N. 110 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 febbraio 2012

Ordinanza del 17 febbraio 2012 emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale  per  la  Lombardia   sul   ricorso   proposto   da   2iGAS
Infrastruttura  italiana  gas  S.r.l.   contro/Comune   di   Pregnana
Milanese. 
 
Energia - Idrocarburi - Impianti di distribuzione di gas  naturale  -
  Previsione che per l'affidamento del servizio di  distribuzione  di
  gas  naturale,  alla  data  di  entrata  in  vigore   del   decreto
  legislativo censurato, gli enti locali  che  abbiano,  in  caso  di
  procedura di gara aperta, pubblicato bandi di gara, o, in  caso  di
  gara ristretta, abbiano anche inviato lettere di  invito  indicanti
  la definizione dei criteri di valutazione dell'offerta e del valore
  di  rimborso  al   gestore   uscente,   e   non   siano   pervenuti
  all'aggiudicazione  dell'impresa  vincitrice,   possano   procedere
  all'affidamento del servizio  di  distribuzione  del  gas  naturale
  secondo le procedure  applicabili  alla  data  di  indizione  della
  relativa gara - Previsione che, fatto  salvo  quanto  previsto  dal
  periodo precedente, a decorrere dalla data di entrata in vigore del
  decreto  legislativo  censurato,  le  gare  per  l'affidamento  del
  servizio di distribuzione sono  effettuate  unicamente  per  ambiti
  territoriali di cui all'art. 46-bis del d.l. n. 159/2007 -  Eccesso
  di delega. 
- Decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93, art. 24, comma 4. 
- Costituzione, art. 76, in riferimento all'art. 17, comma  4,  della
  legge 4 giugno 2010, n. 96. 
(GU n.23 del 6-6-2012 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
     Ha pronunciato la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 2587 del 2011, proposto da:   2iGAS  Infrastruttura
Italiana Gas S.r.l.,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  G.  Franco
Ferrari, con domicilio eletto presso il suo  studio  in  Milano,  Via
Larga, 23; 
    Contro comune di Pregnana Milanese, in persona  del  Sindaco  pro
tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Sergio Cesare  Cereda  e
Marco Radice, con domicilio eletto presso il primo in Milano, Via San
Simpliciano, 5; 
    Per l'annullamento del bando di gara della procedura  aperta  per
l'affidamento in concessione del servizio pubblico  di  distribuzione
del gas  metano  nel  territorio  comunale  del  Comune  di  Pregnana
Milanese, pubblicato sulla GUUE in data 2 luglio 2011 e nella GURI in
data 4.7.2011, del disciplinare di gara e  relativi  allegati;  dello
schema di contratto di servizio; della nota prot. n. 799 del 5.8.2011
del Comune  di  Pregnana  Milanese,  a  firma  del  Responsabile  del
procedimento; di tutti gli atti ed allegati agli atti della gara;  di
ogni  altro  atto  o  provvedimento  preordinato,  consequenziale   o
comunque connesso. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di  Comune  di  Pregnana
Milanese; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25  gennaio  2012
il  dott.  Mauro  Gatti  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    1. Con ricorso ritualmente  notificato  il  1  settembre  2011  e
tempestivamente depositato 2iGAS Infrastruttura italiana gas  S.r.l.,
allo stato concessionaria  del  servizio  di  distribuzione  del  gas
naturale presso il Comune  di  Pregnana  Milanese  in  virtu'  di  un
risalente affidamento disposto senza gara, ha impugnato gli  atti  ed
il bando della procedura ad evidenza pubblica indetta da tale  ultima
amministrazione nell'anno 2011 ai fini di un  nuovo  affidamento  del
servizio su base comunale, chiedendone  l'annullamento  e  formulando
altresi' domanda di risarcimento danni. 
    La  ricorrente  ha  svolto  argomentazioni  basate  sul   diritto
dell'Unione e la normativa nazionale, ritenendo che l'art. 24,  comma
4, del d.lgl. 1  giugno  2011,  n.  93  (Attuazione  delle  direttive
2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme  comuni  per  il
mercato interno dell'energia elettrica, del gas  naturale  e  ad  una
procedura comunitaria sulla trasparenza  dei  prezzi  al  consumatore
finale industriale di gas e di energia elettrica, nonche' abrogazione
delle direttive 2003/54/CE, e 2003/55/CE)  inibisca  di  procedere  a
gara nel settore di specie, fino a che non siano  divenuti  operativi
gli ambiti territoriali di cui all'art. 46-bis, comma 2, del  d.l.  l
ottobre   2007,   n.   159    (Interventi    urgenti    in    materia
economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equita' sociale). 
    Il presente giudizio verte dunque unicamente sulla violazione del
citato art. 24, comma 4, del d.lgl. n. 93 del  2011.  Allo  scopo  di
chiarire il punto, si rende opportuna una breve premessa normativa. 
    L'obbligo di affidare il servizio pubblico di  distribuzione  del
gas naturale mediante gara ed i termini entro cui tale  attivita'  va
posta in essere, anche con riferimento alle concessioni in  vigore  e
che abbiano valicato il cd. periodo  transitorio  di  tolleranza,  si
rinviene a tutt'oggi negli artt. 14 e 15 del d.lgl. 23  maggio  2000,
n. 164 (Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni  per
il mercato interno del gas naturale, a norma dell'art. 41 della legge
17 maggio 1999, n. 144), come si deduce anche dall'art. 4, comma  34,
del d.l. 13 agosto 2011, n. 138  (Ulteriori  misure  urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo). I termini,  peraltro,
a talune condizioni (che ricorrono tutte nel  caso  di  specie)  sono
stati prorogati per effetto dell'art. 23, commi 1 e 2,  del  d.l.  30
dicembre 2005, n. 273 (Definizione  e  proroga  di  termini,  nonche'
conseguenti disposizioni urgenti) non oltre il 31 dicembre 2010, data
a partire dalla quale il servizio  va  nuovamente  affidato  mediante
procedura ad evidenza pubblica (salva l'ipotesi di  cui  al  comma  9
dell'art. 15  del  d.lgl.  n.  164  del  2000,  estranea  all'odierna
fattispecie). 
    In tale quadro normativo e' sopraggiunto l'art. 46-bis  del  d.l.
n. 159 del 2007, prevedendo che le gare  possano  svolgersi  anche  a
livello sovracomunale, con riguardo  ad  ambiti  territoriali  minimi
riferiti a bacini ottimali di utenza, selezionati in base  a  criteri
di efficienza  e  riduzione  dei  costi  (comma  2).  Tale  obiettivo
presuppone     un'attivita'      normativa      secondaria      volta
all'identificazione degli ambiti territoriali e dei criteri  di  gara
(comma  1),  alla  quale  il  Governo   avrebbe   dovuto   provvedere
celermente, e non oltre un anno dall'entrata in vigore della legge di
conversione  del  d.l.  n.  159  del  2007,  al  fine  di  consentire
l'espletamento   della   gara   entro   i   due    anni    successivi
all'individuazione dell'ambito) territoriale (comma 3). 
    Tuttavia, tale normativa non ha inciso sulla potesta' comunale di
bandire  la  gara  "individuale"  nelle  more  dell'approvazione  dei
criteri  richiesti:  la  giurisprudenza  amministrativa  ha   infatti
condivisibilmente  affermato  che  la  pendenza  della  procedura  di
realizzazione degli ambiti territoriali non  avrebbe  comportato)  la
proroga delle concessioni cessate di efficacia, ne' impedito che esse
fossero) riassegnate isolatamente dal Comune interessato,  una  volta
scadute (da ultimo, Tar Umbria, sez. I, sentenza n. 1 del 2011).  Per
di piu', si e'  ritenuto  che  il  ricorso  all'ambito)  territoriale
minimo) sia per il singolo Comune meramente facoltativo,  atteso  che
lo stesso art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007 aveva previsto "misure
per  l'incentivazione"   delle   operazioni   di   aggregazione   tra
amministrazioni comunali (in questo senso, da  ultimo,  Cons.  Stato,
sez. V. sent. n. 2 del 2011). 
    Sulla base di tali elementi legislativi e giurisprudenziali,  non
e' dubbio che il Comune di Pregnana Milanese potesse indire la gara a
livello comunale, senza che ne fosse  impedito,  ne'  normativamente,
ne'  in  base  al  principio  di  buon   andamento   della   pubblica
amministrazione, dal fatto che gli ambiti  territoriali  non  fossero
ancora stati definiti dal Governo. 
    Infatti, scaduto il termine originariamente fissato a tale ultimo
fine dall'art. 46-bis citato (e prorogato al  31  dicembre  2012  per
effetto dell'art. 15, comma 1, lett. a) bis  del  d.l.  25  settembre
2009,  n.  135,  da  ritenersi  oggi   abrogato   a   seguito   della
consultazione referendaria avente ad oggetto l'art. 23-bis  del  d.l.
25 giugno 2008, n. 112, nel cui corpo era stata inserita la proroga),
va dato atto che solo con D.M. 19  gennaio  2011,  pubblicato  il  31
marzo 2011, ed entrato in vigore il  giorno  successivo,  sono  stati
elencati  gli  ambiti  territoriali  minimi,  mentre  da  ultimo,   e
posteriormente  all'indizione  della  gara  per  cui  e'  causa,   e'
sopraggiunto il D.M. 18 ottobre 2011, con cui  si  e'  completata  la
procedura   attraverso   l'aggregazione   dei   Comuni   per   ambito
territoriale. 
    dunque solo con l'art. 3.3 del D.M. 19 gennaio 2011 che i  Comuni
vengono privati della potesta' di procedere  a  gara  individuale  in
attesa della realizzazione degli ambiti territoriali, con  previsione
di  carattere  regolamentare  palesemente  illegittima,   in   quanto
contraria all'art. 46 bis citato: con essa, infatti, si era  reso  da
facoltativo ad obbligatorio l'affidamento del  servizio  in  base  ai
bacini  ()Rimali,  prescrivendo  un  effetto  sospensivo  delle  gare
escluso, invece, dal combinato disposto dell'art. 46-bis da un  lato,
e degli artt. 14 e 15 del d.lgl. n. 164 del 2000 dall'altro. 
    In ogni caso, nell'ipotesi a giudizio  la  norma  secondaria  non
viene in alcun rilievo, in quanto interamente superata dall'art.  24,
comma 4, del d.lgl. n. 93 del 2011, entrato in vigore  il  29  giugno
2011, a mente del quale "gli enti locali che, per  l'affidamento  del
servizio di distribuzione di gas naturale, alla data  di  entrata  in
vigore del presente decreto, in caso di  procedura  di  gara  aperta,
abbiano pubblicato bandi di gara, o, in caso  di  procedura  di  gara
ristretta, abbiano inviato anche le lettere di invito, includenti  in
entrambi  i  casi  la  definizione   dei   criteri   di   valutazione
dell'offerta e del valore di rimborso al gestore uscente, e non siano
pervenuti   all'aggiudicazione   dell'impresa   vincitrice,   possono
procedere  all'affidamento  del  servizio  di  distribuzione  di  gas
naturale secondo le procedure  applicabili  alla  data  di  indizione
della  relativa  gara.  Fatto  salvo  quanto  previsto  dal   periodo
precedente, a decorrere dalla data di entrata in vigore del  presente
decreto le gare per l'affidamento del servizio di distribuzione  sono
effettuate unicamente per ambiti  territoriali  di  cui  all'articolo
46-bis,  comma  2,  del  decreto-legge  1°  ottobre  2007,  n.   159,
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222». 
    Nel caso di specie, il  bando  di  gara  e'  stato  spedito  alla
G.U.U.E. il 30.6.2011,  ed  e'  stato  ivi  pubblicato  il  2  luglio
successivo (il 4 luglio nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica
Italiana); e' dunque pacifico che l'ultimo periodo della disposizione
appena citata si applichi alla procedura oggetto  di  impugnativa  ed
impedisca, con previsione univoca dal  punto  di  vista  letterale  e
logico,  di  indire  gare,  anche  con  riferimento  ad   affidamenti
esauritisi, fino all'effettiva operativita' degli ambiti territoriali
minimi. 
    E stato cosi' conseguito l'effetto che  la  giurisprudenza  aveva
escluso con  riferimento  all'art.  46-bis,  e  si  e'  inoltre  reso
doveroso per gli enti locali l'affidamento comune del servizio,  che,
nelle  originarie  scelte  del  legislatore,  era  invece   meramente
facoltativo. 
    La giurisprudenza recente  citata  dalla  resistente  a  supporto
delle proprie  argomentazioni  si  riferisce  infatti  a  fattispecie
antecedenti all'entrata in vigore  della  normativa  applicabile  nel
presente giudizio (v. ad es. Lombardia, Brescia, Sez. II, 16.12.2011,
n. 1770, in cui vengono  impugnati  provvedimenti  emanati  nell'anno
2010). 
    Ove il Tribunale dovesse fare applicazione dell'art. 24, comma 4,
citato il ricorso  sarebbe  pertanto  fondato  e  gli  atti  di  gara
andrebbero annullati. 
    2. In via preliminare, al fine di motivare sulla rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale  che  il  Tribunale  intende
sollevare con la presente ordinanza, va escluso che l'art. 24,  comma
4, debba venire non applicato  per  contrasto  con  il  principio  di
liberta' e di concorrenza vigente nell'ordinamento dell'Unione e  con
le  liberta'  fondamentali  garantite  dal  Trattato,   quanto   alla
circolazione  di  lavoratori,  servizi  e  capitali,  secondo  quanto
richiesto invece dalla difesa comunale. 
    Parte resistente lamenta, infatti,  che  il  blocco  pro  tempore
delle procedure pubbliche di affidamento del  servizio  implichi  una
lesione del diritto dell'Unione sotto i profili appena  indicati,  in
un settore che ricade  nelle  competenze  materiali  dell'ordinamento
comunitario. 
    Il Tribunale osserva che una temporanea compressione nell'accesso
al  mercato,  indotta   da   scelte   legislative   giustificate   da
«circostanze  oggettive»,  quali  la  "necessita'  di  rispettare"  i
principi  che  sono  parte  integrante   dell'ordinamento   giuridico
comunitario, e'  gia'  stata  ritenuta  compatibile  con  il  diritto
dell'Unione proprio nel settore della distribuzione del gas  naturale
(Corte di Giustizia,  Sez.  II,  sentenza  del  17  luglio  2008  nel
procedimento C-347/06). 
    Nel caso di specie, non e' negabile che il  diritto  dell'Unione,
in presenza di un servizio pubblico di interesse generale, si  faccia
carico non soltanto dell'esigenza  che  esso  venga  affidato  in  un
mercato concorrenziale, ma  anche  della  necessita'  di  assicurarne
l'efficienza e la qualita', secondo  le  scelte  discrezionali  degli
Stati membri. La stessa direttiva n. 2009/73/CE del  13  luglio  2009
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio  relativa  a  norme
comuni per il mercato interno  del  gas  naturale  e  che  abroga  la
direttiva 2003/55/CE) si ispira all'obiettivo di garantire  "maggiore
efficienza" e  "piu'  elevati  livelli  di  servizio"  (punto  1  del
considerando),  incidendo)  sugli  obblighi  relativi   al   pubblico
servizio e sulla tutela dei consumatori (art. 3). 
    In  questo  contesto  normativo  si  inserisce  la   scelta   del
legislatore dell'art. 46-bis del d.l.  n.  159  del  2007,  intesa  a
consentire in via preferenziale l'affidamento con riguardo  a  bacini
territoriali ritenuti ottimali sotto i profili appena accennati, e si
giustifica, limitatamente a tale punto, la decisione del  legislatore
delegato di sospendere le gare, fino a che cio' non sia possibile. 
    Naturalmente, dovendosi compiere un bilanciamento che  non  rechi
troppo gravoso sacrificio alla liberta' di concorrenza, una  paralisi
sine die non  potrebbe  ritenersi  consentita:  tuttavia,  sul  piano
normativo, si e' gia' osservato che fin dall'art. 46-bis del d.l.  n.
159 del 2007 era stato fissato  un  termine,  per  quanto  merarnente
sollecitatorio, al fine di realizzare gli ambiti territoriali minimi,
e che, scaduto quello, un nuovo  termine,  ora  abrogato,  era  stato
introdotto dall'art. 15, comma 1, del d.l. n. 135 del 2009. Pertanto,
l'assetto  legislativo  vigente  obbliga  il  Governo  a   provvedere
celermente per conseguire l'obiettivo. 
    E difatti l'anno 2011  ha  segnato  una  forte  accelerazione  su
questo piano, posto che sono stati approvati, come supra segnalato, i
D.M. 19 gennaio  e  18  ottobre  2011  di  istituzione  degli  ambiti
territoriali, mentre il regolamento recante  i  criteri  di  gara  e'
sopraggiunto da li' a poco (D.M. 12 novembre 2011, n. 226). 
    Per completezza, bisogna, dare atto  che,  completato  oramai  il
necessario  quadro  normativo,  pur  tuttavia  i   termini   indicati
dall'allegato 1 al D.M.  n.  226  del  2011  ai  fini  dell'effettiva
entrata  in  funzione  del  sistema  per  ambiti  territoriali   sono
tutt'altro che rassicuranti, giacche'  sono  tali  da  permettere  il
congelamento delle gare per un  periodo  che  puo'  raggiungere,  per
certe Province, i 49 mesi (42 piu' 7,  alla  luce  dell'art.  3):  si
tratta, pero', di termini finali, sicche' non solo e' auspicabile, ma
diviene doveroso che  essi  siano  accorciati  dalle  amministrazioni
coinvolte,  al  fine  di  scongiurare  una   lesione   della   libera
concorrenza nel settore del gas naturale, indotta  dalla  sospensione
delle gare per lungo tempo (peraltro, nella parte in cui tali termini
travalicano il limite di due anni indicato dall'art. 46-bis del  d.l.
n. 159 del 2007, ne e' anche dubbia la legittimita'). 
    Tale profilo, peraltro ascrivibile non gia' alla norma impugnata,
ma alle  previsioni  della  fonte  secondaria,  non  e'  tuttavia  di
immediata attualita' e lesivita', cosicche', allo stato  e  riservato
il giudizio su  casi  futuri,  si  dimostra  inadeguato  a  cagionare
l'incompatibilita' comunitaria dell'art. 24, comma 4. Cio' detto,  e'
decisivo considerare da ultimo che l'art. 24, comma 4, del d.lgl.  n.
93 del 2011 non ha affatto  aggravato  uno  stato  di  proroga  delle
concessioni in essere  imposto  in  attesa  di  attivare  gli  ambiti
territoriali, giacche' si e' gia'  rimarcato  che  la  giurisprudenza
aveva escluso  ogni  effetto  sospensivo  delle  nuove  gare,  legato
all'art. 46 bis del d.l. n. 159 del 2007. La novella legislativa, che
fa salve le procedure  di  evidenza  pubblica  gia'  avviate,  induce
percio' un blocco che si origina con l'entrata  in  vigore  dell'art.
24, comma 4, e che e' destinato a risolversi, secondo  le  intenzioni
del legislatore, in tempi rapidi. 
    Alla luce di  tali  considerazioni,  il  sacrificio  recato  alla
liberta'  di  concorrenza  e'  temporaneo,  minimo  e   proporzionato
rispetto all'obiettivo di qualita' ed efficienza del servizio, avente
anch'esso dignita' comunitaria.  Naturalmente,  ove  tali  condizioni
venissero  meno  a  causa  di   ulteriori   impedimenti   sulla   via
dell'attuazione del sistema basato sugli  ambiti  territoriali,  tale
conclusione potrebbe mutare, avuto riguardo agli effetti concreti che
la normativa nazionale  avrebbe  prodotto  in  danno  delle  liberta'
garantite dall'ordinamento dell'Unione. Ma, allo stato, il  Tribunale
esclude che l'art. 24, comma 4, del d.lgl. n.  93  del  2011  sia  in
contrasto con il diritto dell'Unione, e vada percio' non applicato in
causa (e cio' a prescindere dal problema concernente la  potesta'  di
non applicare disposizioni di legge ritenute in  conflitto  non  solo
con le quattro liberta'  fondamentali  dell'Unione  e  con  le  norme
self-executing, rispetto alle quali tale potesta' e'  indiscussa,  ma
anche con i principi generali dell'ordinamento comunitario:  in  ogni
caso, l'evidenza delle conclusioni raggiunte dal Tribunale in  merito
renderebbe  manifestamente  infondata  la   relativa   eccezione   di
illegittimita' costituzionale, basata sulla violazione dell'art. 117,
primo comma, Cost.). 
    In conclusione, il Tribunale, ritenuta la propria giurisdizione e
competenza,  stimati  infondati  gli  ulteriori  motivi  di  ricorso,
escluso di poter negare applicazione all'art. 24, comma 4, del d.lgl.
n. 93 del 2011  per  effetto  del  diritto  dell'Unione,  ritiene  di
sollevare  questione   di   legittimita'   costituzionale   di   tale
disposizione, per contrasto con l'art. 76 della Costituzione, secondo
quanto eccepito dalla parte resistente. 
    3. La questione appena prospettata e' rilevante: l'art. 24, comma
4, e' disposizione che questo Tribunale e' tenuto necessariamente  ad
applicare, allo scopo di  risolvere  la  controversia.  Qualora  essa
fosse conforme a Costituzione, il  ricorso  di  2iGas  Infrastruttura
Italiana Gas S.r.l.. andrebbe accolto,  mentre,  in  caso  contrario,
sarebbe respinto. 
    E, poi appena il  caso  di  osservare  che  la  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale della  norma  oggetto  avrebbe  effetto
concreto, consentendo al Comune di proseguire nella gara. Infatti, il
gia' ricordato art. 3.3  del  D.N1.  19  gennaio  2011,  con  cui  le
procedure concorsuali erano state arrestate in attesa dell'entrata in
funzione degli ambiti territoriali  minimi,  non  solo  non  potrebbe
rivivere per effetto della declaratoria di incostituzionalita' di una
disposizione che non ha per unica previsione l'abrogazione  del  D.M.
in questione, ma in ogni  caso,  in  tale  negata  ipotesi,  verrebbe
disapplicato d'ufficio da questo Tribunale, posto che  si  tratta  di
disposizione regolamentare (Corte cost., sentenza n.  278  del  2010)
contra legem. 
    Da ultimo, e' necessario dar conto della sopravvenienza del  d.l.
24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per  la  concorrenza,  lo
sviluppo delle infrastrutture  e  la  competitivita'),  in  corso  di
conversione quando questa ordinanza viene redatta,  il  cui  art.  25
introduce per tutti i servizi pubblici  locali  (tra  cui  ovviamente
rientra la distribuzione del gas naturale)  l'obbligo  di  indire  la
gara su base di ambiti territoriali ottimali, affidando alle  Regioni
e alle Province autonome la relativa  disciplina  organizzatrice,  da
adottarsi entro il 30 giugno 2012. 
    Questo Tribunale non e' tenuto, tuttavia,  a  prendere  posizione
sul rapporto intercorrente tra lo ius supouniens e la norma  oggetto,
ed in  particolare  sul  carattere  di  specialita'  che  la  seconda
potrebbe rivestire nei confronti della prima. 
    Quand'anche, infatti, l'art. 25 del d.l.  n.  1  del  2012  fosse
convertito, ed avesse la  forza  di  abrogare  l'art.  24,  comma  4,
impugnato, in ogni caso quest'ultimo continuerebbe  a  costituire  la
disposizione  normativa  alla  luce  della  quale   giudicare   della
legittimita'  di  una  procedura  concorsuale  bandita  anteriormente
all'emanazione del decreto legge in questione, anche con  riferimento
ai profili risarcitori  dedotti  nel  processo  principale.  Inoltre,
mentre l'art. 24,  comma  4,  prescrive  indirettamente  con  effetto
immediato la proroga delle concessioni scadute, fino all'operativita'
della  disciplina  sui  bacini  territoriali,  l'art.  25  non   reca
disposizioni in merito, tantomeno di carattere  retroattivo,  con  la
conseguenza che la pur meramente ipotizzata abrogazione  della  norma
oggetto  non  sanerebbe  i  profili  di   illegittimita'   prodottisi
nell'arco temporale durante cui essa doveva avere applicazione. 
    4. La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  24,
comma 4, del d.1g1. n. 93 del 2011 in riferimento all'art.  76  Cost.
e' non manifestamente infondata. 
    Il Tribunale premette che, come e' noto, la produzione  normativa
primaria   negli   ultimi   anni   ha   denunciato   un   progressivo
accrescimento, per qualita' e quantita', della delegazione,  rispetto
alla legge ed alla decretazione d'urgenza: tale fenomeno e' in  parte
il  frutto,  oltre  che   delle   torsioni   cui   e'   soggetto   il
parlamentarismo, anche dei criteri, assai  piu'  restrittivi  che  in
passato, maturati nella piu' recente giurisprudenza costituzionale in
ordine alla legittimita' costituzionale dei decreti legge, di cui  e'
stata spezzata l'infinita catena con  cui  essi  venivano  reiterati,
assolvendo di fatto a funzioni  di  ordinaria  legificazione,  ed  e'
stata  resa  effettivamente  giustiziabile  la  palese  carenza   dei
requisiti previsti dall'art. 77 Cost. 
    A fronte di cio', il pendolo normativo facente capo al Governo ha
decisamente virato verso il  versante  della  delegazione,  anche  in
ragione di  una  giurisprudenza  costituzionale  talvolta  priva  del
rigore con cui si e'. risolta invece la problematica dell'abuso della
decretazione d'urgenza. 
    Tuttavia, posto che anche nel caso della delega  la  Costituzione
impone di  preservare  la  centralita'  del  Parlamento  quanto  alla
definizione degli assetti fondanti della legislazione, e con cio'  la
forma di governo, il Tribunale ritiene di poter  porre  a  fondamento
delle proprie decisioni la pur presente giurisprudenza costituzionale
che si oppone piu' recisamente a che il Governo divenga  un  autonomo
polo  normativo,  capace  non  solo  di  completare  le  scelte   del
legislatore, pur senza limitarsi ad una  mera  scansione  linguistica
delle stesse (cio' che e' senza dubbio attribuzione  che  connota  il
potere delegato), ma anche di approfittarne per compierne di nuove cd
autonome, senza un diretto ed inequivoco collegamento  con  l'oggetto
della delega, e senza che esse siano uno sviluppo dei principi e  dei
criteri direttivi ivi indicati. 
    Tale  abuso,  in   particolare,   puo'   verificarsi   a   fronte
dell'enunciazione,  da  parte  del  delegante,  di   meri   obiettivi
programmatici, espressi  con  il  ricorso  a  formule  semanticamente
polivalenti, e percio' suscettibili di rivestire  nella  legislazione
delegata  una  pluralita'  di  significati:  posto   che   legiferare
significa, anzitutto, compiere scelte e bilanciamenti  tra  interessi
in potenziale conflitto, verrebbe per tale via rimesso al Governo  il
proprium della funzione legislativa riservata alle Camere.  Peraltro,
ove si consentisse una  simile  tecnica,  sarebbe  spesso  giocoforza
ammettere deleghe in tutto o in parte "in bianco",  ovvero  prive  di
adeguati  principi  e  criteri  direttivi,  atteso  che,  una   volta
selezionato l'oggetto, molto frequentemente le clausole  generali  in
base  a  cui  esercitare  la   delega   potrebbero   venire   desunte
direttamente dalla Costituzione (si  pensi,  ad  esempio,  al  valore
della concorrenza, o all'efficienza  dei  servizi  pubblici),  i  cui
principi integrano immediatamente la delega stessa. 
    Resta percio' valido l'insegnamento  della  Corte  costituzionale
(sentenza n. 158 del 1985), secondo cui "la norma di delega non  deve
contenere cnunciazioni troppo generiche o troppo generali, riferibili
indistintamente  ad  ambiti  vastissimi   della   normazione   oppure
enunciazioni di finalita', inidonec o  insufficienti  ad  indirizzare
l'attivita' normativa del legislatore delegato". 
    Posto  che  la  legge  delega  e'  soggetta  ad   interpretazione
costituzionalmente conforme, e' dovere dell'operatore  giuridico,  in
presenza di simili  clausole,  di  fornire  di  esse,  se  possibile,
un'esegesi restrittiva, confinando il significato della delega  entro
il campo linguistico di enunciazioni che, collocate adeguatamente nel
contesto della legge delega, indichino con  sufficiente  certezza  la
direzione ed i  limiti  entro  cui  soltanto  si  puo'  espandere  il
legislatore delegato. 
    5.  Cio'  premesso  in  linea  di  principio,  e'  ora  tempo  di
soffermarsi sulla norma oggetto. 
    Essa trova fondamento nella delega conferita con l'art. 17, comma
4, della legge 4 giugno 2010, n. 96 (Disposizioni  per  l'adempimento
di obblighi derivanti dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'
europee. 1.egge comunitaria 2009), ove sono enunciati i principi ed i
criteri  direttivi  per  dare  attuazione  alla  direttiva  2009/73/C
relativa al mercato del gas naturale. A propria  volta,  quest'ultimo
atto normativo dell'Unione ha abrogato la direttiva 2003/55/CE; 
    E' noto a questo Tribunale  che,  in  tali  casi,  i  criteri  di
esercizio della delega possono desumersi direttamente dalla normativa
comunitaria, che e' stata ritenuta idonea  a  soddisfare  riserva  di
legge e principio di legalita' (Corte  cost.,  sentenza  n.  383  del
1998). 
    Occorre pero' precisare  che,  a  parere  di  questo  rimettente,
valgono nel rapporto tra direttiva e decreto legislativo  gli  stessi
principi che governano la relazione, sul  piano  interno,  tra  legge
delega e decreto delegato: nell'ottica del diritto  dell'Unione,  non
rileva in linea di  principio,  e  salve  particolari  eccezioni,  la
distribuzione  nazionale  dei  poteri  necessari  a  conseguire   gli
obiettivi formulati con una direttiva, purche' efficace  rispetto  al
fine in questione. Tuttavia,  alla  luce  della  Costituzione,  essa,
salvo che in via eccezionale, non subisce alcuna deroga. Ed anzi,  il
principio che rende  le  Camere  esclusive  titolari  della  funzione
legislativa (artt. 70, 76  e  77  Cost.)  caratterizza  la  forma  di
governo in modo cosi' pregnante, che non sarebbe peregrino ipotizzare
che esso sia espressivo dell'ordine  costituzionale  dello  Stato,  e
percio' refrattario allo stesso diritto dell'Unione. 
    In questo contesto, e nel caso di specie, si deve  escludere  che
la direttiva n. 2009/73/CE abbia per effetto di alterare il principio
costituzionale  per  cui  il  Governo  e'  escluso   dalla   autonoma
determinazione dell'oggetto della delega, e comunque da  un'attivita'
integratrice, anziche'  di  sviluppo  e  completamento,  dei  criteri
direttivi ivi contenuti. 
    In altre parole: se e' vero che la normativa comunitaria puo' far
le veci della legge del Parlamento, resta fermo che  essa  dovra'  di
regola, a tal fine e per giustificare sul piano interno l'allocazione
della funzione normativa presso l'esecutivo, rispondere  ai  medesimi
standard cui soggiace la legge di delega ai sensi dell'art. 76 Cost.,
quanto  alla  definizione  dell'oggetto,  ed   all'enunciazione   dei
principi: in caso contrario, non  e'  ovviamente  in  discussione  la
legittimita' dell'atto comunitario, ma sara' necessario  che  sia  il
Parlamento  a  specificare  con  la  dovuta   analiticita'   siffatti
requisiti, al fine di permettere l'esercizio  della  delega,  a  tini
attuativi, da parte del Governo. Pertanto,  stante  la  natura  delle
direttive comunitarie non self executing, ovvero il perseguimento  di
un obiettivo comune per mezzo di  scelte  discrezionali  degli  Stati
membri, non  sara'  sempre  possibile  ricavare  da  tali  direttive,
anziche' dall'integrazione di esse con la legge  delega,  principi  e
criteri direttivi, che non si limitino a formulare  finalita'  troppo
generiche per soddisfare le condizioni che legittimano il  Parlamento
a delegare l'esercizio della funzione legislativa. 
    Nel caso di specie, va osservato che  l'intervento  sugli  ambiti
territoriali minimi persegue uno  scopo  meno  conciato  alla  tutela
della concorrenza che alla  razionale  organizzazione  del  servizio:
l'espansione  della  scala  dimensionale  in  relazione  alla   quale
calibrare il bando di gara non agevola gli operatori meno sviluppati,
non aumenta il numero dei partecipanti alla procedura, non rende piu'
libero l'accesso al mercato. Piuttosto, essa serve  principalmente  a
rafforzare  il   potere   contrattuale   delle   amministrazioni,   a
coordinarne l'azione, a conseguire economie di scala  che  permettano
di contenere i prezzi, a parita'  o  con  incremento  della  qualita'
nell'erogazione della prestazione. 
    Anzi, allargare la scala distributiva  significa  inevitabilmente
tagliarne fuori gli operatori minori, e ridurre cosi' il  numero  dei
concorrenti  sul  mercato.  Si  tratta,   dunque,   di   disposizioni
qualificabili piu' come principi fondamentali della materia a riparto
concorrente dell'energia, che come espressive della competenza di cui
all'art.  117,  secondo  comma,  lett.   e)   Cost.   (tutela   della
concorrenza), anche con riferimento all'individuazione del livello di
governo idoneo ai  sensi  dell'art.  118  Cost.:  esse  sono  infatti
calibrate su "criteri di efficienza  e  riduzione  dei  costi"  (art.
46-bis, comma 2, d.l. n. 159 del 2007). 
    Ora, la direttiva n. 2009/73/CE reca, come si e'  gia'  posto  in
luce,  l'enunciazione  di  taluni  obiettivi  che  possono  porsi  in
relazione, in termini assai astratti, con  il  sistema  degli  ambiti
territoriali minimi: ad  esempio,  il  considerando  n.  1  sprona  a
perseguire efficienza, prezzi competitivi e piu' elevati  livelli  di
servizio, mentre l'art. 3, comma 8, promuove l'efficienza  energetica
e l'ottimizzazione del servizio. 
    Tuttavia, se si tiene per buona la premessa circa  la  necessita'
che il legislatore delegato nazionale  sia  vincolato  a  principi  e
criteri  direttivi  sufficientemente  analitici,  pare  al  Tribunale
evidente che simili  formule  linguistiche  aperte,  e  di  carattere
programmatico, non possano giustificare un  intervento  peculiare  di
ristrutturazione del servizio per  mezzo  degli  ambiti  territoriali
minimi, tanto meno la scelta compiuta con la sola  norma  oggetto  di
renderla obbligatoria per gli enti locali, anziche'  di  incentivarla
soltanto, e per di piu' di bloccare temporaneamente le gare.  Ne'  le
norme  concernenti  l'attivita'  di  distribuzione  contenute   nella
direttiva sorreggono conclusioni diverse (artt. da 24 a 29). 
    Anzi, si deve affermare che la direttiva n. 2009/73/CE, come  del
resto le precedenti relative al mercato del gas naturale,  non  rechi
alcuna disposizione concernente  la  scelta,  da  parte  dello  Stato
membro, circa la dimensione territoriale di affidamento del servizio,
e persegua invece, con  norme  certamente  meno  generiche  e  dunque
suscettibile di somministrare principi e criteri direttivi, obiettivi
di altra natura, con particolare riferimento alla  separazione  delle
reti  dalle  attivita'  di  produzione  e   fornitura   (e   non   di
distribuzione: considerando n. 25): quest'ultima e' per l'appunto  la
ragione  principale  per  cui  la  direttiva  2003/55/CE   e'   stata
sostituita dall'attuale, ragione priva di qualsivoglia  nesso  con  i
bacini ottimali. 
    Il Tribunale ritiene, pertanto,  che  l'art.  24,  comma  4,  del
d.1g1. n. 93 del 2011 non possa poggiare, ai fini della  legittimita'
costituzionale  concernente  l'esercizio  della  delega,  su   alcuna
adeguata disposizione comunitaria. 
    6. E dunque necessario verificare se  un  simile  fondamento  sia
autonomamente rinvenibile nella legge delega, interpretata  in  senso
conforme a Costituzione ed al diritto comunitario. 
    Sembra  chiaro,  anzitutto,  che  i  criteri  direttivi  generali
contenuti nell'art. 2 della 1. n. 96 del 2010 non  siano  utili  allo
scopo: essi, infatti, non valgono a definire l'oggetto della  delega,
ma piuttosto a  specificare  con  quali  modalita'  il  Governo  puo'
intervenire nei campi selezionati dalle disposizioni  successive.  La
stessa lett. b) del citato art.  2,  laddove  consente  modificazioni
alla normativa vigente, per un verso non serve ad autorizzare in  se'
l'esercizio  della  delega  sul  sistema  degli  ambiti  territoriali
minimi, e dall'altro permette,  in  ogni  caso,  le  sole  correzioni
suggerite da esigenze di coordinamento con la disciplina  autorizzata
altrove nel corpo della delega. 
    Viene in considerazione, allora, l'art. 17,  comma  4,  il  quale
recita: 
    Nella predisposizione del decreto legislativo di attuazione della
direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,  del  13
luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno  del  gas
naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE, il Governo e' tenuto a
seguire, oltre ai principi e criteri direttivi di cui all' articolo 2
della  presente  legge,  in  quanto  compatibili,  anche  i  seguenti
principi e criteri direttivi: 
        a)   prevedere    misure    per    aumentare    gli    scambi
transfrontalieri, in modo  da  conseguire  una  maggiore  efficienza,
prezzi competitivi e piu' elevati livelli di  servizio,  contribuendo
anche  alla  sicurezza  degli  approvvigionamenti  e  allo   sviluppo
sostenibile; 
        b) prevedere, senza nuovi o maggiori  oneri  per  la  finanza
pubblica, misure per la cooperazione bilaterale e regionale,  in  uno
spirito) di solidarieta' tra gli Stati membri, in particolare in casi
di crisi del sistema energetico; 
        c) promuovere la realizzazione di capacita' bidirezionale  ai
punti  di  interconnessione,  anche  al  fine   di   realizzare   una
piattaforma di scambio di gas nell'ambito del sistema italiano; 
        d)  assicurare  che  i  gestori  dei  sistemi  di   trasporto
dispongano di sistemi integrati a livello di due o piu' Stati  membri
per l'assegnazione della capacita' e per il controllo della sicurezza
delle reti; 
        e)  prevedere  che  i  gestori  dei  sistemi   di   trasporto
presentino un piano decennale di sviluppo  della  rete  basato  sulla
domanda e sull'offerta esistenti e previste, contenente misure atte a
garantire   l'adeguatezza   del   sistema   e   la    sicurezza    di
approvvigionamento; 
        f) promuovere, senza nuovi o maggiori oneri  per  la  finanza
pubblica,  una  concorrenza  effettiva   e   garantire   l'efficiente
funzionamento del mercato, anche predisponendo misure in favore della
concorrenza con effetti analoghi ai programmi di cessione del gas; 
        g) assoggettare le transazioni su contratti di  fornitura  di
gas  e  su  strumenti  derivati  ad  obblighi  di  trasparenza  nella
disciplina degli scambi; 
        h) assicurare una efficace separazione tra  le  attivita'  di
trasporto, bilanciamento,  distribuzione  e  stoccaggio  e  le  altre
attivita' del settore del gas naturale; 
        i) prevedere misure che assicurino  maggiore  trasparenza  ed
efficienza nel settore del gas naturale, ottimizzando l'utilizzo  del
gas naturale e  introducendo  sistemi  di  misurazione  intelligenti,
anche ai fini della diversificazione dei prezzi di fornitura; 
        l) prevedere  misure  che  tengano  conto,  nel  procedimento
autorizzativo per la realizzazione di un'infrastruttura  del  sistema
del gas, della rilevanza dell'infrastruttura stessa  per  il  mercato
interno del gas naturale e della sua coerenza con  gli  obiettivi  di
politica energetica nazionali e comunitari; 
        m) garantire, senza nuovi o maggiori  oneri  per  la  finanza
pubblica, il  controllo  della  sicurezza  degli  approvvigionamenti,
l'equilibrio tra domanda e offerta, il livello della  domanda  attesa
in futuro  e  degli  stoccaggi  disponibili,  la  prevista  capacita'
addizionale in corso di programmazione e in  costruzione,  l'adeguata
copertura dei picchi della domanda nonche' delle possibili carenze di
fornitura; 
        n) introdurre misure che garantiscano maggiore disponibilita'
di capacita' di stoccaggio di gas naturale, anche favorendo l'accesso
a parita' di condizioni di una pluralita' di operatori nella gestione
delle nuove attivita' di stoccaggio e valutando  la  possibilita'  di
ampliare le modalita' di accesso al servizio previste dalla normativa
vigente; 
        o)  prevedere  che  le  sanzioni  amministrative   pecuniarie
applicabili in  caso  di  mancato  rispetto  delle  disposizioni  del
regolamento (CE) n. 715/2009 del Parlamento europeo e del  Consiglio,
del 13 luglio  2009,  nonche'  di  mancato  rispetto  degli  obblighi
imposti alle imprese di gas naturale dalla direttiva 2009/73/CE:, del
Parlamento europeo  e  del  Consiglio,  del  13  luglio  2009,  nelle
fattispecie assegnate alla competenza  dell'Autorita'  per  l'energia
elettrica e il gas, siano non inferiori nel minimo a curo 2.500 e non
superiori a curo 154.937.069,73; 
        p) prevedere che i clienti non civili con consumi inferiori o
pari a 50.000 metri cubi  annui  e  tutti  i  civili  siano  definiti
clienti vulnerabili e  pertanto  meritevoli  di  apposita  tutela  in
termini di condizioni economiche loro applicate e  di  continuita'  e
sicurezza della fornitura; 
        q) promuovere l'efficienza e la concorrenza nel  settore  del
gas naturale, anche demandando all'Autorita' per l'energia  elettrica
e il gas  la  definizione,  sulla  base  di  appositi  indirizzi  del
Ministero   dello   sviluppo   economico,   della   disciplina    del
bilanciamento di merito economico; 
        r) prevedere, ai sensi degli articoli 13 e 17 della direttiva
2009/73/CE, del Parlamento europeo e del  Consiglio,  del  13  luglio
2009, misure che, ai fini dell'accesso  ai  servizi  di  trasporto  e
bilanciamento del gas naturale, consentano la definizione di un'unica
controparte indipendente a livello nazionale; 
        s) prevedere la  rimozione  degli  ostacoli,  anche  di  tipo
normativo, al processo  di  aggregazione  delle  piccole  imprese  di
distribuzione del gas  naturale,  per  favorirne  l'efficienza  e  la
terzieta'; 
        t)  prevedere  misure  atte  a  garantire  che   imprese   di
distribuzione verticalmente integrate  non  siano  in  condizione  di
trarre impropri vantaggi dalla loro attivita' di gestione delle  reti
di distribuzione ostacolando le dinamiche concorrenziali del mercato; 
        u) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri  per  il  bilancio
dello Stato, che, nella situazione a regime, al termine della  durata
delle nuove concessioni di distribuzione del gas naturale affidate ai
sensi dell' articolo 14 del decreto legislativo 23  maggio  2000,  n.
164, i meccanismi di valorizzazione delle reti siano coerenti  con  i
criteri posti alla base della definizione delle rispettive tariffe; 
        v) prevedere che l'Autorita' per l'energia elettrica  il  gas
disponga di risorse finanziarie idonee allo svolgimento delle proprie
attivita', attraverso il sistema di totale autofinanziamento previsto
dall' articolo 2, comma 38, della legge 14  novembre  1995,  n.  481,
mediante il contributo versato dai soggetti operanti nei  settori  di
competenza,  da  utilizzarsi  esclusivamente   per   gli   oneri   di
funzionamento della stessa; 
        z)   prevedere   che,   nell'osservanza   delle    rispettive
competenze,  l'Autorita'  per  l'energia  elettrica  e   il   gas   e
l'Autorita' garante della  concorrenza  e  del  mercato  si  prestino
reciproca assistenza, agiscano in modo coordinato, stipulando a  tale
fine appositi protocolli di intesa,  e  collaborino  tra  loro  anche
mediante lo scambio di informazioni,  senza  che  sia  opponibile  il
segreto d'ufficio. 
    Come si vede, le norme di delega ricorrono sovente ad espressioni
linguistiche  aperte,  ma  spesso  le  accompagnano   con   ulteriori
specificazioni, con le quali esse sono indirizzate verso  un  oggetto
sufficientemente definito. 
    Con riferimento agli ambiti territoriali minimi, invece, cio' non
e' dato riscontrarsi: le lett. f), i) e q) richiamano certo finalita'
di efficienza, ma con riferimento a contesti che o sono differenti, o
non sono tali da investire  con  adeguata  capacita'  definitoria  il
livello territoriale di affidamento del servizio. Se si  parte  dalla
premessa svolta supra circa il divieto di impiegare formule generiche
in  sede  di  delega,  la  sola  interpretazione   costituzionalmente
conforme di tali disposizioni e' nel senso che esse non possano avere
per oggetto i bacini ottimali. 
    L'unica norma che potrebbe avere attinenza con questi  ultimi  e'
rinvenibile nella  lett.  s),  laddove  il  legislatore  delegato  e'
autorizzato a rimuovere gli "ostacoli, anche di tipo  normativo"  che
si   frappongono   all'aggregazione   delle   piccole   imprese    di
distribuzione del gas. Tuttavia, a ben vedere, una simile  previsione
non si attaglia al contenuto dell'art. 24, comma 4, ed anzi  pare  in
conflitto con esso. 
    In primo luogo, legiferare sul sistema degli ambiti  territoriali
minimi significa compiere scelte fondanti  in  tema  di  assetto  del
mercato del gas naturale ed  in  tema  di  esercizio  della  funzione
amministrativa  correlata  alla   distribuzione   dell'energia,   che
travalicano certamente la sola politica di aggregazione delle imprese
del settore distributivo, cui esclusivamente si riferisce la  delega,
e si ripercuotono su di un ambito  materiale  diverso,  in  parte  di
competenza regionale (energia; servizi pubblici  locali):  a  maggior
ragione, se si tiene conto che gli ambiti  territoriali  minimi  sono
gia' vigenti nell'ordinamento giuridico, essi, per  divenire  oggetto
di  un  complesso  meccanismo  di  ristrutturazione  del  mercato   e
dell'azione degli enti locali, avrebbero dovuto essere specificamente
indicati quale oggetto della delega. 
    In altre parole, la legislazione sui bacini  ottimali  intercetta
un ambito materiale ben piu' ampio e variegato di quello circoscritto
all'aggregazione  degli  operatori   marginali   del   mercato,   per
spogliarsi del quale il delegante avrebbe  dovuto  impiegare  formule
univocamente intese ad autorizzare un  intervento  del  delegato,  in
conformita' a principi e criteri  direttivi  calzanti  rispetto  alla
varieta'  degli  interessi   coinvolti   dalle   conseguenti   scelte
politiche. 
    Ne' e' comprova il gia' menzionato art. 25  del  d.l.  n.  1  del
2012, con cui la prescrizione che rende obbligatorio  dal  30  giugno
2012 l'affidamento dei servizi pubblici locali per bacini ottimali si
accompagna alla attribuzione alle Regioni del compito di organizzare,
anche normativamente, gli ambiti  territoriali,  nel  rispetto  delle
competenze legislative di quest'ultime, e dunque con riguardo  ad  un
fascio  di  interessi  ben  distinguibile   da   quell'obiettivo   di
aggregazione degli operatori minori,  cui  invece  era  vincolato  il
legislatore delegato. 
    In  questa   prospettiva,   il   Tribunale   ritiene   di   porre
all'attenzione della Corte costituzionale,  anzitutto,  il  dibattuto
problema relativo all'autonomia concettuale, all'interno dell'art. 76
Cost., del requisito  dell'oggetto",  rispetto  all'enunciazione  dei
principi e dei criteri direttivi  inerenti  ad  esso:  questi  ultimi
possono connotare una finalita' e prescrivere in termini ampi a quali
norme cardine debba  conformarsi  l'attivita'  di  riempimento  della
delega; tuttavia, cio' pare consentito solo con riguardo ad un ambito
materiale selezionato dalla delega con adeguata precisione. Nel  caso
di specie, invece, l'oggetto delegato  attiene  all'attuazione  della
direttiva  2009/73/CE,  che,  come  si  e'  visto,  non  e'  tale  da
consentire  in  modo  sufficientemente  definito  la   ricomprensione
dell'attivita'  di  ristrutturazione  del  livello  dimensionale  del
servizio di distribuzione del gas naturale. 
    Al contempo, l'ampliamento della delega in sede parlamentare, pur
possibile,  avrebbe  dovuto  essere   indicato   con   chiarezza   ed
esplicitamente dal legislatore  delegante,  proprio  in  ragione  del
fatto che la materia implicata dagli ambiti territoriali  minimi  non
poteva  venire  desunta  come  tale  dall'impianto  della   direttiva
2009/73/CE. 
    Nel caso  di  specie,  invece,  la  finalita'  aggregativa  delle
imprese di distribuzione del gas, come si e' osservato, e'  solo  uno
dei fattori su cui agisce la disciplina  degli  ambiti  territoriali,
rispetto  al  quale  appare  perlomeno  di  pari  dignita'  l'impatto
sull'azione degli enti locali, ed  i  riflessi  sul  regime  di  gara
determinati dall'art. 24, comma 4. 
    Per tale ragione, per un verso l'oggetto della  delega  non  pare
tale da ricomprendere la normazione sugli  ambiti  territoriali;  per
altro verso, rispetto a  quesfultima  finiscono  inevitabilmente  per
essere carenti i principi in grado di orientare sul  punto  specifico
l'azione del legislatore delegato, posto  che  la  legge  delega  non
risponde obiettivamente a simile finalita' peculiare. 
    La  preesistenza  di  un  ambito  materiale  avente  una  propria
autonomia normativa e concettuale all'interno  del  mercato  del  gas
naturale; la pluralita' di interessi che  tale  ambito  sollecita,  a
fronte di una piu'  ridotta  azione  aggregativa  sulle  imprese  del
settore; l'assenza di principi e criteri direttivi  che  si  facciano
carico  di  orientare  l'azione  del  delegato  con  riferimento   al
complesso  di  tali  interessi;  la  genericita'  delle   espressioni
impiegate  dalla  delega;  la  mancata  corrispondenza  degli  ambiti
territoriali minimi a specifiche previsioni della  direttiva  oggetto
di attuazione delegata; il difetto di principi che possano  riferirsi
specificamente agli ambiti territoriali stessi ed alle gare; il fatto
che  la  norma  oggetto,  rendendo  gli  ambiti  da   facoltativi   a
vincolanti,  inverta  una  scelta  legislativa  contraria,   che   il
delegante non  ha  inteso  abrogare,  attesa  la  perdurante  vigenza
dell'art. 46 bis: tutti tali elementi  inducono  a  ritenere  che  la
norma delegante, interpretata in senso conforme a Costituzione  e  al
diritto comunitario, non avesse per oggetto l'intervento del delegato
sui bacini ottimali. 
    Del resto, l'esigenza di separare concettualmente  oggetto  della
delega e principi e criteri direttivi di  essa,  gia'  avvertita  dai
primi, autorevoli lettori  dell'art.  76  Cost.,  ma  successivamente
sbiaditasi nella prassi costituzionale, tende a riemergere  oggi  con
particolare forza, nel pensiero di chi intende reperire anzitutto nel
testo costituzionale un argine rispetto a deviazioni della  forma  di
governo, che non sempre sorgono per effetto di  una  condivisione  di
esse tra i poteri dello Stato coinvolti,  ma  talvolta  riflettono  e
aggravano indebitamente il processo di rafforzamento politico di  uno
di essi a scapito  dell'altro,  posto  in  condizione  di  non  poter
affermare nella  dinamica  concreta  dei  rapporti  istituzionali  le
proprie prerogative. 
    D'altro canto, tale separazione non e' estranea a tutt'oggi  alla
piu' avvertita legislazione di delega: basti  pensare  alla  legge  5
maggio 2009, n. 42 (Delega  al  Governo  in  materia  di  federalismo
fiscale, in attuazione dell'art. 119 della Costituzione), ove  l'art.
1 circoscrive l'ambito di intervento", articolando  con  analiticita'
su quali materie il Governo  sia  autorizzato  a  legiferare,  mentre
l'art. 2, comma 1 (oggetto e finalita'),  specifica  ulteriormente  i
settori delegati, anche  con  espressioni  dettagliate  (ad  esempio,
"schemi di bilancio", "termini di presentazione e approvazione"). Nel
contempo, gli  artt.  1  e  2  recano  indicazioni  di  finalita'  da
perseguire,  che  evidentemente,  in  questo  caso,  non  sono  state
ritenute sufficienti ad assorbire la definizione dell'oggetto. 
    L'art. 2, comma 2, a propria volta  enuclea  principi  e  criteri
direttivi generali,  che  tuttavia  sono  invece  tali  da  riferirsi
ciascuno ad un ben delimitato oggetto, cui si aggiungono,  su  di  un
livello di scansione ulteriore,  i  ricchi  criteri  enucleati  dalle
disposizioni seguenti, ciascuno per un oggetto specifico. 
    Tale modo  di  conferite  la  delega  non  e'  una  mera  tecnica
normativa posta, tra le altre, nella disponibilita'  del  Parlamento:
si tratta, invece, dell'applicazione puntuale dell'art. 76  Cost.  da
parte delle Camere. 
    Per ogni oggetto per il quale la  legge  delega  non  risponda  a
simili standard di garanzia, si dovra' quindi concludere che esso non
sia assistito da autorizzazione a normare da parte del Governo. 
    In secondo luogo, anche ammettendo per mera ipotesi che, nel caso
di specie, la delega si riferisse agli ambiti territoriali minimi, la
gravita' dello sforzo interpretativo compiuto in tal  senso  andrebbe
compensata con una rigorosa delimitazione del  potere  delegato  alle
modalita' di raggiungimento del fine, indicate  dalla  legge  delega.
Tanto piu' sfuggente la definizione dell'oggetto, quanto piu' stretta
deve essere l'interpretazione dei principi e dei  criteri  direttivi,
affinche' vi sia una compiuta aderenza ad essi della norma delegata. 
    La  legge  delega  definisce  l'obiettivo  di  aggregazione,   ma
aggiunge che esso va perseguito attraverso la rimozione  di  ostacoli
fattuali o normativi, ovvero di impedimenti che si  frappongano  alla
volonta' degli operatori minori di unirsi per  agire  su  piu'  larga
scala. 
    Nel caso in  questione,  invece,  lo  svolgimento  delle  gare  a
livello comunale,  anziche'  su  piu'  ampia  dimensione  (ovvero  la
condizione che il sistema "obbligatorio"  degli  ambiti  territoriali
minimi  intende  superare),  non  potrebbe  comunque   ritenersi   un
"ostacolo",  fattuale  e  normativo,  rispetto  all'aggregazione:  e'
evidente infatti che un operatore di  larghe  dimensioni  ben  potra'
competere anche su di una  porzione  ridotta  di  territorio.  Quest'
ultimo presupposto, anche di fatto, in se' non implica  dunque  alcun
impedimento all'aggregazione, che il potere delegato debba rimuovere. 
    In terzo luogo, eliminare  un  ostacolo  che  preclude  un  certo
effetto non significa rendere detto effetto obbligatorio: lo  spirito
della legge delega, in altri termini,  pare  indirizzato,  alla  luce
delle espressioni impiegate, nel senso  di  favorire  ed  incentivare
l'aggregazione (come gia' l'ancora vigente art. 46-bis  del  d.l.  n.
159 del  2007,  con  cui  la  norma  delegata  e'  dunque  tenuta  ad
armonizzarsi) e non gia' di imporla: l'art. 24, comma  4,  viceversa,
esprime l'opposto  intento,  e  per  giunta  produce  un  effetto  di
paralisi sulle gare in corso che si giustifica solo in tale ottica. 
    7. A rafforzare  il  dubbio  di  costituzionalita'  sopraggiunge,
infine, un'ultima considerazione, che ha a che fare con le  modalita'
di genesi della norma oggetto. 
    In data 3 marzo 2011 il Governo ha trasmesso  al  Presidente  del
Senato  della  Repubblica  lo  schema  del  decreto  legislativo   di
attuazione, tra l'altro, della direttiva 2009/73/CE, affinche'  fosse
reso il parere parlamentare richiesto dalla legge delega (Senato, XVI
legislatura, doc. n. 335). 
    L'art. 24 dello schema, che corrisponde all'art. 24 del d.lgl. n.
93 del  2001,  intitolato  "valore  di  rimborso  degli  impianti  di
distribuzione" si compone di due commi, tra cui  non  compare  alcuna
previsione inerente agli ambiti territoriali minimi. 
    La relazione illustrativa che accompagna  lo  schema,  a  propria
volta, rinvia alla sola necessita' di attuare la direttiva 2009/73/CE
e di adeguarsi ad ulteriori atti comunitari, che non hanno  attinenza
con il tema divenuto poi oggetto del comma 4 dell'art. 24: del resto,
la delega concernente tale  disposizione  e'  espressamente  reperita
nell'art. 17, comma 4, lett. u) della legge n. 96 del 2010, del tutto
privo di pertinenza ai nostri fini. 
    Da ultimo, il predetto comma 4 non e' stato inserito neppure  nel
testo sottoposto al parere della Conferenza Stato-Regioni, reso il 28
aprile 2011, parere richiesto  dal  Governo  benche'  non  prescritto
espressamente dalla legge di delega per il punto in questione: e'  di
tutta evidenza, percio', che l'intervento  sui  bacini  ottimali  sia
stato  deciso  in  extremis  dal  Governo,  solo  in  procinto  della
emanazione e della pubblicazione dell'atto. 
    Difatti,  a  riprova  dell'estraneita'   rispetto   alla   delega
dell'oggetto in questione, l'esecutivo  aveva  provveduto  a  rendere
obbligatori gli ambiti territoriali minimi c a sospendere le gare con
il  gia'  rammentato  D.NI.  19  gennaio   2011,   significativamente
pubblicato il 31 marzo 2011. In altre parole: proprio nel periodo  di
tempo durante cui e' stata esercitata la delega conferita dalla legge
comunitaria per il 2009, il Governo, anziche' inserirvi la disciplina
degli ambiti territoriali minimi, ha ritenuto di provvedere con  atto
secondario. Tale decisione e' stata poi sovvertita, giusto  nell'arco
temporale ultimo  a  disposizione,  in  coincidenza  con  i  numerosi
ricorsi giurisdizionali  esperiti,  anche  innanzi  a  questo  stesso
Tribunale, per contestare la legittimita' dell'art. 3.3 del  D.M.  in
questione, e destinati a sicuro esito positivo, per le  ragioni  gia'
dette. 
    Ne segue la verosimiglianza dell'idea per cui lo  stesso  Governo
non avesse ritenuto oggetto di delega i bacini  ottimali,  e  si  sia
deciso ad includerli nel testo del decreto delegato solo da ultimo. 
    Quale che sia stata la causa  che  ha  determinato  l'inserimento
della norma impugnata  nel  testo  del  decreto  delegato,  in  altri
termini, non e' privo di sii',rnificato che il Governo non avesse  in
origine creduto di  poter  procedere  per  la  via  legislativa,  pur
essendo chiamato all'esercizio della delega  proprio  nei  giorni  di
pubblicazione del D.M. 19 gennaio 2001. 
    8.  L'insieme  di  tali  elementi,  a  fronte  di  una  specifica
eccezione di illegittimita'  costituzionale  per  difetto  di  delega
svolta in giudizio, e' senz'altro tale da raggiungere  quella  soglia
di dubbio circa la costituzionalita' dell'art. 24, comma 4, del digl.
n.  93  del  2011,  che   rende   doveroso   investire   il   giudice
costituzionale della relativa questione, in riferimento  all'art.  76
Cost. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Non  definitivamente  pronunciando  sul   ricorso   indicato   in
epigrafe, cosi' provvede: 
    Visto l'art. 23 della legge l l marzo 1953, n. 87 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art.  24,  comma  4,  del  d.lgl.  1
giugno 2011, n. 93 (Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE
e  2008/92/CE  relative  a  norme  comuni  per  il  mercato   interno
delrenergia  elettrica,  del  gas  naturale  e   ad   una   procedura
comunitaria  sulla  trasparenza  dei  prezzi  al  consumatore  finale
industriale di gas e di energia elettrica, nonche' abrogazione  delle
direttive 2003/54/CE 2003/55/CE, in  riferimento  all'art.  76  della
Costituzione. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. Sospende il giudizio. 
    Ordina alla Segreteria di notificare la presente  ordinanza  alle
parti del giudizio e al Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ordina alla Segreteria di comunicare  la  presente  ordinanza  al
Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della  Camera
dei deputati. 
 
    Cosi' deciso in Milano nella camera di consiglio  del  giorno  25
gennaio 2012. 
 
                       Il Presidente: Mariuzzo 
 
 
                                                   L'estensore: Gatti