N. 3 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 gennaio 2014
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 gennaio 2014 (della Provincia Autonoma di Trento). Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni urgenti in materia di IMU e di altra fiscalita' immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonche' di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici - Previsione che le risorse destinate ai comuni della Provincia di Trento per compensare il minore gettito dell'IMU sulla finanza come derivante dall'applicazione del comma 1, sono attribuite direttamente ai comuni stessi, anziche' alla Provincia - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria della Provincia autonoma di Trento - Denunciata violazione del principio di ragionevolezza. - Decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, nella legge 28 ottobre 2013, n. 124, art. 2-bis, comma 2. - Costituzione, artt. 3 e 117; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, n. 25, 16, 75, 79, 80, 81, 103, 104 e 107; decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 469. Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni urgenti in materia di IMU e di altra fiscalita' immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonche' di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici - Rimborso ai comuni del minor gettito IMU mediante minori accantonamenti - Mancata previsione dell'assegnazione delle corrispondenti risorse direttamente alla Provincia autonoma di Trento - Mancata qualificazione di dette risorse in termini corrispondenti alla qualificazione calcolata per i rimanenti comuni - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria della Provincia autonoma di Trento - Denunciata violazione del principio di ragionevolezza. - Decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, nella legge 28 ottobre 2013, n. 124, art. 3, comma 2-bis. - Costituzione, artt. 3 e 117; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, n. 25, 16, 75, 79, 80, 81, 103, 104 e 107; decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 469.(GU n.7 del 5-2-2014 )
Ricorso della Provincia Autonoma di Trento (cod. fisc. 00337460224), in persona del Presidente pro tempore Ugo Rossi, autorizzato dalla deliberazione della Giunta provinciale n. 2571 dell'11 dicembre 2013 (doc. 1) e dalla delibera del Consiglio provinciale 18 dicembre 2013, n. 5 (doc. 2), rappresentata e difesa - come da procura speciale n. 27962 di rep. del 13 dicembre 2013 (doc. 3) rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, Ufficiale rogante della Provincia - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc. FLCGDM45C06L736E) di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli (cod. fisc. PDRNCL56R01G428C) dell'Avvocatura della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi (cod. fisc. MNZLGU34E15H501Y) di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri, n. 5, Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 2-bis, comma 2, e dell'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante «Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalita' immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonche' di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici», convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 254 del 29 ottobre 2013, Supplemento Ordinario n. 73/L, per violazione: dello Statuto speciale approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), con riferimento agli articoli 75, 79, 103, 104 e 107, e delle connesse norme di attuazione; del titolo VI dello stesso Statuto speciale, con particolare riferimento agli articoli 79, 80 e 81, ed alle relative norme di attuazione (decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, segnatamente articoli 9, 10, 10-bis e 17, 18 e 19); dell'articolo 8, n. 25) e dell'articolo 16 dello stesso Statuto speciale nonche' delle relative norme di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 469); in quanto occorra dell'articolo 117 della Costituzione in combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, del principio di ragionevolezza, espresso dall'art. 3 Cost. F a t t o La presente impugnazione e' rivolta avverso due specifiche norme del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, nel testo risultante dalla conversione in legge 28 ottobre 2013, n. 124, recante «Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalita' immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonche' di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici». Invertendo l'ordine prescelto dal legislatore, conviene iniziare l'esame dall'art. 3, il quale direttamente si collega agli articoli 1 e 2 (che non formano oggetto di impugnazione), mentre l'art. 2-bis - come subito dopo si dira' - si riferisce ad una situazione specifica, dettando una disciplina particolare. La ragione dell'art. 3 sta nel fatto che le disposizioni degli articoli 1 e 2, determinando per il 2013 l'esonero dall'Imposta Municipale Propria (IMU) dell'abitazione principale (la cosiddetta «prima casa»), determina una rilevantissima diminuzione del gettito destinato ai Comuni. Il legislatore si e' fatto carico di tale problema, appunto individuando nel bilancio statale determinate risorse compensative. Sennonche', mentre per quanto riguarda i comuni delle Regioni a statuto ordinario, della Sicilia e della Sardegna l'art. 3 precisamente determina l'ammontare del contributo (comma 1) e ne prevede la ripartizione in favore dei Comuni (comma 2), per quanto riguarda i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' delle province autonome di Trento e di Bolzano (cioe' delle autonomie speciali cui «la legge» - in realta' lo Statuto speciale - attribuisce competenza in materia di finanza locale), si dispone (comma 2-bis) che «la compensazione del minor gettito dell'imposta municipale propria derivante dalle disposizioni degli articoli 1 e 2 del presente decreto» avvenga «attraverso un minor accantonamento a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, ai sensi dell'articolo 13, comma 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214». In altre parole, per le comunita' regionali e provinciali in questione la «compensazione» non avviene attraverso la corresponsione di risorse, ma attraverso una «minore sottrazione». Tale comma 2-bis dell'art. 3 forma oggetto della presente impugnazione, per le ragioni che verranno esposte di seguito nella parte in Diritto, e che si collegano all'impugnazione gia' proposta dalla stessa Provincia autonoma avverso l'articolo 13, comma 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201. Forma oggetto di impugnazione - come anticipato - anche il comma 2 dell'art. 2-bis. Il comma 1 di tale articolo (che non forma oggetto di impugnazione) determina anch'esso per i comuni un minor gettito IMU: esso infatti prevede che, «per l'anno 2013 e limitatamente alla seconda rata dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201», i comuni possano «equiparare all'abitazione principale» le unita' immobiliari (non di lusso) concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzino come abitazione principale: ed e' dunque evidente che da tale equiparazione deriva un minor gettito fiscale, dato che in sostanza si tratta di una esenzione dall'imposta. In questo contesto, il comma 2 - oggetto della presente impugnazione - stabilisce che, «al fine di assicurare ai comuni delle regioni a statuto ordinario, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano il ristoro dell'ulteriore minor gettito dell'imposta municipale propria derivante dall'applicazione del comma 1», ai «comuni medesimi» e' assegnato «un contributo, nella misura massima complessiva di 18,5 milioni di euro per l'anno 2013, secondo le modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'interno, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». Si noti che, nel determinare le modalita' di assegnazione, il comma 2 dell'art. 2-bis non richiama i meccanismi dell'art. 3, il quale a sua volta non si riferisce all'art. 2-bis. Cosi' essendo formulato il testo del comma 2, si intende qui che a tali importi compensativi del minor gettito IMU non sia applicabile il meccanismo di cui all'art. 3, comma 2-bis (peraltro, ove si dovesse intendere il contrario, varrebbero comunque le censure rivolte a tale disposizione). Invece, il comma 2 dell'art. 2-bis e' qui censurato in quanto, in violazione delle regole che, come si dira', governano la finanza locale nella provincia di Trento, i relativi fondi vengono corrisposti direttamente ai comuni, anziche' alla Provincia stessa, affinche' provveda al fabbisogno dei propri Comuni secondo le regole appena ricordate. Poste tali premesse, le disposizioni impupiate risultano lesive delle competenze della ricorrente Provincia autonoma di Trento e costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis. Come esposto in narrativa, l'art. 3 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, e' rivolto a temperare l'impatto sulle finanze locali dell'eliminazione dell'IMU sulla prima casa, disposta dagli articoli 1 e 2 dello stesso atto. A questo fine, esso individua due distinti meccanismi. Per quanto riguarda i comuni delle Regioni a statuto ordinario della Sicilia e della Sardegna l'art. 3 determina con precisione l'ammontare del contributo (comma 1) e ne prevede la ripartizione in favore dei Comuni (comma 2). Per quanto riguarda i comuni delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' delle province autonome di Trento e di Bolzano (cioe' delle autonomie speciali cui «la legge» - in realta' lo Statuto speciale - attribuisce competenza in materia di finanza locale), si dispone (comma 2-bis) che «la compensazione del minor gettito dell'imposta municipale propria derivante dalle disposizioni degli articoli 1 e 2 del presente decreto» avvenga «attraverso un minor accantonamento a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, ai sensi dell'articolo 13, comma 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214». Converra' ricordare che lo «accantonamento» previsto dall'articolo 13, comma 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, altro non e' che il meccanismo attraverso il quale lo Stato ha ritenuto di poter acquisire dalle autonomie speciali aventi competenza in materia di finanza locale il maggior gettito determinato dallo stesso art. 13 rispetto alle entrate che affluivano ai comuni della Provincia di Trento in base alle norme previgenti. Dal momento che, in forza dell'art. 80, comma 1-ter dello Statuto di autonomia, «le compartecipazioni al gettito e le addizionali a tributi erariali che le leggi dello Stato attribuiscono agli enti locali spettano, con riguardo agli enti locali del rispettivo territorio, alle province», il recupero allo Stato del maggior gettito era posto a carico della Provincia. Infatti, il comma 17, terzo periodo, dispone che «con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le Province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio territorio». Tuttavia, il richiamo alle procedure collaborative di cui alle norme di attuazione e' subito smentito dal periodo seguente, il quale precisa che, «fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo» (enfasi aggiunta). Il quinto periodo provvede poi a quantificare gli oneri del «recupero» a carico della autonomie speciali. Cosi' stando le cose, la disposizione qui contestata, al fine di «compensare» i comuni della diminuzione del gettito IMU derivante dall'esenzione della prima casa, compie l'operazione inversa, disponendo - appunto - un «minor accantonamento». Nell'intento del legislatore, dunque, si tratta di una disposizione favorevole alle Province autonome, e la ricorrente Provincia ovviamente non la contesta nella parte in cui - supposto legittimo l'onere determinato dall'art. 13, comma 17, ed in particolare supposto legittimo il meccanismo dell'accantonamento - tale onere con il connesso meccanismo risulti diminuito in forza della nuova disposizione. Vi sono tuttavia altre ragioni di censura, che vengono di seguito esposte. In primo luogo, la ricorrente Provincia ha impugnato con apposito ricorso diverse disposizioni del d.l. n. 201 del 2011, contestandone la legittimita' costituzionale. Tale ricorso e' tuttora pendente, con il n. 34/2011, e di esso e' opportuno riportare la parte relativa all'art. 13, comma 17: «In questi termini, la fittizia comunalizzazione dei tributi immobiliari si traduce nel transito delle corrispondenti risorse dal bilancio provinciale al bilancio statale. La Provincia, che prima "integrava" la finanza locale avvalendosi delle predette risorse, ora ne e' priva ma dovra' comunque far fronte alle necessita' finanziarie dei comuni (art. 81, comma 2, St.), e dovrebbe contestualmente versare allo Stato proprie risorse in misura corrispondente alle maggiori entrate dei Comuni, o comunque in misura corrispondente a quella a priori determinata dalla impugnata disposizione. In un sistema nel quale la Provincia ha la responsabilita' complessiva della finanza locale, la sottrazione ai comuni delle risorse derivanti dalle imposte ad essi destinate costituisce contemporaneamente una lesione dell'autonomia finanziaria provinciale. In ogni modo, il terzo e quarto periodo del comma 17, dunque, violano l'art. 75 St. e gli artt. 9 e 10 d.lgs. n. 268/1992 perche' pretendono di avocare allo Stato risorse di spettanza provinciale, al di fuori dei casi previsti. Cio' e' vero sia nel caso in cui si ritenga che il comma 17 produca l'effetto di avocare allo Stato le risorse che prima spettavano alla Provincia a titolo di compartecipazione all'Irpef fondiaria (art. 75 St.) e di addizionali provinciale e comunale (art. 80, comma 1-ter), sia nel caso in cui si ritenga che la Provincia dovrebbe assicurare il recupero allo Stato del maggior gettito con le proprie risorse ordinarie, per cui il comma 17 produce l'effetto di "far tornare" nelle casse statali risorse spettanti alla Provincia e ad essa affluite in attuazione delle regole finanziarie poste dallo Statuto e dalle norme di attuazione (comma 17, terzo periodo). Inoltre, essi violano l'art. 79 St. perche' l'avocazione e' disposta con il fine del concorso al risanamento della finanza pubblica, mentre la norma statutaria configura un sistema completo di concorso delle Province agli obiettivi di finanza pubblica, non derogabile se non con le modalita' previste dallo Statuto. Ancora, essi violano gli artt. 103, 104 e 107 St., proprio perche' pretendono di derogare agli artt. 75 e 79 St. e al d.lgs. n. 268/1992 con una fonte primaria "ordinaria". L'art. 107 St. e' violato anche perche' il comma 17, terzo periodo, pretende di vincolare unilateralmente il contenuto delle norme di attuazione. Una menzione separata e specifica richiede l'illegittimita' del quarto periodo del comma 17 che prevede lo "accantonamento" delle quote di compartecipazione previste dall'art. 75 Statuto. Va rilevato, infatti, che tale "accantonamento" contrasta anch'esso frontalmente con l'art. 75 dello Statuto e con l'intero sistema finanziario della Provincia da esso istituito. E' evidente, infatti, che le risorse che lo Statuto prevede come entrate provinciali sono cosi' stabilite perche' esse vengano utilizzate dalla Provincia per lo svolgimento delle sue funzioni costituzionali, e non perche' esse vengano "accantonate". L'istituto dell'accantonamento non ha nel sistema statutario cittadinanza alcuna. Inoltre, l'illegittimita' del trasferimento previsto determina anche l'illegittimita' dell'accantonamento disposto nella prospettiva del trasferimento». Ove, come la Provincia autonoma di Trento confida, il proprio ricorso venisse ritenuto fondato, non vi sarebbe alcun «accantonamento» delle somme che lo Statuto prevede spettino alla Provincia, ne' dunque alcun possibile «minor accantonamento». In altre parole, la disposizione e' illegittima in quanto, invece di prevedere la corresponsione della somma in favore delle Province autonome (oltre che delle Regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta), ed in particolare della Provincia autonoma di Trento, prevede la diminuzione di un accantonamento di fondi che e' gia' di per se' costituzionalmente illegittimo. Tra l'altro, la disposizione conferma anche ulteriormente la natura «sottrattiva» e lesiva dello stesso accantonamento, che anche il legislatore statale tratta come se fosse non un regime di temporanea indisponibilita' ma una vera posta passiva, il cui ammontare puo' venire diminuito da una iniezione di risorse. La disposizione, attribuendo un beneficio destinato a rivelarsi solo apparente, viola - oltre alle disposizioni del titolo VI dello Statuto (e segnatamente l'art. 75, che garantisce alla Provincia la compartecipazione ai tributi erariali), lo stesso principio di ragionevolezza. In definitiva, e' l'illegittimita' costituzionale dell'intero meccanismo dell'imposizione unilaterale di un contributo finanziario, realizzato con lo strumento del cosi' detto accantonamento (in realta' vera sottrazione di risorse statutariamente spettanti), in violazione dei parametri gia' fatti valere con il ricorso n. 34/2011, che si riverbera nell'illegittimita' costituzionale anche della parziale «attenuazione» di tale accantonamento, destinata - ove il menzionato ricorso sia ritenuto fondato - ad essere travolta anch'essa o comunque a divenire inoperante. Accanto a tale fondamentale profilo di illegittimita', vi e' pero' anche da osservare che il beneficio che alle Province autonome (e alle Regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta) dovrebbe derivare dal «minor accantonamento» non e' affatto quantificato, ne' risulta in alcun modo quantificabile. Oltre alla precedente censura, dunque, anche nella denegata ipotesi che l'accantonamento di cui all'art. 13, comma 17, del d.l. n. 201 del 2011 fosse ritenuto legittimo, e conseguentemente fosse ritenuta legittima anche l'attribuzione alla ricorrente Provincia di risorse finanziarie nella forma di una diminuzione di tale accantonamento, andrebbe comunque rilevata l'illegittimita' costituzionale della assegnazione di risorse non quantificate e non quantificabili. Si noti che lo stesso d.l. n. 102 quantifica perfettamente l'ammontare dei contributi da assegnare - quale compenso del «minor importo IMU» - ai comuni delle Regioni ordinarie, nonche' alla Sicilia e alla Sardegna (art. 3, comma 1, d.l. n. 102/2013), stabilendo altresi' il meccanismo di ripartizione «in proporzione alle stime di gettito da imposta municipale allo scopo comunicate dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze» (art. 3, comma 2). Rimangono invece non quantificate e non quantificabili le risorse destinate al «minor accantonamento» in favore, tra l'altro, delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Ora, sembra evidente che una ragione sostanziale di ragionevolezza, di equita' e di uguaglianza esige che tali risorse vengano quantificate e ripartite secondo criteri corrispondenti. Di qui l'ulteriore censura di illegittimita' costituzionale, in quanto la norma non individua le risorse spettanti alla ricorrente Provincia, secondo criteri corrispondenti a quelli utilizzati per gli altri comuni, in violazione del principio di ragionevolezza e delle regole statutarie rivolte ad assicurare certezza alle risorse assegnate alle Province autonome. 2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2-bis, comma 2. Come esposto in narrativa, anche il comma 2 dell'art. 2-bis, oggetto della presente impugnazione, e' volto a «compensare» i comuni «delle regioni a statuto ordinario, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano» di un minor gettito IMU. Si tratta, in questo caso, del minor gettito che deriva dalla circostanza che, ai sensi del comma 1, i comuni sono autorizzati ad «equiparare all'abitazione principale» una unita' immobiliare (non di lusso) concessa in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado che la utilizzino come abitazione principale. Allo scopo di assicurare il «ristoro» del minor gettito che deriva da queste decisioni, il comma 2 assegna a tali comuni «un contributo, nella misura massima complessiva di 18,5 milioni di curo per l'anno 2013, secondo le modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'interno, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». Manca tuttavia in questo caso - forse per la circostanza che l'art. 2-bis e' frutto di un emendamento introdotto in sede di conversione - la norma che per le Province autonome di Trento e di Bolzano (e, per comunanza di logica giuridica, per le Regioni speciali Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta) dispone il trasferimento dei corrispondenti importi ad esse, anziche' direttamente ai singoli comuni. Ne risulta, per quanto riguarda i comuni della provincia di Trento, un diretto finanziamento statale, determinato secondo criteri decisi pur essi dallo Stato, in contrasto con le disposizioni statutarie ed attuative che prevedono e regolano la competenza legislativa ed amministrativa della Provincia in materia di finanza locale nonche' le relazioni finanziarie tra la Provincia stessa e lo Stato con riferimento al finanziamento dei comuni. Del resto, che nel rispetto dello Statuto e delle norme di attuazione tale debba essere il meccanismo risulta dagli stessi precedenti della legislazione statale, come e' reso evidente dall'art. 1 del d.l. n. 93 del 2008 (conv. in legge n. 126 del 2008), che, nel disporre l'Esenzione ICI prima casa, al comma 4 regolava i meccanismi di compensazione per i singoli comuni, quantificando le risorse disponibili e stabilendo che in sede di Conferenza Stato-Citta' ed autonomie locali fossero stabiliti «criteri e modalita' per la erogazione del rimborso ai comuni che il Ministro dell'interno provvede ad attuare con proprio decreto». Contestualmente, pero', era disposto che «relativamente alle regioni a statuto speciale, ad eccezione delle regioni Sardegna e Sicilia, ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, i rimborsi sono in ogni caso disposti a favore dei citati enti, che provvedono all'attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei loro territori nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione» (comma 4, enfasi aggiunta; si noti che il comma 4 e' stato mantenuto in vigore dall'articolo 13, comma 14, lettera a, del d.l. n. 201 del 2011, conv. in legge n. 214 del 2011). D'altronde, il contrasto con il sistema statutario ed attuativo della finanza locale risulta chiaramente dalla considerazione delle norme che disciplinano le competenze provinciali ed i rapporto tra Provincia e Stato nella materia. Infatti, lo Statuto speciale attribuisce alle province autonome la potesta' legislativa in materia di finanza locale (articolo 80, comma 1), nonche' la corrispondente potesta' amministrativa (articolo 16). Tale competenza si manifesta in una serie di compiti e poteri. Cosi' ai sensi dello stesso articolo 80, comma 1-bis, secondo periodo, anche nel caso di tributi istituiti con legge dello Stato la legge provinciale puo' consentire agli enti locali di modificare le aliquote e di introdurre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti delle aliquote superiori definite dalla normativa statale. Questa competenza si giustifica in quanto e' poi la stessa Provincia ad avere la responsabilita' complessiva della finanza dei comuni, come e' reso manifesto dal compito di provvedere al loro, finanziamento. Cosi' l'articolo 81, comma 2, dello Statuto prevede che, allo scopo di adeguare le finanze dei comuni al raggiungimento delle finalita' ed all'esercizio delle funzioni stabilite dalle leggi, le Province autonome corrispondono loro idonei mezzi finanziari da concordare tra il Presidente della Provincia ed una rappresentanza unitaria dei comuni; corrispondentemente, spetta alla legge provinciale disciplinare il patto di stabilita' interno per i comuni del proprio territorio, come stabilito dall'art. 79, comma 3, dello Statuto. Coerente con il disegno risulta cosi' anche il regime di attrazione alla Provincia delle entrate erariali altrove spettanti direttamente ai comuni, secondo quanto stabilito dal gia' citato art. 80, comma 1-ter, in base al quale «le compartecipazioni al gettito e le addizionali a tributi erariali che le leggi dello Stato attribuiscono agli enti locali spettano, con riguardo agli enti locali del rispettivo territorio, alle province», ed in base al quale ove «la legge statale disciplini l'istituzione di addizionali tributarie comunque denominate da parte degli enti locali, alle relative finalita' provvedono le province individuando criteri, modalita' e limiti di applicazione di tale disciplina nel rispettivo territorio». Nell'ambito della normativa di attuazione statutaria l'articolo 17 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, provvedendo al trasferimento alle province autonome delle funzioni statali in materia di finanza locale (comma 1), prevede che le province disciplinino con legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale; l'articolo 18 demanda alla legge provinciale la definizione delle modalita' e dei criteri per la conclusione dell'accordo previsto dal predetto articolo 81 dello Statuto speciale (comma 2). In definitiva, secondo il modello di finanza locale definito dallo Statuto di autonomia la Provincia autonoma appare il baricentro del sistema, il punto di snodo necessario tra lo Stato e i Comuni, il punto nel quale si valutano correttamente e specificamente le necessita' del sistema locale e dei singoli comuni, sulla base di regole e criteri autonomamente definiti, d'intesa con i Comuni stessi, al livello provinciale: un modello concretamente realizzato sin dalla legge provinciale 15 novembre 1993, n. 36, recante «Norme in materia di finanza locale», in seguito costantemente mantenuta ed aggiornata; un modello che, palesemente, esclude trasferimenti diretti dallo Stato ai comuni, i quali darebbero vita ad una impropria «amministrazione» statale dei comuni trentini, in violazione dei compiti affidati alla Provincia dagli articoli 80 e 81 dello Statuto, e rappresenterebbero un momento di incoerenza e di irrazionalita' del sistema, con ulteriore violazione dell'art. 3 Cost. Al contrario, i criteri e le modalita' di riparto delle risorse finanziarie da attribuire ai comuni devono essere definiti nell'ambito del sistema finanziario provinciale, e tenendo conto di tutti gli elementi caratterizzanti di tale sistema: ad esempio, per quanto riguarda gli indicatori dei requisiti economici necessari per l'accesso all'agevolazione, dovra' tenersi conto di quelli gia' stabiliti dalla Provincia nell'esercizio delle proprie attribuzioni in materia di politiche sociali ai sensi dello Statuto (in particolare art. 8, n. 25) e delle relative norme di attuazione (in particolare d.P.R. 28 marzo 1975, n. 469), nonche', dopo il 2001, ai sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione (in connessione con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). Di conseguenza, l'impugnata disposizione risulta costituzionalmente illegittima in quanto non prevede - in luogo della diretta assegnazione di risorse statali ai singoli comuni - l'assegnazione delle corrispondenti risorse alla Provincia stessa, affinche' essa ne disponga secondo le proprie regole in attuazione del proprio compito statutario di finanziamento dei comuni.
P. Q. M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale: dell'articolo 2-bis, comma 2, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante «Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalita' immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonche' di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici», nella parte in cui non prevede che le risorse destinate ai comuni della provincia di Trento siano assegnate, anziche' direttamente ai comuni, alla Provincia, affinche' questa ne disponga nell'ambito della propria competenza in materia di finanza locale; dell'articolo 3, comma 2-bis, dello stesso decreto-legge, in quanto esso non dispone, anziche' un «minore accantonamento» ai sensi dell'art. 13, comma 17, del d.l. n. 201 del 2011, l'assegnazione delle corrispondenti risorse alla Provincia autonoma di Trento, nonche' nella parte in cui non quantifica tali risorse in termini corrispondenti alla quantificazione calcolata per i rimanenti comuni, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Trento-Padova-Roma, 24 dicembre 2013 Prof. avv. Falcon - Avv. Padrazzoli - Avv. Manzi Allegati: 1) Deliberazione della Giunta provinciale n. 2571 dell'11 dicembre 2013. 2) Delibera del Consiglio provinciale 18 dicembre 2013, n. 5. 3) Procura speciale n. 27962 di rep. del 13 dicembre 2013.