N. 111 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 agosto 2012
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 13 agosto 2012 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Porti e aeroporti - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Disciplina della portualita' di competenza regionale - Previsione che l'amministrazione regionale possa stipulare convenzioni che, utilizzando lo strumento della concessione demaniale marittima di cui agli artt. 36 e ss. del codice della navigazione, attuino modelli di partenariato pubblico/privato o di finanza di progetto al fine di consentire la realizzazione di opere e/o infrastrutture non altrimenti conseguibile - Previsione, altresi', che tali convenzioni individuano le modalita' di esercizio della concessione, anche in deroga alla disciplina in materia di uso di beni pubblici - Ricorso del Governo - Denunciata generalita' della prevista possibilita' di deroga alle norme in materia di uso dei beni pubblici da parte delle convenzioni in contrasto con i principi costituzionali di legalita', tipicita' e delimitazione della discrezionalita' - Denunciata violazione della sfera di competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente e di ordinamento civile. - Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 31 maggio 2012, n. 12, art. 13, comma 1. - Costituzione, artt. 3, 70, 76, 77, 97 e 117, comma secondo, lett. l) e s); Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 4 e 6.(GU n.41 del 17-10-2012 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri (C.F. 80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587) fax 0696514000 - PEC: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it - presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona del suo Presidente, per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 1, della legge regionale 31 maggio 2012, n. 12, recante: «Disciplina della portualita' di competenza regionale» (B.U. R. n. 23 del 27 luglio 2012) in relazione all'art. 117, comma 2 lettere l) e s) Cost.; all'art. 3, 70, 76, 77, 97 Cost.; agli artt. 4 e 6 dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. L'art. 13 della legge della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 12 del 31 maggio 2012 - recante «Disciplina della portualita' di competenza regionale - prevede che "l'Amministrazione regionale puo' stipulare convenzioni che, utilizzando lo strumento della concessione demaniale marittima di cui agli articoli 36 e seguenti del codice della navigazione, attuino modelli di partenariato pubblico/privato o di finanza di progetto al fine di consentire la realizzazione di opere e/o infrastrutture non altrimenti conseguibile. Tali convenzioni, ai sensi dell'art. 17 della legge regionale 20 marzo 2000, n. 7 (Testo unico delle norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso), e dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, individuano le modalita' di esercizio della concessione, anche in deroga alla disciplina in materia d'uso dei beni pubblici"». Al fine di regolare le modalita' di esercizio della concessione la disposizione in parola attribuisce, dunque, alle convenzioni stipulate tra l'Amministrazione e i privati il potere di derogare alla disciplina in materia d'uso dei beni pubblici. L'art. 4 dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, attribuisce alla Regione una potesta' legislativa molto ampia, anche in materie che, talvolta trasversalmente, attengono o possono attenere alla disciplina dell'uso dei beni pubblici. Questa, difatti, non costituisce una «materia» in senso proprio, non essendo inclusa ne' nell'art. 117 della Costituzione, ne' nello Statuto regionale. In particolare, possono essere ricondotte alla «disciplina dell'uso dei beni pubblici» disposizioni riconducibili alle materie di competenza esclusiva regionale di «agricoltura e foreste, bonifiche, ordinamento delle minime unita' culturali e ricomposizione fondiaria, irrigazione, opere di miglioramento agrario e fondiario (...)» (art. 4, n. 2, legge cost. 1/1963); «usi civici» (art. 4, n. 4, legge cost. 1/1963); «viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse locale e regionale» (art. 4, n. 7, legge cost. 1/1963); «urbanistica» (art. 4, n. 12 legge cost. 1/1963), «acque minerali e termali» (art. 4, n. 13, legge cost. 1/1963). Analogamente, possono attenere alla disciplina dell'uso dei beni pubblici disposizioni riconducibili ad alcune delle materie che l'art. 5 dello Statuto friulano attribuisce alla potesta' legislativa concorrente di Stato e Regioni (quali, ad esempio, miniere, cave e torbiere (n. 10); utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni; opere idrauliche di 4ª e 5ª categoria (n. 14); edilizia popolare (n. 18); toponomastica (n. 19). Cio' nonostante, e' evidente che la potesta' legislativa regionale in queste materie deve svolgersi «in armonia con la Costituzione, con i principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato, nonche' nel rispetto degli interessi nazionali e di quelli delle altre Regioni» (cosi' lo stesso comma 1 dell'art. 4, legge cost. 1/1963). Il fatto che lo Statuto del Friuli-Venezia Giulia attribuisca alla Regione la potesta' legislativa esclusiva o concorrente in relazione a materie che possono riguardare l'uso dei beni pubblici non implica, pertanto, che la Regione, legiferando negli ambiti di sua competenza, possa consentire ai privati e all'amministrazione di derogare a disposizioni di legge tramite convenzioni stipulate ai sensi dell'art. 17 della legge regionale 20 marzo 2000, n. 7 (Testo unico delle norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso), e dell'art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il principio di legalita', infatti, implica primato della legge, tanto rispetto ad atti e provvedimenti amministrativi, quanto rispetto ad accordi o a convenzioni sostitutivi o integrativi del contenuto del provvedimento. E la possibilita' di derogare alla legge tramite atti amministrativi e' ammessa nell'ordinamento giuridico solo in casi tassativi - come nel caso delle ordinanze contingibili e urgenti - e purche' (come codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha piu' volte chiarito) ne siano definiti presupposti, condizioni e limiti. La disposizione censurata, non definendo l'ambito applicativo della deroga, che peraltro non appare rispondere ad un interesse specifico meritevole di tutela (sul quale si basa, invece, la disciplina delle ordinanze contingibili e urgenti) si pone in grave contrasto con i principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica. Proprio il carattere generalissimo della deroga fa si' che la disposizione in parola si ponga in aperto contrasto con la Costituzione e, in particolare, con i principi costituzionali di legalita', tipicita' e delimitazione della discrezionalita' (artt. 70, 76, 77, 97, 117). Le convenzioni adottate a norma dell'art. 13 della l.r. 12/2012 verrebbero ad essere sostanzialmente equiparate alla legge, essendo libere di derogare ad un insieme non ben definito di disposizioni normative, statali o regionali. Cio' appare in evidente contrasto con il principio di legalita'. Inoltre, sempre in considerazione della sua estensione, la facolta' di derogare a disposizioni dl legge tramite lo strumento convenzionale e' potenzialmente lesiva dei principi fondamentali dettati dallo Stato in materie di sua competenza esclusiva o concorrente. In particolare, la disposizione in parola e' invasiva della potesta' legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile prevista all'art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione. Al riguardo occorre rilevare che l'art. 11 della legge n. 241/1990, cui l'art. 13, comma 1, l.r. 12/2012 espressamente rinvia, richiama le disposizioni in materia di contratti contenute nel codice civile, secondo cui le parti di un contratto non possono violare o disapplicare norme imperative (l'art. 1322, comma 1, c.c. prevede che «Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge», l'art. 1344 dispone che «La causa e' illecita quando e' contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume», l'art. 1346 prevede che «L'oggetto dei contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile»), ma solo disporre dei diritti disponibili di cui siano titolari. L'art. 13, comma 1 della l.r. 12/2012, inoltre, lede il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, dal momento che consente all'Amministrazione regionale di derogare a disposizioni di legge nell'ambito di accordi stipulati ai sensi dell'art. 11 della legge n. 241/1990, facendo venir meno l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Coloro che stipulano convenzioni o accordi con l'Amministrazione, infatti, sarebbero facoltizzati a derogare alla disciplina in materia di uso dei beni pubblici, che resterebbe invece inderogabile qualora l'Amministrazione provveda unilateralmente. Infine, in considerazione del fatto che nella «disciplina in materia d'uso dei beni pubblici» possono rientrare anche le disposizioni funzionali a garantire la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e del paesaggio, la norma regionale censurata appare invasiva anche della potesta' legislativa esclusiva statale prevista all'art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione, e non rispettosa di quanto previsto all'art. 6, comma 1, n. 3 dello Statuto di autonomia. L'art. 6 dello Statuto, infatti, attribuisce alla Regione la facolta' di adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme di integrazione e di attuazione anche relativamente ad «antichita' e belle arti tutela del paesaggio, della flora e della fauna». La disposizione censurata, consentendo potenziali deroghe alla normativa statale in materia dl tutela dell'ambiente, del paesaggio e dei beni culturali, eccede quindi l'ambito di autonomia attribuito dalla disposizione statutaria richiamata, che e' limitato alla «integrazione» e alla «attuazione» delle norme statali, e non consente dunque alla Regione di derogare alle stesse. Con riferimento al medesimo parametro, la disposizione e' illegittima anche nella parte in cui non esclude dall'ambito di applicazione della deroga le disposizioni inerenti ai beni di proprieta' statale. L'art. 112 del d.lgs. n. 42/2004, infatti, prevede che «la legislazione regionale disciplina le funzioni e le attivita' di valorizzazione del beni presenti negli istituti e nei luoghi della cultura non appartenenti alto Stato o dei quali lo Stato abbia trasferito la disponibilita' sulla base della normativa vigente». Ne consegue che alla Regione non e' consentito prevedere deroghe alle norme relative alla valorizzazione dei beni di proprieta' statale. Questo costituisce un principio fondamentale della materia della valorizzazione dei beni culturali, vincolante per il legislatore regionale.
P.Q.M. Si conclude perche' la disposizione regionale impugnata sia dichiarata costituzionalmente illegittima. Si producono: estratto della delibera del Consiglio dei ministri in data 27 luglio 2012; relazione, allegata alla medesima delibera, del ministro per i rapporti con le regioni. Roma, 30 luglio 2012 L'Avvocato dello Stato: D'Avanzo