N. 111 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 febbraio 2012

Ordinanza emessa dal Tribunale di  Cosenza  nel  procedimento  civile
promosso da Royal Hotel s.a.s. contro ENEL S.p.a.. 
 
Spese processuali - "Onorari di difesa" da porre a carico della parte
  soccombente - Liquidazione da parte del giudice - Obbligo, previsto
  contestualmente all'abrogazione  delle  tariffe  delle  professioni
  regolamentate  nel  sistema  ordinistico,  di  far  riferimento   a
  parametri stabiliti con successivo decreto del Ministro vigilante -
  Omessa previsione di alcuna disciplina transitoria applicabile  nel
  periodo compreso tra l'abrogazione delle tariffe e l'emanazione del
  decreto ministeriale - Denunciata impossibilita' di determinare  in
  termini oggettivi e controllabili gli  oneri  di  difesa  a  carico
  della parte soccombente - Contrasto con il canone di ragionevolezza
  (sotto il profilo della intrinseca incoerenza, contraddittorieta' e
  illogicita') - Violazione del  diritto  di  agire  e  resistere  in
  giudizio. 
- Decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9, commi 1 e 2. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
(GU n.24 del 13-6-2012 )
 
                             IL TRIBUNALE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento ex art. 700
codice di procedura  civile  vertente  tra  Societa'  in  accomandita
semplice  «Royal  Hotel»,  in  persona  del   legale   rappresentante
pro-tempore, elettivamente domiciliata in Bisignano al viale Roma  n.
11 presso  lo  studio  degli  avvocati  Paola  Calabria  ed  Emiliano
Calabria dai quali e' rappresentata e difesa giusta procura a margine
del ricorso, ricorrente, e  Societa'  per  azioni  E.N.E.L.  Servizio
elettrico,  in  persona  del   legale   rappresentante   pro-tempore,
elettivamente domiciliata in Cosenza alla via  E.  Tarantelli  n.  31
presso lo  studio  dell'avvocato  Francesco  Perugini  dal  quale  e'
rappresentata e difesa in forza di  procura  in  calce  alla  memoria
difensiva, resistente. 
Premesso: 
    che in data ventisette  dicembre  duemilaundici  il  sottoscritto
giudice, dopo aver assunto  sommarie  informazioni  testimoniali,  ha
adottato ai sensi del capoverso  dell'art.  669-sexies,  il  seguente
decreto: 
    «Letto  il  ricorso  presentato  dalla  societa'  in  accomandita
semplice Royal Hotel, rappresentata e  difesa  dagli  avvocati  Paola
Calabria  ed   Emiliano   Calabria   in   data   ventitre'   dicembre
duemilaundici; esaminata la produzione allegata al  ricorso;  assunte
sommarie informazioni; visti gli  artt.  700  e  669-bis  e  seguenti
codice  di  procedura  civile;  osserva:  la  S.p.a.  Enel   Servizio
Elettrico ha disattivato, in data ventidue dicembre duemilaundici, la
fornitura di energia somministrata alla  societa'  ricorrente  presso
una struttura alberghiera dalla stessa gestita in  Cosenza  alla  via
delle Madaglie  d'Oro  sul  presupposto  che  la  beneficiaria  della
somministrazione sia rimasta inadempiente nel  pagamento  di  quattro
fatture emesse tutte in data cinque aprile duemilaundici dell'importo
complessivo di € 46.981,59; l'importo delle suddette fatture - e  dei
relativi consumi - e' stato  determinato  dal  fornitore  di  energia
presuntivamente in relazione al periodo due febbraio duemilaotto/nove
dicembre  duemiladieci  ovvero  dal   momento   della   installazione
dell'apparecchio di misurazione, risultato guasto,  al  giorno  della
sua sostituzione; la determinazione presuntiva del consumo  e'  stata
compiuta "tenendo conto della media dei  consumi  giornalieri  tenuta
dalla cliente successivamente" alla sostituzione dell'apparecchio  di
misurazione; siffatta  determinazione,  alla  luce  della  istruzione
sommaria compiuta in data odierna,  appare  del  tutto  arbitraria  e
inattendibile in quanto e' emerso  chiaramente  che  nel  periodo  al
quale si riferisce il  calcolo  del  consumo  presunto  la  struttura
alberghiera non era ancora funzionante mentre la  media  dei  consumi
giornalieri  e'  stata   ricavata   dall'Osservazione   dei   consumi
effettuati  in  epoca  nella  quale  la  struttura   era   pienamente
operativa; difettando la omogeneita' dei periodi di  osservazione  e'
del tutto evidente che appare discutibile la correttezza del criterio
utilizzato per la determinazione del  consumo  presunto;  a  cio'  va
aggiunto che la parte istante ha gia' versato la somma di €  9.000,00
a copertura degli eventuali consumi che dovessero risultare dovuti  a
causa del cattivo funzionamento dell'apparato  misuratore;  sussiste,
pertanto il  fumus  di  fondatezza  del  ricorso;  d'altra  parte  la
rilevata fondatezza prima facie del ricorso suggerisce di  provvedere
ai sensi del  capoverso  dell'art.  669-sexies  codice  di  procedura
civile  in  quanto  il  tempo  necessario  alla   instaurazione   del
contraddittorio  potrebbe  vieppiu'  pregiudicare  l'attuazione   del
provvedimento di accoglimento avuto riguardo alla forzata inattivita'
nell'esercizio dell'impresa e ai conseguenti  danni  sullo  sviamento
della clientela; p.q.m. ordina alla S.p.a. Enel Servizio elettrico di
riattivare immediatamente la fornitura di energia sull'utenza in  uso
a Hotel Royal  s.a.s.  in  Cosenza  alla  via  Mediaglie  d'Oro  s.n.
(cliente n. 808 005 557);  fissa  per  la  comparizione  delle  parti
davanti a se' l'udienza dell'undici gennaio  duemiladodici  alle  ore
nove e trenta; assegna all'istante termine fino  al  quattro  gennaio
duemiladodici per la notificazione del ricorso e del presente decreto
alla S.p.a. Enel Servizio elettrico. Si comunichi con urgenza.  Cosi'
deciso addi' ventisette dicembre  duemilaundici.  Il  Giudice:  dott.
Giuseppe Greco». 
    che dopo l'instaurazione del contraddittorio il provvedimento  su
esteso deve essere confermato  in  quanto  la  parte  resistente  nel
costituirsi in  giudizio  si  e'  limitata  a  dedurre  genericamente
l'insussistenza del c.d. «fumus boni iuris» e del c.d. «periculum  in
mora», senza allegare alcuna specifica circostanza di fatto idonea  a
contrastare le ragioni della tutela concessa a mezzo di decreto; 
    che e' pacifico e non contestato  che  le  fatture  emesse  dalla
societa' resistente sulla base di consumi «presunti» sono state tutte
tempestivamente contestate; 
    che, pertanto, appare, «prima facie», fondata la invocata  tutela
atipica siccome preordinata  ad  un  giudizio  di  merito  avente  ad
oggetto l'accertamento  della  insussistenza  dei  presupposti  della
risoluzione del contratto di fornitura per  grave  inadempimento  del
somministrato ovvero della illegittimita' della diffida ad  adempiere
intimata dalla parte resistente; 
    che,  conseguentemente,  va  pienamente  confermato  il   decreto
assunto «inaudita altera parte»; 
    che, in conformita' alla disposizione di cui al comma 7 dell'art.
669-octies codice di procedura civile parte resistente va  condannata
al pagamento delle spese del presente procedimento; 
    che la condanna presuppone la determinazione  degli  «onorari  di
difesa» (espressione  tratta  dalla  norma  dell'art.  91  codice  di
procedura civile); 
    che secondo il diritto vivente gli  onorari  per  le  prestazioni
professionali  dell'avvocato  devono  essere  liquidati  secondo   le
tabelle  che  siano  vigenti  al   momento   dell'esaurimento   delle
prestazioni stesse da individuarsi nel momento in cui  la  causa  sia
ritenuta in decisione dal giudice (ex plurimis: Cass.civ., sez.  III,
10.06.1991, n. 6557); 
    che tuttavia la recentissima  disposizione  di  cui  al  comma  1
dell'art.  9  del  decreto-legge  24  gennaio  2012,  n.  1,  recante
«disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,   lo   sviluppo   delle
infrastrutture  e  la  competitivita'»  pubblicato   sulla   Gazzetta
Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2012, ha  espressamente  abrogato  «le
tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico»; 
    che il comma 2 del citato articolo 9 ha, inoltre,  stabilito  che
«ferma restando  l'abrogazione  di  cui  al  comma  1,  nel  caso  di
liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il  compenso  del
professionista e' determinato con riferimento a  parametri  stabiliti
con decreto del ministro vigilante»; 
    che l'applicazione della disciplina dettata dal comma 2 dell'art.
9 del decreto-legge n. 112012 s'impone in forza del principio «tempus
regit  actum»  trattandosi  nella  specie  di  norma   di   carattere
processuale; 
    che la  evidenziata  natura  processuale  della  disposizione  in
parola  si  desume  dal  fatto   che   essa   vincola   gli   «organi
giurisdizionali»   nell'attivita'   di   liquidazione   di    onorari
professionali; 
    che l'interpretazione restrittiva della  norma  siccome  volta  a
regolamentare  esclusivamente   l'attivita'   giurisdizionale   nelle
controversie aventi ad oggetto la determinazione  del  «compenso  del
professionista» ovvero  nei  giudizi  instaurati  tra  committente  e
professionista  appare  incompatibile  con  la  «ratio»   complessiva
dell'intervento legislativo il quale e' a tutta evidenza  finalizzato
(almeno cosi' risulta dalla lettura della  relazione  governativa)  a
determinare uno straordinario impulso  allo  sviluppo  economico  del
paese e al corretto funzionamento dei mercati nell'ambito  del  quale
la lentezza dei processi,  specialmente  nel  campo  della  giustizia
civile, costituisce un oggettivo vincolo allo sviluppo; 
    che, quindi,  la  suddetta  disposizione  deve  intendersi  quale
principio processuale di carattere  generale  in  quanto  vincola  la
giurisdizione in tutti i processi nei quali si deve  provvedere  alla
liquidazione degli «onorari di difesa»; 
    che la evidente mancanza di  alcuna  disciplina  transitoria  non
consente di ritenere ultrattivo il vecchio regime  delle  tariffe  ed
obbliga ad applicare il nuovo regime a tutti i processi in corso  che
non siano gia' stati definiti anche per quel che riguarda la condanna
alle spese processuali; 
    che la suddetta e radicalmente innovativa disciplina  legislativa
ha,  sin  dalla  sua  entrata   in   vigore,   sollevato   drammatici
interrogativi in ordine  ai  criteri  cui  il  giudice  e'  tenuto  a
conformarsi nel liquidare, alla  chiusura  del  procedimento  da  lui
trattato, gli «onorari di  difesa»  da  porre  a  carico  -  mediante
condanna - della parte soccombente in assenza dei necessari parametri
stabiliti dal ministro vigilante; 
    che di tali  gravi  interrogativi  si  e'  immediatamente  quanto
responsabilmente fatto carico il Consiglio nazionale forense  il  cui
Ufficio studi  ha  evidenziato  come  l'assenza  dei  «parametri»  da
stabilirsi da parte del Ministro della  giustizia  possa  determinare
«la   paralisi   dei   procedimenti   di   liquidazione    in    sede
giurisdizionale»; 
    che prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 1/2012  gli
«onorari  di  difesa»  venivano  liquidati  dal  giudicante   facendo
riferimento alle tariffe adottate mediante regolamento  del  Ministro
della  giustizia  a  seguito  di  delibera  del  Consiglio  nazionale
forense; 
    che l'espressa  abrogazione  di  tali  tariffe  non  consente,  a
giudizio di questo giudice, di  utilizzare  le  suddette  tariffe  in
quanto  «abrogate»  quali  «parametri»  della  liquidazione   facendo
ricorso a criteri ermeneutici fondati sulla analogia ne',  tantomeno,
quali «parametri» di un giudizio equitativo non  ravvisandosi  alcuna
lacuna del  regime  voluto  dal  legislatore  che  possa  legittimare
l'impiego dello strumento della interpretazione analogica ne' di  far
postulare la «sopravvivenza» delle abrogate tariffe quali «parametri»
alternativi  cui  far  ricorso  per  integrare  la   regolamentazione
legislativa; 
    che, paraltro, in «subiecta materia» non appare possibile neppure
l'estremo ricorso alla «equita'» giudiziale  la  quale  per  espressa
volonta'  del  legislatore  potra'  esercitarsi  nel  determinare  il
preciso  ammontare  degli  «onorari  di  difesa»   nell'ambito   dei,
presumibilmente, elastici  «parametri»  che  il  ministro  competente
avra' cura di adottare ma non gia' nell'individuare  autonomamente  i
criteri cui ancorare una qualche determinazione equitativa; 
    che  il  principio  costituzionale  di  «indefettibilita'   della
giurisdizione» (cfr. Corte costituzionale n. 361/1998) del  quale  e'
corollario il dovere per l'organo investito della risoluzione di  una
controversia di decidere sollecitamente e conformemente a diritto  la
questione  portata  alla  sua  cognizione  non  consente   all'organo
giurisdizionale alcuna dilazione  nelle  more  della  emanazione  del
decreto ministeriale che dovra' determinare i c.d. «parametri»  della
liquidazione giudiziale (fatta salva, evidentemente, la  possibilita'
in  determinate  fattispecie  di  sollecitare  le   parti   a   voler
esplicitamente attribuire al giudicante un potere di mero arbitraggio
sulla determinazione degli «onorari di  difesa»  da  porre  a  carico
della parte tenuta a sopportarli per legge); 
    che l'eventuale ricorso  da  parte  del  giudicante  a  parametri
diversi da quelli espressamente previsti dal legislatore (ove non  si
traducesse in un mero recepimento delle abrogate tariffe che di fatto
finirebbe  per  vanificare  la  volonta'  del  legislatore)  potrebbe
risultare, volta a volta mortificante per il decoro della professione
forense e quindi in contrasto con il primo comma dell'art.  36  della
legge fondamentale  (tenuto  conto  che  sotto  l'attuale  regime  il
professionista  non  potra'  ottenere  in  sede  giurisdizionale   la
determinazione del compenso in via autonoma nei confronti del proprio
cliente, cosi' come avrebbe potuto fare per l'innanzi) ovvero  troppo
gravoso per l'esercizio del diritto di difesa in  giudizio  (art.  24
Costituzione); 
    che pertanto (ove non  si  ritenesse  possibile,  come  opina  il
sottoscritto giudice, postulare  la  «sopravvivenza»  delle  abrogate
tariffe quali «parametri» alternativi a quelli previsti dalla  legge)
qualunque soluzione si dovesse scegliere nella  determinazione  degli
«onorari di difesa» essa implicherebbe il  rischio  concreto  di  dar
luogo a  ingiustificate  disparita'  di  trattamento  tra  situazioni
simili sul piano processuale avuto riguardo al fatto che qualsivoglia
soluzione  rimarrebbe  fondata  in  ultima  analisi  sulla  «equita'»
soggettiva del decidente; 
    che, in definitiva, le  disposizioni  di  cui  ai  commi  1  e  2
dell'art. 9 del decreto-legge n. 1/2012, si pongono, a  giudizio  del
sottoscritto giudice, in netto  contrasto  con  il  canone  di  rango
costituzionale  della  «ragionevolezza»  (sotto  il   profilo   della
intrinseca incoerenza, contraddittorieta' ed illogicita' rispetto  al
vigente ordinamento che  impone  di  liquidare  senza  dilazione  gli
«onorari  di  difesa»)  laddove  non  prevedono   alcuna   disciplina
transitoria limitata al periodo intercorrente tra l'entrata in vigore
delle norme  e  l'adozione  da  parte  del  ministro  competente  dei
«parametri» ivi previsti; 
    che alla evidenziata lacuna legislativa non  e'  possibile  porre
rimedio attraverso alcuna interpretazione conforme a costituzione; 
    che la disciplina dettata  dai  commi  1  e  2  dell'art.  9  del
decreto-legge n. 1/2012 appare, altresi', in contrasto con l'art.  24
della Costituzione in quanto vulnera il diritto di agire e  resistere
in giudizio rendendo incerto l'onere delle spese  da  affrontare  nel
corso del procedimento; 
    che  la  suddetta  disciplina  viola   anche   l'art.   3   della
Costituzione in quanto attribuisce, di fatto e al  di  la  di  alcuna
espressa attribuzione del relativo potere,  una  facolta'  ampiamente
discrezionale al giudice tenuto a liquidare gli «onorari di difesa»; 
    che tale facolta' appare priva di alcun ragionevole ancoraggio  a
parametri certi  e  controllabili  cosi',  peraltro,  frustrando,  il
diritto della parte soccombente di  insorgere  nei  confronti  di  un
provvedimento che risulti, eventualmente, incongruo o esorbitante; 
    che non e' neppure ipotizzabile, che il  giudice,  cui  e'  fatto
obbligo  di  applicare  in  via   esclusiva   «parametri»   ad   oggi
inesistenti,  possa  omettere  di   decidere   sulla   condanna   del
soccombente al pagamento delle spese processuali ovvero sospendere il
giudizio sino  alla  data  in  cui  sara'  emanato  il  provvedimento
ministeriale per la cui emanazione, peraltro, le disciplina impugnata
non pone alcun termine, in quanto la  sospensione,  in  un  caso  non
previsto da alcuna  norma  processuale,  integrerebbe,  altresi',  la
violazione del principio di ragionevole durata del  processo  sancito
dall'art. 111, comma, Costituzione; 
    che   e'   pacificamente   sollevabile   davanti    alla    Corte
costituzionale questione di legittimita' di un decreto-legge; 
    che da quanto premesso consegue che la  decisione  relativa  alla
liquidazione degli «onorari  di  difesa»  vada  sospesa  e  gli  atti
trasmessi  alla  Corte  costituzionale,  trattandosi   di   questione
rilevante e non manifestamente infondata. 
    Non puo', invero, negarsi che la questione sia rilevante ai  fini
della   decisione   in   quanto   la   possibilita'   per    l'organo
giurisdizionale  di  decidere  in  ordine  alle  spese  del  presente
giudizio e' condizionata alla individuazione di un criterio che,  nel
permanere in vigore delle norme impugnate, l'ordinamento  non  appare
fornire in alcun modo. 
    Ne'  puo',  d'altra  parte,  sostenersi  che  la  questione   sia
manifestamente  infondata  ove  si  tenga  conto,   per   un   verso,
dell'impossibilita' per il giudice  di  conformarsi  a  parametri  di
liquidazione  obbligatori  ma  inesistenti  e,   per   altro   verso,
dell'evidente impossibilita' di determinare in  termini  oggettivi  e
controllabili gli oneri di difesa  da  porre  a  carico  della  parte
soccombente. 
    Va pertanto sollevata,  nei  termini  su  esposti,  questione  di
legittimita'  costituzionale  dei  commi  1  e  2  dell'art.  9   del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 e sospesa la decisione in  ordine
alla determinazione delle spese del procedimento da  porre  a  carico
della parte risultata soccombente. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Visti gli artt.  669-bis  e  seguenti  del  codice  di  procedura
civile; 
    Conferma  il  provvedimento  reso  in  data  ventisette  dicembre
duemilaundici; 
    Condanna  la  parte  resistente  al  pagamento  delle  spese  del
presente procedimento; 
    Visti gli artt. 134 Cost., 1,  legge  n.  1/1948,  23,  legge  n.
87/1953; 
    Ritenuta la rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale dei commi 1 e 2 dell'art.  9
del decreto-legge  24  gennaio  2012,  n.  1,  recante  «disposizioni
urgenti per la concorrenza, lo sviluppo  delle  infrastrutture  e  la
competitivita'» pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  n.  19  del  24
gennaio 2012 nei termini di cui in parte motiva; 
    Sospende la decisione in ordine alla determinazione  delle  spese
processuali da porre a carico della parte resistente; 
    Ordina che la presente ordinanza sia  notificata,  a  cura  della
Cancelleria, alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti dei  due  rami  del  Parlamento  e  che  sia
successivamente trasmessa senza ritardo alla Corte costituzionale. 
        Cosi' deciso in Cosenza, addi' 1° febbraio 2012 
 
                          Il Giudice: Greco