N. 203 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 gennaio 2012

Ordinanza del 31 gennaio 2012 emessa dal  Tribunale  di  Potenza  nel
procedimento civile promosso da Adeyanju Lanrewaju  Monzur  ed  altri
contro Universita' degli Studi della Basilicata,  INPS  e  Presidenza
del Consiglio dei ministri. . 
 
Universita' - Norme in materia di organizzazione  delle  universita',
  di personale accademico e  reclutamento  -  Lettori  di  scambio  -
  Trattamento  economico  corrispondente  a  quello  di   ricercatore
  confermato a tempo definito, in  esecuzione  della  sentenza  della
  Corte di Giustizia CE  26  giugno  2001,  nella  causa  C-212/99  -
  Previsione dell'estinzione dei giudizi in materia,  in  corso  alla
  data di entrata in vigore della legge censurata  -  Violazione  del
  principio di uguaglianza - Lesione  del  diritto  di  azione  e  di
  difesa in giudizio - Violazione del principio di ragionevole durata
  del processo - Violazione degli obblighi  internazionali  derivanti
  dalla CEDU. 
- Legge 30 dicembre 2010, n. 240, art. 26, comma 3. 
- Costituzione, artt. 3, primo comma, 24, commi primo  e  secondo,  e
  111, comma secondo; Convenzione per  la  salvaguardia  dei  diritti
  dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 6. 
(GU n.40 del 10-10-2012 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Udienza del giorno 31 gennaio 2012. 
    Davanti al giudice del lavoro, dott. Leonardo Pucci sono comparsi
l'avv. Galvanini in sost. Avv. Picotti, per le parti  ricorrenti,  il
quale si riporta a tutti gli atti e alle note a verbale che deposita. 
    L'avv. Operamolla, per parte resistente, il quale si  riporta  ai
propri atti. 
    Rilevato che la causa concerne la  richiesta  dei  ricorrenti  di
ottenere, previa dichiarazione di nullita', annullamento, invalidita'
o inefficacia dei rispettivi contratti di  Collaboratore  ed  Esperto
Linguistico, il  riconoscimento  del  loro  diritto  ad  un  rapporto
unitario con l'Amministrazione resistente (Universita' degli Studi di
Basilicata) con trattamento  economico  pari  alle  seguenti  opzioni
subordinate: trattamento  accertato  da  precedenti  giudizi  fra  le
stesse parti (tutti passati in giudicato) e precisamente quantificato
nel 70% dello stipendio spettante  ad  un  ricercatore  confermato  a
tempo pieno; quello relativo al Professore associato a tempo definito
(corrispondente alle mansioni effettivamente svolte); quello definito
ai sensi dell'art. 1, legge n. 63/2004; 
    Rilevato che, nelle more del giudizio, e' intervenuta la legge n.
240/2010, la quale all'art. 26 dispone che: 
        «1. In esecuzione di  accordi  culturali  internazionali  che
prevedono l'utilizzo reciproco di  lettori,  le  universita'  possono
conferire  a  studiosi  stranieri  in  possesso  di   qualificata   e
comprovata professionalita'  incarichi  annuali  rinnovabili  per  lo
svolgimento di attivita' finalizzate alla diffusione della  lingua  e
della  cultura   del   Paese   di   origine   e   alla   cooperazione
internazionale. 
        2. Gli incarichi di cui al comma 1 sono conferiti con decreto
rettorale, previa delibera degli organi  accademici  competenti.  Con
decreto del Ministro, di concerto con il Ministro degli affari esteri
e con il Ministro dell'economia e delle  finanze,  sono  definite  le
modalita' per  il  conferimento  degli  incarichi,  ivi  compreso  il
trattamento economico a carico degli accordi di cui al comma 1. 
        3. L'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 14 gennaio  2004,
n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2004, n. 63,
si interpreta nel senso che, in esecuzione della sentenza della Corte
di giustizia delle Comunita' europee  26  giugno  2001,  nella  causa
C-212/99,  ai  collaboratori  esperti  linguistici,   assunti   dalle
universita' interessate quali lettori di  madrelingua  straniera,  il
trattamento  economico  corrispondente  a  quello   del   ricercatore
confermato a tempo  definito,  in  misura  proporzionata  all'impegno
orario effettivamente assolto, deve  essere  attribuito  con  effetto
dalla data di prima assunzione quali lettori di madrelingua straniera
a norma dell'articolo 28 del decreto del Presidente della  Repubblica
11 luglio 1980, n. 382, sino alla data  di  instaurazione  del  nuovo
rapporto   quali   collaboratori   esperti   linguistici,   a   norma
dell'articolo 4 del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito,
con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236. A decorrere da
quest'ultima data, a tutela dei  diritti  maturati  nel  rapporto  di
lavoro precedente, i collaboratori esperti linguistici hanno  diritto
a conservare, quale trattamento  retributivo  individuale,  l'importo
corrispondente alla differenza tra  l'ultima  retribuzione  percepita
come lettori di madrelingua straniera, computata  secondo  i  criteri
dettati dal citato decreto-legge  n.  2  del  2004,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 63  del  2004,  e,  ove  inferiore,  la
retribuzione complessiva loro spettante secondo le  previsioni  della
contrattazione collettiva di  comparto  e  decentrata  applicabile  a
norma del decreto-legge 21  aprile  1995,  n.  120,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n.  236.  Sono  estinti  i
giudizi in materia, in corso alla data di  entrata  in  vigore  della
presente legge»; 
    Ritenuto  che  nel  caso  di  specie,  contrariamente  a   quanto
evidenziato  dalla  difesa  dei  ricorrenti,   tale   norma   risulta
direttamente rilevante per  la  questione  oggetto  di  giudizio,  in
quanto  (a  prescindere  dal  fatto  che  la  legge  n.  63/2004  sia
direttamente invocata dai ricorrenti  stessi  in  una  delle  domande
subordinate), anche con riferimento alla domanda principale, il  caso
in  esame  deve  considerarsi  regolato  da  quest'ultima  normativa,
poiche' espressamente contiene una clausola di salvaguardia  rispetto
ai trattamenti migliori in godimento (trattamento che, nel  caso  dei
ricorrenti, rinviene la  sua  fonte  in  pronunce  giudiziali  e,  di
riflesso, nella contrattazione collettiva di  settore)  e  disciplina
proprio i rapporti dei lettori madre lingua; 
    Ritenuto, sul punto, che secondo il principio  iura  novit  curia
spetti al magistrato individuare le norme di riferimento  applicabili
al caso di specie, prescindendo dalla qualificazione data alle  parti
e che la legge n. 63/2004 (di conversione del D.L. n. 2/2004, il  cui
articolo 1 recita: «1. In esecuzione della sentenza pronunciata dalla
Corte di Giustizia delle Comunita' europee in  data  26  giugno  2001
nella causa C-212/99, ai collaboratori  linguistici,  ex  lettori  di
madre  lingua  straniera  delle   Universita'   degli   studi   della
Basilicata, di Milano, di Palermo, di Pisa, La Sapienza di Roma e  de
L'Orientale di Napoli, gia' destinatari  di  contratti  stipulati  ai
sensi dell'articolo 28 del decreto del Presidente  della  Repubblica,
11 luglio 1980, n.  382,  abrogato  dall'articolo  4,  comma  5,  del
decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 21 giugno 1995, n. 236, e' attribuito,  proporzionalmente
all'impegno  orario  assolto,  tenendo  conto  che  l'impegno   pieno
corrisponde a 500 ore,  un  trattamento  economico  corrispondente  a
quello del ricercatore confermato a tempo definito, con effetto dalla
data di prima assunzione,  fatti  salvi  eventuali  trattamenti  piu'
favorevoli; tale equiparazione e' disposta ai soli fini economici  ed
esclude l'esercizio da parte dei predetti collaboratori  linguistici,
ex lettori di madre lingua straniera, di qualsiasi funzione docente»)
e' perfettamente applicabile al caso dei ricorrenti, proprio  perche'
norma  speciale  rispetto  ai  piu'  generali  principi  di   diritto
richiamati dai ricorrenti nella memoria autorizzata (art. 2909 c.c.). 
    In particolare la legge n. 63/2004 (di cui la  norma  oggetto  di
questione di legittimita' costituzionale interpreta autenticamente il
significato), anche secondo l'insegnamento della Suprema Corte,  «non
comporta ne' il venir  meno  dell'efficacia  della  sentenza  ne'  la
cessazione della materia del contendere nelle controversie instaurate
per  far  valere  nei  confronti  delle  universita'  la  pretesa  di
trattamenti piu' favorevoli, che sono stati fatti salvi  dalle  nuove
disposizioni» (Cosi', tra le altre,  Cassazione  civile,  sez.  lav.,
22/02/2007, n. 4147), con la conseguenza che e' la norma  medesima  a
regolare la propria compatibilita' (nel disciplinare le  fattispecie)
con trattamenti che trovano la loro origine al di fuori della  stessa
legge n. 63/2004; 
    Ritenuto, allora, che in conseguenza dell'art. 26 della legge  n.
240/2010 lo scrivente magistrato dovrebbe dichiarare l'estinzione del
giudizio non potendosi interpretare il testo della legge per  il  suo
tenore chiaro e non equivocabile; 
    Ritenuta  la  non  manifesta  infondatezza   delle   censure   di
incostituzionalita' rispetto all'art. 26, comma 3 della citata  legge
n. 240/2010 in quanto: 
        A) la suddetta  norma  impone  al  giudice  di  estinguere  i
giudizi pendenti alla data di entrata  in  vigore  della  disciplina,
fondando tale dovere su di un asserito effetto dirimente  consistente
nel  ritenere  la  quantificazione   dell'importo   del   trattamento
economico dei collaboratori ed esperti linguistici, di cui alla legge
n.  63/2004,  sicuramente  rispondente  ai  canoni   di   regolarita'
comunitaria e costituzionale. 
    Al contrario, il fondamento di partenza  non  tiene  conto  delle
ipotesi in cui l'Amministrazione universitaria non  abbia  rispettato
il dato letterale della norma  in  questione,  non  riconoscendo,  in
altre parole, il trattamento suddetto  ai  collaboratori  ed  esperti
linguistici, rendendo cosi' impossibile per il giudice  del  giudizio
ordinario valutare l'operativita' dell'estinzione. 
    In altre parole, non essendovi margini di discrezionalita'  nella
dichiarazione di estinzione  e  non  prevedendosi  un  corrispondente
obbligo della PA di adempiere alla lettera  della  legge  n.  63/2004
(cosi' come interpretata autenticamente  dalla  legge  n.  240/2010),
almeno quale condizione dell'operativita' del dovere di estinguere il
processo, la norma viola l'art. 24 Cost., commi 1 e 2,  impedendo  al
cittadino di agire per la tutela dei propri  diritti,  arrestando  il
procedimento  in  rito,  con  la  conseguenza   di   frustrare   ogni
aspettativa ed imponendo al soggetto agente di riproporre la medesima
domanda (nel caso l'Amministrazione non si sia uniformata al  dettato
della legge), con aggravio di spese e di oneri non giustificabile  in
alcun modo; 
        B)  le  considerazioni  di  cui  al  punto  A),  portano   ad
individuare la non manifesta infondatezza anche  con  riferimento  ad
una non ragionevole disuguaglianza sostanziale tra cittadini  davanti
alla Legge, alla luce del fatto che per tutelare il medesimo  diritto
(incentrato pure sul rispetto da parte della P.A., di  una  norma  di
legge  che  le  imporrebbe  di  riconoscere  un  preciso  trattamento
economico), la parte che ha instaurato il giudizio dopo l'entrata  in
vigore della normativa del  2010  non  avrebbero  alcun  ostacolo  al
normale iter processuale, mentre coloro che (come  i  ricorrenti  del
presente giudizio) hanno iniziato il giudizio prima  dell'entrata  in
vigore della legge n. 240/2010 e tale giudizio  sia  ancora  pendente
(in qualsiasi stato e grado), incontrano una pronuncia  immediata  di
definizione in rito della controversia. 
    Sul punto, due situazioni soggettive identiche  vengono  trattate
dalla legge n. 240/2010 in maniera difforme e  tale  difformita'  non
trova alcuna giustificazione, proprio perche'  il  fatto  stesso  che
giudizi instaurati dopo l'entrata in vigore  della  legge  in  parola
possano iniziare e concludersi in maniera ordinaria,  evidenzia  come
non  vi  siano  ragioni  particolari  per   comminare   la   sanzione
dell'estinzione nei giudizi compresi nella lettera dell'art. 26 comma
3 legge n. 240/2010 e come, dunque, sia irragionevole  la  disparita'
di trattamento tra cittadini (tutti posti nelle medesime  condizioni)
davanti alla legge. 
    In altri termini, considerando  che  le  controversie  aventi  ad
oggetto la legge n. 63/2004 ineriscono non solo  ad  un  accertamento
del diritto, ma anche alla conseguente  condanna  patrimoniale  delle
Universita'  resistenti  (pagamento  delle  retribuzioni  cosi'  come
quantificate dalla legge stessa),  diviene  irragionevole  estinguere
una parte dei giudizi solo perche' compresi in  un  determinato  arco
temporale - entrata in vigore della normativa - alla luce  del  fatto
che la portata di quest'ultima disciplina  interpretativa  incide  al
piu'  sul  quantum  della  pretesa,  ma  non  risolve   il   problema
dell'inadempimento della P.A. 
    Anche rispetto all'art. 3 Cost., allora, deve dichiararsi la  non
manifesta infondatezza della  questione  di  costituzionalita'  della
norma di riferimento. 
        C) infine la norma contrasta anche con  il  disposto  di  cui
all'art. 11 Cost., nel momento in cui impone alla parte  di  iniziare
nuovamente  il  procedimento,  dopo  aver  subito  l'estinzione   del
giudizio ai sensi dell'articolo 26 legge n. 240/2010. 
    Non potendo considerarsi satisfattiva degli interessi della parte
la portata interpretativa della norma  di  legge  di  cui  sopra,  in
quanto,  come  visto  ai  punti  che  precedono,  non   permette   al
collaboratore ed  esperto  linguistico  di  ottenere  il  trattamento
economico previsto dalla legge n. 63/2004. 
    Cio' comporta un necessario allungamento dei tempi processuali  a
cui non fa da contrappeso alcun  interesse  particolare  o  generale,
poiche', come evidenziato, non vi e'  alcuna  obbligazione  a  carico
delle Universita'  il  cui  adempimento  conduce  all'estinzione  del
giudizio (come avviene ed e' avvenuto in altre  ipotesi  in  cui,  al
fine di deflazionare il contenzioso, e' stato previsto il  dovere  di
estinguere i giudizi in corso, previa verifica, da parte del giudice,
del pagamento da parte di un soggetto  pubblico  di  una  determinata
somma di denaro, ovvero l'adempimento di specifiche obbligazioni). 
    Nel caso della norma oggetto di rimessione, invece, non  si  puo'
parlare di ottica deflattiva e l'aumento della  durata  del  processo
diventa irragionevole, conducendo anche in questo caso ad un giudizio
di  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di   legittimita'
costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Ai sensi dell'articolo 23 legge n. 87/1953: 
        I) dichiara rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  in
relazione agli articoli 3 primo comma,  24  primo  e  secondo  comma,
nonche' 111 comma 2 della Costituzione, la questione di  legittimita'
costituzionale del comma 3, dell'articolo 26, della legge 30 dicembre
2010, n. 240, secondo quanto precisato in motivazione; 
        II) rimette gli atti alla Corte Costituzionale e sospende  il
giudizio in corso; 
        III) dispone, a cura della  Cancelleria,  che  gli  atti  del
giudizio siano trasmessi alla Corte Costituzionale per la risoluzione
della  prospettata  questione  e  che  la  presente   ordinanza   sia
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e sia  comunicata
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
 
                    Il giudice del lavoro: Pucci