PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER LE POLITICHE COMUNITARIE

CIRCOLARE 1 marzo 2002, n. 3944 

Procedure di affidamento delle concessioni di servizi e di lavori.
(GU n.102 del 3-5-2002)
 
 Vigente al: 3-5-2002  
 

  1)  Il ricorso sempre piu' diffuso allo strumento delle concessioni
da  parte  delle  amministrazioni  per realizzare e finanziare grandi
lavori  d'infrastruttura  e per offrire taluni servizi, in uno con la
pendenza   di  procedure  d'infrazione  intentate  dalla  Commissione
europea  in  materia, rende opportuno fornire elementi interpretativi
che  chiariscano  la  normativa  comunitaria  applicabile in subiecta
materia   alla   luce   della   comunicazione   interpretativa  della
Commissione  europea  sulle concessioni del 12 aprile (G.U.C.E. 121/5
del  29  aprile 2000) e della piu' recente giurisprudenza comunitaria
(Corte  di  giustizia,  sentenza  7  dicembre  2000,  causa C-324/98,
Teleaustria c. Post & Telekom Austria).
  Nella  comunicazione  la  Commissione chiarisce che anche quando le
concessioni  non  siano  disciplinate  da  specifiche  direttive sono
comunque sottoposte ai principi e alle norme del trattato.
  Con  la  presente  circolare  s'intendono  allora  precisare  sia i
principi  del  trattato  CE  che  si  applicano  a  tutte le forme di
concessioni sia le norme che concernono in particolare le concessioni
di   lavori   pubblici   previste  dalla  direttiva  93/37/CEE  (c.d.
"direttiva lavori") sugli appalti di lavori pubblici.
  2)  Il  trattato  CE  non  contiene una definizione di concessione.
L'unica  definizione  rinvenibile nel diritto comunitario derivato e'
quella  contenuta nella direttiva 93/37/CEE che la definisce come "un
contratto  che  presenta  le  stesse  caratteristiche  degli  appalti
pubblici  di  lavori, ad eccezione del fatto che la controprestazione
dei  lavori  consiste  unicamente nel diritto di gestire l'opera o in
tale  diritto  accompagnato  da  un  prezzo" (art. 1, lettera d). Una
definizione  analoga,  mutuata  da  quella  comunitaria, e' contenuta
nella  normativa  nazionale  che  identifica le concessioni di lavori
pubblici  come  quei  contratti  conclusi  in  forma  scritta  fra un
imprenditore    ed    un'amministrazione   aggiudicatrice   dove   la
controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel
diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti
i  lavori  realizzati  (art.  19, comma 2, legge 11 febbraio 1994, n.
109,  come  sostituito  dall'art. 3, comma 6, della legge 18 novembre
1998, n. 415).
  3)  Al  fine  di delimitare l'ambito di applicazione della presente
circolare occorre in primo luogo delineare i criteri distintivi delle
concessioni di lavori rispetto agli appalti di lavori pubblici in uno
con il discrimen tra concessioni di servizi e appalti di servizi.
  In   base   alla   menzionata  comunicazione  interpretativa  della
Commissione il tratto distintivo delle concessioni di lavori pubblici
rispetto  agli  appalti  di  lavori  consiste  nel conferimento di un
diritto  di  gestione  dell'opera  che  permette al concessionario di
percepire  proventi  dall'utente  a titolo di controprestazione della
costruzione dell'opera (ad esempio, in forma di pedaggio o di canone)
per  un  determinato periodo di tempo. Il diritto di gestione implica
anche  il trasferimento della responsabilita' di gestione che investe
gli  aspetti  tecnici,  finanziari e gestionali dell'opera. Da quanto
precede  si  deduce  che in una concessione di lavori l'alea relativa
alla  gestione  viene  trasferita  al concessionario che si assume il
"rischio  economico",  nel  senso  che  la  sua remunerazione dipende
strettamente dai proventi che puo' trarre dalla fruizione dell'opera.
  Al  contrario  si  e'  in presenza di un appalto pubblico di lavori
quando  il  costo  dell'opera  grava  sostanzialmente  sull'autorita'
aggiudicatrice  e  quando  il contraente non si remunera attraverso i
proventi riscossi dagli utenti.
  Va  peraltro precisato che la distinzione tra concessione e appalti
di  lavori  pubblici  non rileva ai fini della tutela giurisdizionale
poiche'  l'art. 31-bis, comma 4, della legge n. 109 del 1994 equipara
le  due  figure  sotto  tale profilo di tutela. Si deve puntualizzare
infine  che  il  ricordato  art.  19,  comma  2,  della legge Merloni
contempla  anche  la  possibilita'  di fattispecie di carattere misto
nelle  quali  il conferimento del diritto di gestione e' accompagnato
dal  riconoscimento di una controprestazione pecuniaria in favore del
costruttore  in misura in ogni caso non superiore al 50% dell'importo
totale dei lavori.
  4)  Un analogo criterio vale anche per distinguere e concessioni di
servizi  pubblici  dagli  appalti  di  servizi  in  quanto,  salve le
differenze  di  cui  si  dira'  oltre  tra concessione di lavoro e di
servizio,  anche al concessionario di servizio non viene riconosciuto
un   prezzo   ma   solo  il  diritto  ad  ottenere  la  remunerazione
dell'attivita'  svolta  attraverso  la  possibilita'  di  gestire  il
servizio  per  un  determinato  periodo.  La  Corte  di  giustizia ha
pertanto recentemente escluso che le concessioni di servizi rientrino
nella sfera di applicazione della direttiva in materia di appalti, ed
in   particolare   della   direttiva   n.   93/38   CE,   qualora  la
controprestazione  fornita  dall'amministrazione  all'impresa privata
consista  nell'ottenimento  da  parte  di quest'ultima del diritto di
sfruttare,  ai  fini  della sua remunerazione, la propria prestazione
(Corte  di giustizia, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, cit.,
punto n. 58).
  In   merito,   la  comunicazione  interpretativa  ha  chiarito  che
applicando   tale  criterio  si  ha  concessione  di  servizi  quando
l'operatore  si  assume  i  rischi  di  gestione  del  servizio  (sua
istituzione  e  gestione)  rifacendosi  sull'utente,  soprattutto per
mezzo   della  riscossione  di  qualsiasi  canone.  Le  modalita'  di
remunerazione  dell'operatore  e', come nel caso della concessione di
lavori,  un  elemento  che  permette  di  stabilire  l'assunzione del
rischio   di  gestione.  Come  la  concessione  di  lavori  anche  la
concessione  di  servizi  e' caratterizzata da un trasferimento della
responsabilita'  di  gestione.  Infine,  la  concessione  di  servizi
riguarda  di solito attivita' che, per la loro natura, l'oggetto e le
norme   che   le  disciplinano,  possono  rientrare  nella  sfera  di
responsabilita'  dello Stato ed essere oggetto di diritti esclusivi o
speciali (punto 2.2 della comunicazione).
  Si  puo'  aggiungere, ai fini del diritto interno, che mentre negli
appalti  pubblici  di  servizi  l'appaltatore  presta  il servizio in
favore   della  pubblica  amministrazione,  la  quale  utilizza  tale
prestazione ai fini dell'eventuale erogazione del servizio pubblico a
vantaggio della collettivita', nella concessione di pubblico servizio
il    concessionario    sostituisce   la   pubblica   amministrazione
nell'erogazione  del servizio, ossia nello svolgimento dell'attivita'
diretta al soddisfacimento dell'interesse collettivo.
  Allo  scopo  di tracciare la distinzione tra l'appalto di servizi e
la  concessione  di  servizi  pubblici,  la  dottrina tradizionale ha
individuato una molteplicita' di criteri utilizzabili, quali:
    a) il    carattere   surrogatorio   dell'attivita'   svolta   dal
concessionario  di  pubblico  servizio  contrapposta all'attivita' di
mera  rilevanza  economica svolta dall'appaltatore nell'interesse del
committente pubblico;
    b)  la  natura  unilaterale del titolo concessorio di affidamento
dei  servizio  pubblico,  che  si  contrappone al carattere negoziale
dell'appalto;
    c) il   trasferimento   di   potesta'   pubbliche   in   capo  al
concessionario,  contrapposte  alle  prerogative proprie di qualsiasi
soggetto  economico  riconosciute all'appaltatore che non opera quale
organo indiretto dell'amministrazione;
    d) l'effetto accrescitivo tipico della concessione.
  La  questione  e' stata sottoposta all'esame del Consiglio di Stato
nel  giudizio  n.  5771/2001  definito con il dispositivo 12 dicembre
2001, n. 670. A parere di questo Dipartimento, il criterio distintivo
piu'  convincente e' quello relativo all'oggetto dei due contrapposti
istituti,  che  si  riflette  anche  sulla  fisionomia  dei  rapporti
considerati.  Si  osserva  infatti  che l'appalto di servizi concerne
prestazioni   rese   in   favore   dell'amministrazione,   mentre  la
concessione   di  servizi  riguarda  sempre  un  articolato  rapporto
trilaterale, che interessa l'amministrazione, il concessionario e gli
utenti  del servizio. Cio' comporta, di regola, ulteriori conseguenze
sull'individuazione  dei  soggetti  tenuti  a pagare il corrispettivo
dell'attivita'  svolta.  Normalmente,  nella  concessione di pubblici
servizi il costo del servizio grava sugli utenti, mentre nell'appalto
di   servizi   spetta   all'amministrazione   l'onere  di  compensare
l'attivita'  svolta dal privato. Tale criterio integrativo, peraltro,
assume  un rilievo apprezzabile solo quando il servizio pubblico, per
le  sue  caratteristiche oggettive, e' divisibile tra gli utenti che,
in concreto, ne beneficiano direttamente.
  5)  In  linea  di  continuita' con la giurisprudenza comunitaria si
pone    l'indirizzo   di   recente   seguito   dalla   giurisprudenza
amministrativa  interna.  Con la decisione n. 253 del 17 gennaio 2002
la  IV  Sezione  del  Consiglio  di  Stato,  pronunciando  in  ordine
all'affidamento  di  concessione di gestione di rete autostradale, ha
osservato che le concessioni di pubblici servizi, pur se non regolate
da direttive specifiche, soggiacciono ai principi generali dettati in
materia  dal  trattato costitutivo, come esplicitati dalla piu' volte
rammentata   comunicazione   interpretativa   del   29  aprile  2000.
Segnatamente  il  giudice amministrativo ha evidenziato quanto segue:
"in tema di affidamento, mediante concessione, di servizi pubblici di
rilevanza   comunitaria,   il   rispetto  dei  principi  fondamentali
dell'ordinamento   comunitario   (ritraibili   principalmente   dagli
articoli 43  e  49  del trattato C.E.), nonche' dei principi generali
che  governano  la  materia dei contratti pubblici (enucleabili dalle
direttive  in  materie  di  appalti  di  lavori, servizi, forniture e
settori  esclusi),  impone  all'amministrazione procedente di operare
con  modalita'  che  preservino la pubblicita' degli affidamenti e la
non  discriminazione  delle  imprese,  merce' l'utilizzo di procedure
competitive  selettive.  A  non  diverse  conclusioni  in ordine alla
necessita'  dello  svolgimento  di una procedura selettiva, si giunge
anche  volendo considerare l'affidamento in esame come concessione di
costruzione   e   gestione  di  opera  pubblica.  E'  stata,  invero,
riconosciuta la portata generale della normativa sulle concessioni di
opere  pubbliche  prevista dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109: piu'
specificamente,  la disciplina dell'art. 19 e' stata considerata come
lo  statuto  fondamentale  dell'istituto della concessione di lavori,
che  occorre  applicare  a  prescindere  dal  metodo  utilizzato  per
l'affidamento ed anche se la concessione sia disposta con legge (cfr.
Cons.  Stato,  sez. IV, 28 maggio 1997, n. 584; Corte dei conti, sez.
contr.  Stato,  8  giugno  2000,  n.  55,  secondo  la quale ai sensi
dell'art.  20,  comma 2, legge n. 109 del 1994 l'unico sistema per la
scelta  del  concessionario  e' quello della licitazione privata). In
evidente  adesione  alla  tesi  esposta,  di cui costituisce punto di
emersione  ricognitivo,  la legge 24 novembre 2000, n. 340 (art. 21),
stabilisce  che "per la costruzione e l'affidamento in gestione delle
infrastrutture   autostradali   si   applicano  le  disposizioni  che
recepiscono  nell'ordinamento  italiano  la  normativa comunitaria in
materia di lavori o di servizi".
  6) Va inoltre ricordata la recente circolare di questo Dipartimento
(cfr.  circolare  n.  12727  in  tema di affidamento a societa' miste
della  gestione di servizi pubblici locali, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale,  n.  264  del  13 novembre  2001)  che, con riferimento al
regime  di  gestione  dei  servizi  pubblici  locali  anteriore  alle
modifiche  apportate  all'art.  113  del  decreto  legislativo del 18
agosto  2000, n. 267 dall'art. 35 della legge finanziaria per il 2002
(legge   28  dicembre  2001,  n.  448),  ha  precisato  la  normativa
applicabile in tema di affidamento della gestione di servizi pubblici
locali a societa' miste (pubblico-privato).
  Nell'occasione,  si' e chiarito che la normativa europea in tema di
appalti  pubblici,  in particolare di servizi, non trova applicazione
(e  pertanto  l'affidamento  diretto  della  gestione del servizio e'
consentito  anche senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica
prescritte  dalle  norme  comunitarie)  solo  quando manchi un vero e
proprio rapporto giuridico tra l'ente pubblico e il soggetto gestore,
come  nel  caso, secondo la terminologia della Corte di giustizia, di
delegazione interorganica o di servizio affidato, in via eccezionale,
"in house" (cfr. Corte di giustizia, sentenza 18 novembre 1999, causa
C-107/98, Teckal).
  In  altri  termini,  quando  un contratto sia stipulato tra un ente
locale  ed  una  persona  giuridica  distinta,  l'applicazione  delle
direttive  comunitarie  puo'  essere  esclusa  nel caso in cui l'ente
locale  eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a
quello  esercitato  sui  propri  servizi e questa persona (giuridica)
realizzi  la parte piu' importante della propria attivita' con l'ente
o  con  gli  enti  locali che la controllano. Segnatamente, ad avviso
delle  istituzioni  comunitarie  per  controllo  analogo s'intende un
rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione
di  subordinazione  gerarchica;  tale  situazione  si verifica quando
sussiste  un  controllo gestionale e finanziario stringente dell'ente
pubblico   sull'ente   societario.   In  detta  evenienza,  pertanto,
l'affidamento diretto della gestione del servizio e' consentito senza
ricorrere  alla  procedure  di  evidenza  pubblica  prescritte  dalle
disposizioni comunitarie innanzi citate.
  Al  contrario,  ove non ricorra un siffatto controllo gestionale ed
economico  dell'ente  pubblico  sul soggetto gestore ma l'affidamento
riguardi  un  servizio  in  cambio  della  gestione dello stesso come
corrispettivo  (e  dunque  configuri, secondo l'interpretazione della
commissione,   una   concessione  di  servizi)  l'aggiudicazione  del
servizio  deve  in  ogni  caso  avvenire  nel  rispetto  dei principi
comunitari  di  trasparenza e di parita' di trattamento che impongono
la necessita' di seguire procedure di evidenza pubblica.
  La  necessita'  del  rispetto  delle  prescrizioni  comunitarie  in
materia  di  evidenza  pubblica  e' stata altresi' sottolineata ancor
piu'   di   recente  dal  decreto  22  novembre  2001  dal  Ministero
dell'Ambiente e dalla connessa circolare applicativa 17 ottobre 2001,
n.  GAB/2001/11559/B01,  concernenti  le  modalita' di affidamento in
concessione  a  terzi della gestione del servizio idrico integrato, a
norma dell'art. 20, comma 1, legge 5 gennaio 1994, n. 36.
  Va da ultimo ricordato che l'art. 35 della citata legge finanziaria
per   l'anno   2002   ha   ridisegnato   in  profondita'  il  sistema
dell'affidamento  dei  servizi  pubblici  locali dando la stura ad un
rinnovato  quadro normativo nel quale, per un verso, si stabilisce il
principio  della  separazione  tra  proprieta'  delle  reti  e  delle
infrastrutture  rispetto  al  compito  di  gestione  del  servizio e,
dall'altro,  si  subordina  l'affidamento della gestione del servizio
pubblico  di  rilevanza  industriale  all'espletamento  di  procedure
selettive  ispirate  ai  principi comunitari (cfr., in particolare, i
commi 5 e 7 dell'art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448).
  7) In secondo luogo, occorre richiamare l'ulteriore distinzione tra
concessione  di  servizi e concessione di lavori, atta a stabilire se
sia  o  meno  applicabile  la "direttiva lavori". Tale distinzione si
basa  su  un  criterio di "prevalenza funzionale" e implica che se un
contratto  di  concessione  riguarda la costruzione di un opera quale
oggetto  principale  del contratto si trattera' di una concessione di
lavori e, purche' la soglia di applicazione della direttiva sia stata
raggiunta  (5.000.000  euro),  verra'  in  rilievo il regime previsto
dalla "direttiva lavori".
  Al  contrario,  se  i  lavori  o  la  costruzione  dell'opera  sono
meramente  accessori  rispetto  all'oggetto  principale del contratto
rappresentato   dalla   gestione   del   servizio  pubblico,  non  si
applichera' la "direttiva lavori" in quanto le concessioni di servizi
ricadono sotto l'applicazione delle norme e dei principi del Trattato
(cfr.  Comunicazione  interpretativa,  cit.,  punto  2.3  e  Corte di
giustizia,  sentenza 19 aprile 1994, causa C-331/92 Gestion Hoteliere
e sentenza 5 dicembre 1989, causa C-3/88, Data processing).
  8)  Questa  distinzione  viene  in  rilievo  in  particolare per le
concessioni  autostradali: anche per tali figure occorrera' stabilire
se l'oggetto della concessione riguardi principalmente la costruzione
di  un'infrastruttura  quale  una nuova tratta autostradale, nel qual
caso  si  trattera' di una concessione di lavori. Ove per converso il
contratto  dia  vita  ad  un  rapporto in cui l'aspetto gestionale ha
rilievo  predominante  e  contempli la realizzazione di lavori solo a
titolo accessorio, si trattera' di una concessione di servizi.
  La  qualifica  di  una  concessione  autostradale  alla  stregua di
concessione    di   servizi   comporta,   in   definitiva,   il   non
assoggettamento, ai fini dell'attribuzione iniziale della concessione
cosi'  come  nell'ipotesi  di  proroga,  alle direttive sugli appalti
pubblici,  ferma  restando  l'applicazione delle norme e dei principi
del   trattato   CE,   quali   in   particolare  i  principi  di  non
discriminazione,  di parita' di trattamento, di trasparenza, di mutuo
riconoscimento e di proporzionalita'.
  9)  Del resto, e' anche possibile che talune operazioni contemplino
sia  la realizzazione di un'opera o la realizzazione di lavori che la
prestazione  dei  servizi.  Per  cui, a margine di una concessione di
lavori,  possono  essere  concluse  delle  concessioni di servizi per
attivita'   complementari   ma   indipendenti  dalla  gestione  della
concessione   dell'opera.   Ad  esempio,  i  servizi  di  ristoro  di
un'autostrada  possono  essere  oggetto di una concessione di servizi
diversa    dalla   concessione   di   costruzione   o   di   gestione
dell'autostrada.  Secondo  la  commissione  quando  gli  oggetti  dei
contratti sono dissociabili, a ciascun tipo di contratto si applicano
le  norme  ad esso relative (cfr. comunicazione interpretativa, cit.,
punto 2.3).
  10)  Nel  rispetto  di  tali  definizioni,  il ricorso all'istituto
concessorio  da parte degli Stati non incontra limiti puntuali ma non
rende  libera la scelta del soggetto a cui affidare la concessione. A
prescindere infatti dall'applicabilita' di specifici regimi, tutte le
concessioni  ricadono  nel  campo  di applicazione delle disposizioni
degli  articoli  da  28 a 30 (ex articoli da 30 a 36), da 43 a 55 (ex
articoli  da  52  a  66)  del  trattato  o dei principi sanciti dalla
giurisprudenza  della Corte. Si tratta in particolare dei principi di
non  discriminazione,  di  parita' di trattamento, di trasparenza, di
mutuo  riconoscimento  e  proporzionalita' cosi' come risultano dalla
costante  tradizione  giurisprudenziale della Corte europea che si e'
posta all'avanguardia nella loro elaborazione.
  11)   Il  principio  di  parita'  di  trattamento  implica  che  le
amministrazioni   concedenti  pur  essendo  libere  di  scegliere  la
procedura di aggiudicazione piu' appropriata alle caratteristiche del
settore interessato e di stabilire i requisiti che i candidati devono
soddisfare  durante  le  varie  fasi  della  procedura,  debbano  poi
garantire  che  la  scelta  del  candidato  avvenga in base a criteri
obiettivi  e  che  la  procedura  si svolga rispettando le regole e i
requisiti  inizialmente  stabiliti (cfr. Corte di giustizia, sentenza
25 aprile  1996, causa C-87/94 Bus Wallons, punto 54). La commissione
individua   quali  esempi  di  pratiche  contrarie  alla  parita'  di
trattamento  quelle  che  permettono  l'accettazione  di  offerte non
conformi al capitolato d'oneri o modificate successivamente alla loro
apertura  ovvero  la presa in considerazione di soluzioni alternative
qualora la possibilita' non sia stata prevista dal progetto iniziale.
  La  sottoposizione delle concessioni di servizi al principio di non
discriminazione,  in  particolare in base alla nazionalita', e' stato
recentemente  confermato  anche dalla giurisprudenza comunitaria, che
ha  precisato  come  l'obbligo  di  trasparenza  a cui sono tenute le
amministrazioni  consiste nel garantire, in favore di ogni potenziale
offerente, un adeguato livello di pubblicita' che consenta l'apertura
degli  appalti  dei  servizi  alla  concorrenza  nonche' il controllo
sull'imparzialita'   delle  procedure  di  aggiudicazione  (Corte  di
giustizia,   sentenza   7   dicembre   2000,  causa  C-324/98,  cit.,
considerato n. 62).
  12)  Il principio di trasparenza e' strettamente legato a quello di
non  discriminazione poiche' garantisce condizioni di concorrenza non
falsate  ed esige che le amministrazioni concedenti rendano pubblica,
con appropriati mezzi di pubblicita', la loro intenzione di ricorrere
ad  una concessione. Secondo le indicazioni della Commissione europea
(cfr.  il  punto 3.1.2 della comunicazione interpretativa) tali forme
di   pubblicita'   dovranno   contenere  le  informazioni  necessarie
affinche' potenziali concessionari siano in grado di valutare il loro
interesse  a  partecipare  alla  procedura  quali  l'indicazione  dei
criteri  di  selezione ed attribuzione, l'oggetto della concessione e
delle   prestazioni  attese  dal  concessionario.  Spettera'  poi  in
particolare  ai  giudici  nazionali  valutare  se tali obblighi siano
stati  osservati attraverso l'adozione di appropriate regole o prassi
amministrative.
  Per   le  concessioni  di  lavori,  oltre  alle  indicazioni  sopra
illustrate,  la  direttiva  n.  93/37/CEE (art. 11) prevede un regime
particolare   delle   regole  di  pubblicita'  che  si  concretizzano
nell'obbligo  per  le  amministrazioni  aggiudicatrici  di pubblicare
nella   Gazzetta  Ufficiale  delle  Comunita'  europee  un  bando  di
concessione  secondo  il  modello  previsto nella stessa direttiva al
fine di aprire tale contratto alla concorrenza a livello europeo. Una
volta  adempiute  tali  pubblicita'  preliminari, la direttiva lascia
libere  le  amministrazioni concedenti di scegliere la procedura piu'
appropriata,  compresa  la  possibilita'  di  esperire  una procedura
negoziata,  mentre la legislazione nazionale (art. 20, comma 2, legge
n.  109  del  1994) prescrive, per l'affidamento delle concessioni di
lavori pubblici, la licitazione privata.
  13)   Anche   il   principio   di   proporzionalita'  deve  trovare
applicazione  nella  disciplina delle concessioni: cio' significa, in
particolare,   che  le  amministrazioni  concedenti  devono  adottare
provvedimenti   necessari  ed  adeguati  in  relazione  all'obiettivo
evitando    di   fissare   requisiti   professionali   o   finanziari
sproporzionati  rispetto  all'oggetto della concessione. Il principio
trova   applicazione   anche   per  il  profilo  della  durata  della
concessione   che   non  puo'  eccedere  il  periodo  necessario  per
ammortizzare gli investimenti e remunerare i capitali, ferma restando
la permanenza del rischio di gestione sul concessionario come gia' in
precedenza  illustrato  (cfr.  tribunale  di  primo grado, sentenza 8
luglio 1999, causa T-266/97, Vlaamse Televisie Maatschappij NV).
  14)   Il   principio   del  mutuo  riconoscimento  implica  per  le
concessioni che lo Stato nel cui territorio la prestazione e' fornita
deve  accettare  le  specifiche  tecniche,  i controlli, i titoli e i
certificati  prescritti  in un altro Stato nella misura in cui questi
siano  riconosciuti equivalenti a quelli richiesti dallo Stato membro
destinatario della prestazione.
  15)  Il principio della tutela dei diritti fondamentali, rientrante
nelle  tradizioni  comuni  agli  Stati  membri,  esige  che eventuali
provvedimenti  di  diniego  adottati dalle amministrazioni in sede di
rilascio  delle  concessioni  o  di gestione delle procedure all'uopo
finalizzate  debbano  essere  motivate  e  siano  oggetto  di ricorsi
giurisdizionali da parte di loro destinatari.
  Per  quanto riguarda in particolare le concessioni di lavori l'art.
1  della  direttiva  n. 89/665/CEE prescrive che qualora le decisioni
delle  amministrazioni  aggiudicatrici  abbiano  violato  il  diritto
comunitario  in  materia di appalti pubblici o le norme nazionali che
recepiscono  tale  diritto, gli Stati membri prendano i provvedimenti
necessari  per garantire che tali decisioni possano essere oggetto di
un ricorso efficace e quanto piu' rapido possibile.
  16)   Tali   essendo   i   principi   ricavabili   dall'ordinamento
comunitario,    questo   Dipartimento   invita   le   amministrazioni
interessate  a  conformarsi  alle  ricordate  prescrizioni in sede di
rilascio  di  provvedimenti  concessori,  di  gestione delle relative
procedure   selettive  e  di  adozione  degli  eventuali  conseguenti
provvedimenti di proroga o di rinnovo.
  Si   ricorda   in   particolare  che,  anche  nell'eventualita'  di
concessioni  non assoggettate alle prescrizioni dettate da specifiche
direttive  o  norme  interne,  la  scelta  del concessionario deve di
regola   essere   conseguente   a   una   procedura   competitiva   e
concorrenziale  ispirata ai principi dettati dal trattato istitutivo,
in  modo da consentire, anche attraverso idonee forme di pubblicita',
la  possibilita'  da  parte delle imprese interessate di esplicare le
proprie chances partecipative.
  Si  rammenta  in  proposito  che nel sistema comunitario il ricorso
alla scelta diretta del concessionario, in deroga ai principi fin qui
esposti,  costituisce  evenienza  eccezionale, giustificabile solo in
caso  di  specifiche  ragioni  tecniche  ed  economiche  che  rendano
impossibile   in  termini  di  razionalita'  l'individuazione  di  un
soggetto  diverso  da quello prescelto. Le stesse considerazioni sono
estensibili  all'ipotesi  di  proroga  delle  concessioni  gia' rese,
essendo  nota  l'equiparazione sancita dal diritto comunitario tra il
rilascio   di  nuova  concessione  e  proroga  della  concessione  in
scadenza.
  Si   segnala  conclusivamente  che  le  inosservanze  delle  regole
comunitarie  sopra  descritte  potrebbero  rendere  lo Stato italiano
destinatario  di procedure di infrazione da parte dell'Unione europea
ed imporre l'attivazione di consequenziali provvedimenti.
    Roma, 1 marzo 2002


                                                Il Ministro
                                       per le politiche comunitarie
                                                Buttiglione


Registrato alla Corte dei conti il 12 aprile 2002

Ministeri istituzionali, registro n. 4, foglio n. 105