N. 49 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 febbraio 2021

Ordinanza del 10 febbraio 2021 del Tribunale amministrativo regionale
per la Lombardia sul ricorso proposto  da  Egeo  Real  Estate  s.r.l.
contro Comune di Milano. 
 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Lombardia - Disposizioni
  relative  al  patrimonio  edilizio  dismesso   con   criticita'   -
  Individuazione da parte dei  Comuni  degli  immobili  di  qualsiasi
  destinazione d'uso, dismessi da  oltre  cinque  anni,  che  causano
  criticita' per gli aspetti ivi  elencati  -  Prevista  applicazione
  della disciplina anche agli immobili gia'  individuati  dai  Comuni
  come degradati e abbandonati e a quelli per i quali il proprietario
  certifichi anche uno o piu' degli aspetti indicati nella  normativa
  di riferimento  -  Riconoscimento  di  un  incremento  dei  diritti
  edificatori pari al 20 per cento, con un  premio  eventuale  di  un
  ulteriore 5 per cento al ricorrere  di  determinati  presupposti  -
  Esenzione dall'eventuale obbligo di reperimento di aree per servizi
  e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale. 
- Legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12  (Legge  per  il
  governo del territorio), art. 40-bis, introdotto dall'art. 4, comma
  1, lettera a), della  legge  regionale  26  novembre  2019,  n.  18
  ("Misure di semplificazione e incentivazione per  la  rigenerazione
  urbana e territoriale,  nonche'  per  il  recupero  del  patrimonio
  edilizio esistente. Modifiche e integrazioni alla  legge  regionale
  11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo  del  territorio)  e  ad
  altre leggi regionali"). 
(GU n.16 del 21-4-2021 )
 
       IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA 
                           Sezione Seconda 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1099 del 2020, proposto da Egeo Real Estate s.r.l.,
in persona del legale rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e
difesa dagli avvocati Orsola  Torrani,  Olga  Casula,  con  domicilio
eletto presso l'avvocato Orsola Maria Torrani, con studio ubicato  in
Milano, corso Magenta n. 63; 
    Contro Comune di Milano, in  persona  del  sindaco  pro  tempore,
rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  Paola   Cozzi,   Antonello
Mandarano, Alessandra Montagnani Amendolea, Anna Maria  Pavin,  Maria
Lodovica Bognetti, Elena Maria Ferradini, con domicilio eletto presso
gli uffici dell'Avvocatura comunale di Milano, ubicati in Milano, via
della Guastalla n. 6; 
    per l'annullamento: 
      i) della deliberazione del Consiglio comunale di Milano del  14
ottobre 2019, n. 34, recante  approvazione  del  nuovo  Documento  di
Piano, della variante del Piano dei Servizi,  comprensivo  del  piano
per le attrezzature religiose,  e  della  variante  del  Piano  delle
Regole, costituenti il Piano di Governo del Territorio, il cui avviso
di approvazione definitiva e'  pubblicato  nel  Bollettino  Ufficiale
della Regione Lombardia - Serie Avvisi e concorsi n. 6 del 5 febbraio
2020, nella parte in cui introduce l'art. 11 del Piano delle Regole e
la relativa Tav. R.10; 
      ii) della deliberazione del Consiglio comunale di Milano del  5
marzo 2019, n. 2, recante adozione  del  nuovo  Documento  di  Piano,
della variante del Piano dei Servizi, comprensivo del  piano  per  le
attrezzature religiose, e della  variante  del  Piano  delle  Regole,
costituenti il Piano di Governo del Territorio, nella  parte  in  cui
introduce l'art. 11 del Piano delle Regole e la relativa Tav. R.10; 
      iii) della comunicazione  del  Comune  di  Milano  -  Direzione
Urbanistica - Area  Pianificazione  Urbanistica  Generale,  prot.  n.
0142173.U del 6 aprile 2020 avente ad oggetto  «Pubblicazione  PGT  -
Edifici abbandonati e degradati»; 
      iv)  di  ogni  altro  atto  presupposto  e/o  preparatorio  e/o
connesso e/o consequenziale e/o  di  esecuzione  rispetto  agli  atti
impugnati, ancorche' non conosciuto. 
    Visti il ricorso ed i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano; 
    Vista l'ordinanza cautelare n. 918/2020 con la quale  la  Sezione
fissa ex art. 55, comma 10, c.p.a. per la trattazione di  merito  del
ricorso l'udienza del 22 gennaio 2021; 
    Relatore il dott.  Lorenzo  Cordi'  nell'udienza  del  giorno  22
gennaio  2021,  tenutasi   mediante   collegamento   da   remoto   in
videoconferenza,  ai  sensi  degli  articoli   25,   comma   1,   del
decreto-legge n. 137/2020 (convertito, con modificazione, dalla legge
n. 176/2020), e 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020,  n.  28
(convertito, con modificazioni, dalla legge n.  70/2020),  attraverso
la piattaforma in uso  presso  la  Giustizia  amministrativa  di  cui
all'Allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di  Stato  del
28  dicembre  2020  (pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  -  Serie
generale - n. 7 dell'11  gennaio  2021),  e  uditi  per  le  parti  i
difensori come specificato nel verbale; 
    1. Egeo Real  Estate  s.r.l.  (di  seguito  solo:  «Egeo»  o  «la
ricorrente») impugna i provvedimenti indicati in epigrafe nella parte
in cui  introducono  nuove  regole  per  gli  edifici  abbandonati  o
degradati presenti sul territorio del Comune di Milano. 
    2. In punto di fatto la ricorrente espone di essere  proprietaria
di due immobili, ubicati in via Fantoli numeri 3/5 (mapp. 85  -  sub.
701 e 702, foglio 536, del Catasto Fabbricati) e in  piazza  Accursio
n. 20 (mapp. 308 - sub. 701 e 2 -  e  331,  foglio  182  del  Catasto
Fabbricati). Tali edifici sono inseriti  nell'elenco  degli  «Edifici
abbandonati o degradati» di cui alla tavola  R.  10  del  P.d.R.  del
nuovo P.G.T. del Comune di Milano e sottoposti alla disciplina di cui
all'art. 11 del medesimo Piano. 
    Secondo  la  previsione  da  ultimo   citata   sono   considerati
abbandonati «gli edifici dismessi da piu' di un anno, che determinano
pericolo per  la  sicurezza  o  per  la  salubrita'  o  l'incolumita'
pubblica o disagio per il decoro e la qualita' urbana o  in  presenza
di  amianto  o  di  altri  pericoli  chimici  per  la   salute».   La
disposizione in esame impone ai proprietari di tali  immobili,  entro
il termine di diciotto mesi  dall'individuazione  degli  edifici,  di
provvedere al recupero degli stessi  o,  in  alternativa,  alla  loro
demolizione con successiva  annotazione  dei  corrispondenti  diritti
edificatori nel registro comunale dei diritti edificatori al fine  di
poterli utilizzare in loco o di procedere alla  vendita.  Laddove  il
proprietario non provveda al recupero o  all'alternativa  demolizione
nel termine di diciotto mesi, perde la volumetria  esistente  e  puo'
contare sul riconoscimento dell'indice di edificabilita' territoriale
unico pari a 0,35 mq/mq, oltre a  dovere  subire  la  demolizione  in
danno da parte del comune. 
    2.1. La ricorrente deduce, inoltre, di essere  una  societa'  che
«agisce nell'ambito  del  mercato  dei  Non  Performing  Loans  (c.d.
crediti deteriorati) quale  societa'  di  scopo  (Real  Estate  Owned
Company  -  c.d.  ReoCo),  costituita  ad  hoc,  con  il  compito  di
acquisire, gestire e valorizzare i beni immobili posti a garanzia  di
crediti ipotecari deteriorati». In ragione dell'attivita' svolta,  la
ricorrente  acquista  gli  immobili  oggetto  di   causa   chiedendo,
altresi',  il  rilascio  di  documentazione  che  attesti  lo   stato
«amministrativo»  degli  stessi.  Documentazione  solo   parzialmente
rilasciata dagli Uffici con  conseguente  dedotta  impossibilita'  di
prendere cognizione della situazione concreta  degli  immobili  e  di
avviare le procedure richieste dalla nuova previsione del P.G.T. 
    3. Egeo articola sei motivi di ricorso. 
    3.1.  Con  il  primo  motivo  (rubricato:   «Illegittimita'   per
violazione di legge. Violazione del  diritto  di  proprieta'  di  cui
all'art. 42 della Costituzione. Violazione dell'art. 1 del protocollo
1 della Carta europea dei diritti dell'uomo. Violazione dell'art.  17
della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.  Violazione
dell'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327/2001 e
incompetenza del  comune  a  delineare  ipotesi  espropriative  nuove
rispetto a quelle  normativamente  previste»)  la  ricorrente  deduce
l'illegittimita'    delle    regole     dal     P.G.T.     lamentando
l'irragionevolezza del termine di diciotto mesi previsto per  l'avvio
dei lavori. Proprio  l'esiguita'  del  termine  concesso  dal  comune
comporterebbe per il proprietario la certa perdita del  bene  dovendo
provvedere alla demolizione dello stesso  per  non  perdere  la  s.l.
esistente o, in  alternativa,  subire  la  demolizione  comunale  con
attribuzione di un indice penalizzante. Di qui il  dedotto  carattere
sostanzialmente  ablativo  della  procedura  prevista   dal   P.G.T.,
ritenuto non conforme ne' alla previsione di cui all'art.  42,  comma
3, Cost., ne' alle regole dettate dal decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 380/2001. 
    3.2.  Con  il  secondo  motivo  (rubricato:  «Illegittimita'  per
violazione di legge. Violazione degli articoli  23  e  25,  comma  2,
della  Costituzione.  Violazione  dell'art.  117,  comma   1,   della
Costituzione per violazione  dell'7  della  Convenzione  europea  dei
diritti dell'uomo e dell'art. 49 della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione     europea.     Violazione     del     principio      di
legalità-prevedibilita' e tassatività-determinatezza  delle  sanzioni
amministrative. Violazione dell'art. 1 della legge n.  689/1981»)  la
ricorrente deduce la violazione del principio di legalita'. La misura
prevista  dal  comune  avrebbe,  infatti,  natura   sanzionatoria   e
risulterebbe,  quindi,  difforme  dalle  previsioni  contenute  nella
C.E.D.U.  e  nell'art.  23  Cost.  Difetterebbe  sia  la   necessaria
previsione di rango legislativo che  il  rispetto  del  principio  di
irretroattivita' delle sanzioni amministrative atteso che la sanzione
verrebbe irrogata per condotte anteriori all'entrata in vigore  della
regola stessa. 
    3.3.  Con  il  terzo  motivo  (rubricato:   «Illegittimita'   per
violazione di  legge.  Violazione  dell'art.  40-bis  della  l.r.  n.
12/2005») Egeo deduce la  violazione  delle  regole  contenute  nella
previsione regionale in rubrica che detterebbe  condizioni  ben  piu'
favorevoli per i proprietari di immobili in stato di degrado: 
      i) fissando  in  tre  anni  il  termine  entro  cui  presentare
richiesta del titolo edilizio per  avviare  i  lavori  di  ripristino
dell'immobile degradato; 
      ii) riconoscendo un incremento dei diritti edificatori pari  al
20%, con un premio eventuale di  un  ulteriore  5%  al  ricorrere  di
determinati presupposti; 
      iii)  esentando,   di   regola,   dall'eventuale   obbligo   di
reperimento di  aree  per  servizi  e  attrezzature  pubbliche  e  di
interesse pubblico o generale. 
    3.4. Con il quarto motivo (rubricato: «Violazione dei principi di
proporzionalita' e ragionevolezza - Eccesso di potere per illogicita'
e  irragionevolezza  manifesta  -  Violazione  dell'art.   97   della
Costituzione - Violazione del  principio  di  buon  andamento»)  Egeo
lamenta l'illegittimita' della nuova previsione di  Piano  in  quanto
considerata irragionevole e sproporzionata. 
    3.5.  Con  il  quinto  motivo  (rubricato:  «Illegittimita'   per
violazione di legge. Violazione della libera iniziativa economica  di
cui  all'art.  41  della  Costituzione.   Eccesso   di   potere   per
irragionevolezza manifesta. Violazione dell'art. 11 delle preleggi  e
del principio di irretroattivita'») Egeo deduce la contrarieta' della
normativa alla previsione di cui all'art. 41  Costituzione  ritenendo
la stessa idonea a compromettere  la  liberta'  della  ricorrente  di
«definire  e  orientare  le   proprie   strategie   imprenditoriali»,
rischiando di veder diminuire il valore dei propri edifici. 
    3.6.  Con  il  sesto  motivo  (rubricato:   «Illegittimita'   per
violazione  delle  garanzie  partecipative.  Eccesso  di  potere  per
violazione del principio  di  leale  collaborazione,  Violazione  del
principio  di  buon  andamento  della  pubblica   amministrazione   e
dell'art. 97 della Costituzione. Violazione dell'art. 3  della  legge
n. 241/1990. Difetto di motivazione») Egeo deduce la violazione delle
garanzie partecipative nel procedimento  e  la  carenza  di  adeguata
istruttoria nonche' di valida motivazione a sostegno  dell'inclusione
degli immobili di proprieta' nell'elenco degli edifici abbandonati. 
    4. Si costituisce in giudizio il Comune di Milano che  chiede  di
dichiarare il ricorso inammissibile o, comunque, infondato. 
    5. Con ordinanza n. 918/2020 la Sezione fissa, ex art. 55,  comma
10,  c.p.a.  l'udienza  di  trattazione   di   merito   del   ricorso
evidenziando: i) la carenza di «pregiudizi immediati ed attuali nella
sfera giuridica di parte ricorrente, come  confermato  dal  difensore
della stessa nel corso della  discussione  svoltasi  nell'udienza  da
remoto»; ii) l'idoneita' di una sollecita fissazione dell'udienza  di
trattazione del merito a garantire  tutela  alle  esigenze  di  parte
ricorrente. 
    6. In vista dell'udienza di trattazione del merito del ricorso le
parti depositano memorie  finali  e  memorie  di  replica.  La  parte
ricorrente insiste nelle censure  articolate  nell'atto  introduttivo
del giudizio. Resiste il Comune di Milano che, in relazione al  terzo
motivo (relativo, come  spiegato,  alla  dedotta  contrarieta'  della
previsione di cui all'art. 11 del P.d.R. del P.G.T.  alla  regola  di
cui  all'art.  40-bis  della  l.r.  n.  12/2005),  esclude,  in   via
principale, la sussistenza  di  simile  contrasto  e,  in  subordine,
eccepisce  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  40-bis  della
legge regionale n. 12 del 2005 per violazione degli  articoli  3,  5,
97, 117, secondo comma, lettera p), 117, primo e  terzo  comma,  118,
primo e secondo comma, della Costituzione, ritenendo: 
      i) violata  la  competenza  esclusiva  statale  sulle  funzioni
fondamentali dei comuni; 
      ii) usurpata la funzione  pianificatoria  comunale  in  materia
urbanistica; 
      iii) violato l'art. 3-bis  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 380 del 2001, quale normativa di principio  in  materia
di governo del territorio; 
      iv)  lesi  i  principi  di  imparzialita'  e   buon   andamento
dell'azione amministrativa e di ragionevolezza. 
    7. La causa e' trattenuta in decisione all'udienza del 22 gennaio
2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ai
sensi degli articoli 25,  comma  1,  del  decreto-legge  n.  137/2020
(convertito, con modificazione, dalla legge n. 176/2020), e 4,  comma
1,  del  decreto-legge  30  aprile  2020,  n.  28  (convertito,   con
modificazioni, dalla legge n. 70/2020), attraverso la piattaforma  in
uso presso la Giustizia  amministrativa  di  cui  all'Allegato  3  al
decreto del Presidente del Consiglio di Stato del  28  dicembre  2020
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 7  dell'11
gennaio 2021). 
    8.  In  via  preliminare,  deve  essere  modificato  l'ordine  di
trattazione dei motivi  di  ricorso,  poiche'  il  terzo  motivo,  in
ragione  del  suo  carattere   assorbente,   deve   essere   trattato
prioritariamente rispetto agli altri:  infatti,  laddove  si  dovesse
giungere alla conclusione che l'art.  40-bis  della  legge  regionale
della Lombardia n. 12  del  2005  (inserito  dall'art.  4,  comma  1,
lettera a), legge reg. 26 novembre  2019,  n.  18)  abbia  l'identico
perimetro  applicativo  dell'art.  11  delle   N.d.A.   del   P.d.R.,
quest'ultima disposizione  dovrebbe  essere  annullata,  poiche',  in
ossequio  al  principio  di  gerarchia  delle  fonti  normative,  una
disposizione di natura regolamentare, qual e'  una  norma  del  Piano
delle regole (cfr., Consiglio di Stato, Sez. V, 16  aprile  2013,  n.
2094; Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia -  sede  di
Milano, Sez. II, 22 maggio 2020, n. 914), non puo' porsi in contrasto
con una prescrizione contenuta  in  una  legge  primaria  (regionale,
nella specie); l'annullamento del richiamato  art.  11  delle  N.d.A.
comunali,  costituendo  la  «piu'  radicale  illegittimita'»  dedotta
(Consiglio di Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5),  soddisferebbe
pienamente  l'interesse  della  ricorrente  e  renderebbe  del  tutto
superfluo l'esame delle ulteriori censure contenute nel ricorso. 
    9. Tuttavia, proprio con riguardo al terzo motivo di ricorso,  la
difesa  comunale,  dapprima,  sostiene   la   tesi   della   perfetta
compatibilita' dell'art. 11 delle  N.d.A.  con  l'art.  40-bis  della
legge regionale n. 12 del 2005,  sulla  scorta  di  un  tentativo  di
interpretazione   della    disposizione    di    legge    in    senso
costituzionalmente conforme, e successivamente, in  via  subordinata,
ne eccepisce l'incostituzionalita' per contrasto  con  vari  precetti
costituzionali, chiedendo a questo Collegio di rimettere la questione
all'esame della Corte costituzionale. 
    9.1. Osserva il Collegio come la tesi svolta  in  via  principale
dal  comune  non  possa  condividersi.  Le  due  regolamentazioni  si
riferiscono,  infatti,  alla  medesima   fattispecie   dettando   una
disciplina in  tema  di  immobili  degradati  ed  abbandonati  e,  in
particolare,  regole  volte  ad  incentivare  il  recupero  di   tali
immobili. Di conseguenza, sussiste una  sovrapposizione  tra  le  due
discipline che conferisce alla norma regionale il ruolo di  parametro
di legittimita' della  norma  regolamentare  dettata  dal  Comune  di
Milano. 
    9.2.   Inoltre,   l'impossibilita'   di    procedere    ad    una
interpretazione dell'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005
in modo da salvaguardare anche il disposto di cui all'art.  11  delle
N.d.A. comunali risulta evidente, emergendo l'inconciliabilita' delle
richiamate disposizioni gia' da  un  semplice  esame  testuale  delle
stesse, poiche' viene regolamentata, in maniera divergente oltre  che
contrastante,  la  medesima  fattispecie,  ossia  la  disciplina   da
riservare agli immobili abbandonati e degradati. E infatti: 
      i) secondo il citato art. 11 delle N.d.A., l'arco temporale per
l'avvio  dei  lavori  di  recupero  degli  immobili  «abbandonati   e
degradati» e' di diciotto mesi dalla  loro  prima  individuazione,  a
prescindere dal momento in cui si e' ottenuto il titolo  abilitativo,
mentre il comma 4 dell'art. 40-bis della legge regionale  n.  12  del
2005 fissa in tre anni il termine entro cui presentare  la  richiesta
di rilascio del titolo edilizio o gli atti equipollenti  (s.c.i.a.  o
c.i.l.a.) oppure «l'istanza  preliminare  funzionale  all'ottenimento
dei medesimi titoli edilizi»; 
      ii) l'art. 11 delle N.d.A. non riconosce alcun  incremento  dei
diritti edificatori, ma al massimo consente l'integrale conservazione
dell'immobile o della superficie lorda (SL) esistente, mentre  l'art.
40-bis, commi 5 e 6, della legge regionale  riconosce  un  incremento
pari al 20% dei diritti edificatori o, se maggiore, della  superficie
lorda   esistente,    in    conseguenza    dell'effettivo    recupero
dell'immobile, cui si puo' aggiungere un incremento di  un  ulteriore
5%; 
      iii) l'art. 11 delle N.d.A.,  in  caso  di  mancato  tempestivo
adeguamento o  di  demolizione  d'ufficio,  attribuisce  l'indice  di
edificabilita' territoriale unico pari a 0,35  mq/mq,  mentre  l'art.
40-bis, commi 8 e 9, della legge regionale  riconosce  la  superficie
lorda esistente fino  all'indice  di  edificabilita'  previsto  dallo
strumento urbanistico; 
      iv) l'art. 40-bis,  comma  5,  della  legge  regionale  prevede
l'esenzione, di regola, dall'eventuale obbligo di reperimento di aree
per servizi e  attrezzature  pubbliche  e  di  interesse  pubblico  o
generale, mentre nulla e' previsto dall'art. 11 delle N.d.A. 
    9.3. In conseguenza dell'evidenziato contrasto e della  correlata
recessivita'  della  normativa  pianificatoria  comunale  rispetto  a
quanto stabilito dalla legge  regionale,  deve  essere  esaminata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40-bis della legge
regionale n. 12 del 2005, eccepita in via  subordinata  dalla  difesa
comunale. L'eventuale declaratoria di incostituzionalita' della norma
regionale farebbe, infatti, salva la disciplina  contenuta  nell'art.
11 delle N.d.A., la cui applicabilita' alla  fattispecie  oggetto  di
scrutinio imporrebbe l'esame delle restanti censure  di  ricorso,  su
cui indubbiamente permarrebbe l'interesse della ricorrente;  in  caso
contrario,  ossia  di  mancato  accoglimento   della   questione   di
costituzionalita', dovrebbe pronunciarsi l'annullamento dell'art.  11
delle N.d.A., in ragione  della  riconducibilita'  della  fattispecie
oggetto di scrutinio allo spettro di  applicazione  dell'art.  40-bis
della legge regionale n. 12 del 2005. 
    10. In ossequio al disposto di cui all'art.  23,  secondo  comma,
della legge n. 87 del 1953, e' indispensabile procedere alla verifica
della rilevanza della questione  di  costituzionalita'  nel  presente
giudizio e della sua non manifesta infondatezza. 
    11. Quanto alla rilevanza della questione, come gia'  evidenziato
ai precedenti punti 9.1 - 9.3, si osserva  che  l'art.  40-bis  della
legge regionale n. 12  del  2005  ha  ad  oggetto  la  disciplina  da
applicare agli immobili abbandonati e degradati (nella cui  categoria
sono  ricompresi  quelli   della   ricorrente)   e   si   sovrappone,
determinandone  in  astratto  l'invalidita',  alla   regolamentazione
comunale contenuta nell'art. 11 delle N.d.A. del P.d.R. E' gia' stato
sottolineato come la (eventuale) declaratoria di  incostituzionalita'
dell'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005 determinerebbe,
infatti, l'applicazione alla fattispecie oggetto di  esame  del  solo
art. 11 delle N.d.A. del P.d.R.; a tal punto lo scrutinio  di  questo
Tribunale  si  concentrerebbe  sui  motivi  incentrati   sulla   sola
disposizione dell'art. 11. 
    11.1.  La  rilevanza   della   questione   di   costituzionalita'
trascende, tuttavia, le conseguenze dirette che l'art.  40-bis  della
legge regionale produce sull'art. 11 delle N.d.A. Difatti, in seguito
all'eventuale declaratoria di  incostituzionalita'  del  citato  art.
40-bis,  non  puo'  escludersi  che  si  possa,  comunque,  procedere
all'annullamento dell'art. 11 delle N.d.A. comunali in ragione  della
fondatezza, anche parziale, dei restanti motivi di  ricorso;  appare,
tuttavia, nondimeno evidente che  un  tale  annullamento  produrrebbe
effetti sensibilmente diversi rispetto a  quelli  che  scaturirebbero
dalla permanente vigenza dell'art. 40-bis della legge regionale n. 12
del 2005. In tale  ultimo  frangente,  agli  immobili  abbandonati  e
degradati - compresi quelli della ricorrente - si applicherebbero  le
regole contenute nella disposizione regionale,  mentre,  in  caso  di
declaratoria di  incostituzionalita'  dell'art.  40-bis,  l'eventuale
annullamento dell'art. 11 delle N.d.A. determinerebbe  l'applicazione
agli immobili fatiscenti dei principi generali afferenti alla materia
edilizia ed urbanistica, riconoscendo ai titolari dei  diritti  sugli
immobili  abbandonati  e  degradati  la  facolta'  di  scegliere   se
procedere o meno alla loro riqualificazione e con le tempistiche e le
modalita' ritenute piu' opportune dai predetti soggetti. 
    11.2. Anche nella prospettiva comunale, l'ipotesi di annullamento
dell'art. 11 delle N.d.A. per violazione dell'art. 40-bis della legge
regionale - ove non  dichiarato  incostituzionale  -  non  lascerebbe
all'Ente  locale  alcuno  spazio  per  intervenire  con  un   proprio
regolamento sulla materia, se non per aspetti del tutto  marginali  e
secondari, vista la completezza e la  sostanziale  autoapplicabilita'
della richiamata previsione regionale («Le  disposizioni  di  cui  al
presente articolo, decorsi  i  termini  della  deliberazione  di  cui
sopra,  si  applicano  anche  agli  immobili  non  individuati  dalla
medesima,  per  i  quali  il  proprietario,  con  perizia  asseverata
giurata, certifichi oltre alla cessazione dell'attivita', documentata
anche mediante dichiarazione sostitutiva dell'atto  di  notorieta'  a
cura della proprieta' o del legale rappresentante, anche uno  o  piu'
degli  aspetti  sopra  elencati,  mediante  prova   documentale   e/o
fotografica»:  art.  40-bis,  comma  1);   di   contro,   l'eventuale
declaratoria di  incostituzionalita'  dell'art.  40-bis  della  legge
regionale lascerebbe intatto il potere comunale  di  intervenire  per
disciplinare eventualmente ex novo la materia,  anche  laddove  fosse
integralmente annullato da questo Tribunale l'art. 11  delle  N.d.A.;
in tal modo verrebbe, comunque, pienamente salvaguardata la  potesta'
pianificatoria comunale. 
    11.3. Da tanto discende la rilevanza nel presente giudizio  della
questione di costituzionalita' dell'art. 40-bis della legge regionale
n. 12. del 2005,  poiche'  anche  in  seguito  alla  declaratoria  di
illegittimita'   costituzionale   della   citata    norma    potrebbe
determinarsi l'annullamento dell'art. 11  delle  N.d.A.  del  P.d.R.,
sebbene con conseguenze molto differenti, per entrambe le  parti  del
giudizio, rispetto a quelle scaturenti in caso di permanente  vigenza
dell'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005. 
    12. A questo punto e' necessario procedere  alla  verifica  della
non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita',  che
nella specie appare certamente sussistente. 
    13. L'art. 11 delle Norme di attuazione (N.d.A.) del  P.d.R.  del
P.G.T. ai primi tre commi stabilisce testualmente quanto segue: 
      «1.  Il  recupero  di  edifici  abbandonati  e  degradati,  che
comportano pericolo per la salute e la sicurezza  urbana,  situazioni
di degrado ambientale e sociale, costituisce  attivita'  di  pubblica
utilita' ed interesse generale, perseguibile secondo le modalita'  di
cui al presente articolo. 
      2. Le disposizioni del presente articolo si applicano  a  tutte
le  aree  e  gli  edifici,   indipendentemente   dalla   destinazione
funzionale, individuati nella Tav.  R.10,  aggiornata  con  determina
dirigenziale, con periodicita' annuale, previa comunicazione di avvio
del procedimento nei  confronti  degli  interessati.  Si  considerano
abbandonati gli edifici dismessi da piu' di un anno, che  determinano
pericolo per  la  sicurezza  o  per  la  salubrita'  o  l'incolumita'
pubblica o disagio per il decoro e la qualita' urbana o  in  presenza
di  amianto  o   di   altri   pericoli   chimici   per   la   salute.
L'individuazione degli  immobili  di  cui  al  presente  comma  sara'
comunicata periodicamente alla prefettura e alla questura. 
      3. Alla proprieta' degli edifici abbandonati e degradati  cosi'
come individuati dalla Tav. R.10, fatti salvi eventuali  procedimenti
in corso ad esito favorevole, e' data facolta' di presentare proposta
di  piano  attuativo  o  idoneo  titolo  abilitativo  finalizzato  al
recupero  dell'immobile;  i  lavori  dovranno  essere  avviati  entro
diciotto mesi dalla loro  prima  individuazione.  In  alternativa  e'
fatto obbligo di procedere con la demolizione del manufatto: 
        a.  in  caso  di  demolizione  dell'edificio   esistente   su
iniziativa  della  proprieta'  riconosciuta   integralmente   la   SL
esistente. I diritti edificatori saranno annotati nel Registro  delle
cessioni dei diritti edificatori, con  possibilita'  di  utilizzo  in
loco o in altre pertinenze dirette per mezzo di perequazione, secondo
la normativa vigente; 
        b. in caso di mancata demolizione dell'edificio esistente  da
parte  della  proprieta',  fatto   salvo   l'esercizio   dei   poteri
sostitutivi da parte del  comune  finalizzati  alla  demolizione,  e'
riconosciuto l'Indice di edificabilita'  territoriale  unico  pari  a
0,35 mq/mq. 
      Le  relative  spese  sostenute  da  parte  dell'Amministrazione
dovranno essere rimborsate dalla proprieta' o dai titolari di diritti
su  tali  beni.  Se  non  rimborsate  tali  spese  saranno   riscosse
coattivamente secondo normativa vigente. 
      Di quanto sopra verra' inviata comunicazione  alla  proprieta',
alla prefettura e alla questura. 
      In caso di  mancata  demolizione  sono  ammessi  esclusivamente
interventi  di  conservazione  degli  edifici   esistenti   fino   al
risanamento conservativo senza modifica della destinazione d'uso». 
    13.1. L'art. 40-bis della legge regionale della Lombardia  n.  12
del 2005 (inserito dall'art. 4, comma 1, lettera a),  legge  reg.  26
novembre 2019, n. 18) stabilisce: 
      «1. I comuni, con deliberazione consiliare, anche sulla base di
segnalazioni motivate  e  documentate,  individuano  entro  sei  mesi
dall'entrata in vigore  della  legge  regionale  recante  "Misure  di
semplificazione  e  incentivazione  per  la  rigenerazione  urbana  e
territoriale,  nonche'  per  il  recupero  del  patrimonio   edilizio
esistente. Modifiche e integrazioni alla legge regionale  l  l  marzo
2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e  ad  altre  leggi
regionali" gli immobili di qualsiasi destinazione d'uso, dismessi  da
oltre cinque anni, che causano criticita' per uno o piu' dei seguenti
aspetti: salute, sicurezza idraulica,  problemi  strutturali  che  ne
pregiudicano  la  sicurezza,  inquinamento,  degrado   ambientale   e
urbanistico-edilizio. La disciplina del presente articolo si applica,
anche senza  la  deliberazione  di  cui  sopra,  agli  immobili  gia'
individuati dai comuni come degradati e abbandonati. Le  disposizioni
di cui al presente articolo, decorsi i termini della deliberazione di
cui sopra, si applicano anche agli  immobili  non  individuati  dalla
medesima,  per  i  quali  il  proprietario,  con  perizia  asseverata
giurata, certifichi oltre alla cessazione dell'attivita', documentata
anche mediante dichiarazione sostitutiva dell'atto  di  notorieta'  a
cura della proprieta' o del legale rappresentante, anche uno  o  piu'
degli  aspetti  sopra  elencati,  mediante  prova   documentale   e/o
fotografica. I comuni aventi popolazione inferiore a 20.000 abitanti,
entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge  regionale  recante
"Misure di semplificazione  e  incentivazione  per  la  rigenerazione
urbana  e  territoriale,  nonche'  per  il  recupero  del  patrimonio
edilizio esistente. Modifiche e integrazioni alla legge regionale  11
marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio)  e  ad  altre
leggi  regionali",  mediante  deliberazione  del  consiglio  comunale
possono individuare gli ambiti del proprio territorio ai quali non si
applicano le disposizioni di  cui  ai  commi  5  e  10  del  presente
articolo, in relazione a motivate ragioni di tutela paesaggistica. 
      2. I comuni, prima delle deliberazioni di cui al  comma  1,  da
aggiornare annualmente, notificano ai sensi del codice  di  procedura
civile  ai  proprietari  degli  immobili  dismessi  e   che   causano
criticita' le ragioni dell'individuazione, di modo che questi,  entro
trenta  giorni  dal  ricevimento  di  detta  comunicazione,   possano
dimostrare, mediante prove documentali, l'assenza dei presupposti per
l'inserimento. 
      3. Le disposizioni del presente articolo non  si  applicano  in
ogni caso: 
        a) agli immobili eseguiti in assenza di titolo abilitativo  o
in totale difformita' rispetto allo stesso titolo,  a  esclusione  di
quelli  per  i  quali  siano  stati  rilasciati  titoli  edilizi   in
sanatoria; 
        b) agli immobili  situati  in  aree  soggette  a  vincoli  di
inedificabilita' assoluta. 
      4. La richiesta di piano attuativo, la richiesta di permesso di
costruire,  la  segnalazione  certificata  di  inizio  attivita',  la
comunicazione di inizio lavori asseverata o l'istanza di  istruttoria
preliminare funzionale all'ottenimento dei  medesimi  titoli  edilizi
devono essere presentati entro tre anni  dalla  notifica  di  cui  al
comma 2. La deliberazione di  cui  al  comma  1  attesta  l'interesse
pubblico al recupero dell'immobile individuato,  anche  ai  fini  del
perfezionamento  dell'eventuale  procedimento  di  deroga  ai   sensi
dell'art. 40. 
      5. Gli interventi sugli immobili di cui al comma 1 usufruiscono
di un incremento del 20 per cento dei diritti  edificatori  derivanti
dall'applicazione dell'indice di edificabilita' massimo  previsto  o,
se maggiore di quest'ultimo, della superficie lorda esistente e  sono
inoltre esentati dall'eventuale obbligo di reperimento  di  aree  per
servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o  generale,
a eccezione di quelle  aree  da  reperire  all'interno  dei  comparti
edificatori o degli immobili  oggetto  del  presente  articolo,  gia'
puntualmente individuate all'interno degli strumenti urbanistici e da
quelle   dovute   ai   sensi   della   pianificazione    territoriale
sovraordinata. A tali interventi non si applicano gli incrementi  dei
diritti edificatori  di  cui  all'art.  11,  comma  5.  Nei  casi  di
demolizione l'incremento dei diritti edificatori del 20 per cento  si
applica  per  un  periodo  massimo  di  dieci  anni  dalla  data   di
individuazione dell'immobile quale dismesso. 
      6. E'  riconosciuto  un  ulteriore  incremento  dell'indice  di
edificabilita' massimo previsto dal PGT o  rispetto  alla  superficie
lorda (SL) esistente del 5 per cento per  interventi  che  assicurino
una superficie deimpermeabilizzata e destinata a verde non  inferiore
all'incremento  di  SL  realizzato,  nonche'   per   interventi   che
conseguano una diminuzione dell'impronta al suolo pari ad  almeno  il
10 per cento. A tal fine possono essere utilizzate anche le superfici
situate al di fuori del lotto di intervento, nonche' quelle destinate
a  giardino  pensile,  cosi'  come  regolamentate  dalla  norma   UNI
11235/2007. 
      7. Se il proprietario non provvede entro il termine di  cui  al
comma 4, non puo' piu' accedere ai benefici di cui ai commi 5 e  6  e
il  comune  lo  invita  a  presentare  una  proposta  di  riutilizzo,
assegnando un termine da definire in ragione della complessita' della
situazione riscontrata, e comunque non inferiore a mesi quattro e non
superiore a mesi dodici. 
      8. Decorso il termine di cui al  comma  7  senza  presentazione
delle richieste o dei titoli di cui al comma 4, il comune ingiunge al
proprietario la demolizione dell'edificio o degli edifici interessati
o, in alternativa, i necessari interventi di recupero  e/o  messa  in
sicurezza  degli  immobili,  da  effettuarsi  entro   un   anno.   La
demolizione effettuata dalla proprieta' determina il  diritto  ad  un
quantitativo  di  diritti  edificatori  pari  alla  superficie  lorda
dell'edificio demolito fino all'indice di edificabilita' previsto per
l'area. I diritti edificatori  generati  dalla  demolizione  edilizia
possono sempre essere perequati e  confluiscono  nel  registro  delle
cessioni dei diritti edificatori di cui all'art. 11, comma 4. 
      9. Decorso infruttuosamente il termine di cui al  comma  8,  il
comune provvede in via sostitutiva, con  obbligo  di  rimborso  delle
relative spese a carico della proprieta', cui e' riconosciuta  la  SL
esistente fino all'indice di edificabilita' previsto dallo  strumento
urbanistico. 
      10. Tutti gli interventi di rigenerazione degli immobili di cui
al  presente  articolo  sono  realizzati   in   deroga   alle   norme
quantitative, morfologiche,  sulle  tipologie  di  intervento,  sulle
distanze previste dagli  strumenti  urbanistici  comunali  vigenti  e
adottati e ai regolamenti edilizi, fatte salve  le  norme  statali  e
quelle sui requisiti igienico-sanitari. 
      11. Per gli immobili di  proprieta'  degli  enti  pubblici,  si
applicano le disposizioni di cui ai commi 5 e  6  a  condizione  che,
entro tre anni dalla individuazione di  cui  al  comma  1,  gli  enti
proprietari approvino il progetto di rigenerazione ovvero avviino  le
procedure per la messa all'asta, l'alienazione o il conferimento a un
fondo. 
      11-bis. Gli interventi di cui al presente articolo  riguardanti
il patrimonio edilizio soggetto a tutela  culturale  e  paesaggistica
sono attivati previo coinvolgimento del Ministero per  i  beni  e  le
attivita'  culturali  e  per  il  turismo  e   nel   rispetto   delle
prescrizioni di tutela previste dal piano paesaggistico regionale  ai
sensi del decreto legislativo n. 42/2004  (comma  aggiunto  dall'art.
13, comma 1, lettera b), legge reg. 9 giugno 2020, n. 13)». 
    14. Tale disposizione regionale risulta sostanzialmente  completa
ed esaustiva con riguardo al trattamento giuridico da riservare  agli
immobili abbandonati  e  degradati,  residuando  in  capo  ai  comuni
compiti meramente attuativi ed esecutivi, con una parziale  eccezione
per i comuni aventi popolazione inferiore a 20.000 abitanti, i quali,
per motivate ragioni di tutela paesaggistica, possono individuare gli
ambiti del proprio territorio a  cui  non  si  applica,  in  caso  di
riqualificazione, l'incremento del 20% dei diritti edificatori  e  in
relazione ai quali non si  puo'  derogare  alle  norme  quantitative,
morfologiche, sulle tipologie di intervento e sulle distanze. 
    15.  L'applicazione  della  disposizione  regionale  oggetto   di
scrutinio comprime  in  maniera  eccessiva  -  con  violazione  degli
articoli 5, 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma,  lettera  p),
terzo  e  sesto  comma,  e  118  della  Costituzione  -  la  potesta'
pianificatoria comunale, in particolare dei comuni che hanno piu'  di
20.000 abitanti  (come  il  Comune  di  Milano),  non  consentendo  a
siffatti enti alcun intervento correttivo o derogatorio in  grado  di
valorizzare, oltre alla propria autonomia  pianificatoria,  anche  le
peculiarita' dei singoli territori di  cui  i  comuni  sono  la  piu'
immediata e diretta espressione. 
    15.1. Inoltre, la  normativa  regionale  risulta  particolarmente
analitica sia nell'individuazione dei presupposti di operativita' che
nel  procedimento  da  seguire  e  non  si  presta  a  tentativi   di
interpretazione  costituzionalmente  conforme  che  salvaguardino  il
potere  di  pianificazione  comunale  e  l'interesse  ad  un  assetto
ordinato del territorio che tale pianificazione mira a realizzare. La
formulazione   letterale   della    previsione    e    la    puntuale
regolamentazione dettata comportano, dunque, il fallimento in  radice
di ogni  tentativo  di  interpretazione  costituzionalmente  conforme
atteso che la normativa non lascia spazi per poter «adeguare» in  via
interpretativa  il  dettato  di  legge  alla   superiori   previsioni
costituzionali (cfr.: Corte costituzionale, sentenza n.  218  del  10
ottobre 2020, punto 2.2 del Diritto, che richiama le sentenze n.  204
e n. 95 del 2016). 
    15.2. Infatti, il legislatore regionale ha imposto, a regime, una
disciplina urbanistico-edilizia in ordine al recupero degli  immobili
fatiscenti  ingiustificatamente  rigida  e   uniforme,   operante   a
prescindere dalle decisioni  comunali  e  in  grado  di  produrre  un
impatto sulla pianificazione locale molto incisivo  e  potenzialmente
idoneo a stravolgere l'assetto del territorio, o di parti  importanti
dello stesso, in maniera  del  tutto  dissonante  rispetto  a  quanto
stabilito nello strumento urbanistico generale.  A  ben  vedere,  pur
essendo rimessa ordinariamente al Consiglio comunale l'individuazione
degli immobili abbandonati e degradati, e', comunque,  consentito  al
proprietario di  un  immobile  versante  nelle  predette  condizioni,
indipendentemente dall'inserimento dello stesso  nell'elenco  formato
dal comune, di certificare con perizia asseverata giurata, oltre alla
cessazione dell'attivita', anche la sussistenza dei  presupposti  per
beneficiare del regime di favore di cui all'art.  40-bis.  Il  comune
non ha, quindi, la facolta' di  selezionare,  discrezionalmente,  gli
immobili  da  recuperare,  in  quanto  l'applicazione   della   norma
regionale, in presenza dei richiesti presupposti fattuali,  ossia  di
immobili abbandonati e degradati, puo' avvenire anche su impulso  del
proprietario  del  manufatto.   L'assoluta   incertezza   in   ordine
all'impatto sul territorio di una tale previsione, sia da un punto di
vista quantitativo che qualitativo, impedisce al comune una  coerente
programmazione in ambito urbanistico,  rendendola  in  alcune  parti,
anche importanti, del tutto ineffettiva e ultronea. 
    15.3 Tuttavia,  pure  nel  caso  in  cui  il  comune  abbia  gia'
individuato gli immobili  da  recuperare  -  come  nella  fattispecie
oggetto  del  presente  contenzioso  -  si  deve  segnalare  che   il
riconoscimento generalizzato e automatico di un  indice  edificatorio
premiale di rilevante portata (da un minimo del 20% ad un massimo del
25%),   accompagnato   dall'esenzione   dall'eventuale   obbligo   di
reperimento   degli   standard,   assume   ugualmente   un    rilievo
significativo sia in quanto la norma regionale si applica anche  agli
immobili gia' individuati come abbandonati  e  degradati  dal  comune
prima della sua entrata in vigore,  sia  perche'  gli  interventi  di
recupero vengono ritenuti ininfluenti ai fini  della  quantificazione
del carico urbanistico, senza alcuna considerazione per cio'  che  ne
consegue. 
    15.4. L'applicazione dell'art. 40-bis anche  agli  immobili  gia'
individuati come abbandonati e degradati dal comune prima  della  sua
entrata in  vigore  -  oltre  che  a  quelli  segnalati  dai  privati
interessati   -   rappresenta   una   violazione    della    potesta'
pianificatoria comunale poiche' impone, in  via  non  temporanea,  un
regime urbanistico-edilizio che prescinde - o addirittura si discosta
- dalle scelte comunali  sottese  all'individuazione  degli  immobili
fatiscenti o alla loro non inclusione nell'elenco. 
    15.5. Venendo al caso di specie, il Comune di Milano  ricomprende
gli immobili della ricorrente nell'elenco  di  quelli  abbandonati  e
degradati (allegato n. 3 delle produzioni in giudizio del comune  del
9  luglio  2020)  con  l'obiettivo  di  consentirne  il  recupero   a
condizioni - indicate nell'art. 11 delle N.d.A. - e  con  un  impatto
sensibilmente diversi rispetto a quelli previsti nell'art. 40-bis. La
legge regionale si  sovrappone,  tuttavia,  alla  decisione  comunale
perseguendo obiettivi ulteriori e, in parte, confliggenti con  quelli
dell'ente locale. 
    16. La lesione  della  potesta'  pianificatoria  comunale  appare
evidente e soprattutto il sacrificio delle prerogative comunali cosi'
determinatosi risulta non proporzionato, con violazione del principio
di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, all'obiettivo
perseguito dalla legge regionale, pur meritorio nelle sue  finalita',
di favorire il  recupero  degli  immobili  abbandonati  e  degradati.
L'applicazione  dell'art.  40-bis  anche  agli  immobili   fatiscenti
individuati prima  della  sua  introduzione  -  come  pure  a  quelli
segnalati direttamente dai  privati  -  stravolge  la  pianificazione
territoriale del comune, il quale aveva  elaborato  e  introdotto  un
regime speciale per il recupero dei citati immobili, proprio  tenendo
in considerazione l'impatto degli interventi di riqualificazione  sul
tessuto urbano esistente.  Difatti,  un  conto  e'  riqualificare  un
immobile, conservandone la medesima  consistenza  (oppure  demolirlo,
consentendo il recupero della sola superficie lorda  esistente:  art.
11 delle N.d.A.), un altro conto e' riconoscere a titolo di beneficio
un indice edificatorio aggiuntivo, oscillante tra il 20%  e  il  25%,
cui si accompagna l'esenzione dall'eventuale obbligo  di  reperimento
degli standard. Tale ultima  disciplina  determina  un  considerevole
impatto  sull'assetto  pianificatorio  in  relazione   a   molteplici
aspetti: l'aumento del peso insediativo dell'immobile recuperato  non
risulta  bilanciato  dal  contestuale  reperimento   degli   standard
urbanistici e dalla realizzazione delle opere di urbanizzazione,  cui
consegue  altresi'  il  mancato  rispetto  dell'indice   edificatorio
comunale e delle prescrizioni regionali sulla riduzione  del  consumo
di suolo. 
    16.1. Inoltre, l'art.  40-bis,  comma  5,  esonera,  seppure  con
alcune eccezioni, dall'obbligo di  individuare  aree  per  servizi  e
attrezzature pubbliche  e  di  interesse  pubblico  o  generale,  non
garantendo un corretto rapporto tra il  carico  urbanistico  gravante
sulla zona  interessata  dall'intervento  di  riqualificazione  e  le
corrispondenti dotazioni  pubbliche,  disattendendo  in  tal  modo  i
principi che presiedono ad  una  corretta  attivita'  pianificatoria.
Cio' risulta in violazione anche  della  normativa  statale  (decreto
ministeriale n. 1444 del 1968) che si pone quale principio in materia
di  governo  del   territorio   (art.   117,   terzo   comma,   della
Costituzione), in relazione al livello minimo di standard che  devono
essere garantiti sul territorio comunale. 
    17. La norma appare, altresi',  irragionevole  -  con  violazione
dell'art. 3 della Costituzione, sotto altro profilo - nella parte  in
cui non si rapporta ai principi contenuti in altre norme della stessa
legge regionale n. 12  del  2005  [in  specie  quelli  riferiti  alla
riduzione del consumo di suolo: cfr. art. 1, comma 3-bis, e art.  19,
comma 2, lettera b-bis)] e della  legge  regionale  n.  31  del  2014
(«Disposizioni  per  la  riduzione  del  consumo  di   suolo   e   la
riqualificazione del suolo  degradato»),  poiche'  la  riduzione  del
consumo di suolo rappresenta un obiettivo prioritario e  qualificante
della pianificazione territoriale regionale, orientata ad un  modello
di sviluppo territoriale sostenibile (proprio  con  riferimento  alla
Regione Lombardia, cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 179 del  16
luglio  2019,  punto  12.1  del  Diritto);  sebbene  l'attivita'   di
riqualificazione e  recupero  di  immobili  abbandonati  e  degradati
rientri nell'attivita' di rigenerazione urbana, la  stessa  non  puo'
porsi come indifferente rispetto agli obiettivi  di  limitazione  del
consumo del suolo libero, che  altrimenti  risulterebbero  del  tutto
recessivi rispetto a  quelli  di  recupero  del  patrimonio  edilizio
esistente dismesso e non utilizzabile.  Il  mancato  bilanciamento  e
contemperamento  tra  i   due   obiettivi   rende   irragionevole   e
contraddittoria la normativa regionale sulla  riqualificazione  degli
immobili degradati dismessi. La Corte costituzionale  ha  gia'  avuto
modo di evidenziare, con riguardo all'art. 5, comma 4,  della  citata
legge regionale n. 31 del 2014 (contenente, in origine, un divieto di
ius variandi in relazione ai contenuti edificatori del  documento  di
piano per un tempo  indefinito),  una  intrinseca  contraddittorieta'
nella «rigidita' insita nella norma censurata [...] tale da  incidere
in modo non proporzionato sull'autonomia dell'ente locale,  non  solo
perche' impedisce la rivalutazione  delle  esigenze  urbanistiche  in
precedenza espresse [...], ma soprattutto perche', al  tempo  stesso,
la preclude quando questa sia rivolta alla  protezione  degli  stessi
interessi generali sottostanti alle finalita' di  fondo  della  legge
regionale  e  quindi  coerenti  con  queste»  (Corte  costituzionale,
sentenza n. 179 del 16 luglio 2019, punto 12.6 del Diritto). 
    18. Inoltre viene lesa anche la funzione amministrativa  comunale
in ambito urbanistico, in quanto l'art. 40-bis, quale norma che opera
a regime, contiene una disciplina puntuale e specifica  con  riguardo
agli interventi di recupero del patrimonio edilizio dismesso presenti
nel territorio comunale, che non lascia alcuno spazio  di  intervento
significativo all'attivita' pianificatoria comunale, pure qualificata
quale funzione fondamentale ai sensi dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera p), della  Costituzione;  difatti,  la  previsione  di  premi
volumetrici in misura fissa e prestabilita, accompagnata da ulteriori
importanti  deroghe  alla  disciplina   urbanistica-edilizia,   quali
l'esenzione  dall'obbligo  di  conferimento  dello  standard  e   dal
rispetto delle norme quantitative, morfologiche, sulle  tipologie  di
intervento e delle  distanze  previste  dallo  strumento  urbanistico
locale, non soltanto impedisce al comune  qualsiasi  possibilita'  di
autonoma  scelta  in  sede  di   pianificazione   generale,   ma   e'
potenzialmente idonea a stravolgerla in  ampi  settori,  alterando  i
rapporti tra  il  carico  urbanistico  e  le  dotazioni  pubbliche  e
private. Cio' assume un  maggiore  rilievo  in  un  comune,  qual  e'
Milano,  in  cui  e'  stato  da  tempo  introdotto  negli   strumenti
urbanistici il  principio  dell'indifferenza  funzionale,  ossia  una
liberta' di scelta delle funzioni da insediare  in  tutti  i  tessuti
urbani senza alcuna esclusione e senza una distinzione ed un rapporto
percentuale predefinito. 
    18.1. Tali considerazioni trovano riscontro anche  nella  recente
giurisprudenza della Corte  costituzionale,  che  ha  ricordato  come
«nell'attuazione del nuovo Titolo V della Costituzione, il  punto  di
sintesi  e'  stato  fissato  dal  legislatore  statale   tramite   la
disposizione per cui "sono funzioni fondamentali dei comuni, ai sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera p), della  Costituzione:  [...]
d) la pianificazione  urbanistica  ed  edilizia  di  ambito  comunale
nonche' la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello
sovracomunale", ma "[f]erme restando le funzioni di programmazione  e
di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie  di  cui
all'art. 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni
esercitate ai sensi dell'art. 118 della Costituzione" (art. 14, comma
27, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante "Misure  urgenti
in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di   competitivita'
economica", convertito, con  modificazioni,  nella  legge  30  luglio
2010, n. 122, come sostituito dall'art. 19, comma 1, lettera a),  del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante "Disposizioni urgenti per
la revisione della spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi  ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario", convertito, con modificazioni, nella  legge  7
agosto 2012, n. 135). Il "sistema della pianificazione", che  assegna
in modo preminente ai  comuni,  quali  enti  locali  piu'  vicini  al
territorio,  la  valutazione  generale  degli   interessi   coinvolti
nell'attivita'  urbanistica  ed  edilizia,  non  assurge,  dunque,  a
principio  cosi'  assoluto  e  stringente  da  impedire  alla   legge
regionale - fonte normativa primaria,  sovraordinata  agli  strumenti
urbanistici locali - di prevedere interventi in deroga [che  tuttavia
devono essere] quantitativamente,  qualitativamente  e  temporalmente
circoscritti (sentenze n. 245 del 2018  e  n.  46  del  2014»  (Corte
costituzionale, sentenza n. 119 del 23 giugno  2020,  punto  7.1  del
Diritto). 
    18.2. Quindi, sebbene non possa escludersi  a  priori  e  in  via
astratta la legittimita' dell'intervento del  legislatore  regionale,
e' necessario che quest'ultimo persegua esigenze generali che possano
ragionevolmente giustificare disposizioni limitative  delle  funzioni
gia' assegnate agli enti locali, anche nel rispetto del principio  di
sussidiarieta' verticale, sancito nell'art. 118  della  Costituzione:
«si  deve  verificare  nell'ambito  della   funzione   pianificatoria
riconosciuta come funzione fondamentale dei comuni, "quanto la  legge
regionale toglie all'autonomia comunale e quanto di  questa  residua,
in nome di quali interessi sovracomunali  attua  questa  sottrazione,
quali compensazioni procedurali essa  prevede  e  per  quale  periodo
temporale la dispone", inteso che "[i]l giudizio di  proporzionalita'
deve percio' svolgersi,  dapprima,  in  astratto  sulla  legittimita'
dello scopo perseguito dal legislatore regionale e quindi in concreto
con  riguardo  alla  necessita',  alla  adeguatezza  e  al   corretto
bilanciamento degli interessi coinvolti" (sentenza n. 179 del  2019).
Proprio  tale  giudizio,  cosi'  dinamicamente  inteso,  consente  di
verificare se, per effetto  di  una  normativa  regionale  rientrante
nella materia del governo del territorio, come quella sub iudice, non
venga menomato il nucleo delle funzioni  fondamentali  attribuite  ai
comuni all'interno  del  "sistema  della  pianificazione",  cosi'  da
salvaguardarne la portata anche rispetto al  principio  autonomistico
ricavabile dall'art. 5 Cost.» (Corte costituzionale, sentenza n.  119
del 23 giugno 2020, punto 7.1 del Diritto). 
    18.3. Nella specie, nessuna «riserva di tutela»  e'  riconosciuta
al comune, consentendogli di sottrarsi, per  «an»  o  per  «quomodo»,
all'applicazione della normativa derogatoria oggetto di scrutinio,  e
neppure  e'  previsto  il  ricorso  ad  una  fase   di   cooperazione
finalizzata  al  coordinamento  degli  strumenti  di   pianificazione
incidenti sul governo del territorio. In tal senso appare  pertinente
il riferimento al precedente della Corte costituzionale  sulla  legge
regionale del Veneto relativa al Piano casa, in cui si  e'  affermato
«che, nel consentire interventi in deroga agli strumenti  urbanistici
o  ai  regolamenti  locali,  il  legislatore  regionale  veneto,   in
attuazione dell'intesa sancita tra Stato, regioni ed enti  locali  in
sede di Conferenza unificata il  1°  aprile  2009,  ha  compiuto  una
ponderazione degli interessi pubblici coinvolti,  attraverso  sia  la
limitazione dell'entita' degli interventi ammessi,  sia  l'esclusione
di  alcune  componenti  del  patrimonio   edilizio   dall'ambito   di
operativita' della legge regionale censurata e delle disposizioni  di
deroga. E cio' ha fatto consentendo, altresi', ai comuni,  nella  sua
prima applicazione, di sottrarre i propri strumenti urbanistici  e  i
propri  regolamenti  all'operativita'  delle  deroghe  ammesse  dalla
medesima legge regionale» (Corte costituzionale, sentenza n. 119  del
23 giugno 2020, punto 7.2 del Diritto). 
    18.4. Del resto, il modus  procedendi  da  ultimo  richiamato  e'
seguito dalla stessa Regione  Lombardia,  che  attraverso  l'art.  5,
comma 6, della legge regionale n. 12 del  2009  (Piano  casa)  -  sul
punto ripreso dall'art. 3, comma 4, della legge regionale  n.  4  del
2012  (Nuovo  Piano  casa)  -  ha  previsto  che  «entro  il  termine
perentorio del 15 ottobre 2009 i comuni, con motivata  deliberazione,
possono individuare parti  del  proprio  territorio  nelle  quali  le
disposizioni  indicate  nell'art.  6  non  trovano  applicazione,  in
ragione       delle       speciali       peculiarita'       storiche,
paesaggistico-ambientali ed  urbanistiche  delle  medesime,  compresa
l'eventuale salvaguardia delle cortine  edilizie  esistenti,  nonche'
fornire  prescrizioni  circa  le  modalita'  di  applicazione   della
presente legge con riferimento  alla  necessita'  di  reperimento  di
spazi per parcheggi pertinenziali e a verde». 
    18.5.   Ugualmente,    la    salvaguardia    delle    prerogative
pianificatorie comunali e' riscontrabile, altresi',  nella  normativa
regionale in materia di recupero ai  fini  abitativi  dei  sottotetti
esistenti (articoli 63-65 della legge regionale della Lombardia n. 12
del 2005) dove si prevede la possibilita' per il comune di  escludere
dall'applicazione sul proprio territorio del regime  ivi  contemplato
[art. 65 - «Ambiti di esclusione - "1. Le disposizioni  del  presente
capo non si applicano negli ambiti territoriali per i quali i comuni,
con  motivata  deliberazione  del  Consiglio  comunale,  ne   abbiano
disposta l'esclusione, in applicazione dell'art. 1,  comma  7,  della
legge regionale 15 luglio 1996, n. 15 (Recupero ai fini abitativi dei
sottotetti esistenti). 
      1-bis. Fermo restando quanto disposto dal comma  1,  i  comuni,
con   motivata   deliberazione,   possono   ulteriormente    disporre
l'esclusione di parti del territorio comunale, nonche' di determinate
tipologie  di  edifici  o  di  intervento,  dall'applicazione   delle
disposizioni del presente capo. 
      1-ter. Con il medesimo provvedimento di cui al comma  1-bis,  i
comuni possono, altresi', individuare ambiti territoriali  nei  quali
gli interventi di recupero ai fini abitativi dei sottotetti, se volti
alla realizzazione di nuove unita' immobiliari, sono, in  ogni  caso,
subordinati  all'obbligo  di  reperimento  di  spazi  per   parcheggi
pertinenziali nella misura prevista dall'art. 64, comma 3. 
      1-quater.  Le  determinazioni   assunte   nelle   deliberazioni
comunali di cui ai  commi  1,  1-bis  e  1-ter  hanno  efficacia  non
inferiore a cinque anni e comunque fino all'approvazione dei  PGT  ai
sensi dell'art. 26, commi 2 e 3. Il piano delle regole  individua  le
parti del territorio comunale nonche' le tipologie di  edifici  o  di
intervento escluse dall'applicazione delle disposizioni del  presente
capo. 
      1-quinquies.  In  sede  di  redazione  del  PGT,  i  volumi  di
sottotetto recuperati ai fini abitativi in applicazione della l.r. n.
15/1996, ovvero delle disposizioni del presente capo, sono  computati
ai sensi dell'art. 10, comma 3, lettera b»]. 
    18.6. Dai richiamati esempi emerge come, in alcuni frangenti,  lo
stesso legislatore regionale lombardo si  sia  dimostrato  rispettoso
delle prerogative pianificatorie  comunali,  pur  non  rinunciando  a
disciplinare la materia del  governo  del  territorio  nell'esercizio
delle proprie attribuzioni. 
    18.7.  Diversamente,  in  presenza  di  prescrizioni  di   durata
indefinita, in carenza di profili interlocutivi  e  nell'assolutezza,
finanche contraddittoria con gli obiettivi posti in  sede  regionale,
risultanti dalla disciplina contenuta nell'art.  40-bis  della  legge
regionale n. 12 del 2005, non puo' ritenersi superato, «ai sensi  del
legittimo esercizio del principio  di  sussidiarieta'  verticale,  il
test di proporzionalita' con riguardo all'adeguatezza e necessarieta'
della limitazione imposta all'autonomia  comunale  in  merito  a  una
funzione amministrativa che il  legislatore  statale  ha  individuato
come connotato  fondamentale  dell'autonomia  comunale»  (cfr.  Corte
costituzionale, sentenza n. 179 del 16 luglio 2019,  punto  12.7  del
Diritto). 
    19.  L'art.  40-bis  sembra  porsi  in  contrasto  anche  con  il
principio espresso dall'art. 3-bis del decreto del  Presidente  della
Repubblica n. 380 del 2001, secondo il quale la  riqualificazione  di
un  determinato  contesto   puo'   avvenire   attraverso   forme   di
compensazione incidenti sull'area interessata, tuttavia senza aumento
della superficie coperta: al  contrario  l'art.  40-bis  della  legge
regionale  prevede  un  premio  del  20%  della   superficie   lorda,
aumentabile fino al  25%  al  ricorrere  di  determinate  condizioni.
Sebbene l'art. 103, comma 1, della legge regionale n.  12  del  2005,
abbia escluso una diretta applicazione nella Regione Lombardia  della
disciplina di dettaglio prevista, tra l'altro,  dall'art.  3-bis  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, comunque  e'
stata fatta salva l'applicazione dei principi contenuti nella  citata
disposizione statale, al cui novero certamente appartiene il  divieto
di  consentire  un  aumento  della  superficie  coperta  in  sede  di
riqualificazione di un immobile; deve ricomprendersi  difatti  tra  i
principi statali in materia di governo del territorio  la  previsione
secondo la quale  un  incentivo  per  recuperare  un  bene  non  puo'
spingersi fino al punto di compromettere la tutela di un altro  bene,
di almeno pari rango,  qual  e'  quello  legato  alla  riduzione  del
consumo di suolo, peraltro fatto  proprio  dallo  stesso  legislatore
regionale. 
    20. Infine, l'art. 40-bis della legge regionale n.  12  del  2005
appare  in  contrasto  anche  con  i  principi   di   uguaglianza   e
imparzialita' dell'Amministrazione discendenti dagli articoli 3 e  97
della Costituzione, visto che  riconosce  delle  premialita'  per  la
riqualificazione di  immobili  abbandonati  e  degradati  (anche)  in
favore di soggetti che non hanno provveduto  a  mantenerli  in  buono
stato e che hanno favorito l'insorgere di  situazioni  di  degrado  e
pericolo, a differenza dei  proprietari  diligenti  che  hanno  fatto
fronte agli  oneri  e  ai  doveri  conseguenti  al  loro  diritto  di
proprieta', ma che proprio per  questo  non  possono  beneficiare  di
alcun vantaggio in caso di intervento sul proprio immobile. La  norma
regionale, quindi, incentiva in maniera assolutamente discriminatoria
e irragionevole situazioni di abbandono e di degrado da cui  discende
la possibilita' di ottenere premi volumetrici e norme urbanistiche ed
edificatorie piu' favorevoli rispetto a quelle ordinarie. 
    21. In conclusione, il giudizio deve essere sospeso  e  gli  atti
vanno trasmessi al Corte costituzionale in quanto risulta rilevante e
non  manifestamente  infondata  la  questione  di   costituzionalita'
dell'art. 40-bis della legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005
(inserito dall'art. 4, comma 1, lettera a), legge  reg.  26  novembre
2019, n. 18), recante «Disposizioni relative al  patrimonio  edilizio
dismesso con criticita'», per violazione degli  articoli  3,  5,  97,
114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera  p),  terzo  e  sesto
comma, e  118  della  Costituzione,  secondo  quanto  specificato  in
precedenza. 
    22. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e  sulle  spese
resta riservata alla decisione definitiva. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per la  Lombardia  (Sezione
Seconda), non definitivamente pronunciando: 
      a)  Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata   la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40-bis della legge
regionale della Lombardia n. 12 del 2005 (inserito dall'art. 4, comma
1,  lettera  a),  legge  reg.  26  novembre  2019,  n.  18),  recante
«Disposizioni  relative   al   patrimonio   edilizio   dismesso   con
criticita'», per violazione degli articoli 3,  5,  97,  114,  secondo
comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e  sesto  comma,  e  118
della Costituzione; 
      b) Dispone la sospensione del presente giudizio; 
      c) Ordina la  immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale; 
      d) Ordina che,  a  cura  della  segreteria  della  Sezione,  la
presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente
della Giunta regionale della Lombardia e comunicata al Presidente del
Consiglio regionale della Lombardia; 
      e) Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione
in rito, in merito e in ordine alle spese. 
    Cosi' deciso in Milano nella Camera di consiglio  del  giorno  22
gennaio  2021,  tenutasi   mediante   collegamento   da   remoto   in
videoconferenza, secondo quanto disposto dall'art. 25, comma  2,  del
decreto-legge n. 137 del 2020 (convertito, con  modificazione,  dalla
legge n. 176/2020),  attraverso  la  piattaforma  in  uso  presso  la
Giustizia  amministrativa  di  cui  all'Allegato  3  al  decreto  del
Presidente del Consiglio di Stato del 28  dicembre  2020  (pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale  -  n.  7  dell'11  gennaio
2021), con l'intervento dei magistrati: 
      Italo Caso, Presidente 
      Antonio De Vita, consigliere 
      Lorenzo Cordi', referendario, estensore 
 
                         Il Presidente: Caso 
 
 
                                                  L'estensore: Cordi'