N. 242 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 maggio 2012

Ordinanza del 2 maggio 2012 emessa dal Giudice di pace di Milano  nel
procedimento  civile  promosso  da  Suisse  Srl  contro   Camera   di
commercio, industria, artigianato e agricoltura di Milano. 
 
Procedimento civile - Astensione e ricusazione del giudice -  Giudice
  di pace che, a causa del sistema retributivo fondato sul "cottimo",
  ritiene di non poter essere o  di  non  poter  apparire  imparziale
  - Facolta' di astenersi senza autorizzazione del capo  dell'ufficio
  - Omessa previsione - Contrasto con  la  garanzia  di  terzieta'  e
  imparzialita' del giudice, con il dovere di adempiere  le  funzioni
  pubbliche  con  disciplina  ed  onore,  e  con  il   principio   di
  ragionevolezza -  Auspicio  che  la  Corte  costituzionale  proceda
  all'autorimessione della questione di costituzionalita' della norma
  (art. 11, comma 2, della legge n.  374  del  1991)  che  regola  il
  trattamento economico del giudice di pace. 
- Cod. proc. civ., art. 51. 
- Costituzione, artt. 3, 54, comma secondo, e 111, comma secondo. 
(GU n.43 del 31-10-2012 )
 
                         IL GIUDICE DI PACE 
 
    Ha pronunciato la seguente  ordinanza  nella  causa  promossa  da
Suisse srl, con sede in Milano, corso Venezia n. 61, con. Avv. Simone
Ferrario; Opponente; 
    Contro  la  camera  di  Commercio,   Industria,   Artigianato   e
Agricoltura di Milano (C.C.I.A.A.), con sede in Milano, via Meravigli
n. 9/b, Opposta. 
 
                                Fatto 
 
    La Societa' Suisse srl, con sede in Milano, corso Venezia n.  61,
in persona del suo legale rappresentante e amministratore unico  sig.
Giuseppe  Gambino  (successivamente  rappresentata  e  difesa  giusta
procura  speciale  dall'Avv.   Simone   Ferrario   ed   elettivamente
domiciliata presso il suo studio in Milano, via B. Cellini n. 2/B) in
data  21  settembre  2011  proponeva   ricorso   contro   l'Ordinanza
Ingiunzione n. 2011/66003611 -  emessa  in  data  31  maggio  2011  e
notificata in data 25 agosto  2011  -  con  la  quale  la  Camera  di
Commercio di Milano le ingiungeva  il  pagamento  di  euro  2.065,00,
oltre ad euro 25,00 per diritti e spese,  «per  aver  presentato,  in
data 29 settembre 2006, l'atto relativo alla comunicazione  di  socio
unico di s.r.l./ricostituzione pluralita' dei soci con effetto dal  3
novembre 1992, oltre il termine prescritto dalle vigenti disposizioni
di legge.» 
    La ricorrente chiedeva  l'annullamento  dell'impugnata  Ordinanza
sostenendo di non aver violato alcun obbligo di legge. 
    La Camera di Commercio di Milano si costituiva in Cancelleria  in
data 10  febbraio  2012  con  una  comparsa  con  la  quale  «in  via
preliminare» eccepiva l'incompetenza del giudice  adito  (giudice  di
pace) sostenendo invece la competenza per materia del Tribunale (art.
22-bis della legge 24 novembre 1981, n.  689  e  art.  36  D.Lgs.  1°
settembre 2011, n. 150, entrato in vigore il 6 ottobre 2011). 
    L'Amministrazione opposta,  a  sostegno  del  suo  provvedimento,
richiamava le disposizioni di cui agli artt. 2630 e  2470,  comma  4,
cod. civ. e, nel merito, concludeva chiedendo il rigetto del  ricorso
con la vittoria delle spese processuali. 
    Nel corso della prima udienza il giudice autorizzava il  deposito
di memorie difensive. Ciascuna delle  parti  presentava  una  propria
memoria con la quale insisteva nelle proprie domande e/o eccezioni. 
    L'Amministrazione  opposta,   in   particolare,   insisteva   per
l'incompetenza «per materia» del giudice  di  pace  in  favore  della
competenza del Tribunale di Milano e la ricorrente - «nella  denegata
ipotesi in cui venisse accolta l'avversa  eccezione  di  incompetenza
per materia» - chiedeva di  poter  riassumere  la  causa  davanti  al
giudice competente ratione materiae o di poter - previa rimessione in
termini - proporre valida opposizione davanti al Tribunale. 
    All'udienza del  27  aprile  2012  il  giudice  si  riservava  di
decidere. 
 
                               Diritto 
 
    Questo giudice, per le considerazioni che seguono, ritiene che la
decisione  sull'eccezione  di  incompetenza  per  materia   sollevata
dall'Amministrazione opposta, debba essere preceduta dalla  soluzione
di  una  questione  di  legittimita'  costituzionale  concernente  la
possibilita' per il giudice di astenersi anche senza l'autorizzazione
del capo dell'ufficio, quando, a parere del giudice,  non  sussistono
le condizioni che possano garantire al giudice di  essere  imparziale
e/o di apparire imparziale. 
    L'indipendenza e l'imparzialita' del giudice  -  sempre  ritenute
essenziali per l'esercizio di  qualsiasi  funzione  giurisdizionale -
con la Legge costituzionale 23 novembre 1992, n. 2, sono state  anche
formalmente e solennemente riaffermate e al secondo  colma  dell'art.
111 della Costituzione e' previsto che «Ogni processo deve  svolgersi
... davanti ad un giudice terzo ed imparziale». 
    Il giudice, un qualsiasi giudice e quindi  anche  un  giudice  di
pace - in base a quanto ha insegnato la Corte  costituzionale  e,  in
diverse occasioni, ha anche affermato il Presidente della  Repubblica
- deve non  solo  essere  obiettivo  ed  imparziale,  ma  deve  anche
apparire o poter apparire obiettivo ed imparziale. 
    La Corte costituzionale, in una Sua non recente  Sentenza,  dalla
quale non si e' mai discostata, ha  affermato  che  «Va  escluso  nel
giudice qualsiasi anche indiretto interesse alla causa da decidere, e
deve  esigersi  che  la  legge  garantisca  l'assenza  di   qualsiasi
aspettativa  di  vantaggi,  come  di  timori  di  alcun  pregiudizio,
preordinando gli  strumenti  atti  a  tutelare  l'obiettivita'  della
decisione» (Sent. n. 60/1969). 
    Invece, per i giudici di pace (ma anche per i giudici  tributari)
la legge prevede un sistema retributivo  fondato  sul  «cottimo»  (un
certo compenso per ogni procedimento definito o cancellato dal  ruolo
o per ogni ricorso deciso) che nuoce all'obiettivita' della decisione
e alla credibilita' del giudice. 
    La retribuzione a cottimo, indubbiamente  ha  il  pregio,  ma  al
tempo stesso il difetto (di gran lunga piu' rilevante del pregio), di
far sorgere un interesse personale  (incompatibile  con  la  funzione
giurisdizionale) a decidere e a decidere nel minor tempo possibile il
maggior numero di cause. 
    I giudici retribuiti a cottimo, obiettivamente, non di rado  sono
condizionati nelle loro decisioni ed emettono  provvedimenti  che  ad
almeno una delle parti  possono  apparire  «inquinati»  da  interessi
personali. 
    Non puo' peraltro escludersi che  alcuni  giudici,  probabilmente
pochi, per non apparire «interessati», possano  emettere  o  emettano
provvedimenti in contrasto con il loro personale interesse ma che non
emetterebbero se non fossero retribuiti a cottimo. 
    Sulla retribuzione a cottimo per i giudici di pace,  alcuni  anni
fa (25 ottobre 2005), alcuni membri  del  Consiglio  superiore  della
Magistratura -  aderenti  al  Movimento  per  la  Giustizia  -  hanno
lanciato un allarme: «Gli effetti anomali del sistema di retribuzione
(prevalentemente a "cottimo'')  dei  giudici  di  pace  costituiscono
costante  e  prevalente  causale   dei   rilievi   deontologici   che
interessano i  magistrati  onorari,  di  cui  il  plenum  e'  giudice
disciplinare.  Nonostante  il  limite  previsto  di  recente  per  le
indennita' dei giudici di pace  (72.000  euro  annui),  continuano  a
pervenire  segnalazioni  di  condotte  finalizzate  ad   incrementare
l'utile   economico   attraverso   autentiche    distorsioni    della
giurisdizione. Si tratta di condotte che...  imporrebbero  una  seria
revisione normativa delle modalita' di compenso delle attivita' della
magistratura di pace.» 
    Non  risulta,  o  almeno  non  risulta  allo  scrivente,  che  la
situazione sia cambiata in meglio o che gli aderenti al Movimento per
la Giustizia abbiano cambiato opinione. 
    Alcuni giudici ordinari  (sia  pure  onorari)  e  alcuni  giudici
tributari, ritenendo la  retribuzione  a  cottimo  incompatibile  con
l'esercizio di una qualsiasi  funzione  giurisdizionale,  hanno  piu'
volte richiamato l'attenzione della Corte costituzionale sulle  norme
che prevedono tale sistema retributivo ma la  Corte  non  si  e'  mai
pronunciata nel merito per mancanza di «rilevanza» nel giudizio a quo
della relativa questione. 
    Sarebbe auspicabile, pero', a parere di questo  giudice,  che  la
Corte si pronunziasse per rimuovere una situazione di incertezza  ma,
ovviamente, debbono sussistere i presupposti pecche la Corte possa  e
debba pronunziarsi. 
    Nel caso oggetto d'esame, in base a quanto il Giudice delle leggi
ha affermato in una Sua non recente Sentenza, forse pero'  sussistono
i presupposti perche' la Corte sollevi d'ufficio davanti a se  stessa
questione di legittimita' costituzionale della norma che  prevede  la
retribuzione a cottimo per i giudici di pace (art. 11, comma 2, legge
n. 374/1991). 
    In passato la Corte costituzionale ha affermato infatti  che  «La
Corte puo' sollevare davanti a  se  stessa  in  via  incidentale  una
questione  di  legittimita'  Costituzionale  solo  allorche'   dubiti
dell'incostituzionalita' di una norma, diversa da  quelle  impugnata,
ma che essa e' chiamata necessariamente ad applicare nell'iter logico
per arrivare alla decisione sulla questione che le e' stata proposta:
in  altri  termini,  deve  trattarsi  di  norma   che   si   presenti
pregiudiziale alla definizione  della  questione  principale  e  come
strumentale rispetto alla emananda decisione» (Sent. n. 122/76). 
    L'art. 11, comma 2,  della  legge  n.  374/1991  prevede  che  al
giudice di pace venga corrisposto il compenso di «euro 56,81 per ogni
processo assegnato e comunque definito o cancellato dal ruolo». 
    Questo giudice deve pronunziarsi sull'eccezione  di  incompetenza
per  materia  sollevata  dall'Amministrazione  opposta   e   potrebbe
emettere  o  un'Ordinanza  di  accoglimento   e   quindi   dichiarasi
incompetente oppure un'Ordinanza di rigetto per poi passare al merito
della causa. 
    Per  il  giudice  le  due  Ordinanze,  obiettivamente,  non  sono
equivalenti. 
    Per l'Ordinanza di accoglimento - in base al citato art. 11 della
legge n.  374/1991-  infatti  il  giudice  riceverebbe  un  «congruo»
compenso (€ 56,81) e il compenso sarebbe ancora piu' «congruo»  se  i
ricorsi da decidere (come non di rado succede) fossero dieci o  cento
,.. mentre per l'Ordinanza di rigetto non riceverebbe alcun compenso. 
    Quindi nel decidere sull'eccezione di  incompetenza  per  materia
sollevata    dall'Amministrazione     opposta     questo     giudice,
obiettivamente, non puo' essere  o  quanto  meno  non  puo'  apparire
«imparziale». 
    La norma di cui all'art. 11, comma 2,  della  legge  n.  374/1991
probabilmente e' costituzionalmente illegittima perche' impedisce  al
giudice  di  essere  o  di  apparire  obiettivo  ed  imparziale   ma,
ovviamente, non e' una norma  applicabile  nel  presente  giudizio  e
quindi non puo' incidere almeno  in  modo  diretto  sulla  decisione.
Tuttavia - come ha riconosciuto  la  stessa  Avvocatura  dello  Stato
intervenuta in un recente giudizio di legittimita'  costituzionale  -
la citata norma puo' incidere (solo !) «sulla serenita'  di  giudizio
del giudicante». 
    Questo  giudice  non   intende   sollevare   una   questione   di
legittimita' costituzionale sulla norma  che  regola  il  trattamento
economico  del  giudice  di  pace  «certo   di   una   pronuncia   di
inammissibilita'  per  irrilevanza»,  ma   auspica   che   la   Corte
costituzionale voglia farlo, ma dovendo e volendo essere imparziale e
dovendo  e  volendo  apparire  imparziale,  ritiene  (o   riterrebbe)
doveroso astenersi. 
    L'astensione del giudice e'  regolata  dall'art.  51  cod.  proc.
civ., che, a parere dello scrivente, pero', nel  testo  attuale,  non
consente al giudice, al di fuori dei casi espressamente previsti  dal
primo comma, di astenersi senza autorizzazione del capo dell'ufficio,
il quale con suo provvedimento assolutamente  discrezionale  potrebbe
negarla. 
    L'autorizzazione,  infatti,  non  e'  un  atto  dovuto  e  questo
giudice, peraltro, ha  motivo  di  ritenere  che  una  sua  eventuale
istanza di autorizzazione verrebbe rigettata  dal  suo  capo  ufficio
quanto meno  perche',  probabilmente  a  torto,  sarebbe  considerata
«tardiva». 
    Questo  giudice  invece  sottopone  al   giudizio   della   Corte
costituzionale l'art. 51 cod. proc. civ. - nella parte in  cui  detto
articolo non prevede che il giudice di pace, che ritiene di non poter
essere o di  non  poter  apparire  imparziale  a  causa  del  sistema
retributivo  fondato  sul  cottimo  (art.  11,  comma  2,  legge   n.
374/1991), possa astenersi senza autorizzazione del capo dell'ufficio
-  in  relazione  all'art.  111,   comma   2,   «Ogni   processo   si
svolge...davanti a giudice terzo e imparziale» e all'art.  54,  comma
2, «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il  dovere
di  adempierle   con   disciplina   ed   onore...»   e   all'art.   3
(ragionevolezza) della Costituzione. 
    Ed infine appare opportuno evidenziare che i giudici di pace,  in
quanto retribuiti a cottimo e  quindi  soltanto  per  i  procedimenti
definiti o cancellati  dal  ruolo,  non  astenendosi  possono  trarre
qualche vantaggio mentre astenendosi «limitano» i loro compensi. 
    Trattasi di questione, per quanto  esposto,  «non  manifestamente
infondata»  ed  anche  «rilevante»  ai  fini  della  decisione  della
presente  causa  ed  in   particolare   ai   fini   della   decisione
sull'eccezione    di    incompetenza    per     materia     sollevata
dall'Amministrazione opposta. 
    Infatti se il citato art. 51 cod.  proc.  civ.  -  del  quale,  a
parere  di  questo  giudice,  non  puo'  essere  data   una   diversa
interpretazione - fosse costituzionalmente illegittimo questo giudice
potrebbe  legittimamente  astenersi  e  la  presente  causa  verrebbe
assegnata ad altro giudice. 
    Se invece il citato  art.  51  cod.  proc.  civ.  dovesse  essere
costituzionalmente  legittimo  questo  giudice  potrebbe  e  dovrebbe
pronunciarsi sull'eccezione di incompetenza per materia, pur  avendo,
obiettivamente, un interesse personale ad  emettere  un'Ordinanza  di
accoglimento e quindi di incompetenza per materia e  a  non  emettere
un'Ordinanza di rigetto. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 della Legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara, d'ufficio, «non manifestamente infondata» e «rilevante»
per quanto in motivazione la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 51 cod. proc. civ. - nella parte in cui detto articolo  non
prevede che il giudice di pace, che ritiene di non poter essere o  di
non poter apparire imparziale a causa del sistema retributivo fondato
sul  cottimo,  possa  astenersi   senza   autorizzazione   del   capo
dell'ufficio - in relazione all'art. 111, comma 2, (imparzialita' del
giudice), all'art. 54,  comma  2,  (modalita'  di  svolgimento  delle
funzioni   pubbliche),   e   all'art.   3   (ragionevolezza)    della
Costituzione. 
    Ordina che gli atti siano trasmessi alla Corte  costituzionale  e
sospende il giudizio in corso; 
    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  a  cura  della
Cancelleria alle parti (Suisse srl e Camera di Commercio,  Industria,
Artigianato e  Agricoltura  di  Milano)  nonche'  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere. 
        Milano, 30 aprile 2012 
 
                   Il Giudice di Pace: Piscitello