N. 141 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 gennaio 2012

Ordinanza del 26 gennaio 2012 emessa dal  Tribunale  di  Sanremo  nel
procedimento civile promosso da Aicardi Gianfranco ed altri 12 contro
Pietro Mazzoni Ambiente Spa e Trenitalia Spa. 
 
Lavoro e occupazione - Appalto di opere o di servizi - Corresponsione
  dei trattamenti retributivi e dei contributi  previdenziali  dovuti
  ai lavoratori - Obbligo del committente imprenditore  o  datore  di
  lavoro in solido con l'appaltatore - Denunciata introduzione di  un
  regime di responsabilita' solidale privo di limiti quantitativi per
  il committente - Esorbitanza dall'oggetto  della  delega  conferita
  con legge n. 30 del 2003 - Violazione del principio  direttivo  che
  circoscrive la responsabilita' del committente nei  limiti  di  cui
  all'art. 1676 cod. civ. 
- Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, art. 29, comma 2. 
- Costituzione, art. 76, in relazione alla legge 14 febbraio 2003, n.
  30, [art. 1, comma 2,], lett. p), n. 3. 
(GU n.33 del 22-8-2012 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Il Giudice del lavoro a scioglimento della riserva  ed  esaminati
gli atti ed i documenti di causa; 
 
                            O s s e r v a 
 
    Questo  Giudicante  dubita  della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 29 comma 2 d.lgs. n. 276/2003, con limitato riferimento  al
profilo, eccepito da parte resistente, consistente  nella  violazione
dell'art. 76 Cost. 
    Invero, la norma citata  e'  stata  adottata  dal  Governo  sulla
scorta della delega conferitagli all'uopo dalla legge n.  30  del  14
febbraio 2003 che, per quanto rileva in questa sede, al punto p) n. 3
aveva  stabilito  «la  previsione  di  un   regime   particolare   di
solidarieta'  tra  appaltante  e  appaltatore,  nei  limiti  di   cui
all'articolo 1676 del  codice  civile,  per  le  ipotesi  in  cui  il
contratto di  appalto  sia  connesso  ad  una  cessione  di  ramo  di
azienda». 
    Orbene, a fronte di un criterio direttivo indicato in modo  cosi'
specifico, il legislatore delegato ha inteso emanare,  in  esecuzione
appunto della predetta delega, una norma  dalla  portata  ictu  oculi
eccessivamente ampia, stabilendo che «in caso di appalto di  opere  o
di  servizi  il  committente  imprenditore  o  datore  di  lavoro  e'
obbligato in solido con l'appaltatore,  nonche'  con  ciascuno  degli
eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni  dalla
cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i  trattamenti
retributivi e i contributi  previdenziali  dovuti»,  senza  ulteriori
precisazioni. 
    Appare,  quindi,   piuttosto   evidente   la   violazione   delle
prescrizioni contenute nella delega,  che,  come  gia'  rilevato,  ha
inteso far  riferimento  non  solo  ad  un'ipotesi  di  inadempimento
connesso alla cessione di un ramo di  azienda,  ma,  soprattutto,  ha
circoscritto  quantitativamente,  sia   pure   per   relationem,   la
responsabilita' patrimoniale del committente  all'ammontare  del  suo
debito residuo nei confronti  dell'appaltatore,  ai  sensi  dell'art.
1676 c.c. 
    La norma  delegata,  in  ragione  dell'ampiezza  del  suo  ambito
applicativo, risulta chiaramente  esorbitante  rispetto  alla  delega
conferita, introducendo, in modo del tutto irragionevole,  un  regime
di responsabilita' solidale a carico  del  committente  completamente
privo di limite circa il quantum e comportando addirittura, in  parte
qua, l'abrogazione del fondamentale principio fissato al riguardo dal
citato art. 1676, ribadito dal legislatore delegante. 
    Per  contro,   risulta   manifestamente   infondata   l'ulteriore
questione, prospettata sempre dalla soc. resistente, relativa ad  una
presunta violazione degli artt. 3 e 24 Cost. Invero, la ridetta norma
introduce a carico del committente, in buona sostanza, una  sorta  di
obbligo di garanzia ex  lege,  ponendolo  nella  medesima  situazione
giuridica di  qualsiasi  altro  condebitore  solidale,  senza  quindi
alcuna disparita' di trattamento ovvero  irragionevolezza  di  sorta.
Inoltre, il soggetto interessato  potra'  compiutamente  spiegare  il
proprio diritto di  difesa  in  giudizio,  facendo  valere  tutte  le
eccezioni consentite al condebitore  solidale  (cfr.  art.  1300  ss.
c.c.) ed agendo, se del  caso,  in  via  di  regresso  all'esito  del
pagamento. 
    Per quanto concerne la rilevanza  della  questione  ai  fini  del
decidere, occorre evidenziare che parte ricorrente  ha  convenuto  in
giudizio la  Trenitalia  S.p.a.  proprio  sulla  scorta  della  norma
sospettata di incostituzionalita'  e  che  quest'ultima  soc.  (unico
soggetto nei cui confronti il processo e' stato riassunto in  seguito
all'interruzione  dichiarata  all'udienza  del  13  aprile  2011)  ha
particolarmente  eccepito  (producendo  all'uopo  apposito  prospetto
sintetico)  che  i  titoli  esecutivi  notificatile  quale  debitrice
solidale della Pietro Mazzoni Ambiente S.p.a. ormai ammontano  ad  un
importo nettamente superiore all'entita' del suo debito nei confronti
della soc. appaltatrice - fr. punto n. 3.9  della  memoria  difensiva
depositata in data 3 dicembre 2010. 
    Alla luce di tale  impostazione  difensiva,  e'  chiaro  che  una
eventuale caducazione del ridetto art. 29 comma 2, od anche  soltanto
una dichiarazione di illegittimita' dello stesso laddove non  prevede
la limitazione di responsabilita' del committente  al  quantum  dallo
stesso dovuto all'appaltatore, influirebbe, quanto meno in  astratto,
in modo determinante sull'esito  della  controversia,  facendo  venir
meno il supporto giuridico delle domande proposte dai lavoratori. 
    In definitiva, va disposta la trasmissione degli atti del Giudice
delle Leggi, affinche' valuti la legittimita' costituzionale, per  la
ragioni esposte in epigrafe, dell'art. 29 comma 2 d.lgs. n.  276/2003
in relazione all'art. 76 Cost. 
    La  ritenuta  probabile  illegittimita'  della   norma   su   cui
(esclusivamente) i ricorrenti hanno fondato le  proprie  pretese  nei
confronti della Trenitalia S.p.a. induce il  Tribunale  ad  escludere
che, allo stato, si sia raggiunta la prova, in  qualsivoglia  misura,
dei diritti di credito rispettivamente azionati: consegue il  rigetto
dell'istanza avanzata ai sensi dell'art. 423 c.p.c. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 649 c.p.c., 23 l. n.  87/1953  e  riservata  ogni
statuizione circa la richiesta di chiamata in  causa  proposta  dalla
Trenitalia S.p.a.; 
        a) rigetta l'istanza avanzata da parte  ricorrente  ai  sensi
dell'art. 423 comma 2 c.p.c.; 
        b)  dispone   la   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
        c) sospende il processo; 
        d) manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza
alle parti ed al Presidente del Consiglio dei  ministri,  nonche'  di
comunicarla ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
          Sanremo, addi' 21 gennaio 2012 
 
                  Il giudice del lavoro: De Martino