N. 172 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 marzo 2012

Ordinanza del 27 marzo 2012 emessa dalla Corte d'appello  di  Bologna
nel procedimento penale a carico di S. E. M.. 
 
Ordinamento penitenziario - Benefici penitenziari - Condannati per il
  reato di cui all'art. 609-quater, quarto comma (atti  sessuali  con
  minorenne - casi di minore gravita') - Concessione solo sulla  base
  dei  risultati  dell'osservazione  scientifica  della  personalita'
  condotta collegialmente per un anno  -  Ingiustificata  parita'  di
  trattamento rispetto ad ipotesi di maggiore gravita'  -  Violazione
  del principio della finalita' rieducativa della pena. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, comma 1-quater. 
- Costituzione, artt. 3 e 27, comma terzo. 
Reati  e  pene  -  Esecuzione  delle  pene  detentive  -  Divieto  di
  sospensione dell'esecuzione della pena inflitta per il reato di cui
  all'art. 609-quater, quarto comma (atti sessuali  con  minorenne  -
  casi di minore gravita') - Ingiustificata  parita'  di  trattamento
  rispetto ad ipotesi di maggiore gravita' - Violazione del principio
  della finalita' rieducativa della pena. 
- Codice penale (recte: Codice di procedura penale), art. 656,  comma
  9, lett. a). 
- Costituzione, artt. 3 e 27, comma terzo. 
(GU n.36 del 12-9-2012 )
 
                         LA CORTE D'APPELLO 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nei confronti di S.  E.  M.,
nato  in  Marocco  il  15  maggio  1984,  detenuto  presso  la   Casa
Circondariale di Forli'. 
    Con istanza depositata in data 14  febbraio  2012  nell'interesse
del S. E.  M.  veniva  proposto  incidente  di  esecuzione  ai  sensi
dell'art. 666, c.p.p., avverso l'ordine  di  esecuzione  pena  emesso
dalla Procura Generale di Bologna in data 19 gennaio 2012. 
    Con tale provvedimento il rappresentante del  Pubblico  Ministero
aveva eseguito nella forma carceraria la pena portata nella  sentenza
di questa Corte emessa in data 22 ottobre 2010 che  aveva  condannato
il S. E. M., alla pena di anni 1  e  mesi  6  di  reclusione  per  il
delitto di cui agli artt. 81 cpv., c.p. e 609-quater, comma  n.  1  e
comma 4°, c.p. 
    La  vicenda  aveva  tratto  origine   dal   legame   sentimentale
allacciato dal S. E. M. con la parte offesa M. J.,  all'inizio  della
vicenda   infra-quattordicenne,   con   la   quale   il   condannato,
consenzienti i  genitori  della  M.  ,  aveva  intrattenuto  rapporti
sessuali, culminati con una gravidanza poi interrotta. 
    Nel corso del procedimento penale la relazione tra  l'imputato  e
la parte offesa continuava, tanto  che  all'attualita'  essi  avevano
instaurato una stabile convivenza  dalla  quale  era  nato  anche  un
figlio, riconosciuto dal S. E. M. 
    Con il ricorso per incidente di esecuzione la difesa del S. E. M.
si doleva di come ai sensi del combinato disposto  degli  artt.  656,
comma 9°, lettera a), c.p.p. e  4-bis,  comma  1°  quater,  1egge  n.
354/1975,  non  fosse   possibile   la   sospensione   dell'emissione
dell'ordine di carcerazione, ne' la concessione di misure alternative
alla  detenzione  prima  del  decorso  di  un  anno  di  osservazione
intramuraria, a differenza di quanto previsto per l'ipotesi di  reato
di cui all'art. 609-bis, comma 3° e sollecitava  la  proposizione  di
questione di legittimita' costituzionale, per violazione degli  artt.
3 e 27, comma 3°, Cost. 
    All'odierna udienza camerale il Procuratore Generale, peraltro lo
stesso Sostituto  firmatario  dell'ordine  di  esecuzione  impugnato,
concordava con l'istanza  e  chiedeva  che  la  Corte  sollevasse  la
questione davanti al Giudice delle Leggi. 
    Osserva la Corte come l'eccezione di legittimita'  costituzionale
avanzata concordemente dalle parti non sia manifestamente infondata. 
    Giova, ai fini dell'illustrazione delle motivazioni che conducono
la Corte a tale conclusione, esaminare in  chiave  critica  lo  stato
della giurisprudenza di legittimita' che si e' sviluppata  nel  corso
degli anni. 
    La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 41958 del  22  ottobre
2009 (imputato), ha statuito che la  sospensione  dell'esecuzione  di
condanna inflitta per il  delitto  di  atti  sessuali  con  minorenne
previsto dall'art. 609-quater c.p. non puo' essere disposta ai  sensi
dell'art. 656, comma 9°, c.p.p., neanche ove sia  stata  riconosciuta
la circostanza attenuante speciale prevista dal  comma  quarto  della
citata  disposizione,  in   quanto   la   concessione   di   benefici
penitenziari  ai  condannati  per   tale   delitto   e'   subordinata
all'osservazione scientifica e collegiale della personalita' condotta
per almeno un anno. 
    Il caso di specie portato all'attenzione della Suprema Corte  era
quello di chi era imputato del delitto di cui agli artt. 81 cpv. c.p.
e   600-quater   c.p.   perche',   consapevolmente,   si    procurava
(fotografando  i  soggetti)  e,  altresi',  disponeva  di   materiale
pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori di
eta' (capo a) e per il reato di cui  all'art.  81  cpv.  c.p.,  artt.
609-bis, 609-ter e 609-quater c.p. perche', rivestendo  l'ufficio  di
parroco e, quindi, con abuso della predetta autorita' ovvero -  anche
senza abuso della predetta autorita' - ma compiendo atti sessuali  su
persone infrasedicenni o infraquattordicenni comunque a lui  affidate
per  ragioni  di  educazione,  istruzione,   vigilanza   e   custodia
(trattandosi di chierichetti o comunque di frequentanti la chiesa ove
egli esercitava l'ufficio ecclesiastico  di  parroco),  compiva  atti
sessuali e/o costringeva A.C.,  S.S.,  MA.,  D.M.A.  a  compiere  e/o
subire atti sessuali e si era visto riconoscere  l'ipotesi  attenuata
del comma quarto dell'art. 609-quater, c.p. 
    Osservava la Corte di Cassazione  che,  malgrado  la  concessione
dell'attenuante, il condannato non era e non e' nelle  condizioni  di
usufruire della sospensione dell'esecuzione ai  sensi  dell'art.  656
c.p.p., comma 5, ostando a tale regime la condanna per  il  reato  di
cui  all'art.  609-quater  c.p.  Infatti,  il  catalogo  dei  delitti
ostativi alla sospensione delle pene  detentive  brevi  coincide  con
quello dei delitti ostativi alle misure alternative alla  detenzione,
elencato nell'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario,  cui  l'art.
656 c.p., comma 9, fa rinvio mobile o recettizio (cfr. S.U. n.  24561
del 30 maggio 2006, Aloi). 
    Precisava, inoltre, la  Suprema  Corte  che  a  fronte  del  dato
normativo, assolutamente esplicito nel senso di escludere dal divieto
le sole condanne ai  sensi  dell'art.  609-bis  c.p.,  attenuate  per
effetto dell'applicazione della circostanza del medesimo art. 609-bis
c.p., comma 3°, non v'era spazio per una interpretazione  «estensiva»
di tale deroga alle condanne per i reati di cui  all'art.  609-quater
c.p., attenuate ai sensi del comma 4 di tale articolo. 
    Pertanto,  occorre  concludere  che,  allo  stato  attuale  della
normativa richiamata, non vi e' spazio per l'accoglimento nel  merito
dell'istanza avanzata nell'interesse di S. E.  M.,  con  il  presente
incidente di esecuzione. 
    Le argomentazioni sulla base della  quali  la  Suprema  Corte  e'
pervenuta al rigetto  dell'eccezione  di  costituzionalita'  avanzata
meritano, invece, alcune considerazione di segno contrario. 
    Secondo il giudice di legittimita',  la  diversita'  del  delitto
previsto dall'art. 609-bis c.p., rispetto a quello  di  cui  all'art.
609-quater c.p., e' palese, e allorquando  gli  atti  sessuali  siano
commessi, come nel caso in esame, nei confronti di un minore (S.U. n.
13 del 31 maggio 2000, imputato B. ampiamente illustra la  differenza
esistente tra la fattispecie in esame e l'ipotesi degli artt. 609-bis
e 609-ter c.p.). 
    Continua la Corte di  Cassazione,  il  delitto  di  cui  all'art.
609-bis c.p.,  non  aggravato  ai  sensi  dell'art.  609-ter  c.p.  e
attenuato dalla lieve entita' del fatto  costituisce  di  conseguenza
tertium eterogeneo rispetto al delitto  di  cui  all'art.  609-quater
c.p., quand'anche pure questo risulti attenuato. 
    D'altronde, conclude la Corte, concernendo la disciplina in esame
scelte di opportunita' in materia di politica penitenziaria,  neppure
la Corte costituzionale potrebbe incidere, sulla base di critiche che
possono apparire piu'  o  meno  opportune,  su  scelte  che  appaiono
all'evidenza  espressione   della   discrezionalita'   riservata   al
legislatore  e  che  non  risultano  affatto   esercitate   in   modo
arbitrario. 
    Ad avviso di questa Corte la  riportata  interpretazione  non  e'
pienamente condivisibile. 
    Una valutazione  esaustiva  della  compatibilita'  di  una  norma
processuale, quale quella risultante dal combinato disposto dell'art.
656 comma 9°, lettera a), c.p.p. e dell'art. 4-bis, comma 1°  quater,
dell'ordinamento  penitenziario,   con   il   dettato   della   Carta
Costituzionale e' possibile soltanto laddove se ne legga  il  dettato
in relazione alla  norma  incriminatrice  sostanziale  all'esecuzione
delle cui pene irrogate sovrintenda. 
    La Corte di Cassazione, con il nitido rigore argomentativo che le
compete quale organo nomofilattico, ha bene spiegato come  la  scelta
di sottoporre l'esecuzione delle pene irrogate per fatti di  violenza
sessuale in danno di minorenni, quand'anche  attenuate  dalla  minore
gravita', ad un regime esecutivo di maggior rigore rispetto ai  fatti
di violenza  sessuale  commessi  in  danno  di  vittime  maggiorenni,
anch'essi  attenuati,   sia   rimessa   alla   discrezionalita'   del
legislatore, quando esercitata in modo non arbitrario. 
    La ratio di tale differenziazione,  in  tutta  evidenza,  risiede
nella particolare natura dei reati di violenza sessuale in  danno  di
minori,  riconosciuti  di  particolare  gravita'  da   un   lato   ed
espressione, dall'altro, di una particolare e patologica  espressione
della personalita' dell'autore. 
    Cosi' la legge ha imposto, per effetto del portato del  combinato
disposto dell'art. 656, comma 9°, lettera a) e dell'art. 4-bis, comma
1° quater, o.p., che l'accesso al  lavoro  all'esterno,  ai  permessi
premio e alle misure alternative sia possibile soltanto dopo un  anno
di osservazione personologica condotta dall'equipe carceraria. 
    In buona sostanza, la legge ha considerato il tipo  d'autore  del
sex offender di una pericolosita' specifica che puo'  e  deve  essere
valutata, fronteggiata e in via eventuale attenuata o elisa  soltanto
attraverso l'osservazione ed il trattamento penitenziario, laddove  a
tali conclusioni non perviene quando  il  violentatore  «mite»  abbia
invece commesso il fatto in danno di  una  vittima  maggiorenne,  sia
pure con violenza o minaccia. 
    Pero', il legislatore prima e la  Corte  di  Cassazione  poi  non
hanno  forse  valutato  appieno  la  gamma  di  fatti  coperti  dalla
previsione della norma incriminatrice  dell'art.  609-quater,  ultimo
comma, c.p. 
    La considerazione dell'ipotesi di fatto del processo a carico del
S. che ha portato all'inflizione della pena della cui  esecuzione  si
discute  nel  presente  incidente  di  esecuzione,  mostra  in  tutta
evidenza un  profilo  di  irragionevolezza  nel  complesso  normativo
applicabile  alla  fase  esecutiva,  cosi'  come   correttamente   ed
inevitabilmente interpretato dalla Corte di Cassazione. 
    Ancora una volta si rammenta come l'odierno ricorrente sia  stato
condannato per fatti di congiunzione carnale con una minorenne con la
quale aveva allacciato una relazione -nec vi nec clam e  consenzienti
i genitori della vittima - iniziata quando anch'egli era minorenne  e
proseguita nel corso degli anni sino all'instaurazione di una stabile
convivenza dalla quale era nato anche un figlio. 
    In tutta evidenza, non e' possibile individuare, in una relazione
nata nell'ambito del gruppo dei pari e sfociata in rapporti  sessuali
privi di qualunque connotato  di  violenza  o  clandestinita',  alcun
profilo personologico patologico tale da  suggerire  o  imporre  quel
periodo di osservazione intramuraria di un anno previsto dalla legge. 
    Al contrario, la legge riporta l'esecuzione delle  pene  inflitte
al sex offender nel binario delle regole  ordinarie  -  per  cui,  lo
ricordiamo,  la  forma   dell'esecuzione   carceraria   e'   soltanto
residuale, nel favore  per  le  forme  alternative  di  espiazione  -
nell'ipotesi in cui, pur commesso il fatto con violenza  o  minaccia,
lo stesso sia stato ritenuto di particolare tenuita'. 
    Forse in quest'ultimo caso - in cui comunque  l'autore  sottopone
ad atti di natura sessuale la  vittima  con  violenza  -  residua  un
profilo  personologico  tale  da  consigliare  un'osservazione  della
personalita', ma la legge ha, al contrario, in ragione  della  minore
gravita' del fatto, lasciata aperta la possibilita' dell'accesso alle
misure  alternative  alla  detenzione  direttamente  dallo  stato  di
liberta'. 
    E' evidente, quindi, come  una  situazione  di  fatto  di  minore
gravita' subisca un ingiustificato trattamento deteriore rispetto  ad
altra connotata da profili di maggiore gravita',  in  violazione  del
principio di uguaglianza dell'art. 3 della Costituzione. 
    L'art. 27, comma 3°, della stessa Carta  Costituzionale,  prevede
che la pena debba tendere alla rieducazione del condannato. 
    Il precetto costituzionale, nel corso dell'evoluzione del  nostro
sistema sanzionatorio, si e' articolato e ha trovato  attuazione  con
l'ordinamento penitenziario  che,  in  via  di  estrema  sintesi,  ha
previsto la forma carceraria di esecuzione della pena  soltanto  come
extrema ratio, laddove forme diverse di esecuzione  (le  c.d.  misure
altemative), non siano possibili e praticabili. 
    Il precetto costituzionale trova un corollario inevitabile  nella
adeguatezza della  forma  di  esecuzione  della  pena  alla  concreta
esigenza rieducativa. 
    Come sopra evidenziato, infatti, nel caso di specie non  sussiste
la particolare «esigenza rieducativa» che ha condotto il  legislatore
- secondo la condivisibile opinione della Corte  di  Cassazione  -  a
stabilire un regime  differenziato  e  piu'  gravoso  dell'esecuzione
penale, con la previsione dell'anno di osservazione intramuraria. 
    Risulterebbe - a giudizio di questa  Corte  -  pertanto,  violato
anche il principio posto dal terzo comma dell'art. 27 Cost. 
    In verita', il precetto costituzionale e'  violato  dalla  stessa
norma sostanziale  dell'art.  609-quater,  c.p.,  nel  suo  combinato
disposto  con  la  norma  processuale   e   quella   dell'ordinamento
penitenziario,  laddove  conduce  ad  un  trattamento   sanzionatorio
ingiustificatamente deteriore per ipotesi di gravita' minore rispetto
a quella prevista dall'art. 609-bis, ultimo comma, c.p. 
    Pertanto, rilevante  la  questione  nel  caso  di  specie  e  non
manifestamente infondata per i motivi sopra illustrati,  deve  essere
sollevata la questione di costituzionalita'. 
    Va disposta la sospensione del procedimento in  corso,  dovendosi
intendere per tale quello  esecutivo  che  ha  portato  all'emissione
dell'ordine di esecuzione della pena  in  forma  carceraria,  con  la
conseguente scarcerazione del S. se non detenuto per altra causa. 
 
                              P. Q .M. 
 
    Solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art.  4-bis
comma 1° quater, legge n. 354/1975 nella parte in  cui  si  riferisce
anche ai condannati per il reato di cui  all'art.  609-quater,  comma
4°, c.p. e dell'art. 656, comma 9°, lettera a), nella  parte  in  cui
prevede che non possa disporsi la sospensione  dell'esecuzione  della
pena inflitta per il reato di cui allo stesso art. 609-quater,  comma
4°, c.p. con gli artt. 3 e 27, terzo comma della Costituzione. 
    Dispone  la  immeditata  trasmissione  degli  atti   alla   Corte
Costituzionale  e  sospende  il  procedimento  esecutivo  in   corso,
disponendo, altresi', l'immediata scarcerazione di S. E. M,.  se  non
detenuto per altra causa. 
    Ordina che a cura della  Cancelleria  l'ordinanza  sia  trasmessa
alla Corte Costituzionale, sia notificata  alle  parti  in  causa  al
Procuratore Generale,  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Manda alla Cancelleria per gli adempimenti. 
        Bologna, 23 marzo 2012 
 
                       Il Presidente: Massari 
 
 
                                         Il consigliere est.: Ghedini