N. 254 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 luglio 2012
Ordinanza del 20 luglio 2012 emessa dalla Corte dei conti - Sez. giurisdizionale per la Regione Campania sul ricorso proposto da Staro Salvatore contro Presidenza del Consiglio dei ministri e INPDAP . Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria - Interventi in materia previdenziale - Trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie i cui importi superino complessivamente i 90.000 euro lordi - Assoggettamento a decorrere dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014 ad un contributo di perequazione pari al 5 per cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, al 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro e al 15 per cento per la parte eccedente 200.000 euro - Lesione del principio di solidarieta' sociale - Violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo dell'irragionevolezza e del deteriore trattamento di pensionati del settore pubblico rispetto a quelli del settore privato - Lesione del principio dell'indennizzo in caso di espropriazione - Violazione del principio di capacita' contributiva - Violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, art. 18, comma 22-bis. - Costituzione, artt. 2, 3, 36, 42, comma terzo, 53 e 97, primo comma.(GU n.45 del 14-11-2012 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n. 64781/PC del registro di segreteria depositato in data 26 ottobre 2011 dal sig. Salvatore Staro, nato a Capua (CE) il 20 dicembre 1932, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine del ricorso, dall'avv. Luigi Adinolfi e con questi elettivamente domiciliato in Napoli alla via Po n. 1 (Parco Parva Domus) presso lo studio dell'avv. Stefano Sorgente, per la riliquidazione del trattamento pensionistico in godimento «nella sua interezza e con esclusione dell'applicazione delle norme del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78 convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010 n. 122»; Esaminati i documenti e gli atti tutti della causa; Udito alla pubblica udienza del giorno 31 maggio 2012 soltanto l'avv. Luigi Adinolfi, il quale, depositate copie dell'ordinanza n. 89/2012 e della sentenza non definitivo n. 53/2012 del TAR Calabria a sostegno della prospettazione attorea, ha sinteticamente richiamato, altresi', i rilievi operati nel ricorso, insistendo perche' venisse almeno parzialmente accolto e perche', comunque, venisse sollevata questione di legittimita' costituzionale della disposizione di riferimento; Premesso che Con il ricorso indicato in epigrafe parte attrice, che ha evocato in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l'INPDAP (Sede Centrale di Roma e Sede Provinciale di Caserta) provvedendo altresi' a riassumere in data 3 febbraio 2012 l'atto introduttivo del giudizio nei confronti dell'INPS (subentrato all'INPDAP con decorrenza 1° gennaio 2012 per effetto dell'art. 21 della legge 22 dicembre 2011 n. 214, «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici»), ha chiesto con ampie e diffuse argomentazioni, esponendo preliminarmente di esse stato collocato in quiescenza con decorrenza 21 dicembre 2007 con la qualifica di Presidente di Sezione della Corte dei conti, il riconoscimento del suo diritto, previa rimessione degli atti alla Corte Costituzionale, a percepire il trattamento pensionistico ordinario nella sua interezza e senza l'applicazione della decurtazione stabilita dall'art. 18, comma 22-bis, decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito, Con modificazioni, in legge 15 luglio 2011 n. 111, con conseguente condanna delle amministrazioni resistenti alla corresponsione delle somme illegittimamente non erogate, con rivalutazione monetaria ed interessi, rilevandone il contrasto con varie disposizioni costituzionali. L'INPDAP - D.R. Campania e Molise si e' costituito in giudizio con nota inviata il 21 ottobre 2011 e reiterata il 16 aprile 2012, presentando altresi', per il tramite dell'Ufficio Avvocatura INPDAP, copie di documenti pensionistici relativi alla posizione in controversia, quali la determinazione di pensione n. NA012007003747 ed alcuni prospetti contabili. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha trasmesso in data 21 maggio 2012 gli atti liquidativi del trattamento di quiescenza del dott. Salvatore Staro adottati dal Segretariato Generale e inviati a suo tempo all'INPDAP (ora INPS), ha poi prodotto in data 24 maggio 2012, per il tramite dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, comparsa di costituzione e risposta, in cui ha chiesto il rigetto della domanda attrice, ritenendola inammissibile ed infondata, con l'ausilio di articolate controdeduzioni circa la manifesta infondatezza dei rilievi d'incostituzionalita' dall'art. 18, comma 22-bis, decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011 n. 111, proposti da parte attrice. Considerato che 1. Il ricorrente, Presidente della Corte dei conti in quiescenza dal 21 dicembre 2007, titolare di pensione diretta di importo superiore a € 90.000,00 annui, con il presente ricorso chiede - come gia' anticipato nella premessa in fatto - il riconoscimento del proprio diritto di percepire il trattamento pensionistico ordinario, da calcolare senza le decurtazioni introdotte dall'art. 18, comma 22-bis, decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011 n. 111, nonche' la condanna dell'Amministrazione ai conseguenti pagamenti, se del caso con ogni accessorio di legge. A sostegno del ricorso deduce l'illegittimita' costituzionale del citato art. 18, comma 22-bis, decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011 n. 111, per violazione degli artt. 2, 3, 24, 36, 41, 42, 53, 97, 100, 101, 108, 111 e 113 Cost. La normativa contestata cosi' dispone: «In considerazione della eccezionalita' della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, a decorrere dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, i trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi complessivamente superino 90.000 euro lordi annui, sono assoggettati ad un contributo di perequazione pari al 5 per cento dello parte eccedente il predetto importo fino o 150.000 euro, nonche' pari al 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro e al 15 per cento per lo parte eccedente 200.000 euro; a seguito della predetta riduzione il trattamento pensionistico complessivo non puo' essere comunque inferiore a 90.000 euro lordi annui ... La trattenuta relativa al predetto contributo di perequazione e' applicata, in via preventiva e salvo conguaglio, o conclusione dell'anno di riferimento, all'allo della corresponsione di ciascun rateo mensile. Ai fini dell'applicazione della predetta trattenuta e' preso a riferimento il trattamento pensionistico complessivo lordo per l'anno considerato. L'INPS, sulla base dei dati che risultano dal casellario centrale dei pensionati, istituito con decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1388, e successive modificazioni, e' tenuto a fornire a tutti gli enti interessati i necessari elementi per l'effettuazione della trattenuta del contributo di perequazione, secondo modalita' proporzionali ai trattamenti erogati. Le somme trattenute dagli enti vengono versate, entro il quindicesimo giorno dalla data in cui e' erogato il trattamento su cui e' effettuata la trattenuta, all'entrata del bilancio dello Stato». La disposizione dianzi riportata prevede, altresi', che alla determinazione degli importi complessivi dei trattamenti pensionistici concorrano «i trattamenti erogati da forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, ivi comprese quelle di cui al decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 563, al decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 357, al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, nonche' i trattamenti che assicurano prestazioni definite dei dipendenti delle regioni a statuto speciale e degli enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, e successive modificazioni, ivi compresa la gestione speciale ad esaurimento di cui all'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, nonche' le gestioni di previdenza obbligatorie presso l'INPS per il personale addetto alle imposte di consumo, per il personale dipendente dalle aziende private del gas e per il personale gia' addetto alle esattorie e alle ricevitorie delle imposte dirette». Ritenuto che 2. Ritiene, anzitutto, il G.U. che sussiste la rilevanza della questione di costituzionalita' sollevata nel presente giudizio, in quanto, non solo il gravame ha «un petitum separato e distinto dalla questione di costituzionalita', sul quale il giudice remittente sia legittimamente chiamato, in ragione della propria competenza, a decidere» (C. Cost., sentenze n. 4 del 2000 e n. 38 del 2009), ma soprattutto il petitum medesimo concerne il riconoscimento del diritto del ricorrente a conservare il proprio trattamento pensionistico senza le decurtazioni disposte dal citato comma 22-bis dell'art. 18, per cui, trattandosi di disposizioni di diretta ed immediata applicazione, sarebbe impossibile pervenire al riconoscimento di tale diritto, se non attraverso la necessitata rimozione della norma attraverso la via della richiesta e correlata declaratoria di illegittimita' costituzionale di tale disposizione normativa. Se il G.U., invero, non dubitasse della compatibilita' costituzionale della norma in esame rispetto ai precetti e principi della carta fondamentale, la pretesa di parte attrice dovrebbe senz'altro essere dichiarata infondata e respingersi, in quanto le decurtazioni stipendiali qui censurate sono fissate direttamente ed inderogabilmente dalle stringenti ed inequivoche disposizioni di legge applicate doverosamente dall'amministrazione datrice di lavoro, senza alcuna possibilita' di applicazioni od interpretazioni alternative. Ritiene, inoltre, il G.U. che le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 22-bis, decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011 n. 111 prospettate dal ricorrente, e comunque rilevabili d'ufficio, siano non manifestamente infondate sotto vari aspetti, per quanto oltre si dira'. 3. Va premesso che il D.L. n. 98/2011 e' sfato adottato, come espone in premessa, in considerazione della «straordinaria necessita' ed urgenza di emanare disposizioni per la stabilizzazione finanziaria e per il contenimento della spesa pubblica, al fine di ottemperare a quanto previsto dagli impegni presi in sede comunitario, nonche' di emanare misure di stimolo fiscale per favorire il rilancio della competitivita' economica». Nel quadro di una serie di previsioni finalizzate al contenimento della speso pubblica ed alla stabilizzazione finanziaria, si colloca, appunto, l'art. 18, relativo ad «Interventi in materia previdenziale», che impone ai pensionati pubblici sacrifici di considerevole entita'. In sintesi, le previsioni sono le seguenti; aumento dell'eta' pensionabile delle donne dipendenti del settore privato e delle lavoratrici autonome; blocco della rivalutazione delle pensioni superiori a cinque volte il minimo, che avranno diritto ad una perequazione ridotta al 70% solo per la fascia fino a tre volte il trattamento minimo; contributo «di solidarieta'», trattenuto dall'Ente erogatore del trattamento pensionistico, per i titolari di pensione superiore ai 90.000 € lordi annui (cd. «pensioni d'oro»: comma 22-bis, disposizione della cui applicazione di controverte); anticipo al 2013 dell'aumento dell'eta' pensionabile legato all'aspettativa di vita; posticipo della finestra mobile per i lavoratori che vanno in pensione di anzianita' con 40 anni di contribuzione; riduzione delle pensioni ai superstiti; obbligatorieta' delta iscrizione dei pensionati con reddito da lavoro autonomo alle casse dei professionisti; vari criteri di interpretazione autentica che mettono fine al contenzioso intrapreso dai pensionati e dai lavoratori. 4. Occorre anzitutto osservare che «una norma cosi' concepita appare configurarsi come prestazione patrimoniale imposta, ex art. 23 Cost., nonche' come prelievo forzoso di natura tributaria, che dovrebbe essere rispettoso dei principi di eguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.) correlati a quello di capacita' contributiva (art. 53 Cost.). Infatti, l'imposizione di detti nuovi sacrifici economici individuali e' stata realizzata attraverso un atto autoritativo generale di carattere ablatorio e la destinazione del gettito scaturente da tale ablazione concorre al fabbisogno finanziario dello Stato sotto forma di risparmio di spesa. In realta', al di la' del nomen (risparmio, rallentamento di dinamiche retributive, contributo, ecc.), si tratta di un vero e proprio prelievo forzoso di somme stipendiali a copertura di fabbisogni finanziari indifferenziati dello Stato apparato» (ordinanza n. 74/2012 TAR Trento). Sussistono, pertanto, a parere del G.U., gli elementi basilari per qualificare quella in esame, quale disposizione tributaria, ovvero l'ablazione di somme trattenute da parte dell'erogatore del trattamento e da costui successivamente versate nelle casse dell'Erario e la destinazione delle somme in questione all'apprestamento di mezzi necessari al fabbisogno dello Stato (C. Cost., sent. n. 11/1995). Invero - come diffusamente osservato da parte ricorrente - le trattenute da effettuare autoritativamente e senza sinallagmaticita' sui trattamenti pensionistici indicati dalla surriportata disposizione nel triennio ivi indicato, sono finalizzate - come espressamente previsto sia nel preambolo del decreto legge n. 78/2011 e sia nel comma 22-bis dell'art. 18 - al raggiungimento di «obiettivi di finanza pubblica» e di finalita' di «stabilizzazione finanziaria», da realizzarsi mediante il minor depauperamento dell'Erario risultante dall'erogazione di importi pensionistici pubblici di inferiore importo. Tuttavia, i pesanti sacrifici imposti dallo legge gravano soltanto su alcune categorie di pensionati, lasciando inspiegabilmente ed illogicamente indenni tutte le altre categorie dei settori previdenziali privato ed autonomo: categorie tutte caratterizzate dall'unitarieta' riconducibile al principio costituzionale di tutela dei pensionati, appunto. Invero, nonostante sia ben noto ed ormai acquisito il principio della possibilita' di una disciplina differenziata del rapporto previdenziale pubblico rispetto a quello privato - in quanto il processo di omogeneizzazione dei due settori incontra il limite costituito dalla necessita' di razionalizzare il costo del personale, anche sotto il profilo previdenziale, contenendone la spesa complessiva, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica - nel caso di specie, tuttavia, non si tratta di misure inerenti una diversa disciplina dei soli trattamenti previdenziali pubblici, attraverso raffreddamento o rideterminazione in pejus dei livelli pensionistici, ma di un vero e proprio prelievo fiscale imposto non a tutti i pensionati, ma esclusivamente a quelli pubblici, nonostante unica ed omogenea sia, sul piano causale ed eziologico, la fonte del prelievo. Quindi, il principio solidaristico di cui all'art. 2 Cost., valido per tutte le categorie di cittadini, va coordinato con i principi di eguaglianza, parita' di trattamento e capacita' contributiva (artt. 3 e 53 Cost.). Quindi, la scelta de qua, rientrante senz'altro nella discrezionalita' del legislatore, avrebbe dovuto essere esercitata entro i limiti fissati dagli artt. 3 e 53 Cost, in punto di uguaglianza, ragionevolezza, equita', proporzionalita' e rispetto del principio di capacita' contributiva. Come giustamente ricordato dal TAR-Trento nella surrichiamata ordinanza n. 74/2012, «analoga questione e' gia' stata posta, negli stessi termini, con riferimento ad altra nota e storica "manovra di bilancio" del nostro Paese, approntata nel 1992 con il decreto-legge n. 384 di quell'anno per far fronte ad un'altra situazione emergenziale altrettanto grave quanto la attuale. Tale questione era stata dichiarata manifestamente infondata dalla Corte Costituzionale con l'ordinanza 14 luglio 1999 n. 299, nel rilievo che «questa Corte ha gia' affermato che il decreto-legge n. 384 del 1992 e' stato emanato in un momento assai delicato per la vita economico-finanziaria del Paese, caratterizzato dalla necessita' di recuperare l'equilibrio di bilancio ... che per esigenze cosi' stringenti il legislatore ha imposto a tutti sacrifici anche onerosi (sentenza n. 245 del 1997) e che norme di tale natura possono ritenersi non lesive del principio di cui all'art. 3 della Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarieta' sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza)». Tuttavia, la stessa Corte ha precisato - in quel frangente ed anche in altri, definiti con l'ordinanza n. 341/2000 e con la sentenza n. 92/1963 richiamate da parte ricorrente - che il sacrificio economico richiesto dal provvedimento legislativo deve avere carattere eccezionale, transeunte, non arbitrario e consentaneo allo scopo prefisso, cioe', non solo dev'essere limitato ad un ristretto periodo di tempo, ma anche deve essere razionalmente ripartito fra categorie diverse di cittadini, giacche', in caso contrario, ne resterebbe violato il principio, desumibile dal combinato disposto degli artt. 3 e 53 Cost., dell'obbligo generale dei cittadini, improntato al principio di uguaglianza, di concorrere alle spese pubbliche in ragione della specifica capacita' contributiva. Nel caso all'esame, invece, risultano violati, ad avviso del G.U., i parametri costituzionali (artt. 3, 36 e 53 della Costituzione) sotto il profilo della disparita' di trattamento e della sproporzione ed irrazionalita' della misura, non essendo state colpite le altre categorie di pensionati, pur se percettori di elevati trattamenti, e tanto meno i contribuenti in generale titolari degli stessi redditi. In altri termini: imponendo l'esaminato prelievo ai soli pensionati pubblici percipienti trattamenti di importi superiori ai 90.000/150.000/200.000 €, con immotivato ed irrazionale esclusione delle pensioni di analogo ammontare ma relative ai settori privato ed autonomo e - comunque - di quelle di diverso ammontare, la disposizione in esame non appare idonea a garantire risparmi di spesa o introiti tali da realizzare significativamente l'obiettivo di stabilizzazione della finanza pubblica che la manovra complessivamente si propone, bensi' si presenta come una irrazionale ed immotivata, ma soprattutto discriminatoria, imposizione di un sacrificio economico ad una ben precisa e limitata categoria di soggetti, anziche' alla collettivita' nel suo insieme, beninteso nel rispetto del principio di proporzionalita', con la conseguenza che ne risultano lesi i principi solidaristico, di uguaglianza e di assoggettamento al prelievo fiscale in proporzione alla capacita' retributiva (artt. 2, 3 e 53 Cost.). Parte ricorrente lamenta, altresi' - secondo orientamento gia' fatto proprio dal TAR Calabria - Sez. Reggio Calabria nell'ordinanza n. 89/2012 - che la lesione dei principi in parola emerge evidente in ragione del fatto che viene sottoposta a prelievo una categoria di sicura «tassabilita'» per via della garanzia della ritenuta alla fonte e che, al di la' di ogni altra giustificazione ravvisabile nella ratio dell'istituto, il ricorso al prelievo fiscale e' indotto dall'incapacita' (tecnica o politica) di perseguire l'evasione fiscale, con conseguente vantaggio di fatto per le pensioni non derivanti da lavoro dipendente nel settore pubblico. Anziche' impegnarsi nella predisposizione di strumenti fiscali efficaci nella prevenzione di tale fenomeno, il Legislatore avrebbe inspiegabilmente ed ingiustificatamente aumentato gli squilibri, trascurando del tutto di colpire le ricchezze evase al fisco e persino gli introiti derivanti da rendite ben conosciute (quali le rendite catastali e finanziarie), per concentrarsi su una fascia specifica di pensionati, colpevoli unicamente di appartenere al settore pubblico e di avere redditi facilmente accertabili ed ancora piu' facilmente «attaccabili». 5. Per quanto sin qui osservato, la norma all'esame risulta lesiva anche dei principi contenuti nell'art. 42, comma 3°, e 97, comma 1°, Cost., cioe', rispettivamente, del principio di espropriabilita' della proprieta' privata - che nel caso che si esamina ha ad oggetto il bene fungibile costituito dal denaro - per ragioni d'interesse generale ma ad opera di provvedimenti della P.A. e nel rispetto di norme di legge e di regole di buon andamento dell'azione amministrativa, nonche' - e di conseguenza - del principio di imparzialita' della medesima azione amministrativa. Invero, l'art. 18, comma 22-bis, decreto legge n. 78/2011 colpisce, con intervento ablatorio legislativo e non amministrativo, una determinata categoria di soggetti, in assenza di previa valutazione, mediante adeguata istruttoria, degli interessi coinvolti e senza che sia prevista la corresponsione di un'indennita' di ristoro - ovviamente non di tipo economico - in favore di chi subisce l'imperativa sottrazione, laddove l'accurato esame degli interessi in gioco e la ponderata decisione della misura e delle modalita' del sacrificio secondo il principio costituzionale di buon andamento (art. 97 Cost.) non puo' non valere anche per il legislatore-amministratore. 6. Va, peraltro, rilevato - come gia' condivisibilmente statuito nell'ordinanza n. 89/2012 del TAR Calabria Sez. Reggio Calabria - che non si ritiene di poter condividere il motivo di censura secondo cui, in violazione degli artt. 41 e 97 Cost., la disposizione qui esaminata introduce effetti distorsivi della concorrenza perche', in virtu' delle differenze di trattamento piu' volte enunciate tra settore pubblico e settore privato, rende maggiormente appetibile, rispetto a primo, quest'ultimo, con conseguente depauperamento delle risorse pubbliche (a seguito dell'emigrazione di professionalita' o della necessita' di aumentare le retribuzioni sotto altri profili, per difenderne la competitivita'). «La censura e' prospettata con genericita', in via meramente ipotetica e trascuro di porre adeguatamente in rilievo tutti i termini di comparazione tra le due grandezze di riferimento, nelle quali confluiscono anche valori diversi dalla mera retribuzione, come il senso di servizio verso le Istituzioni, il prestigio dell'attivita', la sicurezza nell'impiego» (ordinanza n. 89/2012 del TAR Calabria Sez. Reggio Calabria). 7. Infine, il G.U. ritiene di non poter neppure procedere all'esame della domanda, formulata dal difensore del ricorrente nel corso dell'odierna udienza, di parziale accoglimento del gravame, in quanto tale istanza e' stata avanzata in modo del tutto generico, senza, cioe', che ne venissero specificati petitum e causa petendi, elementi fondamentali affinche' si possa effettuare l'esame in sede giurisdizionale di qualsivoglia istanza, domanda, eccezione o deduzione. 8. Tanto premesso, in applicazione dell'art. 23 della legge cost. n. 87/1953, riservata ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale, il G.U. solleva l'incidente di costituzionalita' dell'art. 18, comma 22-bis, decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011 n. 111 con riferimento agli artt. 2, 3, 53, 42 e 97 Cost. per le ragioni che precedono, con rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
P.Q.M. Dichiara rilevante per la decisione del ricorso e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 22-bis, decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011 n. 111 per violazione degli artt. 2, 3, 53, e 97 Cost., conseguentemente disponendo la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria della Sezione, a tutte le parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e che sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Napoli, nella pubblica udienza del 31 maggio 2012. Il giudice unico: Cassaneti