N. 97 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 giugno 2012

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 22 giugno  2012  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Caccia - Regione  Marche  -  Norme  per  la  protezione  della  fauna
  selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale  e  disciplina
  dell'attivita' venatoria - Previsione che i  cacciatori  che  hanno
  scelto  la  forma  di  caccia  per  appostamento   fisso,   possono
  esercitare la caccia da  appostamento  temporaneo  o  vagante  alla
  selvaggina migratoria per un massimo di dieci giornate  nell'intera
  stagione venatoria - Ricorso del Governo - Denunciato contrasto con
  la normativa statale  in  materia  (art.  12,  comma  5,  legge  n.
  157/1992) con conseguente  violazione  della  sfera  di  competenza
  esclusiva  statale   in   materia   di   tutela   dell'ambiente   e
  dell'ecosistema. 
- Legge della Regione Marche 10 aprile 2012, n. 7, art. 9, comma 2. 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s). 
Caccia - Regione  Marche  -  Norme  per  la  protezione  della  fauna
  selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale  e  disciplina
  dell'attivita' venatoria - Previsione della possibilita' di  caccia
  degli ungulati su terreni coperti in tutto o in parte dalla neve  -
  Ricorso del Governo - Denunciato contrasto con la normativa statale
  in materia (art. 12, comma 5, legge n.  157/1992)  con  conseguente
  violazione della sfera di competenza esclusiva statale  in  materia
  di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. 
- Legge della Regione Marche 10 aprile 2012, n. 7, art. 19, comma 2. 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s). 
(GU n.32 del 8-8-2012 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e
difeso  ex  lege   dall'Avvocatura   Generale   dello   Stato   (c.f.
80224030587, per li ricevimento degli atti,  FAX  06/98514000  e  PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it)   presso   i   cui   uffici    e'
domiciliato in Roma, alla via dei  Portoghesi  n.  12  nei  confronti
della Regione Marche in persona del Presidente della Giunta Regionale
pro tempore per la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
della legge regionale  n.  7  del  10  aprile  2012,  pubblicata  nel
Bollettino ufficiale della Regione Marche n. 37 del 19  aprile  2012,
recante "Ulteriori modifiche alla Legge Regionale 5 gennaio 1995 n. 7
"Norme per la protezione  della  fauna  selvatica  e  per  la  tutela
dell'equilibrio ambientale  e  disciplina  dell'attivita'  venatoria"
giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 30 maggio 2012. 
    Con la legge regionale n. 7 del 10 aprile  2012,  che  consta  di
ventuno articoli, la Regione Marche ha dettato  "Ulteriori  modifiche
alla Legge Regionale 5 gennaio 1995 n. 7  "Norme  per  la  protezione
della fauna selvatica e per la tutela  dell'equilibrio  ambientale  e
disciplina dell'attivita' venatoria". 
    Trattandosi di normativa  intervenuta  in  materia  di  attivita'
venatoria, assume preminente rilievo la protezione della  fauna,  che
e' materia che  rientra  nell'ambito  della  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema e che come tale,  ai  sensi  dell'art.117,  comma  2,
lett. s), e' devoluta alla legislazione esclusiva dello Stato. 
    Cio' comporta  che  tali  valori,  di  rilievo  primario,  devono
necessariamente  ricevere  tutela  in  modo  uniforme  su  tutto   il
territorio nazionale, a cio'  rispondendo  la  previsione  delle  cd.
soglie minime di protezione, costituenti vincoli rigidi  sia  per  lo
Stato che per le Regioni, ordinarie e speciali. 
    In relazione alla L.R. oggi in esame, e' avviso del  Governo  che
la Regione Marche, sotto diversi profili, abbia travalicato i  limiti
fissati  dalla  Costituzione  alla  potesta'   normativa   regionale,
ponendosi  in  contrasto  con  i  vincoli  posti  dalla  legislazione
statale, cui in via esclusiva e' affidata la  tutela  in  materia  di
protezione  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  come   si   chiarira'
attraverso l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
Violazione dell'art.117,  comma  2.  lett.s)  della  Costituzione  in
relazione al combinato disposto degli  artt.  9,  comma  l.  L.R.  n.
7/2012 e dell'art. 12, comma 5, L. n. 157/1992. 
    E' stato previsto al comma 1° dell'art. 9 L.R. Marche n. 7/2012 -
che ha sostituito il comma 5-bis dell'articolo 27 LR n. 7/1995 -  che
"I cacciatori che hanno scelto la forma  di  caccia  di  appostamento
fisso, ai sensi del comma 3, lettera b), possono esercitare la caccia
da appostamento temporaneo o vagante alla selvaggina  migratoria  per
un massimo di dieci giornate nell'intera stagione venatoria." 
    Tale previsione collide con quanto  e'  contenuto  nell'art.  12,
comma 5, della Legge n. 157/1992 a mente del quale: 
        "Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco o con il falco,
l'esercizio venatorio stesso puo' essere praticato in  via  esclusiva
in una delle seguenti forme: 
a) vagante in zona Alpi; 
b) da appostamento fisso; 
c) nell'insieme delle altre forme di attivita'  venatoria  consentite
dalla presente legge e praticate nel rimanente  territorio  destinato
all'attivita' venatoria programmata." 
    Appare evidente che mentre la legislazione  statale  consente  ai
cacciatori l'esercizio della caccia attraverso l'opzione -  salvo  in
caso di caccia con l'arco o con il falco - per  una  sola  delle  tre
forme sopra indicate ( a) vagante in zona Alpi;  b)  da  appostamento
fisso; c) nell'insieme  delle  altre  forme  di  attivita'  venatoria
consentite dalla presente legge e praticate nel rimanente  territorio
destinato  all'attivita'  venatoria   programmata.)   la   disciplina
normativa regionale, sopra riportata,  ha  previsto,  invece,  che  i
cacciatori  che  abbiano   scelto   l'appostamento   fisso,   possano
indifferentemente "...esercitare la caccia da appostamento temporaneo
o vagante alla selvaggina migratoria". 
    Cio',  evidentemente,  costituisce   deroga   al   principio   di
legislazione statale secondo il quale l'esercizio della  caccia  puo'
avvenire, solo alternativamente, nei modi previsti dall'articolo  12,
avendo tale  norma  codificato  il  cd.  principio  della  caccia  di
specializzazione. 
    Inoltre, tale previsione regionale contrasta  con  l'esigenza  di
garantire, in modo uniforme, su tutto il territorio nazionale, soglie
minime  di  protezione   della   fauna   che,   altrimenti,   sarebbe
destinataria di un esercizio indiscriminato dell'attivita'  venatoria
con il rischio di una seria compromissione delle varie specie. 
    In  proposito  codesta   Corte -   sempre   in   relazione   alla
legislazione regionale marchigiana in materia di attivita' venatoria,
nello specifico L.R.  15/2011  -  ha  ritenuto,  nella  decisione  n.
116/2012, che "L'art. 22, comma 1, impugnato -  aggiungendo  all'art.
27 della legge reg. n. 7 del 1995 i commi 5-bis e 5-ter - prevede che
i titolari di licenza di caccia ultrassantacinquenni, i quali abbiano
scelto di esercitare la caccia nelle «altre  forme  consentite  dalla
legge», di cui al comma 3, lettera c), dello stesso art. 27,  possano
praticarla anche in  quella  prevista  dalla  lettera  b),  ossia  da
appostamento fisso (comma 5-bis), e che i cacciatori che hanno scelto
la forma di caccia da appostamento fisso possano praticare anche  «la
caccia da appostamento temporaneo costituito  da  riparo  artificiale
mobile, inteso come telaio e copertura in tessuto» (comma 5-ter). 
    Ad avviso del ricorrente,  la  disposizione  sarebbe  lesiva  del
parametro costituzionale evocato perche' in contrasto con l'art.  12,
comma 5,  della  legge  11  febbraio  1992,  n.  157  (Norme  per  la
protezione della fauna omeoterma e per  il  prelievo  venatorio),  il
quale fissando uno standard minimo di tutela da applicare sull'intero
territorio nazionale - stabilisce che l'esercizio della  caccia  puo'
essere praticato in una sola delle forme ivi previste.  La  questione
e' fondata. 
    L'art. 12, comma 5, della legge n. 157 del 1992  -  invocato  dal
ricorrente  come  norma  interposta  -  ha  introdotto  il  principio
cosiddetto della caccia di specializzazione, in base al quale,  fatta
eccezione per l'esercizio  venatorio  con  l'arco  o  con  il  falco,
ciascun cacciatore puo' praticare la caccia in  una  sola  delle  tre
forme ivi indicate («vagante in zona Alpi»; «da appostamento  fisso»;
«nelle altre forme» consentite dalla citata legge  «e  praticate  sul
restante territorio destinato all'attivita' venatoria  programmata»).
Il cacciatore e' tenuto, dunque, a  scegliere,  nell'ambito  di  tale
ventaglio di alternative, la modalita'  di  esercizio  dell'attivita'
venatoria che gli e' piu' consona, fermo  restando  che  l'una  forma
esclude l'altra. 
    Tale criterio di esclusivita' che vale a favorire il  radicamento
del cacciatore in un territorio e, al tempo  stesso,  a  sollecitarne
l'attenzione  per  l'equilibrio  faunistico  trova   la   sua   ratio
giustificativa nella constatazione che  un  esercizio  indiscriminato
dell'attivita' venatoria, da parte dei soggetti abilitati,  su  tutto
il territorio agro-silvopastorale e  in  tutte  le  forme  consentite
rischierebbe di mettere in crisi  la  consistenza  delle  popolazioni
della fauna selvatica. 
    In  quanto  rivolta  ad  assicurare   la   sopravvivenza   e   la
riproduzione delle specie cacciabili, la norma statale  si  inquadra,
dunque,  nell'ambito   materiale   della   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema: tutela riservata alla potesta' legislativa esclusiva
statale  dall'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  Detta
disposizione - concorrendo alla  definizione  del  nucleo  minimo  di
salvaguardia della fauna selvatica - stabilisce, in particolare,  una
soglia uniforme di protezione da osservare  su  tutto  il  territorio
nazionale (con riguardo a previsioni di analoga ispirazione, sentenze
n. 441 del 2006, n. 536 del 2002, n. 168 del 1999 e n. 323 del 1998):
ponendo, con cio', una regola che - per consolidata giurisprudenza di
questa Corte - puo' essere modificata dalle  Regioni,  nell'esercizio
della loro potesta'  legislativa  residuale  in  materia  di  caccia,
esclusivamente  nella  direzione  dell'innalzamento  del  livello  di
tutela (soluzione che comporta logicamente il rispetto dello standard
minimo fissato dalla legge statale: ex plurimis, sentenze n. 106  del
2011, n. 315 e n. 193 del 2010, n. 61 del 2009). 
    La disposizione regionale impugnata, nel  consentire  l'esercizio
cumulativo  di  diverse  forme  di   caccia   -   sebbene   solo   ai
sessantacinquenni ed a coloro che abbiano scelto la forma  di  caccia
da appostamento fisso - deroga, per converso, alla disciplina statale
nella direzione  opposta,  introducendo  una  regolamentazione  della
materia che implica una soglia inferiore di tutela." 
    Nel caso in esame, la Regione Marche, con  l'art.  9,  1°  comma,
L.R. n. 7/2012, nella vigenza del cd "principio di  specializzazione"
contenuto  nell'art.  12,  comma  5,  L.  157/1992,  riconoscendo  la
possibilita' di esercizio della caccia da appostamento fisso  in  via
cumulativa "da appostamento  temporaneo  o  vagante  alla  selvaggina
migratoria" ha esorbitato dalla propria potesta'  legislativa  ed  ha
sostanzialmente ridotto la  soglia  minima  di  tutela  della  fauna,
assicurata dallo Stato, per via della previsione del cd. principio di
specializzazione contenuto nell'art. 12 L. 157/92. 
Violazione dell'art. 117, comma 2, lett.  s)  della  Costituzione  in
relazione al combinato disposto  degli  artt.19,  comma  2,  L.R.  n.
7/2012 e dell'art. 21, comma 31, lett. m) L. n. 157/1992; 
    La Legge Regionale n. 7/2012 della Regione Marche,  si  manifesta
inoltre costituzionalmente illegittima, per violazione  dell'art.117,
comma 2, lett. s) Cost. in quanto l'art.19,  comma  2,  della  stessa
prevede che "Al comma 1, lettera  m),  dell'articolo  39  della  L.R.
7/1995 dopo la parola: "neve" sono aggiunte  le  seguenti:  ",  fatta
eccezione per la caccia di selezione agli ungulati"." 
    Tale  modifica,  precisamente,  ha  comportato  una  deroga  alla
normativa statale di riferimento,  costituita  dalla  L.157/1992,  la
quale prevede all'art. 21, comma 1, lett.  m)  che  "  e'  vietato  a
chiunque:..m) cacciare su terreni coperti in tutto  o  nella  maggior
parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi, secondo le
disposizioni emanante  dalle  regioni  interessate;...",  e  dispone,
dunque, un netto divieto di caccia sui terreni coperti in tutto o  in
parte di neve, ad eccezione di quelli nella zona faunistica alpina. 
    Pertanto, la Regione Marche, avendo stabilito la possibilita'  di
esercizio dell'attivita' di caccia sul proprio  territorio  regionale
anche su terreni innevati in relazione alla "caccia di selezione agli
ungulati",  ha  sostanzialmente  eluso  il  divieto  espresso   dalla
legislazione statale, titolare  in  via  esclusiva  della  disciplina
della materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema,  nel  cui
ambito si colloca l'esercizio dell'attivita'  venatoria,  invadendone
la competenza con la previsione  che  la  caccia  di  selezione  agli
ungulati possa avvenire anche su terreni innevati  non  posti  "nella
zona faunistica delle Alpi". 
    Anche a questo proposito  si  registra  l'intervento  di  Codesta
Corte la quale,  esaminando  la  normativa  regionale  della  Regione
Liguria, ha gia' avuto occasione di chiarire  che  "Questa  Corte  ha
ripetutamente affermato che la determinazione degli standard minimi e
uniformi di tutela della fauna appartiene alla  competenza  esclusiva
dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost,  e
che, pertanto, la legge regionale li «puo' variare, in considerazione
delle specifiche condizioni e necessita' dei singoli territori,  solo
in  direzione  di  un   incremento,   mentre   resta   esclusa   ogni
attenuazione, comunque motivata» (sentenza n. 387 del 2008;  inoltre,
sentenze n. 263 del 2011, n. 315 del 2010 e  n.  536  del  1992).  Di
recente,  si  e'  precisato  che  i  divieti  relativi  all'attivita'
venatoria contenuti nell'art. 21 della legge n.  157  del  1992  sono
formulati nell'esercizio di tale  competenza  (sentenza  n.  193  del
2010). 
    Non e' dubbio, pertanto, che la legislazione regionale non  possa
consentire la caccia, nei casi in cui essa sia invece preclusa  dalla
normativa statale, e dunque anche nel caso dei terreni innevati,  nel
quali l'art. 21, comma 1, lettera m), esclude l'attivita'  venatoria,
salvo che nella zona faunistica delle Alpi. 
    L'ulteriore previsione della norma appena citata, che rinvia alle
disposizioni  emanate  delle  regioni  interessate,  non   ha   certo
l'effetto di permettere a ogni regione di  «modulare  il  divieto  di
caccia su terreni innevati», con la possibilita'  cosi'  di  eluderlo
sostanzialmente,  come  vorrebbe  la   Regione   Liguria,   ma,   con
l'espressione  "regioni  interessate"  fa  chiaramente  intendere  di
riferirsi alle  sole  regioni  al  cui  interno  si  trova  la  "zona
faunistica  delle  Alpi  e   alle   disposizioni   da   emanare   per
disciplinare, in questa zona, la caccia sui terreni innevati.". 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si conclude perche' gli artt. 9, comma 1, e 19, comma 2, L.R.  n.
7/2012  della  Regione  Marche  siano  dichiarati  costituzionalmente
illegittimi per contrasto con l'art.117, 2°  comma,  lett.  s)  della
Costituzione. 
    Si produce  l'estratto  della  deliberazione  del  Consiglio  dei
ministri  del  30  maggio  2012   e   dell'allegata   relazione   del
Dipartimento per gli Affari Regionali. 
 
        Roma, 15 giugno 2012 
 
                    L'Avvocato dello Stato: Spina