N. 174 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 marzo 2013
Ordinanza del 21 marzo 2013 emessa dal Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di D. F. A.. Processo penale - Incapacita' dell'imputato di partecipare coscientemente al processo - Accertata irreversibilita' - Sospensione obbligatoria del procedimento - Sospensione del corso della prescrizione - Violazione dei principi di uguaglianza, di garanzia del diritto alla difesa, di rieducazione del condannato e di ragionevole durata del processo. - Codice penale, art. 159, primo comma. - Costituzione, artt. 3, 24, comma secondo, 27, comma terzo, e 111, comma secondo.(GU n.34 del 21-8-2013 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza A. D. F. e' stato convocato a giudizio con decreto del 26 aprile 2001 per rispondere dei reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e false comunicazioni sociali. Fin dalla prima udienza dibattimentale del 20 novembre 2001 il difensore dell'imputato ha rilevato come il proprio assistito avesse subito un incidente stradale e riportato serie e gravi lesioni tali da evidenziare la sussistenza di un legittimo impedimento, nonche' la necessita' di un approfondimento peritale al fine di valutare la capacita' di questi di partecipare coscientemente al processo (nel certificato medico prodotto in quel contesto si da' atto che D. F. e' paziente paraplegico post traumatico, affetto da vescica neurogene con episodi ricorrenti di infezione urinaria). Il giudice stabili nel corso della medesima udienza di espletare una perizia medico-legale. Tuttavia, alla prefissata udienza, poiche' si ebbe modo di rilevare che era stato adito il giudice monocratico a dispetto della competenza funzionale del tribunale collegiale in relazione all'art. 2621 del codice civile, venne disposta la trasmissione del processo alla sede competente. Anche il tribunale in composizione collegiale, all'udienza del 6 giugno 2002, valuto' l'opportunita' di svolgere l'accertamento richiesto e nomino' come perito la dottoressa F. B. La consulenza svolta attesto' che D. F., i sotto il profilo psichico era del tutto integro e pertanto capace di stare in giudizio, segnalando al contempo la gravita' del quadro clinico da ritenersi compromesso a seguito dell'incidente subito il 12 novembre 2000 nel corso del quale riporto' un grave politrauma con lussazione vertebro-midollare D11-D12 con immediata paraplegia, trauma cranico commotivo, emopneumotorace bilaterale, rottura di milza con necessita' di splenectomia, lussazione al gomito destro, frattura del malleolo tibiale destro e rottura di legamenti al ginocchio destro, vasta ferita lacero contusa alla mano destra. La gravita' di tali condizioni risultava aggravata dall'esacerbazione della sindrome depressiva di cui il paziente gia' soffriva e per cui era in terapia farmacologica, e dalla comparsa di crisi comiziali parziali con conseguente generalizzazione e di ulcere da decubito in regione sacrale e trocanterica. Peraltro, all'udienza del 13 novembre 2002, il perito evidenzio' la sussistenza di serie difficolta' di trasporto dell'imputato a causa di profondissime ulcere, e il tribunale, tenuto altresi' conto della certificazione medica prodotta dalla difesa, rinvio' il processo all'udienza del 18 febbraio 2003, nel cui corso venne constatata nuovamente la sussistenza di un legittimo impedimento dell'imputato a comparire in quanto ricoverato presso l'istituto di riabilitazione Montecatone. Da allora, sulla scorta dei certificati medici prodotti dalla difesa, attestanti vuoi la difficolta' di trasporto, vuoi l'acutizzazione dello stato patologico di D. F. sono stati disposti ulteriori rinvii per legittimo impedimento, fino all'udienza dell'11 luglio 2005 quando il Tribunale decise di svolgere nuovamente una perizia per accertare la capacita' dell'imputato di partecipare coscientemente al processo. Ancora, la dottoressa B. escluse la sussistenza di una condizione di incapacita', rilevando che gli scompensi di tipo psichiatrico che avevano richiesto gli accessi al pronto soccorso, quali il rallentamento ideo-motorio, il disorientamento temporo-spaziale con allucinazioni visive, ovvero gli episodi di assenza, fossero legati all'abuso della terapia farmacologica prescrittagli a base di benzodiazepine (D. F., come detto, fin dall'eta' giovanile era affetto da sindrome depressiva aggravatasi a seguito delle lesioni riportate nel corso del traumatico incidente subito). Il Tribunale, all'udienza del 18 gennaio 2006, revoco' impropriamente l'ordinanza di sospensione del processo, rinviando all'udienza del 15 marzo 2006, nel cui contesto il difensore chiese un rinvio per poter valutare l'eventuale richiesta di patteggiamento. Nel corso dell'udienza del 27 aprile 2006, a seguito dell'ennesima istanza di legittimo impedimento dell'imputato, venne disposta una visita fiscale, le cui conclusioni attestanti un delirio immaginativo su fondo costituzionale mitomaniaco determinarono il Tribunale a disporre nuovi accertamenti, da parte della stessa ASL che confermarono tale stato patologico. Il difensore dell'imputato rilevo', inoltre, che proprio in quel periodo si stava svolgendo un procedimento volto ad una pronuncia di interdizione legale dell'imputato. Nel corso dell'udienza del 9 luglio 2008 venne acquisita la perizia effettuata nell'ambito del procedimento tutelare attestante la presenza di una infermita' mentale abituale e tale da inficiare completamente la capacita' di D. F., di riconoscere e provvedere ai propri interessi. Il Tribunale ritenne che l'accertato disturbo delirante cronico di tipo magalomaniaco fosse incompatibile con la possibilita' che D. F., potesse comprendere e partecipare coscientemente al processo. Ritenuta la sussistenza di una incapacita' dell'imputato, venne pertanto sospeso il processo ai sensi dell'art. 70 c.p.p. Da allora, si sono susseguite nel tempo perizie svolte nell'ambito sia dell'odierno procedimento sia degli altri pendenti a carico dell'imputato che hanno confermato le condizioni patologiche dell'imputato tali da inficiarne la cosciente partecipazione al processo. In somma sintesi, oltre alle precarie condizioni fisiche dell'imputato cui e' stata diagnosticata una paraplegia post traumatica agli arti inferiori, e' stato acclarato un disturbo psicotico non altrimenti specificato determinante una perdita della capacita' processuale di tipo permanente (cfr. perizia redatta dal dottor M. G. del 15 febbraio 2010). I medici hanno spiegato che D. F., gia' affetto da sintomi depressivo-ansiosi, a partire dalla meta' degli anni 2000 ha iniziato a presentare gravi alterazioni del funzionamento psichico correlate all'abuso, ovvero alla improvvisa sospensione, di farmaci ansiolitici a base di benzodiazepine, nonche' all'abuso di cocaina. Nel corso dei ricoveri ospedalieri si sono, peraltro, rilevati disturbi allucinatori, confusione mentale e incongruenze comportamentali. Il complessivo quadro clinico si e' aggravato nel tempo per l'instaurarsi nel 2006 di uno stato psicotico e per il progredire della seria compromissione delle funzioni mentali dovute a fenomeni degenerativi atrofici della struttura cortico-sottocorticale cerebrale, rilevati con la Tac (cfr. perizia a firma del dottor F. M. del 30 marzo 2011). Le attivita' cognitive sono risultate altamente compromesse, la sfera emotiva gravemente degradata e la facolta' di pensiero deteriorata, anche per la segnalazione di disturbi di tipo delirante. Sono state, inoltre, segnalate alterazioni delle funzioni neurologiche. Anche l'ultimo accertamento peritale svolto ha confermato lo stato psicotico cronico determinato, in misura rilevante, da processi degenerativi cerebrali, documentati da esami strumentali, innescati da protratti, ormai remoti, abusi di «sostanze» ad azione tossica. Il quadro clinico e' stato definito di natura demenziale, nonche' tale da impedire all'imputato di partecipare coscientemente al processo per profondi deficit della comprensione, dell'elaborazione del pensiero, della congruita' affettivo-relazionale, della disponibilita' del volere (cfr. perizia a firma del dottor F. M. del 2 febbraio 2013). La ricostruzione svolta consente di evidenziare due circostanze meritevoli di attenzione nell'ambito dell'odierna trattazione. Da un lato, va detto che la prognosi formulata concordemente da differenti specialisti in ordine alla condizione patologica di D. F. in termini di cronicita' e irreversibilita' non risulta opinabile. A seguito, infatti, di un'iniziale accertata capacita' di comprendere e relazionarsi, pur nell'ambito di un quadro psico-fisico compromesso, si e' potuto constatare il progressivo aggravamento delle condizioni psichiche dell'imputato, per l'insorgere di un quadro psicotico, prima assente, legato a fenomeni degenerativi cerebrali. Proprio tale involuzione esclude la sussistenza di dubbi in ordine ad un possibile miglioramento delle condizioni cliniche di D. F. Si ricordi, peraltro, che i consulenti nominati negli anni dal Tribunale hanno definito come permanente la perdita della capacita' processuale ovvero di carattere cronico lo stato psicotico dell'imputato. D'altro lato, va evidenziato il tempo trascorso dalla commissione dei fatti cosi' come contestati. Il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti contestato al capo a) secondo l'imputazione e' stato commesso fino al giugno 1998. Tale, dunque, deve ritenersi il termine indicativo della consumazione del reato, in assenza dell'indicazione precisa della data in cui la dichiarazione IVA per l'anno 1997 oggetto della contestazione venne presentata. Il termine massimo di prescrizione piu' favorevole pari a sette anni e mezzo, come risultante a seguito delle modifiche normative introdotte con la legge 5 dicembre 2005, n. 251, e', pertanto, da individuarsi nel 30 novembre 2005. Cio' posto, anche calcolando come intero periodo di sospensione del corso della prescrizione per l'accertamento di un legittimo impedimento quello dal 20 novembre 2001 al 9 luglio 2008. data in cui e' stata disposta la sospensione del processo ai sensi dell'art. 70 cpp per accertata incapacita' dell'imputato a partecipare al procedimento, a fronte dell'attestazione di un disturbo delirante cronico, si deve rilevare che il delitto se, a tale accertamento non fosse conseguita altresi' la sospensione del corso della prescrizione, risulterebbe estinto per prescrizione in data 20 luglio 2012. Quanto al reato di false comunicazioni sociali contestato come commesso fino al 31 dicembre 1997, si deve rilevare che a seguito della normativa sopravvenuta che con il decreto-legge n. 61/2002 ha trasformato in contravvenzione il delitto previsto dall'art. 2621 del codice civile il termine massimo prescrizionale e' pari a quattro anni e mezzo (dovendosi ritenere piu' favorevole in questo caso la normativa sui termini prescrizionali vigente all'epoca dei fatti). In tal caso, anche tenuto conto della sospensione nei termini sopra chiariti, il reato risulterebbe estinto il 18 febbraio 2009. Ebbene, le circostanze evidenziate hanno indotto il collegio a ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 159, primo comma, del codice penale, nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione anche in presenza delle condizioni di cui agli articoli 71 e 72 c.p.p., laddove sia accertata l'irreversibilita' dell'incapacita' dell'imputato di partecipare coscientemente al processo, per contrasto con gli articoli 3, 24, secondo comma, 27, terzo comma e 111, secondo comma della Costituzione. Quanto alla rilevanza, si e' appena osservato che se non fosse intervenuta l'ordinanza di sospensione del processo con la conseguente sospensione del corso della prescrizione i reati ad oggi sarebbero prescritti. Si deve aggiungere, in proposito, che proprio la descritta progressione della malattia dell'imputato impone di escludere che questi all'epoca dei fatti fosse incapace di intendere. Del resto, il dottor F. M., perito del Tribunale nell'ambito degli accertamenti disposti ai sensi dell'art. 70 c.p.p., espressamente interpellato sul punto con specifico quesito all'udienza del 15 febbraio 2012, ha spiegato che sebbene D. F. all'epoca dei fatti fosse in una condizione di disagio psichico configurante una sindrome depressiva, non vi sono elementi che consentano di affermare che fosse compromessa la sua capacita' di comprendere la natura degli atti, valutandone le conseguenze, e di autodeterminarsi liberamente (cfr. perizia a firma del dottor F. M. del 10 giugno 2012). Non appare, pertanto, ipotizzabile una pronuncia di proscioglimento, ne' dagli atti emerge la possibilita' di una sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell'imputato ovvero che siano utilmente esperibili mezzi di prova utili ai fini di una simile pronuncia. La questione appare, inoltre, non manifestamente infondata. La medesima questione, come e' noto, e' stata, da ultimo, sollevata con ordinanza del 27 febbraio 2012 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Alessandria nell'ambito di un processo per delitto di omicidio colposo (art. 589, primo e secondo comma, c.p.), in relazione ad un incidente stradale verificatosi il 16 ottobre 2001, nel quale aveva perso la vita la persona trasportata nel veicolo condotto dall'imputato. Nell'ambito dello stesso sinistro l'imputato aveva riportato serie lesioni che provocarono un trauma encefalico grave, determinante una condizione di infermita' permanente e totale con prognosi di irreversibilita'. La Corte costituzionale, in tal modo adita, nell'ambito della sentenza emessa l'11 febbraio 2013, pur dichiarando inammissibile la questione, ha dato atto della sussistenza nell'odierno ordinamento di una reale problematica connessa alle norme concernenti la sospensione della prescrizione dei reati (art. 159, primo comma, c.p.) e la sospensione del processo per incapacita' dell'imputato (articoli 71 e 72 c.p.p.), che di fatto consentono che, in caso sia stata accertata, (con le modalita' di cui all'art. 70 c.p.p.), la natura irreversibile dell'infermita' mentale sopravvenuta al fatto idonea a precludere la cosciente partecipazione al giudizio dell'interessato, si verifichi una situazione di pratica imprescrittibilita' del reato. La Corte, tuttavia, ha evidenziato come tale problematica non possa essere risolta in sede di sindacato di costituzionalita', non essendo ravvisabile una conclusione costituzionalmente obbligata. Nel medesimo provvedimento, la Corte ha, peraltro, evidenziato come non sarebbe tollerabile l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa in ordine al grave problema individuato. Ebbene, poste queste premesse, dandosi atto che non risulta prioritaria, allo stato, nel calendario del legislatore la risoluzione della suddetta problematica, appare necessario illustrare le ragioni che hanno indotto anche questo collegio a sollevare la suddetta questione. L'analisi impone, dunque, di individuare la ratio della normativa enucleata dall'art. 159 c.p. che prevede la sospensione del termine di prescrizione in determinate ipotesi e verificare se l'applicazione della medesima normativa ai casi di incapacita' processuale permanente ed irreversibile dell'imputato sia conforme ai principi costituzionali di uguaglianza, di garanzia del diritto alla difesa, di rieducazione del condannato e di ragionevole durata del processo sanciti dagli articoli 3,24, secondo comma, 27, terzo comma e 111, secondo comma, Cost. La scelta del legislatore di sospendere il termine di prescrizione del reato deriva dal principio secondo cui l'impossibilita' di procedere e di raggiungere una verita' processuale, nei casi in cui vi e' un blocco forzato e determinato da cause indipendenti al sistema giudiziario, non puo' avere conseguenze in ordine ai tempi imposti dall'ordinamento di pervenire ad una decisione. La prescrizione, quale causa estintiva del reato per il decorso del tempo, e' legata al principio di ragionevole durata del procedimento secondo cui la pretesa punitiva dello stato puo' essere fatta valere solo quando e' ancora vivo l'allarme sociale (cfr. sentenze Corte costituzionale n. 202 del 1971 e n. 254 del 1985) e la pena stessa puo' svolgere una funzione retributiva, nonche' rieducativa nei confronti del condannato. Per determinare il tempo nell'ambito del quale permane il suddetto interesse punitivo dello Stato, tempo che di per se' varia a seconda della gravita' dei fatti da giudicare sulla base delle scelte discrezionali del legislatore, non possono, dunque, essere calcolati i momenti di stasi processuale legati all'interesse delle parti o comunque indipendenti da problematiche strettamente connesse al sistema giudiziario. Cio' che deve essere evidenziato e' che tutte le ipotesi enucleate dall'art. 159 c.p. riguardano fattispecie transitorie e destinate ad avere esito in un ragionevole arco di tempo. In particolare, si ricordi che la disposizione di cui all'art. 159 c.p., comma 1, n. 3, cosi' come sostituito dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, art. 6, comma 3, stabilisce che la prescrizione e' sospesa, tra l'altro, in caso di sospensione dei procedimento o del processo penale «per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori, ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore». La norma disciplina la durata della sospensione del processo, stabilendo che, in ipotesi di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori (e non quindi anche nell'ipotesi di sospensione a richiesta dell'imputato o del suo difensore, cfr. Cass. Sez. I. sentenza n. 5956 del 4 febbraio 2009), l'udienza non puo' essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell'impedimento, ovvero calcolando la sospensione della prescrizione per il solo tempo dell'impedimento, aumentato di sessanta giorni. Si deve premettere che tale disciplina riguarda una determinata ipotesi, peraltro quella assimilabile alla sospensione del processo per incapacita', ed ha la finalita' di limitare temporalmente la durata della sospensione, finalita' che non sussiste, invece, nei rinvii del dibattimento su richiesta di parte dove soccorrono esigenze diverse da quelle costituenti legittimo impedimento (cfr. Cass. Sez. 3, sentenza n. 45968 del 27 ottobre 2011, laddove e' stato chiarito che si puo' ritenere logico contemperare l'aggravio per l'ufficio giudiziario derivante dal soddisfacimento di esigenze di parte, rimettendo alla sua determinazione la durata del rinvio in modo da tener conto delle esigenze dell'ufficio medesimo). Cionondimeno, la normativa descritta appare sintomatica della funzionalita' dell'istituto della sospensione della prescrizione a regolare situazioni transitorie e comunque destinate ad una soluzione. Le considerazioni svolte mettono in luce, dunque, l'irragionevolezza dell'applicazione della disciplina della sospensione del tempo della prescrizione alle ipotesi in cui l'impedimento sia legato ad una incapacita' processuale irreversibile dell'imputato per violazione del principio di uguaglianza, in quanto a situazioni del tutto difformi viene riservato lo stesso trattamento. Ed infatti, appare irragionevole che alla condizione dell'imputato incapace in modo irreversibile di partecipare al processo seguano le stesse conseguenze giuridiche previste dall'ordinamento nei casi di impedimenti transitori (sia che si tratti di una incapacita' processuale transitoria, accertata con le modalita' di cui all'art. 70 c.p.p., sia che si tratti di un generico impedimento). Si deve, in proposito, ancora osservare che la predetta condizione di incapacita' processuale appare piuttosto assimilabile, per la definitivita' dell'accertamento ad esso sottostante, all'ipotesi di morte del reo, ipotesi in relazione alla quale, per l'impossibilita' di punire l'imputato, lo Stato rinuncia alla propria potesta' punitiva, ovvero compie una scelta del tutto opposta rispetto a quella che giustifica la sospensione della prescrizione. Va, dunque, detto che l'equiparabilita' tra tali fattispecie e' stata posta in dubbio sulla base dei possibili margini di errore insiti nella prognosi di irreversibilita' della patologia impeditiva di una cosciente partecipazione dell'imputato ai processo, tenuto conto anche dell'eventualita' di comportamenti simulatori (cfr. ordinanze Corte costituzionale n. 33 del 2003 e n. 298 del 1991). Tali margini di errore, invece, non sussistono nell'accertamento dell'evento morte, che comporta il venir meno, sul piano della realta', di uno dei soggetti di quel rapporto (cfr. ordinanza Corte costituzionale n. 289 del 2011). Si deve, in proposito, osservare che se certamente la scienza medica e' connotata da margini di fallibilita', come del resto ogni scienza, cionondimeno il legislatore ha previsto che siano poste a fondamento di decisioni giurisdizionali diagnosi mediche anche in punto di irreversibilita' o permanenza (si pensi alle lesioni gravissime di cui all'art. 583 c.p., nell'ipotesi che sia accertato lo sfregio permanente del viso). Del resto, l'equiparabilita' delle fattispecie in esame che preme sottolineare non ha il fine di invocare interventi della Corte sull'art. 150 c.p. Tale soluzione renderebbe certamente piu' cruciali le problematiche connesse all'accertamento in punto di irreversibilita', problematiche che, invece, appaiono stemperate nel contesto della disciplina enucleata dall'art. 72 c.p.p. che prevede la verifica periodica delle condizioni dell'imputato e, nei termini, come si auspica non sospesi, della prescrizione, consentirebbe una maggiore cristallizzazione dell'accertamento stesso. Va ricordato, inoltre, che e' stato evidenziato che l'ordinamento ha inteso fornire diverse forme di tutela rispondenti a difformi esigenze in ordine alle due ipotesi in esame: l'estinzione del reato per morte del reo si giustifica sulla base del principio di carattere sostanziale di personalita' della responsabilita' penale, mentre la previsione di una preclusione allo svolgimento del processo nei confronti del soggetto incapace di parteciparvi ha finalita' processuali volte a garantire il diritto di difesa, inteso nella particolare accezione della difesa personale o autodifesa dell'imputato (cfr. ancora ordinanza Corte costituzionale n. 289 del 2011, nonche' sentenza n. 281 del 1995). Evidenziare la suddetta equiparabilita' ha, dunque, lo scopo di mettere in luce l'irragionevolezza della disciplina dell'art. 159 c.p. non solo con riferimento al principio di uguaglianza nei termini esposti, ma anche avuto riguardo alla violazione del diritto di difesa. Ed infatti, proprio la suddetta ratio sottesa alla disciplina della sospensione del processo, in caso di incapacita' processuale irreversibile, rischia di essere frustrata dalle conseguenze della sospensione del corso della prescrizione perche', nell'eventuale e improbabile ipotesi in cui l'incapacita' venga meno, l'imputato si troverebbe costretto a difendersi nell'ambito di un processo per fatti risalenti nel tempo con le evidenti difficolta' di apprestare una adeguata strategia difensiva. In sostanza, poiche' i casi di irreversibile incapacita' processuale non appaiono avere sbocchi se non in limitate ipotesi comunque determinate da un significativo decorso del tempo idoneo a consentire una modifica delle condizioni dell'interessato ovvero delle cognizioni mediche (ipotesi questa suggerita nell'ambito dell'ordinanza Corte costituzionale n. 33 del 2003), l'imputato si troverebbe nella condizione di essere eternamente giudicabile e, qualora l'incapacita' dovesse finalmente cessare, si troverebbe nell'impossibilita' concreta di difendersi adeguatamente. Inoltre, la pena comminata a seguito di un processo svolto a distanza di tempo ed a seguito di una interruzione dello stesso legata a serie problematiche cognitive dell'imputato, difficilmente potrebbe svolgere la funzione rieducativa imposta dalla Costituzione. Tale questione e' strettamente connessa all'ulteriore profilo di incostituzionalita' evidenziato, ovvero alla violazione del principio di ragionevole durata del processo, nella duplice accezione di «garanzia oggettiva», relativa al buon funzionamento dell'amministrazione della giustizia e all'esigenza di evitare la prosecuzione di giudizi dilatati nel tempo, anche tenuto conto dei relativi oneri economici, nonche' di «garanzia soggettiva», quale diritto dell'imputato ad essere giudicato in un tempo ragionevole, sancito altresi' dall'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848). In altri termini, la dilatazione temporale del processo a carico di un imputato incapace a parteciparvi coscientemente non solo sacrifica il cosiddetto diritto di questi all'oblio, ma comporta altresi' un inutile dispendio di energie e risorse dello stato. Si deve aggiungere che l'analisi del caso concreto in esame consente di evidenziare tutte le predette antinomie e superare eventuali argomentazioni contrarie. A. d. F. e' stato ritenuto legittimamente impedito a partecipare al processo a causa delle problematiche psico-fisiche riscontrate. Come si e' visto, nella prima fase processuale, non e' stata accertata una compromissione della sfera psichica e i disturbi di ordine psichiatrico riscontrati sono stati ritenuti transitori o comunque non idonei ad inficiare la partecipazione cosciente al processo, tanto che e' stata disposta una serie di rinvii, con la conseguente sospensione del corso della prescrizione. Proprio tenuto conto della ritenuta transitorieta' delle suddette condizioni impeditive alla celebrazione del dibattimento, ed alla proposi di risoluzione delle problematiche riscontrate, la suddetta sospensione, seppur protratta nel tempo, non puo' che risultare in armonia con i principi dell'ordinamento. Il quadro risulta del tutto difforme una volta acclarata l'incapacita' di partecipazione cosciente da parte dell'imputato, per le mutate condizioni psico-fisiche, peraltro divenute irreversibile. Tale incapacita', documentata e accertata da diversi medici, ha creato una stasi processuale, priva di qualsivoglia possibilita' di soluzione, proprio in virtu' della disposta sospensione del processo ai sensi dell'art. 70 c.p.p. e della conseguente sospensione del corso della prescrizione. Ebbene, l'equiparazione in termini di conseguenze giuridiche delle due situazioni di fatto descritte, diverse ontologicamente in merito alle caratteristiche di irreversibilita' delle condizioni dell'imputato, appare in contrasto con i principi di uguaglianza, di ragionevole durata del processo, di rieducazione del condannato nonche' in violazione del diritto di difesa. Mentre, infatti, prima dell'aggravamento dello stato di salute dell'imputato, la sospensione del processo risultava giustificata dalla transitorieta' della situazione e l'interesse punitivo dello stato poteva ritenersi ancora vivo, una volta definita l'irreversibilita' delle condizioni dell'uomo, e, dunque, una volta modificatasi la situazione di fatto, non si rinvengono le ragioni di una uguale protrazione del processo, con l'unica certezza dell'aumento dei costi per lo stato, nonche' dell'affievolimento dell'interesse e dell'opportunita' di una perdurante pretesa punitiva. E se la giustificazione della protrazione, fino verosimilmente alla morte dell'imputato, potrebbe essere spiegata con l'astratta possibilita' di una modifica della situazione nel tempo ovvero di un diverso accertamento medico, non va dimenticato che l'interessato si troverebbe, a quel punto, a doversi difendere senza averne gli effettivi strumenti a causa del decorso del tempo e difficilmente potrebbe percepire il messaggio riabilitativo insito nell'eventuale condanna.
P.Q.M. Ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 159 c.p., nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione anche in presenza delle condizioni di cui agli articoli 71 e 72 c.p.p., laddove sia accertata l'irreversibilita' dell'incapacita' dell'imputato di partecipare coscientemente al processo, per ritenuto contrasto con gli articoli 3, 24, 27 terzo comma e III Costituzione, sospende il presente procedimento a carico di A. d. F. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinche', ove ne ravvisi i presupposti, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 159 c.p., nella parte indicata. Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Milano, 21 marzo 2013 Il Presidente