N. 152 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 ottobre 2012
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 17 ottobre 2012 (della Provincia autonoma di Trento). Opere pubbliche - Misure urgenti per la crescita del Paese - Disposizioni per la continuita' dei servizi di trasporto - Approvazione del progetto definitivo del prolungamento a nord dell'autostrada A31, gia' compresa nelle Reti transeuropee dei trasporti - Previsione che l'intesa generale quadro di cui all'art. 161, comma 1, del Codice dei contratti pubblici debba essere raggiunta entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge impugnato - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata contraddittorieta', oscurita', irragionevolezza e inapplicabilita' della disposizione - Mancato rispetto della necessita' dell'intesa - Violazione della potesta' legislativa primaria e amministrativa prevista dalle norme statutarie e dalle relative norme di attuazione - Violazione del principio di leale collaborazione - Inosservanza della sentenza della Corte costituzionale n. 62 del 2011. - Decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, art. 16-ter, comma 10-bis. - Costituzione, artt. 117 e 118; Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 5), 6), 17) e 18); 14 e 16; d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; legge 21 dicembre 2001, n. 443, art. 1. Trasporto - Misure urgenti per la crescita del Paese - Disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilita' mediante veicoli a base di emissioni complessive - Applicabilita' all'intero territorio nazionale, comprese le Regioni ad autonomia speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano fino all'entrata in vigore delle disposizioni con le quali tali enti provvederanno in conformita' ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata interferenza negli ambiti di potesta' legislativa provinciale primaria in materia di urbanistica e piani regolatori, edilizia pubblica, viabilita', comunicazioni e trasporti di interesse provinciale e di potesta' concorrente in materia di tutela della salute ed energia - Violazione della correlata potesta' amministrativa - Contrasto con la normativa di attuazione statutaria. - Decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, art. 17-ter, comma 5. - Costituzione, art. 117, comma terzo, in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 5), 10), 17) e 18); 9, n. 10); e 16; d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235; d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Energia - Misure urgenti per la crescita del Paese - Disciplina delle gare per le concessioni di grandi derivazioni d'acqua per uso idroelettrico - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata previsione di norme di dettaglio - Lamentata sovrapposizione con la disciplina legislativa e amministrativa della Provincia in materia di rilascio delle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico - Interferenza con la potesta' legislativa esclusiva provinciale in materia di difesa del suolo e dell'ecosistema, di opere idrauliche e di demanio idrico e con la potesta' legislativa provinciale concorrente in materia di utilizzazione delle acque pubbliche e di igiene e sanita' - Incidenza sulle competenze statutarie in materia di tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare, urbanistica e piani regolatori, tutela del paesaggio, opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamita' pubbliche, caccia e pesca, viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale, agricoltura, foreste e corpo forestale, patrimonio zootecnico e ittico, opere idrauliche della terza, quarta e quinta categoria, nonche' in materia di utilizzazione delle acque pubbliche e di igiene e sanita' - Violazione della competenza provinciale concorrente in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia elettrica - Contrasto con la normativa di attuazione statutaria - Inosservanza del divieto di regolamenti statali nelle materie regionali - Violazione del principio di leale collaborazione. - Decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, art. 37, commi 4, 5, 6, 7 e 8. - Costituzione, artt. 116, commi primo e secondo, e 117, commi terzo e sesto, in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 3), 5), 6), 13), 15), 17), 21) e 24); 9, nn. 9) e 10); 12, 13, 14 e 16; d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115; d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, in particolare artt. 2, 3 e 4; legge 21 dicembre 2001, n. 443, art. 1. Bilancio e contabilita' pubblica - Misure urgenti per la crescita del Paese - Previsione che le Province autonome di Trento e di Bolzano prevedano, nell'ambito della propria autonomia statutaria e nel quadro delle procedure di coordinamento previste dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009, che gli incarichi conferiti all'interno delle comunita' di valle siano svolti a titolo esclusivamente onorifico, senza la corresponsione di alcuna forma di remunerazione, indennita' o gettone di presenza - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata contraddittorieta' della disposizione - Violazione del principio di ragionevolezza e di certezza del diritto - Difetto dei requisiti delle norme di coordinamento della finanza pubblica - Violazione delle norme statutarie sulle modalita' con cui la Provincia concorre agli obiettivi di finanza pubblica - Lesione delle competenze provinciali in materia di finanza locale e sulle forme collaborative tra i comuni - Lesione del diritto alla retribuzione - Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, art. 69, comma 3-bis. - Costituzione, artt. 3, 36, primo comma, e 97; Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, art. 79, 80, primo comma, 81, comma secondo; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2.(GU n.48 del 5-12-2012 )
Ricorso della Provincia autonoma di Trento (cod. fisc. 00337460224), in persona del Presidente della Giunta provinciale pro-tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale 21 settembre 2012, n. 1970 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 27776 del 25 settembre 2012 (doc. 2), rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, Ufficiale rogante della Provincia, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc. FLCGDM45C06L736E) di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli (cod. fisc. PDRNCL56R01G428C) dell'Avvocatura della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi (cod. fisc. MNZLGU34E15H501Y) di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri, n. 5, Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale: dell'art. 16, comma 10-bis; dell'art. 17-ter, comma 5; dell'art. 37, commi da 4 a 8; dell'art. 69, comma 3-bis, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, Misure urgenti per la crescita del Paese, come convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 187 dell'11 agosto 2012, suppl. ord. n. 171, per violazione: degli articoli 8, nn. 3), 5), 6), 10), 13), 15), 17), 18), 21) e 24); 9, nn. 9) e 10); 12, 13, 14 e 16 dello Statuto speciale; del Titolo VI dello Statuto speciale, e in particolare degli articoli 79, 80 e 81; degli articoli 103, 104 e 107 del medesimo Statuto speciale; delle relative norme di attuazione, tra le quali il decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, il decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, il d.P.R. 115/1973, il d.P.R. 381/1974, il d.P.R. 235/1977, il d.lgs. n. 526/1987; degli artt. 117 e 118 Cost., in combinato disposto con l'art. 10 legge cost. 3/2001; del principio di leale collaborazione e dell'art. 1 legge 443/2001: dei principi di ragionevolezza e di certezza del diritto, nei modi e per i profili di seguito illustrati. Fatto Il d.l. n. 83/2012 contiene un complesso di nonne denominato Misure urgenti per la crescita del Paese. Viene qui in rilievo, innanzitutto, il Titolo I, che si riferisce a Misure urgenti per le infrastrutture, l'edilizia ed i trasporti. In esso e' infatti compreso l'art. 16, recante Disposizioni urgenti per la continuita' dei servizi di trasporto, il cui comma 10-bis regola «l'approvazione in tempi certi del progetto definitivo del prolungamento a nord dell'autostrada A31». Nel Titolo I rientra inoltre l'art. 17-ter, Legislazione regionale, inserito nel capo IV-bis, Disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilita' mediante veicoli a basse emissioni complessive. Il comma 5 dell'art. 17-ter stabilisce l'applicazione delle disposizioni del capo IV-bis fino alla data di entrata in vigore delle norme regionali. Viene poi in rilievo il Titolo III, dedicato a Misure urgenti per lo sviluppo economico, ed in particolare il capo IV di esso, intitolato Misure per lo sviluppo e il rafforzamento del settore energetico, che contiene l'art. 37, recante Disciplina delle gare per la distribuzione di gas naturale e nel settore idroelettrico. I commi da 4 a 8 di esso regolano l'affidamento delle concessioni di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico. Infine, il Titolo IV contiene Disposizioni finanziarie e l'art. 69, co. 3-bis, si occupa specificamente della remunerazione degli incarichi conferiti all'interno delle comunita' di valle. Come subito si illustrera', le disposizioni indicate risultano lesive delle prerogative costituzionali della Provincia autonoma di Trento e costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di Diritto 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 10-bis. L'art, 16, co. 10-bis, d.l. 83/2012 dispone quanto segue: «Al fine di garantire l'approvazione in tempi certi del progetto definitivo del prolungamento a nord dell'autostrada A31, gia' compresa nelle Reti transeuropee dei trasporti (TEN-T), secondo le procedure di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, e alla relativa normativa di attuazione, l'intesa generale quadro prevista dall'art. 161, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, deve essere raggiunta entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto». La disposizione contiene, come si illustrera', talune ambiguita'. Nell'insieme, tuttavia, non appare dubbio che essa rappresenta un ulteriore tentativo dello Stato di procedere alla realizzazione del tratto autostradale «Valdastico nord» contro la volonta' - costituzionalmente richiesta - della Provincia autonoma di Trento. E' infatti la terza volta che la Provincia di Trento si vede costretta ad adire codesta Corte per contestare atti o norme relativi a tale opera. Converra' dunque, in primo luogo, fare il punto sulla situazione giuridica dell'opera, in relazione al profilo che qui interessa. I. I conflitti del 2010, la sent. 62/2011 e la pacifica necessita' dell'intesa. Nel 2010 la Provincia autonoma di Trento ha proposto due conflitti di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri. Con il primo di essi (rubricato con il n. 5/2010) la Provincia chiedeva alla Corte di dichiarare che non spetta allo Stato di modificare, senza la previa intesa con la ricorrente, il periodo di durata delle concessioni autostradali che incidono sul territorio della Provincia stessa. Gli atti impugnati erano alcune convenzioni tra ANAS s.p.a. e Autostrada Brescia-Padova s.p.a., il parere CIPE ed il bando di gara per l'appalto dei servizi di ingegneria finalizzati alla realizzazione dell'autostrada A/31 Trento-Rovigo, tronco TrentoValdastico-Piovene Rocchetto. Con il secondo conflitto (n. 6/2010), la Provincia chiedeva alla Corte costituzionale di dichiarare che non spetta allo Stato individuare ed inserire - senza la previa intesa con la ricorrente - la progettazione e la realizzazione del tronco Trento-Piovene Rocchette dell'autostrada A/31 nel Programma Infrastrutture Strategiche di cui all'art. 1, comma 1, legge 443/2001. Corrispondentemente, la ricorrente Provincia chiedeva l'annullamento del «Programma Infrastrutture Strategiche, predisposto nel luglio 2009 dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, inserito nel 7° Documento di Programmazione Economica e Finanziaria, ed in particolare: della Tabella 11 allegata a tale Programma e «degli altri punti del Programma stesso, dai quali discenda che l'autostrada Trento-Piovene Rocchette e' (o sarebbe) inclusa nella legge obiettivo e nei corridoi comunitari e pertanto inserita nell'elenco delle grandi opere per le quali si applicano le disposizioni della [...] legge n. 443 del 2001»; della delibera CIPE 26 giugno 2009, n. 51, della delibera CIPE 15 luglio 2009, n. 52, e del parere della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome 27 gennaio 2010. Entrambi i ricorsi, dunque, attenevano - come riporta la stessa sentenza 62/2011 - «alla progettazione e alla realizzazione del tronco Trento-Valdastico-Piovene Rocchette (cosiddetto Valdastico Nord) dell'autostrada A/31», e in entrambi i giudizi la Provincia autonoma ricorrente si doleva «del suo mancato coinvolgimento nella fase di individuazione e progettazione dell'opera». La controversia si concluse allora con «la cessazione della materia del contendere, con riferimento ad entrambi i ricorsi». Infatti, come cedesta ecc.ma Corte rilevo' nella decisione n. 62/2011, «nel Programma Infrastrutture Strategiche, 8° Allegato Infrastrutture, del settembre 2010, il Governo ha condiviso la fondatezza della pretesa della Provincia di Trento che l'autostrada in contestazione fosse realizzata solo a seguito di intesa tra Stato e Provincia autonoma» (enfasi aggiunta), aggiungendo che «tale riconoscimento emerge dalla dichiarazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con la quale «si precisa che per la realizzazione della Valdastico Nord A31 e nel rispetto dello Statuto speciale della Provincia, deve essere raggiunta l'intesa della Provincia nel rispetto altresi' della legge 21 dicembre 2001 n. 443 e della vigente normativa in materia di infrastrutture strategiche» (punto 7; enfasi aggiunta). La Corte, nell'accogliere la richiesta di cessazione della materia del contendere riguardo al secondo ricorso, preciso' inoltre «che l'ampia formula impiegata nella dichiarazione sopra riportata si estende anche al profilo di illegittimita' denunciato con il primo ricorso, giacche' si invoca il rispetto innanzitutto dello Statuto speciale e «altresi'» della legge n. 443 del 2001». In sintesi, la Corte considero' che «lo Stato ha dichiarato, per mezzo del Ministero delle infrastrutture, in un documento ufficiale, che l'autostrada in questione non puo' essere realizzata senza previa intesa, sia in quanto l'opera e' inserita nel Programma Infrastrutture Strategiche (per il quale l'intesa stessa e' prescritta dall'art. 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001), sia, piu' in generale, per il rispetto dovuto allo Statuto speciale della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol ed alle sue norme di attuazione», e che, di conseguenza, «nessun organo o soggetto riconducibile allo Stato - e quindi la stessa ANAS - puo' procedere alla realizzazione dell'opera suddetta senza acquisire preventivamente l'intesa della Provincia autonoma di Trento» (enfasi aggiunta). La Corte preciso' ancora che «non sono richieste due intese, ma che la medesima intesa e' necessaria a doppio titolo, sia per effetto della norma di attuazione citata sia per effetto dell'art. 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001», e che «entrambe queste fonti di garanzia dell'autonomia provinciale sono contemplate nella dichiarazione governativa prima riportata e non residua pertanto alcuna possibilita' che si possa procedere alla realizzazione dell'opera, senza l'esperimento della prescritta forma specifica di leale collaborazione». La Corte aggiunse che «l'autostrada di cui si controverte e' la medesima, oggetto sia delle convenzioni tra ANAS e societa' autostradali sia del Programma Infrastrutture Strategiche»: «non avrebbe senso pertanto sdoppiare la valutazione dei profili di legittimita' attinenti alla mancanza di intesa, che rimane sempre e comunque necessaria, a prescindere dal soggetto realizzatore e dal procedimento adottato a tal fine» (enfasi aggiunta). Percio' la Corte ritenne «venuto meno anche il motivo di censura posto a base del primo ricorso, giacche' pure la convenzione del 9 luglio 2007 non potrebbe ricevere attuazione senza la preventiva intesa con la Provincia, come la stessa autorita' governativa ha esplicitamente riconosciuto». Infine, «quanto al bando di concorso per la progettazione provvisoria e definitiva dell'opera, impugnato in via consequenziale dalla ricorrente», la Corte nego' ad esso una «lesivita' attuale», rilevando che «solo se alla programmazione e progettazione dovessero seguire concreti atti di realizzazione dell'opera sarebbe indispensabile l'intesa con la Provincia stessa, la cui mancanza avrebbe l'effetto di arrestare il procedimento» (enfasi aggiunta). A seguito delle dichiarazioni statali, e della decisione della Corte che ne fissava e garantiva il significato nei termini sopra esposti, la Provincia di Trento pote' dare per acquisita e riconosciuta in modo fermo ed indiscutibile la necessita' dell'intesa con essa al fine della realizzazione della Valdastico nord. II. La pacifica necessita' dell'intesa anche negli antefatti immediati del conflitto 8/2012. In data 2.2.2012 Anas s.p.a. trasmetteva al Ministero il progetto preliminare dell'opera redatto dalla Autostrada Brescia-Padova s.p.a., quale societa' concessionaria ai sensi della convenzione del 9.7.2007. E' da notare che la nota di Anas prevedeva la trasmissione del progetto alle Regioni Veneto e Trentino-Alto Adige/Südtirol (ma non alla Provincia autonoma di Trento!) per le valutazioni di competenza in merito alla Via e alla localizzazione dell'opera. Con nota 14.3.2012, prot. n. 10612, il vice-ministro delle Infrastrutture e dei trasporti convocava un incontro fra i soggetti interessati, ricordando che in data 4.11.2010 il Presidente della Provincia aveva ribadito la contrarieta' della Provincia alla realizzazione della Valdastico nord e aveva affermato la necessita' dell'intesa con la Provincia. Con nota 19.3.2012, n. 1168, Autostrada Brescia-Padova s.p.a. inviava a tutti i soggetti interessati il «progetto preliminare ai fini della procedura approvativa di cui all'art. 165 e successivi del d.lgs. 163/2006». Da tale nota risulta tra l'altro che la Valdastico nord si sviluppa nella provincia di Trento «per 15,1 km con collegamento all'autostrada A22 del Brennero», e che «il tracciato si sviluppa per 27,8 km in galleria, per 4,6 km in viadotto e per 6,7 km in appoggio» (per 39,1 km complessivi). Con nota del 2.4.2012, n. 197103, rivolta al Ministero, alla Regione Veneto, all'Anas e all'Autostrada Brescia-Padova s.p.a., il Presidente della Provincia di Trento ha ribadito le prerogative costituzionali della Provincia di Trento, come accertate dalla sopra citata sent. 62/2011, ed ha osservato che «l'applicazione della specifica normativa prevista per l'approvazione degli atti progettuali inerenti un'infrastrutttura strategica, normativa la quale si caratterizza per il depotenziamento del ruolo delle regioni e province autonome interessate, non puo' procedere fintanto che non e' perfezionata l'intesa con la Provincia autonoma di Trento». Il Presidente, dunque, auspicava l'interruzione del procedimento di approvazione del progetto preliminare, «in quanto l'opera non rientra allo stato attuale nel programma delle infrastrutture strategiche». Con nota del 4.4.2012, n. 13336, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha convocato la conferenza di servizi istruttoria ex art. 165 d.lgs. 163/2006, per il giorno 24.4.2012. Dal verbale di questa seduta risulta che, quanto agli enti territoriali locali, hanno espresso parere contrario all'opera 7 comuni e 2 comunita'; altri 3 comuni hanno espresso parere contrario al progetto, mentre in senso favorevole si sono espressi solo il comune di Piovene Rocchette, la Provincia di Vicenza (rappresentata dal Presidente, che e' anche presidente della Autostrada Brescia-Padova s.p.a.) e la Regione Veneto. Il rappresentante della Provincia si limito' a ribadire la necessita' dell'intesa con la Provincia stessa, oltre ad evidenziare alcune problematiche alle quali, ove si dovesse realizzare l'opera, dovrebbe comunque essere data risposta. Le osservazioni delle strutture provinciali erano contenute in un documento trasmesso con nota del Presidente del 23.4.2012. Nella premessa di tale documento si precisava che, «in ragione della mancanza dell'intesa tra il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e la Provincia autonoma di Trento, l'opera autostradale A31 Trento Valdastico - Piovene Rocchette non rientra nel Programma delle infrastrutture strategiche e non puo' essere realizzata», e si ribadiva «la necessita' delle intese ai sensi dell'articolo l della legge n. 443 del 2001 e dell'art. 19 del d.P.R. n. 381 del 1974, come confermato dalla Corte costituzionale con decisione n. 62 del 2011». Corrispondentemente, il Presidente della Conferenza, arch. Mele, rappresentante del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, rispose che «e' intendimento di questodicastero proprio attraverso la convocazione della Conferenza di servizi che... ha una finalita' esclusivamente istruttoria... di costruire un percorso di possibile condivisione dell'infrastruttura stessa, condivisione che consentira' eventualmente, laddove ci fossero appunto i presupposti, di addivenire ad una intesa che dovra' essere ovviamente sottoscritta tra la Provincia autonoma e il Governo stesso, prima ancora di sottoporre l'intervento al CIPE» (enfasi aggiunta). Con delibera 18 maggio 2012, n. 1004, la Giunta della Provincia di Trento approvo' le osservazioni da avanzare in relazione al progetto preliminare comunicato il 19.3.2012, ribadendo quanto risultava dal documento trasmesso il 23.4.12. Dunque, le osservazioni tecniche al progetto venivano formulate solo «in uno spirito di leale collaborazione interistituzionale» (cosi' l'ultima premessa della delibera). Tutti gli atti sopra citati sono stati allegati al conflitto 8/2012, gia' proposto da questa Provincia. Dai predetti atti istruttori e dalla Conferenza di servizi pure essa istruttoria, in ogni modo, non appariva elemento alcuno dal quale potesse dedursi l'intenzione del Governo di allontanarsi dal quadro sintetizzato e sancito dalla pronuncia di codesta ecc.ma Corte costituzionale n. 62 del 2011. Del resto, nella medesima sentenza sopra citata codesta ecc.ma Corte aveva anche ribadito che le attivita' meramente progettuali (quali «progettazione provvisoria e definitiva dell'opera»), di per se' sole, non possiedono una «lesivita' attuale», e nella seduta della Conferenza di servizi del 24.4.2012 il rappresentante del Ministero ha giudicato «ovvia» la necessita' di un'intesa tra il Governo e la Provincia di Trento. III. Il recente tentativo di inserimento della Valdastico Nord nella Rete europea, in assenza dell'intesa e di qualunque coinvolgimento della Provincia autonoma di Trento. Il conflitto (pendente) 8/2012 avverso tale tentativo. E' stato percio' con enorme sorpresa e con disappunto che gli organi responsabili della Provincia autonoma di Trento hanno preso conoscenza della nota 19 giugno 2012, prot. 5438, con la quale la Direzione generale per lo sviluppo del territorio, la programmazione ed i progetti internazionali del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha comunicato che, nell'ambito del processo di definizione dei nuovi Regolamenti TEN-T, e segnatamente del regolamento COM(2011)650 e del regolamento COM(2011)655, il Ministero «ha identificato, a livello nazionale, gli elementi costitutivi della rete TEN-T da sottoporre alla Commissione europea, per ciascuna modalita' di trasporto». La nota ricorda vari atti e attivita' precedenti, di cui la ricorrente Provincia mai ha avuto notizia, quali la proposta di Anas dell'8.9.2010, di inserimento della Valdastico nord «nella nuova Rete TEN» e la nota della Direzione generale per le infrastrutture stradali del Ministero del 6.12.2010, con cui tra l'altro si riportavano le «31 proposte da inserire nella comprehensive network» (rete globale). Inoltre, la nota del 19 giugno 2012 ricorda i negoziati con la Commissione europea avvenuti negli incontri bilaterali svoltisi nel corso del 2011 e che, «in sede di esame in prima lettura da parte del Consiglio Trasporti e telecomunicazioni del 22 marzo u.s., l'Italia ha espresso il definitivo parere favorevole riguardo alla proposta di regolamento COM(2011)650, sulla quale e' attualmente in corso l'istruttoria da parte delle competenti commissioni del Parlamento europeo» (enfasi aggiunta). Dalla nota n. 5438 risulta, dunque, che, per effetto delle attivita' sopra ricordate, «nella cartografia che correda il regolamento COM(2011)650 e, segnatamente, nella mappa n. 8 «stradale», e' presente la sezione relativa all'autostrada A31 Valdastico come sezione autostradale pianificata all'interno della rete comprehensive TEN-T nazionale». Che lungo tutta tale procedura la Provincia di Trento non sia mai stata coinvolta risulta apertamente dalla stessa nota n. 5438, la quale conclude cosi': «giova precisare che durante tutto il processo decisionale che ha condotto alla definizione dell'attuale proposta di regolamenti TEN-T, la Commissione europea ha chiesto ai singoli Stati membri di formulare proposte che riflettessero, in una visione nazionale, il massimo significato e valore aggiunto per una dimensione di rete di trasporto a scala europea. Per questo motivo, non sono state aperte consultazioni con le amministrazioni regionali ne' con altri enti territoriali, rinviando eventuali confronti nelle sedi ove tali amministrazioni sono costituite unitariamente presso le istituzioni europee» (enfasi aggiunta). Cosi' comportandosi, tuttavia, il Governo italiano ha disposto, per quanto sta nell'ambito italiano, della decisione di realizzare tale tratto autostradale, e cio' ha dichiaratamente fatto a prescindere dalla pur necessaria intesa con la ricorrente Provincia. Per tali ragioni la nota 5438/2012 del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e gli atti di espressione del consenso italiano in essa citati sono stati, dunque, impugnati da questa Provincia con il conflitto 8/2012, pendente davanti a codesta Corte. IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, co. 10-bis, d.l. 83/2012. a. Illegittimita' costituzionale della norma in quanto contraddittoria, oscura, irragionevole, inapplicabile e tale da minare la certezza del diritto L'art. 16, co. 10-bis, impugnato con il presente ricorso stabilisce (con una norma peraltro eterogenea rispetto al restante contenuto dell'articolo) che, «al fine di garantire l'approvazione in tempi certi del progetto definitivo del prolungamento a nord dell'autostrada A31, gia' compresa nelle Reti transeuropee dei trasporti (TEN-T), secondo le procedure di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, e alla relativa normativa di attuazione, l'intesa generale quadro prevista dall'art. 161, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, deve essere raggiunta entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto». L'art. 161, co. 1, del codice dei contratti pubblici, al quale la nuova norma si riferisce, dispone quanto segue: «Il presente capo regola la progettazione, l'approvazione dei progetti e la realizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale, nonche' l'approvazione secondo quanto previsto dall'art. 179 dei progetti degli insediamenti produttivi strategici e delle infrastrutture strategiche private di preminente interesse nazionale, individuati a mezzo del programma di cui al comma 1 dell'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443. Nell'ambito del programma predetto sono, altresi', individuate, con intese generali quadro tra il Governo e ogni singola regione o provincia autonoma, le opere per le quali l'interesse regionale e' concorrente con il preminente interesse nazionale. Per tali opere le regioni o province autonome partecipano, con le modalita' indicate nelle stesse intese, alle attivita' di progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio, in accordo alle normative vigenti e alle eventuali leggi regionali allo scopo emanate. Rimangono salve le competenze delle province autonome di Trento e Bolzano previste dallo statuto speciale e relative norme di attuazione». Il confronto tra le due disposizioni rivela che l'impugnato art. 16, co. 10-bis, d.l. 83/2012 presenta evidenti anomalie. Innanzi tutto, il regolamento europeo che inserisce la «Valdastico nord» nella rete TEN-T non e' ancora stato approvato; attualmente e' in corso la fase di prima lettura nella procedura legislativa ordinaria presso il Parlamento europeo (il 27 settembre 2012 scadeva il termine per presentare emendamenti). Dunque, se l'art. 16, co. 10-bis, intende dire che il prolungamento in questione e' gia' compreso nella rete europea, cio' non corrisponde al vero. Inoltre, la norma impugnata si riferisce alla «approvazione in tempi certi del progetto definitivo» dell'opera: ma tale progetto ancora non esiste, essendo attualmente in corso - come sopra illustrato - la conferenza di servizi istruttoria per l'approvazione del progetto preliminare. Di piu': l'art. 16, co. 10-bis, richiama l'intesa generale quadro di cui al secondo periodo del comma 1 dell'art. 161 d.lgs. 163/2006, cioe' quella per individuare «le opere per le quali l'interesse regionale e' concorrente con il preminente interesse nazionale». Pero', dal successivo art. 162, co. 1, risulta che tali opere vanno individuate tra quelle «non aventi carattere interregionale o internazionale». Poiche' la Valdastico nord e' interregionale, ne risulta che nella relativa procedura - pur essendo necessaria a doppio titolo l'intesa con la Provincia autonoma di Trento, come sopra illustrato - non dovrebbe essere applicata la procedura di cui all' art. 161, comma 1, secondo periodo. Infine, se pure tale procedura fosse in astratto applicabile, essa si riferisce ad un'intesa che dovrebbe in realta' precedere la fase di progettazione sia preliminare che definitiva, mentre l'art. 16, co. 10-bis, mira a «garantire l'approvazione in tempi certi del progetto definitivo» della Valdastico nord e, a tal fine, «prescrive» il raggiungimento dell'intesa. Si ricordi che nella procedura relativa alle infrastrutture strategiche, le intese con la Regione interessata sono previste da tre diverse norme. In base all'art. 1, co. 1, legge 443/2001 («legge obiettivo»), «l'individuazione [della grande opera] e' operata, a mezzo di un programma predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate,... e inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata..., nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con l'indicazione dei relativi stanziamenti». Poi, in base al gia' citato art. 161, co. 1, d.lgs. 163/2006, «nell'ambito del programma predetto sono, altresi', individuate, con intese generali quadro tra il Governo e ogni singola regione o provincia autonoma, le opere per le quali l'interesse regionale e' concorrente con il preminente interesse nazionale». Infine, in base all'art., 165, co. 5, d.lgs. 163/2006, «il progetto preliminare, istruito secondo le previsioni del presente articolo, e' approvato dal CIPE» ed «il CIPE decide a maggioranza, con il consenso, ai fini della intesa sulla localizzazione, dei presidenti delle regioni e province autonome interessate, che si pronunciano, sentiti i comuni nel cui territorio si realizza l'opera». E' allora chiaro che l'intesa di cui all'art. 161, co. 1, dovrebbe precedere la fase della progettazione (sia preliminare che definitiva), anche perche' da essa derivano conseguenze proprio in merito alla progettazione (per le opere con essa individuate, «le regioni o province autonome partecipano, con le modalita' indicate nelle stesse intese, alle attivita' di progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio, in accordo alle normative vigenti e alle eventuali leggi regionali allo scopo emanate»: sempre art. 161, co. 1). Dunque, in sintesi: e' errata la base di fatto; la norma si riferisce ad un progetto che non esiste, e ad una procedura che non e' quella applicabile, mentre se fosse applicabile l'intesa avrebbe dovuto comunque preesistere alla progettazione. Tutti questi elementi rendono la norma contraddittoria, oscura, irragionevole, inapplicabile e tale da minare la certezza del diritto. Poiche' la nonna incide direttamente su materie di competenza provinciale e regola una prerogativa della Provincia, richiedendo ad essa per di piu' un preciso comportamento, la Provincia e' chiaramente legittimata a far valere tale violazione (v. di recente, la sent. 200/2012). b. Illegittimita' costituzionale della norma per violazione dell'art. 8, nn. 5), 6), 17) e 18), e degli artt. 14 e 16 dello Statuto speciale, degli artt. 19 e 20 d.P.R. 381/1974, degli artt. 117 e 118 Cost., dell'art. 1 legge 443/2001 e del principio di leale collaborazione, ragionevolezza e certezza del diritto. Premesso il carattere contraddittorio ed impreciso della disposizione impugnata, e qualunque cosa si debba intendere - nel contesto della vicenda della Valdastico Nord - per «intesa generale quadro prevista dall'art. 161, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163», rimane il fatto che la disposizione che prescrive che tale intesa «deve essere raggiunta», ed inoltre che essa deve essere raggiunta «entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», non puo' che qualificarsi come costituzionalmente illegittima, in entrambe le sue parti. L'intesa, infatti, e' per definizione un atto di volontaria condivisione di un atto o di un progetto, e non puo' essere coartata dalla legge senza perdere la sua natura (v., ad es., le sentt, 179/2012, 334/2010, 121/2010, 383/2005). Per la stessa ragione, ed a maggiore ragione, essa non puo' essere coartata entro un termine determinato. In sintesi, coartare legislativamente una intesa equivale a voler prescindere da essa. E' dunque evidente che la garanzia costituzionale formata dalla necessita' dell'intesa della Provincia di Trento, al fine della realizzazione del progetto, risulterebbe annullata ed aggirata da una disposizione che pretendesse di «forzarne il rilascio»: e poiche' proprio questo e' l'intento ed il contenuto della disposizione impugnata, essa e' costituzionalmente illegittima e deve essere annullata. Che la garanzia costituzionale della necessaria intesa della Provincia sia esistente ed operante e' pacifico, e lo e' stato a partire dalle controversie concluse con la sentenza di codesta ecc.ma Corte n. 62 del 2011. Tuttavia, per scrupolo difensivo si provvede qui ancora una volta ad esporne il fondamento. La Provincia di Trento e' dotata di potesta' legislativa primaria - ai sensi dell'art. 8 dello Statuto - nelle seguenti materie: «urbanistica e piani regolatori» (n. 5), «tutela del paesaggio» (n. 6), «viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale» (n. 17) e «comunicazioni e trasporti di interesse provinciale, compresi la regolamentazione tecnica e l'esercizio degli impianti di funivia» (n. 18). Nelle medesime materie, spettano alla Provincia le competenze amministrative, in virtu' dell'art. 16 dello Statuto. In base all'art. 14, co. 1, dello Statuto speciale, «e' obbligatorio il parere della provincia per le concessioni in materia di comunicazioni e trasporti riguardanti linee che attraversano il territorio provinciale». Le norme statutarie sopra citate hanno trovato attuazione con il d.P.R. 381/1974, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino - Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche». In base all'art. 19, co. 1, di esso, «resta ferma la competenza degli organi statali in ordine: a) alle strade statali; b) alle autostrade che si estendono oltre il territorio della provincia, salva la necessita' dell'intesa con la provincia interessata per quelle il cui tracciato interessi soltanto il territorio provinciale e quello di una regione finitima». L'art. 20 del medesimo decreto dispone che, «ai fini dell'attuazione del piano urbanistico provinciale e dei piani territoriali di coordinamento, nel rispetto delle relative competenze, gli interventi di spettanza dello Stato in materia di viabilita', linee ferroviarie e aerodromi, anche se realizzati a mezzo di aziende autonome, sono effettuati previa intesa con la provincia interessata». E' dunque pacifica, in base alle prerogative statutarie della Provincia, la necessita' dell'intesa per il tratto autostradale Trento-Piovene Racchette, che interessa solo la Provincia di Trento e la Provincia di Vicenza. Tale necessita' e' stata confermata espressamente dalla gia' citata sent. 62/2011 di codesta Corte (le cui argomentazioni sono nell'essenziale sopra esposte e qui riprese), dalla quale risulta, fra l'altro, che «l'autostrada Trento-Rovigo, ed in particolare il tronco Trento-Valdastico-Piovene Racchette, rientra a pieno titolo nella prescrizione contenuta nell'art. 19, lettera b), d.P.R. n. 381 del 1974, che in quanto norma di attuazione dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige/Stidtirol, costituisce parametro di legittimita' costituzionale delle leggi statali e regionali ricadenti nel suo ambito di disciplina» (punto 6). La necessita' dell'intesa discende, comunque, anche dal Titolo V della Costituzione e dalla normativa generale in materia di infrastrutture strategiche e, dunque, come confermato dalla sent. 62/2011, l'intesa e' necessaria «a doppio titolo». Infatti, le Regioni ordinarie sono titolari di potesta' concorrente nelle materie «governo del territorio» e «grandi reti di trasporto e di navigazione» (art. 117, co. 3, Cost.). Alla luce di cio' e dell'art. 118 Cost., l'art. 1, co. 1, legge 443/2001 ha stabilito che «il Governo, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, individua le infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale», e che «l'individuazione e' operata, a mezzo di un programma predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate,... e inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata..., nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con l'indicazione dei relativi stanziamenti». Il comma 2 delega il Governo a regolare la realizzazione delle infrastrutture strategiche e, fra i criteri direttivi, pone il seguente: «b) definizione delle procedure da seguire in sostituzione di quelle previste per il rilascio dei provvedimenti concessori o autorizzatoti di ogni specie; definizione della durata delle medesime non superiore a sei mesi per la approvazione dei progetti preliminari, comprensivi di quanto necessario per la localizzazione dell'opera d'intesa con la regione o la provincia autonoma competente, che, a tal fine, provvede a sentire preventivamente i comuni interessati». Il comma 5 precisa che, «ai fini della presente legge, sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome previste dagli statuti speciali e dalle relative nonne di attuazione». Dunque, l'intesa con la Regione e' necessaria sia per l'inserimento dell'opera nel programma, ai fini della sua realizzazione, sia per la localizzazione dell'opera. La necessita' dell'intesa con la Regione interessata, nel caso di realizzazione di un'infrastruttura, e' stata confermata dalla sent. 163/2012, dalla sent. 278/2010 e dalla sent. 79/2011. In quest'ultima si considera che «la necessita' di osservare le procedure collaborative, che sfociano nell'intesa tra Stato e Regione, riguardi soltanto la fase di decisione e di localizzazione dell'opera, la quale astrattamente rientrerebbe nella competenza residuale delle Regioni, ma che, in seguito all'attrazione in sussidiarieta' determinata dal suo inserimento tra le infrastrutture strategiche, si sposta nell'ambito della competenza statale». Da questa premessa «scaturisce la logica conclusione che non e' possibile che lo Stato 'costringa' una Regione alla realizzazione, sul proprio territorio, di un'opera rientrante nella sua competenza residuale, dalla Regione stessa non voluta o voluta in un sito diverso da quello proposto»; l'intesa «nella fase di progettazione e di localizzazione e' indispensabile per dare validita' ad uno spostamento di competenza legislativa ed amministrativa». Altre sentenze hanno poi chiarito che l'intesa con la Regione interessata e' condizione di efficacia dell'inserimento dell'opera del programma delle infrastrutture strategiche: cosi, la sent. 303/2003 ha chiarito che, nel caso di cui all'art. 1, co. 1, legge 443/2001, «l'intesa e' prevista e ad essa e' da ritenersi che il legislatore abbia voluto subordinare l'efficacia stessa della regolamentazione delle infrastrutture e degli insediamenti contenuta nel programma di cui all'impugnato comma 1 dell'art. l». Chiarito che «la Costituzione impone, a salvaguardia delle competenze regionali, che una intesa vi sia, va altresi' soggiunto che non e' rilevante se essa preceda l'individuazione delle infrastrutture ovvero sia successiva ad una unilaterale attivita' del Governo»; se dunque «tale attivita' sia stata gia' posta in essere, essa non vincola la Regione fin quando l'intesa non venga raggiunta». Dunque, non puo' essere riconosciuta «efficacia vincolante a quel programma su cui le Regioni interessate non abbiano raggiunto un'intesa per la parte che le riguarda, come nel caso della deliberazione CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121» (punto 4.1; v. anche le sentt. 6/2004 e 233/2004). La stessa 62/2011 si colloca su questa linea, affermando che la mancanza dell'intesa «avrebbe l'effetto di arrestare il procedimento». La legge 443/2001 e' attuativa del gia' citato art. 117, co. 3, Cost., dell'art. 118 Cost. e del principio di leale collaborazione, per cui la violazione dell'art. 1 di essa si traduce in violazione delle competenze costituzionali della Provincia nei casi in cui ad essa si applicano le nonne del Titolo V, in base alla clausola di maggior favore di cui all'art. 10 legge cost. 3/2001. Dunque, dall'art. 19 d.P.R. 381/1974 e dall'art. 1 legge 443/2001 risulta che la Provincia partecipa con reale potere codecisorio al procedimento di realizzazione dell'opera strategica. Solo per ulteriore scrupolo e' da ricordare che, come chiaramente risulta anche dalla piu' volte citata sentenza n. 62 del 2011, la procedura di cui all'art. 165 d.lgs. 163/2006, inserito nel Capo IV,. Lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi, che pure prevede (al comma 5) una intesa «dei presidenti delle regioni e province autonome interessate, che si pronunciano, sentiti i comuni nel cui territorio si realizza l'opera» (dalla quale tuttavia si puo' prescindere, per le infrastrutture di carattere interregionale o internazionale, in caso di dissenso), ha carattere integrativo e non sostitutivo dell'intesa necessaria ai sensi delle disposizioni sopra citate. Come sopra esposto, la necessita' dell'intesa «a doppio titolo» e' stata riconosciuta anche dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nella dichiarazione del 2010 citata nella sent. 62/2011 di codesta Corte. Inoltre, il Ministero ha accettato - nella seduta della Conferenza unificata del 4.11.2010 - la condizione posta dalla Provincia di Trento per non opporsi all'intesa in sede di Conferenza, condizione che consisteva nel riconoscimento della necessita' dell'intesa con la Provincia. Infatti, nella nota del Presidente della Provincia del 4.11.2010, allegata all'intesa della Conferenza unificata, si chiede che nel Programma infrastrutture strategiche, 8° allegato, sia «inserita espressamente la seguente condizione: «Per la realizzazione dell'intervento - Valdastico Nord A31 -, ascritto alla competenza della Regione Veneto, deve essere raggiunta la previa intesa con la Provincia autonoma di Trento, nel rispetto dello Statuto speciale della Provincia e dalle relative norme di attuazione nonche' dalle disposizioni provinciali in materia di pianificazione urbanistica e governo del territorio, come richiamate nella nostra precedente nota del 6 ottobre 2010, oltre che nel rispetto della legge 21 dicembre 2001, n . 443 e della vigente normativa in materia di infrastrutture strategiche». Infine, si e' visto che tale orientamento e' stato confermato dal rappresentante del Ministero nella conferenza di servizi del 24.4.2012 (v. sopra). In sintesi, Part. 16, co. 10-bis, mira a rendere sostanzialmente obbligatorio il rilascio della intesa. Esso, imponendo il raggiungimento dell'intesa entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, al fine specifico di consentire la progettazione definitiva, e quindi la conseguente realizzazione della «Valdastico nord», contraddice il concetto stesso dell'intesa come atto di autonomia, liberamente valutabile dalla Provincia autonoma di Trento, e si configura come una norma speciale volta a superare la decisione della Corte costituzionale n. 62 del 2011, ponendosi in contrasto con le norme e i principi sopra citati. Di qui l'illegittimita' costituzionale anche sotto questo profilo. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 17-ter. comma 5. Il Capo IV-bis del d.l. 83/2012, inserito dalla legge di conversione, detta Disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilita' mediante veicoli a basse emissioni complessive. Secondo l'art. 17 bis - che non forma oggetto di impugnazione - il capo «e' finalizzato allo sviluppo della mobilita' sostenibile, attraverso misure volte a favorire la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica e la sperimentazione e la diffusione di flotte pubbliche e private di veicoli a basse emissioni complessive, con particolare riguardo al contesto urbano, nonche' l'acquisto di veicoli a trazione elettrica o ibrida» (co. 1). In base al comma 3 dello stesso articolo, «la realizzazione delle reti infrastrutturali di cui al comma 1 nel territorio nazionale costituisce obiettivo prioritario e urgente dei seguenti interventi: a) interventi statali e regionali a tutela della salute e dell'ambiente; b) interventi per la riduzione delle emissioni nocive nell'atmosfera, per la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico e per il contrasto del riscaldamento globale prodotto dall'uso di combustibili fossili; c) interventi per l'ammodernamento del sistema stradale urbano ed extraurbano; d) interventi per la promozione della ricerca e dello sviluppo nel settore delle tecnologie avanzate; e) interventi per l'incentivazione dell'economia reale e per l'adeguamento tecnologico e prestazionale degli edifici pubblici e privati». L'art. 17-bis riconosce espressamente la competenza regionale nella materia. In particolare, il comma 4 dispone che «lo Stato, le regioni e gli enti locali perseguono l'obiettivo di cui al comma 3, secondo le rispettive competenze costituzionali, anche mediante interventi di incentivazione, di semplificazione delle procedure, di tariffazione agevolata e di definizione delle specifiche tecniche dei prodotti e dell'attivita' edilizia» (v. anche il co. 3, lett. a). Cio' e' confermato dal successivo art. 17-ter, il comma l del quale dispone che «entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le regioni emanano le disposizioni legislative di loro competenza, nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nel presente capo e dell'intesa di cui al comma 4». Il comma 2 detta una disposizione di salvaguardia della posizione delle Regioni speciali, specificando che «il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Sudtirol, la Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a quanto disposto dal comma 1 in conformita' ai rispettivi statuti e alle relative nonne di attuazione». In base al comma 3, «le disposizioni regionali e provinciali di cui ai commi 1 e 2 salvaguardano comunque l'unita' economica nazionale e i livelli minimi essenziali delle prestazioni nel territorio dello Stato, stabiliti in attuazione del comma 4». Quest'ultima disposizione prevede che, «entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Governo promuove la stipulazione di un'intesa ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, per assicurare la realizzazione di posizioni unitarie e l'armonizzazione degli interventi e degli obiettivi comuni nel territorio nazionale in materia di reti infrastrutturali di ricarica a servizio dei veicoli alimentati ad energia elettrica». Nessuna di tali disposizioni forma oggetto della presente impugnazione. Sennonche', l'art. 17 ter contiene anche un comma 5, finale, secondo il quale «fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui ai compii 1 e 2, le disposizioni del presente capo si' applicano nell'intero territorio nazionale». La Provincia autonoma di Trento impugna tale disposizione, ritenendola illegittima ed invasiva delle proprie competenze. In via preliminare, si osservi che la disposizione impugnata, benche' collocata - impropriamente - nell'art. 17-ter, si riferisce non alle sole disposizioni di tale articolo, ma a quelle «del presente capo», che comprende anche gli articoli da 17-quinquies a 17-octies, le cui disposizioni vengono dunque anch'esse rese applicabili «nell'intero territorio nazionale». Converra' dunque ricordare il contenuto di' tali ulteriori disposizioni. L'art. 17-quinquies, intitolato Semplificazione dell'attivita' edilizia e diritto ai punti di ricarica, modifica il t.u. edilizia prescrivendo ai comuni di prevedere, nel proprio regolamento edilizio, la necessita' dell'installazione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli per il conseguimento del permesso edilizio per gli edifici di nuova costruzione non residenziali. L'art, 17-sexies detta Disposizioni in materia urbanistica, prescrivendo contenuti sia alle leggi regionali che agli strumenti urbanistici comunali, sempre in merito alle infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli. L'art. 17-septies disciplina il Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, mentre l'art. 17-octies prevede Azioni di sostegno alla ricerca. Da quanto ora esposto risulta evidente - ad avviso della ricorrente Provincia - che le nonne che vengono cosi rese immediatamente applicabili nell'intero territorio nazionale attengono tutte a materie di competenze della Provincia o ai sensi dello Statuto o ai sensi del Titolo V. Infatti, la Provincia autonoma di Trento e' dotata di' potesta' legislativa primaria in materia di urbanistica e piani regolatori (art. 8, n. 5 St.), edilizia pubblica (art. 8, n. 10 St.), viabilita' (art. 8, n. 17 St.), comunicazioni e trasporti di interesse provinciale (art. 8, n. 18 St.), e di potesta' concorrente in materia di tutela della salute ed energia (art. 117, co. 3, Cost. e art. 10 l. cost. 3/2001). Nelle medesime materie, la Provincia e' titolare anche della correlativa potesta' amministrativa, ai sensi dell'art. 16 St. e delle nonne di attuazione (v. d.P.R. 235/1977, in materia di energia, d.P.R. 381/1974, in materia di urbanistica e viabilita', d.P.R. 474/1975 in materia di sanita'). Ora, se si esaminano le norme del Capo IV-bis del d.l. 83/2012, si constatera' che alcune di esso sono chiaramente riferibili ad una determinata materia (v. l'art. 17-quinquies e l'art. 17-sexies), di competenza primaria della Provincia (urbanistica), mentre altre sono riconducibili ad una pluralita' di materie, comunque di competenza provinciale: cosi, l'art. 17-bis e Part. 17-septies attengono all'edilizia, all'energia, alla sanita', alla viabilita', ai trasporti, e la finalita' di tutela ambientale che si puo' scorgere non e' certo sufficiente a «cancellare» i diversi titoli di competenza provinciale. Questa, del resto, e' espressamente riconosciuta - come visto - 17-bis, co. 3, lett. a), e co. 4, e soprattutto dall'art. 17-ter. Quanto all'art. 17-opties, esso attiene alla ricerca, anch'essa di competenza provinciale ai sensi dell'art. 117, co. 3, Cost. e dell'art. 10 legge cost. 3/2001. Del resto, si tratta di competenze effettivamente esercitate, oltre che con disposizioni di' carattere generale, anche con disposizioni specifiche. Ad esempio, la legge provinciale 29 maggio 1980, n. 14, Provvedimenti per il risparmio energetico e l'utilizzazione delle fonti alternative di energia, promuove l'impiego di tecnologie aventi come scopo il risparmio di energia soprattutto sotto forma di combustibili e l'utilizzo delle fonti energetiche alternative. Assodato che le norme impugnate attengono a materie di competenza provinciale, ne risulta evidente l'illegittimita' dell'art. 17-ter, co. 5, secondo cui «fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, le disposizioni del presente capo si applicano nell'intero territorio nazionale». E' ben noto infatti che una delle caratteristiche specifiche dell'ordinamento della Regione Trentino Alto Adige / Südtirol e delle due Province autonome che la compongono e' - nelle materie di loro competenza - esattamente l'esclusione della applicazione diretta, anche nel territorio provinciale, di norme statali, in favore di un regime di doveroso adeguamento, nei limiti in cui lo Statuto lo impone. Tale regime e' stabilito, in particolare, con la normativa di attuazione statutaria di cui all'art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, che, nel regolare i rapporti tra la normativa statale e quella provinciale, dispone che, nelle materie di' competenza provinciale, la legislazione provinciale deve essere adeguata ai principi e nonne costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 e 5 dello Statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato, entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell'atto legislativo o nel termine maggiore indicato dal legislatore statale, e che nel frattempo restano applicabili le disposizioni legislative regionali e provinciali preesistenti. Tale regime «generale» e' soggetto ad eccezioni, che sono pero' esse stesse definite dallo Statuto e dalle norme di attuazione, senza che la legge ordinaria possa mai costituire autonomo titolo di tale diretta applicazione. Risulta dunque chiaro che la disposizione di cui al comma 5 dell'art. 17-ter, qui impugnata, si pone in contrasto con i parametri costituzionali e statutari, che ovviamente includono il rispetto delle norme di attuazione dello Statuto. Essa e' dunque - in relazione alla ricorrente Provincia ed al suo territorio - costituzionalmente illegittima. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 37, commi da 4 a 8. L'art. 37 e' intitolato Disciplina delle gare per la distribuzione di gas naturale e nel settore idroelettrico. I commi da 4 a 8 modificano la disciplina delle concessioni idroelettriche. Precisamente, essi disciplinano l'affidamento delle concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico con nonne direttamente applicabili, che si rivolgono espressamente anche alle Province autonome. Di tali disposizioni conviene in primo luogo esaminare il contenuto. Il comma 4 modifica l'art. 12 (Concessioni idroelettriche) d.lgs. 79/1999, stabilendo che «le regioni e le province autonome, cinque anni prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico e nei casi di decadenza, rinuncia e revoca, fermo restando quanto previsto dal comma 4, ove non ritengano sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell'uso a fine idroelettrico, indicono una gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa vigente e dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, liberta' di stabilimento, trasparenza, non discriminazione e assenza di conflitto di interessi, per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo di durata da venti anni fino ad un massimo di trenta anni, rapportato all'entita' degli investimenti ritenuti necessari, avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale, alla consistenza e qualita' del piano di interventi per assicurare la conservazione della: capacita' utile di invaso e, prevalentemente, all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata». Si aggiunge che «per le concessioni gia' scadute alla data di entrata in vigore della presente disposizione e per quelle in scadenza successivamente a tale data ed entro il 31 dicembre 2017, per le quali non e' tecnicamente applicabile il periodo di cinque anni di cui al primo periodo del presente comma, le regioni e le province autonome indicono la gara entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 e la nuova concessione decorre dal termine del quinto anno successivo alla scadenza originaria e comunque non oltre il 31 dicembre 2017». Ancora, si prevede che «nel bando di gara sono specificate altresi' le eventuali condizioni di esercizio della derivazione al fine di assicurare il necessario coordinamento con gli usi primari riconosciuti dalla legge, in coerenza con quanto previsto dalla pianificazione idrica», e che «la gara e' indetta anche per l'attribuzione di una nuova concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, con le medesime modalita' e durata». Inoltre, il comma 4 dell'art. 37 ha stabilito che con il decreto ministeriale gia' previsto dall'art. 12, co. 2, del d.lgs. 79/1999 (e rivolto a determinare «i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara») sono direttamente «stabiliti i criteri e i parametri per definire la durata della concessione in rapporto all'entita' degli investimenti, nonche', con parere dell'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, i parametri tecnico-economici per la determinazione del corrispettivo e dell'importo spettanti al concessionario uscente, ed e' determinata la percentuale dell'offerta economica di cui al comma 1, presentata dal soggetto risultato aggiudicatario, da destinare alla riduzione dei costi dell'energia elettrica a beneficio della generalita' dei clienti finali, secondo modalita' definite nel medesimo decreto». Dunque, il comma 4 detta una disciplina direttamente applicabile, che - al di la' della previsione della gara pubblica - ha carattere dettagliato (occupandosi della durata della concessione, dei criteri della gara, del momento della gara); inoltre, il comma 4 affida ad un d.m. sostanzialmente regolamentare il compito di dettare altre - norme dettagliate (v. sopra). Il comma 5 dell'art. 37, d.l. 83/2012 dispone che «il bando di gara per l'attribuzione di una concessione di grande derivazione ad uso idroelettrico prevede, per garantire la continuita' gestionale, il trasferimento dal concessionario uscente al nuovo concessionario della titolarita' del ramo d'azienda relativo all'esercizio della concessione, comprensivo di tutti i rapporti giuridici afferenti alla concessione». Il comma 6 stabilisce che «al concessionario uscente spetta un corrispettivo per il trasferimento del ramo d'azienda, predeterminato e concordato tra questo e l'amministrazione concedente prima della fase di offerta e reso noto nel bando di gara», e di seguito fissa - con norme dettagliate - i criteri per determinare tale corrispettivo. Il comma 7 dispone che con decreto ministeriale, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, «sono stabiliti i' criteri generali per la determinazione, secondo principi di economicita' e ragionevolezza, da parte delle regioni, di valori massimi dei canoni delle concessioni ad uso idroelettrico» (e' da ricordare che, in base all'art. 1-bis, co. 16, d.P.R. 235/1977, anche i canoni demaniali di concessione sono disciplinati con legge provinciale). Con lo stesso decreto «sono fissate le modalita' tramite le quali le regioni e le province autonome possono destinare una percentuale di valore non inferiore al 20 per cento del canone di concessione pattuito alla riduzione dei costi dell'energia elettrica a beneficio dei clienti finali». Il comma 8 dispone infine l'abrogazione dei commi 489 e 490 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, riguardanti le procedure di gara. Per comprendere l'impatto che le norme di cui si e' ora ricordato il contenuto hanno sulle concessioni idroelettriche nel territorio provinciale e sulle competenze statutarie e costituzionali della Provincia, occorre ora portare l'attenzione prima sulla normativa statale, di livello costituzionale, statutario ed attuativo, riguardante la materia, quindi sulla normativa provinciale che ha dato attuazione alla normativa statale. Quanto alla normativa statale, va in primo luogo ricordato che la Provincia e' dotata di potesta' legislativa primaria in materia di difesa del suolo e dell'ecosistema, di opere idrauliche e di demanio idrico, e di potesta' legislativa concorrente in materia di utilizzazione delle acque pubbliche e di igiene e sanita'. Rilevano in particolare le competenze statutarie in materia di tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare; urbanistica e piani regolatori; tutela del paesaggio; opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamita' pubbliche; caccia e pesca; viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale; agricoltura, foreste e corpo forestale, patrimonio zootecnico ed ittico; opere idrauliche della terza, quarta e quinta categoria (art. 8, nn. 3), 5), 6), 13), 15), 17), 21) e 24, St.) nonche' in materia di utilizzazione delle acque pubbliche e di igiene e sanita' (art. 9, nn, 9) e 10, St.), nonche' gli articoli 12, 13, 14 e 16 dello Statuto speciale e le relative norme di attuazione. La riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione ha poi riconosciuto competenza legislativa concorrente alle Regioni ordinarie in «materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» (art. 117, terzo comma, della Costituzione) e tale nonna si applica anche alla Provincia di Trento, ai sensi dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (v. sentt. 165/2011 e 383/2005). Le competenze della Provincia sono definite anche dalle norme di attuazione dello Statuto, tra le quali rilevano il decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione in materia di trasferimento alle province autonome dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione), il decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (Norma di attuazione in materia di urbanistica ed opere pubbliche) ed il decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione in materia di produzione e distribuzione dell'energia elettrica), con le modificazioni apportate dal decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463 (Norme di attuazione in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica) e dal decreto legislativo 7 novembre 2006, n. 289 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, recanti modifiche al D.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, in materia di concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico). La speciale autonomia della Provincia di Trento in materia di concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico e' dunque definita a livello di norma di attuazione dello statuto di autonomia. In particolare, l'art. 1-bis d.P.R. 235/1977 stabilisce che «spetta alle Province autonome di Trento e di Bolzano, per il rispettivo territorio, secondo quanto disposto dall'art. 01 e nel rispetto degli obblighi comunitari, l'esercizio delle funzioni gia' esercitate dallo Stato in materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico» (co. 1). Il comma 2 aggiunge che, «in relazione a quanto disposto dal comma 1, con legge provinciale, nel rispetto degli obblighi derivanti dall'ordinamento comunitario e degli accordi internazionali, dell'art. 117, secondo comma, della Costituzione, nonche' dei principi fondamentali delle leggi dello Stato, sono disciplinate le grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico», ed il comma 16 stabilisce che «le concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico, ivi compresi i canoni demaniali di concessione, sono disciplinati con legge provinciale nel rispetto dell'art. 117, secondo comma, della Costituzione, nonche' dei principi fondamentali delle leggi dello Stato e degli obblighi comunitari». Per il territorio delle Province autonome, la normativa di attuazione statutaria (art. 1-bis, co. 15, d.P.R. 235/1977) ha anche definito il termine di scadenza delle concessioni rilasciate ad ENEL S.p.A. al 31 dicembre 2010, con un termine di scadenza molto piu' ravvicinato rispetto a quello previsto per il restante territorio nazionale (fissato dall'art. 12, comma 6, del decreto legislativo n. 79 del 1999 nel 2029); per le altre concessioni il termine di scadenza e' definito al 31 dicembre 2010 per quelle in scadenza entro la medesima data, e alla data di scadenza definita nell'atto di concessione per quelle con scadenza successiva al 31 dicembre 2010. Il predetto art. 1-bis d.P.R. 235/1977, come modificato dal d.lgs. 289/2006, costituisce il punto di arrivo di una complessa vicenda istituzionale e normativa a livello comunitario, nazionale e provinciale, che si e' aperta con l'approvazione del decreto legislativo n. 79 del 1999 e l'avvio del processo di liberalizzazione del mercato elettrico, e che si e' chiusa nel 2007 con l' archiviazione della procedura di infrazione n. 1999/4902 con riferimento al decreto legislativo n. 463 del 1999, e del contenzioso costituzionale tra lo Stato e le Province autonome con la sentenza della Corte costituzionale n. 378 del 2007. In esecuzione della predetta norma di attuazione, e in seguito alla stabilizzazione del quadro normativo generale, la Provincia autonoma di Trento ha fissato il regime normativa di concessione delle grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico, nei limiti concordati per il sistema nazionale con la Commissione europea per la archiviazione della procedura di infrazione legata al decreto legislativo n. 79 del 1999. Tale quadro normativo e' ora stabilito dalla legge provinciale n. 4 del 1998, che contiene le integrazioni introdotte con l'art. 44 della legge provinciale 21 dicembre 2007, n. 23. Innanzi tutto, l'art. 1 l.p. 4/1998 prevede quanto segue: «ai fini dell'esercizio delle competenze spettanti alla Provincia in materia di energia nonche' di concessione di acque pubbliche a scopo idroelettrico, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino - Alto Adige in materia di energia), come modificato dal decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463, si applica quanto disposto dalla presente legge e dalle altre disposizioni di legge provinciale in materia di energia. Per quanto non previsto dalla vigente legislazione provinciale nonche' dalla presente legge, si applicano le leggi dello Stato in materia di energia fino a quando non diversamente disposto dalla legge provinciale». L'art. 1-bis1, poi, «disciplina le concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico secondo quanto previsto dal comma 16, secondo periodo, dell'art. 1-bis» d.P.R. 235/1977. In sintesi, la disciplina normativa provinciale delle concessioni idroelettriche contenuta nell'art. 1-bis1 1.p. 4/1998 (modificato dalla 1. p. 21 dicembre 2007, n. 23) reca una disciplina a regime (commi da 1 a 11) che prevede il rilascio delle concessioni all'esito di procedure di evidenza pubblica. Solo in sede di prima applicazione, la disciplina provinciale (art. 1-bis1, commi da 15-ter a 15-decies) prevede la facolta' per il concessionario uscente di richiedere una proroga decennale una tantum della concessione, a fronte dell'assunzione di significativi vincoli ed oneri, di carattere anche finanziario, aggiuntivi rispetto a quelli previsti nella concessione originaria, secondo quanto determinato preventivamente dalla medesima disciplina provinciale nell'interesse pubblico delle popolazioni locali. Tale soluzione legislativa ha consentito di perseguire fin dalla sua entrata in vigore gli interessi pubblici relativi alla tutela ambientale e del territorio e di fissare, al contempo, i presupposti, temporali e organizzativi, per lo svolgimento delle procedure di evidenza pubblica per il rinnovo delle concessioni. In sintesi, la materia dell'affidamento delle concessioni di' grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico rientra prevalentemente nella materia «energia» (sentt. 205/2011 e 1/2008) che, come visto, e' di competenza provinciale. La speciale autonomia della Provincia di Trento in tale materia e' riconosciuta e disciplinata dalle fonti statutaria, ed in particolare dall'art. 1-bis, commi 2 e 16, d.P.R. 235/1977. Non occorre ricordare che le fonti statutarie, ivi comprese le norme di attuazione dello statuto, prevalgono sulle fonti legislative ordinarie, che le debbono rispettare. E' dunque evidente che in relazione alla ricorrente Provincia il legislatore statale - che ha espressamente affidato la competenza alla Provincia stessa - non puo' dettare in tale materia una disciplina direttamente applicabile, in quanto lo vietano sia la stessa competenza espressamente attribuita, sia l'art. 2 d.lgs. 266/1992: il quale, come noto, stabilisce che nelle materie di competenza provinciale la legislazione provinciale deve essere adeguata ai principi e nonne costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 e 5 dello Statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato, entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell'atto legislativo, e che nel frattempo restano applicabili le disposizioni legislative regionali e provinciali preesistenti. I commi da 4 a 8 dell'art. 37 d.l. 83/2012, invece, disciplinano l'affidamento delle concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico con norme direttamente applicabili, che si rivolgono espressamente anche alle Province autonome. Inoltre, come sopra esposto, i commi 4, lett. b) e 7 prevedono atti statali di natura regolamentare in materia provinciale e si pongono, quindi, in contrasto con le predette norme costituzionali e di attuazione e con l'art. 2 d.lgs. 266/1992 (che non ammette atti regolamentari nelle materie provinciali) e con l'art. 117, co. 6, Cost., che sancisce il divieto di regolamenti statali nelle materie - regionali. Anche di recente la Corte costituzionale ha ricordato quanto segue: «Gia' nella sentenza n. 376 del 2002 questa Corte, esaminando - alla luce dell'assetto costituzionale precedente alla revisione del 2001 - la posizione che, nella gerarchia delle fonti di produzione del diritto, venivano ad assumere i regolamenti di delegificazione, affermava che «la sostituzione di norme legislative con norme regolamentari esclude(va) di per se' che da queste ultime (potessero) trarsi principi vincolanti per le regioni». E' evidente che in nulla queste conclusioni sono mutate dopo la modifica del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, e che, quindi, deve escludersi che il regolamento di delegificazione sia un veicolo normativa idoneo a delineare le grandi riforme economico-sociali che si' impongono alla potesta' legislativa della Provincia autonoma» (sent. 207/2012). Qualora i d.m. in questione fossero considerati atti di indirizzo e coordinamento o atti amministrativi generali, la loro previsione sarebbe comunque illegittima in quanto non rispettosa degli artt. 3 e 4 d.lgs. 266/1992: il primo prevede che gli atti indirizzo vincolino «solo al conseguimento degli obiettivi o risultati in essi stabiliti» (mentre i d.m. in questione non hanno contenuto finalistico) e prescrive la competenza governativa ed il parere della Provincia; il secondo prevede che «nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione». Infine, come si e' visto, gran parte della disciplina contenuta nei commi da 4 a 8 ha carattere dettagliato e, dunque non potrebbe vincolare la Provincia neppure in termini di vincolo di adeguamento. Essa, pero', si rivolge anche alle Province e, dunque, contrasta con le norme costituzionali e di attuazione sopra viste (in particolare, art. 1-bis d.P.R. 235/1977 e art. 2 d.lgs. 266/1992). In definitiva, i commi da 4 a 8 pretendono illegittimamente di sovrapporsi alla disciplina legislativa con cui questa Provincia, in applicazione della normativa di attuazione statutaria, ha regolato i procedimenti, anche di evidenza pubblica, per il rilascio delle concessioni di' grande derivazione a scopo idroelettrico e i proventi derivanti dall'utilizzo delle acque pubbliche. Dunque, la nuova normativa nazionale contenuta nei commi da 4 a 8 dell'art. 37 d.l. 83/2012, risulta illegittimamente lesiva delle prerogative costituzionali della Provincia di Trenta. 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 3-bis. L'art. 69, co. 3-bis, d.l. 83/2012 dispone che «al fine di semplificare l'organizzazione degli enti territoriali locali, di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e di contribuire al contenimento della spesa pubblica, nonche' in ottemperanza al disposto dell'art. 23, comma 22, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, le province autonome di Trento e di Bolzano prevedono, nell'ambito della propria autonomia statutaria e nel quadro delle procedure di coordinamento previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, che gli incarichi conferiti all'interno delle comunita' di valle siano svolti a titolo esclusivamente onorifico, senza la corresponsione di alcuna forma di remunerazione, indennita' o gettone di presenza». Conviene ricordare che il richiamato art. 23, co. 22, d.l. 201/2001 stabilisce che «la titolarita' di qualsiasi carica, ufficio o organo di natura elettiva di un ente territoriale non previsto dalla Costituzione e' a titolo esclusivamente onorifico e non puo' essere fonte di alcuna forma di remunerazione, indennita' o gettone di presenza, con esclusione dei comuni di cui all'art. 2, comma 186, lettera b), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni». Cosi', alla stregua del comma 3-bis, le Province autonome dovrebbero «ottemperare» a tale disposizione, rendendo gratuite le funzioni svolte dagli amministratori presso le proprie comunita' di valle. Si tratta, come si vede, di una disposizione molto precisa, quasi di un ordine. Ma sulla legittimita' costituzionale di quest'ordine, cosi' formulato, ha nutrito dubbi lo stesso legislatore. Da un lato, infatti, esso ha contestualmente stabilito che a tale ottemperanza la Provincia provveda «nell'ambito della propria autonomia statutaria e nel quadro delle procedure di coordinamento previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42», cioe' delle nonne di attuazione dello statuto: rinviando cosi' - contraddittoriamente - all'autonomia del destinatario (ed alle speciali procedure di attuazione dello statuto) nel momento stesso in cui tale autonomia viene negata. Dall'altro, il successivo comma 3-ter dello stesso art. 69 d.l. 83/2012 ha addirittura precisato che «le disposizioni di cui al comma 3-bis» - che riguardano esclusivamente le Province autonome di Trento e di Bolzano - «si applicano compatibilmente con le competenze attribuite alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dello statuto speciale e delle relative nonne di attuazione». Siamo dunque di fronte ad un vero paradosso normativo: il legislatore stabilisce una nonna (restrittiva) per le sole Province autonome e contestualmente afferma che tale norma si applica ad esse - le sole destinatarie - compatibilmente con la loro autonomia! Sennonche', una simile tecnica normativa - che realizza in realta' una forma di inquinamento normativo - viola in primo luogo il principio di ragionevolezza e di certezza del diritto. Il complesso che ne risulta pone un dovere di adeguamento e contemporaneamente lo nega o lo pone in dubbio, ponendo le Province autonome destinatarie in una situazione di incertezza. Esse, infatti, ritenendo il comma 3-bis incompatibile con la propria autonomia statutaria, non sarebbero tenute ad applicano, ma al tempo avrebbero contraddetto una disposizione statale formalmente vigente e ad esse specificamente rivolta. La Provincia e' legittimata a far valere tali vizi, posto che la norma in questione attiene al coordinamento della finanza pubblica e alla finanza locale (materie di competenza anche provinciale: v. sentt. 22/2012 e 80/2012) e, determinando incertezza sul vincoli finanziari esistenti e sullo status degli amministratori delle comunita' di valle, pregiudica lo svolgimento dell'autonomia legislativa della Provincia. In ogni modo, ad avviso della ricorrente Provincia il comma 3-bis dell'art. 69 e' realmente incompatibile con lo statuto speciale e con le relative norme di attuazione. Esso si richiama al «fine di semplificare l'organizzazione degli enti territoriali locali, di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e di contribuire al contenimento della spesa pubblica». Ma e' evidente che il divieto di corrispondere compensi per gli «incarichi conferiti all'interno delle comunita' di valle» (dizione a sua volta ambigua, che qui si intende come divieto di retribuirne gli amministratori) non contribuisce in alcun modo a «semplificare l'organizzazione degli enti territoriali locali», la quale rimane esattamente come era prima. Escluso dunque che la norma qui contestata possa trovare fondamento in tale esigenza, rimane da esaminare il fine di «assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e di contribuire al contenimento della spesa pubblica». Si tratterebbe, allora, di una norma di coordinamento della finanza pubblica. Cosi considerata, tuttavia, la nonna si rivela illegittima sotto diversi profili. Intanto, essa non corrisponde affatto ai requisiti che codesta ecc.ma Corte costituzionale ha individuato sul piano generale per tale categoria di norme. Si tratta infatti non di un limite complessivo alla spesa, o almeno ad un rilevante aggregato di essa. Al contrario, la norma impugnata pone un limite puntuale con specifico riferimento alle comunita' di valle, un limite non temporaneo e che non consente alcuno svolgimento da parte delle Province, ma richiede semplicemente di essere recepito. Essa dunque non ha alcuna delle caratteristiche peculiari dei principi di coordinamento della finanza pubblica e viola le regole poste a garanzia delle stesse Regioni ordinarie. Sul piano statutario, poi, risulta palesemente violato l'art. 79 dello Statuto, che prevede in modo esaustivo le modalita' con cui la Provincia concorre agli obiettivi di finanza pubblica. In base al comma 3, «fermi restando gli obiettivi complessivi di finanza pubblica, spetta alle province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali, ai propri enti e organismi strumentali, alle aziende sanitarie, alle universita' non statali di cui all' art. 17, comma 120, della legge 15 maggio 1997, n. 127, alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e agli altri enti od organismi a ordinamento regionale o provinciale finanziati dalle stesse in via ordinaria». L'art. 79, cc. 3, precisa che «non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale» e che «le province vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti di cui al presente comma ed esercitano sugli stessi il controllo successivo sulla gestione dando notizia degli esiti alla competente sezione della Corte dei conti». In base al comma 4, «le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo». Dunque, secondo lo statuto lo Stato concorda con la Provincia «gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo» (art. 79, co. 3), e poi spetta alla Provincia «provvedere alle funzioni di' coordinamento con riferimento agli enti locali» (sempre co. 3; e' opportuno ricordare che le comunita' di valle «sono enti pubblici locali a struttura associativa», in base all'art. 14, co. 2, l.p. 3/2006). Dunque, lo Stato non puo' unilateralmente porre un vincolo finanziario (per di piu' puntuale) in relazione alle comunita' di valle. Gli strumenti con cui il sistema provinciale concorre agli obiettivi di' finanza pubblica sono quelli regolati dall'art. 79 St. e possono essere modificati solo nel rispetto delle procedure statutarie e del principio dell'accordo, che domina la materia dei rapporti finanziari tra Stato e Regioni speciali. Sempre sul piano statutario, risulta altresi' violata la competenza in materia di finanza locale. In tale materia la Provincia autonoma di Trento e' dotata di potesta' legislativa , ai sensi dell'art. 80, co. 1, St. («Le province hanno competenza legislativa, nei limiti stabiliti dall'art. 5, in materia di finanza locale»), dell'art. 81, co. 2, St. («Allo scopo di adeguare le finanze dei comuni. al raggiungimento delle finalita' e all'esercizio delle funzioni stabilite dalle leggi, le province di Trento e di Bolzano corrispondono ai consumi stessi idonei mezzi finanziari, da concordare fra il Presidente della relativa Provincia ed una rappresentanza unitaria dei rispettivi comuni») e delle relative norme di attuazione (v. art. 17 d.lgs. 268/1992, in particolare il comma 3: «Nel rispetto delle competenze regionali in materia di ordinamento dei comuni, le province disciplinano con legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all'assunzione di personale, le modalita' di ricorso all'indebitamento, nonche' le procedure per l'attivita' contrattuale»). E' da sottolineare che la Provincia e' anche dotata di competenza legislativa sulle forme collaborative tra i comuni, in base all'art. 15, co. 2, d.P.R. 526/1987. Poiche' la norma impugnata e' di dettaglio, la sua pretesa di vincolare la Provincia viola le nonne appena citate e l'art. 2 d.lgs. 266/1992, in base al quale le leggi provinciali devono adeguarsi alle leggi statali recanti i limiti di cui agli artt. 4 e 5 St. Posta la violazione dello statuto e delle norme di attuazione, scrupolo difensivo esige che si faccia altresi' rilevare che l'obbligo di adeguamento posto dal comma 3 bis dell'art. 69 e' anche costituzionalmente illegittimo nel suo contenuto specifico, per contrasto con l'art. 36, primo comma, della Costituzione, nonche', in via derivata, con il principio di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione. Un conto, infatti, sarebbe stabilire - ad esempio - un divieto di cumulo di piu' retribuzioni per attivita' strettamente connesse, tutt'altro conto e' imporre - su un piano astratto e senza alcuna relazione con le concrete modalita' organizzative ed operative delle comunita' di valle - che gli incarichi da esse attribuiti siano gratuiti. Una simile disposizione viola palesemente il diritto alla retribuzione per il proprio lavoro e - visto dal lato opposto, quello dell'assetto organizzativo - impedisce alle amministrazioni interessate (ed alla Provincia, che ne e' complessivamente responsabile) una efficiente organizzazione: essendo evidente che il non poter retribuire una prestazione limita gravemente la possibilita' di ottenerla. La Provincia e' legittimata a far valere tali violazioni perche' la norma impugnata attiene, come visto, a materie di competenza provinciale (v. sentt. 22/2012 e 80/2012) e lo Stato non puo' vincolare le competenze della Provincia in modo illegittimo, con norme che rappresenterebbero un quadro incostituzionale (e dunque instabile, con conseguente pregiudizio per la certezza del diritto) di riferimento dell'azione provinciale e dell'esercizio della sua autonomia legislativa.
P. Q. M. Voglia codesta Corte costituzionale dichiarare l'illeggittimita' costituzionale dell'articolo 16, comma 10-bis, dell'articolo 17-ter, comma 5, dell'articolo 37, commi da 4 a 8, e dell'articolo 69, comma 3-bis, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, Misure urgenti per la crescita del Paese, come convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Trento-Padova-Roma, 9 ottobre 2012 Prof. avv. Falcon - Avv. Pedrazzoli - Avv. Manzi Allegati: 1) Deliberazione della Giunta provinciale 21 settembre 2012, n. 1970. 2) Procura speciale n. rep. 27776 del 25 settembre 2012.