N. 178 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 aprile 2012

Ordinanza del 18 aprile 2012 emessa dalla Corte d'appello  di  Milano
nel procedimento civile promosso da  Bluvacanze  Spa  contro  Tabitta
Daniela & C. Sas e Tabitta Daniela. 
 
Procedimento civile - Eventi interruttivi - Estinzione della societa'
  (nella specie, in accomandita semplice) per effetto  di  volontaria
  cancellazione dal registro delle imprese - Mancata  previsione  che
  il processo prosegua o sia proseguito nei gradi di impugnazione  da
  o nei confronti della societa' cancellata, sino alla formazione del
  giudicato - Ritenuta impossibilita' di identificare  un  successore
  nel processo  -  Violazione  del  principio  di  eguaglianza  e  di
  ragionevolezza,  dei  canoni  fondamentali  del  giusto   processo,
  nonche' del diritto alla difesa e alla tutela giurisdizionale. 
- Cod. civ., art. 2495; cod. proc. civ., art. 328. 
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111. 
(GU n.37 del 19-9-2012 )
 
                         LA CORTE D'APPELLO 
 
    Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile  promossa
in grado di appello promossa da: 
        Bluvacanze SpA, rappresentata  e  difesa  dagli  avv.ti  Luca
Toffoletti, Pietro Greco e Ivan Lamponi ed elettivamente  domiciliata
presso il loro studio in Milano, via Agnello n. 12, giusta  delega  a
margine dell'atto di appello, appellante; 
    Contro Tabitta Daniela & C. sas,  rappresentata  e  difesa  dagli
avv. Mauro Govoni del foro di Bologna e dall'avv. Luciana  Orru'  del
foro di Milano ed  elettivamente  domiciliata  presso  lo  studio  di
quest'ultima in Milano, via Petrarca 22/A, giusta  delega  a  margine
della comparsa di  costituzione  e  risposta  in  grado  di  appello,
appellata; 
    E contro Tabitta Daniela, rappresentata e difesa dagli avv. Mauro
Govoni del foro di Bologna e dall'avv.  Luciana  Orru'  del  foro  di
Milano ed elettivamente domiciliata presso lo studio di  quest'ultima
in Milano, via Petrarca 22/A, giusta delega a margine della  comparsa
di costituzione e risposta in grado di appello, convenuta in appello. 
Premessa 
    Con sentenza n. 2992/07, pubblicata in data 15.3.07, il Tribunale
di Milano, in accoglimento della domanda dell'attrice Tabitta Daniela
& C. sas: 
        dichiarava  risolto   il   contratto   di   associazione   in
partecipazione intercorso fra Bluvacanze SpA e la Tabitta  Daniela  &
C. sas; 
        condannava la convenuta Bluvacanze SpA alla  restituzione  in
favore della Tabitta Daniela & C. sas  della  somma  di  €_25.822,84,
oltre interessi legali dalla domanda al saldo; 
        dichiarava che nulla era dovuto  da  parte  attrice  a  parte
convenuta; 
        respingeva le ulteriori domande dell'attrice; 
        respingeva le domande riconvenzionali formulate  dalla  parte
convenuta (aventi ad oggetto le somme versate  a  titolo  di  acconti
sugli utili ed al conguaglio consuntivo degli anni 2001-2002); 
        condannava la parte convenuta alla rifusione delle  spese  di
lite. 
    Il 23 aprile 2008 BLUVACANZE S.p.A. notificava a  TABITTA  S.a.s.
citazione in appello denunciando la erroneita' della  sentenza  sotto
molteplici profili. 
    Nell'eseguire la notificazione dell'atto  di  appello  BLUVACANZE
dava atto che la S.a.s. appellata  si  era  cancellata  dal  Registro
delle imprese a far tempo dall'8 aprile 2008. 
    L'atto di appello veniva notificato  sia  alla  S.a.s.  appellata
presso il procuratore domiciliatario in primo grado, sia alla  sig.ra
Daniela Tabitta, quale  socia  accomandataria  e  liquidatrice  della
s.a.s. 
    Tabitta sas si e' costituita In giudizio (con  mandato  conferito
al proprio difensore in tempo  successivo  alla  cancellazione  della
societa'  dal  registro  delle  imprese)  eccependo,   fra   l'altro,
inammissibilita'  dell'appello  per  intervenuta   estinzione   della
societa' appellata. 
    La socia accomandataria, parimenti costituitasi in  giudizio,  ha
eccepito l'inammissibilita' dell'impugnazione nei suoi confronti, per
non essere stata parte  del  giudizio  di  primo  grado  e  ritenendo
insussistenti i presupposti di cui agli artt. 100 e 111 c.p.c. 
Tanto premesso, 
    1. All'origine del dubbio di costituzionalita' - che questa Corte
intende sollevare - vi e' la nuova formulazione dell'art.  2495  c.c.
(Cancellazione della societa') introdotta da  D.Lgs.  n.  6/2003,  in
vigore dall'1/1/2004, ponendosi in questo giudizio il problema  delle
conseguenze, sul piano processuale, dell'intervenuta estinzione della
s.a.s. appellata per effetto della cancellazione dal  registro  delle
imprese   intervenuta   in   tempo   precedente   alla   proposizione
dell'appello. 
    2. E' noto l'orientamento della  giurisprudenza  di  legittimita'
formatosi nel vigore nella normativa  previgente,  secondo  il  quale
l'atto formale di cancellazione di una societa'  dal  registro  delle
imprese, cosi' come il suo scioglimento,  con  l'instaurazione  della
fase di liquidazione, non determina l'estinzione della  societa'  ove
non siano esauriti tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo  a
seguito della procedura di liquidazione, ovvero  non  siano  definite
tutte le controversie  giudiziarie  in  corso  con  i  terzi,  e  non
determina, conseguentemente, in relazione a detti rapporti rimasti in
sospeso e non definiti la perdita  della  legittimazione  processuale
della societa' e un  mutamento  della  rappresentanza  sostanziale  e
processuale della stessa, che permane in capo ai medesimi organi  che
la rappresentavano prima della cancellazione (cfr., ex multis,  Cass.
n. 646/2007; id. n. 3221/1999). 
    La nuova formulazione dell'art. 2495 c.c. ha dato luogo ad alcune
pronunce della Corte di legittimita' (cfr. Cass. n. 25192/08 e  Cass.
n. 18618/06) che, in difformita' all'orientamento sino a quel momento
consolidato,  hanno  ritenuto  che  la  novella  legislativa   avesse
conferito alla cancellazione dal  registro  delle  imprese  l'effetto
costitutivo dell'estinzione irreversibile della  societa',  anche  in
presenza di rapporti non definiti, ed anche  laddove  intervenuta  in
epoca anteriore all'entrata in vigore  della  nuova  disciplina,  con
conseguente perdita della sua capacita' processuale. 
    E', poi, altrettanto noto che le Sezioni  Unite  della  Corte  di
Cassazione, intervenendo a comporre un  contrasto  giurisprudenziale,
hanno sancito il principio per cui il novellato art. 2495, 2°  comma,
c.c., ancorche' dettato per le sole societa' di capitali nel contesto
della riforma di cui al d.lgs.  6/2003,  e'  applicabile  anche  alle
societa' commerciali  di  persone:  sicche'  la  cancellazione  della
societa' dal registro delle imprese determina, con effetto immediato,
l'estinzione  delle  societa',  indipendentemente  dall'esistenza  di
crediti insoddisfatti o di rapporti ancora non definiti (Cass.,  sez.
un., 22-02-2010, n. 4060). 
    Il contrasto  giurisprudenziale,  sottoposto  alle  SS.UU.  della
Cassazione, e' stato risolto (con le coeve pronunce nn. 4060, 4061  e
4062 del 22/2/2010)  con  l'enunciazione  dei  seguenti  principi  di
diritto: 
        a)  natura  innovativa  e  ultrattiva  dell'art.  2495  comma
secondo c.c., che «disciplina gli effetti delle  cancellazioni  delle
iscrizioni di societa' di capitali e  cooperative  intervenute  anche
precedentemente alla sua entrata in vigore (1/1/2004),  prevedendo  a
tale data la loro estinzione in conseguenza dell'indicata pubblicita'
e quella contestuale alle iscrizioni delle stesse  cancellazioni  per
l'avvenire, riconoscendo, come in passato, le  azioni  dei  creditori
sociali nei confronti dei soci dopo l'entrata in vigore della  norma,
con le novita' previste dagli effetti processuali  per  le  notifiche
infrannuali della citazione»; 
        b) conseguente incidenza della nuova normativa sul  pregresso
orientamento giurisprudenziale di legittimita', fondato sulla  natura
non costitutiva della iscrizione della cancellazione; 
        c)  riaffermazione   della   efficacia   dichiarativa   della
pubblicita' della cancellazione delle societa' di  persone  (esclusa,
per ragioni logiche e di sistema, l'efficacia costitutiva di  questa,
«impossibile in difetto di analoga efficacia della loro  iscrizione»)
opponibile dall'1/1/2004 ai creditori che agiscano contro i  soci  ex
artt. 2312  e  2324  c.c.,  con  presunzione  del  venir  meno  della
capacita' e legittimazione  di  esse  operante  negli  stessi  limiti
temporali, anche se perdurino rapporti o azioni in cui le stesse sono
parti; 
        d)  necessita',  attraverso  una  lettura  costituzionalmente
orientata delle norme, di una «soluzione unitaria» del problema degli
effetti delta iscrizione della  cancellazione  di  tutti  i  tipi  di
societa'  o  imprese  collettive,  a  garanzia   della   parita'   di
trattamento dei terzi creditori  di  entrambi  i  tipi  di  societa',
coerente anche con la Legge  fallimentare,  art.  10  (ora  art.  9),
facendosi decorrere dalla data della iscrizione  della  cancellazione
stessa  l'anno  per  la  dichiarazione  di  fallimento  ed   evitando
incertezze sul punto. 
    3. Alla stregua di tale diritto  vivente  deve  dunque  ritenersi
realizzato, nel caso di specie,  un  evento  interruttivo,  essendosi
estinta una parte processuale tra un grado e l'altro del giudizio. 
    Sul problema dell'estinzione della parte tra un grado  e  l'altro
del  giudizio  le  Sezioni  Unite  della   Suprema   Corte,   facendo
riferimento all'art. 328 c.p.c., hanno fissato il principio per  cui,
«in caso  di  morte  della  parte  vittoriosa,  l'impugnazione  della
sentenza   deve   essere   rivolta   e   notificata    agli    eredi,
indipendentemente dal momento in cui il decesso e' avvenuto  e  dalla
eventuale ignoranza incolpevole del decesso da parte del soccombente,
senza che sia possibile  applicare  l'art.  291  c.p.c.  in  caso  di
impugnazione rivolta al defunto» (Cass.,  sez.  un.,  16-12-2009,  n.
26279). 
    Peraltro, in materia di estinzione di societa' (e  sia  pure  nel
regime anteriore alla riforma organica delle  societa'  di  capitali,
allorche'  si  riteneva  che   l'incorporazione   di   una   societa'
costituisse evento interruttivo), le  stesse  Sezioni  Unite  avevano
stabilito  che  «l'impugnazione  notificata  presso  il   procuratore
costituito di una societa' che, successivamente alla  chiusura  della
discussione (o alla scadenza del termine di deposito delle memorie di
replica), si sia estinta per incorporazione, deve ritenersi valida se
l'impugnante non abbia avuto notizia dell'evento  modificatore  della
capacita' della persona giuridica, mediante  notificazione  di  esso»
(Cass.  sez.  un.,  14-09-2010,  n.  19509).  Pronuncia  questa  che,
peraltro, contiene in motivazione numerosi passaggi che contraddicono
il principio espresso dalle Sezioni Unite nel 2009  per  il  caso  di
morte di una parte tra un grado e l'altro del giudizio,  ivi  inclusa
la  considerazione  per  cui,  «a  parte  l'inaccettabilita'  di  una
concezione antropomorfica  della  soggettivita'  giuridica,  e  delle
societa' in particolare, poiche' la disciplina dell'interruzione  del
processo   e'   diretta    a    ripristinare    l'effettivita'    del
contraddittorio, tale esigenza sussiste  solo  quando  si  verificano
eventi estranei alla volonta' dei soggetti che ne sono  colpiti,  sui
quali, per tale ragione, non possono ricadere gli  eventuali  effetti
negativi derivanti da un processo  al  quale  non  abbiano  avuto  la
possibilita'    di    prendere     parte.     Nella     modificazione
dell'organizzazione societaria, invece, il fenomeno e'  riconducibile
alla  volonta'  del  soggetto  e  pertanto  non  sussiste  l'esigenza
garantistica che giustifica il verificarsi dell'effetto  interruttivo
e del conseguente onere di riassunzione dell'altra parte. La societa'
che "viene meno" (... ) non e' pregiudicata dalla continuazione di un
processo di cui era perfettamente a conoscenza...». 
    Sennonche', il principio di valida ed efficace  prosecuzione  del
processo in sede di impugnazione nei confronti della societa'  quando
l'evento interruttivo non sia stato notificato all'altra parte, quale
professato da tale ultima pronuncia  a  Sezioni  Unite  (eppero',  in
evidente contrasto con il precedente e assai severo  arrêt  del  2009
delle stesse  Sezioni  Unite  per  l'ipotesi  di  morte  della  parte
vittoriosa   intervenuta   prima   che   l'impugnazione   sia   stata
notificata), non risulta applica bile  al  caso  di  specie,  in  cui
l'estinzione della s.a.s. era conosciuta dall'appellante, che  ne  ha
dato espressamente atto nella premessa della sua impugnazione e  che,
in ragione di cio', ha ritenuto di notificare l'atto di  appello  sia
al procuratore  domiciliatario  costituito  in  primo  grado  per  la
societa', sia  alla  persona  fisica,  gia'  socia  accomandataria  e
liquidatrice della societa'. 
    4. Nel procedimento in oggetto, la notifica dell'atto di  appello
effettuata alla societa'  Tabitta  sas  (gia'  estinta),  secondo  il
costante  orientamento  della  Suprema   Corte,   deve   considerarsi
inesistente,  per  inesistenza   del   soggetto   notificando   (cfr.
Cassazione civile 16 settembre 2011 n. 18983 e Cass. n. 9504/02). 
    Parimenti  inesistente  deve  considerarsi  la  costituzione   in
giudizio di tale societa' a mezzo del procuratore che ha ricevuto  il
mandato difensivo successivamente  alla  estinzione  della  societa':
infatti, l'assenza dello ius postulandi del detto  professionista  e'
conseguente  al  difetto  di  soggettivita'  giuridica  della   parte
rappresentata al momento del rilascio della procura. 
    Per quanto concerne  la  notificazione  dell'atto  di  appello  a
Tabitta Daniela  nella  sua  veste  di  liquidatore  della  sas,  pur
avendosi presente  il  principio  secondo  cui  per  le  societa'  di
persone, «dalla cancellazione della societa' i creditori sociali  che
non sono stati soddisfatti possono far  valere  i  loro  crediti  nei
confronti dei soci e, se il mancato pagamento e' dipeso da colpa  dei
liquidatori,  anche  nei  confronti  di  questi»  (art.  2312   c.c.,
applicabile anche agli accomandatarii a mente dell'art.  2324  c.c.),
va, non di meno, osservato che l'azione  dei  creditori  sociali  nei
confronti dei liquidatori, presupponendo la deduzione in giudizio  di
una loro colpevole condotta nel condurre le operazioni  liquidatorie,
implica,  evidentemente,  una  domanda  nuova  in  appello  (di   qui
l'inevitabile inammissibilita' dell'appello  proposto  nei  confronti
della sig.ra Daniela Tabbita nella sua qualita' di liquidatrice). 
    Resta, dunque, da stabilire la sorte  dell'appello  proposto  nei
suoi confronti, in qualita' di socia accomandataria. 
    In altri termini occorre stabilire se la  notifica  dell'atto  di
appello effettuata alla socia accomandataria valga  a  consentire  la
prosecuzione  del  giudizio  di  primo  grado  in  sede  di  gravame,
impedendo il formarsi di un giudicato; ovvero, piu' correttamente, se
il socio accomandatario possa ritenersi  «successore»  della  estinta
societa', con la conseguenza di assicurare una  valida  pronuncia  in
sede  di  appello  sostitutiva,  a  tutti  gli  effetti,  di   quella
pronunciata in primo grado nei  confronti  della  societa'  estintasi
nelle more  fra  la  sentenza  di  primo  grado  e  la  notificazione
dell'atto di appello. 
    Il problema degli effetti sul  processo  dell'estinzione  di  una
s.a.s. e di prosecuzione del  processo  nei  confronti  dei  soggetti
legittimati non pare facilmente risolvibile. 
    5. L'art. 2495  c.c.,  che  e'  norma  sostanziale,  contiene  un
riferimento alla sola proposizione ex novo della  domanda  giudiziale
(dei creditori sociali nei confronti dei soci fino  alla  concorrenza
delle somme  da  questi  riscosse  in  base  al  bilancio  finale  di
liquidazione e nei confronti dei liquidatori se il mancato  pagamento
e' dipeso da colpa di questi) prevedendosi che, se essa  e'  proposta
entro un anno dalla cancellazione,  possa  essere  notificata  presso
l'ultima sede della societa'. 
Nulla invece dispone con riguardo alle liti pendenti. 
    La legittimazione passiva del socio illimitatamente  responsabile
(di una sas) non pare riconducibile  a  un  fenomeno  di  successione
universalein  locum  et  ius  della  societa'   estinta   (il   socio
accomandatario ha una  responsabilita'  originaria  in  quanto  socio
illimitatamente responsabile delle  obbligazioni  della  societa')  e
neppure  sembra  ipotizzabile  un  fenomeno   successorio   di   tipo
«necessario»  (nell'accezione  diversa  da  quella  che  rinvia  alla
successione necessaria dei legittimari e avvicina invece i soci della
societa' estinta allo Stato quale erede «necessario»), sconosciuto al
nostro Ordinamento, che consente al successore universale la rinuncia
all'eredita' e configura tale diritto potestativo come  principio  di
ordine pubblico. 
    Difetterebbero, dunque, i presupposti di cui all'art. 110 c.p.c. 
    Neppure appaiono ravvisabili i presupposti di  cui  all'art.  111
c.p.c. (successione nel processo a  titolo  particolare  nel  diritto
controverso), mancando  qui  una  fattispecie  di  trasferimento  dei
crediti azionati, poiche' il  socio  illimitatamente  e  solidalmente
responsabile  non  e'  subentrato  nella  posizione  giuridica  della
societa', essendo invece ab origine un condebitore solidale, sia  pur
beneficiario, ma solo in sede  esecutiva,  dell'onere  di  preventiva
escussione del patrimonio sociale imposto ai creditori ex  art.  2304
c.c. 
    Un problema, quello dianzi delineato, tanto piu' grave quando  il
processo debba proseguire nei  gradi  di  impugnazione  e  quando  la
societa' estintasi  sia  destinataria  dell'atto  d'impugnazione,  in
quanto vittoriosa nel precedente grado di giudizio,  faticandosi  non
poco, per le ragioni dette, a rinvenire un successore  legittimato  a
proseguire giudizio. 
    Peraltro, a non  dissimili  conclusioni,  se  non  addirittura  a
conclusioni piu' penalizzanti, si perviene in  caso  di  societa'  di
capitali, dove la legittimazione passiva dei  soci  e'  circoscritta,
per espressa disposizione di legge (art. 2495 c.c.)  entro  i  limiti
dell'attivo del bilancio da ciascuno di essi riscosso e la estinzione
della  societa'   determina,   senza   dubbio,   la   necessita'   di
intraprendere  un  nuovo  giudizio,  fondato  su  una  diversa  causa
petendi. 
    6. Rebus sic stantibus, l'applicazione della  regola  d'immediata
estinzione della societa' per effetto di volontaria cancellazione dal
registro  delle  imprese,  quale  sancita  dalle  Sezioni  Unite   in
relazione all'art. 2495 c.c.,  contrasta  con  il  principio  fissato
dalle Sezioni Unite  19509/2010,  secondo  cui  occorre  operare  «un
attento bilanciamento  tra  le  esigenze  del  soggetto  che  intenda
impugnare la decisione sfavorevole e quelle del soggetto protagonista
di una vicenda modificatrice della capacita' di  stare  in  giudizio,
dallo stesso voluta». 
    Ed invero, se il  processo  si  interrompe  sol  per  effetto  di
volontaria cancellazione, non rinvenendosi un successore della stessa
legittimato a proseguirlo, la societa' estinta  potrebbe  agevolmente
sottrarsi  alle  obbligazioni   e   finanche   impedire   la   valida
interposizione di un gravame, provocando in tal  modo  la  formazione
del giudicato per inammissibilita' dell'impugnazione  rivolta  ad  un
soggetto non piu' esistente. 
    L'orientamento anteriore alla novella dell'art. 2495 c.c.,  quale
oggi interpretato dalle Sezioni Unite,  evitava  conseguenze  di  tal
genere, ritenendo che, in pendenza di rapporti di debito o di credito
(tanto piu' se sub  iudice),  la  societa',  sebbene  cancellata  dal
registro delle imprese, non si estinguesse (cfr., ex plurimis,  Cass.
646/2007),  in  tal  modo  assicurando  la   legittima   e   naturale
prosecuzione dei processi, per non essersi  verificato  alcun  evento
interruttivo fino  all'esaurimento  di  tutti  i  rapporti  giuridici
pendenti. 
    Tale orientamento,  gia'  criticato  in  dottrina  e  superato  a
seguito  della  modifica  dell'art.  2495  c.c.  nell'interpretazione
datane  dalle  Sezioni  Unite,  consentiva,   se   non   altro,   che
l'estinzione della societa' non  producesse  effetti  sulle  liti  in
corso, garantendone la pacifica proseguibilita' in ogni stato e grado
del giudizio. 
    L'irragionevolezza di un effetto interruttivo  sul  processo  sol
per effetto  di  una  volontaria  cancellazione  dal  registro  delle
imprese appare evidente, tanto piu' allorche'  cio'  avvenga  tra  un
grado e l'altro del giudizio, quando si debba evitare  la  formazione
del giudicato attraverso la  notifica  dell'impugnazione  alla  parte
vittoriosa, munita di legittimazione. 
    7. L'impossibilita' di identificare un successore nel processo  e
nella  res  litigiosa  in  caso  di  estinzione  della  societa'  per
intervenuta cancellazione e, dunque, di  un  soggetto  legittimato  a
stare in giudizio, nei cui confronti poter  proseguire  il  processo,
instaurando  il  giudizio  d'impugnazione,  viola  non  soltanto   il
principio  di  eguaglianza,  ex  art.  3  Cost.   anche   nelle   sue
declinazioni in termini di  ragionevolezza  -  intesa  come  generale
esigenza di coerenza dell'ordinamento giuridico - ma viola, altresi',
i canoni fondamentali del giusto processo e del diritto alla difesa e
alla tutela giurisdizionale ex artt. 24 e 111 Cost. 
    Quanto all'art. 3  Cost.,  e'  evidente  la  sperequazione  nella
gestione delle  cause  fra  persone  fisiche  e  persone  giuridiche,
potendo il rapporto processuale instauratosi con le  persone  fisiche
trasferirsi in capo agli eredi, al contrario  di  quanto  accade,  in
virtu' del novellato art. 2495  c.c.,  in  riferimento  alle  persone
giuridiche, rispetto alle quali il rapporto processuale  si  estingue
senza la possibilita' dell'esame dei crediti in discussione. 
    Quanto all'art. 24 Cost., si  evidenzia  che  viene  concessa  la
facolta' a una parte di sottrarsi ai propri obblighi con un  semplice
atto formale di cancellazione dal Registro delle imprese, impedendosi
alla parte soccombente, alla stregua dei  ricordati  principii  delle
Sezioni  Unite,  di  instaurare  un   valido   rapporto   processuale
d'impugnazione, adeguando il processo alle modificazioni  intervenute
nel campo sostanziale, come impone Cass., sez. un., 26279/2009. 
    Quanto all'art. 111 Cost., si osserva  che  viene  costretta  una
parte processuale ad  instaurare  un  nuovo  giudizio,  ripercorrendo
gradi gia' esauriti, cosi' determinandosi un  indubbio  dispendio  di
energie nella rivalutazione di fatti gia' in  precedenza  vagliati  e
con l'ulteriore conseguenza dell'inevitabile protrarsi  della  durata
del processo. 
    In  base  al  diritto  vivente   non   pare   possibile   fornire
un'interpretazione costituzionalmente orientata del plesso  di  norme
sin qui esaminate, stante l'intervento  nomofilattico  delle  Sezioni
Unite   sia   sull'estinzione   della   societa'   per    intervenuta
cancellazione ex art.  2495  c.c.,  sia  sugli  effetti  interruttivi
dell'estinzione tra un grado e l'altro del processo, allorche'  (come
nella specie) noti alla parte impugnante. 
    La mancata possibilita' di individuare un successore  legittimato
a proseguire il giudizio di appello instaurato avanti questa Corte di
merito  non  potrebbe  che  condurre  ad  una  mera  declaratoria  di
carattere  processuale,  id   est:   il   sopravvenuto   difetto   di
legittimazione ad causam , nella  specie  passiva,  della  societa'),
senza alcuna statuizione nel merito  (cfr.  Appello  Milano,  I  sez.
civ., sentenza n. 1072/2012, est. Secchi). 
    Risulta percio' rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  ad
avviso di questa Corte, la questione di  legittimita'  costituzionale
degli artt. 2495 c.c. e 328 c.p.c. nella parte in cui non  prevedono,
in caso di  estinzione  della  societa'  per  effetto  di  volontaria
cancellazione dal registro delle imprese, che il processo prosegua  o
sia proseguito nei gradi di impugnazione da  o  nei  confronti  della
societa' cancellata, sino alla formazione del giudicato. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli artt. 134 Cost. e 23 L. 11.3.53  n.  87;  ritenuta  non
manifestamente  infondata  e  rilevante  ai  fini  del  decidere   la
questione di legittimita' costituzionale degli artt.  2945  c.c.  328
c.p.c. nella parte in cui non prevedono, in caso di estinzione  della
societa' per effetto di volontaria cancellazione dal  registro  delle
imprese, che il processo prosegua  o  sia  proseguito  nei  gradi  di
impugnazione da o nei confronti della societa' cancellata, sino  alla
formazione del giudicato. 
    Dispone la  rimessione  degli  atti  alla  Corte  Costituzionale,
sollevando la questione di legittimita'  costituzionale  degli  artt.
2495 c.c. e 328 c.p.c. rispetto ai parametri  costituzionali  di  cui
agli artt. 3, 24 e 111 Cost. 
    Dispone la  sospensione  del  procedimento  in  corso  sino  alla
pronuncia della Corte Costituzionale. 
    Ordina la notificazione della presente  ordinanza  al  Presidente
del Consiglio  dei  Ministri  e  la  comunicazione  della  stessa  ai
Presidenti della Camera del Deputati e del Senato della Repubblica. 
    Ordina la trasmissione dell'ordinanza alla  Corte  Costituzionale
unitamente  agli  atti  del  giudizio,  con  prova   delle   avvenute
notificazioni e delle comunicazioni prescritte. 
        Milano, addi' 1° febbraio 2012 
 
                      Il Presidente: Tarantola 
 
 
                                    Il Consigliere estensore: Raineri