N. 162 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 marzo 2012
Ordinanza del 23 marzo 2012 emessa dal Presidente del Tribunale di Sondrio sul reclamo proposto da Dal Passo Anna. Spese di giustizia - Ausiliari del magistrato - Domanda di liquidazione per gli onorari e le spese per l'espletamento dell'incarico - Termine di decadenza di cento giorni dal compimento delle operazioni - Eccessiva brevita' del termine - Irragionevolezza intrinseca - Irrazionalita'. - Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, art. 71, comma 2. - Costituzione, art. 3.(GU n.35 del 5-9-2012 )
IL TRIBUNALE Procedimento di reclamo proposto dalla dott.ssa Anna Dal Passo, nata a Gorgonzola il 10/06/1975, iscritta all'AIRE di Cernusco sul Naviglio (alleg. n. 1), residente in Andratx/Sant Elm (Spagna) rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanna Condo' di Milano e Michele Mazza di Sondrio per il cui studio in Sondrio alla via Trieste n. 20 ha eletto domicilio. Avverso il provvedimento di rigetto di liquidazione del compenso quale ausiliaria del pubblico ministero nell'ambito del procedimento penale R.G.N.R. n. 1711/09, al fine di ricercare resti umani all'interno di una cava. La ricorrente ha esposto che nell'espletamento di tale incarico (affidato ai componenti dell'istituto di Medicina Legale di Milano, con la quale la Del Passo all'epoca collaborava) aveva effettuato plurime operazioni presso l'area oggetto di sequestro di pertinenza delle ditte Rossi Graniti e R.M. Scavi in Ardenno (SO) al fine di ricercare il corpo di una persona scomparsa che si temeva essere stato uccisa. Le operazioni, particolarmente gravose e delicate, oltre che complesse, si erano concluse positivamente, con il rinvenimento di numerosi frammenti di materiale organico, tutti regolarmente repertati; la ricorrente ha evidenziato che l'incarico conferito presupponeva la collaborazione di numerose professionalita' distinte, e ciascuno, per quanto di propria competenza consegnava le risultanze del proprio operato al fine della redazione e deposito della relazione conclusiva; Poiche' si trattava di un elaborato collettivo ella non era a conoscenza della data in cui era stato formalmente depositato; ne aveva avuto comunicazione via posta elettronica da parte dell'Istituto di Medicina Legale dell'Universita' degli Studi di Milano in data 07/07/2010 con l'invito al deposito dell'istanza di liquidazione del proprio compenso. Ella presentava richiesta di liquidazione di cui all'art. 72 comma 2 del D.P.R. 115/2002 pervenuta alla Procura della Repubblica in data 18/08/2010; con provvedimento in data 15/01/2011 l'istanza veniva rigettata con la motivazione: «essendo decorso il termine di cento giorni dal termine della prestazione prescritto a pena di decadenza per il deposito dell'istanza dall'art. 71 comma 2 del D.P.R. 115/2002». Il Presidente del Tribunale deve decidere, su reclamo proposto ex art. 170 del D.P.R. 115/2002 (spese di giustizia) circa la legittimita' del provvedimento del pubblico ministero di Sondrio che ha negato all'ausiliario Anna Del Passo la liquidazione degli emolumenti da lei richiesti; il rifiuto del pubblico ministero e' stato motivato con la circostanza che la presentazione della nota spese da parte dell'ausiliario sarebbe tardiva (oltre 100 giorni dal deposito della relazione) e l'ausiliario sarebbe decaduto dal diritto a percepire i compensi spettantigli. Sulla base dell'attuale normativa la decisione del pubblico ministero (emessa il 15 gennaio 2011) appare corretta. Infatti l'art. 71 del d.p.r. 115/2002 cosi' dispone: Domanda di liquidazione e decadenza del diritto per testimoni, ausiliari del magistrato e aventi titolo alle trasferte. 1. Le indennita' ... e le spettanze agli ausiliari del magistrato, sono corrisposte a domanda degli interessati, presentata all'autorita' competente ai sensi degli artt. 165 e 168. 2. La domanda e' presentata, a pena di decadenza: trascorsi cento giorni dalla data della testimonianza, o dal compimento delle operazioni per gli onorari e le spese per l'espletamento dell'incarico degli ausiliari del magistrato: ... 3. In caso di pagamento in contanti l'importo deve essere incassato, a pena di decadenza, entro duecento giorni dalla ricezione dell'avviso di pagamento di cui all'art. 177. Dagli atti del procedimento penale (di cui e' stata presa visione) Anna Del Passo (collaboratrice interna dell'Istituto di medicina legale) era stata nominata, assieme ad altri numerosi collaboratori) ausiliaria del P.M. nell'ambito delle ricerche in una cava di brandelli di cadavere correlati ad una indagine della Procura della Repubblica di Sondrio per omicidio volontario (l'imputato e' stato, poi, condannato dalla Corte d'assise per omicidio volontario e soppressione di cadavere). La collaborazione si e' concretata nell'attivita' di analisi e ricerca dei brandelli di carne umana in una cava di Ardenno, ove si sospettava fosse accaduto un omicidio del E la successiva triturazione del cadavere. Il deposito della relazione delle ricerche effettuate e' stata collettiva (da parte di tutti i collaboratori ed ausiliari dell'Istituto di Medicina legale) ed e' avvenuta il 12 marzo 2010. La richiesta dei compensi e' stata fatta individualmente da ciascuno dei vari ausiliari che avevano collaborato nelle ricerche. Quello di Anna Del Passo e' stato depositato il 18 agosto 2010. Quindi, oltre i 100 giorni dal deposito della relazione di compimento delle operazioni, termine sanzionato, dall'art. 72 citato, a pena di decadenza. Il pubblico ministero ha rigettato l'istanza con provvedimento del 15 gennaio 2011 comunicato alla richiedente il 28 marzo 2011. Il reclamo al Presidente del Tribunale (presentato tempestivamente il 16 aprile 2011), sulla base della normativa vigente andrebbe rigettato. Infatti e' del tutto irrilevante che la Del Passo abbia appreso, solo in seguito ad un sollecito dell'Istituto di Medicina Legale della necessita' di chiedere individualmente il proprio compenso con apposita istanza rivolta alla Procura della Repubblica che l'aveva nominata. Tutti gli altri ausiliari erano stati tempestivi, ma lei e' rimasta esclusa in quanto «decaduta». Questo giudice confessa di aver sentito su di se' il senso dell'ingiustizia nel dover ratificare la decadenza dal diritto al compenso per l'opera prestata dalla sprovveduta «ausiliaria» del pubblico ministero, per aver costei omesso di rispettare il brevissimo termine prescritto da una norma del 1923. L'unico modo giurisdizionale per ovviare all'ingiustizia di una legge e' apparso, quindi, quello di sollevare di ufficio la questione di costituzionalita' dell'71, comma secondo, del d.p.r. 115/2002 nella parte in cui introduce un termine di decadenza irragionevolmente breve per l'esercizio del diritto ai compensi dovuti ai collaboratori dell'autorita' giudiziaria. I compensi determinati dal D.P.R. n. 115 costituiscono il corrispettivo, determinato normativamente, per un'attivita' di collaborazione professionale di esperti con l'attivita' giurisdizionale. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 88 del 1970, in tema di consulenti tecnici e della determinazione normativa dei loro compensi, aveva osservato che i consulenti tecnici, in quanto ausiliari del giudice, non possono essere considerati come dei puri e semplici lavoratori autonomi per le funzioni che svolgono nell'ambito del processo (vedi, inoltre, Corte cost. [ord.], 25-06-1980, n. 102). La disciplina di riferimento ha, ovviamente, una sua specifica ragion d'essere, in quanto funzionale alle specifiche esigenze della giurisdizione. Occorre, pero', domandarsi se la normativa che prevede, per gli ausiliari del giudice, dei termini estremamente brevi i termini (nel caso di specie 100 giorni) per la presentazione della istanza di liquidazione dei compensi, abbia una qualche ragionevole funzione organizzatoria funzionale alle esigenze della giurisdizione o si risolva in una disciplina irrazionalmente penalizzante con profili di ingiustificata disparita' di trattamento per i compensi. La rilevanza della questione. La questione e' rilevante per il presente procedimento giurisdizionale innanzi al Presidente del Tribunale in quanto nel caso in esame si controverte proprio in tema di diritto alla liquidazione per una attivita' prestata nell'ambito di una attivita' di «ausiliario» del pubblico ministero, che e' stata negata dal pubblico ministero in quanto la richiesta di liquidazione e' avvenuta oltre il termine di 100 giorni presentazione della relazione. In presenza della norma cosi' come formulata dall'art. 71, la domanda dovrebbe essere respinta. Peraltro, trattandosi di termine di «decadenza» sarebbero irrilevanti tutte le giustificazioni che la parte adduce a giustificazione del proprio ritardo (essere un lavoro collettivo, di cui non conosceva la data del deposito, il suo trasferimento di residenza all'estero, regolarmente registrata all'AIRE). La norma di cui si sospetta la incostituzionalita'. La normativa in questione, di cui si dubita della costituzionalita', e' costituita da un decreto che ha raccolto in un testo unico la precedente normativa, coordinandola e semplificandola. La base e' costituita dalla delega conferita al Governo ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 1999, n. 50, come modificato dall'art. 1 della legge 24 novembre 2000, n. 340. In base a tale disciplina il Governo era stato delegato a riordinare, coordinare e finanche a semplificare il linguaggio e le nozioni. La precedente norma di riferimento, oggi riportata nell'art. 71 citato, era rappresentato dall'articolo 24 del r.d. n. 1043/1923 il quale prevedeva che il diritto agli onorari e alle indennita' spettanti, tra gli altri, ai periti impegnati in procedimenti penali «si prescrive nel termine di cento giorni dalla data degli atti o dal compimento delle operazioni per le quali gli stessi sono dovuti». Le sole misure delle tariffe sono state modificate da normativa successiva, mentre la norma relativa al termine di «prescrizione» e' rimasta operativa fino al 2002, momento in cui e' stata trasfusa nell'art. 71 del D.P.R. 115 del 2002. Va notato che la normativa precedente al D.P.R. 115 del 2002 adoperava la terminologia «prescrizione» e non quella di «decadenza»; questa ultima nozione e' stata utilizzata dal legislatore delegato del 2002 nell'ambito della delega legislativa che ha portato alla redazione c.d. del testo unico per le spese di giustizia. Si e', difatti, utilizzata la delega anche per modificare terminologie ritenute improprie e si e' ritenuto di attribuire il termine di «decadenza» li' dove il legislatore del 1923 aveva, invece, utilizzato la nozione di «prescrizione». La circostanza e' stata esplicitamente chiarita nei lavori preparatori. La norma di riferimento costituzionale che si ritiene violata. La norma costituzionale di cui si ravvisa la violazione e' quella dell'art. 3 Cost. comma 1. Da tempo la Corte ha espresso il concetto: «il principio di cui all'art. 3 Cost. e' violato non solo quando i trattamenti messi a confronto sono formalmente contraddittori in ragione dell'identita' delle fattispecie, ma anche quando la differenza di trattamento e' irrazionale secondo le regole del discorso pratico, in quanto le rispettive fattispecie, pur diverse, sono ragionevolmente analoghe; va valutato anche il principio del bilanciamento degli interessi sotto il profilo dei diritti costituzionalmente garantiti. La non manifesta infondatezza del sospetto di incostituzionalita' sotto il principio dell'irragionevolezza normativa. Orbene questo giudice (il procedimento di reclamo avvero il provvedimento di liquidazione del pubblico ministero ha natura giurisdizionale) dubita fortemente della logicita' di tale normativa (sia nella sua versione precedente che in quella attualmente in vigore) che riduce a termini temporali assolutamente irrisori l'onere per l'ausiliario del giudice di presentare la nota di richiesta di corresponsione delle sue prestazioni per le attivita' professionali di collaborazione svolta come perito o ausiliario. Occorre valutare se vi sia una apprezzabile «ratio» sottesa a tale termine «di decadenza» ovvero se tale termine debba valutarsi come «irragionevole» e cio' anche senza riferimento ad altre situazioni normative che possano essere prese come riferimento per valutare una disparita' di trattamento. I compensi per i collaboratori dell'autorita' giudiziaria sono fissati e determinati in una normativa secondaria e vi e' stato (e vi e') un serio dibattito dottrinale e giurisprudenziale per la valutazione dei criteri e delle quantificazioni per la liquidazione di tali compensi. Circa il termine per la richiesta di liquidazione, invece, il dibattito non appare svolto compiutamente ne' in dottrina ne' in giurisprudenza. La Corte Costituzionale con sentenza 23 maggio 1981 aveva ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalita' proprio dell'art. 24 del R.D. 3 maggio 1923 n. 1043, per disparita' con altra norma della medesima disciplina normativa, ma solo sotto il profilo della non omogeneita' delle due discipline. Non ci si e' posto il problema della irragionevolezza intrinseca della norma, che sottopone ad un termine di decadenza di soli 100 giorni il diritto del perito o ausiliario del magistrato ad essere compensati per l'opera professionale prestata su richiesta della autorita' giudiziaria, che ne ha richiesto i servigi (nella giurisprudenza si e' escluso che il termine si applicasse ai «custodi»: Cass. pen. 28-1-0-2005 CED RV 232788 e Cass. pen. 10-12-2004 CED RV 231294). Nella disciplina generale civilistica il termine di prescrizione per i compensi dei professionisti e' anche esso «breve». Si tratta, pero', di prescrizione (e non di decadenza) ed il termine e' di tre anni (art. 2956 cod. civ.). Le esigenze di accelerazione del processo giurisdizionale, che potrebbero essere l'unica giustificazione all'intrinseca razionalita' della norma, non appaiono tali da rendere ragionevole il termine di solo 100 giorni, eccessivamente penalizzante. Infatti il diritto al compenso e' ricollegato al fatto l'attivita' demandata al perito-ausiliario e' stata compiuta ed il processo (proprio per questo) ha avuto uno sviluppo che lo ha portato «avanti» proprio per il compimento di quelle attivita'. Il termine per presentare la nota delle spese non appare ricollegata, invece, ad alcuna funzione acceleratoria del giusto processo. Unico profilo che viene in mente potrebbe essere quello ricollegato al fatto che la ritardata presentazione possa rendere meno agevole l'opera di liquidazione da parte dell'autorita' giudiziaria che abbia conferito l'incarico. Ma si tratta di una prospettazione che si rivela del tutto priva di una qualche apprezzabile logica «acceleratoria». Si tratta di norma draconiana e penalizzante, la cui unica applicazione entra in gioco proprio nei casi di «dimenticanza» da parte del collaboratore dell'autorita' giudiziaria. Occorre bilanciare l'esigenza del percepimento del giusto compenso con quella di praticita' del procedimento liquidatorio. Si tratta, quindi, di una fattispecie normativa caratterizzata da un'intrinseca «non ragionevolezza»; sul punto la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha affermato la possibilita' di affermare la violazione anche in assenza di una sostanziale disparita' di trattamento tra fattispecie omogenee, allorche' la norma presenti una intrinseca incoerenza, contraddittorieta' od illogicita', rispetto alla complessiva finalita' perseguita dal legislatore. Le esigenze, specifiche del procedimento giurisdizionale, di non dover riesumare procedimenti oramai definiti ed archiviati per provvedere a tardive istanze di liquidazione, potrebbero essere comunque assicurate con l'applicazione delle norme generali in tema di prescrizione civilistica per le prestazioni, che e' comunque «breve», tali da permettere l'attivita' di liquidazione in tempi del tutto accettabili e sicuramente coincidenti con la perdurante sopravvivenza dei processi in cui le prestazioni sono state svolte. Un altro profilo di sospetta incostituzionalita' che va valorizzato, come si e' detto e' la irrazionalita' della disciplina con riferimento ai diritti costituzionali in conflitto. Da un lato vi e' l'esigenza di un ordinato esercizio della amministrazione della giustizia, con termini finalizzati alla scansione temporale delle attivita': art. 97 Cost. («I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione»). Dall'altro vi e' il diritto costituzionale al rispetto del lavoro prestato (che non perde certo la sua valenza costituzionale anche se prestato nell'ambito della collaborazione all'attivita' giudiziaria); esso e' tutelato dagli art. 1, co. l Cost. («L'Italia e' una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.»), e art. 35 Cost. («La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni»). La norma, di cui si deduce l'incostituzionalita', sanziona con la decadenza il diritto ai compensi dovuti ai periti per il lavoro prestato; essa appare, nel bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco, irrazionalmente sbilanciata a favore di una visione burocratica di rispetto di un «ordine» temporale (e che non e' assolutamente funzionale ad una funzione acceleratoria del processo), piuttosto che ad assicurare termini adeguati per richiedere il compenso del lavoro prestato a favore dell'autorita' giudiziaria. La comparazione degli interessi in gioco porta a sollevare la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 71 comma 2° del d.p.r. 115/2002. Il vuoto normativo non si generebbe in quanto risultano applicabili i generali termini di prescrizione breve di cui all'art. 2956 n. 2 cod. civ. La Corte Costituzionale valutera' se la questione di costituzionalita' debba estendersi anche alle fattispecie normative strettamente correlate che precedono altri brevi termini di decadenza differenziati per fattispecie analoghe.
P.Q.M. Pronunciando nel procedimento di reclamo avverso diniego del pubblico ministero di liquidazione di un ausiliario nominato nell'ambito di un procedimento penale (art. 170 D.P.R. 115/2002) cosi' provvede: applicato l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale per contrasto con l'art. 3 Cost.: dell'art. 71 comma 2° del D.P.R. n.115 del 2002 nella parte sottopone ad un termine di decadenza di 100 giorni dal compimento dell'incarico, la presentazione la domanda di corresponsione di compensi; ordina che gli atti siano trasmessi alla Corte Costituzionale e sospende il giudizio in corso; dispone che la presente ordinanza sia notificata a cura della Cancelleria alla parte ricorrente al pubblico ministero presso il Tribunale di Sondrio nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri; dispone che l'ordinanza sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Sondrio il 22 marzo 2012 Il Presidente: D'Aietti