N. 140 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 aprile 2012

Ordinanza del 5  aprile  2012  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per la Puglia sul ricorso proposto da Aliffi  Francesco  ed
altri 41 contro Ministero della giustizia, Ministero dell'economia  e
delle finanze e Presidenza del Consiglio dei ministri. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Misure  urgenti  in  materia  di
  stabilizzazione  finanziaria  e  di  competitivita'   economica   -
  Contenimento della spesa in materia di pubblico impiego - Personale
  di  cui  alla  legge  n.  27  del  1981  (magistrati  e   categorie
  equiparate) - Previsione, per  detto  personale,  che  l'indennita'
  speciale, di cui all'art. 3 della legge n. 27 del  1981,  spettante
  per gli anni 2011, 2012 e 2013 sia ridotta del  15  per  cento  per
  l'anno 2011, del 25 per cento per l'anno 2012 e del  32  per  cento
  per  l'anno  2013  -  Irrazionalita'  -  Ingiustificato   deteriore
  trattamento dei lavoratori dipendenti rispetto a quelli autonomi  -
  Violazione dei  principi  di  generalita'  e  progressivita'  della
  tassazione e  di  capacita'  contributiva,  attesa  la  sostanziale
  natura tributaria della prestazione patrimoniale imposta  -  Natura
  regressiva del tributo con riferimento all'indennita' speciale,  in
  quanto incidente in minore misura sui magistrati  con  retribuzione
  complessiva piu' elevata ed in misura maggiore sui  magistrati  con
  retribuzione complessiva  inferiore  -  Lesione  del  principio  di
  proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 22. 
- Costituzione, artt. 3, 36 e 53. 
(GU n.33 del 22-8-2012 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 674 del 2011, proposto da: 
        Francesco Aliffi, rappresentato e  difeso  dagli  avv.  Marco
Cuniberti, Michele Maggio, Vittorio Angiolini, con  domicilio  eletto
presso Michele Maggio in Lecce, via Ludovico Ariosto  n.  51;  Cosimo
Almiento, Maria Grazia Anastasia, Rodolfo Boselli, Mario Buffa, Mario
Cigna, Donatella De Giorgi, Francesco De Giorgi, Marcello  Dell'Anna,
Gabriella Del  Mastro,  Marco  Dinapoli,  Giuseppe  Disabato,  Grazia
Errede,  Antonio  Francesco  Esposito,   Lucia   Esposito,   Gianluca
Fiorella, Gianmarco Galiano, Francesco Giardino, Francesco Giliberti,
Consiglia Invitto, Lucia Isceri, Laura Liguori, Pietro Lisi,  Alessia
Magliola, Giuseppe Marseglia, Stefano Marzo, Riccardo Mele,  Stefania
Maria Mininni, Massimo Orlando, Fausta Palazzo, Simona Panzera,  Anna
Rita Pasca, Maurizio Petrelli, Simona Rizzo, Giovanni Surdo, Vittorio
Testi, Domenico Toni, Sergio Mario  Tosi,  Cinzia  Vergine,  Raffaele
Viglione, Angelo Zizzari, Virginia Zuppetta, rappresentati  e  difesi
dagli avv. Vittorio Angiolini, Marco Cuniberti, Michele  Maggio,  con
domicilio eletto presso Michele Maggio in Lecce, via Ludovico Ariosto
n. 51, contro Ministero della giustizia,  Ministero  dell'economia  e
delle finanze, Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentati e
difesi dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Lecce,  via
F.Rubichi 23; per il riconoscimento, previa  idonea  cautela,  e  con
riserva di motivi aggiunti, del diritto dei ricorrenti al trattamento
retributivo spettante senza tener conto delle decurtazioni di cui  al
comma 22 dell'art. 9 del d.l. 31 marzo 2010, n. 78,  come  conv.  con
modif. in legge 30 luglio 2010, n.  122;  nonche',  per  la  condanna
delle   Amministrazioni   resistenti   al   pagamento   delle   somme
corrispondenti, con ogni accessorio di legge; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in  giudizio  di  Ministero  della
giustizia  e  di  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  e   di
Presidenza del Consiglio dei ministri; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2011 il dott.
Carlo Dibello e uditi per le parti i difensori Maggio Michele,  anche
in sostituzione di Angiolini Vittorio e  Cuniberti  Marco,  Gustapane
Giovanni; 
    I ricorrenti agiscono nella  veste  di  magistrati  ordinari  con
varie qualifiche e sono accomunati dal fatto di prestare servizio  in
un ambito territoriale facente capo al distretto di Corte di  Appello
di Lecce. 
    Gli interessati premettono di  essere  assoggettati  alle  misure
applicative delle disposizioni contenute nel comma 22 dell'art. 9 del
decreto-legge 31 marzo 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, in
legge 30 luglio 2010, n. 122, che si risolvono nella erogazione di un
trattamento economico deteriore nei loro riguardi. 
    Essi  si  sono  rivolti  al  Tar  al  fine   di   conseguire   il
riconoscimento del diritto alla retribuzione senza tener conto  delle
decurtazioni di cui al comma 22 dell'art. 9 sopra citato, nonche' per
veder   condannata   l'amministrazione   resistente   a   conseguenti
pagamenti, con ogni accessorio di legge. 
    I magistrati in argomento dubitano, peraltro, della  legittimita'
costituzionale delle norme ora richiamate, ritenute in contrasto  con
alcuni parametri puntualmente evocati dalle difese, e chiedono che il
Collegio   si   faccia   carico   di   sollevare    l'incidente    di
costituzionalita' delle disposizioni. 
    Le amministrazioni intimate si  sono  costituite  in  giudizio  a
mezzo  della  Avvocatura  dello  Stato,  la  quale  ha  motivatamente
argomentato nel senso del respingimento del ricorso. 
    Il Collegio osserva  che  le  norme  giuridiche  delle  quali  si
sospetta la incostituzionalita' prevedono quanto segue: 
        da un lato, il comma 21 dell'art. 9 del d.l. 31 maggio  2010,
n. 78 - specificamente  destinato  a  introdurre  la  disciplina  del
«Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico», stabilisce
che «I meccanismi di adeguamento retributivo  per  il  personale  non
contrattualizzato di cui all'art. 3 del decreto legislativo 30  marzo
2001, n. 165, cosi' come previsti dall'articolo  24  della  legge  23
dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli  anni  2011,  2012  e
2013 ancorche' a titolo di acconto, e  non  danno  comunque  luogo  a
successivi  recuperi.  Per  le  categorie   di   personale   di   cui
all'articolo 3 del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  e
successive  modificazioni,  che  fruiscono  di   un   meccanismo   di
progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011,  2012  e  2013
non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli  scatti
di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di
cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.  165  e
successive  modificazioni  le  progressioni  di   carriera   comunque
denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013  hanno
effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente  giuridici.  Per
il personale contrattualizzato le progressioni di  carriera  comunque
denominate ed i passaggi tra le  aree  eventualmente  disposte  negli
2011, 2012 e 2013  hanno  effetto,  per  i  predetti  anni,  ai  fini
esclusivamente giuridici.». 
    Il successivo comma 22 dell'art. 9 sopra citato prevede che  «Per
il personale di cui alla legge n. 27/1981  non  sono  erogati,  senza
possibilita' di recupero, gli acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed
il conguaglio del triennio 2010-2012;  per  tale  personale,  per  il
triennio 2013-2015 l'acconto spettante per l'anno 2014 e'  pari  alla
misura gia' prevista per l'anno 2010 e il conguaglio per l'anno  2015
viene determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014. 
    Per  il  predetto  personale   l'indennita'   speciale   di   cui
all'articolo 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27,  spettante  negli
anni 2011, 2012 e 2013, e' ridotta del 15 per cento per l'anno  2011,
del 25 per cento per l'anno 2012 e del 32 per cento per l'anno  2013.
Tale riduzione non opera a  fini  previdenziali.  Nei  confronti  del
predetto personale non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1
e 21,secondo e terzo periodo.». 
    Effettuata la ricognizione del dato normativo  da  esaminare,  il
Collegio ritiene che effettivamente l'intelaiatura normativa  che  ne
deriva in punto di trattamento economico dei magistrati si presti  ad
alcune perplessita' che  si  traducono  in  altrettanti  sospetti  di
illegittimita' costituzionale da porre al vaglio  del  Giudice  delle
Leggi. 
    Occorre premettere che le misure previste dal primo  periodo  del
comma   21   per   il   personale   contrattualizzato   corrispondono
sostanzialmente a quelle contemplate dal primo periodo del successivo
comma  per  il  personale  di  magistratura  ed  equiparato   e   che
l'incisione del trattamento economico comportata dalle  stesse  trova
la  sua  ragion  d'essere  nello  specifico  sistema  di  adeguamento
economico alla dinamica dell'inflazione previsto per il personale non
contrattunlizzato; a tale incisione, inoltre, corrisponde l'incisione
recata per il personale contrattualizzato dall'art. 1, primo comma. 
    Non e', infine,  da  assumere  come  termine  di  riferimento  la
disciplina dell'impiego privato per la disomogeneita' dei rapporti di
lavoro con il datore privato e quello pubblico. 
    La questione di legittimita' costituzionale della normativa prima
ricordata e' non manifestamente infondata e va  affidata  alla  Corte
costituzionale per quanto qui di seguito si espone. 
    Il punto nevralgico della controversia concerne, in  particolare,
il  previsto  meccanismo  di  decurtazione  dell'indennita'  speciale
spettante ai magistrati la quale, atteggiandosi alla stregua di  voce
aggiuntiva  del  trattamento  stipendiale  erogato  alla   categoria,
subisce una crescente riduzione in termini percentuali  con  riguardo
al triennio 2011, 2012, 2013. 
    Ritiene, in proposito,  il  Giudicante  che  l'introduzione,  nel
panorama ordinamentale, di una misura di questo tipo - sebbene  sotto
l'egida del contenimento delle spese in materia di pubblico impiego -
si pone in aperto contrasto con i canoni della ragionevolezza di  cui
all'art. 3 della Costituzione, della adeguatezza  della  retribuzione
alla quantita' e qualita' del lavoro prestato ex art. 36, e,  infine,
della esigenza sottostante all'art. 53 della Cost, in forza del quale
il prelievo fiscale e' necessariamente preordinato a colpire  sintomi
di arricchimento del contribuente, giammai potendo  incidere  su  una
voce dello stipendio di un magistrato, nata e tuttora perdurante  per
soddisfare ben altre finalita'. 
    Passando alla disamina  dei  singoli  profili  di  illegittimita'
costituzionale della norma di cui all'art. 9, comma 22 del d.l. sopra
richiamato occorre, in primo luogo, vagliarne la  compatibilita'  con
l'art. 3 della Costituzione. 
    Il precetto appena ricordato, nella sua  indispensabile  funzione
di clausola generale posta a presidio della uguaglianza  di  tutti  i
cittadini davanti alla  legge,  senza  alcuna  distinzione  legata  a
motivi di ordine politico,  economico,  sociale  e,  meno  che  meno,
derivante dalla funzione ricoperta in seno alla  collettivita',  deve
essere correttamente decifrato. 
    Esso  costituisce   un   argine   nei   riguardi   di   qualunque
provvedimento legislativo connotato da aspetti di irragionevolezza. 
    La norma agisce infatti da monito nei confronti  del  legislatore
ordinario. 
    Quest'ultimo non puo' dettare una disciplina che  collochi  sullo
stesso  piano  situazioni  disomogenee,  cosi'  come   deve   evitare
disparita' di disciplina nei riguardi di  cittadini  che  versino  in
situazioni obiettivamente assimilabili. 
    Ora, la  previsione  secondo  la  quale  tutto  il  personale  di
magistratura e' assoggettato ad una  progressiva  decurtazione  della
indennita' speciale per un triennio costituisce singolare  misura  di
penalizzazione economica adottata nei confronti di  una  categoria  -
quella dei magistrati, appunto - rispetto a categorie  di  dipendenti
dello Stato alla prima equiparabili, quantomeno dal  punto  di  vista
del  trattamento   stipendiale   (si   pensi   ai   dirigenti   delle
amministrazioni statali,  nei  cui  riguardi  non  constano  analoghe
misure  atte  a   ridimensionare   singole   voci   del   trattamento
stipendiale). 
    Ne'  pare  senza  significato  il  fatto   che   la   progressiva
decurtazione della indennita' speciale di cui si  discute  sia  stata
introdotta  senza  tener  conto   della   oggettiva   diversita'   di
trattamento economico di partenza dei magistrati incisi, e cioe'  del
diverso stipendio goduto da un magistrato con qualifica di tribunale,
rispetto a quello erogato ad un collega  munito  della  qualifica  di
consigliere di cassazione. 
    Sotto tale ultimo profilo, la disposizione che si commenta sembra
introdurre, ad avviso del remittente, una disparita'  di  trattamento
interna alla categoria, con  ripercussioni  che  incidono  in  misura
sensibile sulla aliquota dei magistrati piu' giovani. 
    Questi  ultimi,  per  il  fatto  di  godere  di   uno   stipendio
notevolmente inferiore ai colleghi di maggiore anzianita'  sono  piu'
esposti al peso di  una  decurtazione  destinata  a  essere  spalmata
indistintamente su tutto il personale di magistratura, a  prescindere
dalla retribuzione in godimento. 
    Non puo' poi dimenticarsi che la  decurtazione  della  indennita'
speciale, cosi' come disciplinata dalla norma della cui  legittimita'
si dubita, proprio per la sua genesi di misura atta  al  contenimento
della spesa in tema di pubblico impiego, rintraccia la sua cornice di
riferimento nell'art. 53 della Costituzione repubblicana. 
    La norma in questione stabilisce, com'e' noto,  che  «tutti  sono
tenuti a concorrere  alle  spese  pubbliche  in  ragione  della  loro
capacita' contributiva». 
    Il precetto costituzionale in discorso costituisce  un  caposaldo
della potesta' impositiva dello Stato, la cui misura ed il  cui  peso
devono essere ragguagliati alla capacita'  contributiva  del  singolo
cittadino. 
    Ma non c'e' dubbio che se la capacita' contributiva  del  singolo
cittadino rappresenta il parametro in base al quale  occorre  dosarne
la  compartecipazione  alle  spese  pubbliche,  il  concetto  che  il
Costituente ha messo a disposizione del legislatore ordinario  poggia
sulla nozione di sintomo di arricchimento. 
    In altri termini,  cio'  che  puo'  essere  colpito  in  sede  di
prelievo  fiscale  e'  ogni  sintomo  di  reale   arricchimento   del
contribuente,  perche'  solo  cosi'  l'art.  53  della   Costituzione
rappresenta il pendant logico e giuridico della regola di uguaglianza
portata dall'art. 3 della Carta fondamentale. 
    La introduzione di una progressiva  decurtazione  dell'indennita'
speciale nei riguardi dei magistrati si risolve, in questa chiave  di
lettura che si intende offrire, in una autentica misura  di  prelievo
fiscale che opera non su  un  elemento  di  ricchezza  acquisita  dal
singolo magistrato,  ma  su  una  voce  del  trattamento  stipendiale
destinata a svolgere, come si e' gia'  anticipato,  una  ben  diversa
funzione. 
    Ed e' proprio su questa funzione che e'  indispensabile  spendere
alcune finali considerazioni. 
    L'indennita' speciale contemplata dalla  legge  n.  27  del  1981
nasce, come ricordato  dalla  stessa  difesa  Erariale,  al  fine  di
alleviare   gli   oneri   speciali   che   il   magistrato   sopporta
nell'esercizio della propria attivita', in ragione e a  motivo  della
necessita' di curare un costante aggiornamento professionale. 
    Anche in tal caso, va detto che, contrariamente alla  prospettiva
alquanto semplicistica coltivata dalla Avvocatura dello Stato, non si
tratta di un peso economico destinato  ad  una  riduzione  nell'epoca
delle banche dati, indispensabile essendo non solo  l'abbonamento  ad
una  serie  di  riviste  on  line,  solitamente  somministrato  dalle
amministrazioni di appartenenza, (capaci, peraltro,  di  fornire  una
prima ricognizione delle piu' significative novita'  intervenute  nei
singoli segmenti dell'ordinamento) quanto piuttosto di non perdere di
vista il contatto con plurime fonti di sapere giuridico  (in  specie,
opere di carattere manualistico  dal  costo  assai  elevato,  riviste
cartacee, quaderni di giurisprudenza territoriale) al fine di contare
su strumenti adeguati di preparazione atti a dare sempre una immagine
dignitosa della funzione. 
    Ne' puo' mai  ritenersi  che  l'indennita'  speciale  costituisca
elemento  sintomatico  di  ricchezza  sul  quale  possa   dispiegarsi
un'azione impositiva  dello  Stato  trattandosi,  per  quanto  si  e'
osservato, di componente dello stipendio volta a  tenere  indenne  il
magistrato  dalle  notevoli  spese  sopportate  nell'esercizio  della
propria attivita', per garantire una  risposta  di  giustizia  sempre
adeguata all'incalzante  ritmo  della  produzione  normativa  e  alla
conseguente problematicita' dei quesiti che il  giudice  e'  chiamato
risolvere. 
    Se questa e' la genesi della indennita' speciale,  occorre  anche
porne in risalto la ulteriore funzione di meccanismo stipendiale atto
a  garantire  al  singolo  magistrato  una   retribuzione   che   sia
complessivamente  adeguata  al  sacrificio  imposto  in  termini   di
professionalita'   crescente   e   preparazione   tecnico   giuridica
perdurante nel tempo, cosi' da soddisfare il precetto di cui all'art.
36 della Costituzione. 
    Ma proprio detto ultimo parametro sembra  messo  in  crisi  dalla
norma della cui legittimita' si dubita una volta preso atto  che  con
essa si registra una almeno temporanea  sospensione  di  operativita'
del canone di adeguatezza della retribuzione  nel  quale  si  invera,
peraltro,  anche  il  principio   della   dignita'   della   funzione
giurisdizionale, che proprio  nella  adeguatezza  della  retribuzione
trova importante presidio. 
    La rilevanza della questione sussiste considerando che: 
    la norma dell'art.  9,  comma  22  del  d.l.  n.  78/2010,  quale
risultante dalle modifiche introdotte dalla legge di conversione,  e'
di immediata applicazione e la domanda di riconoscimento del  diritto
al mantenimento del trattamento economico precedente non puo'  essere
esaminata senza il preventivo scrutinio  di  costituzionalita'  delle
norme legislative censurate; 
    le parti ricorrenti hanno gia' subito nel  2011  la  decurtazione
della indennita' speciale  giudiziaria  e  continuano  a  subire  una
decurtazione in termini percentuali piu' significativi per l'anno  in
corso. 
    Alla  luce  dei  predetti  rilievi,  va  sollevata  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  9,  comma  22  del  d.l.  n.
78/2010, quale risultante dalle modifiche introdotte dalla  legge  di
conversione, nella parte in cui si dispone: 
    «che l'indennita' speciale di  cui  all'art.  3  della  legge  19
febbraio 1981, n. 27,  spettante  negli  anni  2011,  2012,  2013  e'
ridotta del 15 per cento per l'anno 2011, del 25 per cento per l'anno
2012 e del 32 per cento per l'anno 2013, con riduzione non operate  a
fini previdenziali». 
    Visto l'art. 23 della legge Cost. n. 87/53; 
    Riservata ogni altra decisione  all'esito  del  giudizio  innanzi
alla  Corte  costituzionale,  alla  quale  va  rimessa  la  soluzione
dell'incidente di costituzionalita'; 
 
                              P. Q. M. 
 
    Dichiara  rilevante   per   la   decisione   dell'impugnativa   e
dell'incidente cautelare proposti con il ricorso n. 674  del  2011  e
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma  22  del  d.l.  n.  78/2010,  quale
risultante dalle modifiche introdotte con  la  legge  di  conversione
(legge n. 122 del 2010) nella parte in cui si  prevede  che,  per  il
personale di cui alla legge n. 27/81: 
        «l'indennita' speciale di  cui  all'art.  3  della  legge  19
febbraio 1981, n. 27,  spettante  negli  anni  2011,  2012,  2013  e'
ridotta del 15 per cento per l'anno 2011, del 25 per cento per l'anno
2012 e del 32 per cento per l'anno 2013, con riduzione non operate  a
fini  previdenziali»,  nei  termini  e  per  le  ragioni  esposte  in
motivazione,  per  contrasto  con  gli  artt.  3,  36  e   53   della
Costituzione; 
    Sospende il giudizio in corso; 
    Ordina che la presente ordinanza sia  notificata,  a  cura  della
Segreteria del Tribunale Amministrativo, a tutte le parti in causa ed
al Presidente del Consiglio dei ministri  e  che  sia  comunicata  al
Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente  della  Camera
dei deputati; 
    Dispone la immediata trasmissione degli atti, a cura della stessa
segreteria, alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Lecce nella Camera  di  consiglio  del  giorno  5
ottobre 2011. 
 
                      Il Presidente: Cavallari 
 
 
                                                 L'estensore: Dibello