attesa la brevita' del termine entro la quale deve essere iniziata  e
conclusa  non  inficia  comunque  la  finalita'   acceleratoria   del
procedimento ex art. 702-bis c.p.c.  (garantita,  come  detto,  dalle
diversita' sopra accennate rispetto al procedimento ordinario). 
    Non si ravvisa  pertanto,  limitatamente  a  questo  profilo,  la
violazione dell'art. l l l Cost. 
    2) Le domande giudiziali inerenti i diritti reali devono (rectius
possono) essere trascritte. L'art. 2653 c. 1 n. 1 prevede infatti che
«devono parimenti essere trascritte le domande dirette a  rivendicare
la proprieta' o altri diritti reali di godimento su beni  immobili  e
le domande dirette all'accertamento dei diritti stessi». La  sentenza
pronunciata  contro  il  convenuto  indicato  nella  trascrizione  ha
effetto anche contro coloro che hanno acquistato diritti dal medesimo
in base ad un atto trascritto dopo la trascrizione della domanda. 
    Nel caso di specie  i  ricorrenti  hanno  formulato  una  domanda
diretta all'accertamento dell'esistenza, in favore del loro fondo  ed
a carico di quello dei convenuti, di una servitu'  di  passaggio  per
titoli, della violazione del diritto a loro spettante in base ad essa
ed all'eliminazione degli effetti  del  denunciato  abuso.  L'azione,
rientrando nell'ambito dell'art. 1079 cc, e' certamente tra quelle in
relazione alle quali, ai sensi dell'art. 2653 n. 1  e'  richiesta  la
trascrizione. 
    Tale trascrizione ha finalita' ed effetti diversi  rispetto  alla
trascrizione del titolo costitutivo della  servitu',  atteso  che  la
prima spiega effetti di carattere meramente processuale,  consentendo
cioe' che la sentenza definitiva che concludera'  il  processo  abbia
effetto, ex art. 111 cpc, anche rispetto ai terzi che, nel corso  del
giudizio si rendessero acquirenti del bene  su  cui  si  incentra  la
controversia. 
    Viceversa,  ed  a  prescindere  dalla  trascrizione  del   titolo
costitutivo della servitu', la  mancata  trascrizione  della  domanda
giudiziale importa l'inopponibilita' della sentenza a chi acquisti il
fondo servente nel corso del processo e che abbia trascritto  il  suo
titolo  «senza  che  possa  rilevare  che  a  suo  tempo  sia   stato
regolarmente trascritto l'atto costitutivo  della  servitu',  con  la
conseguenza che il terzo acquirente e' legittimato a proporre  contro
la detta sentenza pronunciata in giudizio, a cui e' rimasto estraneo,
l'opposizione di terzo ordinaria prevista dall'art.  404  cpc»  (sic.
Cass. 5852 del 23 maggio 1991). 
    Cio' precisato, anche al fine della rilevanza della questione nel
presente giudizio, si osserva, in punto non  manifesta  infondatezza,
quanto segue. 
    Non e' possibile trascrivere ne' la domanda di mediazione, atteso
che  l'art.  2653  c.c.  con  elencazione  tassativa,   ha   riguardo
unicamente  alle  domande  giudiziali,  come  chiaramente  desumibile
dall'art. 2653 c. 1 che disciplina l'effetto  della  trascrizione  in
relazione  alla  sentenza  (ovvero  ad  un  provvedimento  di  natura
giurisdizionale), ne' direttamente il verbale di mediazione  (essendo
prevista  unicamente  la  possibilita'   di   trascrivere   l'accordo
conclusivo di mediazione previa autenticazione  delle  sottoscrizioni
da parte di un pubblico ufficiale a cio' autorizzato). 
    Ne consegue quindi che, per i diritti reali, la mediazione dovra'
sempre  essere  «doppiata»  dal  giudizio  ordinario   (nella   forma
tradizionale o come art. 702-bis cpc) atteso che, in caso  contrario,
l'attore vittorioso non potrebbe  comunque  trascrivere  direttamente
ne' il  verbale  di  avvenuta  positiva  mediazione  (se  non  previa
autenticazione delle sottoscrizioni da parte di un pubblico ufficiale
a cio' abilitato), ne' soprattutto giovarsi dell'effetto  prenotativo
della domanda di mediazione (non trascrivibile). 
    Ne consegue che, nel caso di specie, l'attore dovrebbe presentare
istanza di mediazione, a  pena  di  improcedibilita'  della  domanda,
quindi iniziare comunque  un  giudizio  trascrivendo  la  domanda  (o
comunque svolgere la mediazione nell'ambito del giudizio nel  termine
fissato dal giudice) e, a prescindere  dall'esito  della  mediazione,
chiedere comunque una pronuncia giurisdizionale di merito, atteso che
viceversa non  potrebbe  comunque  ne'  trascrivere  direttamente  il
verbale  di  mediazione   ne'   soprattutto   giovarsi   dell'effetto
prenotativo della domanda (l'effetto prenotativo e' infatti  limitato
ai casi in  cui  la  trascrizione  della  domanda  si  seguita  dalla
pronuncia di una  sentenza  o  di  un  provvedimento  giurisdizionale
analogo alla stessa, come appunto l'ordinanza ex art. 702-ter cpc). 
    La conseguenza di tale previsione  e'  quindi  che  nel  caso  di
specie il soggetto procedente si trovera' comunque  costretto  da  un
lato a sopportare sia i costi della mediazione sia il  pagamento  del
contributo unificato per l'instaurazione del giudizio, senza in  ogni
caso potersi giovare dell'effetto deflattivo della prima. 
    Tale  situazione,  naturale  conseguenza  dell'impossibilita'  di
trascrivere sia la domanda di mediazione che direttamente il relativo
verbale, contrasta quindi con sia con l'art.  24  della  Costituzione
sia con  l'art.  3  della  Costituzione  ed  in  particolare  con  il
principio di ragionevolezza dallo stesso evincibile. 
    Con riferimento alla violazione dell'art. 3  della  Costituzione,
va rilevato  che  i  vizi  sindacabili  dalla  Corte  costituzionale,
possono consistere tanto in una violazione diretta di una norma della
Costituzione, quanto nella violazione di una norma implicita, dedotta
da un combinato disposto, o dello  spirito  complessivo  della  Carta
costituzionale. 
    La violazione  da  ultimo  citata  viene  indicata  nella  stessa
giurisprudenza Costituzionale con il termine di irragionevolezza  (in
tale senso v. Corte cost. 169/2008). 
    Infatti, e' ben vero che in base all'art. 28 della  legge  n.  87
del 1953 il controllo di legittimita' della Corte  costituzionale  su
una legge o un atto avente forza di legge esclude ogni valutazione di
natura politica e ogni sindacato sull'uso  del  potere  discrezionale
del Parlamento; tuttavia,  il  principio  di  eguaglianza,  contenuto
nell'art. 3 della Costituzione, rappresenta il  limite  ultimo  della
discrezionalita' del  legislatore  e,  contemporaneamente,  il  metro
minimo di riesame delle sue scelte, imponendo al  legislatore  stesso
un duplice onere: di coerenza  (a  livello  di  testo  o  di  settore
legislativo: sindacato intrinseco) e di ragionevolezza (a livello  di
ordinamento costituzionale complessivo e di bilanciamento tra fini  e
valori costituzionali: sindacato estrinseco). 
    Sotto questo profilo pertanto l'art. 5 del D.lgs  risulta  quindi
contrastare con l'art. 3 e con il principio di ragionevolezza ad esso
immanente e l'art. 2653 c. 1 risulta altresi' in contrasto con  anche
l'art. 24 della Costituzione  nella  parte  in  cui  non  prevede  la
trascrivibilita'  della  domanda  di  mediazione  e,  in  ogni  caso,
l'effetto  prenotativo   della   stessa   rispetto   alla   sentenza,
nell'ipotesi di conclusione negativa del procedimento di mediazione. 
    3) L'art. 60 legge 69/09 (legge delega) al terzo comma  lett.  a)
prescrive che nell'esercizio della delega il Governo  si  attenga  al
seguente principio a) «prevedere che la mediazione  finalizzata  alla
conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili,
senza precludere l'accesso alla giustizia». 
    Secondo la prospettiva attrice la previsione  dell'art.  5  D.lgs
28/2010 che ha reso, nelle materie espressamente contemplate, che  la
mediazione  sia  condizione  di  procedibilita'  della  domanda,   si
porrebbe in contrasto con la legge delega  nella  parte  in  cui  non
voleva che la  mediazione  precludesse  l'accesso  alla  giustizia  e
quindi, sarebbe incostituzionale perche' contrastante con  l'art.  77
Cost. 
    In proposito va premesso che  la  stessa  normativa  comunitaria,
(espressamente richiamata dal legislatore delegante-  art.  60  c.  3
lett. c legge 69/2009 che prevedeva di  «disciplinare  la  mediazione
nel  rispetto  della  normativa  comunitaria»)  aveva  previsto  come
possibile l'obbligatorieta' della mediazione. L'art. 5 comma 2  della
direttiva 21 maggio  2008  n.  2008/52/CE  prevede  infatti  che  «La
presente direttiva lascia impregiudicata  la  legislazione  nazionale
che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure  soggetto  a
incentivi o sanzioni, sia prima che dopo  l'inizio  del  procedimento
giudiziario, purche' tale legislazione non impedisca  alle  parti  di
esercitare il diritto  di  accesso  al  sistema  giudiziario»  e  nel
contempo, definisce la mediazione  come  procedimento  avviato  dalle
parti,  suggerito  od  ordinato  da  un  organo   giurisdizionale   o
prescritto dal diritto di uno Stato membro (art. 3). 
    La  previsione  della  mediazione  come   obbligatoria   e   come
condizione  di  procedibilita'  e'  conforme  a  detta  direttiva  ed
altresi' alla previsione della legge delega che ha posto, quale unico
limite, la circostanza che la mediazione non precluda l'accesso  alla
giustizia. 
    Nel caso  di  specie  la  mediazione  obbligatoria  non  preclude
l'accesso alla giustizia, e non si pone in tale  senso  in  contrasto
con l'art. 24 Cost, atteso che consente di adire  il  giudice  (o  di
proseguire il giudizio) una volta che sia stato esperito  inutilmente
il procedimento di mediazione. La previsione peraltro di  un  termine
breve (quattro mesi) entro il quale detto  procedimento  deve  essere
assolto, garantisce comunque che non vi sia un aggiramento  di  detta
preclusione (che si avrebbe nel caso fosse stato previsto un  termine
irragionevolmente lungo). 
    La legge delega si limita a  dire  che  la  mediazione  non  deve
precludere l'accesso alla giustizia, senza nulla dire in ordine  alla
configurazione della stessa come condizione di procedibilita'. 
    Tale natura, attribuitale dalla legge delegata, non si pone pero'
in  contrasto  con  la  legge   delega,   che   comunque   richiamava
espressamente la normativa comunitaria (che, come visto,  riconosceva
la possibilita' di una mediazione obbligatoria). 
    D'altra parte la stessa Corte costituzionale (sentenza  276/2000)
ha precisato che «secondo i criteri fissati da questa corte (sentenza
15 del 1999 e anche sentenze 126 e 163 del 2000) l'esame della  legge
di delega -  al  fine  di  valutare  la  conformita'  ad  essa  della
normativa delegata - deve  essere  condotto  procedendo  innanzitutto
all'interpretazione  delle  norme  della  legge  di  delegazione  che
determinano i principi e criteri direttivi,  da  ricostruire  tenendo
conto del  complessivo  contesto  normativo  e  delle  finalita'  che
ispirano la delega. Successivamente  si  procede  all'interpretazione
delle  disposizioni  emanate  in  attuazione  della  delega,  tenendo
presente  che  i  principi  stabiliti  dal   legislatore   delegante,
costituiscono non  solo  il  fondamento  ed  il  limite  delle  norme
delegate, ma anche un criterio per la loro interpretazione, in quanto
esse vanno lette, finche' possibile, nel significato compatibile  con
la legge di delega». 
    La   previsione   dell'obbligatorieta'   della   mediazione    e'
compatibile con la previsione dell'art. 60 che ha posto  quale  unico
limite quello di non precludere l'accesso alla giustizia. 
    Ne' sul punto vale obiettare che una previsione siffatta  sarebbe
stata superflua in quanto ovvia. La stessa disposizione dell'art.  60
prevede infatti una cosa altrettanto ovvia, ovvero che la  mediazione
debba vertere su  diritti  disponibili  (cosa  altrettanto  evidente,
tenuto presente che la mediazione opera su un piano negoziale e  puo'
quindi vertere unicamente su diritti disponibili). 
    4)  La   previsione   della   mediazione   come   condizione   di
procedibilita' non e' quindi incostituzionale ne' per  contrasto  con
la legge delega ne'  di  per  se'  (e  in  effetti  la  stessa  Corte
costituzionale ha riconosciuto  la  legittimita'  costituzionale  del
tentativo   di   conciliazione   obbligatorio    nell'ambito    delle
controversie di lavoro- Corte cost. 276/2000). L'incostituzionalita',
sotto  il  profilo  della  violazione  degli  artt.  3  e  24   della
Costituzione,  sta   invece   nell'aver   previsto   una   mediazione
obbligatoria di tipo oneroso. 
    Il carattere  oneroso  della  mediazione,  quale  risultante  dal
combinato disposto degli artt. 16 c.2 e dell'art. 16 c. 4 lettera  d)
D.M. 18 ottobre 2010 n. 180 (nella versione novellata dal DM 145  del
6 luglio 2011), contrasta infatti con l'art. 24  della  Costituzione,
atteso  che  condiziona  inevitabilmente  l'accesso  al  giudice   al
pagamento di una ulteriore somma di denaro. 
    Come correttamente  rilevato  in  dottrina  «la  mediazione  puo'
essere obbligatoria oppure onerosa,  ma  non  le  due  cose  insieme,
poiche' se la mediazione, come nel nostro caso, e' tanto obbligatoria
quanto onerosa, allora e' incostituzionale». 
    Tale conclusione e'  peraltro  conforme  al  risalente  principio
espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza 67/1960 (che aveva
dichiarato incostituzionale l'art. 98 cpc sulla cautio pro expensis),
secondo la quale lo Stato non puo' pretendere  somme  di  denaro  per
adempiere al fondamentale dovere di rendere giustizia,  salvo  che  i
relativi esborsi non  siano  riconducibili  a  tributi  giudiziari  o
servano a garantire l'obbligazione dedotta in giudizio. 
    La previsione di una mediazione obbligatoria a pagamento pertanto
si pone in insanabile contrasto con l'art. 24 della Costituzione. 
    5) Risulta non manifestamente infondato anche il rilievo relativo
alla disparita' di trattamento  tra  attore  e  convenuto  di(art.  3
Cost.); quest'ultimo infatti puo' anche scegliere di non  aderire  al
procedimento, andando quindi  esente  dal  pagamento  delle  relative
spese, mentre, attesa la formulazione  letterale  dell'art.  16  (che
riferisce della possibilita' di  adesione  o  meno  alla  sola  parte
"chiamata alla mediazione"), tale possibilita' sembra invece preclusa
all'attore. Per quest'ultimo  non  e'  prevista  la  possibilita'  di
rinunciare ad avvalersi del servizio, incorrendo quindi comunque  nel
pagamento sia delle spese di avvio che di mediazione. 
    6)  Non  e'  condivisibile  invece  la  censura   relativa   alla
contrarieta' dell'art. 4  DM  180/2010  rispetto  all'art.  97  della
Costituzione, volta ad evidenziare la mancanza di  condizioni  minime
di trasparenza, eguaglianza ed imparzialita' dovute nell'esercizio di
una funzione pubblica, quale quella esercitata dai mediatori,  attesa
la formulazione ampia ed elastica dell'art. 4, che fisserebbe «blandi
criteri di professionalita' dei mediatori» senza prevederne appunto i
requisiti minimi di professionalita', trasparenza, eguaglianza. 
    La censura, alla luce della formulazione attuale dell'art. 4 e 6,
come modificati dall'art. 2-3 del DM 6/7/2011 n. 145, non e' fondata,
atteso che e' stata garantita la previsione, demandata al regolamento
di  «criteri  inderogabili  per  l'assegnazione   degli   affari   di
mediazione predeterminati e  rispettosi  della  specifica  competenza
professionale del mediatore designato, desunta anche dalla  tipologia
di laurea posseduta», nonche' con la modifica apportata  all'art.  4,
co. 3, lett. b), del D.M. 180/2010, viene ora richiesta, oltre ad una
specifica formazione ed aggiornamento almeno biennale del  mediatore,
anche  la  partecipazione  del  medesimo,  in  forma  di'   tirocinio
assistito, ad almeno venti  casi  di  mediazione  svolti  presso  gli
Organismi  iscritti  al  registro  tenuto  presso  il  Ministero   di
giustizia. 
    Va  infine   rilevato   d'ufficio   un   ulteriore   profilo   di
illegittimita' costituzionale. 
    L'art. 5 c. 1 D.lgs 28/2010 contrasta  nuovamente  con  l'art.  3
Cost, sotto il profilo  della  ragionevolezza,  nella  parte  in  cui
prevede la mediazione obbligatoria solo per alcuni gruppi di  materie
e  non  per  altre,   sia   pure   parimenti   caratterizzate   dalla
disponibilita' dei relativi diritti sottostanti. 
    Si pensi al caso della  mediazione  immobiliare,  sottratta  alle
materia per le quali e' prevista la mediazione  obbligatoria  o,  con
riferimento al caso di specie, alla domanda  volta  a  dichiarare  la
nullita' o pronunciare l'annullamento di un contratto costitutivo  di
servitu'. Tale domanda, non  rientrando  in  alcuno  dei  blocchi  di
materie di cui all'art. 5, potrebbe essere direttamente  azionata  in
giudizio, attenendo ad un contratto per il quale non e'  prevista  la
mediazione obbligatoria  (questa  infatti  e'  prevista  solo  per  i
contratti  assicurativi,  bancari  e  finanziari);  al  contrario  la
domanda  di  accertamento  o  declaratoria  di  servitu',  involgendo
direttamente diritti reali, rientrerebbe  appieno  nell'ambito  delle
materie soggette a mediazione  obbligatoria.  Tale  differenziazione,
non  e'  giustificata  da  alcuna  ragionevole  scelta  di   politica
legislativa e si pone quindi nuovamente in  contrasto  con  l'art.  3
Cost nell'accezione sopra indicata. 
    In conclusione, appare non manifestamente infondata la  questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  5   Dlgs   28/2010   con
riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, per avere  previsto
come obbligatoria la mediazione solo per alcune materie e non  altre;
dell'art. 5 Dlgs 28/2010 e dell'art. 2653 c. 1 nella parte in cui non
viene  prevista  la  possibilita'  di  trascrivere  la   domanda   di
mediazione ma prevede unicamente la possibilita'  di  trascrivere  la
domanda  giudiziale,  per  violazione  degli  artt.  3  e  24   della
Costituzione; del combinato disposto degli artt.  5  Dlgs  28/2010  e
l'art. 16 DM 10 ottobre 2010 n. 180 nella parte in cui  prevedono  la
mediazione come obbligatoria e onerosa, per contrasto con gli artt. 3
e 24 Cost.;, del combinato disposto degli artt. 5 Dlgs 28/2010  e  16
DM 2010, nella parte in cui prevedono che solo il convenuto possa non
aderire al procedimento di mediazione,  per  violazione  dell'art.  3
della Costituzione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    1)  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   in
relazione agli art. 3  e  24  della  Costituzione,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 5 Dlgs n. 28/2010  nella  parte
in cui prevede l'esperimento del  procedimento  di  mediazione  quale
condizione di procedibilita' della domanda  giudiziale  solo  per  le
materie espressamente elencate nel comma primo; 
    2)  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   in
relazione agli artt. 3 e  24  della  Costituzione,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 5 Dlgs n. 28/2010  e  dell'art.
2653 c. 1 n. 1 c.c. nella parte in cui non prevedono, per le  domande
dirette  all'accertamento  di  diritti  reali,  la  possibilita'   di
trascrivere la domanda di mediazione e  direttamente  il  verbale  di
mediazione, con efficacia prenotativa della prima anche  rispetto  al
provvedimento    giurisdizionale    conclusivo    del    procedimento
giudiziario; 
    3)  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   in
relazione agli artt. 3 e  24  della  Costituzione,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 5 Dlgs n. 28/2010  e  dell'art.
16 DM  180/2010  nella  parte  in  cui  prevedono  l'esperimento  del
procedimento di mediazione quale condizione di  procedibilita'  della
domanda giudiziale, prevedendone altresi' il carattere oneroso; 
    4)  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   in
relazione all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita'
costituzionale del combinato disposto degli artt. 5 Dlgs 28/2010 e 16
DM 180/2010, nella parte in cui prevedono che solo il convenuto possa
non aderire al procedimento di mediazione; 
    5)  dispone  la  sospensione  del  presente  giudizio  ed  ordina
l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    6) ordina che, a cura della Cancelleria,  la  presente  ordinanza
sia notificata alle parti costituite, al Presidente del Consiglio dei
ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei  deputati
e del Senato della Repubblica. 
 
        Genova, addi' 18 novembre 2011 
 
                         Il Giudice: Vinelli