N. 216 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 aprile 2012

Ordinanza del 17 aprile 2012 emessa  dal  Tribunale  di  Firenze  nel
procedimento penale a carico di Fujiyoshi Mikika. 
 
Reati e pene - Sottrazione e trattenimento  di  minore  all'estero  -
  Applicazione automatica della sanzione accessoria della sospensione
  dall'esercizio della potesta' dei genitori - Denunciata preclusione
  di qualsiasi valutazione discrezionale da parte del  giudice  circa
  l'interesse del minore  nel  caso  concreto  -  Irragionevolezza  -
  Lesione dei diritti inviolabili dei figli - Contrasto con le  norme
  internazionali in materia. 
- Codice penale, art. 574-bis. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 10, 30 e 31; Convenzione di New York  sui
  diritti del fanciullo, artt. 3, 7 e 8. 
(GU n.41 del 17-10-2012 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Il giudice, sciogliendo la riserva formulata, premesso  che  alla
odierna udienza del 17 aprile 2012 la  difesa  dell'imputata  F.  M.,
sollevava eccezione di incostituzionalita'  dell'art.  574  bis  c.p.
nella  parte  in  cui  si  prevede,  all'ultimo  comma  del  suddetto
articolo,  l'applicazione  della  sospensione  dall'esercizio   della
potesta' dei genitori nel caso in cui il  delitto  in  questione  sia
stato commesso da un genitore in danno del figlio. 
    A sostegno della  propria  istanza  la  difesa  dell'imputato  ha
evidenziato come la norma in questione presenta evidenti  profili  di
contrasto vuoi con l'art. 2, 30 e 31 Cost., vuoi con  le  Convenzioni
internazionali in materia di tutela di minori,  prima  fra  tutte  la
convenzione di New York sui diritti del  fanciullo  del  20  novembre
1989,   richiamando   altresi'   quanto   stabilito    dalla    Corte
Costituzionale nella recente sentenza n. 31 del 2012 nella  quale  si
prende in considerazione la fattispecie di cui all'art. 567  comma  2
c.p. dichiarando l'incostituzionalita'  della  suddetta  norma  nella
parte in cui prevede «che, in caso di condanna pronunciata contro  il
genitore  per  il  delitto  di   alterazione   di   stato,   previsto
dall'articolo 567, secondo comma,  del  codice  penale,  consegua  di
diritto la perdita della potesta' genitoriale, cosi'  precludendo  al
giudice ogni possibilita' di valutazione  dell'interesse  del  minore
nel caso concreto». 
    Ai rilievi della difesa dell'imputata  si  sono  opposti  sia  la
parte civile costituita sia  il  Pubblico  Ministero  i  quali  hanno
ritenuto che la norma di cui all'art. 574 bis c.p non comporta  alcun
profilo di incostituzionalita' in quanto l'applicazione automatica di
una sanzione accessoria e' prevista anche per  altre  fattispecie  di
reato ed inoltre non puo' equipararsi il delitto di cui all'art.  574
bis c.p. a quello di cui  all'art.  567  c.p.  oggetto  della  citata
sentenza della Corte  Costituzionale  in  quanto  il  bene  giuridico
tutelato dalle due norme incriminatrici e' diverso come diversa e' la
collocazione dei due istituti all'interno del codice  penale;  infine
diversa e' la natura della sanzione accessoria: nel caso in questione
la norma prevede l'applicazione della sospensione della potesta'  dei
genitori e quindi di una misura che ha una durata limitata nel  tempo
mentre in relazione al delitto di cui all'art. 567 c.p. si  prescrive
la sanzione della perdita della potesta' dei  genitori  che  comporta
una definitiva ablazione. 
    Tutto cio' premesso, questo giudice 
 
                               Rileva 
 
a) In merito alla rilevanza della  questione  proposta  in  relazione
alla definizione del procedimento a carico dell'imputata F. M. 
    Questo giudice rileva  come  che  il  giudizio  non  puo'  essere
definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
legittimita'  costituzionale,  perche'  in  caso   di   condanna   si
troverebbe  necessariamente  ad  applicare  all'imputata   anche   la
sanzione accessoria della  sospensione  dalla  potesta'  genitoriale.
Invero, il tenore della norma non consente al giudice  alcuno  spazio
di discrezionalita' nel decidere se applicare o meno la  citata  pena
accessoria. 
b) Con riguardo alla non manifesta infondatezza. 
    La questione  proposta  dalla  difesa  dell'imputata  non  appare
manifestatamente  irrilevante.  Invero  con  riferimento   alla   non
manifesta infondatezza, il rimettente osserva che, ai sensi dell'art.
2 Cost., la Repubblica garantisce e riconosce i  diritti  inviolabili
dell'uomo, sia come singolo, sia  nelle  formazioni  sociali  ove  si
svolge la sua personalita', e non si  potrebbe  dubitare  che  tra  i
diritti inviolabili del fanciullo vi sia quello  di  crescere  con  i
genitori e di essere educati da questi, salvo che  cio'  comporti  un
grave pregiudizio. 
    Cio' discenderebbe, in primo luogo, dagli artt. 30 e 31  Cost.  e
dall'art. 147 del codice civile, ma  anche  da  una  serie  di  norme
internazionali, vigenti nel nostro ordinamento a norma  dell'art.  10
Cost. e segnatamente dalla Convenzione di New York  sui  diritti  del
fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge
27  maggio  1991,  n.  176.  L'art.  7  della  Convenzione,  infatti,
attribuisce al bambino il diritto di conoscere i genitori e di essere
allevato da essi, mentre il successivo art. 8  obbliga  gli  Stati  a
preservare  le  relazioni  familiari  del  fanciullo,  sempre   fermo
restando il suo interesse superiore (art. 3), a tutela del  quale  e'
possibile adottare provvedimenti di  allontanamento  o  di  ablazione
della potesta' genitoriale. Questo giudice, inoltre, ritiene evidente
che, proprio per tutelare i  preminenti  interessi  del  minore,  gli
eventuali provvedimenti di sospensione  o  decadenza  dalla  potesta'
genitoriale  devono  essere  adottati  caso   per   caso,   all'esito
dell'attento esame di tutte le  peculiarita'  della  fattispecie,  al
fine di stabilire se quei provvedimenti corrispondano  effettivamente
al preminente interesse del  minore  stesso.  Cio'  escluderebbe,  ad
avviso del rimettente, che la sospensione della potesta'  genitoriale
possa essere comminata in via del tutto automatica a seguito  di  una
condanna per il delitto di  sottrazione  e  trattenimento  di  minore
all'estero, reato che -  a  differenza  di  quello  di  cui  all'art.
609-bis  cod.  pen.  -  non  e'  di  per  se'  sintomatico   di   una
generalizzata pericolosita' del genitore. 
    Viceversa, il denunciato art. 574 bis c.p. prevede, ad avviso  di
questo Tribunale; un automatismo de iure che  escluderebbe  qualsiasi
valutazione discrezionale da parte del giudice circa l'interesse  del
minore nel  caso  concreto  e  violerebbe,  quindi,  gli  evidenziati
parametri costituzionali. 
    In altri termini, poiche'  l'interesse  primario  del  figlio  e'
quello di crescere  ed  essere  educato  all'interno  della  famiglia
naturale, si dovrebbe porre in evidenza  che  occorre  un  vaglio  da
parte dell'autorita' giudiziaria, al fine di verificare quale sia  la
migliore  tutela  per  il  minore  nel  caso  concreto,  ben  potendo
risultare irragionevole e, quindi, in contrasto con l'art.  3  Cost.,
l'applicazione automatica della pena accessoria della decadenza dalla
potesta' genitoriale a seguito  di  condotte  (in  ipotesi)  ispirate
proprio  da  una  finalita'  di  tutela  del  figlio,  a   causa   di
comportamenti pregiudizievoli posti in essere dall'altro genitore. Il
rimettente ricorda che la Corte costituzionale, con  la  sentenza  n.
253 del 2003, e' intervenuta sull'art. 222 cod.  pen.,  che  imponeva
l'applicazione della misura di sicurezza del ricovero in un manicomio
giudiziario in caso di proscioglimento per  infermita'  psichica.  In
detta decisione la Corte ha affermato l'irragionevolezza di una norma
«che  esclude  ogni  apprezzamento  della  situazione  da  parte  del
giudice,  per  imporgli  un'unica  scelta,  che  puo'  rivelarsi,  in
concreto, lesiva del necessario equilibrio fra le diverse esigenze». 
    L'irragionevolezza dell'automatismo in questione emerge anche ove
si consideri che i provvedimenti di  sospensione  o  decadenza  dalla
potesta' genitoriale, attribuiti al Tribunale per i Minorenni, di cui
agli  artt.  330  e  333  cod.  civ.,  sono  adottati  all'esito   di
approfondita  analisi  della  situazione,  «solo  quando  vi  sia  la
ricorrenza di un pregiudizio agito dai  genitori  nei  confronti  dei
figli derivante da una mancata osservanza dei doveri  nascenti  dalla
titolarita' della potesta'». 
    Infatti, nella fattispecie in questione vengono  in  rilievo  non
soltanto  l'interesse  dello  Stato  all'esercizio   della   potesta'
punitiva nonche' l'interesse dell'imputato (e delle  altre  eventuali
parti processuali) alla celebrazione di un giusto processo,  condotto
nel rispetto  dei  diritti  sostanziali  e  processuali  delle  parti
stesse, ma anche l'interesse del figlio minore a vivere e a  crescere
nell'ambito  della   propria   famiglia,   mantenendo   un   rapporto
equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori,  dai  quali  ha
diritto di ricevere cura, educazione ed istruzione. 
    Sul punto pertanto non puo'  che  condividersi  il  principio  di
diritto affermato nella recente sentenza della  Corte  costituzionale
n. 31 del 2012 in relazione all'illegittimita'  costituzionale  della
sanzione accessoria di cui art. 569 c.p. per cui quando si decide  in
materia di potesta' di genitori si incide  anche  sull'interesse  del
minore oggetto di detta potesta'. 
    Peraltro il diritto del minore al  mantenimento  di  un  rapporto
continuativo ed equilibrato con i  propri  genitori  «costituisce  un
interesse complesso, articolato in diverse situazioni giuridiche, che
hanno  trovato   riconoscimento   e   tutela   sia   nell'ordinamento
internazionale sia in quello interno. 
    Quanto al primo, la Convenzione sui diritti  del  fanciullo  (per
quest'ultimo dovendosi intendere «ogni essere  umano  avente  un'eta'
inferiore  a  diciotto  anni,  salvo  se  abbia  raggiunto  prima  la
maturita'  in  virtu'  della  legislazione  applicabile»,  ai   sensi
dell'art. 1 della  Convenzione  stessa),  fatta  a  New  York  il  20
novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in  Italia  con  legge  27
maggio 1991, n. 176, dispone nell'art. 3, primo comma, che «in  tutte
le  decisioni  relative  ai  fanciulli,  di  competenza   sia   delle
istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali,
delle  autorita'   amministrative   o   degli   organi   legislativi,
l'interesse superiore del fanciullo deve  essere  una  considerazione
preminente». La Convenzione europea sull'esercizio  dei  diritti  dei
fanciulli, adottata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il 25 gennaio
1996, ratificata e resa esecutiva con legge 20 marzo 2003, n. 77, nel
disciplinare il processo decisionale nei procedimenti riguardanti  un
minore,  detta  le  modalita'  cui   l'autorita'   giudiziaria   deve
conformarsi «prima di giungere  a  qualunque  decisione»,  stabilendo
(tra l'altro) che l'autorita'  stessa  deve  acquisire  «informazioni
sufficienti  al  fine  di  prendere  una   decisione   nell'interesse
superiore del minore». La Carta dei diritti fondamentali  dell'Unione
europea  del  7  dicembre  2000,  adattata  il  12  dicembre  2007  a
Strasburgo, nell'art. 24, comma secondo, prescrive che «in tutti  gli
atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorita' pubbliche o
da istituzioni private, l'interesse superiore del minore deve  essere
considerato preminente»; e  il  comma  terzo  del  medesimo  articolo
aggiunge che «Il  minore  ha  diritto  di  intrattenere  regolarmente
relazioni personali e contatti diretti  con  i  due  genitori,  salvo
qualora  cio'  sia  contrario  al  suo  interesse».  Come  si   vede,
nell'ordinamento internazionale e' principio acquisito  che  in  ogni
atto comunque riguardante un minore  deve  tenersi  presente  il  suo
interesse, considerato  preminente.  E  non  diverso  e'  l'indirizzo
dell'ordinamento interno, nel quale l'interesse  morale  e  materiale
del minore ha assunto carattere di  piena  centralita',  specialmente
dopo la riforma attuata con legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del
diritto di famiglia), e dopo la riforma dell'adozione realizzata  con
la  legge  4  maggio  1983,  n.  184  (Disciplina   dell'adozione   e
dell'affidamento dei minori), come modificata dalla  legge  28  marzo
2001, n. 149, cui hanno fatto seguito una serie di leggi speciali che
hanno introdotto forme di tutela sempre piu' incisiva dei diritti del
minore. 
    Cio'  posto,  si  deve  osservare  che  la  legge  non  da'   una
definizione della potesta' genitoriale, ma nell'art.  147  cod.  civ.
prevede i doveri dei  coniugi  verso  i  figli,  individuandoli  come
obblighi di «mantenere, istruire ed educare la prole,  tenendo  conto
delle capacita', dell'inclinazione naturale e delle  aspirazioni  dei
figli». La norma ripete la formula dell'art. 30, primo  comma,  Cost.
(«E' dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed  educare  i
figli, anche se nati fuori del matrimonio») e dal combinato  disposto
delle due disposizioni si evince il nucleo di detta potesta', che  si
collega all'obbligo dei genitori di assicurare ai figli  un  completo
percorso educativo, garantendo loro il  benessere,  la  salute  e  la
crescita anche spirituali, secondo le  possibilita'  socio-economiche
dei genitori stessi. 
    E'  evidente,   dunque,   che   la   potesta'   genitoriale,   se
correttamente esercitata, risponde all'interesse morale  e  materiale
del minore, il quale, dunque, e'  inevitabilmente  coinvolto  da  una
statuizione che di quella potesta' sancisca la perdita ovvero la  sua
sospensione. 
    E' possibile, e la  stessa  Costituzione  lo  prevede  (art.  30,
secondo comma), che uno o entrambi i genitori si rivelino incapaci di
assolvere  i  loro  compiti,  con  conseguente  necessita'   per   il
legislatore di disporre interventi sostitutivi (artt. 330 e  seguenti
cod. civ.). E del pari e' possibile che  la  condotta  di  uno  o  di
entrambi i genitori sia idonea ad integrare gli estremi di un  reato,
in relazione al quale il legislatore, nel ragionevole esercizio della
sua discrezionalita', ritenga che, in  caso  di  condanna,  si  debba
rendere applicabile la pena accessoria della perdita della potesta'. 
    Tuttavia,  proprio  perche'  la  pronunzia  di  decadenza  va  ad
incidere sull'interesse del minore sopra indicato, non e' conforme al
principio di  ragionevolezza,  e  contrasta  quindi  con  il  dettato
dell'art. 3 Cost., il disposto della norma censurata  che,  ignorando
il detto interesse, statuisce la perdita della potesta' sulla base di
un mero automatismo, che preclude al  giudice  ogni  possibilita'  di
valutazione e di bilanciamento, nel caso  concreto,  tra  l'interesse
stesso e la necessita' di applicare comunque la  pena  accessoria  in
ragione della natura e delle caratteristiche dell'episodio criminoso,
tali da giustificare  la  detta  applicazione  appunto  a  tutela  di
quell'interesse. 
    «E'  ragionevole,  pertanto,  affermare  che  il  giudice   possa
valutare, nel caso concreto, la sussistenza  di  detta  idoneita'  in
funzione della tutela dell'interesse del minore». 
 
                               P.Q.M. 
 
    Tutto cio' premesso e rilevato, questo Tribunale, visto l'art. 23
e ss. L. 11 marzo 1953 n. 87, dispone l'immediata trasmissione  degli
atti alla Corte Costituzionale sospendendo il giudizio in  corso  con
riferimento alla legittimita' costituzionale dell'art. 574  bis  c.p.
nella parte in cui stabilisce che, in caso  di  condanna  pronunciata
contro il genitore per il delitto di sottrazione e  trattenimento  di
minore all'estero consegua di diritto la sospensione  della  potesta'
genitoriale,  cosi'  precludendo  al  giudice  ogni  possibilita'  di
valutazione dell'interesse del minore nel caso concreto. 
    Manda alla cancelleria per i successivi adempimenti. 
        Firenze, addi' 17 aprile 2012 
 
                         Il giudice: Cataldo