N. 114 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 febbraio 2013
Ordinanza del 18 febbraio 2013 emessa dalla Corte d'appello di Ancona nel procedimento penale a carico di W.M.. Reati e pene - Circostanze del reato - Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti - Divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di lieve entita' di cui al comma secondo dell'art. 648 cod. pen. (ricettazione) sull'aggravante della recidiva reiterata di cui all'art. 99, comma quarto, cod. pen. - Violazione del principio di uguaglianza, per la parita' di trattamento di situazioni di diversa gravita' - Contrasto con i principi di offensivita' e di proporzionalita' della pena - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2012. - Codice penale, art. 69, comma quarto. - Costituzione, artt. 3, 25, comma secondo, e 27, comma terzo.(GU n.22 del 29-5-2013 )
LA CORTE DI APPELLO All'udienza in Camera di consiglio del 18 febbraio 2013 ha pronunciato la seguente ordinanza. Nel procedimento penale di appello n. 2584/2009 a carico di W.M. n. a Thies (Senegal) 20 febbraio 1976, elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. Roberto Luceri del Foro di Rimini, imputato: a) del reato di cui all'art. 474 c.p. b) del reato di cui agli artt. 61 n. 2, 648 c.p. In Pesaro acc. 2 agosto 2007. Con recidiva reiterata specifica infraquinquennale Premesso in fatto che, a seguito di indagini svolte dal Nucleo Mobile della Guardia di Finanza, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro citava a giudizio W. M. per rispondere del reato di ricettazione di alcuni capi di abbigliamento recanti marchi contraffatti e del reato di detenzione per la vendita di detti prodotti. Con la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale; che con sentenza in data 4 giugno 2009 il Tribunale di Pesaro, all'esito di giudizio abbreviato, riteneva l'imputato colpevole dei reati ascrittigli, unificati ex art. 81 cpv c.p. e ritenuta, quanto al reato di ricettazione, l'ipotesi attenuata di cui al secondo comma di cui all'art. 648 c.p., lo condannava, con l'aumento per la recidiva «specifica e recente» e per la continuazione e la riduzione per il rito alla pena di mesi tre di reclusione ed euro 300 di multa; che avverso detta sentenza ha interposto appello l'imputato, limitandosi a censurare il diniego delle attenuanti generiche e l'eccessivita' della pena; che ha interposto ricorso per cassazione - convertito in appello ex art. 580 c.p.p. - il Procuratore Generale della Repubblica, lamentando la erronea qualificazione della recidiva (correttamente contestata come reiterata specifica infraquinquennale) come "specifica e recente"; la elusione del prescritto criterio di comparazione tra la contestata recidiva reiterata pluriaggravata e l'attenuante del fatto di particolare tenuita' di cui all'art. 648 comma 2 c.p. e, soprattutto, la violazione del principio stabilito nell'art. 69 comma 4 c.p.p., del divieto di sub-valenza della recidiva reiterata. La pena irrogata - evidenzia il P.G.- a seguito delle denunziate violazioni di legge, risulta illegale per difetto, non potendosi in alcun modo ad essa pervenire, anche a voler muovere dal minimo edittale del delitto di ricettazione (anni due di reclusione ed €. 516 di multa); che all'odierna udienza, fissata per la discussione delle suddette impugnazioni, la Corte ritiene di sollevare d'ufficio la questioni di legittimita' costituzionale - per violazione degli articoli 3 e 27 comma 3 della Costituzione - dell'art. 69 comma 4 c.p., come sostituito dall'art. 3 legge 5 dicembre 2005 n. 251, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 648 comma 2 c.p. sulla recidiva di cui all'art. 99 comma 4 c.p. Motivi Rilevanza della questione La questione e' sicuramente rilevante nel presente giudizio in quanto, in caso di accoglimento, si dovrebbe irrogare una pena identica o persino inferiore rispetto a quella inflitta dal primo giudice (impugnata, non infondatamente, nel quantum dall'imputato), atteso che la modesta gravita' del fatto indurrebbe a ritenere l'attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 648 comma 2 c.p. sicuramente prevalente sulla recidiva. Si dovrebbe - in caso contrario - sicuramente accogliere l'impugnazione del P.G., irrogando, per l'effetto, una pena di gran lunga superiore a quelle inflitta dal primo giudice. Al riguardo va rilevato come la recidiva non e' stata oggetto di impugnazione da parte dell'imputato. Non vi e' dubbio, comunque, che si tratti di recidiva reiterata (specifica ed infraquinquennale) atteso che, come emerge dal certificato penale dell'imputato, lo stesso e' stato condannato, la prima volta, dal Tribunale di Milano (sentenza irrevocabile il 4 marzo 2006) alla pena di anni tre di reclusione ed €. 300 di multa per il delitto di commercio di prodotti con segni falsi; la seconda volta, dal Tribunale di Rimini (sentenza irrevocabile il 15 marzo 2007) alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 180 di multa per i reati di ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi. Ne', caso in esame non sarebbe possibile escludere la recidiva seppur facoltativa, sia perche' la relativa statuizione non e' stata oggetto di specifico motivo di appello da parte dell'imputato, sia perche' secondo l'insegnamento della giurisprudenza costituzionale, confermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza comune, per farlo occorre valutare "la natura e il tempo di commissione dei precedenti". E' da considerare, infatti, che nel caso in esame le condanne gia' riportate dall'imputato attengono a violazioni della stessa specie, commesse in un arco temporale limitato, sicche' natura e tempo di commissione dei reati indicano che il reato sub indice e' espressione della medesima "devianza" gia' denotata in occasione dei precedenti reati, ed e' percio' sicura manifestazione di maggior colpevolezza e pericolosita' dell'imputato. Pertanto non sarebbe possibile escludere la recidiva reiterata, laddove il reato commesso dall'imputato resterebbe una modesta violazione sussumibile nel comma 2 dell'art. 648 c.p., come giustamente ritenuto dal primo giudice, con statuizione non impugnata dal P.G.. Il principio di cui all'art. 69 comma 4 c.p., renderebbe irrilevante l'anzidetto dato di realta'. Non manifesta infondatezza della questione La norma censurata - nell'ottica limitata di cui sopra - appare, anzitutto, in contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) perche' conduce, in determinati casi, ad applicare pene identiche a violazioni di rilievo penale enormemente diverso. Il recidivo reiterato implicato in ricettazioni di livello industriale al quale siano riconosciute le circostanze attenuanti generiche verrebbe punito con la stessa pena prevista per il recidivo reiterato autore di episodi di modesto disvalore, quale l'acquisto di alcuni generi di abbigliamento con marchi falsi, per la piccola vendita «di sopravvivenza» al quale siano riconosciute le circostanze attenuanti generiche e quella prevista dal secondo comma dell'art. 648 c.p.: la rilevantissima differenza oggettiva, naturalistica, criminologica delle due condotte viene completamente annullata in virtu' di una esclusiva considerazione dei precedenti penali del loro autore. E' appena il caso di rimarcare che le disposizioni di cui rispettivamente, al 1° ed al 2° comma dell'art. 648 c.p, rispecchiano due situazioni molto diverse dal punto di vista criminologico, in quanto al secondo comma sono riconducibili -essenzialmente- le condotta del piccolo ricettatore, per lo piu' straniero e disoccupato, che si procura qualcosa per vivere svolgendo «sulla strada» la piu' rischiosa attivita' di vendita al minuto dei beni di provenienza delittuosa. Sulla base di queste rilevantissime peculiarita', il legislatore ha sanzionato la seconda condotta con una pena detentiva che, nel minimo edittale, e' pari ad appena un quarantottesimo della pena prevista per la prima (15 giorni di reclusione a fronte dei due anni di reclusione di cui al comma 1). Tale assetto normativo (in uno con quello oggetto di dichiarazione di illegittimita' costituzionale, in tema di art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309/1990) appare irrazionale. L'ordinamento penale, per alcune fattispecie di reato, prevede la pena per le ipotesi meno gravi (e piu' frequenti nella prassi) e aggiunge una serie di circostanze aggravanti per le ipotesi di maggiore allarme sociale: si pensi ad esempio alla disciplina del furto. Tutt'affatto diversa e' l'ipotesi -quale quella della ricettazione- in cui la legge fissa la pena base per le ipotesi piu' gravi e prevede poi circostanze attenuanti per adeguare la sanzione ai casi piu' lievi e frequenti. In questi ultimi casi, il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata produce conseguenze sanzionatorie irragionevoli, in quanto finisce per equiparare ai fini sanzionatori casi oggettivamente lievi a casi di particolare allarme sociale: cosi', mentre l'autore di furti, per quanti furti commetta, subira', in caso di riconosciute attenuanti equivalenti, una pena edittale minima sempre pari a sei mesi di reclusione, il "piccolo ricettatore" recidivo reiterato vedra' la pena detentiva edittale minima lievitare da 15 giorni a due anni di reclusione. Sussiste, inoltre, la violazione del principio di offensivita', di cui all'art. 25, secondo comma, Cost., che, con il suo espresso richiamo al fatto commesso, riconosce rilievo fondamentale all'azione delittuosa per il suo obiettivo disvalore e non solo in quanto manifestazione sintomatologica di pericolosita' sociale; la costituzionalizzazione del principio di offensivita' implica la necessita' di un trattamento penale differenziato per fatti diversi, senza che la considerazione della mera pericolosita' dell'agente possa legittimamente avere rilievo esclusivo. E' ravvisabile, poi, la violazione del principio di proporzionalita' della pena (nelle sue due funzioni retributiva e rieducativa), di cui all'art. 27, terzo comma, Cost., perche' una pena sproporzionata alla gravita' del reato commesso da un lato non puo' correttamente assolvere alla funzione di ristabilimento della legalita' violata, dall'altro non potra' mai essere sentita dal condannato come rieducatrice: l'inflizione di due anni di reclusione per la ricettazione di un solo bene, di modestissimo valore, chiunque ne sia l'autore, non puo' essere considerata una risposta sanzionatoria proporzionata. La Corte costituzionale, con la recente sentenza 15 novembre 2012 n. 251, nel dichiarare costituzionalmente illegittimo l'art. 69 comma 4 c.p., come sostituito dall'art. 3 legge 5 dicembre 2005 n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975 n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) sulla recidiva di cui all'art. 99 comma 4 c.p., ha affermato principi che sembrano pienamente applicabili - mutatis nutandis - alla questione in esame: «Il giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee consente al giudice di valutare il fatto in tutta la sua ampiezza circostanziale, sia eliminando dagli effetti sanzionatori tutte le circostanze (equivalenza), sia tenendo conto di quelle che aggravano la quantitas delicti, oppure soltanto di quelle che la diminuiscono (sentenza n. 38 del 1985). Deroghe al bilanciamento pero' sono possibili e rientrano nell'ambito delle scelte del legislatore, che sono sindacabili da questa Corte "soltanto ove trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio" (sentenza n. 68 del 2012), ma in ogni caso non possono giungere a determinare un'alterazione degli equilibri costituzionalmente imposti nella strutturazione della responsabilita' penale». «La manifesta irragionevolezza delle conseguenze sul piano sanzionatorio del divieto di prevalenza dell'attenuante di cui al quinto comma dell' art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 sulla recidiva reiterata e' resa evidente dall'enorme divaricazione delle cornici edittali stabilite dal legislatore per il reato circostanziato e per la fattispecie base prevista dal primo comma della disposizione citata e dagli effetti determinati dal convergere della deroga al giudizio di bilanciamento sull'assetto delineato dallo stesso art. 73. (...): il recidivo reiterato subisce cosi', di fatto, un aumento incomparabilmente superiore a quello specificamente previsto dall'art. 99, quarto comma, c.p. per la recidiva reiterata, che, a seconda dei casi, e' della meta' o di due terzi»; «Le rilevanti differenze quantitative delle comminatorie edittali del primo e del quinto comma dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 rispecchiano, d'altra parte, le diverse caratteristiche oggettive delle due fattispecie, sul piano dell'offensivita' e alla luce delle stesse valutazioni del legislatore: il trattamento sanzionatorio decisamente piu' mite assicurato al fatto di "lieve entita'", la cui configurabilita' e' riconosciuta dalla giurisprudenza comune solo per le ipotesi di "minima offensivita' penale" (Cass. pen., sezioni unite, 24 giugno 2010, n. 35737), esprime una dimensione offensiva la cui effettiva portata e' disconosciuta dalla norma censurata, che indirizza l'individuazione della pena concreta verso un'abnorme enfatizzazione delle componenti soggettive riconducibili alla recidiva reiterata, a detrimento delle componenti oggettive del reato. Due fatti, quelli previsti dal primo e dal quinto corra dell'art. 73, che lo stesso assetto legislativo riconosce come profondamente diversi sul piano dell'offesa, vengono ricondotti alla medesima cornice edittale, e cio' «determina un contrasto tra la disciplina censurata e l'art. 25, secondo comma, Cost., che pone il fatto alla base della responsabilita' penale» (sentenza n. 249 del 2010); «E' da aggiungere che la norma censurata da' luogo anche a una violazione del principio di uguaglianza perche' il recidivo reiterato, cui siano riconosciute le attenuanti generiche, autore di un fatto "non lieve" da punire con il minimo edittale della pena stabilita dalli art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, riceve lo stesso trattamento sanzionatorio - quest'ultimo irragionevolmente piu' severo - spettante al recidivo reiterato, cui pure siano riconosciute le attenuanti generiche, ma autore di un fatto di "lieve entita'"; «La disciplina censurata, nel precludere la prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata, realizza, come e' stato gia' rilevato da questa Corte con riferimento ad altra fattispecie, 'una deroga rispetto a un principio generale che governa la complessa attivita' commisurativa della pena da parte del giudice, saldando i criteri di determinazione della pena base con quelli mediante i quali essa, secondo un processo finalisticamente indirizzato dall'art. 27, terzo collima, Cost., diviene adeguata al caso di specie anche per mezzo dell'applicazione delle circostanze' (sentenza n. 183 del 2011); Tali valutazioni possono sicuramente estendersi all'assetto normativo che la norma censurata determina con riguardo alla disciplina del reato di ricettazione ed in particolare alla attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 648 comma 2 c.p.. E' pur vero che la previsione sanzionatoria dei due commi dell'anzidetto articolo - contrariamente a quanto avviene per il 1° ed il 5° comma dell'art. 73 d.P.R.n. 309/1990 sono in parte sovrapponibili (in quanto la pena massima stabilito dal 2° cometa e' ben superiore a quella minima di cui al 1° comma), ma resta l'enorme sproporzione (superiore rispetto alla disciplina dell'art. 73) tra i minimi edittali (quello di cui al 1° comma e' ben 48 volte superiore a quello del 2° comma): il che rende evidente il vulnus costituzionale proprio con riferimento ai casi marginali, di minima offensivita', quale e' quello per cui e' processo.
P.Q.M. Visto l'art. 23, legge n. 87/1953; Solleva d' ufficio e dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del comma 4 dell'art. 69 c.p., come sostituito dall'art. 3 legge 5 dicembre 2005 n. 251, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 648 cometa 2 c.p. sulla recidiva di cui all'art. 99 comma 4 c.p. Sospende il giudizio in corso; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai presidenti delle camere; Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di rito Ancona addi' 18 febbraio 2013 Il Presidente: Fanulli