N. 116 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 gennaio 2012

Ordinanza dell'11 gennaio 2012 emessa dal Tribunale  di  Cassino  nel
procedimento civile promosso da Euroimmobiliare 2000 contro Banca  di
Roma spa Grupppo Capitalia. 
 
Banca e istituti di credito - Operazioni bancarie regolate  in  conto
  corrente  -  Diritti   nascenti   dall'annotazione   in   conto   -
  Prescrizione - Decorrenza dal giorno dell'annotazione -  Previsione
  autoqualificata come interpretazione autentica dell'art.  2935  del
  codice  civile  -  Contestuale  esclusione  della  restituzione  di
  importi gia' versati alla data di entrata in vigore della legge  n.
  10  del  2011  -  Denunciata  insussistenza  delle  condizioni  per
  l'adozione di una legge interpretativa - Violazione dei principi di
  eguaglianza e di  ragionevolezza  -  Ingiustificata  disparita'  di
  trattamento - Lesione della tutela dell'affidamento dei  consociati
  legittimamente fondato sulla certezza dell'ordinamento giuridico  -
  Compromissione dell'effettivita' del diritto dei cittadini di agire
  in  giudizio  a  tutela  dei  propri  diritti  -  Violazione  delle
  attribuzioni costituzionali dell'autorita' giudiziaria. 
- Decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, art. 2, comma 61,  aggiunto
  dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10. 
- Costituzione, artt. 3, 24 e 102. 
(GU n.24 del 13-6-2012 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel proc. n.  250/2006  r.g.
promosso  da:  Euroimmobiliare  2000  (codice  fiscale   e   P.   IVA
0175644060) con sede in Cassino, alla via Benedetto Croce  n.  3,  in
persona del l.r.p.t. rappresentata e difesa  nel  presente  giudizio,
dall'avv.  Domenico  Martini  e  dall'avv.  Giuseppe   Martini,   sia
congiuntamente sia disgiuntamente, ed  elettivamente  domiciliata  in
Cassino alla Via Petrarca n.  5  presso  lo  studio  legale  Martini,
attrice; 
    Contro Banca di Roma S.p.A. - Gruppo  Capitalia  (codice  fiscale
06978161005), gia' denominata Minghetti Finanziaria, rappresentata  e
difesa dall'avv. Giuseppe  Felici  ed  elettivamente  domiciliata  in
Sora,  via  S.  Giuliano  Sura,  123,  presso  lo  studio   dell'avv.
Quintiliani, convenuta. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    Con  atto  di  citazione  notificato  il  6  febbraio   2006   la
Euroimmobiliare 2000 S.r.l. conveniva innanzi a questo  Tribunale  la
Banca di Roma S.p.A. L'attrice sosteneva di avere intrattenuto dal 20
dicembre 1990 con l'agenzia della Banca di Roma di  Cassino  sita  in
Cassino (ex Banco di Santo Spirito) il rapporto di conto corrente  n.
6785/8  poi  divenuto  7258-38  con  apertura  di  credito   mediante
affidamento  con  scopertura.  La  societa'  attrice  aveva,   pero',
appurato che la predetta Banca, in mancanza di validi accordi  ed  in
contrasto con le disposizioni di legge, sin dall'inizio del rapporto,
sempre di sua iniziativa, aveva applicato, facendogli pagare somme  a
titolo  di  interessi  passivi,   capitalizzazioni,   commissioni   e
provvigioni,   spese   ed   oneri    accessori.    In    particolare,
l'Euroimmobiliare  s.r.l.  aveva  riscontrato  che  la  Banca   aveva
calcolato gli interessi  passivi  in  base  ad  una  clausola  nulla,
facente riferimento  a  condizioni  d'uso,  senza  ulteriori  precisi
elementi,  quindi,  mancante  dei  necessari  requisiti  della  forma
scritta. Peraltro, la Banca aveva applicato, ancora una  volta  senza
nessuna valida clausola, commissioni a titolo di «massimo scoperto» e
aveva calcolato ed applicato alla  societa'  Euroimmobiliare  s.r.l.,
illegittimamente ed in totale contrasto con le disposizioni di legge,
la capitalizzazione trimestrale degli interessi. A causa di cio',  la
societa' vantava un credito nei confronti della Banca di Roma, avendo
diritto   di   ripetere   tutte   quelle   somme   indebitamente   ed
unilateralmente ad  essa  addebitare  dalla  convenuta  senza  alcuna
autorizzazione.  Il  contratto  di  conto  corrente  n.   6785/8   fu
sottoscritto in data 20 dicembre 1990 ed estinto il 19 settembre 2006
con un saldo pari a zero. 
    Si costituiva in giudizio la Banca  chiedendo  il  rigetto  delle
domande attoree. 
    Nel corso del giudizio il Giudice istruttore disponeva  CTU,  che
si concludeva in senso favorevole alle argomentazioni attoree. 
    All'udienza di precisazione delle conclusioni del 18 luglio 2011,
la Banca eccepiva la prescrizione dei diritti  invocati  dall'attrice
sul fondamento dell'entrata in vigore, nelle more, dell'art. 2, comma
61 del d.l. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito nella  legge  n.  10
del 2011 (cd. decreto milleproroghe). 
    Per  questo  Giudice  l'entrata  in  vigore  della  nuova   norma
imporrebbe l'applicazione della stessa ma  a  questo  punto  emergono
evidenti aspetti d'incostituzionalita'. La  dizione  della  legge  e'
chiara, cosi' come e' chiara  la  volonta'  del  legislatore  di  far
applicare la  nuova  disposizione  in  senso  retroattivo,  anche  ai
rapporti  pendenti:  cio'  si  desume,  indirettamente,  anche  dalla
seconda parte della norma impugnata (... In ogni caso non si fa luogo
alla restituzione di importi gia' versati alla  data  di  entrata  in
vigore della legge di conversione del  presente  decreto-legge).  Non
e', quindi,  possibile  la  scelta  di  interpretazioni  diverse  (in
conformita' al  principio  per  il  quale  fra  piu'  interpretazioni
possibili  il  giudice  deve  scegliere  quella  piu'  conforme  alla
Costituzione), a causa dell'inequivocabile dizione  riportata,  e  da
cio'  scaturisce  la  necessita'  di  sollevare  una   questione   di
legittimita' costituzionale. 
    Circa la rilevanza della questione nel  caso  di  specie,  questo
Giudice dovendosi pronunciare sull'eccezione di prescrizione non puo'
tralasciare l'esame della norma stessa. La banca convenuta,  infatti,
ha  tempestivamente   eccepito   la   prescrizione   dell'azione   di
restituzione proposta dall'attore, e, quindi, se la  nuova  norma  si
interpretasse nel senso che la  prescrizione  decennale  decorre  non
dalla data di estinzione del rapporto di conto corrente ma dal giorno
di ogni singola annotazione in  conto  (art.  2-quinquies,  comma  9,
prima  parte  della   impugnata   legge)   la   conseguenza   sarebbe
l'estinzione  per   prescrizione   del   diritto   dell'attore   alla
restituzione degli importi versati. Nella prima parte della impugnata
norma il legislatore manifesta apertamente  l'intento  di  attribuire
alla stessa natura di norma di  interpretazione  autentica  dell'art.
2935 del codice civile («La prescrizione  comincia  a  decorrere  dal
giorno in cui il diritto puo' essere fatto valere»)  aggiungendo  che
«in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'art.
2935 del codice civile si interpreta nel senso  che  la  prescrizione
relativa ai diritti  nascenti  dall'annotazione  in  conto  inizia  a
decorrere dal giorno dell'annotazione stessa». E' chiaro, quindi,  il
fine di consentire l'applicazione retroattiva. Inoltre, se la seconda
parte della norma impugnata (... In ogni caso non si  fa  luogo  alla
restituzione di importi gia' versati alla data di entrata  in  vigore
della  legge  di  conversione  del  presente  decreto-legge)  dovesse
interpretarsi nel senso che nelle  operazioni  bancarie  regolate  in
conto corrente ciascuna delle parti puo' non restituire  gli  importi
gia' versati, anche se non dovuti, la conseguenza sarebbe il  rigetto
totale  della  domanda  di  restituzione  dell'attore,  poiche',   il
rapporto bancario in conto corrente e' stato  chiuso  consensualmente
dalle parti in data 19 settembre  2006  e  i  versamenti  sono  tutti
precedenti la data di entrata in vigore della legge 26 febbraio 2011,
n. 10. 
    Circa la non manifesta  infondatezza,  la  nuova  norma  presenta
aspetti in contrasto con i principi costituzionali di cui agli  artt.
3 (principi di uguaglianza e  di  ragionevolezza),  24  (effettivo  e
concreto diritto di  difesa)  e  102  della  Costituzione.  Le  norme
interpretative, che il legislatore puo'  adottare  quando  la  scelta
imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti  di  senso  del
testo originario di una norma, non possono violare i limiti  generali
all'efficacia retroattiva delle leggi,  che  attengono  alla  tutela,
oltre che dei principi costituzionali, di altri  fondamentali  valori
di civilta' giuridica posti a tutela dei destinatari  della  norma  e
dello stesso ordinamento. Tra detti principi spiccano il rispetto del
principio generale di ragionevolezza, il  principio  del  divieto  di
introdurre ingiustificate disparita'  di  trattamento,  il  principio
della tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei  soggetti  per
l'effetto nomofilattico delle  pronunce  della  Corte  di  cassazione
(Cass. sez. un. sentenza n. 24418 del 2 dicembre 2010), la coerenza e
la  certezza  dell'ordinamento  giuridico,  il  rispetto  e  la   non
invasione  delle  funzioni  costituzionalmente  riservate  al  potere
giudiziario. Esistono, infatti, limiti ben precisi entro i quali puo'
considerarsi consentita una legge di interpretazione  autentica,  ben
tratteggiati dalla stessa  Corte  costituzionale  (v.,  ex  plurimis,
Corte cost. 11 giugno 2010, n. 209), la quale ha  stabilito  che  una
legge interpretativa, per rispettare  la  Costituzione,  puo'  essere
adottata dal legislatore solo nel  caso  in  cui  esistano  realmente
dubbi sulla portata  di  attuazione  della  norma  di  riferimento  o
contrasti giurisprudenziali o anche quando la  scelta  imposta  dalla
legge  rientri  tra  le  probabili  variabili  di  senso  del   testo
originario,  con  cio'  obbligando   a   conferire   un   significato
ascrivibile anche ad una norma anteriore alla stessa interpretativa. 
    Nessuna   delle   ipotesi   appena   indicate   sembra,   invece,
configurarsi  nel  caso  in  esame,  poiche'  la  Cassazione  con  la
richiamata sentenza a Sezioni Unite nell'individuare il  dies  a  quo
della prescrizione dell'azione  di  ripetizione  dell'indebito  nella
data di chiusura del conto, ha accolto l'indirizzo  prevalente  nella
stessa giurisprudenza di legittimita' e di  merito,  sicche'  nessuna
incertezza  interpretativa  poteva  dirsi  esistente  sul  punto  (la
questione, fra l'altro, era stata rimessa alle Sezioni Unite non  per
la sussistenza di un contrasto  di  interpretazioni  tra  le  sezioni
semplici  ma  solo  per  la   sua   importanza).   Da   cio'   deriva
l'irragionevolezza   della   norma   impugnata:   le   norme    sulla
prescrizione, pur avendo una  natura  sostanziale,  generano  effetti
anche sotto  il  profilo  processuale,  perche'  invocando  l'effetto
estintivo delle stesse e' possibile impedire ai titolari  di  diritti
di ottenerne la realizzazione in via giudiziaria. Ne consegue che, se
l'impugnata norma si applicasse anche per il passato e ai giudizi  in
corso,  si  avrebbe  non  solo  una  violazione  del   principio   di
uguaglianza e un'ingiustificata disparita' di  trattamento  ai  sensi
dell'art. 3 della Costituzione (per  i  motivi  appena  esposti),  ma
anche una inosservanza dell'articolo 24 della Costituzione.  Sarebbe,
infatti,  irragionevole  permettere   al   legislatore   di   rendere
retroattivamente legittimo cio' che era illegittimo, senza che  fosse
necessario risolvere oscillazioni giurisprudenziali e  senza  che  il
testo delle norme «interpretate» offrisse  alcun  appiglio  semantico
nel senso delle rilevanti modifiche introdotte. In tal modo non  solo
si lederebbe l'affidamento  dei  consociati  nella  stabilita'  della
disciplina  giuridica  delle  fattispecie,  che   sarebbe   sconvolta
dall'ingresso  inopinato  e  immotivato  di  norme  retroattive   che
alterano rapporti pregressi, ma si  renderebbe  inutile  e  privo  di
effettivita' il  diritto  dei  cittadini  di  adifre  i  giudici  per
ottenere la tutela delle proprie situazioni giuridiche soggettive.  A
tale lesione di diritti fondamentali dei cittadini  si  aggiungerebbe
la  violazione  dell'art.  102  Cost.,  perche'  le  norme  censurate
inciderebbero   negativamente   sulle   attribuzioni   costituzionali
dell'autorita'  giudiziaria,  travolgendo  gli  effetti  di  pronunce
divenute  irrevocabili  e   definendo   sostanzialmente,   con   atto
legislativo, l'esito di giudizi in corso. Le leggi di interpretazione
autentica non possono avere effetto retroattivo se la  retroattivita'
lede  il  principio   costituzionale   di   tutela   dell'affidamento
legittimamente fondato  sulla  certezza  dell'ordinamento  giuridico.
Questo principio vale anche nella materia  processuale,  nella  quale
ricorre l'esigenza che le parti sappiano qual e' il  momento  in  cui
nascono oneri con effetti per  loro  pregiudizievoli,  oltre  che  il
legittimo  affidamento  delle  parti  stesse  nello  svolgimento  del
giudizio in conformita' alle regole vigenti all'epoca del  compimento
degli atti processuali. Cio' significa che la norma d'interpretazione
autentica che stabilisce un'interpretazione non prevedibile  rispetto
a quella consolidatasi nella  pratica,  perche'  non  rientrante  fra
quelle accolte in sede  giudiziale  e  nettamente  minoritaria  anche
nella  dottrina  (cd.  innovativa),  puo'  avere  effetti  solo   per
l'avvenire. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Letti gli artt. 134 e  137  della  Costituzione,  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo  1953,
n. 87, e gli altri articoli di legge; 
    Solleva d'ufficio, per violazione degli artt. 3, 24 e  102  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale della legge 26
febbraio  2011,  n.  10,  di  conversione   con   modificazioni   del
decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, nella parte in cui all'art. 1
comma 1, richiamando l'allegato «Modificazioni apportate in  sede  di
conversione al decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225» ha  introdotto
nell'ordinamento  giuridico   la   seguente   norma:   «Modificazioni
apportate in sede di conversione al decreto-legge 29  dicembre  2010,
n. 225: all'art. 2 dopo il comma 19 sono aggiunti i  seguenti  commi:
... omissis ... «61. In ordine alle operazioni bancarie  regolate  in
conto corrente l'art. 2935 del codice civile si interpreta nel  senso
che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione  in
conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In  ogni
caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia'  versati  alla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto-legge». 
    Ordina che a cura della cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri nonche' comunicata al Presidente del Senato e al  Presidente
della Camera dei  deputati  e  all'esito  sia  trasmessa  alla  Corte
costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la prova  delle
avvenute regolari predette notificazioni e comunicazioni. 
        Cassino, addi' 11 gennaio 2012 
 
                       Il giudice unico: Eramo